| Gazzetta n. 201 del 28 agosto 2019 (vai al sommario) |  
| PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA |  
| DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 8 agosto 2019 |  
| Scioglimento del  consiglio  comunale  di  Torretta  e  nomina  della commissione straordinaria.  |  
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                    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
   Considerato  che  nel  Comune  di  Torretta  (Palermo)  gli  organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative  del 18 giugno 2018;   Considerato che,  dall'esito  di  approfonditi  accertamenti,  sono emerse forme di ingerenza della criminalita'  organizzata  che  hanno esposto l'amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialita' dell'attivita' comunale;   Rilevato,   altresi',   che   la   permeabilita'    dell'ente    ai condizionamenti esterni della criminalita'  organizzata  ha  arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettivita' e ha determinato la perdita di credibilita' dell'istituzione locale;   Ritenuto che, al fine di porre rimedio  alla  situazione  di  grave inquinamento  e  deterioramento  dell'amministrazione   comunale   di Torretta,  si  rende  necessario  far  luogo  allo  scioglimento  del consiglio comunale e disporre il  conseguente  commissariamento,  per rimuovere tempestivamente gli effetti pregiudizievoli per l'interesse pubblico e per assicurare il risanamento dell'ente locale;   Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;   Vista la proposta del Ministro dell'interno, la  cui  relazione  e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;   Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella riunione del 6 agosto 2019 alla quale e' stato  debitamente  invitato il Presidente della Regione Siciliana; 
                               Decreta: 
                                Art. 1 
   Il consiglio comunale di Torretta (Palermo) e' sciolto.     |  
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                    Al Presidente della Repubblica 
     Nel Comune di Torretta (Palermo),  i  cui  organi  elettivi  sono stati rinnovati nelle  consultazioni  amministrative  del  18  giugno 2018, sono state  riscontrate  forme  di  ingerenza  da  parte  della criminalita' organizzata che compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' dell'amministrazione nonche' il buon andamento ed  il funzionamento dei servizi con grave pregiudizio dell'ordine  e  della sicurezza pubblica.     Il 17 luglio u.s., all'esito di una vasta operazione  di  polizia giudiziaria  svolta  dalla  sezione  criminalita'  organizzata  della Polizia di Stato e dalla squadra mobile di  Palermo,  e'  stata  data esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in  carcere  emessa, tra gli altri, nei confronti del  sindaco  del  Comune  di  Torretta, indagato per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa.     Le complesse  attivita'  d'indagine,  che  hanno  dato  luogo  al menzionato provvedimento cautelare, hanno consentito di delineare gli stretti rapporti intercorsi tra l'attuale  sindaco  ed  un  esponente della locale famiglia mafiosa durante la campagna elettorale del 2018 evidenziando come gli stessi abbiano  inciso  sulle  scelte  relative alle alleanze ed ai soggetti da inserire nelle liste elettorali.     Tenuto conto della valenza dei riscontri  investigativi  e  degli elementi fattuali in possesso delle forze dell'ordine, il prefetto di Palermo, acquisito il parere del comitato provinciale per l'ordine  e la sicurezza pubblica  nelle  riunioni  del  18  e  22  luglio  c.a., all'ultima delle quali ha partecipato il procuratore  aggiunto  della locale direzione distrettuale antimafia,  ha  predisposto  l'allegata relazione in data 19 luglio 2019, che  costituisce  parte  integrante della presente proposta.     Nel documento si da' atto della sussistenza di concreti,  univoci e rilevanti elementi  su  collegamenti  diretti  ed  indiretti  degli amministratori con la criminalita' organizzata di tipo mafioso  e  su forme di condizionamento  degli  stessi,  riscontrando,  pertanto,  i presupposti per l'applicazione della misura  prevista  dall'art.  143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.     Il consiglio  comunale  di  Torretta,  peraltro,  e'  gia'  stato sciolto con decreto  del  Presidente  della  Repubblica  in  data  28 novembre 2005 ai sensi  dell'art.  143  del  decreto  legislativo  18 agosto 2000, n. 267.     Come emerge dai contenuti dell'ordinanza di  custodia  cautelare, al primo cittadino - attualmente al suo secondo  mandato  consecutivo essendo stato eletto per la prima volta nel 2013 e  nuovamente  nella successiva tornata elettorale del giugno 2018 - viene  contestato  di aver contribuito, nella sua qualita' di esponente politico di rilievo del comune, a conservare e rafforzare le  capacita'  operative  della famiglia mafiosa di Torretta e di altre articolazioni territoriali di «cosa nostra» nonche' al raggiungimento degli scopi criminali da tale associazione perseguiti tra i quali l'acquisizione in modo diretto  o indiretto della  gestione  o  comunque  del  controllo  di  attivita' economiche, di concessioni,  di  autorizzazioni,  appalti  e  servizi pubblici al fine di realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se  o per altri.     Nel menzionato provvedimento cautelare viene evidenziato  inoltre che le condotte del sindaco sono  state  finalizzate  ad  impedire  o ostacolare il libero esercizio del voto o a procurare voti per se'  o altri in occasione di consultazioni elettorali, asservendo la propria posizione di candidato alla carica di sindaco  agli  interessi  della locale articolazione di «cosa nostra», assecondandone nel corso della campagna elettorale le  indicazioni  sulle  alleanze  politiche,  sui soggetti da inserire in lista nonche'  sulla  nomina  dei  componenti della futura giunta comunale.  Piu'  specificamente  il  sindaco,  in cambio del sostegno elettorale,  prometteva  che,  una  volta  eletto avrebbe favorito la locale cosca  mafiosa  nei  futuri  rapporti  con l'amministrazione e consentiva altresi', alla medesima organizzazione criminale di dare indicazioni sul consigliere  comunale  da  eleggere alla carica di presidente del consiglio, sulla nomina dei  componenti della giunta comunale nonche' sui dirigenti degli uffici, accogliendo e facendo sue tali indicazioni e,  dunque,  consentendo  alla  locale famiglia mafiosa di determinare l'azione  politica  e  amministrativa dell'ente comunale.     La relazione del prefetto si sofferma inoltre sulla figura di  un esponente di rilievo della locale famiglia mafiosa e pone in  rilievo come quest'ultimo abbia esercitato un  occulto  potere  di  controllo infiltrandosi all'interno dell'apparato  politico-amministrativo  del comune.     Fonti tecniche di prova, richiamate nel provvedimento del giudice per le indagini preliminari, attestano che  l'azione  del  menzionato esponente mafioso, esercitata con l'ausilio di soggetti  pregiudicati riconducibili alla cosca egemone, non  si  e'  limitata  ad  un  mero sostegno  elettorale  in  favore  del  candidato  sindaco  ma  si  e' concretizzata in una piu' generale strategia di controllo totalitario dell'ente comunale volta a garantire futuri illeciti vantaggi per  il sodalizio criminale.     In relazione a tale ultimo aspetto  le  risultanze  dell'indagine giudiziaria hanno  fatto  emergere  che  il  primo  cittadino  si  e' attivato  per  far  conseguire   vantaggi   ingiusti   ai   partecipi dell'associazione  mafiosa  ed  a  soggetti  alla  stessa   contigui, favorendo  anche  l'assunzione  di  personale  presso  il  Comune  di Torretta nonche' il pagamento di un credito in favore di una persona, «con  le   aggravanti   rappresentate   dall'essere   "cosa   nostra" un'associazione  armata  volta  a  commettere  delitti,  nonche'   ad assumere e mantenere il controllo di  attivita'  economiche  mediante risorse finanziarie di provenienza delittuosa».     Lo stesso giudice per le indagini preliminari, nel rassegnare  le proprie conclusioni, evidenzia che l'esame delle prove  raccolte  nel corso delle indagini consente di affermare che il primo cittadino non si e' limitato a stringere un accordo diretto  ad  ottenere  sostegno elettorale in cambio della propria disponibilita' a  soddisfare,  una volta eletto, gli interessi della consorteria  criminale  -  condotta gia' di  per  se'  astrattamente  idonea  ad  integrare  il  concorso eventuale nel reato associativo - ma si e' posto come vero e  proprio punto  di  riferimento  della  locale  consorteria  e  suo  referente politico, consentendo alla medesima cosca, come evidenziato, di' dare indicazioni in ordine alla  composizione  degli  organi  dell'ente  e dell'apparato burocratico e quindi a determinare l'azione politica ed amministrativa, con cio' abdicando, consapevolmente, alla sua  carica rappresentativa in favore dell'associazione «cosa nostra».     Le  circostanze,  analiticamente  esaminate  e   dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto, hanno rivelato  una  serie  di condizionamenti nell'amministrazione comunale  di  Torretta  volti  a perseguire fini diversi da quelli istituzionali che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilita'  dell'istituzione  locale, nonche' il pregiudizio degli interessi della collettivita',  rendendo necessario l'intervento dello Stato per  assicurare  la  riconduzione dell'ente alla legalita'     Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l'adozione del provvedimento di scioglimento  del  consiglio  comunale  di  Torretta (Palermo), ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo  18  agosto 2000, n. 267.     In  relazione  alla  presenza  ed  all'estensione  dell'influenza criminale,  si  rende  necessario  che  la  durata   della   gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi. 
       Roma, 5 agosto 2019 
                                     Il Ministro dell'interno: Salvini     |  
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   La gestione del Comune di Torretta (Palermo) e'  affidata,  per  la durata di diciotto mesi, alla commissione straordinaria composta da:   dott.ssa Giuseppina Maria Patrizia Di Dio Datola - viceprefetto;   dott. Francesco Milio - viceprefetto aggiunto;   dott.ssa   Antonietta   Maria   Manzo   -   funzionario   economico finanziario.     |  
|   |                           PREFETTURA DI PALERMO                   Ufficio territoriale del Governo   Prot. n. 1590/2019/AREA Sic.1-Bis/N.C. 
                                               Palermo, 19 luglio 2019 
                                         Al sig. Ministro dell'interno  Oggetto: Comune di Torretta - Proposta di scioglimento del  consiglio  comunale a seguito dell'arresto del sindaco, Salvatore Gambino. 
     Si informa che a  seguito  di  ordinanza  di  applicazione  della misura cautelare della custodia in carcere  n.  4847/18  R.G.N.R.  n. 7605/19 R.G. del 15 luglio 2019, il giorno 17 luglio e' stato  tratto in arresto Gambino Salvatore, nato  a  Palermo  il  27  agosto  1983, sindaco  del  Comune  di  Torretta,  eletto  nelle  ultime   elezioni amministrative del 18 giugno 2018. In effetti, si e' trattato di  una riconferma  del  precedente  mandato,  che  e'  stato  ricoperto  nel quinquennio 2013-2018.     In particolare, Gambino Salvatore e' sottoposto ad  indagine  per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, «articoli 110 e 416-bis, commi 4 e 6, codice  penale  perche',  nella  qualita'  di esponente politico di rilievo di Torretta (in quanto gia' sindaco del medesimo comune dal mese di  giugno  2013  e  poi  candidato  per  la riconferma alla stessa carica alle elezioni amministrative del giugno 2018, a seguito delle quali veniva rieletto) contribuiva, mediante le condotte di seguito specificate, a  conservare  ed  a  rafforzare  le capacita' operative della famiglia mafiosa di  Torretta  e  di  altre articolazioni territoriali di "cosa nostra; tra le quali le  famiglie mafiose di Passo di Rigano e di Uditore, ed al  raggiungimento  degli scopi criminali di "cosa nostra; onde commettere  delitti,  acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque  il  controllo  di attivita' economiche, di concessioni, di  autorizzazioni,  appalti  e servizi pubblici, realizzare profitti o vantaggi ingiusti per  se'  o per altri, impedire od ostacolare il  libero  esercizio  del  voto  o procurare voti a  se'  o  ad  altri  in  occasione  di  consultazioni elettorali;  in  particolare  forniva  il  suo  contributo   causale: dapprima, asservendo la propria posizione di candidato alla carica di sindaco agli interessi della locale articolazione di  "cosa  nostra"; assecondandone,  nel  corso  della  campagna,  elettorale,  anche  le indicazioni sulle alleanze politiche, sui  soggetti  da  inserire  in lista quali candidati alla carica di  consigliere  comunale  e  sulla nomina dei componenti della futura Giunta  comunale;  promettendo  di favorire  la  locale  cosca   mafiosa   nei   futuri   rapporti   con l'Amministrazione, in cambio del sostegno elettorale,  per  poi;  una volta eletto, consentire attivamente alla medesima cosca  mafiosa  di dare indicazioni sul consigliere comunale da eleggere alla carica  di Presidente del Consiglio e sulla nomina dei componenti  della  Giunta comunale e dei dirigenti degli  uffici;  accogliendo  e  facendo  sue dette indicazioni e dunque consentendo alla locale  famiglia  mafiosa di determinare l'azione politica e amministrativa dell'Ente comunale; attivandosi  per  far  conseguire  vantaggi  ingiusti  ai   partecipi dell'associazione mafiosa ed a soggetti  alla  stessa  contigui,  tra l'altro favorendo l'assunzione di Scalici Calogero e  di  Badalamenti Mariarosa presso il Comune di Torretta, nonche' il  pagamento  di  un credito ad  Enea  Benedetto  da  parte  del  medesimo  comune  (tutti soggetti «raccomandati» da cosa nostra), con le aggravanti costituite dall'essere «cosa nostra» un'associazione armata volta  a  commettere delitti, nonche' ad assumere e mantenere il  controllo  di  attivita' economiche mediante risorse finanziarie di provenienza delittuosa.     Con il Gambino Salvatore  sono  stati  tratti  in  arresto  anche Gambino Thomas (classe 72), Zito Calogero Cristian (classe 77) e Zito Simone (classe 62).     I predetti sono indagati per il delitto di cui  all'art.  416-bis commi 1, 4 e 6 del codice penale, per avere in concorso  tra  loro  e con Buscemi Giovanni e  Inzerillo  alternatisi  nella  direzione  del mandamento di Passo di Rigano nonche' con Cipriano  Santino,  Mannino Alessandro, Fanara Antonino, Sirchia Giovanni,  Inzerillo  Francesco, Gambino Rosario, Lo Presti Antonino,  Spatola  Giuseppe,  Di  Filippo Francesco, Sansone Gaetano,  Sansone  Giuseppe,  Di  Maggio  Antonio, Migliore Baldassare, Militello Benedetto Gabriele, Lo Cascio Giuseppe e numerose  altre  persone,  fatto  parte  dell'associazione  mafiosa denominata «cosa nostra»; avvalendosi della  forza  di  intimidazione del vincolo associativo e della condizione di  assoggettamento  e  di omerta' che ne deriva al fine di commettere varie tipologie di  reati di  seguito  indicati  e  di  acquisire  il  controllo  di  attivita' economiche.     In particolare:       Gambino Thomas per aver fatto parte dell'organizzazione mafiosa e, in particolare, per aver rappresentato  un  importante  anello  di collegamento, in  concorso  con  il  defunto  Cali'  Francesco  Paolo (inteso Frank Cali'), tra la famiglia mafiosa di Passo di Rigano e la La Cosa Nostra"  americana;  per  aver  partecipato,  in  Italia,  ad importanti riunioni- con mafiosi, tra cui Inzerillo Tommaso e Sansone Gaetano, rappresentando  gli  interessi  di  Cali'  Francesco  Paolo, considerato sottocapo della famiglia americana dei Gambino; per  aver gestito in prime persona il passaggio  dall'Italia  verso  gli  Stati Uniti di denaro proveniente dalla famiglia mafiosa di Passo di Rigano e destinato al sostentamento dei detenuti appartenenti alla  famiglia Gambino e,  viceversa,  per  aver  provveduto  al  sostentamento  dei familiari di Inzerillo Tommaso durante il periodo in cui quest'ultimo era detenuto.       Zito Simone, per avere fatto parte della  famiglia  mafiosa  di Torretta; per aver mantenuto un costante scambio di informazioni  con altri  esponenti  dell'organizzazione  mafiosa  tra   cui   Inzerillo Tommaso, Inzerillo Francesco, Gambino  Rosario  e  il  defunto  Cali' Francesco Paolo (inteso Frank Cali'), esponente de  «La  Cosa  Nostra Americana»; per aver partecipato a diverse riunioni durante le  quali sono  state  discusse  questioni  strategiche  per   l'organizzazione mafiosa;  per  avere  gestito  il  passaggio  di  denaro  dagli   USA all'Italia in favore di altri esponenti dell'organizzazione ed  altri soggetti contigui; per aver informato i sodali della famiglia mafiosa di Torretta della esistenza di iniziative investigative della polizia giudiziaria;  per  aver  condizionato  la  campagna   elettorale   in occasione delle consultazioni per l'elezione del sindaco  del  Comune di Torretta avvenute il 10 giugno 2018, nonche' l'azione  politica  e amministrativa del  medesimo  ente  comunale,  secondo  le  modalita' meglio indicate nel capo che segue.       Zito Calogero Christian, per avere fatto parte  della  famiglia mafiosa di Torretta;  per  aver  mantenuto  un  costante  scambio  di informazioni con altri esponenti dell'organizzazione mafiosa tra  cui Inzerillo Tommaso,  Inzerillo  Francesco,  Spatola  Giuseppe,  Fanara Antonino e il defunto Cali' Francesco  Paolo  (inteso  Frank  Cali'), esponente de «La Cosa Nostra, Americana»; per aver informato i sodali della famiglia mafiosa di  Torretta  della  esistenza  di  iniziative investigative  della  polizia  giudiziaria;  per  avere  gestito   il passaggio di denaro dagli USA all'Italia in favore di altri esponenti dell'organizzazione ed altri soggetti contigui; per aver condizionato la  campagna  elettorale  in  occasione   delle   consultazioni   per l'elezione del sindaco del Comune di Torretta avvenute il  10  giugno 2018, nonche' l'azione politica e amministrativa  del  medesimo  ente comunale.     L'arresto dei predetti  si  inserisce  in  una  vasta  operazione antimafia, che ha portato anche al contestuale fermo di 15  indiziati di  delitto  sottoposti  ad  indagine,  gran  parte   esponenti   del mandamento di Passo di Rigano, tutti  accusati  del  delitto  di  cui all'art. 416-bis per avere, in concorso tra loro:       fatto   parte   dell'associazione   mafiosa   «cosa    nostra», promuovendone  gli  interessi,  facendo   pervenire   in   territorio siciliano,  in  modo  occulto,  somme  non  quantificate  di   denaro contante, beni ed altre utilita', tutti provenienti  da  delitti  non colposi; in parte destinati al sostentamento di alleati a Cosa Nostra palermitana  sottoposti   a   detenzione   carceraria,   nonche'   al finanziamento  di  attivita'  commerciali  presenti   in   territorio palermitano  intestate  fittiziamente  a  prestanome  ed  in  realta' riconducibili a soggetti appartenenti al mandamento malioso di  Passo di  Rigano,  trasferivano  detti   beni   in   modo   da   ostacolare l'identificazione  della  loro   provenienza   delittuosa.   Con   le aggravanti di avere  agito  al  fine  di  agevolare  l'organizzazione mafiosa cosa nostra, nonche' di avere commesso il  fatto  avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale;       fatto   parte   dell'associazione   mafiosa   «cosa    nostra», promuovendone gli interessi, avendo commesso il reato di cui all'alt. 416-bis meglio indicato al capo A), nonche' altri delitti non colposi contro il patrimonio, facendo pervenire in territorio  siciliano,  in modo occulto, somme non quantificate  di  denaro  contante,  beni  ed altre utilita', in parte  destinati  al  finanziamento  di  attivita' commerciali   presenti   in    territorio    palermitano    intestate fittiziamente a prestanome ed in  realta'  riconducibili  a  soggetti appartenenti al mandamento mafioso di Passo di Rigano, impiegavano  e trasferivano in attivita' economiche, finanziarie, imprenditoriali  o comunque  speculative,  il  denaro,  i  beni  o  le  altre   utilita' provenienti dalla  commissione  dei  suddetti  delitti,  in  modo  da ostacolare concretamente  l'identificazione  della  loro  provenienza delittuosa. Con le aggravanti di avere agito  al  fine  di  agevolare l'organizzazione maliosa cosa nostra, nonche' di  avere  commesso  il fatto avvalendosi delle condizioni  previste  dall'art.  416-bis  del codice penale.       fatto   parte   dell'associazione   mafiosa   «cosa    nostra», promuovendone gli interessi, facendo uso in piu'  occasioni  tra  gli U.S.A. e l'Italia di numerose carte di credito intestate a terzi  non identificati; o comunque carte di credito falsificate ed alterate  in modo  da  ostacolare   l'identificazione   della   loro   provenienze delittuosa, anche al  fine  di  finanziare  attivita'  economiche  di interesse di Cosa Nostra ed in particolare del mandamento mafioso  di Passo di Rigano, indebitamente utilizzavano, non essendone  titolari, carte  di  credito  o  di  pagamento,  o  comunque  falsificavano   e alteravano le suddette carte di credito o di  pagamento,  o  comunque possedevano,  cedevano  o  acquisivano  tali  carte  o  documenti  di provenienza illecita  o  comunque  falsificati  o  alterati.  Con  le aggravanti di avere  agito  al  fine  di  agevolare  l'organizzazione mafiosa cosa nostra, nonche' di avere commesso il  fatto  avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale     Le indagini svolte dalla Sezione criminalita'  organizzata  della Polizia di Stato e dalla Squadra mobile di Palermo hanno  ad  oggetto uno storico mandamento di Cosa  nostra  nel  Palermitano,  quello  di Passo di Rigano, del  quale  fanno  parte  ad  oggi  le  famiglie  di Uditore, Passo di Rigano, Boccadifalco e Torretta.     Agli inizi degli anni ottanta i  corleonesi  di  Riina  Salvatore falcidiarono gli esponenti di queste famiglie, e chi non venne ucciso fu costretto a riparare in America e a non rientrare per anni. Quelli che furono costretti a fuggire in America per avere  salva  la  vita, detti, appunto, «gli scappati», componenti delle famiglie perdenti la guerra  di  mafia,  in  USA  hanno  impiantato   fiorenti   attivita' imprenditoriali, i cui profitti sono stati destinati,  e  lo  sono  a tutt'oggi, al mantenimento delle famiglie e  dei  sodali  rimasti  in Sicilia. Gli «scappati» sono rientrati a  Palermo  nel  2005  con  in benestare di Bernardo Provenzano.     L'O.C.C.,  in  particolare,  compendia  le  risultanze  acquisite nell'ambito  del  procedimento  penale  n.   4847/2018   R.G.N.   R., riguardante  l'attivita'  investigativa  effettuata  sul   mandamento mafioso di Passo di Rigano - Boccadifalco, nel  quale  sono  inserite storicamente  le  famiglie  mafiose  di  Passo  di  Rigano,  Uditore, Boccadifalco e Torretta. Disponendo l'arresto di Gambino  Thomas,  in atto residente negli Stati Uniti  d'America,  i  due  Zito,  padre  e figlio, Simone e Calogero  Christian,  in  quanto  appartenenti  alla famiglia mafiosa di Torretta,  nonche',  infine,  Gambino  Salvatore, attuale sindaco di  Torretta  ed  indiziato  del  reato  di  concorso esterno in associazione mafiosa, di cui agli articoli 110  e  416-bis del codice penale, e procedendo nei confronti degli  altri  esponenti indicati  nel  capo  A  con  il  separato  provvedimento   di   fermo sopracitato.     L'arresto del Gambino, per essersi  messo  a  disposizione  della famiglia  mafiosa  del  mandamento  di  Passo  Di  Rigano,   Uditore, Torretta, richiede, per la comprensione della gravita'  delle  accuse mosse al sindaco, di riportare quelle parti di O.C.C. che  riguardano il mandamento mafioso in cui e' inserita la «famiglia»  di  Torretta, delineandone la storia e l'attuale operativita'  mafiosa,  nonche'  i profili criminali dei coindagati e le ragioni comprovanti il  delitto contestato. 
      Il mandamento mafioso di Passo di Rigano/Uditore /Torretta 
     Le indagini, atteso anche il congruo arco  temporale  durante  il quale si sono sviluppate, hanno consentito  di  delineare  il  quadro complessivo  della  compagine  mandamentale,  ricostruendo  ruoli   e responsabilita' dei numerosi soggetti sottoposti ad indagine.     L'O.C.C. richiama la vicenda vissuta dalla famiglia Inzerillo,  a partire dagli inizi degli anni '80  del  secolo  scorso.  E'  infatti proprio in ragione di tali vicende familiari che, storicamente, hanno trovato origine i rapporti, familiari e criminali, di vari  esponenti del mandamento di Passo di Rigano  con  numerosi  soggetti  residenti negli Stati Uniti d'America, il che ha determinato  la  creazione  di una sorta di joint venture internazionale  del  crimine  organizzato, partecipata non solo dagli Inzerillo,  ma  anche  da  altri  soggetti comunque orbitanti nel mandamento di Passo di Rigano, come i due Zito destinatari della presente  richiesta  cautelare,  i  quali,  a  loro volta, in detto contesto, hanno  sfruttato  ed  implementato  i  loro rapporti, lavorativi e criminali, coltivati nel  corso  degli  ultimi decenni con il territorio americano; in particolare, sono  proprio  i due Zito (e Gambino Thomas) che intrattengono i rapporti con la  cosa nostra statunitense.     Orbene, per quanto concerne i soggetti posti in posizione apicale nel mandamento in questione, figurano senz'altro:       per la famiglia di Passo di Rigano, Tommaso  Inzerillo,  Masino cl. '48, suo cugino  Francesco,  «u  truttaturi»  cl.  '56,  Giovanni Buscemi, "u farfalla" cl. '55 e Alessandro Mannino, Sandrino cl. '60;       per la famiglia di Uditore, Sansone Gaetano, Tanino cl. '41  ed il fratello Giuseppe Sansone, Pino cl. '50;       per la famiglia della Torretta, Simone Zito cl. '62 e  Calogero Christian Zito;       infine, sul territorio di Boccadifalco, emergeva la  figura  di Giovanni Sirchia, recentemente tratto  in  arresto  per  associazione mafiosa, nell'ambito del proc.  n.  719/2016  (operazione  nota  come «Cupola 2.0»), in quanto soggetto occupatosi di organizzare sul piano logistico la riunione tra capi-mandamento tenutasi in data 29  maggio 2018,  in  occasione  della  quale  veniva  formalmente  sancita   la ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra, mai piu' ricostituita dall'anno 1993, allorquando veniva tratto in arresto  il noto capo-mafia Riina Salvatore.     Sin da subito, nell'ambito  dell'indagine,  e'  risultato  palese come le dinamiche del mandamento di Passo di Rigano risentano ancora, nonostante siano trascorsi quasi quaranta anni,  dei  fatti  accaduti nei primi anni ottanta del secolo scorso quando, con gli  omicidi  di Stefano Bontate e  di  Totuccio  Inzerillo,  la  fazione  guidata  da Salvatore Riina stravolse gli equilibri di  cosa  nostra  palermitana sancendo, di fatto, quella dicotomia tra i «corleonesi» e gli «altri» che,  ancora  oggi,  traspare  dalle  indagini   su   alcuni   ambiti territoriali.     La famiglia Inzerillo, fino  all'avvento  dei  corleonesi,  aveva regnato incontrastata nel mandamento di Passo di Rigano ed era  anche riuscita  a  stringere  cointeressenze  con  i   capi   della   mafia statunitense, gestendo lungo l'asse Palermo - New York  il  commercio di ingenti quantitativi di droga.     Nei primi anni '80, con la feconda guerra di mafia, la  compagine mafiosa  degli  Inzerillo  aveva  pagato  un  tributo   pesantissimo; l'omicidio piu' eclatante fu quello del capo-mandamento di  Passo  di Rigano Inzerillo Salvatore detto «Totuccio», avvenuto a Palermo il 10 maggio 1981. Sempre sotto il  fuoco  dei  corleonesi  cadevano  anche altri importanti uomini d'onore vicini ad Inzerillo Salvatore,  ossia Di  Maggio  Calogero,  fratello  del  reggente  Di   Maggio   Rosario (deceduto), e Inzerillo Santo (nato a Palermo il 23 aprile 1946).     Negli anni successivi,  come  emerso  con  chiarezza  nell'ambito dell'operazione «Gotha», la guida del mandamento di Passo  di  Rigano veniva affidata a Buscemi Salvatore, il quale continuava a. mantenere tale titolo anche nel corso della sua  detenzione  e  fino  alla  sua morte, occorsa nell'anno 2009.  In  quest'ultimo  periodo,  tuttavia, tramite l'istituto della  «reggenza»,  la  direzione  del  mandamento veniva attribuita a Marciano' Giovanni (nato a Palermo il 10  ottobre 1942), a sua volta subentrato al  fratello  Vincenzo,  il  quale  era stato deposto nel 2005, poiche' ritenuto troppo  indulgente  rispetto alla questione del rientro degli «scappati».     Quanto agli altri soggetti  apicali,  gia'  all'epoca  emergevano Sansone Gaetano (nato a Palermo il 23 marzo 1941) quale  riconosciuto capo della famiglia di Uditore e gia' cassiere della  stessa,  Bonura Francesco (nato a Palermo il 27 marzo 1942) quale sottocapo e Mannino Calogero (nato a Palermo il 18 aprile 1940) quale cassiere e, al pari di Sirchia Giovanni e Sansone Giuseppe (nato a Palermo il  3  gennaio 1948), uomo d'onore della famiglia di Uditore.     Venivano altresi' individuati quali uomini d'onore della famiglia di Passo di Rigano-Boccadifalco), Mannino Alessandro (nato a  Palermo il 27 novembre 1960) ed Inzerillo Francesco (nato  a  Palermo  il  12 febbraio 1955, deceduto) soprannominato «Franco u' nivuru».     In tale contesto si innesta la storia degli «scappati», i  quali, forti della avvenuta carcerazione di Riina Salvatore e  di  un  primo avallo da parte  di  taluni  importanti  esponenti  di  Cosa  Nostra, andavano progressivamente rientrando a  Palermo  reinserendosi  nelle fila criminali. Se era noto, infatti, che per gli  appartenenti  alla famiglia Inzerillo esisteva il divieto di permanenza  sul  territorio italiano, sancito negli anni '80  dalla  Commissione  provinciale  di Cosa Nostra, era altrettanto vero che il divieto di rientro in Italia non era da intendersi come assoluto, in  quanto  era  stata  via  via tollerata la presenza in Italia di molti di  tali  soggetti.  Era  il caso, ad esempio, di  Inzerillo  Francesco  (nato  a  Palermo  il  10 gennaio 1956) detto «Franco u' truttaturi».     L'analisi di alcune intercettazioni, infatti,  rivelava  come  la sua presenza a Palermo  fosse  tollerata  in  quanto  imposta  da  un provvedimento coattivo di espulsione dal suolo  americano,  al  quale era seguita la necessita' di espiare la misura di  prevenzione  della Sorveglianza speciale per la durata di anni tre. I  vertici  di  Cosa Nostra, pertanto, in deroga alla decisione della Commissione, avevano concesso all'Inzerillo un tempo di permanenza sul territorio italiano pari  a  quello  necessario  per   l'espiazione   della   misura   di prevenzione. La sua presenza in realta' veniva poi tollerata anche in epoca successiva.     Il passo successivo al rientro in Italia degli Inzerillo avveniva in data 29  dicembre  2004  quando,  proveniente  dagli  Stati  Uniti d'America, giungeva a  Palermo  Inzerillo  Rosario  inteso  «Sarino», fratello di Inzerillo «Totuccio», Inzerillo Santo e Inzerillo Pietro, uccisi da Riina Salvatore nel corso della guerra di  mafia  tra  l'11 maggio 1981 ed il 15 gennaio 1982. Il rientro in suolo palermitano di Inzerillo «Sarino» provoco' una profonda incrinatura  nell'equilibrio fino a quel momento raggiunto in Cosa Nostra, dando  origine  ad  una lunga contesa per la quale dovettero intervenire  i  massimi  vertici dell'organizzazione, obbligati ad esprimere subito un parere circa il loro rientro in Italia.     Al riguardo, le indagini condotte (procedimento penale  2474/2005 R.G.N.R.) combinate con l'analisi della documentazione sequestrata  a Provenzano Bernardo ed a Lo Piccolo  Salvatore  all'atto  della  loro cattura, consentivano di dimostrare come sulla permanenza in  Italia, ed  a  Palermo,  di  Inzerillo  «Sarino»,  ci  fossero  tre  distinti schieramenti tra gli esponenti di Cosa Nostra. Da  una  parte  quello capeggiato   da   Rotolo   Antonino   (storico   capo-mandamento   di Pagliarelli), che si opponeva con tutte le proprie forze  al  rientro degli Inzerillo, poiche' timoroso di possibili ritorsioni, visto  che riconosceva in loro ancora grandi potenzialita' (piu' di  ogni  altro temeva la figura di Inzerillo Giuseppe (nato a Palermo il  16  maggio 1976), figlio di Santo, l'elemento piu' attivo di  tale  compagine  e quindi  potenzialmente  piu'  pericoloso;   dall'altra   parte,   una pluralita'  eterogenea  di  soggetti  mafiosi,   alcuni   dei   quali storicamente legati alla mafia statunitense, tra i quali spiccava  la figura di Lo Piccolo Salvatore.     Quest'ultimo, infatti, favorevole al rientro degli  Inzerillo  in Italia, insisteva per ottenere subito l'avallo del  vertice  di  Cosa Nostra affinche' fosse legittimato il ritorno a Palermo di  Inzerillo «Sarino» (nato a Palermo il 7 aprile 1944).     Infine vi era la terza posizione, quella di Provenzano  Bernardo, che avrebbe potuto fare la differenza per far prevalere, fra le prime due, l'una a dispetto dell'altra.  Quest'ultimo,  pero',  consapevole del rischio di una nuova guerra di mafia, aveva optato  per  adottare una tattica dilatoria, veicolando missive cariche di ambiguita'.     Con riguardo alla posizione di Rotolo Antonino, importante e'  il commento dallo stesso espresso quando, per  instillare  un  senso  di paura nei propri adepti, il 9 agosto 2005 riferiva: «noialtri non  e' che possiamo dormire a sonno pieno perche' nel  momento  che  noi  ci addormentiamo a sonno pieno puo' essere pure che non  ci  risvegliamo piu!! Picciotti, vedete che... non e' finito niente» «questi i  morti li hanno sempre per davanti, ci sono sempre le ricorrenze, si siedono a tavola e manca questo e manca quello, queste cose non  le  possiamo scordare, io la...» (cfr. operazione Gotha).     Altrettanto eloquenti erano le parole pronunciate dal  Rotolo  ad Oliveri Michele (nato a Palermo il 1° febbraio  1931)  quando  il  22 settembre 2005, obiettando sul rientro degli Inzerillo, dichiarava di temere la  loro  incolumita':  «...perche',  Miche,  non  e'  che  ci possiamo scordare... perche' se questi prendono campo ci scippano  le teste a tutti!».     Inoltre, sempre in riferimento alla  questione  degli  «scappati» ricorrevano gli esiti di uno dei primi «pizzini» scritti tra  ottobre e  novembre  2004  dal  Provenzano  al  Lo  Piccolo  Salvatore.  Esso rappresentava la risposta ad una lettera  che  il  Lo  Piccolo  aveva precedentemente scritto al Provenzano per  informarlo  che  Inzerillo «Sarino» stava per rientrare in Italia e che, cosi' come  in  passato avevano fatto per Inzerillo Francesco inteso «Franco u truttaturi», i suoi  parenti  sarebbero  andati  a  richiedere  l'autorizzazione   a Marciano' Vincenzo, allora capofamiglia di  Boccadifalco,  per  farlo rimanere.  Marciano'  Vincenzo  e  Bonura  Francesco,  emerge   dalla missiva, in  quella  circostanza  si  erano  mostrati  favorevoli  al rientro degli Inzerillo. Provenzano, invece si riservava di dare  una risposta dopo aver assunto il parere di altri eventuali  interessati. Che il problema  non  fosse  di  facile  soluzione  si  rilevava  con evidenza nella missiva successiva, databile  probabilmente  ai  primi mesi del 2005, dove si faceva riferimento al  fatto  che  il  ritorno degli Inzerillo era gia' stato  accolto  con  favore  da  La  Barbera Michelangelo oltre che da Brusca Vincenzo di Torretta. «NN.RO (Rotolo Antonino), invece, non era tanto contento, e forse non solo lui».     Da un pizzino datato 19 giugno 2005,  ascrivibile  a  Lo  Piccolo Salvatore ed indirizzato al «Caro zio», cioe' a Provenzano  Bernardo, veniva confermato che il Lo  Piccolo  aveva  piu'  volte  chiesto  al Provenzano  di  intervenire  con  favore  sulla  vicenda,  tanto   da scusarsene nella stessa missiva, dove oltre a sottolineare  il  lungo tempo trascorso dalla decisione della Commissione («si tratta  di  un impegno e di una decisione di almeno 25 anni fa, da  allora  ad  oggi molte persone non ci sono piu'»),  citava  le  gravi  difficolta'  di organico in cui versava l'organizzazione («Siamo  arrivati  al  punto che siamo quasi tutti rovinati, e i pentiti che  ci  hanno  consumato girano indisturbati. Purtroppo ci troviamo in una situazione triste e non sappiamo come nasconderci»). Proprio per  queste  ragioni  il  Lo Piccolo chiedeva al Provenzano di acconsentire all'arruolamento degli Inzerillo nelle loro fila mafiose, considerato che erano giovani «che non uscivano fuori dal seminato», erano  sotto  l'assoluto  controllo della famiglia di appartenenza e soprattutto il Lo Piccolo stesso  se ne assumeva tutte le responsabilita'.     Il Lo Piccolo, pur condividendo talune  paure  di  alcuni  uomini d'onore, assicurava al  Provenzano  che  «questi  ragazzi  sfortunati erano sotto controllo» e soprattutto  «erano  gia'  stati  avvisati». Significativo era anche il  passaggio  in  cui  il  Lo  Piccolo,  nel ribadire che tale invocazione era condivisa  anche  da  altri  uomini d'onore del mandamento, precisava con un sottile  velo  minatorio  la motivazione per la quale chiedeva «gentilmente» il placet del vecchio patriarca: «per non rischiare quel poco di pace che  abbiamo».  Salvo poi concludere la lettera con l'assicurazione che  la  decisione  del Provenzano avrebbe sancito la fine delle  discussioni:  «comunque  in ogni caso qualsiasi decisione prenderete sara' fatto».     L'O.C.C., quindi,  pur  non  volendo  riproporre  il  tema  della seconda guerra di mafia, degli assetti  che  ne  conseguirono  e  del rientro dagli Stati Uniti dei cosiddetti  «scappati»,  per  una  piu' agevole comprensione di quanto verra' esposto di seguito, si sofferma brevemente su alcune riflessioni.     I soggetti sopra citati,  che  rappresentano  oggi  i  piu'  alti livelli del mandamento  mafioso  investigato,  sono  gli  stessi  che vissero quegli anni da protagonisti ed avversari.     La crisi seguita  alle  indagini  degli  anni  '90  (che  avevano condotto all'arresto di tutti i  capifamiglia  della  Commissione  di Palermo), nonche' quella seguita alla operazione «Gotha»  (che  aveva condotto all'arresto di quasi tutti i «reggenti»  sul  territorio  in luogo e per conto dei capi arrestati)  aveva  portato  l'associazione mafiosa ad aprirsi necessariamente all'apporto sia di chi aveva perso nella seconda guerra di mafia (gli «scappati»,  per  l'appunto),  sia anche di persone che  -  pur  valide  -  avevano  qualche  «scheletro nell'armadio» (come Franzese Francesco, poi divenuto collaboratore di giustizia, e come lo stesso Geraci Giuseppe, che ha  parenti  tra  le forze dell'ordine).     Si legge nell'O.C.C.  che  le  indagini  svolte  nell'ambito  del presente procedimento hanno dimostrato in modo  inequivoco  come,  in seguito alle travagliate vicende sin qui sintetizzate, il  mandamento di Passo di Rigano, nel quale, come detto, unitamente agli  Inzerillo e ai sodali di questi ultimi, operano altresi'  i  destinatari  della presente  richiesta  cautelare,  abbia  oggi  assunto  una  rinnovata posizione  di  rilevo  nell'ambito  della  cosa  nostra  palermitana, posizione che solo in parte  risente  ancora  dei  rancori,  e  delle «ruggini» di un passato ormai lontano ma che tuttavia  ha  consentito (e sta consentendo) ai mafiosi di detto territorio  di  coltivare  in modo proficuo i propri  interessi  criminosi,  sfruttando  in  questo contesto anche i rapporti privilegiati intessuti  da  decenni  con  i sodali stabilitisi negli Stati Uniti d'America.  Ne'  pare  un  caso, come a breve si vedra', che proprio il mandamento di Passo di  Rigano abbia ricoperto un ruolo  centrale  nel  processo  di  ricostituzione della  commissione  provinciale  di  cosa  nostra,  disvelato   dalle indagini svolte da questo  Ufficio  nell'ambito  del  proc.  pen.  n. 719/2016 (operazione «Cupola 2.0», sintetizzata nei due provvedimenti di fermo rispettivamente eseguiti  in  data  4  dicembre  2018  e  22 gennaio 2019, presenti in atti).     Tale rinnovata posizione di forza si e' peraltro tradotta  in  un nuovo equilibrio raggiunto tra le due opposte «anime» della compagine mafiosa di Passo di Rigano: da un parte, i Sansone, tra i piu' vicini favoreggiatori della latitanza di Riina e, da sempre, schierati sulle posizioni oltranziste di Rotolo per cio' che  riguarda  la  questione «Inzerillo», o meglio, «il discorso dell'America», per utilizzare  le stesse parole dell'ergastolano padrino  di  Pagliarelli;  dall'altra, Tommaso Inzerillo, assolto dall'infamante accusa di aver consegnato i suoi parenti agli assassini per aver salva la vita, ed i  soggetti  a lui piu' vicini quale, ad  esempio,  Sandrino  Mannino  al  quale  lo stesso Rotolo cosi' si era rivolto: «non ti chiami Inzerillo  ma  sei Inzerillo».     Dalle  piu'  recenti  investigazioni,  e'  emerso   come   Masino Inzerillo  e  Tanino  Sansone,  si  siano  fatti  garanti  di  questo equilibrio, rinunciando ad eventuali pretese di  leadership  assoluta sul mandamento nella piu' proficua ottica di continuare,  ognuno  per la parte di competenza, a gestire i propri affari illeciti.     Fermo restando quanto sopra esposto a proposito dei Sansone,  non v'e'  dubbio  che  Masino  abbia  rappresentato,  almeno  fino   alla scarcerazione di Giovanni Buscemi «u farfalla», il  vertice  di  quel sodalizio mafioso.     Tommaso «u scarpuni», infatti, interviene con potere  decisionale nella gestione di  diversi  episodi  estorsivi,  anche  mediando  tra sodali, come nel caso della tabaccheria Ottini tra Di  Filippo  e  Lo Presti, mitiga  le  intemperanze  di  Rosario  Gambino  (l'americano) anch'egli organico a Passo di Rigano,  impone  agli  esercenti  della zona la fornitura dei prodotti che distribuisce tramite la Sicily  in Food (societa' fittiziamente intestata al suo  fidato  collaboratore, il genero Giuseppe  Spatola),  controlla  il  settore  delle  agenzie abusive di scommesse on line sfruttando la competenza nel settore  di Giovanni Sirchia, Antonino Fanara  e  Gabriele  Militello  ed  infine gestisce i rapporti con la  famiglia  mafiosa  della  Torretta  nella delicata fase della definizione degli equilibri interni alla stessa. 
                La famiglia di Torretta - i coindagati   Thomas Gambino 
     Il Federal Bureau of Investigation, nella nota  trasmessa  il  27 novembre 2018 al Direttore  del  Servizio  centrale  operativo  della Polizia  di  Stato,  nell'ambito  del  protocollo  di  collaborazione investigativa tra l'Italia e gli Stati  Uniti  d'America,  confermava l'attuale ruolo  di  Soldier  di  Thomas  Gambino  all'interno  della Gambino Crime Family, di cui Frank Cali' era Underboss  ed  alla  cui conduzione vi e' il mafioso Joseph Lanni (Estratto da  pag.  3  della nota "File No.: RO-c5968-D" del 27 novembre  2018  inviata  da:  U.S. Department of Justice  -  Federal  Bureau  of  lnvestigation).  Nella stessa nota, Thomas Gambino e' indicato  come  principale  collettore dei  proventi  illeciti  generati  dalle  gaming  machines   illegali installate presso vari bar e socialclubs a Brooklyn, dalle quale trae gran parte del suo reddito.     Peraltro, Thomas Gambino vanta un legame di parentela  con  Frank Cali', poiche'  quest'ultimo  ha  sposato  Rosaria  Maria  Inzerillo, figlia di Salvatore Inzerillo, fratello di Tommaso e Maria Concetta.     L'approfondimento investigativo operato a carico  di  Gambino  ha evidenziato gli elementi che ne delineano un preciso  ruolo  in  seno all'organizzazione mafiosa.     Ed infatti, si e' proposto, in epoca antecedente  alla  morte  di Frank Cali', quale collettore di informazioni e latore delle volonta' di quest'ultimo,  negli  illeciti  interessi  condivisi  con  Tommaso Inzerillo.     Il complesso delle investigazioni ha consentito anche di  svelare come Thomas  Gambino  abbia  attivamente  contribuito  all'assistenza economica della famiglia  di  Tommaso  Inzerillo  nel  periodo  della detenzione di quest'ultimo,  come  abbia  in  passato  condiviso  gli interessi economici di affiliati di spicco della famiglia mafiosa  di Passo di  Rigano  quali  Francesco  Inzerillo  u  nivuru,  Alessandro Mannino e Matteo Inzerillo e, in tempi piu' recenti, sia stato tra  i finanziatori delle attivita' economiche  illegalmente  intraprese  da Giuseppe Spatola in nome e per conto del suocero Tommaso Inzerillo.     Di rilievo sono anche gli incontri di Thomas Gambino nel  periodo di permanenza presso questo Capoluogo, poiche' sintomatici del tenore dei suoi rapporti e della  grande  considerazione  di  cui  gode  nel contesto mafioso locale.     Nel periodo trascorso a Palermo, Thomas Gambino e' stato ospitato dal suocero Ernesto Villico presso l'abitazione  di  quest'ultimo  in via Castellana civ. 346.   Zito Simone e Calogero Christian - profilo criminale  -  appoggio  al  sindaco Gambino 
     Zito Simone emergeva come soggetto intorno al quale si incentrava la questione riguardante la  leadership  della  famiglia  mafiosa  di Torretta, e proprio  gli  approfondimenti  su  quest'ultimo  contesto criminoso offrivano lo spunto per avviare la  collaborazione  con  il Federal Bureau of Investigation, finalizzata a valutare  l'attualita' dei rapporti tra cosa nostra palermitana e la cosa nostra  americana, essendo per l'appunto emersi stabili e duraturi contatti ed interessi coltivati dai due Zito in territorio statunitense.     Zito Simone, del resto, al cospetto di Tommaso  Inzerillo,  vanta una sorta di sponsorizzazione  proveniente  da  «cristiani  anziani», residenti negli U.S.A., che avrebbero appoggiato la sua  ascesa  alle posizioni di vertice  della  Torretta.  Lo  scambio  informativo  con l'organismo investigativo statunitense, ha  consentito  di  acquisire significativi elementi utili a riscontrare le risultanze tecniche che hanno evidenziato lo stretto ed attuale legame tra Tommaso  Inzerillo e Thomas Gambino, considerato  appartenente  alla  LCN  americana  e, prima del suo omicidio,  Frank  Cali',  anch'egli  considerato  dagli investigatori   d'oltreoceano   elemento   di   spicco   di    quella organizzazione criminale.     Emerge, altresi', la figura di Calogero Zito, figlio  di  Simone, che si pone quale importante anello di  collegamento  tra  gli  Stati Uniti ed alcuni autorevoli esponenti  della  famiglia  mafiosa  della Torretta, tra cui, Giovanni Angelo Mannino.     Simone e Calogero Zito, inoltre,  sono  stati  tra  i  principali protagonisti della campagna elettorale che ha preceduto  le  elezioni amministrative del Comune di Torretta, nel giugno 2018, operando,  al riguardo, in nome, per conto e nell'interesse della famiglia  mafiosa di Torretta.     L'appoggio di costoro al candidato sindaco, Salvatore Gambino cl. '83, e' stato determinante per la vittoria di quest'ultimo, tanto  da mettere lo stesso Calogero Zito nelle condizioni  di  poter  indicare nomi e funzioni di  quanti  poi  hanno  ottenuto  incarichi  in  seno all'Amministrazione comunale e consentendogli altresi'  di  asservire stabilmente la figura del sindaco  alle  esigenze  sue  e  della  sua famiglia  mafiosa,  come  dimostrato  anche  da   talune   assunzioni lavorative effettuate proprio su  istanza  della  locale  consorteria mafiosa.     Le vicende del mandamento mafioso di Passo di Rigano,  nel  corso dell'ultimo  anno,  si  sono  significativamente  e   pericolosamente intersecate con la dinamica criminale che, in data  29  maggio  2018, dopo  un  lungo  e   complesso   percorso,   portava   alla   formale ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra, mediante la riunione di diversi capi-mandamento, operanti nella citta' e nella Provincia di Palermo.     Tale dinamica veniva tempestivamente  bloccata  dalle  iniziative giudiziarie intraprese, nell'ambito del sopra richiamato  proc.  pen. nr. 719/2016,  in  seno  al  quale  venivano  adottati  due  distinti provvedimenti di fermo, l'uno eseguito il 4 dicembre 2018  e  l'altro il 22 gennaio 2019, mirati  a  disarticolare  sul  nascere  la  nuova commissione provinciale di cosa nostra (v. provvedimenti di fermo  in atti) ed entrambi largamente confermati  dal  successivo  vaglio  del locale Giudice per le indagini preliminari e del locale Tribunale del riesame.     La rilevanza dell'evento criminale in questione  veniva  peraltro confermata  dai  due  nuovi  collaboratori  di  giustizia,   Colletti Francesco e Bisconti Filippo Salvatore, entrambi sottoposti  a  fermo in data 4 dicembre 2018. Ebbene,  ambedue,  essendo  stati  coinvolti nelle  attivita'  relative  alla  ricostituzione  della   commissione provinciale,   una   volta   avviati   i   rispettivi   percorsi   di collaborazione  con  la  giustizia,  spiegavano   i   meccanismi   di funzionamento e  le  regole  organizzative  del  rinnovato  organismo collegiale (v., sul punto,  gli  elementi  sintetizzati  in  seno  al provvedimento di fermo eseguito in data 22 gennaio 2019) ed e'  stato da subito sorprendente notare come tali  meccanismi  siano  risultati perfettamente sovrapponibili ai  precetti  che,  sempre  a  proposito della commissione provinciale, si ritrovarono consacrati per iscritto in un «pizzino» rinvenuto nella disponibilita' di Salvatore e  Sandro Lo Piccolo al momento del loro arresto, effettuato in data 5 novembre 2017.     Ebbene, in tale  allarmante  contesto  criminale,  e'  importante sottolineare come anche i rappresentanti del mandamento di  Passo  di Rigano abbiano attivamente partecipato alla rifondazione del suddetto organismo  collegiale,  chiamato  a  conferire  rinnovato  lustro  ed efficienza operativa alla cosa  nostra  palermitana,  in  particolare tramite la partecipazione del  capo-mandamento  Buscemi  Giovanni  al consesso riunitosi in  data  29  maggio  2018,  nonche'  mediante  le fondamentali attivita'  logistiche  ed  organizzative  assicurate  da Sirchia Giovanni, uomo «d'onore» della famiglia mafiosa di  Passo  di Rigano che, come detto, veniva sottoposto  a  fermo  nell'ambito  del suddetto procedimento  n.  719/2016;  ancora,  e  soprattutto,  giova evidenziare che la riunione  intermandamentale  del  29  maggio  2018 veniva organizzata e svolta proprio  all'interno  del  mandamento  di Passo di Rigano, ed in particolare nella zona  di  Baida,  presso  un immobile allo stato non compiutamente identificato  e  verosimilmente messo a disposizione proprio da  Buscemi  Giovanni  (si  vedano,  sul punto le dichiarazioni rese  dal  nuovo  collaboratore  di  giustizia Colletti Francesco in seno al verbale del 21 dicembre 2018, agli atti del  presente  procedimento).   Peraltro,   proprio   le   richiamate iniziative giudiziarie determinavano una  forte  fibrillazione  anche all'interno del mandamento di Passo  di  Rigano,  nei  cui  confronti proseguivano le investigazioni a largo raggio infine  sfociate  nella presente iniziativa cautelare, nonche' in  quelle  che  separatamente saranno adottate  nei  confronti  di  altri  soggetti  sottoposti  ad indagine nell'ambito del presente procedimento.     L'O.C.C. delinea compiutamente  la  caratura  criminale  di  Zito Simone e Calogero.     Simone Zito ha un rilevante curriculum criminale che  ne  accosta la figura a quella del gruppo mafioso degli  Inzerillo  di  Passo  di Rigano e dei Gambino di New York fin dagli anni '80.     Dal  dicembre  del  1986  si  rendeva  irreperibile  in   seguito all'emissione  dell'ordine  di  cattura  da   parte   Procura   della Repubblica di Palermo per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti.     Nel 1987 la stessa Procura emetteva a suo carico  un  mandato  di cattura, poiche' imputato di associazione per delinquere  finalizzata al traffico di sostanze  stupefacenti  e  infrazioni  alle  norme  in materia valutaria.     Il 25 novembre 1988, una nota dei Carabinieri lo  segnalava  alla Procura della Repubblica di Palermo per l'applicazione  della  misura di prevenzione della sorveglianza speciale di  P.S.  con  divieto  di soggiorno in Sicilia, Sardegna, Calabria e Campania.     Le investigazioni eseguite nell'ambito delle indagini  note  come Iran Tower ne individuavano la certa presenza negli Stati  Uniti  fin dall'aprile del 1988.     Quando venne data esecuzione agli arresti tra la  Sicilia  e  gli Stati Uniti 17 dicembre 1988, a seguito del mandato di  cattura,  per associazione per  delinquere  finalizzata  al  traffico  di  sostanze stupefacenti,  Simone  Zito,  che   era   tra   i   destinatari   del provvedimento restrittivo, era ancora latitante.  In  tale  occasione vennero arrestati  la  moglie  Giuseppa  Enea,  i  fratelli  Stefano, Antonio e Giuseppe Zito, il cugino Benedetto Zito e altri soggetti.     La sua latitanza  terminava  il  24  aprile  1990,  quando  venne catturato a  casa  dei  suoceri,  residenti  a  Torretta,  durante  i festeggiamenti per il suo 28° compleanno.     Condannato nel 1992 alla pena detentiva di 20 anni, a suo  carico non  fu  riconosciuta  l'imputazione  relativa  all'associazione  per delinquere di tipo mafioso. La Corte d'appello diminui' a 17 anni  la pena irrogata nei confronti di Zito che venne scarcerato il 9  maggio 2004 e sottoposto a sorveglianza speciale con  obbligo  di  soggiorno nel Comune di Torretta (cfr, casellario giudiziale).     Il figlio di Zito  Simone,  Calogero  Christian  Zito,  e'  stato destinatario  di   sequestro   di   prevenzione,   poiche'   ritenuto prestanome, con riferimento alla sua partecipazione societaria  nella F.M. Edilizia S.r.l.,  del  pregiudicato  Ignazio  Antonino  Mannino, tratto in arresto con Simone Zito  nell'ambito  dell'operazione  Iran Tower.  Il  Tribunale  ha  disposto  la  restituzione  dei  beni  nei confronti dello Zito, ma cio' che qui rileva e' l'accertata esistenza di cointeressenze  economiche  del  predetto  Zito  con  il  Mannino. Difatti, soci paritari della  F.M.  Edilizia  S.r.l.,  oltre  a  Luca Senapa (sul quale si vedra' oltre), erano  lo  stesso  Zito  Calogero Christian e Pulitano Grazia, moglie del Mannino Ignazio Antonino, nei confronti della quale e' stata disposta la confisca della  sua  quota (cfr. provvedimento  del  Tribunale  di  Palermo  Sezione  misure  di prevenzione del 29 giugno 2017).     Simone e Calogero Christian Zito, fin dalle prime investigazioni, sono risultati gestori di un'attivita' commerciale di ristorazione  e bar negli Stati Uniti, nella  citta'  di  Philadelphia,  nello  stato della Pennsylvania, denominato Dolce & Caffe', all'indirizzo 708 n. 2 street 19123, inaugurato il 6 gennaio 2018.     Agli stessi sarebbe riconducibile l'esercizio commerciale per  la ristorazione denominato Joe's pizza, all'indirizzo 122  Street,  16th Street 19012.     Proprio a tale societa',  era  intestata  l'autovettura  nel  cui bagagliaio, il 15 gennaio  1982,  veniva  rinvenuto  il  cadavere  di Pietro Inzerillo, fratello di Totuccio.     L'esito delle odierne investigazioni ha consentito di  dimostrare la  sussistenza  di  elementi  che  costituiscono  gravi  indizi   di colpevolezza, nei  confronti  di  Zito  Simone  e  di  Zito  Calogero Christian, in ordine alla loro appartenenza a  «cosa  nostra»  e,  in particolare, alla famiglia mafiosa di Torretta.     Nell'ambito della presente indagine, le figure di Simone  Zito  e di Calogero Christian Zito emergevano a partire dal  mese  di  maggio del 2017.     Zito Simone, pertanto,  si  e'  «effettivamente  relazionato  con numerosi soggetti del mandamento di  Passo  di  Rigano  Torretta  nel gestire le  vicende  attinenti  alla  gestione  di  cosa  nostra  nel territorio di Torretta.     Nell'ordinanza viene ancora  osservato  come  Calogero  Christian Zito,   abbia   perseguito,   raggiungendo    peraltro    l'obiettivo prefissatosi, una  delle  finalita'  piu'  tipiche  dell'associazione mafiosa,    infiltrandosi    all'interno    dell'apparato    politico amministrativo del Comune di  Torretta,  al  fine  di  esercitare  un occulto potere di  controllo  sull'intero  Ente,  nella  prospettiva, invero concretizzatasi, di ampliare non soltanto  il  proprio  potere personale,  ma  soprattutto  quello  dell'associazione  mafiosa   nel territorio di Torretta,  incidendo  non  soltanto  sull'elezione  del sindaco e  dei  consiglieri  comunali,  ma  anche  sulla  nomina  del Presidente del Consiglio comunale degli  assessori  e  dei  dirigenti degli  uffici.  Non  puo'  sfuggire,  inoltre,  come  per  portare  a compimento tale strategia, Zito Christian abbia  avuto  l'ausilio  di soggetti pregiudicati, alcuni dei quali vicinissimi ad  esponenti  di spicco di cosa nostra, tra i quali Calogero Badalamenti, Luca  Senapa e Lorenzo Altadonna, ed abbia altresi'  sollecitato  il  padre,  Zito Simone, ad intercedere nei confronti del cognato Benedetto  Enea,  al fine di impedire allo stesso ed al  fratello  di  svolgere  attivita' elettorale in favore della cugina, fino a convincerlo a sostenere  il candidato  Salvatore  Gambino,  cosi  come   dimostrano   le   parole successivamente captate dello stesso Zito Simone (non gliele ho fatte vincere io le elezioni?!).  D'altra  parte,  deve  considerarsi  come l'azione di Zito Calogero Christian non si sia limitata  ad  un  mero sostegno elettorale in favore  del  Gambino  Salvatore,  motivato  da ragioni  di  amicizia  o  dalla  prospettiva  di  ricevere   vantaggi esclusivamente  personali,  ma  si  sia  concretizzata  in  una  piu' generale strategia di controllo totalitario dell'Ente comunale, volta a garantire futuri illeciti vantaggi per il sodalizio  criminoso.  In tal senso sono emblematiche le parole  del  pregiudicato  Badalamenti Calogero rivolte a Zito Simone (se ha perso  lui,  ho  perso  io,  ha perso tuo figlio, hanno perso tutti... abbiamo perso tutti, hai perso tu),  nonche'  le  parole  pronunciate  dallo  stesso  Zito  Calogero Christian, dopo la riconferma del Gambino  alla  carica  di  sindaco, nella telefonata con il socio  Lorenzo  Altadonna  (eh  ...  ora  ... allestiamo ce ne andiamo a lavorare Lore!), alle  quali  seguiva  una inequivocabile affermazione dello stesso Altadonna: «e lo so!».     D'altra parte, che l'avvenuta conquista di un siffatto potere  di condizionamento dei piu' elevati  livelli  dell'apparato  politico  e amministrativo  comunale  costituisca  una  iniziativa  destinata   a rafforzare, e in maniera assolutamente  straordinaria,  il  sodalizio mafioso operante nel territorio di Torretta e' un  fatto  innegabile, allorche' si pensi alla possibilita' per la locale cosca di  incidere a proprio beneficio sulle piu' importanti azioni dell'Amministrazione o, piu' semplicemente, all'acquisizione da parte della medesima cosca di una maggiore capacita' di attrarre  nuovi  adepti  attirati  dalla prospettiva di ottenere lucrosi vantaggi direttamente connessi a tale potere  di  condizionamento  dell'Ente  comunale   da   parte   della consorteria criminale mafiosa.     Dichiara il G.I.P. che, alla luce delle emergenze  acquisite  nei confronti di Calogero Christian Zito, puo' concludersi che sussistono elementi gravemente indizianti con riferimento  al  suo  rapporto  di stabile e organica compenetrazione con il tessuto  organizzativo  del sodalizio mafioso, tale da implicare un rilevante  ruolo  dinamico  e funzionale, in esplicazione del quale lo stesso  ha  preso  parte  al fenomeno associativo,  rimanendo  a  disposizione  dell'ente  per  il perseguimento dei comuni fini criminosi.     Il sindaco  Salvatore  Gambino,  al  secondo  mandato,  e'  stato rieletto a seguito delle elezioni amministrative del 10 giugno 2018.     Il Comune di Torretta e' stato sciolto per infiltrazioni mafiose, con provvedimento del Consiglio dei Ministri  adottato  nel  novembre 2005, allorche' era in carica il sindaco Filippo  Davi.  Al  Davi  e' succeduto il sindaco Vincenzo Guastella e, dopo  la  sindacatura  del predetto,  veniva   eletto   primo   cittadino   Salvatore   Gambino, presentatosi con una lista civica vincente alle elezioni del 9  e  10 giugno 2013.     Il Salvatore Gambino e' coniugato con Francesca Di Maggio, figlia di Salvatore Emanuele Di Maggio.  Lo  stesso  Salvatore  Emanuele  Di Maggio, figlio del mafioso Rosario Di Maggio (nei confronti del quale e' stata riconosciuta l'appartenenza all'associazione  mafiosa  «cosa nostra» ed il ruolo, ricoperto per anni, di capo mandamento di  Passo di Rigano, Uditore e Torretta), e' stato  definitivamente  condannato per il delitto di associazione per delinquere, con sentenza  n.  9/98 Reg. gen. la Corte d'appello di Palermo Sez. 1, che  cosi'  riformava la precedente sentenza di condanna resa dal Tribunale per il  delitto di cui all'art. 416-bis del codice penale.     Nel febbraio 2014,  questa  Prefettura,  anche  in  relazione  ai rapporti di parentela del sindaco con la  famiglia  Di  Maggio,  capo storico della locale famiglia, aveva effettuato un accesso  ispettivo nel Comune di Torretta, al  fine  di  verificare  la  sussistenza  di infiltrazioni mafiose, che  veniva  esitato  con  una  relazione  che orientava  il  Prefetto  a  proporre  la  dissoluzione  degli  organi elettivi. Il  Ministro  dell'interno,  con  proprio  decreto  del  24 ottobre  2014,  non  riteneva  sussistenti  i  presupposti   per   lo scioglimento del Comune, in assenza della necessaria congruenza degli elementi emersi rispetto ai requisiti di  concretezza,  univocita'  e rilevanza, richiesti dall'art. 143, comma 1, del decreto  legislativo n. 267/2000.     L'O.C.C., nel contestare al sindaco il reato di concorso  esterno in associazione mafiosa, per avere favorito  cosa  nostra,  evidenzia fatti  di  grave  compromissione  come  testualmente  di  seguito  si riporta.     L'attivita' d'indagine ha consentito di svelare la figura di Zito Calogero Christian quale regista occulto delle  strategie  elettorali del sindaco Salvatore Gambino,  candidatosi  alle  amministrative  di giugno 2018, per la riconferma alla carica di primo cittadino.     Nel periodo della campagna elettorale per le  amministrative  del giugno 2018, e' emerso un rapporto perfettamente  simbiotico  tra  il sindaco Salvatore Gambino e Calogero Christian Zito, con  riferimento alle scelte relative alle  alleanze,  alle  strategie  politiche,  ai soggetti  da  inserire  in  lista  quali  candidati  alla  carica  di consigliere comunale ed alla nomina degli assessori.     In alcune occasioni, poi, il  Gambino  e'  apparso  anche  essere interlocutore subalterno rispetto al mafioso Zito Calogero Christian, al quale si e' sempre rivolto, nel corso della  campagna  elettorale, chiedendogli spesso consigli e riservati incontri (ho bisogno  di  un venticinque minuti io e tu ... tu e io, io e tu).     Nel corso delle conversazioni intercettate tra Calogero Christian Zito e Salvatore Gambino, dunque, si e' avuto modo di appurare come i due discutessero della composizione delle  liste,  della  nomina  dei futuri  assessori,  delle  strategie  politiche  e  delle   alleanze, fissando anche appuntamenti al fine di affrontare di presenza di tali aspetti.     Zito Calogero Christian ha finanche indicato al Gambino  soggetti da inserire in  lista,  come  nel  caso  di  Rosaria  Pipitone,  oggi consigliere comunale di Torretta, proponendo  anche  l'organizzazione di occasioni conviviali quali  luoghi  in  cui  definire  alleanze  o comunque strategie elettorali, come nel caso  del  «pranzo»  o  della «cena» da organizzare con il suocero del Gambino, Salvatore  Emanuele Di Maggio,  nonche'  con  Giuseppe  Scatassa,  gia'  assessore  nella precedente giunta ed oggi vice sindaco.     Zito  Calogero  Christian,  inoltre,  nel  corso  della  campagna elettorale ha anche dato prova di potersi  comportare  quale  vero  e proprio alter ego del  Gambino.  A  tal  proposito  e'  assolutamente dimostrativa  della  fondatezza  della  precedente  affermazione   la conversazione del 9 maggio 2018 (126), che, invero, conferma anche il ruolo di soggetto subalterno del Gambino rispetto a quello di Zito.     Nel corso di  tale  dialogo,  difatti,  Calogero  Christian  Zito riferiva in merito ai suoi contatti con tale Toto',  al  quale  aveva garantito l'appoggio per garantire la nomina alla carica di Assessore di un terzo soggetto. Ebbene, in questo caso, pur essendosi mosso  in totale autonomia, l'operato di Zito trovava il piena condivisione  di Salvatore Gambino, il  quale  si  lasciava  istruire  finanche  sulle modalita'  con  cui  avrebbe  dovuto  rivolgersi  al  soggetto   gia' incontrato da Zito.     Deve, poi,  osservarsi  come  il  Gambino,  oltre  a  dimostrarsi totalmente accondiscendente,  durante  la  campagna  elettorale,  nei confronti del mafioso  Zito  Calogero  Christian,  abbia  beneficiato altresi' del sostegno elettorale di quest'ultimo, del di  lui  padre, ossia del  mafioso  Zito  Simone  (altro  elemento  di  spicco  della famiglia mafiosa di Torretta, nella specie, sceso in  campo  dopo  la sollecitazione  del  figlio  Calogero  Christian,   cosi'   come   e' dimostrato dalla telefonata nel corso  della  quale  lo  stesso  Zito Simone richiedeva espressamente ad Enea Benedetto di astenersi  dallo svolgere attivita' elettorale in favore della cugina,  nonche'  dalle parole  dello  stesso  pronunciate  nel  corso  di   una   successiva telefonata [non gliele ho fatte vincere io le elezioni?!]), oltre che del  sostegno  di  altri  soggetti,  fra  i  quali   pregiudicati   e vicinissimi ad esponenti di  spicco  di  cosa  nostra,  tra  i  quali Calogero Badalamenti, Luca Senapa e Lorenzo Altadonna.     Che tale appoggio elettorale al Gambino sia  stato  garantito  in forza della sua promessa di  favorire  la  locale  cosca  mafiosa  di appartenenza di Zito Calogero Christian e di Zito Simone  nei  futuri rapporti con l'Amministrazione,  d'altra  parte,  e'  dimostrato,  in primo  luogo  dalla  conversazione  (127)  dell'11  giugno  2018  tra Calogero Christian Zito e Lorenzo Altadonna (Zito Calogero Christian: eh ... ora ... allestiamo ce ne  andiamo  a  lavorare  Lore!  Lorenzo Altadonna: e lo so!), nonche' da quella intercorsa tra Zito Simone ed il pregiudicato Calogero Badalamenti (128)  («se  ha  perso  lui,  ho perso io, ha perso tuo  figlio,  hanno  perso  tutti...abbiamo  perso tutti, hai perso tu hai perso pure tu»).     Sul  punto,  poi,  appare  sufficiente  un  mero  richiamo   agli ulteriori elementi compendiati nella nota da ultimo depositata  dalla polizia giudiziaria, in data 25 giugno 2019, dei quali  si  e'  detto nell'ultima  parte  del   precedente   paragrafo,   con   particolare riferimento all'assunzione di Scalici  Calogero  e  della  figlia  di Badalamenti, nonche' agli stretti rapporti tra il Gambino Salvatore e Zito Simone ( ... stasera ha bisogno di te... speriamo il Signore per lui... ) ed alla attribuzione di ingiusti vantaggi da parte del primo in favore del secondo (si prende l'impegno per uscirmi una cosa dalla soprintendenza).     Ma, nel caso di specie, vi e'  molto  di  piu'  di  un  patto  di scambio elettorale tra il Gambino, da  una  parte,  e  Zito  Calogero Christian, Zito Simone e gli altri soggetti  gia'  sopra  menzionati, dall'altra,  peraltro,  gia'  astrattamente  idoneo  di  per  se'  ad integrare il delitto contestato al Gambino Salvatore (cfr. Cass. pen. Sez.  I  ord.,  4  febbraio  2005,  n.  11613   [rv.   231630]:   «E' configurabile il concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa tutte le volte in cui  il  contributo  dell'extraneus  sia  concreto, specifico,  consapevole  e  volontario.  Tale  contributo  ben   puo' connettersi ad un accordo  di  scambio  con  il  quale  un  esponente politico si impegni - verso la promessa di voti in sede  di  elezioni amministrative  -  a  favorire  il  sodalizio  criminoso  nei  futuri rapporti con l'Amministrazione, sicche'  la  condotta  offensiva  del bene giuridico tutelato viene integrata dallo scambio  sinallagmatico tra le due promesse (appoggio  elettorale  e  agevolazione  da  parte dell'ente),  restando  irrilevante  la   mancata   esecuzione   delle promesse)».     Invero, le intercettazioni delle  conversazioni  intrattenute  da Zito Calogero Christian dopo l'avventa elezione del Gambino, ma anche quelle tenute da Zito Simone, dimostrano il totale  asservimento  del sindaco Gambino Giuseppe  alle  volonta'  dei  suddetti  mafiosi  (si vedano al tal riguardo le intercettazioni relative alla assunzione di Scalici Calogero, al pagamento del credito vantato da Enea Benedetto, nonche'  all'interessamento  per  «la  cosa  alla   sovrintendenza»), nonche' l'esistenza di una allarmante  situazione  che  ha  visto  il predetto Zito Calogero Christian quale soggetto dotato del potere  di dare indicazioni in merito alla scelta del Presidente  del  Consiglio comunale, degli assessori e dei dirigenti degli uffici e, dunque,  di determinare  in  maniera   assai   incisiva   l'azione   politica   e amministrativa dell'Ente comunale e del primo cittadino.     Quanto agli effetti della condotta del Gambino,  puo'  senz'altro dirsi  che  l'avvenuta   conquista   di   un   siffatto   potere   di condizionamento dei piu' elevati  livelli  dell'apparato  politico  e amministrativo del Comune  di  Torretta  costituisca  una  situazione sicuramente  destinata  a  rafforzare,  e  in  maniera  assolutamente straordinaria, il locale sodalizio mafioso.     Si pensi soltanto alla possibilita' per la locale  cosca  mafiosa di  incidere  a  proprio  beneficio  sulle  piu'  importanti   azioni dell'Amministrazione o, piu' semplicemente, all'acquisizione da parte della medesima cosca di una  maggiore  capacita'  di  attrarre  nuovi adepti  attirati  dalla  prospettiva  di  ottenere  lucrosi  vantaggi direttamente connessi a  tale  potere  di  condizionamento  dell'Ente comunale.     Tale  inquietante  situazione,  in  effetti,  non  puo'   trovare giustificazione nella volonta'  del  Gambino  di  avvantaggiare,  per ragioni di amicizia o di  riconoscenza  per  il  sostegno  elettorale ricevuto,  esclusivamente  Zito   Calogero   Christian,   bensi'   e' all'evidenza  indicativa  dell'avvenuto  adempimento  da  parte   del Gambino degli accordi gia' raggiunti in campagna elettorale con  Zito Calogero Christian quale emissario della locale cosca mafiosa.     A tale riguardo, appare il caso di ricordare come  Zito  Calogero Christian,  parlando  con  il  Di  Maggio,  affrontava  la  questione concernente l'individuazione del Di Mino quale soggetto  da  porre  a capo dell'Ufficio tecnico dopo il pensionamento di Bordonaro  (se  lo incontri, cosi' lui si  deve  prendere  l'impegno  con  noialtri  ... perche' noi, qualsiasi cosa abbiamo di bisogno,  lui  la  deve  fare! Intanto!).     In  effetti,  ove  il   Gambino   avesse   semplicemente   voluto contraccambiare il solo Zito per l'impegno dallo stesso profuso nella campagna elettorale, avrebbe, di certo, potuto limitarsi a fornire la propria disponibilita' a soddisfare singole  richieste  da  parte  di quest'ultimo e non gia' concedergli la facolta' di esprimere finanche le proprie preferenze in ordine  alla  elezione  del  Presidente  del Consiglio Comunale ed alla nomina dei componenti della Giunta  e  dei dirigenti degli uffici comunali.     D'altra parte che il Gambino  si  sia  rivolto  a  Zito  Calogero Christian in ragione della sua caratura criminale e non gia'  perche' uomo politicamente attrezzato e' emerso sin dalle prime conversazioni captate nel corso della campagna elettorale, allorche' lo stesso Zito ha dato prova di non conoscere nemmeno la prevista facolta'  per  gli elettori di esprimere  la  loro  preferenza  mediante  il  c.d.  voto disgiunto e le connesse eventuali  implicazioni  (Gambino  Salvatore: no, assolutamente no. Ma io di qua al dieci  giugno  non  lo  so  che succede e  con  un  candidato  dentro  puo'  succedere  di  tutto  al contrario, capisci? E quindi ... Zito Calogero: cioe', e che danno ti puo' fare il candidato dentro scusami?  Ti  fa  fare  brutta  figura? Gambino Salvatore: i voti disgiunti compa'  Zito  Calogero:  si  puo' fare, tu dici?).     Tutto cio' premesso, il giudice dichiara che alla luce poi  degli accertamenti sulla cerchia familiare del suddetto Gambino e  del  suo simbiotico  rapporto  con  Zito  Calogero  Christian  appare  doversi indubbiamente  escludere  che   il   suddetto   Gambino   non   fosse perfettamente consapevole della caratura mafiosa di Zito e della  sua funzione di emissario della locale famiglia mafiosa.     E sostiene ancora il Giudice che alla  luce  di  quanto  precede, pertanto, appare non potersi dubitare  circa  la  sussistenza  di  un grave quadro indiziario a carico di Gambino Salvatore, in  ordine  al reato contestatogli.     L'organico esame  delle  prove  raccolte,  difatti,  consente  di affermare che lo stesso non si e' esclusivamente limitato a stringere un accordo diretto ad ottenere sostegno elettorale  in  cambio  della propria  disponibilita'  a  soddisfare,  in  caso  di  vittoria,  gli interessi della consorteria criminale  -  condotta  che,  come  sopra ricordato, gia' di per se' e' astrattamente idonea  ad  integrare  il concorso eventuale nel reato associativo - ma si e' posto quale  vero e proprio punto di riferimento della locale consorteria mafiosa e suo referente  politico,  consentendo  alla  medesima   cosca   di   dare indicazioni con riguardo alla elezione del Presidente  del  Consiglio comunale ed alla nomina dei componenti della Giunta e  dei  dirigenti degli  uffici  e  dunque  di   determinare   l'azione   politica   ed amministrativa dell'Ente  comunale,  nonche'  garantendo  il  proprio appoggio al fine di far conseguire  vantaggi  ingiusti  ai  partecipi dell'associazione ed a soggetti alla stessa contigui, come  nel  caso delle assunzioni in favore di Scalici Calogero  e  della  figlia  del Badalamenti, del richiesto pagamento del credito in  favore  di  Enea Benedetto e della attribuzione di ingiusti vantaggi in favore di Zito Simone  (si   prende   l'impegno   per   uscirmi   una   cosa   dalla soprintendenza).     Da quanto sopra esposto emerge  un  grave  quadro  indiziario  in ordine al delitto contestato. A tale proposito il  GIP  scrive  «come evidenziato dalla P.G.,  Gambino  Salvatore  vanta  parentele  ed  e' inserito in un qualificato contesto di mafia. Cio' non avrebbe di per se' rilievo penale, ma il dato, inserito e letto nel compendio  delle emergenze  investigative  che  lo  riguardano,  indubbiamente  incide sull'elemento  psicologico  del  delitto   oggetto   di   imputazione provvisori. Il Gambino, puo' qui dedursi, ma la deduzione  e'  basata sulle oggettive emergenze istruttorie, non puo' non sapere chi sono e chi rappresentano i suoi sostenitori ed interlocutori  nel  frangente delle elezioni e successivamente.     Le condotte che verranno evidenziate sono  poste  in  essere  dal Gambino, dunque, nella piena consapevolezza della caratura  criminale dei soggetti con i quali opera  in  piena  sintonica  dipendenza,  ai quali  sa  bene  di  dovere  rendere   il   conto   in   termini   di assoggettamento del suo mandato ai loro  interessi.  Il  rapporto  di vera e propria dipendenza tra il sindaco Gambino e  il  volto  pulito della famiglia mafiosa di Torretta, Calogero Christian Zito  si  pone all'attenzione degli inquirenti nel corso della  campagna  elettorale per il rinnovo delle cariche amministrative del Comune  di  Torretta. Del maggio 2018. Nel corso delle stesse  la  gestione,  o  meglio  la direzione occulta da parte dello Zito e della associazione si  coglie a piene mani nelle conversazioni oggetto di  captazione  in  capo  al predetto Zito. In particolare nella conversazione del 3  maggio  2018 delle ore 19,58 trascritta a pagina 140 il sindaco Gambino  in  piena attivita' di raccolta dei consensi  manifesta  a  Calogero  Christian Zito il bisogno di parlare con lui  a  quattr'occhi  per  sottoporgli alcune questioni e condividere alcune sue riflessioni: «Ho bisogno 25 minuti ...  io  e  tu  ...  tu  ed  io».  Nella  conversazione  sopra trascritta e contenuta a pagina 144 della richiesta cautelare  e'  di palmare evidenza la fattiva  partecipazione  del  Calogero  Christian Zito in termini di vera direzione nella formazione delle liste  degli assessori futuri e dei candidati al  Consiglio  comunale.  Sempre  le intercettazioni confermano che Zito coinvolge nella raccolta di  voti il padre Zito Simone, ed  ancora  Altadonna  Lorenzo,  soggetto  gia' colpito da misura cautelare per il delitto di associazione mafiosa  e da misura di prevenzione ormai definitiva. Che Gambino sia  informato del coinvolgimento di questo soggetto e' confermato dal fatto  che  i tre si incontrano a Palermo al fine di cui sopra. E va segnalato come lo  Zito  controlla  il  Gambino   a   che   mantenga   gli   impegni preelettorali, come appunto quello con Altadonna.     Che i contatti  e  le  richieste  intessute  dallo  Zito  abbiano sortito effetto positivo determinando la riconferma del sindaco si ha conferma nelle  seguenti  conversazioni  telefoniche  trascritte.  E' altamente significativa della finalita' delle condotte dello Zito  la conversazione trascritta a  pagina  152  della  richiesta  cautelare, laddove, parlando con Altadonna  Lorenzo,  evidentemente  soddisfatto dei risultati elettorali  lo  Zito,  soddisfatto,  significativamente dice all'Altadonna che ora possono andarsene  a  lavorare.  A  questo punto, va detto, che il lavoro a  cui  entrambi  possono  serenamente porre mano, di cui lo stesso Zito e' certo e' relativo  ad  attivita' edilizia. Infatti Zito parlando con il padre Simone fa riferimento ai lavori di Altadonna ed ai quali egli appare direttamente interessato.     Univoco  e  sorprendentemente  chiaro  valore  indiziante   della sussistenza del delitto contestato al Gambino  lo  si  ritrova  nella trascrizione  della  conversazione  tra  i   coindagati   Badalamenti Calogero Emanuele e Zito Simone. E' il  primo  che  parlando  con  il secondo della eventualita'  di  una  perdita  da  parte  del  Gambino Salvatore, significativamente afferma: «Se ha perso lui ho perso  io, ha perso tuo figlio, abbiamo perso tutti! ossia:  simul  stabunt  vel simul cadent.     L'uso del noi non puo' - attese  tutte  le  considerazioni  sopra esposte e lo spessore criminale dei due interlocutori e  i  risultati delle indagini - non puo' che essere riferito alla  famiglia  mafiosa di Cosa Nostra operante a Torretta... E' del  resto  lo  stesso  Zito Simone che nella  conversazione  telefonica  dell'8  settembre  2018, trascritta a pagina 159 della richiesta cautelare,  dichiara  al  suo interlocutore sodale di avergliele fatte vincere lui le  elezioni  al Gambino. E dalle investigazioni risulta  che  lo  Zito  Simone  abbia chiesto e si sia speso per quest'ultimo.     Il ritorno per la famiglia di Torretta e' subito rilevabile nelle conversazioni che seguono tra Calogero Christian  Zito  e  Di  Maggio Francesco. In esse e' Calogero  Christian  che  decide  direttamente, personalmente e senza vincolo alcuno rispetto  al  sindaco,  le  piu' importanti cariche degli uffici comunali. Tra queste quella del  capo dell'Ufficio tecnico del Comune di Torretta che viene individuato  in relazione agli interessi della  famiglia  stessa  come  soggetto  che avrebbe dovuto mettersi e si sarebbe messo certamente a  disposizione ... Lui si deve prendere l'impegno con noialtri perche' noi qualsiasi cosa abbiamo di bisogno, lui la deve fare «Anche il  soggetto  giusto per la presidenza del  Consiglio  comunale,  individuato  dai  sodali avrebbe dovuto impegnarsi per qualsiasi cosa.  Le  conversazioni  non lasciano spazio a dubbi interpretativi ed  il  noi  sempre  adoperato dallo Zito e dal suo coindagato sodale non puo' che fare capo  a  che ha determinato la vittoria del sindaco.     Dichiara pertanto il G.I.P. che il sindaco, dunque,  con  la  sua abdicazione consapevole dalla sua carica  rappresentativa  in  favore della Cosa Nostra sul territorio, confermata e concretizzatasi subito dopo le  elezioni  con  la  delega  in  termini  fattuali  delle  sue prerogative  alla  associazione  de  qua,  ovviamente  non  puo'  che considerarsi asservito ai voleri della famiglia. Funzione di questa e dei suoi interessi, espressione nella vita amministrativa  del  paese del gruppo criminale dominante sul territorio.     E infine cosi' conclude il GIP: Questo, plasticamente dato  dagli esiti delle conversazioni, che peraltro  non  lo  vedono  mai  attore delle sue sorti politiche amministrative del paese, integra a  parere di questo Ufficio il quadro grave e plurimo richiesto  dall'art.  273 del codice di procedura penale in  ordine  al  delitto  ascritto  dal pubblico ministero in capo al Gambino  Salvatore,  per  la  emissione della misura cautelare richiesta.   Conclusioni. 
     Tutto cio' premesso, si prende atto che dalle le  gravi  evidenze giudiziarie emerge che la famiglia mafiosa di Torretta  inserita  nel mandamento  di  Passo  di  Rigano/Uditore/Torretta,  ha   determinato l'elezione a sindaco del Gambino Salvatore, attivamente  partecipando alla  sua  campagna  elettorale  con   l'obiettivo   di   infiltrarsi all'interno  dell'apparato  politico  amministrativo  del  Comune  di Torretta, al fine  di  esercitare  un  occulto  potere  di  controllo sull'intero  Ente,  nella  prospettiva,  invero  concretizzatasi,  di ampliare non soltanto il proprio  potere  personale,  ma  soprattutto quello dell'associazione mafiosa nel territorio di Torretta incidendo non soltanto sull'elezione del sindaco e dei consiglieri comunali, ma anche sulla nomina  del  presidente  del  Consiglio  comunale,  degli Assessori e dei dirigenti degli uffici e operando per la  ricerca  di voti al punto tale da impedire  che  altri  potessero  ricevere  voti dalla stessa famiglia.     Il Comitato, riunitosi in data 18 luglio  u.s.  al  tavolo  della Prefettura, ha ribadito che sussistono gli  elementi  comprovanti  la condizionabilita' mafiosa del Comune di Torretta, tenuto conto  delle pesanti conclusioni della Procura della  Repubblica  DDA,  confermate dal GIP, che attestano la grave compromissione  del  sindaco  Gambino rispetto alla locale famiglia mafiosa,  consentendo  alla  stessa  di interferire e condizionare la vita politico amministrativa dell'Ente.     Pertanto, la scrivente, alla luce  di  quanto  sopra  rassegnato, ritiene che sussistano concreti, univoci e rilevanti elementi, di cui all'art.  143,  comma  1,  del  decreto  legislativo   n.   267/2000, comprovanti la presenza certa di forme di  condizionamento  da  parte della criminalita' organizzata, che hanno determinato  un'alterazione del procedimento di formazione della volonta' degli organi elettivi e compromesso il buon andamento e l'imparzialita'  dell'Amministrazione comunale di Torretta. 
                                                  Il Prefetto: De Miro     |  
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   La commissione straordinaria per la  gestione  dell'ente  esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari  a  norma  di  legge,  le attribuzioni spettanti al  consiglio  comunale,  alla  giunta  ed  al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle  medesime cariche. 
     Dato a Roma, addi' 8 agosto 2019 
                              MATTARELLA 
                                 Conte, Presidente del  Consiglio  dei                                ministri 
                                 Salvini, Ministro dell'interno 
  Registrato alla Corte dei conti il 13 agosto 2019  Interno, foglio n. 1913     |  
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