Gazzetta n. 231 del 2 ottobre 2019 (vai al sommario)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 12 agosto 2019
Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale e per la pianificazione di protezione civile territoriale nell'ambito del rischio valanghe.


IL PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Vista la legge 21 marzo 2001, n. 74, recante «Disposizioni per favorire l'attivita' svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico» e successive modifiche e integrazioni;
Vista la legge 21 dicembre 2003, n. 363, recante «Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali di discesa e da fondo»;
Vista la legge 6 febbraio 2004, n. 36, recante «Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato» ed in particolare l'art. 2, comma 1, lettera l), ove e' stabilito che il Corpo forestale dello Stato ha competenza in materia di controllo del manto nevoso e previsione del pericolo valanghe ed attivita' consultive e statistiche connesse, svolte attraverso il proprio Servizio Meteomont;
Visto il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e, in particolare, l'art. 24 in relazione alle competenze ed al ruolo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nella direzione e nel coordinamento degli interventi tecnici di soccorso pubblico;
Visto il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e, in particolare, l'art. 92 ai sensi del quale le Forze armate, tra l'altro, forniscono, a richiesta, e compatibilmente con le capacita' tecniche del personale e dei mezzi in dotazione, il proprio contributo nei campi della pubblica utilita' e della tutela ambientale per attivita' tra cui l'emissione di «bollettini periodici relativi a rischio valanghe»;
Visto il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 recante «Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato», ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;
Visto il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, recante «Codice della protezione civile» e, in particolare, gli articoli 5, 8, 9, 10, 11, 12, 15, 17, 18 e 45;
Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2004 e successive modifiche e integrazioni concernente «Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 11 marzo 2004, n. 59;
Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2008, recante «Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 13 febbraio 2009, n. 36;
Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 9 novembre 2012, inerente gli «Indirizzi operativi volti ad assicurare l'unitaria partecipazione delle organizzazioni di volontariato all'attivita' di protezione civile» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 1° febbraio 2013, n. 27;
Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile 12 gennaio 2012 in tema di tutela della salute e della sicurezza dei volontari di protezione civile, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 aprile 2012, n. 82;
Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 2381 del 24 maggio 2012, con cui viene istituito il «Gruppo tecnico di lavoro - settore neve e valanghe»;
Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 3152 del 24 luglio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 19 settembre 2013, n. 220 che conferma l'Associazione interregionale neve e valanghe (AINEVA) quale centro di competenza;
Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 1349 del 15 aprile 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 17 giugno 2014, n. 138, che individua, quale Centro di competenza del medesimo Dipartimento, il Servizio Meteomont del Corpo forestale dello Stato;
Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 2616 del 19 giugno 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 agosto 2018, n. 189, che modifica nell'elenco dei Centri di competenza la denominazione del centro di competenza Meteomont, da «Corpo forestale dello Stato - Meteomont» a «Servizio Meteomont - Carabinieri Comando unita' per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare, Esercito italiano - Comando truppe alpine» , rimanendo invariati gli ambiti disciplinari di competenza;
Viste le indicazioni operative del Capo del Dipartimento della protezione civile inerenti «Determinazione dei criteri generali per l'individuazione dei Centri operativi di coordinamento e delle aree di emergenza» del 31 marzo 2015 n. 1099;
Viste le indicazioni operative del Capo del Dipartimento della protezione civile recanti «Metodi e criteri per l'omogeneizzazione dei messaggi del Sistema di allertamento nazionale per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico e della risposta del sistema di protezione civile» del 10 febbraio 2016 n. RIA/0007117;
Considerato che, ai sensi dell'art. 18, comma 4 del decreto legislativo n. 1/2018 le modalita' di organizzazione e svolgimento dell'attivita' di pianificazione di protezione civile, e del relativo monitoraggio, aggiornamento e valutazione, sono disciplinate con direttiva da adottarsi ai sensi dell'art. 15 al fine di garantire un quadro coordinato in tutto il territorio nazionale e l'integrazione tra i sistemi di protezione civile dei diversi territori, nel rispetto dell'autonomia organizzativa delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano;
Considerato che, ai sensi dell'art. 8, comma 1 del medesimo decreto legislativo n. 1/2018 il Presidente del Consiglio dei ministri si avvale del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri anche per l'elaborazione ed il coordinamento dell'attuazione dei piani nazionali riferiti a specifici scenari di rischio di rilevanza nazionale e dei programmi nazionali di soccorso contenenti il modello di intervento per l'organizzazione della risposta operativa in caso o in vista di eventi calamitosi di rilievo nazionale (lettera d) e per l'elaborazione delle proposte delle direttive di cui all'art. 15 (lettera c);
Considerato, altresi', che, ai sensi dell'art. 15, comma 3 del decreto legislativo n. 1/2018 il Capo del Dipartimento della protezione civile, nell'ambito dei limiti e delle finalita' eventualmente previsti nelle direttive, puo' adottare indicazioni operative finalizzate all'attuazione di specifiche disposizioni in esse contenute da parte del Servizio nazionale, consultando preventivamente le componenti e strutture operative nazionali interessate;
Ravvisata la necessita' di ottimizzare la capacita' di allertamento del sistema di protezione civile e favorire un'adeguata risposta alle emergenze locali dovute a eventi calamitosi derivanti da fenomeni valanghivi;
Su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile;
Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata nella riunione del 9 maggio 2019;

Emana
la seguente direttiva
1. Finalita' e compiti generali.
Il presente atto ha lo scopo di delineare gli «Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale e per la pianificazione di protezione civile territoriale nell'ambito del rischio valanghe».
Il documento include due allegati tecnici che ne costituiscono parte integrante: il primo allegato attiene alle procedure operative del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio valanghe ed il secondo definisce le procedure operative per la predisposizione degli indirizzi regionali finalizzati alla pianificazione di protezione civile locale, nell'ambito del rischio valanghe.
La gestione del sistema di allertamento nazionale e' assicurata dal Dipartimento della protezione civile e dalle regioni attraverso la rete dei Centri funzionali, nonche' dalle strutture regionali e dai Centri di competenza chiamati a concorrere funzionalmente e operativamente a tale rete, in attuazione di quanto disposto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2004 e successive modifiche e integrazioni e di quanto previsto dall'art. 17 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 recante «Codice della protezione civile».
In coerenza con quanto previsto per il rischio idrogeologico e idraulico dalla direttiva citata e dalle indicazioni operative del Capo del Dipartimento della protezione civile recanti «Metodi e criteri per l'omogeneizzazione dei messaggi del sistema di allertamento nazionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico e della risposta del Sistema di protezione civile» del 10 febbraio 2016, ciascuna regione e/o provincia autonoma avra' cura di indirizzare e/o stabilire le procedure e le modalita' di allertamento per il rischio valanghe, nonche' per la gestione dell'emergenza da parte del proprio sistema di protezione civile nell'ambito del piano regionale di protezione civile previsto ai sensi dell'art. 11, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1. Ciascuna regione e/o provincia autonoma avra' cura di fornire altresi' gli indirizzi regionali per la predisposizione dei piani provinciali e comunali di protezione civile indicati alla lettera b) del medesimo comma 1 del citato art. 11. Per quanto concerne le disposizioni inerenti alla definizione della criticita' valanghe di cui all'allegato 1, e' necessario considerare la stretta correlazione tra le suddette attivita' e le dinamiche meteorologiche e nivologiche a scala sinottica, le quali richiedono l'utilizzo di modellazioni ed analisi a mesoscala tipicamente afferenti alla rete dei Centri funzionali, ai quali deve evidentemente essere assicurato un adeguato supporto tecnico-specialistico settoriale da parte di soggetti con elevata esperienza, a livello sia regionale sia nazionale. Fra i predetti soggetti vi rientranoin primis gli uffici regionali e provinciali aderenti all'Associazione delle regioni e province autonome dell'arco alpino italiano (AINEVA), nonche' le strutture operative di Meteomont, i quali possono operare anche in virtu' di appositi accordi.
La programmazione regionale di previsione e prevenzione, oltre alle funzioni, ai compiti ed all'organizzazione delle attivita' di previsione, monitoraggio e sorveglianza valanghe, include la funzione di pianificazione di protezione civile territoriale, necessaria ad una efficiente organizzazione della risposta operativa all'emergenza sul territorio.
E' opportuno che i piani di protezione civile sul rischio valanghe, laddove esistenti, recepiscano gli elementi relativi alla suddetta pianificazione, riportati nell'allegato 2 della presente direttiva. 2. Disposizioni finali.
Per le regioni a statuto speciale restano ferme le competenze a loro affidate dai relativi statuti. Per le Province autonome di Trento e Bolzano sono fatte salve le competenze riconosciute dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione. In tale contesto le regioni a statuto speciale e le province autonome provvedono alle finalita' della presente direttiva ai sensi dei relativi statuti speciali e delle relative norme di attuazione.
Entro due anni dalla pubblicazione del presente provvedimento le regioni, sulla base degli studi di pericolosita', definiscono, in raccordo con i comuni, in base alle informazioni fornite dagli stessi, una prima mappatura delle aree soggette a rischio valanghe ed emanano le direttive per l'allertamento e gli indirizzi per la pianificazione provinciale, comunale/intercomunale o di ambito di protezione civile recependo le disposizioni di cui alla presente direttiva. I comuni, ai fini dell'aggiornamento della mappatura delle aree soggette a rischio valanghe da parte della regione, comunicano con tempestivita' a quest'ultima eventuali modifiche o informazioni utili.
Sara' cura delle regioni e delle province autonome provvedere all'organizzazione di incontri di consultazione con le componenti e strutture operative coinvolte nelle attivita' di gestione delle emergenze, per favorire la realizzazione condivisa dei suddetti indirizzi di pianificazione di protezione civile anche con la partecipazione del Dipartimento della protezione civile qualora richiesta.
Le regioni, oltre al necessario supporto per la pianificazione di livello locale, mettono a disposizione dei comuni la perimetrazione delle aree potenzialmente valanghive e le informazioni relative alla pericolosita' dei fenomeni valanghivi attesi. I comuni individuati come territori esposti al rischio valanghe, entro due anni dalla pubblicazione degli indirizzi regionali adeguano i propri piani di protezione civile.
All'attuazione della presente direttiva si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Roma, 12 agosto 2019

Il Presidente
del Consiglio dei ministri
Conte
Registrata alla Corte dei conti il 13 settembre 2019 Ufficio controllo atti P.C.M., Ministeri della giustizia e degli affari esteri e della cooperazione internazionale, reg. n. 1830
 
Allegato 1
Procedure operative del sistema di allertamento nazionale e regionale
per il rischio valanghe
Premessa.
Il presente documento ha lo scopo di fornire un supporto alle regioni e alle province autonome interessate dal rischio connesso alle valanghe per la redazione dei relativi messaggi di allertamento, definendo i criteri per la valutazione dei livelli di criticita' a scala sinottica e dei relativi livelli di allerta. Tali criteri rappresentano un utile strumento volto ad uniformare il sistema di allertamento nazionale nell'ambito del citato rischio valanghe, in linea con il processo di omogeneizzazione in atto, per il sistema di allertamento nazionale, nell'ambito del rischio meteo-idrogeologico e idraulico.
La definizione dei suddetti livelli di allerta, oltre a rappresentare lo strumento necessario per l'informazione sulle situazioni di rischio valanghe, e' fondamentale per il processo decisionale in fase di attivazione dei piani di protezione civile (cfr. allegato 2), insieme alle informazioni derivanti dalle attivita' di presidio del territorio.
Il presente allegato riporta, inoltre, la definizione di «aree antropizzate», intese come l'insieme dei contesti territoriali ai quali si riferisce la valutazione della criticita' valanghe, a scala regionale e nazionale, mediante l'individuazione degli scenari di evento, nonche' dei relativi effetti e danni, senza costituire alcun riferimento alle competenze delle diverse strutture operative nelle attivita' di soccorso. Nel successivo paragrafo 2 e' riportata, al riguardo, una piu' approfondita definizione.
Sono, altresi', fornite apposite indicazioni riguardanti l'organizzazione della rete dei Centri funzionali, prevedendo le relative disposizioni operative per l'allertamento in materia di valanghe ai fini di protezione civile. 1. Bollettini neve e valanghe.
Una corretta valutazione e previsione degli scenari di rischio valanghe e della loro evoluzione a breve termine deriva da un'analisi, a scala sinottica, degli scenari di pericolosita' (natura e intensita' degli eventi valanghivi), da specifiche e dettagliate osservazioni e misure effettuate sul campo nonche' dalla valutazione degli effetti al suolo dei fenomeni attesi.
Il Bollettino neve e valanghe (BNV) costituisce, al riguardo, un insostituibile strumento di supporto in quanto fornisce un quadro sintetico sul grado d'innevamento, sulle condizioni di stabilita' del manto nevoso, sull'attivita' valanghiva in atto, sul pericolo valanghe, nonche' sull'evoluzione nel tempo di tutti i predetti fattori.
Il BNV e' redatto a scala sinottica, sulla base di meteonivozone (zone geografiche omogenee dal punto di vista climatico e nivologico), di estensione normalmente superiore a 100 km², ed ha valenza sull'intero territorio, indipendentemente dal grado di antropizzazione dei diversi contesti; esso fornisce indicazioni utili soprattutto per le attivita' escursionistiche in ambiente montano innevato.
Il pericolo valanghe del BNV e' espresso secondo la scala unificata europea (EAWS - European Avalanche Warning Services) articolata su 5 livelli decrescenti di pericolo (gradi da 5 a 1 dove 5 rappresenta il pericolo massimo e 1 il pericolo minimo), definiti in base al grado di consolidamento del manto nevoso, alla probabilita' di distacco, alle cause dei distacchi (spontanei e provocati), alle dimensioni delle valanghe ed al numero di siti potenzialmente pericolosi. Il BNV non fornisce, invece, indicazioni riguardo ai possibili effetti al suolo delle valanghe attese (in particolare nelle aree antropizzate).
I BNV sono disponibili giornalmente nei periodi dell'anno caratterizzati da significativo innevamento, salva la possibilita' di acquisizione dei dati nivometrici e sono redatti secondo gli standard tecnici e terminologici definiti dall'EAWS. Per ulteriori informazioni riguardo agli standard adottati e' possibile consultare la documentazione disponibile sul sito web di EAWS, all'indirizzo www.avalanches.org. Alcuni aspetti fondamentali relativi alla natura e al corretto utilizzo dei BNV sono contenuti nella pubblicazione di AINEVA-DPC «Proposte di indirizzi metodologici per le strutture di protezione civile deputate alla previsione, al monitoraggio e alla sorveglianza in campo valanghivo nell'ambito del sistema nazionale dei centri funzionali», Trento 2010. Informazioni riguardanti i criteri interpretativi dei BNV sono reperibili nella pubblicazione: «I Bollettini Valanghe AINEVA. Guida all'interpretazione», AINEVA 2012, consultabile anche sul sito web: www.aineva.it e sui siti web del servizio Meteomont, consultabili agli indirizzi: http://www.meteomont.gov.it/infoMeteo e www.meteomont.org 2. Bollettini di criticita' valanghe.
Il Bollettino di criticita' valanghe (BCV) e' un documento previsionale, destinato al sistema di protezione civile, contenente una previsione a vasta scala dei possibili scenari di eventi valanghivi attesi e dei relativi effetti al suolo. La criticita' valanghe esprime il rischio derivante dai fenomeni di scorrimento di masse nevose, con particolare riguardo alle aree antropizzate, per finalita' di protezione civile, al fine di consentire ai soggetti competenti l'adozione, secondo un principio di sussidiarieta', delle misure a tutela dell'incolumita' delle persone e dei beni.
Come poc'anzi premesso, nella presente direttiva per aree antropizzate si intende l'insieme dei contesti territoriali in cui sia rilevabile la presenza di significative forme di antropizzazione, quali la viabilita' pubblica ordinaria (strade in cui la circolazione e' garantita anche nei periodi di innevamento), le altre infrastrutture di trasporto pubblico (es. ferrovie e linee funiviarie), le aree urbanizzate (aree edificate o parzialmente edificate, insediamenti produttivi, commerciali e turistici) asservite comunque da una viabilita' pubblica ordinaria, singoli edifici abitati permanentemente (ancorche' non asserviti da viabilita' pubblica ordinaria) e aree sciabili attrezzate come definite dall'art. 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 363, di seguito «aree sciabili» (contesti appositamente gestiti per la pratica di attivita' sportive e ricreative invernali). La valutazione della criticita' viene fatta quotidianamente a partire dalle informazioni contenute nel Bollettino neve e valanghe (BNV). Il suddetto BCV si articola per zone di allerta, ovvero ambiti territoriali significativamente omogenei per l'atteso manifestarsi della criticita' prevista. La valutazione di criticita' a scala di dettaglio, ad esempio per uno specifico sito valanghivo, va effettuata a livello locale sulla base di analisi e valutazioni specifiche fondate sulla conoscenza del territorio e delle relative condizioni nivologiche del momento. In presenza di scenari particolarmente avversi, il BCV viene diramato mediante apposito Avviso di criticita' valanghe - ACV, per lo specifico allertamento del sistema di protezione civile, secondo i livelli di criticita' e allerta stabiliti di seguito. Livelli di criticita' e allerta.
Analogamente a quanto previsto per gli altri rischi idrogeologici, anche per le valanghe si distinguono 3 livelli di criticita' e corrispondenti allerte, secondo quanto stabilito dalle indicazioni operative recanti «Metodi e criteri per l'omogeneizzazione dei messaggi del Sistema di allertamento nazionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico e della risposta del sistema di protezione civile», emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile con nota prot n. RIA/0007117 del 10 febbraio 2016:
assenza di criticita' significative prevedibili = NESSUNA ALLERTA (VERDE);
livello di criticita' ordinaria = ALLERTA GIALLA;
livello di criticita' moderata = ALLERTA ARANCIONE;
livello di criticita' elevata = ALLERTA ROSSA.
La definizione degli scenari di evento e dei relativi danni attesi per ciascuno dei suddetti livelli e' riportata nella tabella che segue. Tali indicazioni si riferiscono ai bollettini di criticita' valanghe emessi a scala regionale e nazionale, che riportano le previsioni di rischio valanghivo per le aree antropizzate.

Parte di provvedimento in formato grafico
3. Aspetti organizzativi e funzionali.
La valutazione dei possibili rischi derivanti dagli eventi valanghivi nell'ambito delle predette aree antropizzate e, quindi, l'emissione dei corrispondenti livelli di criticita'/allerta nei Bollettini di criticita' valanghe (BCV) e degli eventuali avvisi di criticita' valanghe (ACV), spetta alla rete dei Centri funzionali, disciplinata dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2004, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale dell'11 marzo 2004 n. 59 e dall'art. 17, comma 2, del decreto legislativo n. 1/2018.
Secondo tale schema organizzativo spetta alle regioni ed alle province autonome l'adozione e la diramazione dei BCV/ACV per il territorio di propria competenza, nonche' la dichiarazione dei diversi livelli di allerta del sistema della protezione civile.
L'adozione e la dichiarazione dei diversi livelli di allerta del sistema della protezione civile da parte delle regioni, sulla base dei previsti livelli di criticita'/allerta valanghiva, compete al Presidente della Giunta regionale o al soggetto da lui delegato, sulla base della legislazione regionale in materia.
Il Dipartimento della protezione civile cura la mosaicatura nazionale dei BCV, aggregandoli in un unico prodotto di sintesi valido per tutto il territorio nazionale. I bollettini di criticita'/allerta valanghe delle regioni e province autonome sono emessi quotidianamente entro le ore 15,00, quello nazionale, invece, entro le ore 16,00; essi devono avere validita' almeno per le ventiquattro ore successive.
In base a quanto gia' specificato nei precedenti due capitoli, per poter svolgere in modo efficace le attivita' legate alla fase previsionale e alla conseguente emissione del BCV e' necessario disporre di una adeguata base di dati nivo-meteorologici raccolti su tutto il territorio interessato, afferenti sia a stazioni automatiche che manuali, nonche' di idonee capacita' previsionali sia in ambito meteorologico sia valanghivo, con particolare riguardo alle previsioni di pericolo contenute nei BNV; e', infine, necessario poter valutare i possibili effetti provocati dalle valanghe previste in aree antropizzate.
Nel caso in cui la regione o la provincia autonoma non dispongano di proprie strutture con adeguate competenze e capacita' operative come sopra descritte, le stesse devono avvalersi, con oneri a carico dei rispettivi bilanci, del supporto di qualificati soggetti esterni, mediante la stipula di specifici accordi che coprano almeno i periodi dell'anno caratterizzati da significativo innevamento.
Tali accordi, da sottoscriversi entro sei mesi dalla entrata in vigore delle direttive di cui al punto 2 della presente direttiva, emanate dalle regioni per l'allertamento e gli indirizzi per la pianificazione provinciale e comunale/intercomunale o di ambito di protezione civile per il rischio valanghe, devono poter assicurare l'operativita' quotidiana del Centro funzionale regionale; a questo riguardo sono prioritariamente idonei i soggetti riconosciuti quali Centri di competenza in materia nivologica e valanghiva da parte del Dipartimento della protezione civile (AINEVA, Meteomont carabinieri-forestali e Meteomont Comando truppe alpine).
Oltre alle succitate attivita' che caratterizzano la cosiddetta «fase previsionale», i Centri funzionali devono assicurare anche lo svolgimento della «fase di monitoraggio e sorveglianza», che consiste principalmente nella verifica degli scenari previsti e nel loro eventuale aggiornamento, a seguito delle evoluzioni in atto. Tale attivita' richiede in particolare il reperimento di informazioni a livello locale, anche tramite le Commissioni locali valanghe, i presidi territoriali comunali o altri soggetti consultivi funzionalmente analoghi.
Al fine di garantire l'efficacia e l'efficienza del servizio complessivamente fornito in materia di allertamento valanghe nelle aree antropizzate, il Dipartimento della protezione civile e le regioni e province autonome assicurano, con il supporto dei citati Centri di competenza, un'adeguata formazione del personale coinvolto.
 
Allegato 2
Procedure operative per la predisposizione degli indirizzi regionali
finalizzati alla pianificazione di protezione civile locale
nell'ambito del rischio valanghe.
Premessa.
Il presente documento ha lo scopo di fornire un supporto alle regioni e alle province autonome interessate dal rischio connesso alle valanghe per la predisposizione di indirizzi per la pianificazione locale di protezione civile finalizzata a fronteggiare emergenze derivanti da tali fenomeni. Gli enti deputati alla elaborazione dei piani di protezione civile dovranno adottare i contenuti dei suddetti indirizzi nei limiti delle proprie effettive capacita' operative e secondo i principi di sussidiarieta' e adeguatezza, in modo da realizzare una pianificazione che sia attuabile sulla base delle risorse disponibili.
Il carattere generale dei concetti di seguito riportati e' dovuto alla necessita' di renderli compatibili con i diversi modelli di organizzazione territoriale di protezione civile delle regioni e delle province autonome.
Il contenuto del presente allegato si riferisce a situazioni emergenziali derivanti da valanghe che possano causare danni gravi, anche relativamente estesi, su «aree antropizzate» cosi' definite nel precedente Allegato 1 par. 2: «l'insieme dei contesti territoriali in cui sia rilevabile la presenza di significative forme di antropizzazione, quali la viabilita' pubblica ordinaria (strade in cui la circolazione e' garantita anche nei periodi di innevamento), le altre infrastrutture di trasporto pubblico (es. ferrovie e linee funiviarie), le aree urbanizzate (aree edificate o parzialmente edificate, insediamenti produttivi, commerciali e turistici) asservite comunque da una viabilita' pubblica ordinaria, singoli edifici abitati permanentemente (ancorche' non asserviti da viabilita' pubblica ordinaria) e aree sciabili (contesti appositamente gestiti per la pratica di attivita' sportive e ricreative invernali)».
Le suddette aree sciabili comprendono le «aree sciabili gestite», ovvero «l'insieme delle infrastrutture, impianti, piste (compresi gli itinerari di collegamento non classificati come piste), con le relative pertinenze e le altre zone specializzate che nell'insieme consentono di offrire agli utenti un servizio complesso finalizzato all'esercizio delle attivita' sportivo/ricreative invernali su territorio innevato».
Relativamente alle suddette aree sciabili gestite si rendono necessarie talune puntualizzazioni.
La responsabilita' sulla normale vigilanza, per la prevenzione di potenziali danni da valanga a persone e cose, e sugli interventi di natura gestionale, volti alla salvaguardia dalle valanghe di dette aree sciabili gestite, e' attribuita, secondo le normative regionali e locali, ai soggetti gestori delle attivita' economiche principali svolte nei comprensori e, quindi, agli esercenti d'impianti e dei percorsi gestiti con diverse modalita'.
Il gestore o esercente ha l'obbligo di predisporre un piano di gestione delle emergenze in caso di pericolo valanghe sul proprio comprensorio, non ricadendo responsabilita' alcuna in capo al comune durante l'attivita' ordinaria. Qualora si ravvisino mancanze del gestore o dell'esercente il comune puo' imporre limitazioni all'esercizio dell'attivita' del gestore o esercente medesimi.
Spettano invece al comune, coadiuvato dalla Commissione locale valanghe o da analogo soggetto tecnico consultivo, gli interventi urgenti per le fattispecie di pericolo immediato per l'incolumita' pubblica, originato da potenziali valanghe. Nel caso in cui la commissione o analogo soggetto tecnico consultivo non siano presenti presso la regione quest'ultima avra' cura di promuoverne e disciplinarne l'istituzione.
Considerato quanto sopra, e' opportuno fornire la definizione di Territorio aperto: «tutto quanto non riconducibile alle aree antropizzate, cosi' come definite in allegato 1, ed alle aree sciabili gestite, cosi' come sopra definite, non soggette ai compiti di vigilanza e gestione, con finalita' di prevenzione propri della Commissione locale valanghe o di analogo soggetto tecnico consultivo del comune. Pertanto il territorio aperto e' percorribile dall'utente a suo esclusivo rischio e pericolo».
Le misure preventive applicate nei territori aperti coincidono con l'attivita' informativa sulle condizioni di pericolo di valanghe rappresentate nei Bollettini neve e valanghe - BNV, a favore dei frequentatori dell'ambiente innevato. (1)
La decisione di realizzare il presente documento scaturisce dal fatto che le emergenze derivanti da fenomeni valanghivi interessano, di norma, i livelli di coordinamento locali.
Quanto sopra risulta essere comune a tutte le regioni e province autonome interessate che, a seconda della gravita' dei fenomeni valanghivi che si manifestano nei rispettivi territori, possono essere suddivise in tre livelli di problematicita' territoriale per valanghe (cfr. DPC, AINEVA - 2010 - «Proposte di indirizzi metodologici per la gestione delle attivita' di previsione, monitoraggio e sorveglianza in campo valanghivo»), di seguito riportati:
1. assente o limitata ad ambiti estremamente circoscritti, attualmente associabile alle Regioni Siciliana, Sardegna e Puglia;
2. significativa ma limitata a specifichi contesti territoriali, attualmente associabile alle Regioni Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Lazio e in misura piu' contenuta Toscana, Umbria, Campania, Molise, Basilicata e Calabria;
3. significativa e in grado di interessare porzioni estese di territorio con possibili criticita' per centri abitati, infrastrutture o comprensori di aree sciabili, attualmente associabile alle Regioni Valle D'Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo e alle Province Autonome di Trento e Bolzano.
La ripartizione delle regioni/province autonome nei suddetti livelli di problematicita' e' soggetta a cambiamento.
Qualora l'evento si manifesti con particolare gravita', l'intervento operativo in emergenza puo' comunque richiedere anche l'impiego di risorse regionali e nazionali, in accordo con il principio di sussidiarieta' e, per quanto concerne la gestione degli interventi, si applicano le disposizioni contenute nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2008 inerente gli «Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2009, n. 36.
Il piano di protezione civile, anche in fase di aggiornamento, dovra' essere coordinato con le altre pianificazioni territoriali e dovra' considerare i protocolli di tipo transfrontaliero finalizzati alla gestione dell'emergenza. 1. I contenuti della pianificazione di protezione civile.
La pianificazione di protezione civile nel presente documento si riferisce al livello comunale/intercomunale o di ambito e provinciale, fatte salve le competenze regionali e delle Province autonome esistenti in materia, e si suddivide come segue:
l'inquadramento territoriale;
la valutazione preliminare degli scenari di rischio;
gli elementi strategici per la preparazione e la gestione dell'emergenza;
il modello d'intervento, che definisce il sistema di allertamento, la struttura di coordinamento e le procedure d'intervento secondo fasi operative codificate.
Il piano di protezione civile per il rischio valanghe e' parte integrante del piano di protezione civile generale comunale/intercomunale o di ambito e provinciale.
1.1. L'inquadramento territoriale.
Ove esistenti, per un primo inquadramento territoriale, si possono utilizzare:
i catasti valanghe delle regioni o province autonome aderenti ad AINEVA e/o i catasti valanghe del Meteomont carabinieri-forestali; le cartografie tematiche sulle valanghe (Monografia militare delle valanghe del Meteomont Comando truppe alpine; Carta monografica delle valanghe del Meteomont carabinieri-forestali; Carte di localizzazione probabile delle valanghe (CLPV) delle regioni o province autonome aderenti ad AINEVA);
per singoli siti valanghivi: i Piani delle zone esposte a valanga (PZEV) presenti in documenti pianificatori o progettuali; criteri e metodologie di studio sono approfonditamente descritte nel volume «Barbolini, M., Cordola, M., Natale, L., e Tecilla, G., 2006, «Linee guida metodologiche per la perimetrazione delle aree esposte al pericolo di valanghe» Universita' degli studi di Pavia, Dipartimento di ingegneria idraulica e ambientale - AINEVA;
altri strumenti di documentazione territoriale sulle valanghe quali: le carte di analisi aerofotogrammetrica, l'analisi dei caratteri fisici del territorio mediante GIS, gli studi e perizie valangologiche per attivita' di progettazione di opere, impianti o infrastrutture.
Il quadro conoscitivo che potra' emergere dall'utilizzo di tali dati dovra' tenere adeguatamente conto dei limiti di rappresentativita' spaziale, temporale, di eterogeneita' e di qualita' (metodologie, livello di analisi, fattori di scala) dei documenti utilizzati.
I catasti, le monografie e le CLPV non sono strumenti di valutazione della pericolosita' riferibile a eventi valanghivi futuri e non ne rappresentano la possibile estensione, frequenza o intensita'. Cio' nonostante, e' opportuno che i soggetti che detengono i suddetti dati e informazioni li rendano disponibili alle regioni che li utilizzano per le finalita' della presente direttiva. Inoltre, la rappresentativita' temporale da essi considerata difficilmente supera i trenta-quaranta anni di attivita' valanghiva registrata. Tale periodo e' ampiamente inferiore ai tempi di ritorno della maggior parte degli eventi valanghivi in grado d'interagire con l'ambiente antropizzato. La rappresentativita' spaziale e' spesso disomogenea e risulta fortemente lacunosa, specie per le aree di piu' recente antropizzazione: una traduzione automatica in carte di rischio sarebbe pertanto impropria e scientificamente scorretta.
Un efficace metodo speditivo d'individuazione dei siti valanghivi, in assenza di documentazione cartografica o documentale e' illustrato nel «Documento E - Criteri per l'utilizzo delle fonti di documentazione cartografica sulle valanghe e indirizzi metodologici per la realizzazione di perimetrazioni a carattere speditivo finalizzate ad effettuare una prima individuazione dei siti esposti a valanga» AINEVA - DPC 2010; e in particolare alla sezione E2 - «indirizzi metodologici e criteri applicativi per l'individuazione e la delimitazione speditiva di siti valanghivi».
Il suddetto documento propone un criterio semi-automatico per l'identificazione delle aree di distacco delle valanghe basato sull'analisi, attraverso la tecnologia GIS, del modello digitale del terreno sovrapposto alla carta di uso del suolo. Il metodo speditivo permette inoltre la stima della distanza di arresto e dell'area potenzialmente esposta attraverso l'applicazione di un metodo statistico che fornisce la massima distanza percorribile dalla valanga lungo un profilo, definita mediante l'applicazione di un apposito algoritmo.
L'applicazione di tale metodologia di analisi risente, tuttavia, ancora di un approccio sperimentale che presenta alcuni limiti legati alla consistenza della base di dati utilizzata per il calcolo statistico delle distanze d'arresto e, pertanto, non puo' essere considerata esaustiva per la descrizione dei fenomeni valanghivi sull'intero territorio nazionale. Per un futuro utilizzo sara' necessaria un'integrazione del data set con un congruo numero di eventi valanghivi documentati sull'intero territorio nazionale e un approfondimento di dettaglio sull'innevamento, nonostante le evidenti criticita' legate alla scarsa rappresentativita' delle banche dati esistenti, specie per l'area appenninica.
1.2. La valutazione preliminare degli scenari di rischio.
La valutazione preliminare degli scenari di rischio ad opera dei comuni si basa sul quadro conoscitivo del territorio, in termini di determinazione delle aree potenzialmente valanghive individuate dalle regioni e, quindi, della pericolosita' dei fenomeni valanghivi attesi, in relazione al grado di antropizzazione del territorio stesso (valutazione della vulnerabilita') e dei valori degli elementi a rischio.
Il grado di approfondimento possibile per la definizione degli scenari di rischio e' quindi correlato al grado di conoscenza degli aspetti sopra citati, in particolare dei fenomeni valanghivi verificatisi nel passato e della loro interazione con infrastrutture e centri abitati. La disponibilita' di una dettagliata e storicamente estesa base documentale e', quindi, auspicabile per procedere ad un'adeguata definizione degli scenari di rischio.
Nel caso in cui si disponga anche di adeguate modellizzazioni dei fenomeni attesi (almeno per i siti valanghivi di maggior impatto sulle aree antropizzate), e' possibile procedere a una mappatura di carattere piu' quantitativo delle aree a rischio e dettagliare maggiormente gli scenari di rischio.
L'illustrazione di un metodo per la realizzazione di una carta del rischio su base modellistica e' contenuta nell'appendice G del volume «Barbolini, M., Cordola, M., Natale, L., and Tecilla, G., 2006, Linee guida metodologiche per la perimetrazione delle aree esposte al pericolo di valanghe: Universita' degli studi di Pavia, Dip. ing. idraulica e ambientale - AINEVA». L'applicazione di tale metodologia di analisi presuppone, comunque, una preliminare procedura di taratura e adattamento del metodo all'area oggetto di studio fondata su un approfondimento delle conoscenze relative alle caratteristiche d'innevamento e all'ubicazione dei siti valanghivi.
Gli scenari di rischio individuati dovranno essere mantenuti continuamente aggiornati in funzione dell'evoluzione del territorio in termini di variazioni morfologiche e di antropizzazione.
1.3. Gli elementi strategici della pianificazione di protezione civile.
Una corretta pianificazione di protezione civile, che ha inizio dall'individuazione di una strategia organizzativa finalizzata a garantire reperibilita' ed operativita' delle componenti del sistema di protezione civile, insieme alla conoscenza del territorio, delle sue criticita' e degli eventi passati, consente di rispondere efficacemente all'emergenza.
Di seguito si riportano gli elementi strategici che devono essere definiti nella pianificazione di protezione civile per la preparazione e la gestione dell'emergenza a livello comunale/intercomunale o di ambito ed a livello provinciale. Tali elementi, nelle more dell'emanazione della direttiva di cui all'art. 18, comma 4 del decreto legislativo n. 1 del 2018, costituiscono un riferimento tecnico utile alla pianificazione di protezione civile nell'ambito del rischio valanghe.
1.3.1. Gli elementi strategici del livello operativo comunale/intercomunale o di ambito.
Gli elementi strategici proposti di seguito, che il comune deve adottare per la gestione delle emergenze, sono di carattere generale; in ambito territoriale possono essere individuate ulteriori strategie specifiche piu' aderenti alle esigenze d'intervento locale e per le quali e' necessario indicare i soggetti/enti/funzioni di supporto preposti all'attuazione delle stesse:
a) la funzionalita' del sistema di allertamento locale (cfr. par. 1.4 Modello d'intervento - Il sistema di allertamento): il piano di protezione civile deve prevedere le modalita' con le quali il comune garantisce la ricezione e la tempestiva presa in visione dei bollettini/avvisi di criticita', il flusso e lo scambio delle informazioni tra la regione/provincia autonoma/uffici regionali per il rischio valanghe, la prefettura e la provincia. Importante e' anche la possibilita' di comunicare con le componenti e strutture operative presenti sul territorio. Il sistema di allertamento prevede che le comunicazioni, anche al di fuori degli orari ordinari di lavoro della struttura comunale, giungano in tempo reale al comune. A tal fine il piano di protezione civile deve prevedere modalita' di comunicazione con le strutture operative presenti ordinariamente sul territorio comunale o intercomunale o di ambito anche mediante meccanismi di reperibilita' del personale comunale e dei membri delle Commissioni locali valanghe o analoghi soggetti tecnici consultivi. A loro volta le strutture operative presenti ordinariamente sul territorio comunale o intercomunale o di ambito (il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le Forze armate, le Forze di polizia, il volontariato, l'Associazione della croce rossa italiana, il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, le Aziende sanitarie e ospedaliere, ecc.) assicurano, per quanto di competenza, il proprio collegamento secondo le modalita' di comunicazione adottate dal Piano comunale di protezione civile anche mediante meccanismi di reperibilita' dei propri operatori;
b) il supporto tecnico alle decisioni: nell'ambito del processo decisionale necessario all'attivazione delle azioni previste nelle fasi operative del piano di protezione civile (cfr. par. 1.4.3. «Le procedure operative dei piani di protezione civile locali»), il comune, qualora non disponga di un'adeguata componente tecnica, si puo' avvalere, secondo il principio di sussidiarieta', del supporto della regione/provincia autonoma (anche tramite il Centro funzionale), della provincia, delle Commissioni locali valanghe (o analoghi soggetti tecnici consultivi) e delle Strutture operative competenti in materia presenti sul territorio con personale esperto e qualificato a svolgere attivita' di presidio volte all'individuazione e valutazione delle criticita'. Tale supporto, puo' essere garantito, se necessario, anche in modalita' operativa h24. I membri delle suddette commissioni o analoghi soggetti tecnici consultivi devono possedere requisiti fisici e capacita' tecnica per l'effettuazione in sicurezza di sopralluoghi in condizioni ambientali difficili e deve essere, ove possibile, in possesso di adeguate attestazioni e qualifiche da parte di AINEVA o Meteomont. Le Commissioni locali valanghe o analoghi soggetti tecnici consultivi devono essere formalizzati con un provvedimento dell'organo competente individuato dalla normativa delle regioni e delle province autonome che, nell'ambito dei rispettivi bilanci, indichi gli eventuali oneri e individui idonea copertura. Indicazioni utili sulle funzioni e la composizione delle Commissioni locali valanghe sono contenute nel «Documento D» - «Proposte di indirizzi metodologici per le strutture di protezione civile deputate alla previsione, al monitoraggio e alla sorveglianza in campo valanghivo nell'ambito del sistema nazionale dei centri funzionali» DPC, AINEVA - 2010;
c) il coordinamento operativo comunale/intercomunale o di ambito: per garantire il coordinamento delle attivita' di protezione civile in situazioni di emergenza prevista o in atto, il sindaco, in quanto autorita' territoriale di protezione civile, nel fronteggiare gli eventi di particolare criticita', oltre a disporre dell'intera struttura comunale, puo' chiedere l'intervento delle diverse strutture operative di protezione civile presenti in ambito locale afferenti al livello regionale, nonche' delle aziende erogatrici di servizi di pubblica utilita'. A tal fine nel piano di protezione civile viene indicata la struttura di coordinamento in luogo sicuro e facilmente accessibile, denominato Centro operativo comunale - COC o intercomunale o di ambito - COI o come altrimenti definito dalle direttive regionali e delle province autonome.
Il COC/COI e' strutturato in funzioni di supporto, settori specifici di attivita' per la gestione dell'emergenza, anche coadiuvato dalle organizzazioni di volontariato. Le funzioni devono essere opportunamente stabilite nel piano di protezione civile sulla base delle attivita' previste e possono, quindi, essere accorpate, ridotte o implementate secondo le effettive risorse di personale o per mutate condizioni dello scenario; per ciascuna di esse devono essere individuati i soggetti che ne fanno parte e, con opportuno atto del sindaco, il responsabile. Nel COC/COI dovra' essere attivata una funzione di supporto necessaria al coordinamento delle altre funzioni, che si occupi degli aspetti contabili, del protocollo, nonche' del rapporto con gli altri enti interessati dall'emergenza quali: i comuni limitrofi, la regione/provincia autonoma, la prefettura e la provincia nel rispetto della normativa regionale. Nell'ambito delle attivita' del COC/COI deve essere prevista l'elaborazione della reportistica di evento contenente informazioni inerenti, ad esempio, la situazione, le attivita' svolte, quelle previste, le risorse impiegate e le esigenze. Una configurazione organizzativa per funzioni, anche con un assetto minimo, puo' essere ricavata dal «Manuale operativo per la predisposizione di un piano comunale o intercomunale di protezione civile» - redatto a seguito dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3606/2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 3 settembre 2007, n. 204.
Per l'individuazione della struttura del COC/COI e la denominazione delle funzioni di supporto attivabili, si puo' far riferimento alle indicazioni operative del Capo del Dipartimento della protezione civile inerenti «La determinazione dei criteri generali per l'individuazione dei Centri operativi di coordinamento e delle aree di emergenza» del 31 marzo 2015, n. 1099;
d) la funzionalita' delle telecomunicazioni: per il presidio territoriale e la gestione delle emergenze e' necessario disporre di un sistema di telecomunicazioni che consenta i collegamenti tra la struttura di coordinamento e le squadre che operano sul territorio nonche' di poter comunicare via radio in caso di interruzione delle comunicazioni telefoniche fisse e mobili. A tal fine il comune dovra' dotarsi di un proprio sistema radio dedicato per le comunicazioni alternative di emergenza, a copertura del territorio comunale, anche avvalendosi delle organizzazioni di volontariato presenti sul territorio;
e) la gestione della viabilita' in emergenza: obiettivo primario per il soccorso e l'assistenza alla popolazione e' l'individuazione delle possibili ripercussioni del rischio valanghivo sul sistema viario in situazioni di emergenza e la valutazione delle azioni immediate di ripristino in caso d'interruzione o danneggiamento. A tal fine, e' necessario che le azioni per la gestione della viabilita' e per il ripristino delle condizioni di transitabilita' della rete viaria nel territorio comunale siano attivate sin dalle prime fasi di una nevicata intensa e siano coordinate con il piano neve comunale. E' necessario che il comune garantisca il raccordo con tutti i gestori stradali interessati dal piano di protezione civile valanghe, attraverso la condivisione reciproca delle informazioni sulle condizioni di rischio e di transitabilita' delle strade. Inoltre, il piano comunale deve prevedere tutte le misure di regolazione del traffico atte a favorire, in sinergia con i livelli provinciali (Prefetture/Province) e gli enti gestori e secondo il principio di sussidiarieta', la movimentazione dei soccorsi e l'assistenza alla popolazione in emergenza; tali misure devono essere riportate su cartografia dedicata;
f) l'attivazione delle squadre per il presidio del territorio: qualora si prevedano, a seguito dell'emissione dei livelli di allerta (cfr. 1.4.1 Il sistema di allertamento), anche in base alle valutazioni della Commissione locale valanghe o di un analogo soggetto tecnico consultivo competente in materia, o si manifestino condizioni di criticita', si attiva il piano di protezione civile comunale/intercomunale o di ambito. Tale attivazione prevede l'impiego di una o piu' squadre per effettuare le attivita' di presidio che si rendano necessarie in funzione del livello di criticita' previsto ed in base a quanto indicato dal suddetto piano, anche con utilizzo, laddove istituiti e finanziati, dei fondi di cui al comma 2 dell'art. 11 e al comma 1 dell'art. 45 del decreto legislativo n. 1 del 2018 finalizzati, su autorizzazione dell'ente competente, anche alla messa in atto dei servizi territoriali cui i comuni fanno riferimento per fronteggiare le prime fasi dell'emergenza, e comunque secondo le possibilita' del comune. In particolare si fa riferimento alle operazioni d'interdizione dell'accesso in zone pericolose, al controllo del traffico per favorire il transito dei mezzi di soccorso e, ove se ne valuti la necessita', all'evacuazione precauzionale della popolazione dalle aree a rischio. Le summenzionate attivita' di tali squadre dovranno avvenire secondo quanto previsto dal piano di protezione civile con l'eventuale supporto consultivo della Commissione locale valanghe o di un analogo soggetto tecnico competente in materia. Le squadre di presidio del territorio possono essere composte da personale adeguatamente formato della polizia municipale e del comune nonche' dai volontari delle Organizzazioni di volontariato presenti sul territorio, con l'eventuale supporto delle altre Forze di polizia che comprendono anche i Corpi forestali provinciali e regionali, ove presenti;
g) le misure di salvaguardia della popolazione: in situazioni di emergenza prevista o in atto, il sindaco, in quanto autorita' territoriale di protezione civile, e' responsabile del coordinamento delle attivita' di assistenza alla popolazione colpita nel proprio territorio a cura del comune, che provvede ai primi interventi necessari e da' attuazione a quanto previsto dalla pianificazione di protezione civile, assicurando il costante aggiornamento del flusso di informazioni con il prefetto e il Presidente della giunta regionale. Per un'efficace tutela della popolazione le misure di salvaguardia principali da considerare nella pianificazione di protezione civile sono le seguenti:
g1) l'informazione alla popolazione: il piano di protezione civile deve prevedere l'organizzazione dell'informazione alla popolazione prima durante e dopo l'emergenza. Informazioni importanti riguardano il rischio presente sul territorio, i comportamenti da seguire, i punti di informazione, le aree di attesa ed i centri di assistenza, le modalita' di allertamento, di allarme e di eventuale evacuazione nonche' di interdizione delle aree a rischio. Per la diffusione dell'informazione e' possibile considerare l'organizzazione di incontri periodici con la popolazione avvalendosi anche di volontari opportunamente formati e di emittenti locali, siti web istituzionali, app, social network, nonche' provvedere alla realizzazione di brochure, possibilmente in differenti lingue.
Per quanto concerne i rapporti con gli organi d'informazione, il Sindaco, in quanto autorita' territoriale di protezione civile, provvedera' alla comunicazione secondo le modalita' che riterra' piu' efficaci;
g2) il sistema di allarme: per avvisare adeguatamente la popolazione circa la situazione e' necessario prevedere, anche con il supporto della regione/provincia autonoma, in particolare durante la fase di allestimento, un sistema adeguato di allarme da attivare su disposizione del comune e sulla base del quale si avvieranno le operazioni di evacuazione. L'allarme, attuato anche con l'intervento del volontariato locale a supporto della polizia municipale, in coordinamento con le altre strutture operative, puo' essere diffuso, a titolo esemplificativo, mediante comunicazione porta a porta, altoparlanti, social network, sms, ecc.;
g3) il censimento della popolazione: per l'evacuazione efficace della popolazione con la relativa assistenza, il piano deve prevedere un aggiornamento costante del censimento della popolazione presente comprensiva possibilmente del dato sul numero dei turisti nelle aree a rischio, con particolare riguardo all'individuazione delle persone in condizioni di fragilita' sociale e con disabilita' e la disponibilita' dei mezzi di trasporto. Ove necessario andra' previsto e organizzato, anche facendo ricorso a ditte autorizzate, il trasferimento della popolazione, priva di mezzi propri, verso i centri di assistenza;
g4) l'individuazione e verifica della funzionalita' delle aree di emergenza: per garantire l'efficacia dell'assistenza alla popolazione, il piano individua le aree di emergenza (aree di attesa, centri di assistenza, aree di ammassamento soccorritori e risorse e zone di atterraggio in emergenza - ZAE) e ne programma il controllo periodico della loro funzionalita'.
In particolare dovra' essere censito e riportato in cartografia quanto segue:
le aree di attesa: luoghi di primo ritrovo in sicurezza per la popolazione. Come aree di attesa si possono individuare piazze, slarghi, laddove possibile parcheggi, opportunamente segnalate con una cartellonistica;
i centri di assistenza: strutture coperte pubbliche e/o private (scuole, padiglioni fieristici, palestre, strutture militari ecc.), rese ricettive temporaneamente per l'assistenza a seguito dell'evacuazione. Tali centri dovranno essere attrezzati, in emergenza, con i materiali necessari all'assistenza provenienti dai magazzini del comune e/o da quelli gestiti dalle province o dalle regioni, secondo l'organizzazione logistica del sistema di protezione civile locale e regionale. Strutture ricettive in grado di garantire una rapida sistemazione sono quelle alberghiere. Queste ultime devono essere censite nel periodo ordinario e la loro disponibilita' ricettiva deve essere prontamente acquisita in emergenza. Utile e' anche la stipula di convenzioni con i gestori delle suddette strutture per il relativo impiego necessario all'accoglienza della popolazione in situazioni di emergenza;
le aree di ammassamento soccorritori e risorse: luoghi di raccolta di uomini, mezzi e materiali necessari alle operazioni di soccorso, individuati in zone strategiche rispetto ai possibili scenari la cui gravita' richieda l'intervento delle strutture operative dei livelli di coordinamento superiori. E' opportuno, ove possibile, che tali aree siano prossime a strutture coperte in grado di ospitare i soccorritori e le attrezzature;
le zone di atterraggio in emergenza - ZAE: aree di atterraggio per gli elicotteri necessari alle attivita' di soccorso, evacuazione e logistiche.
Sara' utile, soprattutto per i piccoli comuni, in raccordo con le prefetture e le province, stabilire accordi con le amministrazioni confinanti, per condividere gli stessi centri di assistenza e aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse secondo un principio di mutua solidarieta', assicurando la manutenzione delle aree e lo sgombero neve in condizione di sicurezza per gli operatori, onde garantirne l'accessibilita'. Utili informazioni sull'individuazione delle aree di emergenza possono essere desunte dalle indicazioni operative del Capo del Dipartimento della protezione civile inerenti «La determinazione dei criteri generali per l'individuazione dei Centri operativi di coordinamento e delle aree di emergenza» del 31 marzo 2015 n. 1099;
g5) la delimitazione dell'area rossa: per assicurare la salvaguardia della pubblica incolumita' e per favorire le operazioni di soccorso, il piano dovra' prevedere l'immediata perimetrazione dell'area interessata dalla/e valanga/e - area rossa - da riportare su opportuna cartografia. Tale area dovra' essere soggetta a ordinanza sindacale d'interdizione all'accesso, che potra' essere consentito dietro l'autorizzazione del comune secondo le modalita' atte a garantire la sicurezza;
g6) il soccorso: il sindaco, in quanto autorita' territoriale di protezione civile, al verificarsi dell'emergenza nel proprio territorio provvede all'adozione dei provvedimenti necessari e, attraverso la struttura comunale, ad assicurare i primi soccorsi anche mediante il coinvolgimento del volontariato adeguatamente formato ed equipaggiato, dandone contemporanea comunicazione alla prefettura e alla regione/provincia autonoma ai fini dell'attivazione del soccorso tecnico urgente e del soccorso sanitario. Il comune individua nella propria pianificazione di protezione civile, attraverso il supporto delle strutture operative competenti, le procedure di attivazione del soccorso nonche' i siti strategici ove allestire i presidi di primo soccorso in caso di valanga nel rispetto di quanto previsto dal paragrafo 1 della presente direttiva;
h) il ripristino dei servizi essenziali: per la verifica e il ripristino della funzionalita' delle reti dei servizi essenziali deve essere prevista, presso i COC/COI, la presenza o il collegamento con i referenti dei gestori delle reti (idrica, elettrica, gas e della telefonia), in modo da favorire l'intervento coordinato finalizzato a garantire la ripresa, nel piu' breve tempo possibile, dei suddetti servizi. A tal fine il comune richiede ai gestori dei suddetti servizi i riferimenti dei propri referenti, da inserire nel Piano di protezione civile;
i) il censimento del danno: a seguito del verificarsi dell'evento e' necessario organizzare sopralluoghi per la verifica speditiva dei danni, anche mediante l'impiego del presidio territoriale, di cui alla lettera f) del presente paragrafo, in modo da aggiornare il quadro della situazione da comunicare ai livelli di coordinamento provinciali e regionali.
1.3.2. Gli elementi strategici del livello operativo provinciale.
I principali elementi strategici del livello operativo provinciale, di seguito elencati, sono individuati per supportare il/i comune/i nelle attivita' di sorveglianza del territorio, soccorso e assistenza alla popolazione, attraverso un costante flusso delle informazioni tra i centri operativi ai diversi livelli di coordinamento, per favorire, quindi, secondo il principio della sussidiarieta', le decisioni di intervento regionale o nazionale.
Come nella pianificazione comunale/intercomunale o di ambito, anche per quella provinciale, l'attuazione di ogni elemento strategico dipende dall'individuazione dei relativi soggetti/enti/funzioni di supporto:
a) la funzionalita' del sistema di allertamento locale (cfr. par. 1.4.1. Il sistema di allertamento): il piano di protezione civile deve prevedere le modalita' con cui il livello di coordinamento provinciale - prefettura e provincia - acquisisce gli allertamenti dalla regione e l'eventuale procedura di trasmissione ai comuni e agli altri enti interessati, nel rispetto delle direttive regionali e delle province autonome esistenti a riguardo. Tale strategia puo' essere attuata, secondo il modello adottato da ciascuna regione/provincia autonoma mediante l'attivita' di una Sala operativa provinciale unica e integrata (cfr. direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2008, «Indirizzi operativi per la gestione dell'emergenza» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2009, n. 36), con un servizio di reperibilita', qualora la stessa non sia operativa in h 24. Il sistema di allertamento deve prevedere anche l'organizzazione e le procedure di attivazione del presidio territoriale a supporto dei comuni;
b) il coordinamento operativo provinciale: l'individuazione di un Centro di coordinamento dei soccorsi (C.C.S.) e di una Sala operativa unica e integrata - fatti salvi, per detti centri, i modelli di coordinamento esistenti delle regioni - in un edificio non vulnerabile, in area facilmente accessibile e sicura, e' finalizzato ad assicurare la direzione unitaria degli interventi sul territorio provinciale, in supporto e in coordinamento con quelli realizzati dal/i comune/i interessato/i, anche per il tramite dei Centri operativi misti (C.O.M.), attivati qualora necessario, previsti nella pianificazione di protezione civile provinciale. Nell'ambito del rischio specifico possono essere individuate per i COM sedi con diversa destinazione d'uso quali, ad esempio: ex scuole ed eventuali palestre annesse, autorimesse per mezzi impiegati nell'applicazione del piano neve provinciale, utilizzabili anche come poli logistici ed anche le sedi delle comunita' montane dismesse o in fase di dismissione. E' opportuno, ove possibile, che il CCS ed i COM, come il COC/COI, vengano strutturati per Funzioni di supporto (cfr. par. 1.3.1 «Gli elementi strategici del livello operativo comunale/intercomunale o di ambito» - punto c «Il coordinamento operativo comunale/intercomunale o di ambito») in modo da favorire la comunicazione tra i singoli settori omologhi di attivita' dei centri operativi (ad esempio: Funzione tecnica del COC/COI con Funzione tecnica del CCS/COM, Funzione volontariato del COM con Funzione volontariato del COC/COI, ecc.), con la conseguente ottimizzazione dei tempi d'intervento e delle risorse. Come per il COC/COI per la Sala operativa provinciale e' opportuna la redazione del report sulla situazione da trasmettere ai livelli di coordinamento superiori, secondo le direttive regionali e delle province autonome, laddove esistenti al riguardo.
Utili informazioni per l'individuazione dei centri operativi e delle funzioni di supporto sono riportate nelle indicazioni operative del Capo del Dipartimento della protezione civile inerenti «La determinazione dei criteri generali per l'individuazione dei Centri operativi di coordinamento e delle aree di emergenza» del 31 marzo 2015 n. 1099;
c) il flusso delle informazioni: lo schema di flusso delle informazioni e' necessario per stabilire l'ordine delle comunicazioni tra i vari centri operativi dislocati nel territorio della provincia, la Sala operativa regionale e della provincia autonoma e la Sala situazione Italia del Dipartimento della protezione civile - SISTEMA, evitando sovrapposizioni, nel rispetto della configurazione del sistema di coordinamento in emergenza ai diversi livelli amministrativi (cfr. direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2008 inerente gli «Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2009, n. 36);
d) l'accessibilita': il piano di protezione civile valanghe deve contenere l'individuazione delle possibili ripercussioni del rischio valanghivo sul sistema viario e ferroviario in situazioni di emergenza d'interesse provinciale, considerando anche le possibili perturbazioni alla rete dei trasporti terrestri di interesse nazionale. A tal fine e' necessario che le azioni per la gestione della viabilita' e per il ripristino delle condizioni di transitabilita' della rete viaria siano coordinate con il piano neve provinciale. E' necessario che il CCS, attivato dal prefetto, avvalendosi anche dei Comitati operativi della viabilita' (COV), garantisca il coordinamento di tutti i gestori stradali interessati dal piano di protezione civile valanghe provinciale, mantenendoli informati, tra l'altro, sulle condizioni di rischio. Inoltre, il piano provinciale deve prevedere tutte le misure di regolazione del traffico atte a favorire la movimentazione dei soccorsi e l'assistenza alla popolazione in emergenza; tali misure devono essere riportate su cartografia dedicata;
e) l'area di ammassamento soccorritori e risorse: qualora l'emergenza richieda l'impiego notevole di risorse, e' necessario individuare, anche in ambiente montano, aree sicure dove dovranno trovare sistemazione idonea i soccorritori e le risorse necessarie a garantire un razionale intervento nelle zone di emergenza (cfr. par. 1.3.1 «Gli elementi strategici del livello operativo comunale/intercomunale o di ambito» punto g4 - «Le aree di ammassamento soccorritori e risorse»). Tali aree devono essere facilmente raggiungibili attraverso percorsi sicuri, anche con mezzi di grandi dimensioni, dotate di servizi idrici, elettrici e fognari, possibilmente prossime a strutture coperte che possano ospitare i soccorritori. Particolare priorita' dovra' essere data allo sgombero neve di tali aree e della viabilita' necessaria per raggiungerle, onde assicurarne l'accessibilita' anche in condizioni di criticita'. Per l'individuazione di tali aree si puo' far riferimento alle indicazioni operative del Capo del Dipartimento della protezione civile inerenti «La determinazione dei criteri generali per l'individuazione dei Centri operativi di coordinamento e delle aree di emergenza» del 31 marzo 2015 n. 1099;
f) le risorse per l'assistenza alla popolazione: d'importanza strategica nella pianificazione di protezione civile e' la conoscenza della gestione dei poli logistici/magazzini per i beni di pronto impiego, necessari all'assistenza alla popolazione con le modalita' di attivazione per la distribuzione degli stessi, secondo l'organizzazione logistica del sistema di protezione civile locale e regionale;
g) l'attivazione del volontariato: per garantire un efficace coordinamento delle organizzazioni di volontariato presenti sul territorio dei singoli comuni della provincia interessata dall'evento, e' necessario definire la procedura per la formale attivazione e impiego attraverso il comune, secondo le disposizioni vigenti nella regione o provincia autonoma territorialmente competente, nel rispetto di quanto previsto per gli eventi ed interventi di rilievo locale dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 novembre 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 1° febbraio 2013. Le organizzazioni di volontariato impiegate dovranno, altresi', essere preventivamente formate per la specifica tipologia d'intervento e l'uso delle attrezzature in dotazione, in conformita' a quanto previsto dalle disposizioni contenute negli allegati 1 e 2 al decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile del 12 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 82 del 6 aprile 2012, in tema di tutela della salute e della sicurezza dei volontari di protezione civile;
h) la comunicazione alla popolazione sul rischio valanghe: fermo restando che l'informazione alla popolazione sul rischio valanghe e sui comportamenti da adottare in caso di emergenza e' competenza del sindaco, in quanto autorita' territoriale di protezione civile, e' auspicabile che il piano di protezione civile provinciale contempli il supporto a tale attivita'. Le comunicazioni dirette ai cittadini, preliminarmente condivise con il/i comune/i interessato/i, potranno essere veicolate attraverso il sito internet istituzionale o altri media, prevedendo l'attivazione di un eventuale sportello informativo ovvero utilizzando gli strumenti ritenuti piu' efficaci anche attraverso la comunicazione multilingue ove possibile;
i) il rapporto con gli organi d'informazione: per la divulgazione dell'informazione agli organi di stampa sara' opportuno individuare nei centri di coordinamento un responsabile dei rapporti con i media che, coordinandosi con i sindaci, stabilisca il programma e le modalita' degli incontri con i giornalisti, in un locale separato dalla Sala operativa;
j) il soccorso: la parte procedurale del piano di protezione civile deve riportare l'indicazione delle azioni relative all'impiego coordinato delle risorse statali presenti sul territorio, ivi compreso il soccorso tecnico urgente, e delle altre strutture operative specializzate nelle attivita' di soccorso sanitario e di altro genere. Il prefetto, ai sensi dell'art. 9, comma 2 del decreto legislativo n. 1 del 2018, assicura il coordinamento dei servizi di emergenza a livello provinciale, adottando tutti i provvedimenti di propria competenza necessari ad assicurare i primi soccorsi a livello provinciale, comunale o di ambito. Per quanto concerne il soccorso e l'assistenza sanitaria e' necessario definire le procedure atte ad integrare gli interventi delle aziende sanitarie e ospedaliere competenti per territorio per assicurare l'assistenza sanitaria urgente, compresa l'evacuazione dei feriti, e quella differita, come il ripristino/mantenimento dei livelli di assistenza sanitaria di base e specialistica nonche' gli interventi di prevenzione e sanita' pubblica, assistenza psico-sociale e veterinaria;
k) il ripristino dei servizi essenziali: il coordinamento provinciale in fase di pianificazione deve prevedere il coinvolgimento o il collegamento con gli enti gestori dei servizi essenziali (reti idriche, elettriche, gas e della telefonia), per garantire una pronta attivazione per la gestione dell'emergenza a supporto dei comuni. 1.4. Il modello d'intervento.
Il modello d'intervento consiste nell'organizzazione della risposta operativa per la gestione dell'emergenza in caso di evento previsto ed in atto. Le attivita' previste dalla pianificazione di protezione civile devono essere compatibili con le risorse effettivamente disponibili in termini di uomini, materiali e mezzi. Il piano quindi deve essere sostenibile e attuabile, in modo da permettere la conoscenza, anche approssimativa, dei limiti d'intervento per la richiesta di supporto ai livelli di coordinamento superiori.
Il modello d'intervento include:
il sistema di allertamento;
il sistema di coordinamento;
le procedure operative.
1.4.1. Il sistema di allertamento.
L'allertamento comprende le fasi di previsione, monitoraggio e sorveglianza secondo quanto riportato nell'allegato 1 della presente direttiva.
Le regioni e le province autonome in fase previsionale adottano e diramano ai soggetti istituzionali interessati e, quindi, anche ai singoli comuni ricadenti nelle zone d'allerta valanghe, i bollettini/avvisi di criticita' valanghe e dichiarano i livelli di allerta (gialla, arancione e rossa) del sistema di protezione civile, per il territorio di propria competenza.
Alle attivita' connesse alla redazione dei Bollettini neve e valanghe e alla valutazione dei livelli di criticita' si affiancano quelle di monitoraggio e sorveglianza del sistema di allertamento, che fanno capo ai centri funzionali.
La fase di monitoraggio e sorveglianza consiste nella costante valutazione della situazione nivologico-valanghiva in atto e nell'eventuale aggiornamento degli scenari previsti sul territorio di competenza; essa si svolge quindi mediante la raccolta e l'analisi di dati nivo-meteorologici (manuali e/o automatici) e di altre informazioni utili sia a livello generale che locale, anche con l'ausilio di soggetti esterni qualificati, quali tipicamente le Commissioni locali valanghe, AINEVA, Meteomont, o analoghi soggetti tecnici consultivi e dei presidi territoriali comunali con operatori adeguatamente formati.
E' al riguardo essenziale che le informazioni acquisite localmente vengano tempestivamente comunicate ai livelli di coordinamento superiori, provinciali e regionali.
Le attivita' del sistema di allertamento rappresentano un ausilio fondamentale alle decisioni a livello locale per l'attivazione delle relative fasi operative - fase di attenzione, fase di preallarme e fase di allarme -, previste dalla pianificazione di protezione civile, ciascuna delle quali deve contenere le relative azioni per la gestione dell'emergenza (cfr. par. 1.4.3 «Le procedure operative dei piani di protezione civile locali»).
1.4.2. Il sistema di coordinamento.
Il sistema di coordinamento comunale/intercomunale o di ambito:
l'assetto organizzativo del livello comunale/intercomunale o di ambito, fatte salve le direttive regionali e delle province a statuto autonomo, prevede l'attivazione progressiva del COC/COI, secondo le fasi operative - fase di attenzione, fase di preallarme e fase di allarme - previste nel piano di protezione civile.
Il piano deve stabilire un modello organizzativo che consideri figure deputate alla ricezione degli allertamenti e che garantisca il flusso delle comunicazioni con la prefettura/provincia e la regione/provincia autonoma, assicurando in tal modo un raccordo tra le componenti di protezione civile e le strutture di coordinamento eventualmente attivate.
Il comune, secondo l'evoluzione e la gravita' dell'evento, puo' disporre l'eventuale attivazione sia del presidio territoriale del comune, richiedendo, se necessario, il supporto a tale attivita' alla prefettura, alla provincia e alla regione sia, in modo piu' o meno progressivo, delle funzioni di supporto del COC (cfr. par. 1.3.1 «Gli elementi strategici del livello operativo comunale/intercomunale o di ambito» - punto c «Il coordinamento operativo locale»).
Per i comuni piu' grandi o caratterizzati da molte frazioni, e' utile prevedere l'attivazione di Centri di coordinamento avanzati, in una struttura anche con diversa destinazione d'uso, in collegamento con il COC/COI, sia come base per il presidio territoriale sia per la direzione degli interventi di protezione civile sul fronte dell'emergenza in caso di evento.
Il sistema di coordinamento provinciale:
il sistema di coordinamento provinciale, fatto salvo il modello di coordinamento adottato da ciascuna regione, prevede l'attivazione del Centro coordinamento dei soccorsi (C.C.S.), organo decisionale e d'indirizzo, che si avvale, secondo quanto stabilito dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2008, di una Sala operativa unica a livello provinciale, che attua quanto stabilito in sede di C.C.S., mantenendo il raccordo con i COC/COI, la Sala operativa regionale e la Sala situazione Italia del Dipartimento della protezione civile - SISTEMA. Tale raccordo e' necessario per garantire, attraverso il costante scambio delle informazioni, l'aggiornamento della situazione e, se necessario, l'attivazione delle risorse regionali e nazionali per la gestione dell'emergenza.
In relazione alla gravita' della situazione nell'area interessata dal fenomeno valanghivo potrebbe essere necessaria anche l'attivazione di uno o piu' Centri operativi misti - C.O.M., come struttura provvisoria di coordinamento quale derivazione operativa del C.C.S. sul fronte dell'emergenza, per la gestione delle risorse impiegate a supporto del/i comune/i (cfr. par. 1.3.2 «Gli elementi strategici del livello operativo provinciale» punto b «Il coordinamento operativo provinciale»).
1.4.3. Le procedure operative dei piani di protezione civile locali.
Le procedure operative ai livelli di coordinamento comunale/intercomunale o di ambito e provinciale consistono nell'individuazione delle azioni che i soggetti partecipanti alla gestione dell'emergenza devono porre in essere per fronteggiare la stessa, in aderenza a quanto stabilito dal modello organizzativo e normativo locale.
I soggetti e le relative azioni devono essere associate alle fasi operative di attenzione, preallarme o allarme che vengono attivate a seguito dell'emanazione dei livelli di allerta - gialla, arancione o rossa - comunicati dai Centri funzionali regionali e sulla base delle valutazioni del presidio territoriale. Il passaggio da una fase operativa ad una fase superiore, ovvero ad una inferiore, viene disposta dall'ente territoriale competente sulla base delle determinazioni del presidio territoriale e delle comunicazioni provenienti dal restante sistema di allertamento.
La procedura operativa di attivazione del sistema di protezione civile locale prevede, quindi, per ciascun livello di allerta - gialla, arancione o rossa - l'attivazione, piu' o meno progressiva, delle fasi operative di attenzione, preallarme e allarme per ciascuna delle quali vengono definite nel piano di protezione civile le azioni che ciascun ente/struttura operativa/funzione di supporto deve porre in essere. Di seguito si riportano due tabelle riepilogative delle principali azioni da attuare per ciascuna fase operativa di attenzione, preallarme e allarme, la prima per il livello di coordinamento comunale/intercomunale o di ambito e la seconda per il livello di coordinamento provinciale - provincia/prefettura.

Parte di provvedimento in formato grafico

Nel caso in cui la valanga avvenga in maniera improvvisa interessando la popolazione, si attiva direttamente la fase operativa di allarme, che include le azioni delle precedenti fasi operative, con l'esecuzione della procedura di soccorso ed evacuazione.
La correlazione tra il livello di allerta e la fase operativa non e' quindi automatica, ma e' conseguente ad un processo decisionale di attuazione del piano di protezione civile.
Una condizione di «attivazione minima» del piano e' rappresentata dall'attivazione almeno della fase operativa di attenzione, a seguito dell'emanazione del livello di allerta gialla e arancione, e almeno della fase di preallarme in caso di allerta rossa, in linea anche con quanto definito nelle indicazioni operative del Capo del Dipartimento della protezione civile recanti «Metodi e criteri per l'omogeneizzazione dei messaggi del sistema di allertamento nazionale per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico e della risposta del sistema di protezione civile» del 10 febbraio 2016 n. RIA/0007117. 2. L'aggiornamento del piano di protezione civile.
Conclusa l'elaborazione del piano di protezione civile, approvato formalmente, l'attivita' di pianificazione deve proseguire con l'aggiornamento costante dello stesso, che puo' riguardare non solo semplici dati inerenti, ad esempio, recapiti telefonici, e-mail, indirizzi e nominativi di responsabili, ma anche gli scenari di rischio nonche' l'assetto strategico contemplato nel modello d'intervento come, ad esempio, il cambiamento della sede del Centro operativo, la variazione del piano del traffico, la ricerca di aree di emergenza diverse da quelle precedentemente individuate.
Inoltre, nell'ambito dell'aggiornamento del piano di protezione civile, il comune dovra' verificare annualmente, all'inizio della stagione invernale, l'esistenza, per le aree sciabili (cfr. «Premessa» del presente allegato), di procedure di emergenza a cura dell'ente gestore degli impianti.
La struttura dinamica del piano di protezione civile viene raggiunta, oltre che con il lavoro di aggiornamento dei dati durante il periodo ordinario, anche mediante la considerazione di apprendimenti a seguito di emergenze, nonche' attraverso periodiche esercitazioni la cui definizione e' riportata nella «Circolare riguardante la programmazione e l'organizzazione delle attivita' addestrative di protezione civile» n. DPC/EME/0041948 del 28 maggio 2010. Queste ultime sono necessarie alla verifica del piano di protezione civile ed a favorire la conoscenza dello stesso da parte sia degli operatori sia della popolazione.

(1) Non hanno i requisiti di legittimita' tutte quelle ordinanze
sindacali che vietano e limitano attivita' ed accessi verso aree
potenzialmente pericolose se tali prescrizioni non sono
controllabili e gestibili. Ai sensi della sentenza del Consiglio
di Stato (n.2109 8 maggio 2007) sono illegittime le ordinanze
contingibili ed urgenti che non presentino consistenza ed
evidenza univoca e rilevante (specifiche per l'area oggetto del
provvedimento) comprovate da una attenta valutazione da parte di
tecnici esperti attraverso idonei accertamenti istruttori volti a
dimostrare l'effettiva sussistenza dei presupposti per adottare
l'anzidetta ordinanza (vd. anche Tribunale amministrativo
regionale Campania - Napoli sez. V, sentenza 11 maggio 2007 n.
4992; Tribunale amministrativo regionale Lazio, sentenza 28
novembre 2007 n. 11914; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28
giugno 2004 n. 4767). Per idonei accertamenti istruttori
s'intende un'indagine, in loco, sulle reali condizioni di
instabilita' del manto nevoso e non una valutazione desunta dal
BNV che, per sua natura, effettua valutazioni e previsioni a
scala sinottica (almeno 100 km2 come da indicazioni EAWS).