Gazzetta n. 152 del 1 luglio 2023 (vai al sommario)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA SICUREZZA ENERGETICA
DECRETO 13 giugno 2023
Adozione del piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica.


IL MINISTRO DELL'AMBIENTE
E DELLA SICUREZZA ENERGETICA
di concerto con
IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA,
DELLA SOVRANITA' ALIMENTARE
E DELLE FORESTE

Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349, che ha istituito il Ministero dell'ambiente e ne ha definito le funzioni;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e, in particolare, gli articoli da 35 a 40, come da ultimo modificato dal decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204, relativo alle attribuzioni e all'ordinamento del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 luglio 2021, n. 128, recante «Regolamento di organizzazione del Ministero della transizione ecologica»;
Vista la direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;
Vista la direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici;
Vista la legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»;
Vista la legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante «Legge quadro sulle aree protette»;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche»;
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali», e, in particolare, gli articoli 50 e 54, relativi al potere di ordinanza contingibile e urgente del sindaco;
Visto il decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, recante «Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria» e, in particolare, l'art. 11-quattordecies, comma 5, il quale prevede la possibilita' che le regioni e province autonome adottino piani di abbattimento selettivo degli ungulati appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori dei periodi e degli orari di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007, recante «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, Serie generale, n. 258, del 6 novembre 2007;
Visto il regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive;
Visto il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 19 gennaio 2015, recante «Elenco delle specie alloctone escluse dalle previsioni dell'art. 2, comma 2-bis, della legge n. 157/1992», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, Serie generale, n. 31, del 7 febbraio 2015;
Vista la legge 28 dicembre 2015, n. 221, recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali», e, in particolare, l'art. 7, che reca disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle aree protette e vulnerabili;
Visto il regolamento (CE) n. 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 relativo alle malattie animali trasmissibili e relativi regolamenti delegati della Commissione europea;
Visto il decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle citta'»;
Visto il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230, recante «Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive»;
Visto il decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, recante «Misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana»;
Visto l'art. 19-ter della citata legge n. 157 del 1992, introdotto dall'art. 1, comma 448, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025», il quale dispone che, con decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste, sentito, per quanto di competenza, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sia adottato un piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, di durata quinquennale;
Visti gli statuti speciali e le relative norme di attuazione che attribuiscono particolari condizioni di autonomia legislativa ed amministrativa alle regioni a statuto speciale e alle province autonome;
Ritenuto di provvedere all'adozione del piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica che sara' attuato e coordinato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano;
Sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha espresso parere favorevole con nota prot. n. 22273 del 27 aprile 2023;
Vista l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, resa nella seduta del 10 maggio 2023 (Rep. atti n. 120/CSR);

Decreta:
Articolo unico

Adozione del Piano straordinario per la gestione e il contenimento
della fauna selvatica

1. In attuazione dell'art. 19-ter della legge n. 157 del 1992, e' adottato il Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica di cui all'Allegato 1, che e' parte integrante del presente decreto.
2. Le regioni attuano il Piano di cui al comma 1 secondo le modalita' stabilite dalla legge n. 157 del 1992. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalita' del Piano di cui al comma 1 ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione.
3. Il Piano ha durata quinquennale, a decorrere dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
4. Le attivita' di attuazione del Piano sono svolte nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il presente decreto e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 13 giugno 2023

Il Ministro dell'ambiente
e della sicurezza energetica
Pichetto Fratin Il Ministro dell'agricoltura,
della sovranita' alimentare
e delle foreste
Lollobrigida
 
Allegato 1
PIANO STRAORDINARIO PER LA GESTIONE E IL CONTENIMENTO DELLA FAUNA
SELVATICA DI CUI ALL'ARTICOLO 19-TER DELLA LEGGE N. 157 DEL 1992
Introduzione
Il presente piano straordinario costituisce lo strumento programmatico per il coordinamento e l'attuazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano delle attivita' di gestione e contenimento della presenza della fauna selvatica nel territorio nazionale, fornendo indicazioni specifiche per specie di particolare rilevanza e impatto, ai sensi dell'art. 19-ter della legge n. 157 del 1992.
Le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalita' del presente piano straordinario ai sensi dei rispettivi statuti speciali e norme di attuazione. 1. Coerenza con il quadro giuridico di riferimento
1.1 Contesto unionale
La normativa unionale prevede specifiche prescrizioni sulle azioni di controllo delle specie tutelate dalle direttive Natura e sugli obblighi di intervento per le specie esotiche invasive di rilevanza unionale. Il presente Piano straordinario assicura la piena coerenza delle disposizioni in esso contenute con le norme eurounitarie.
Riferimento alla direttiva Habitat
La direttiva Habitat (92/43/CEE), recepita dall'Italia con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, include nell'Allegato IV le specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa, proibendone, con l'art. 12 (attuato nell'ordinamento italiano con l'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica italiana n. 357 del 1997), la cattura, l'uccisione, la perturbazione, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione.Con l'art. 16, comma 1, della direttiva (attuato nell'ordinamento italiano con l'art. 11, comma 1, del citato decreto del Presidente della Repubblica italiana) viene contemplata la possibilita' di deroga a tali divieti. A condizione che non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b):
a) per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali;
b) per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprieta';
c) nell'interesse della sanita' e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente;
d) per finalita' didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante;
e) per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato IV, specificato dalle autorita' nazionali competenti.
La normativa nazionale di recepimento (decreto del Presidente della Repubblica italiana n. 357 del 1997) prevede che ogni deroga a tale divieto debba essere autorizzata dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, sulla base di una valutazione tecnica di ISPRA.
Il presente Piano straordinario non prevede attivita' su specie inserite in Allegato IV della direttiva Habitat.
Riferimento alla direttiva Uccelli
La direttiva Uccelli (2009/147/CE) prevede la tutela rigorosa di tutte le specie di uccelli viventi allo stato libero sul territorio dell'Unione ed e' pertanto previsto il divieto di uccidere, disturbare, catturare, detenere o commerciare individui adulti, pulcini o uova e di distruggere o danneggiare nidi (artt. 5 e 6). A questo regime generale di tutela si puo' derogare per consentire la caccia (art. 7) o per ragioni motivate (art. 9). La caccia puo' essere autorizzata solo nei confronti di un numero limitato di specie, elencate nell'allegato 2, a condizione che non ne venga pregiudicato lo stato di conservazione. Il presente Piano straordinario prevede che ogni attivita' di controllo di specie 2 ornitiche venga autorizzata seguendo gli iter della attuale normativa e pertanto e' pienamente coerente con il dettato della direttiva Uccelli.
Riferimento al regolamento (UE) n. 1143/2014 sulle specie esotiche invasive (IAS)
Il regolamento (UE) n. 1143/2014, recepito in Italia con il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230, prevede obblighi di eradicazione (art. 17) e controllo (art. 19) per specie esotiche invasive di rilevanza unionale, incluse alcune specie di uccelli e mammiferi. Il presente Piano straordinario prevede indicazioni specifiche per l'eradicazione e controllo delle specie esotiche di mammiferi e uccelli, coerentemente con il dettato della norma eurounitaria sopra richiamata.
Riferimento alla strategia dell'Unione europea sulla biodiversita' per il 2030
Il presente Piano straordinario e' coerente con la strategia dell'Unione europea sulla biodiversita', assicurando la piena coerenza del quadro nazionale di gestione della fauna con le direttive natura dell'Unione europea, contribuendo a mitigare gli impatti della fauna sull'agricoltura, incentivando pratiche di coltivazione sostenibili e contribuendo al raggiungimento del target 12, che prevede una mitigazione degli impatti delle specie esotiche invasive sulle specie minacciate.
Riferimento alla regolamento (UE) 429/2016 e regolamenti delegati
In caso di malattie elencate di cui all'art. 9, comma 1, lettera a) del regolamento (UE) 2016/429 nella fauna selvatica sono fatte salve le misure prevista dal citato regolamento e dagli atti delegati con particolare riferimento a quelle elencate all'art. 5, comma 1 ed in particolare Afta epizootica, Influenza aviare ad alta patogenicita', Peste suina classica ed africana e Peste equina.
1.2 Contesto nazionale
Decreto del Presidente della Repubblica italiana n. 357 del 1997 e legge n. 157 del 1992 come recepimento nazionale delle direttive unionali, per le parti pertinenti al controllo - Il decreto del Presidente della Repubblica italiana 8 settembre 1997, n. 357, costituisce recepimento della direttiva «Habitat», pertanto, sono fatte salve le disposizioni a tutela delle specie protette di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica italiana. Nel piano straordinario sono fatte altresi' salve le disposizioni della legge n. 157 del 1992 che costituiscono recepimento della normativa unionale, quali, ad esempio, le deroghe di cui all'art. 19-bis.
Legge 6 dicembre 1991, n. 394 per le aree protette - La legge quadro sulle aree protette prevede all'art. 11, comma 4, che nelle aree protette di carattere nazionale eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi siano disciplinati nel regolamento del parco, e che gli stessi debbano avvenire «per iniziativa e sotto la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'ente parco ed essere attuati dal personale dell'ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'ente parco stesso». Per quanto riguarda le aree protette regionali, l'art. 22, comma 6, prevede che eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi siano disciplinati nel regolamento del parco ovvero, qualora non vi sia il regolamento, in conformita' alle direttive regionali «per iniziativa e sotto la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati da personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso ente».
Il nuovo art. 19-ter della legge n. 157 del 1992 prevede che le attivita' di contenimento disposte nell'ambito del piano straordinario siano attuate anche nelle aree protette.
Al riguardo, pur prendendo atto della cronologia delle diverse disposizioni normative, si evidenzia la necessita' di definire i rapporti tra la legge quadro che disciplina la caccia (legge n. 157 del 1992) e la lex specialis relativa alle aree protette (legge n. 394/1991). Pertanto, non puo' prescindersi dal coinvolgimento dell'ente di gestione dell'area protetta per quanto riguarda la predisposizione di piani di controllo della fauna selvatica, in quanto lo stesso si configura come 3 l'unico soggetto a conoscenza dei delicati equilibri ecologici che caratterizzano l'area protetta medesima con riferimento alle diverse componenti di rilevanza ai fini del perseguimento delle finalita' di cui all'art. 1 della legge. Pertanto, in tali aree il controllo della fauna selvatica e' esercitato attraverso le procedure di cui alla legge n. 394 del 1991 sulle aree protette e al decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, sulla Peste Suina Africana, prevedendo un coordinamento tra le attivita' condotte dentro e fuori dall'area protetta, che potra' essere assicurato dai reparti dipendenti dai Comandi regionali dei carabinieri forestali, nei soli termini di vigilanza, dalle polizie provinciali o dal personale regionale all'uopo autorizzato.
Decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230 - Il decreto legislativo n. 230 del 2017 prevede piani nazionali per l'eradicazione e la gestione delle specie esotiche invasive (regolamento (UE) n. 1143/2014); per le specie appartenenti ai gruppi mammiferi e uccelli tale eradicazione e gestione deve essere attuata attraverso le modalita' di cui all'art. 19 della legge n. 157 del 1992, cosi' come previsto all'art. 2, comma 2, della medesima legge. Si precisa che la Corte costituzionale con sentenza n. 21 del 2021 ha ritenuto ammissibile, attese anche le finalita' di tutela dell'ambiente e degli ecosistemi sottese all'adozione dei piani di controllo, che le Regioni, al fine di assicurare la concreta possibilita' di attuazione degli stessi in considerazione del numero di soggetti che e' possibile incaricare della loro esecuzione, possano ricorrere a cacciatori o comunque ad altri soggetti qualificati in possesso di adeguata formazione. La possibilita' di ricorrere ai cosiddetti coadiutori risulta cruciale ai fini dell'attuazione dei piani di controllo delle specie esotiche invasive.
Decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 19 gennaio 2015, recante elenco delle specie alloctone escluse dalle previsioni dell'art. 2, comma 2-bis, della legge n. 157 del 1992 (c.d. «fauna parautoctona»).
Decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, recante misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana - la norma prevede che regioni e province autonome adottino un piano di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l'eradicazione della peste suina africana nei suini di allevamento e nella specie cinghiale che preveda gli obiettivi annuali del prelievo esclusivamente connessi al contenimento della peste suina africana. Atteso il carattere emergenziale e quindi speciale di tale normativa, si ritiene che la stessa non possa essere incisa dalla novella normativa in esame, se non nella misura in cui le modalita' previste dalla legge n. 157 del 1992 consentano una piu' efficace attuazione dei piani medesimi.
In particolare, il decreto-legge prevede che le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano adottino dei Piani di intervento urgente per la gestione, il controllo e l'eradicazione della peste suina africana nei suini da allevamento e nella specie cinghiale (Sus scrofa) che includono la ricognizione della consistenza della specie cinghiale all'interno del territorio di competenza suddivisa per provincia, l'indicazione e le modalita' di attuazione dei metodi ecologici, nonche' l'indicazione delle aree di intervento diretto, delle modalita', dei tempi e degli obiettivi annuali del prelievo esclusivamente connessi ai fini del contenimento della peste suina africana. Tali Piani regionali non sono sottoposti a valutazione ambientale strategica e a valutazione di incidenza ambientale e riguardano l'intero territorio nazionale, ivi incluse le aree protette.
Legge 28 dicembre 2015, n. 221 - la norma ha introdotto un divieto di immissione di cinghiali su tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle aziende agricole di cui all'art. 17, comma 4, della legge n. 157 del 1992, delle zone di cui alla lettera e) del comma 8 dell'art. 10 della medesima legge n. 157 del 1992, aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie adeguatamente recintate. Inoltre, la norma ha anche introdotto un divieto di foraggiamento dei cinghiali, ad esclusione di quello finalizzato alle attivita' di controllo.
Resta ferma, in ogni caso, la possibilita' per i Sindaci di esercitare il potere di ordinanza su interventi di controllo e rimozione della fauna in ambito urbano al ricorrere dei presupposti indicati agli articoli 50 e 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 2. Omogeneita' applicativa
Il presente Piano straordinario nazionale e' strumento programmatorio, di coordinamento e di attuazione dell'attivita' di gestione e contenimento numerico della fauna selvatica nel territorio nazionale mediante abbattimento e cattura.
Il piano costituisce pertanto il primo momento di pianificazione, cui fara' seguito l'adozione dei piani regionali ai sensi dell'art. 19 della legge n. 157 del 1992 che dovranno recepire i contenuti del piano straordinario.
Qualora abbiano gia' approvato i predetti piani, le regioni provvedono, ove ritenuto necessario dalle medesime, all'integrazione dei piani esistenti o in corso di approvazione in base alle previsioni contenute nel presente Piano straordinario. Le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ai sensi dei rispettivi statuti speciali e relative norme di attuazione.
Nelle more della citata verifica, che dovra' avvenire non oltre centottanta giorni dall'approvazione definitiva del presente Piano straordinario, continuano ad essere vigenti i piani regionali gia' approvati.
Relativamente al rapporto che intercorre tra il presente Piano straordinario e i PRIU (Piani regionali di interventi urgenti) relativi alla gestione del cinghiale ed introdotti con il decreto- legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito in legge 7 aprile 2022, n. 29, i PRIU costituiscono dei piani di azione e di intervento, finalizzati alla gestione dei cinghiali anche nell'ottica della prevenzione della peste suina africana.
In ogni caso, nei limiti della predetta competenza, e salvo le diverse misure rese necessarie dal contenimento della peste suina, gli stessi PRIU dovranno essere integrati con le prescrizioni del presente piano straordinario, ove ritenuto necessario.
Si riportano di seguito principi applicativi per la predisposizione da parte delle regioni dei piani relativi ai territori di competenza. Per il contenimento delle specie di fauna cacciabili, la pianificazione venatoria da parte delle Regioni assicurera' l'integrazione ed il coordinamento con le attivita' previste dal presente Piano straordinario al fine di garantire la massima efficacia anche tramite integrazione e coordinamento degli interventi di caccia e di controllo, tenendo conto altresi' delle disposizioni in materia di contrasto alla diffusione della peste suina africana.
2.1 Obiettivi gestionali.
I piani regionali prevedono obiettivi chiari e oggettivi finalizzati a programmare in modo piu' mirato gli interventi, definire meglio le tempistiche e valutare criticamente il grado di efficacia della programmazione gestionale adottata. In particolare, i piani regionali devono contenere:
a) valutazione degli impatti e analisi dei rischi potenziali causati dalle specie target sulle attivita' antropiche, sull'ambiente e sulla biodiversita';
b) individuazione dei target da raggiungere per la mitigazione di tali impatti e rischi;
c) chiara ripartizione spaziale e temporale delle attivita' finalizzate al raggiungimento dei target previsti (zonazione).
2.2 Struttura dei piani regionali.
La struttura dei piani regionali dovra' tenere conto degli elementi di seguito dettagliati:
a) definizione dei rischi e degli impatti causati dalla specie target sulle attivita' antropiche, sull'ambiente e sulla biodiversita';
b) individuazione dell'ambito territoriale di intervento;
c) definizione dei periodi di intervento nel corso dell'anno;
d) eventuali metodi alternativi messi in atto;
e) individuazione delle figure competenti per l'attuazione del coordinamento;
f) individuazione delle figure competenti per l'attuazione degli interventi;
g) indicazione degli strumenti piu' efficaci per la rimozione selettiva degli animali;
h) individuazione delle figure competenti per la raccolta e la verifica dei dati sulla gestione della specie e la loro informatizzazione;
i) individuazione di un'unita' di coordinamento delle attivita' a scala regionale, al fine di conseguire gli obiettivi previsti attraverso l'armonizzazione delle modalita' e delle tempistiche di intervento tra tutti gli Istituti di gestione presenti sul territorio (ambiti di caccia pubblici e private, aree protette ai sensi della legge n. 157 del 1992 e legge n. 394 del 1991);
j) destinazione dei capi abbattuti.
2.3 Selettivita'.
La selettivita' d'azione delle tecniche (azioni) impiegate e' fattore prioritario inderogabile, poiche' permette di intervenire in maniera mirata sugli individui che effettivamente sono la causa delle problematiche riscontrate o sulle classi di sesso ed eta' che trainano la dinamica di una popolazione selvatica. Ridurre numericamente le classi delle femmine e dei giovani esemplari, rappresenta uno strumento prioritario per ridurre la capacita' riproduttiva di talune specie e contenere rapidamente le presenze.
Inoltre i metodi devono risultare selettivi per la specie target e non devono avere impatti negativi diretti o indiretti sulle altre componenti della biocenosi con particolare riguardo al ciclo biologico delle specie animali presenti e alle caratteristiche degli habitat.
Si riportano di seguito, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, gli strumenti tecnicamente piu' efficaci per la rimozione selettiva degli animali:
a) reti, gabbie e trappole di cattura;
b) ottiche di mira anche a imaging termico, a infrarossi o intensificatori di luce, con telemetro laser, termocamere;
c) fucile con canna ad anima liscia o rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica classificate come armi da caccia o armi sportive. Salvo quanto diversamente disposto dalle normative vigenti in materia di armi, per i fucili con canna ad anima rigata e' consentito l'utilizzo di ogni calibro, anche con diametro del proiettile inferiore a millimetri 5,6 e con bossolo a vuoto di altezza inferiore a millimetri 40;
d) arco tradizionale (longbow, flatbow, ricurvo) di potenza non inferiore a 50 libbre a 28 pollici di allungo e arco compound di potenza non inferiore a 45 libbre a 28 pollici di allungo e frecce con punta munita di lame;
e) fucili ad aria compressa di potenza superiore ai 7,5 Joule;
f) strumenti per telenarcosi (fucili, cerbottane);
g) strumenti per coadiuvare l'osservazione e il riconoscimento degli animali (binocolo, cannocchiali, ottiche a imaging termico, intensificatori di luce e visori a infrarossi dotati di telemetro laser);
h) camera di induzione per eutanasia;
i) strumenti di videosorveglianza nel rispetto delle normative e disposizioni in materia di privacy e trattamento dei dati personali;
j) falco (unicamente per le specie autoctone delle famiglie degli Accipitridae, Falconidae, Strigidae e Tyonidae);
k) richiami acustici, sia elettronici che meccanici;
l) stampi e richiami impagliati, anche di specie diverse da quella oggetto di controllo;
m) richiami vivi unicamente della specie oggetto di controllo, purche' siano detenute ed utilizzate nel rispetto di tutte le norme vigenti in materia di benessere animale;
n) esche alimentari/olfattive attrattive (foraggiamento attrattivo, opportunamente regolamentato).
Per le attivita' di controllo non vigono i divieti di cui all'art. 21 della legge n. 157 del 1992, ne' i divieti di cui all'Allegato F del decreto del Presidente della Repubblica italiana n. 357 del 1997 e dell'Allegato IV della direttiva 2009/147/CE «Uccelli».
L'utilizzo del foraggiamento attrattivo funzionale all'attuazione del presente Piano e' coerente con le disposizioni normative in materia e puo' pertanto essere previsto secondo le modalita' che saranno individuate per ciascuna specie nei piani di intervento; con riferimento specifico al cinghiale, dette modalita' sono definite al punto 3.1.11, lettera d), del presente Piano.
I piani regionali definiscono inoltre gli elementi di seguito dettagliati:
a) classi di sesso ed eta' su cui e' prioritario intervenire per modificare efficacemente la dinamica delle popolazioni, laddove disponibili o coerenti rispetto alla gestione della specie target;
b) struttura del prelievo da garantire, laddove coerente rispetto alla gestione della specie target;
c) modalita' di verifica del corretto conseguimento della struttura dei piani;
d) metodi di valutazione dell'efficacia e della selettivita' delle tecniche utilizzate, in relazione al livello di raggiungimento degli obiettivi generali del piano.
2.4 Individuazione delle figure competenti per l'attuazione del coordinamento
Le regioni individuano un gruppo di coordinamento delle attivita' a scala regionale (CUFA, Regione, Polizia provinciale, Corpo forestale regionale o altro personale d'istituto), al fine di conseguire gli obiettivi previsti, attraverso l'armonizzazione delle modalita' e delle tempistiche di intervento tra tutti gli Istituti di gestione presenti sul territorio (ambiti di caccia pubblici e privati, aree protette ai sensi della legge n. 157 del 1992, art. 10, comma 8, e art. 21, comma 1, lettera c), ai sensi della legge n. 394 del 1991.
In particolare, i carabinieri del Comando unita' forestali, ambientali e agroalimentari (CUFA) possono essere chiamati, attraverso i propri reparti territoriali, a svolgere le azioni di coordinamento operativo di vigilanza sulle attivita' di controllo (in vicarianza nelle provincie ove vi e' carenza di guardie provinciali / regionali) utilmente interfacciandosi con i servizi regionali / provinciali ai quali spetta la gestione delle attivita' di controllo.
Figure per il coordinamento a livello locale:
a) personale uffici/strutture regionali preposte alla gestione faunistico venatoria;
b) personale di provinciale o guardie forestali regionali;
c) Comandi regionali dei Carabinieri forestali, specificatamente per le aree protette ai sensi della legge n. 394 del 1991.
2.5 Gli operatori.
Per assicurare l'efficacia ed efficienza delle azioni di abbattimento e/o cattura, le regioni possono estendere con legge regionale la platea degli operatori del controllo rispetto alla disciplina statale, includendo personale con adeguata formazione, in ottemperanza della sentenza n. 21 del 2021 della Corte costituzionale.
La preventiva formazione degli operatori e' essenziale affinche' si minimizzino rischi di impatti indesiderati sull'ambiente, si assicuri un'elevata efficacia degli interventi e si garantisca la sicurezza di lavoro. La formazione implementa la capacita' di individuare le specie sul territorio, comprendere i possibili movimenti degli animali, riconoscere gli individui e le classi sulle quali e' necessario intervenire al fine di ottenere un risultato di riduzione delle presenze, ed individuare gli strumenti piu' idonei per intervenire con selettivita' ed efficienza (tipologie di trappole, di strumenti per la visione notturna, gli attenuatori di suono). Pertanto gli operatori demandati al controllo devono aver frequentato specifici corsi di formazione conformi a programmi predisposti da ISPRA e superato una prova di abilitazione.
Per gli operatori gia' formati le regioni valuteranno la necessita' di un aggiornamento della formazione posseduta alla luce dei contenuti dello schema di programma di corso per operatori del controllo predisposto da ISPRA, l'eventuale aggiornamento dovra' avvenire entro dodici mesi dall'approvazione del presente piano.
Ai sensi dell'art. 19-ter, comma 4, della legge n. 157 del 1992, le regioni possono coinvolgere nell'attuazione degli interventi in particolare le figure di seguito indicate:
a) personale d'Istituto (polizia provinciale e locale, guardie venatorie, Corpi forestali regionali e forestali);
b) societa' private, ditte specializzate o operatori professionali, cooperative e singoli professionisti, previa frequenza di appositi corsi conformi a programmi predisposti dall'ISPRA, muniti di licenza per l'esercizio venatorio nel caso di abbattimenti con armi da fuoco, ove previsto dalla legislazione regionale;
c) cacciatori, previa frequenza di appositi corsi conformi a programmi predisposti dall'ISPRA, indipendentemente dall'Ambito territoriale o dal Comprensorio Alpino in cui risultano iscritti nonche' dalla forma di caccia da questi prescelta;
d) proprietari e conduttori dei fondi, previa frequenza di appositi corsi conformi a programmi predisposti dall'ISPRA, muniti di licenza per l'esercizio venatorio nel caso di abbattimenti con armi da fuoco;
e) veterinari in servizio presso la sanita' pubblica, previa frequenza di appositi corsi conformi a programmi predisposti dall'ISPRA, muniti di licenza per l'esercizio venatorio nel caso di abbattimenti con armi da fuoco, ove previsto dalla legislazione regionale.
Le regioni definiscono percorsi formativi da seguire per garantire un'adeguata professionalita' degli operatori coinvolti negli interventi di controllo, necessaria all'efficacia, correttezza e sicurezza delle azioni anche nei contesti piu' critici (p.e. ambiti urbani).
L'ISPRA provvede alla predisposizione di uno schema di programma di corso per operatori del controllo per le principali specie oggetto di controllo, mirati a fornire le conoscenze e le competenze utili a meglio intervenire.
2.6 Raccolta dati.
Un elemento essenziale per individuare la strategia di gestione piu' efficace e' la realizzazione di una raccolta dettagliata e standardizzata delle informazioni, che riguardano i dati di abbattimento (in tutte le sue forme), i dati sui danni all'agricoltura e sulle misure di prevenzione adottata nonche' i dati relativi agli incidenti stradali, cosi' da permettere una valutazione critica della gestione condotta e dei suoi effetti, in tempo reale, in relazione agli obiettivi individuati. In particolare andrebbe sostenuta la georeferenziazione dei dati (associando ad ogni evento la localita' in cui si e' realizzato), perche' migliorare il dettaglio geografico delle conoscenze permette di definire le priorita' di intervento sulla base dell'entita' e della distribuzione degli impatti, programmando azioni localmente mirate, cosi' da realizzare una piu' efficace gestione anche in condizioni di limitata disponibilita' di personale piu' volte segnalata da Regioni e Province autonome.
La standardizzazione della raccolta dati permette altresi' la confrontabilita' nel tempo e nello spazio 8 dei risultati, cosi' da definire dei trend corretti che permettano di fare un quadro piu' affidabile nel medio e lungo periodo dell'attivita' gestionale e condividere le buone pratiche tra ambiti diversi.
Nelle Linee guida redatte ai sensi dell'art. 18 del decreto legislativo n. 230 del 2017 e adottate con decreto del Ministero della transizione ecologica il 16 marzo 2022, sono definiti gli elementi utili alla predisposizione di un efficace programma di monitoraggio finalizzato al rapido rilevamento di nuove introduzioni di specie alloctone di rilevanza unionale sul territorio nonche' all'individuazione delle misure piu' opportune di eradicazione o gestione e alla valutazione degli effetti una volta che queste siano state adottate. L'art. 5 del decreto prevede la trasmissione, ogni dodici mesi, dei dati di presenza e distribuzione delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale e nazionale al Ministero della transizione ecologica e ad ISPRA, secondo le linee guida predisposte dalla Commissione europea per la compilazione dei report sulla distribuzione delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale anche nell'ottica di valutazione delle misure di controllo messe in atto. Analoga rendicontazione andrebbe prevista per le altre specie su cui sono attive misure di gestione da parte delle amministrazioni regionali.
a) Definizione della tipologia di dati da raccogliere e del dettaglio da garantire.
b) Impostazione delle schede di raccolta dati da compilarsi preferibilmente da remoto.
c) Individuazione della piattaforma centralizzata per il caricamento diretto dei dati registrati.
d) Individuazione dei parametri di misura del livello di progressione e raggiungimento degli obiettivi generali del Piano e per misurare l'efficacia delle attivita' intraprese.
2.7 Reporting annuale
Le regioni e province autonome provvedono annualmente a trasmettere a ISPRA un report sui risultati conseguiti nell'ambito dei piani regionali realizzati negli ATC, CA, negli istituti faunistici protetti ai sensi dell'art. 10, comma 8, della legge n. 157 del 1992 e negli istituti faunistici privati al fine di permettere una comprensione dello stato di avanzamento delle strategie di gestione e degli sforzi attuati. Al riguardo, ISPRA definisce formato e contenuti del report annuale, mentre le regioni trasmettono i dati all'ISPRA per la pubblicazione sul sito istituzionale e l'implementazione di un database nazionale.
2.8 I metodi alternativi.
Il dettato normativo prevede che i piani regionali integrino interventi di abbattimento o cattura. Il ricorso a sistemi di prevenzione puo' - per determinate specie e determinati contesti ambientali - coadiuvare il contenimento dei danni, a patto che siano correttamente installati ed utilizzati e che sia realizzata una costante manutenzione degli elementi del sistema. La funzionalita' dei sistemi di prevenzione, e quindi di conseguenza la loro efficacia, e' strettamente connessa anche alla corretta formazione degli operatori riguardo al loro uso.
Il ricorso a sistemi di prevenzione appare altresi' opportuno nei contesti in cui non si riesce a realizzare un'effettiva e consistente riduzione delle specie causa delle criticita', per carenza di personale o per mancata condivisione degli obiettivi di riduzione delle presenze.
I metodi alternativi dovranno essere caratterizzati da un basso impatto sulle specie non target e sugli habitat delle aree di intervento.
Nelle situazioni in cui i metodi alternativi sono concretamente attuabili in quanto potenzialmente efficaci il loro impiego secondo le disposizioni dei piani regionali, potra' essere contemporaneo al controllo cruento (abbattimento e/o cattura). Il parere di ISPRA provvede a valutare il complessivo piano di controllo integrato, relativo sia ai metodi alternativi sia alle misure di controllo numerico, tenendo conto delle considerazioni sopra sintetizzate.
E' escluso il ricorso a metodi alternativi per le seguenti specie:
a) specie esotiche per le quali le politiche globali, comunitarie e nazionali impongono obiettivi di eradicazione e contenimento, l'applicazione di metodi alternativi risulta inefficace al fine di escludere gli impatti causati da queste specie e pertanto deve essere esclusa (eventualmente limitata a contesti molto specifici, sempre integrata in un piano di eradicazione/controllo, ai fini di una maggior efficacia del piano stesso);
b) specie parautoctone (sensu decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 19 gennaio 2015) oggetto di controllo (coniglio, muflone ad eccezione delle popolazioni sarde, daino, etc.)
I piani regionali includono, ove si applichino a specie o contesti diversi da quelli sopra sintetizzati, una descrizione dei metodi alternativi che si intende applicare, in particolare:
a) strumenti o tecniche utilizzate sulla base di una valutazione dell'efficacia nota;
b) caratteristiche degli strumenti o tecniche dei quali si prevede l'utilizzo e dei contesti ambientali di attivazione di metodi alternativi in sinergia con le azioni di contenimento dei danni;
c) modalita' di formazione e supporto al corretto uso di sistemi alternativi.
2.9. L'azione di contenimento all'interno delle aree protette regionali
L'art. 19-ter della legge n. 157 del 1992, come modificato dalla legge di bilancio, art. 1, commi 447 e 448, prevede che le attivita' di contenimento disposte nell'ambito del piano straordinario siano attuate, seguendo specifiche modalita', anche nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394.
In queste aree spetta all'ente gestore il controllo della fauna selvatica, considerata la sua conoscenza dei delicati equilibri ecologici che caratterizzano l'area protetta.
L'art. 11 comma 4, della legge n. 394 del 1991 prevede infatti che nelle aree protette di carattere nazionale eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi siano disciplinati nel regolamento del parco e che gli stessi debbano avvenire «per iniziativa e sotto la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'ente parco ed essere attuati dal personale dell'ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'ente parco stesso».
Per quanto riguarda le aree protette regionali, l'art. 22, comma 6, prevede che eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi siano disciplinati nel regolamento del parco ovvero, qualora non vi sia il regolamento, in conformita' alle direttive regionali «per iniziativa e sotto la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati da personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso ente».
Gli enti di gestione possono, dunque, incaricare ditte specializzate o coinvolgere le aziende agricole per l'attuazione degli interventi di abbattimento o cattura.
Fermo il rispetto dell'autonomia dell'ente di gestione, appare opportuno l'impiego di metodi di controllo che non rechino disturbo alla fauna presente nelle aree protette.
Nel caso in cui gli Enti gestori delle aree protette regionali non si adeguino al piano regionale entro sei mesi dalla sua adozione, la Regione puo' prevedere il commissariamento dell'Ente gestore medesimo per l'attuazione del piano. 3. Cinghiale: indicazioni specifiche
Stante l'attuale situazione epidemiologica, che sta vedendo una recrudescenza della diffusione della peste suina africana nelle aree di Piemonte e Liguria, il piano di controllo straordinario deve essere implementato coerentemente con la strategia di gestione di questa gravissima malattia, adottata dalle autorita' sanitarie competenti nonche' con la relativa normativa vigente per la sua gestione, controllo ed eradicazione (decreto legge n. 9 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 29 del 2022) e con il Documento di indirizzo tecnico Interministeriale «peste suina africana (PSA) - Piano di azione nazionale sulla gestione del cinghiale. Elementi essenziali per la redazione di un piano di gestione».
Il contenimento delle presenze di cinghiali andrebbe prioritariamente perseguito attraverso l'attivita' venatoria. Tuttavia, stante l'obiettivo di forte riduzione delle presenze condiviso nell'ambito dei PRIU, i Piani di abbattimento, qualora non completati, potranno essere terminati attraverso il Piano di controllo regionale anche, ove necessario, tramite l'impiego di tutte le figure di cui al paragrafo 2.4.
3.1. Piano per le Regioni/Provincie/aree indenni da peste suina africana (da allinearsi ai PRIU)
Le regioni, nei piani relativi ai rispettivi territori indenni finalizzati a dare attuazione al presente Piano straordinario, dovranno dettagliare gli elementi di cui ai paragrafi da 2.1 a 2.7 (obiettivo gestionale regionale, struttura del piano regionale, tecniche impiegate e relativa selettivita', operatori impiegati, metodi di raccolta dati, reporting, metodi alternativi considerati ed applicati). Di seguito, sono riportate a titolo esemplificativo indicazioni ed elementi specifici per la redazione di tali paragrafi nei piani regionali.
3.1.1. Definizione degli obiettivi gestionali
a) riduzione degli impatti causati dai cinghiali alle attivita' antropiche e ai manufatti nonche', piu' in generale, sulla sicurezza pubblica;
b) riduzione degli impatti sulla biodiversita' e gli habitat naturali;
c) controllo dei rischi di interazione tra selvatici e domestici, e di trasmissione di malattie, negli intorni degli allevamenti;
d) incremento rilevante del prelievo in controllo (sino al raggiungimento di quote equiparabili a quelle espresse dal prelievo venatorio).
3.1.2 Definizione degli impatti causati dalle specie target sulle attivita' antropiche o sull'ambiente
La raccolta e l'analisi di dati oggettivi sugli impatti causati dai cinghiali alle attivita' agricole, ai manufatti, all'ambiente (a specie e habitat di interesse conservazionistico) e sulle collisioni con autoveicoli causati dal cinghiale nonche' sugli interventi di prevenzione degli stessi puo' prevedere:
Danni all'agricoltura
a) promozione, all'interno delle diverse associazioni di categoria degli agricoltori, di un sistema di denuncia e accertamento dei danni che tenda, per quanto possibile, verso la digitalizzazione delle procedure;
b) individuazione di un flusso di informazioni che garantisca l'accertamento dei danni sul campo nel minore tempo possibile rispetto alla segnalazione dell'evento;
c) utilizzo, da parte dei diversi soggetti preposti alla verifica dei danni, di un'unica scheda di rilevamento dei danni;
d) adozione, da parte dei soggetti competenti, di un prontuario per la quantificazione dei danni causati dalla fauna e, in particolare, dal cinghiale, che fornisca ai rilevatori tutti i parametri tecnici ed economici per l'effettuazione delle perizie e la definizione di rimborsi;
e) adozione di un unico listino di riferimento per i prezzi e i costi (Ismea) al fine di conseguire un'omogeneita' dei diversi archivi di dati;
f) utilizzo, da parte dei diversi soggetti preposti alla verifica dei danni, di un'unica scheda di rilevamento degli interventi di prevenzione, al fine di conseguire un'omogeneita' dei diversi archivi di dati;
g) la georeferenziazione dei danni e degli interventi di prevenzione mediante l'impiego di GPS (palmari, smartphone dotati di app di raccolta dati, comunicanti sia con gli uffici preposti all'attivazione delle verifiche sia con gli uffici della polizia provinciale o della regione deputati al coordinamento degli interventi di controllo), cosi' da avere mappe -anche in tempo reale- della distribuzione dei danni sul territorio e pianificare interventi rapidi e mirati;
h) lo stretto coordinamento tra i diversi soggetti preposti agli indennizzi e alla prevenzione dei danni e alla raccolta delle relative informazioni sul territorio regionale;
i) lo stretto coordinamento tra i diversi istituti di gestione e gli uffici regionali competenti per il raggiungimento di un'omogeneita' per quanto concerne i criteri e i parametri di rilevamento, quantificazione, indennizzo/risarcimento dei danni;
j) individuazione di un flusso di informazioni che garantisca il rapido indennizzo dei danni (entro l'anno dell'evento);
k) la raccolta regolare e continuativa dei dati.
Tab. 1 Esempio di dati relativi agli eventi di danno da cinghiale

Parte di provvedimento in formato grafico
Tab. 2 Esempio di dati relativi agli interventi di prevenzione dei danni da cinghiale

Parte di provvedimento in formato grafico

La raccolta di tali informazioni potra' permettere la quantificazione:
a) dell'ammontare del danno causato (economico, superficie danneggiata);
b) della tipologia di coltura danneggiata e della distribuzione temporale e geografica degli eventi di danno;
c) dell'entita', della tipologia e della distribuzione temporale e geografica degli strumenti di prevenzione allestiti. Incidenti stradali
a) lo stretto coordinamento tra i diversi soggetti preposti alla verifica degli incidenti stradali e alla raccolta delle relative informazioni sul territorio regionale;
b) utilizzo, da parte dei diversi soggetti preposti ai sopralluoghi sull'incidente, di un'unica scheda di rilevamento dei dati al fine di conseguire un'omogeneita' dei diversi archivi;
c) la georeferenziazione degli eventi mediante l'impiego di GPS (palmari, smartphone dotati di app di raccolta dati, comunicanti sia con gli uffici preposti alle denunce sia con gli uffici della polizia provinciale o della regione deputati al coordinamento degli interventi di controllo), cosi' da avere mappe -anche in tempo reale- della distribuzione degli incidenti sul territorio, effettuare delle valutazioni sulle caratteristiche delle strade e pianificare interventi rapidi e mirati di prevenzione (pulizia dei margini stradali, apposizione di opportuna cartellonistica informativa, di autovelox o limiti di velocita') nonche' eventuale rimozione rapida di animali che stazionano nelle zone di transito;
d) la raccolta regolare e continuativa dei dati.
Tab. 3 Esempio di dati relativi agli eventi di collisioni di cinghiale con autoveicoli

Parte di provvedimento in formato grafico

La raccolta di tali informazioni potra' permettere:
a) la quantificazione della tipologia e della distribuzione temporale e geografica degli eventi di collisioni con gli autoveicoli;
b) l'analisi del rischio e la conseguente individuazione degli strumenti piu' idonei alla sua riduzione/esclusione. Impatti sulla biodiversita'
Qualora i piani regionali siano anche finalizzati a mitigare gli impatti sulla biodiversita' del cinghiale, essi potranno includere una valutazione di tali impatti, analizzati tramite la raccolta e la georeferenziazione degli eventi di rooting, scavo, alimentazione, predazione e danneggiamenti su specie e habitat di interesse conservazionistico.
3.1.3 Definizione dell'attivita' di prelievo
Al fine di garantire lo sfruttamento ottimale dei dati raccolti a fini gestionali e' indispensabile raccogliere i dati relativi a tutte le azioni di prelievo (caccia e controllo) e a tutti gli animali prelevati. Inoltre, per garantire la piena interoperabilita' delle due fonti di dati (azioni di prelievo e animali prelevati) e' indispensabile che ogni azione di caccia o controllo venga identificata in modo univoco con un codice alfanumerico e delle coordinate, da riportare nella scheda contenente le informazioni relative all'intervento (Tabelle 4 e 5). Analogamente, ogni animale abbattuto o catturato deve essere identificato in modo univoco con un codice alfanumerico corrispondente, per esempio, al codice stampato sulla fascetta inamovibile applicata al garretto dell'animale dopo l'abbattimento, o a quello presente sulla marca auricolare applicata all'animale catturato e traslocato in vivo.
Tali informazioni andranno inserite nel reporting trasmesso annualmente ad ISPRA, insieme alla cartografia aggiornata dei distretti di caccia, delle zone di braccata, dei punti di sparo e dei siti dove sono stati realizzati gli interventi di controllo.
La raccolta e l'analisi di dati oggettivi sui prelievi realizzati puo' prevedere: Prelievi in caccia
Tab. 4 Esempio di dati relativi alle azioni di caccia

Parte di provvedimento in formato grafico
Prelievi in controllo
Tab. 5 Esempio di dati relativi alle azioni di controllo

Parte di provvedimento in formato grafico

Per quanto concerne la determinazione dell'eta' (operazione non sempre possibile nel caso di animali catturati e traslocati in vivo, ma sempre possibile nel caso di animali abbattuti), si ritiene che il rilevamento dello stato di eruzione dentaria, e in particolare dei molari, costituisca allo stesso tempo il metodo piu' semplice e affidabile ai fini di una standardizzazione della raccolta. Il conteggio dei molari puo' essere facilmente realizzato in qualsiasi condizione ambientale e senza la necessita' di particolari competenze tecniche.
Al fine di facilitare le operazioni si prevede un rilevamento basato sullo stato di eruzione (anche parziale) dei tre denti molari (M1, M2, M3), attraverso il quale l'operatore potra' attribuire l'animale ad una delle seguenti 4 classi d'eta':
a) classe A (fino a 4 mesi circa): nessun molare presente;
b) classe B (da 5 a 12 mesi circa): presente solo M1;
c) classe C (da 12 a 22 mesi circa): presenti solo M1 e M2;
d) classe D (oltre i 22 mesi circa): presenti M1, M2 e M3.


Parte di provvedimento in formato grafico

La raccolta di tali informazioni potra' permettere la quantificazione:
a) di indici di sforzo di caccia/controllo per unita' di superficie, indici di efficienza di abbattimento (o cattura) in relazione allo sforzo profuso (es. numero di azioni, numero di giornate, numero di cacciatori, numero di cani) o alla superficie interessata dall'azione;
b) di una caratterizzazione delle popolazioni (es. struttura per classi di sesso ed eta' dei capi prelevati, valutazione delle potenzialita' riproduttive, valutazione della condizione fisica, stima dell'incidenza dell'ibridazione).
3.1.4 Individuazione dei target da raggiungere
I piani regionali individueranno obiettivi espliciti e specifici, calibrati localmente ed eventualmente diversificati in base ad una zonazione territoriale in relazione sia alle prescrizioni sulla Peste Suina Africana, sia alle caratteristiche sociali, geografiche e paesaggistiche di sotto dettagliate.
Le regioni potranno definire obiettivi in termini di valori soglia di spesa annua massima sostenibile o di percentuali di riduzione della spesa annua per l'indennizzo dei danni da Cinghiale (incidenti stradali compresi) necessari per la sostenibilita' economica.
3.1.5 Definizione dell'arco temporale in cui conseguire i target previsti
Sulla base dei dati disponibili riguardo alla distribuzione spaziale dei danni, all'uso della prevenzione, ai risultati delle attivita' di controllo e caccia sin ora conseguiti, i piani regionali declineranno gli obiettivi individuati e definiranno il tempo necessario per il loro raggiungimento. Possibile obiettivo regionale:
a) riduzione degli eventi di danno del 30% nei primi 3 anni (danni all'agricoltura e/o incidenti stradali), attraverso un incremento de 50% degli interventi di prelievo (orientati ad incidere sulle classi dei giovani e sulla parte riproduttiva della popolazione) e del 10% di quelli di prevenzione, verifica dei risultati ed eventuale ricalibrazione dei programmi per il seguente biennio;
b) messa in sicurezza degli allevamenti suinicoli e aumento del 50% del prelievo in un intorno di 1 km;
c) riduzione sistematica delle presenze di cinghiali negli istituti faunistici di cui all'art. 10, comma 8, lettera a), b) e c) della legge n. 157 del 1992.
3.1.6 Individuazione dell'ambito territoriale di intervento
a) Implementazione di una cartografia tematica digitale relativa alle caratteristiche morfologiche del territorio e di uso del suolo, alla distribuzione degli impatti (danni all'agricoltura e incidenti stradali), alla distribuzione degli allevamenti suinicoli e all'assetto gestionale del territorio (distribuzione degli Istituti di gestione e dei prelievi realizzati).
b) Analisi spaziale dei dati sulle caratteristiche ambientali del territorio, sugli impatti e a gestione della specie.
c) Individuazione delle "aree critiche" omogenee di intervento, ovvero aree dove il rischio di impatto causato dai cinghiali e' paragonabile e puo' essere discretizzato (p.e. in «basso», «medio» e «alto»)
Obiettivi gestionali per ogni area critica
Priorita' di intervento nello spazio e nel tempo in funzione del livello di rischio. Aree a rischio «medio» e «alto».
a) Individuazione di una soglia economica obiettivo di riferimento per i danni -agricoli e incidenti stradali- per km² di superficie (p.e. 30€/km²) da raggiungere e mantenere attraverso le attivita' di gestione diretta della specie e gli interventi di prevenzione incruenti dei danni. In alternativa si puo' fissare la percentuale obiettivo di riduzione dei danni (numero di eventi; indennizzo economico, p.e. il numero di eventi di danno dovra' ridursi del 30% in 5 anni o l'entita' dell'indennizzo stimato dovra' ridursi di almeno del 30% in 5 anni).
b) gli Istituti di gestione (ATC, CA, Istituti faunistici protetti ai sensi dell'art. 10, comma 8, della legge n. 157 del 1992 e Istituti faunistici privati) con estese porzioni (≥ del 25% della superficie complessiva) rientranti in tali aree avranno obiettivi gestionali «non conservativi», ovvero:
l'attivita' di controllo dovra' essere intensificata fino a permettere la rimozione di un numero di cinghiali equivalenti a quelli abbattuti in caccia;
il prelievo tramite la caccia di selezione ai sensi dell'art. 11-quaterdecies, comma 5, della legge n. 248 del 2005, deve essere intensificato sino a equiparare quello in braccata e comunque fino alla riduzione sistematica dei cinghiali;
il prelievo, per incidere significativamente sulla quota di popolazione che ne traina la crescita, deve essere il piu' possibile selettivo e orientato verso specifiche classi di sesso ed eta' (giovani e femmine), secondo la seguente tabella:


Parte di provvedimento in formato grafico

gli interventi di prevenzione dei danni/degli incidenti stradali saranno identificati, coadiuvando l'azione di rimozione diretta sulla specie. Aree a rischio «basso»
a) Individuazione di una soglia economica obiettivo di riferimento per i danni -agricoli e incidenti stradali- per km² di superficie (p.e. 15€/km²) da raggiungere e mantenere attraverso le attivita' di gestione diretta della specie e gli interventi di prevenzione incruenti dei danni. In alternativa si puo' fissare la percentuale obiettivo di riduzione dei danni (n. di eventi; indennizzo economico, p.e. il n. di eventi di danno dovra' ridursi del 50% in 5 anni o l'entita' dell'indennizzo stimato dovra' ridursi di almeno del 50% in 5 anni);
b) gli Istituti di gestione (ATC, CA, Istituti faunistici protetti ai sensi dell'art. 10, comma 8, della legge n. 157 del 1992 e Istituti faunistici privati) con estese porzioni (≥ del 75% della superficie complessiva) rientranti in tali aree avranno obiettivi gestionali «di riduzione delle presenze», ovvero:
l'attivita' di controllo dovra' essere intensificata,
il prelievo dovra' comunque incidere sulle presenze di cinghiali, tendendo ad un prelievo almeno paritario per generi (rapporto sessi 1:1) ma prioritario per le classi giovani (rapporto giovani/ adulti 1:0,4), quest'ultimo da conseguirsi tra la primavera e l'autunno attraverso - in particolare- la caccia di selezione e gli interventi di controllo;
c) gli interventi di prevenzione dei danni/degli incidenti stradali dovranno intensificarsi, coadiuvando l'azione di rimozione diretta sulla specie.
3.1.7 Definizione dei periodi di intervento nel corso dell'anno
I piani regionali potranno prevedere interventi di controllo durante tutto l'anno, tenendo in debito conto la stagionalita' e l'area di intervento, cosi' da non determinare situazioni critiche per altre specie, in particolare per quelle di interesse conservazionistico.
3.1.8 Individuazione delle figure competenti per l'attuazione degli interventi di controllo (coadiuvanti al controllo del cinghiale)
Al fine di massimizzare l'efficienza e raggiungere gli obiettivi previsti, le regioni utilizzano le figure professionali indicate al punto 2.4 del presente Piano necessarie ad agire efficacemente sull'intero territorio di competenza.
3.1.9 Individuazione delle figure competenti per il recupero dei capi feriti
Il recupero dei capi viene operato nel caso si registri il ferimento (o sospetto ferimento) di esemplari di cinghiale durante le attivita' di caccia o di controllo. Il recupero viene operato con l'ausilio di cani appositamente addestrati (cani da traccia su pista di sangue).
Il conduttore e il cane hanno conseguito uno specifico brevetto che ne certifica l'operativita', attestato da valutatori esperti abilitati da disciplinari adottati da enti o associazioni regolarmente riconosciuti ai sensi del decreto legislativo n. 529 del 1992 dal Ministero dell'agricoltura e della sovranita' alimentare e delle foreste.
I binomi cane-conduttore inseriti in apposito Registro regionale entrano a far parte di un servizio di recupero che opera sulla base di un apposito regolamento regionale e prevalentemente sotto il controllo della Polizia provinciale. Il servizio di recupero viene generalmente attivato immediatamente dopo il ferimento tramite comunicazione telefonica. Una volta localizzati, gli esemplari - qualora non morti in conseguenza della ferita riportata - vengono soppressi e quindi recuperati.
Le finalita' di questo tipo di intervento sono di carattere:
a) etico (riducendo il periodo di agonia degli esemplari feriti);
b) sanitario (la perdita di sangue, in caso di animali infetti da PSA, rappresenta un vettore di diffusione del virus particolarmente efficace e pericoloso);
c) gestionale (nell'ambito dei piani di prelievo basati su quote numeriche, i capi non recuperati e dei quali non sia noto il destino non sono conteggiati tra i prelievi effettuati, portando quindi a ridurre i tassi di prelievo effettivi);
d) di salute pubblica (la presenza di capi feriti puo' comportare rischi per l'incolumita' dell'uomo e dei suoi animali da compagnia).
Il recupero dei capi feriti si configura come un intervento gestionale finalizzato a minimizzare le sofferenze degli esemplari e ad ottimizzare l'attivita' venatoria, evitando il rischio di causare tassi di prelievo superiori a quelli programmati. Il recupero dei capi feriti non costituisce attivita' venatoria e si puo' svolgere anche nelle aree precluse all'esercizio venatorio e nei giorni in cui non e' consentita la caccia.
Il conduttore puo' eseguire l'intervento di recupero portando con se' un'arma (tra quelle idonee all'eventuale abbattimento del capo ferito) o puo' essere accompagnato da personale di istituto o coadiuvanti al controllo, che procederanno poi all'eventuale abbattimento.
3.1.10 Definizione dei percorsi formativi
a) Garantire un'adeguata professionalita' per ottenere la necessaria all'efficacia, correttezza e sicurezza delle azioni anche nei contesti piu' critici (p.e. ambiti urbani; aree rigorosamente protette).
b) Si rimanda ai programmi dei corsi ISPRA allegati.
3.1.11 Indicazione degli strumenti piu' efficaci per la rimozione selettiva degli animali
Per la realizzazione dei piani regionali potranno essere impiegati gli strumenti di seguito dettagliati a titolo esemplificativo:
a) catture mediante reti, gabbie e trappole, con abbattimento diretto in situ o a seguito di trasferimento presso centro di sosta in coerenza con le indicazioni per la peste suina africana mediante arma da fuoco, sedazione ed eutanasia;
b) abbattimenti selettivi diurni/notturni alla cerca da autoveicoli o a piedi, mediante:
armi da fuoco dotate di ottiche di mira, con strumenti per l'attenuazione del rumore, a imagin termico, a infrarossi o a intensificazione di luce, eventualmente dotate di telemetro laser, o con l'ausilio di strumenti di illuminazione (torce o fari);
archi da caccia, con l'ausilio di strumenti di illuminazione (torce o fari), binocoli anche dotati di telemetro laser;
c) abbattimenti selettivi diurni/notturni su appostamenti, fissi o temporanei, anche utilizzando esche alimentari attrattive (mais in granella (1) , mediante:
armi da fuoco dotate di ottiche di mira, con strumenti per l'attenuazione del rumore, a imagin termico, a infrarossi o a intensificazione di luce, eventualmente dotate di telemetro laser, o con l'ausilio di strumenti di illuminazione (torce o fari),
archi da caccia, con l'ausilio di strumenti di illuminazione (torce o fari), binocoli anche dotati di telemetro laser;
d) abbattimenti selettivi in girata, con l'ausilio di un singolo cane, detto «limiere», caratterizzato da buone doti naturali (capacita' olfattiva, costanza e metodo sulla traccia) e ben addestrato e collegato al conduttore; il conduttore e il cane limiere hanno conseguito uno specifico brevetto 20 che ne certifichi l'operativita' e la selettivita' attestato da valutatori esperti abilitati da disciplinari adottati da enti o associazioni regolarmente riconosciuti ai sensi del decreto legislativo n. 529 del 1992 dal Ministero dell'agricoltura e della sovranita' alimentare e delle foreste.
In merito all'impiego di cani come ausiliari nell'attivita' di prelievo del cinghiale, si evidenzia che il potenziale disturbo causato sia alla stessa specie sia alle altre presenti nella medesima area e' tale da suggerire particolare cautela nella scelta del cane o dei cani da utilizzare in relazione alla potenziale gravita' delle possibili conseguenze derivanti dal ricorso a segugi non specializzati e non selettivi. Pertanto, ISPRA nei propri pareri e linee guida ha sottolineato la necessita' che venga fatto uso di ausiliari opportunamente selezionati e adeguatamente addestrati nello svolgimento delle attivita' venatorie che ne consentono l'uso ai sensi della legge n. 157 del 1992. Infatti, la selezione, l'addestramento e la specializzazione dei cani impiegati, cosi' come quella degli operatori, rappresentano requisiti fondamentali per garantire l'efficacia delle azioni di prelievo e delle attivita' ad essa legate (p.e. conteggi coppie nidificanti e/o brigate nel caso dei galliformi; recupero di animali feriti). Tuttavia, tali qualita' possono essere stabilite e certificate solo attraverso specifiche prove di lavoro che utilizzino criteri di verifica standardizzati e valutatori espressamente abilitati, al fine di ottenere un'abilitazione imparziale e corretta degli ausiliari.
e) abbattimenti con l'ausilio di mute selettive, ridotte: coppia di ausiliari o mute con 4 cani che hanno conseguito uno specifico brevetto per coppia o muta che ne certifichi l'operativita' e la selettivita', attestato da valutatori esperti abilitati da disciplinari adottati da enti o associazioni regolarmente riconosciuti ai sensi del decreto legislativo n. 529 del 1992 dal Ministero dell'agricoltura e della sovranita' alimentare e delle foreste.
L'utilizzo delle braccate puo' essere previsto esclusivamente in casi e contesti particolari, ad esempio nel caso di presenza di cinghiali in aree agricole con limitata vegetazione naturale o in situazioni accertate di forte concentrazione, al fine di intervenire in tempi rapidi in condizioni di tempo e luogo che escludano significativi impatti su altre specie selvatiche. Qualora si preveda l'utilizzo di tale tecnica, i piani regionali dovranno dettagliare le condizioni di attivazione.
Gli abbattimenti con armi da fuoco in interventi di controllo dovranno prevedere preferibilmente il ricorso a munizioni atossiche (senza piombo).
I piani regionali devono quantificare le risorse di personale e di strumenti necessari al raggiungimento degli obiettivi definiti. Indicativamente si potra' prevedere almeno n. 1 operatore specificamente formato per 10.000 ha di territorio, con dotazione di mezzo fuoristrada dotato di verricello, reti trappola, armi specifiche per la soppressione della specie e di ottiche per la visione notturna.
3.1.12 Raccolta e informatizzazione dei dati sulla gestione della specie (impatti e prelievi)
a) Implementazione di un «Sistema Unico di monitoraggio dei prelievi e delle popolazioni di cinghiale a livello regionale» (app, sistema informativo territoriali, server dedicati) finalizzato alla:
raccolta delle informazioni relative ai danni (all'agricoltura e agli incidenti stradali) e a tutte le attivita' di caccia e controllo,
interoperabilita' con i dati provenienti dal monitoraggio della PSA e, piu' in generale, con le banche dati sanitarie gia' in essere o in via di sviluppo presso gli IIZSS (p.e. monitoraggio della trichinellosi).
b) Individuazione di figure con specifiche competenze tecniche per la verifica dei dati.
c) Cndividuazione di figure con specifiche competenze informatiche per la gestione degli strumenti di raccolta (app/server GIS).
d) Trasmissione al focal point Nazionale (ISPRA), dove e' ubicata la banca dati centralizzata per l'analisi dei dati e la produzione di un report annuale.
3.1.13 Destinazione dei capi abbattuti (filiera delle carni, regolamento (ce) n. 853/2004) e ricorso a munizionamento atossico Creazione di una filiera delle carni
I piani regionali possono includere azioni sulle materie di seguito esplicitate:
a) recepimento le «Linee guida in materia di igiene delle carni di selvaggina selvatica» (Accordo Stato - Regioni n. Rep. atti 34/CSR del 25 marzo 2021);
b) formazione degli operatori/cacciatori come operatore del settore alimentare (O.S.A.), «Persona formata ai sensi regolamento CEE (CE 853/2004 allegato III, Sez. IV), ovvero una persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto della legislazione alimentare, e' responsabile della sicurezza di cio' che ha prodotto (cacciato/abbattuto in controllo) e deve assicurare i requisiti d'igiene dall'abbattimento fino al conferimento (formazione, «ante mortem», igiene, trasporto, ecc.). E' sufficiente che almeno una persona tra i componenti del gruppo di professionisti/cacciatori disponga di tali nozioni per poter eseguire, dopo l'azione di caccia o l'intervento in controllo, tale esame preliminare;
c) obbligo di identificazione univoca di tutti i capi di grossa selvaggina (anche quelli eventualmente destinati a cessione diretta) attraverso fascette numerate inamovibili;
d) per i capi abbattuti in caccia, la cessione ad esercizi di commercio al dettaglio deve avvenire preferibilmente se l'abbattimento e' stato realizzato con munizioni atossiche (non contenenti piombo), alle operazioni di caccia ha partecipato anche una persona formata, sono stati eseguiti i necessari controlli sanitari con esito negativo ed e' stato compilato l'allegato II;
e) esclusione, per i capi abbattuti in controllo, della possibilita' di cessione diretta ed obbligo di conferimento presso Centri di lavorazione della selvaggina (CLS) ad eccezione delle quote stabilite dalle Regioni per compensare-incentivare la partecipazione alle attivita' di controllo da parte degli operatori autorizzati;
f) istituzione sul territorio di una rete capillare di Centri di raccolta/sosta (CRS) della selvaggina cacciata (strutture registrate a livello comunale reg. n. 852/2004), costituiti da una cella frigorifera, lavabile e disinfettabili, per la refrigerazione (+4°-+7°C) e il deposito temporaneo dei capi abbattuti. Puo' essere anche mobile (camper/roulotte) e richiede la presenza di acqua potabile/pulita, il mantenimento di condizioni di igiene, e la presenza di contenitori per la raccolta sottoprodotti. Il capo puo' rimanere in un CRS fino a 5 gg, fascettato e con i relativi documenti sanitari;
g) istituzione sul territorio di 1 o 2 grossi Centri di lavorazione della selvaggina (CLS), macelli riconosciuti ai sensi del reg. n. 853/2004) su cui convogliare le carcasse dai diversi centri di sosta (ritiro cadenzato);
h) individuazione di interlocutori commerciali interessati alla distribuzione delle carni sul mercato alimentare;
i) il ricavato della vendita sara' da destinarsi alla compensazione dei danni causati dalla specie o per incentivare la segnalazione di presenza di carcasse di cinghiali nel territorio (ai fini del monitoraggio passivo della PSA) o all'incentivazione delle attivita' di controllo;
j) in Zona di restrizione I, i capi abbattuti in caccia e controllo devono essere consumati all'interno dell'area, in autoconsumo o dopo passaggio attraverso CSL. Si puo' prevederne la vendita al di fuori dell'area, esclusivamente previo passaggio da un CLS, negativita' di tutti i referti veterinari, trasporto -con mezzi in sicurezza- esclusivamente verso impianti di cottura e trasformazione delle carni.
3.1.14 I metodi alternativi
Al fine di prevenire gli impatti alle coltivazioni da parte dei cinghiali, si raccomanda altresi' di ricorrere anche a sistemi di prevenzione (recinzioni fisse o elettrificate a protezione delle colture) valutando la possibile adozione di strumenti economici per fornire direttamente gli strumenti o sovvenzionarne l'acquisto da parte degli agricoltori/aziende o per fornire adeguata formazione riguardo alla loro corretta installazione e alla loro manutenzione.
Al fine di prevenire frequentazione di ambiti urbani e periurbani da parte dei cinghiali, si raccomanda altresi' di ricorrere anche a sistemi di prevenzione di tipo ecologico, valutando la possibile adozione (con l'adeguato supporto degli uffici e delle strutture competenti) di misure quali:
a) la messa in sicurezza/frequente pulizia di cassonetti e/o punti di raccolta dell'immondizia di origine domestica o attivita' ristorative pubbliche in ambito urbano e lungo le strade;
b) specifiche ordinanze di divieto di alimentazione dei cinghiali (ai sensi dell'art. 7, comma 1, della legge n. 221 del 2015);
c) pulizia dei margini stradali dalla vegetazione spontanea erbacea e arbustiva;
d) obbligo di mantenere puliti e sgomberi terreni e aree private da vegetazione infestante;
e) eliminazione delle micro discariche e rimozione delle carcasse di animali ai margini delle aree abitate e lungo scarpate, margini stradali e piazzole di sosta;
f) installazione di apposita cartellonistica «animali selvatici vaganti» - integrata da altre segnalazioni verticali, orizzontali o luminose (eventualmente riportante un numero utile a cui fornire eventuali segnalazioni);
g) installazione di sistemi di illuminazione stradale in tratti particolarmente critici;
h) apposizione di limiti di velocita' lungo i rettilinei e nei tratti con limitata visibilita' (curve, tornanti);
i) ricorso all'utilizzo di autovelox;
j) installazione di recinzioni;
k) installazione di dossi.
Al fine di operare un deciso contrasto alle immissioni illegali, andrebbero previsti ed attivati controlli sistematici, anche tramite il coordinamento con i Carabinieri forestali, che contribuiscano ad aumentare l'efficacia del divieto di qualsiasi rilascio di cinghiali nel territorio regionale.
3.2 Piano per le aree di presenza della peste suina africana (da allinearsi ai piani di eradicazione della PSA)
Zone di restrizione I (attualmente localizzate in Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio).
Le attivita' di gestione della specie sono definite nei Piani di Eradicazione della Peste Suina Africana, specificatamente redatti.
Zone di restrizione II (attualmente localizzate in Piemonte, Liguria e Lazio), area di circolazione attiva del virus.
Le attivita' di gestione della specie sono definite nei Piani di Eradicazione della Peste Suina Africana, specificatamente redatti. 4. I cervidi e bovidi: indicazioni specifiche
I piani regionali di attuazione del piano di controllo straordinario potranno riguardare tutte le specie di cervidi e bovidi, ad eccezione di quelle elencate come prioritarie nella direttiva habitat (ad esempio il cervo sardo Cervus elaphus corsicanus e le popolazioni sarde di muflone Ovisaries), facendo riferimento alle indicazioni per le singole specie nel documento «Linee guida per la gestione degli Ungulati. Cervidi e Bovidi.» ISPRA Manuali e Linee Guida 91/2013.
I campi di applicazione dei piani regionali nell'ambito del presente piano straordinario per Cervidi e Bovidi possono essere riassunti come segue:
a) abbattimenti selettivi nelle aree a divieto di caccia ai sensi della legge n. 157 del 1992;
b) catture all'interno delle aree a divieto di caccia ai sensi della legge. n. 157 del 1992, delle aree a caccia programmata (CA e ATC), negli istituti di gestione privata;
c) specie inserite nell'elenco delle specie cacciabili dell'art. 18 della legge n. 157 del 1992, ma non inserite nel calendario venatorio regionale, ad esempio il controllo del cervo nella regione Abruzzo inserito in una strategia integrata per la riduzione degli incidenti stradali e degli impatti alla biodiversita';
d) specie cacciabili in regione ma per le quali non sono stati individuati distretti di gestione (ad esempio piccoli nuclei di daini o mufloni);
e) eradicazione delle popolazioni rinselvatichite di bovidi, equidi e suidi domestici presenti nel territorio cacciabili e nelle aree a divieto di caccia ai sensi della legge n. 157 del 1992;
f) eradicazione delle specie alloctone (ad esempio il cervo sika Cervus nippon o di ibridi tra specie autoctone e specie alloctone (cervo europeo x cervo sika) o forme domestiche (stambecco x capra domestica);
g) attivita' di contenimento dei Cervidi e dei Bovidi per danni all'agricoltura e per la prevenzione degli incidenti stradali.
Per l'adozione dei metodi alternativi da utilizzare per il contenimento dei danni causati da Cervidi e Bovidi, si faccia riferimento alle indicazioni contenute nel documento «Impatto degli Ungulati sulle colture agricole e forestali. Proposta per linee guida nazionali» ISPRA Manuali e Linee Guida 68/2011.
Le regioni, nei piani relativi ai rispettivi territori finalizzati a dare attuazione al presente Piano straordinario, dovranno dettagliare, per ciascuna specie di cervide, gli elementi di cui ai paragrafi da 2.1 a 2.7 (obiettivo gestionale regionale, struttura del piano regionale, tecniche impiegate e relativa selettivita', operatori impiegati, metodi di raccolta dati, reporting, metodi alternativi considerati ed applicati). 5. Le specie esotiche invasive: indicazioni specifiche
Per tutte le specie esotiche di mammiferi e uccelli anche ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 19 gennaio 2015 i piani regionali di attuazione del presente piano straordinario adotteranno gli obiettivi eradicativi definiti dal dettato normativo che prevede che la gestione sia finalizzata all'eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni (art. 2, comma 2, della legge n. 157 del 1992). Inoltre, come sopra esplicitato, per le specie esotiche non vanno applicati i metodi alternativi.
Per le specie di rilevanza unionale, nei piani di gestione nazionali adottati ai sensi del decreto legislativo 230/17 sono stati definiti gli obiettivi gestionali da perseguire regione per regione. 6. Altre specie: indicazioni specifiche
Per quanto riguarda le altre specie oggetto di controllo, i piani regionali approfondiranno i seguenti elementi:
a) individuazione delle specie che pur non richiedendo una priorita' d'intervento (stante un impatto locale o relativamente contenuto rispetto ad altre specie) hanno scenari di rischio gia' noto;
b) inclusione di forme ibride presenti allo stato naturale;
c) definizione degli scenari di rischio;
d) individuazione dei documenti di riferimento per l'attuazione di misure di controllo (p.e. Piani di Gestione prodotti da ISPRA), quando esistenti;
e) declinazione dei paragrafi da 2.1 a 2.6 secondo modalita' gia' assestati (p.e. per ghiro, silvilago, coniglio selvatico, coturnice orientale, volpe, picchi...)
I dati forniti da ISPRA nel 2022 attestano un miglioramento dello stato di conservazione del lupo che permetterebbe di superare il divieto totale di deroghe alla rimozione di lupi contenuto nel piano d'azione del 2002. Eventuali rimozioni di individui di lupo saranno autorizzate seguendo l'iter autorizzativo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, nel pieno rispetto della direttiva Habitat.

(1) L'uso necessita di opportuna regolamentazione per evitare di
fornire alimento aggiuntivo alla specie che ne potrebbe favorire
la sopravvivenza e riproduzione. Pertanto, si prevedono le
seguenti prescrizioni: (i) divieto di utilizzo degli scarti
alimentari/di macellazione o altri rifiuti organici; (ii)
allestimento di un massimo di 2 siti di foraggiamento/km2; (iii)
utilizzo di massimo 1 kg di mais da granella/giorno per sito;
(iv) sospensione del foraggiamento e rimozione dell'alimento
residuo a fine intervento o, comunque, in assenza di abbattimenti
programmati.