Gazzetta n. 30 del 5 febbraio 2013 (vai al sommario)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 26 ottobre 2012
Indirizzi per lo svolgimento delle attivita' propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e per la predisposizione delle ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modifiche ed integrazioni, alla luce del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100.


IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Vista la legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modifiche ed integrazioni;
Visto l'art. 5, comma 2, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, che prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri coordini e promuova l'attivita' dei Ministri in ordine agli atti che riguardano la politica generale del Governo;
Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, che attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri la titolarita' delle politiche di protezione civile ed il coordinamento delle Amministrazioni pubbliche preposte al Servizio nazionale di protezione civile;
Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004 recante «Indirizzi in materia di protezione civile in relazione all'attivita' contrattuale riguardante gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comunitario»;
Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 luglio 2010 recante «Indirizzi per lo svolgimento delle attivita' propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225»;
Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 marzo 2011 recante «Indirizzi per lo svolgimento delle attivita' propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1, e per la predisposizione ed attuazione delle ordinanze di cui all'art. 5, commi 2 e 3 della legge 24 febbraio 1992, n. 225»;
Visto il decreto-legge 15 luglio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, recante «Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile»;
Considerato che si rende necessario delineare ulteriormente il quadro conoscitivo di riferimento per l'adozione delle dichiarazioni dello stato di emergenza e delle ordinanze di protezione civile al fine di rendere maggiormente proficuo, anche sotto il profilo del migliore perseguimento delle complessive politiche di protezione civile, l'operato del Servizio nazionale di protezione civile;
Ritenuto che per esigenze di razionalizzazione e semplificazione, la presente direttiva assorbe le precedenti direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri, aventi il medesimo oggetto, del 27 luglio 2010 e del 14 marzo 2011;
Tutto quanto premesso e considerato;

Emana
la seguente direttiva:
Premessa.
Il Servizio nazionale di protezione civile e' disciplinato dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225.
La legge in questione e' stata modificata, in particolare negli articoli 2 e 5, dal decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100.
Il novellato art. 2, comma 1, lettera c), delimita l'attivazione del Servizio nazionale specificando che la deliberazione dello stato di emergenza interviene solo in presenza di eventi definiti quali «calamita' naturali o connesse con l'attivita' dell'uomo che in ragione della loro intensita' ed estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo».
Lo stato di emergenza viene pertanto dichiarato quando una determinata situazione richieda l'adozione di misure che trascendono le capacita' operative e finanziarie degli enti competenti in via ordinaria, anche avuto riguardo alla cronicita' del problema portato all'attenzione governativa e alla persistenza di criticita' che non siano state risolte nell'immediatezza e la cui straordinarieta' si e' andata apprezzando in una fase successiva.
Cio' anche in considerazione della circostanza per cui un fenomeno negativo persistente e non adeguatamente fronteggiato con i poteri previsti in via ordinaria dall'ordinamento puo', per l'indifferibile urgenza del provvedere, dare luogo alla delibera dello stato di emergenza.
La necessita' dell'impiego di poteri e misure straordinarie, nell'immediatezza, e' valutata considerando non solo il momento del concreto verificarsi dell'evento ma anche l'urgenza dell'intervento rispetto alla salvaguardia della vita, dei beni e degli interessi tutelati dalla legge n. 225/1992 anche in relazione all'esigenza imperativa di assicurare il pieno raggiungimento di un risultato di interesse nazionale che non potrebbe essere altrimenti ottenuto.
In seguito alla novella legislativa, l'art. 5, comma 1 stabilisce che il Consiglio dei Ministri deliberi lo stato di emergenza al ricorrere dei presupposti di cui all'art. 2, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza.
La deliberazione dello stato di emergenza, la cui durata non puo', di regola, oltrepassare i novanta giorni, prorogabili per altri sessanta, deve contenere anche l'indicazione dell'Amministrazione pubblica competente in via ordinaria al coordinamento degli interventi alla scadenza dello stato di emergenza.
L'art. 5, comma 2, prevede che le ordinanze siano emanate nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente: da cio' si desume che all'atto della deliberazione di stato di emergenza il Consiglio dei Ministri definisca l'ammontare delle risorse disponibili da destinare all'evento calamitoso in questione, unitamente all'ordine prioritario degli interventi da effettuare.
Per l'attuazione degli interventi si provvede anche a mezzo di ordinanze derogatorie emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, nel rispetto dei limiti e dei criteri fissati dalla delibera del Consiglio dei Ministri dello stato di emergenza e nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Il decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, ha innovato il contenuto delle ordinanze, novellando l'art. 5, comma 2, e precisato che esse possono disporre esclusivamente in merito agli interventi di organizzazione ed effettuazione dei servizi di soccorso ed assistenza alla popolazione, alla messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati e dei beni culturali gravemente danneggiati o che costituiscono minaccia per la pubblica e privata incolumita', nonche' al ripristino delle infrastrutture e delle reti indispensabili per la continuita' delle attivita' economiche e produttive e per la ripresa delle normali condizioni di vita, e agli interventi volti ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose.
E' stato inoltre modificato il regime per la copertura finanziaria degli interventi di emergenza. Ai sensi dell'art. 5, comma 5-quater, la Regione in seguito alla delibera del Consiglio dei Ministri ha la facolta' di elevare la misura dell'imposta regionale di cui all'art. 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398. Inoltre, per quanto riguarda il livello statuale, il successivo comma 5-quinquies prevede che si provveda con risorse a carico del Fondo nazionale di protezione civile come determinato annualmente dalla legge di bilancio. Nel caso in cui, altresi', vengano prelevate le risorse dal Fondo di cui all'art. 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, si provvedera' alla successiva reintegrazione totale o parziale, secondo le modalita' disciplinate dalla citata disposizione.
La novella legislativa intervenuta ha inciso anche sull'art. 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, introducendo disposizioni inerenti la possibilita', con legge, di escludere dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilita' interno le spese sostenute da parte dei comuni e delle provincie per la realizzazione degli interventi conseguenti ad eventi calamitosi per i quali sia intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza. In considerazione di quanto prescritto dal novellato art. 2, comma 1, lettera c), la disposizione va intesa nel senso che l'ottenimento dell'accesso alla deroga al patto di stabilita' non rientra tra i presupposti da valutare per la dichiarazione dello stato di emergenza, ma costituisce un effetto di quest'ultima. Le deliberazioni dello stato di emergenza. 1. Richiesta della dichiarazione dello stato di emergenza.
Allo scopo di meglio orientare le valutazioni del Consiglio dei Ministri in ordine alla necessita' di deliberare lo stato di emergenza, ferma restando la necessita' dell'acquisizione dell'intesa regionale sulla delibera e sulla revoca dello stato di emergenza, e' necessario che le Amministrazioni regionali forniscano tutti gli elementi di fatto idonei a consentire al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella sua qualita' di soggetto istituzionale di cui si avvale il Presidente del Consiglio dei Ministri per il perseguimento delle finalita' di protezione civile, di effettuare ogni doverosa valutazione tecnico-amministrativa idonea a delineare compiutamente per l'organo politico il quadro conoscitivo di riferimento.
Il Consiglio dei Ministri valuta, infatti, di caso in caso, sulla base dell'istruttoria svolta dal Dipartimento della protezione civile, se ricorrano o meno i presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza.
Pertanto, a corredo della istanza di dichiarazione dello stato di emergenza le Amministrazioni regionali devono far pervenire, con la tempestivita' richiesta dal caso concreto, le informazioni necessarie per la verifica dei presupposti, ed in particolare l'indicazione dalla quale emergano, con l'analiticita' consentita dalla situazione contingente, tutti gli elementi di fatto utili per le valutazioni sottese alla dichiarazione dello stato di emergenza.
Dalle informazioni in ordine alla situazione fattuale di riferimento debbono, in particolare, evincersi da un lato l'impatto della situazione d'emergenza riguardo alla collettivita', all'ambiente, alla normale convivenza sociale ed all'assetto economico di un determinato territorio, e dall'altro lato le difficolta' delle Amministrazioni ordinariamente competenti a farvi fronte.
Si devono inoltre evidenziare i motivi che hanno indotto a ritenere che non sussista la possibilita' di superare l'emergenza anche mediante mezzi e poteri «ordinari» contemplati dal vigente assetto normativo per consentire interventi efficaci e tempestivi in situazioni eccezionali: nella relazione della Regione debbono quindi essere illustrati il ricorrere dei requisiti di particolare intensita' ed estensione della calamita' e le misure eventualmente adottate per farvi fronte, con particolare riferimento alle risorse umane, strumentali e finanziarie impiegate a valere sul proprio bilancio nonche' quelle ulteriormente necessarie per fronteggiare l'evento.
In tale contesto assumono particolare rilevanza le indicazioni in merito alle diverse attivita' da intraprendere per fronteggiare l'evento in atto, ed alla quantificazione in termini finanziari delle risorse necessarie a tal fine, con, ove possibile, una indicazione, quanto meno di massima, delle voci dei costi per ciascun intervento.
Da ultimo, visto il disposto del comma 1, dell'art. 5, la richiesta della dichiarazione dello stato di emergenza deve contenere l'indicazione dell'Amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi conseguenti all'evento successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza.
Alla luce di tali considerazioni, fatto salvo quanto previsto dall'art. 3 del decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, in relazione a situazioni emergenziali eccezionali da valutarsi in relazione al grave rischio di compromissione dell'integrita' della vita, ogni nuova richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, deve essere quindi accompagnata da una relazione che illustri in modo, il piu' possibile puntuale, il ricorrere dei predetti elementi di valutazione. 2. Istruttoria del Dipartimento della protezione civile.
Detti elementi si rendono necessari per portare a conclusione l'istruttoria tecnico-amministrativa che il Dipartimento della protezione civile effettua anche mediante l'invio, in loco, di propri tecnici per le valutazioni tecnico operative.
All'esito di detta istruttoria il medesimo Dipartimento formula al Presidente del Consiglio dei Ministri la propria proposta in merito alla dichiarazione dello stato di emergenza, fornendo in particolare una descrizione dell'evento, gli esiti degli eventuali sopralluoghi effettuati e un'analisi complessiva degli elementi prospettati dalla Regione nella sua richiesta, nonche' l'individuazione delle priorita' inerenti agli interventi da realizzare.
L'istruttoria del Dipartimento della protezione civile deve essere idonea a consentire al Consiglio dei Ministri di effettuare le valutazioni di propria competenza e, in particolare, in caso di declaratoria dello stato di emergenza, la determinazione della durata e della estensione territoriale in stretto riferimento alla qualita' ed alla natura degli eventi, l'indicazione delle modalita' di esercizio del potere di ordinanza, con le priorita' degli interventi da porre in essere e le risorse finanziarie destinate a fronteggiare l'evento calamitoso, nonche' le somme eventualmente provenienti dalle Amministrazioni territoriali competenti. Le ordinanze di protezione civile.
Ai fini della adozione delle ordinanze di protezione civile derogatorie dell'ordinamento giuridico vigente, ai sensi del novellato art. 5, le Regioni devono inviare al Dipartimento della protezione civile una dettagliata e documentata relazione in ordine agli interventi ed alle misure che si intendono porre in essere, tenuto conto di quanto deliberato dal Consiglio dei Ministri sia per le misure immediatamente attivabili, sia per il relativo ordine di priorita', nonche' in funzione delle risorse finanziarie rese disponibili.
Detta relazione, altresi', deve contenere un dettagliato programma, la quantificazione delle relative risorse finanziarie necessarie, la messa a disposizione di eventuali risorse diverse rispetto a quelle direttamente provenienti dal bilancio dello Stato, le risorse umane necessarie per fronteggiare l'evento, le norme dell'ordinamento giuridico di cui si propone eventualmente la deroga con le connesse motivazioni, l'ambito territoriale di riferimento che, in ogni caso, non potra' essere di estensione maggiore rispetto a quello oggetto della deliberazione di stato di emergenza, evidenziando anche gli ambiti territoriali incisi dall'evento, gli interventi urgenti attuati nella fase della prima emergenza e i costi sostenuti, le misure che si intendono adottare per il superamento dell'emergenza.
Il concerto sugli aspetti finanziari, ai sensi dell'art. 5, comma 2-bis, della legge n. 225 del 1992, viene espresso dal Ministero dell'economia e delle finanze per le ordinanze emanate successivamente al trentesimo giorno dalla deliberazione dello stato di emergenza.
Qualora l'espressione del concerto investa singole disposizioni che abbiano la loro autonoma operativita', si potra' dar corso, per la bollinatura, ad una nuova ordinanza contenente le sole disposizioni su cui sia stato reso il concerto. I commissari delegati.
L'art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992 consente al Capo del Dipartimento della protezione civile di avvalersi di commissari delegati per lo svolgimento delle attivita' previste dalle ordinanze di protezione civile con provvedimento che specifichi il contenuto dell'incarico, i tempi e le modalita' del suo esercizio.
L'incarico in questione e' conferito sulla base di un rapporto fiduciario che, sebbene collochi la posizione del commissario delegato in una situazione di indipendenza gestionale ed organizzativa rispetto al delegante impone, tuttavia, al delegato di esercitare esclusivamente le attribuzioni conferite mediante le ordinanze di protezione civile e nei limiti dalle stesse previsti, anche per quanto attiene al plesso ordinamentale di cui e' eventualmente autorizzata la deroga.
Ai sensi dell'art. 15, comma 3, del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, e' escluso il ricorso alla giurisdizione arbitrale nell'attivita' del commissario delegato.
Il commissario delegato e' tenuto a rendicontare - ai sensi dell'art. 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992 - entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio ed al termine della gestione o del suo incarico, tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato, indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa.
I rendiconti, corredati della documentazione giustificativa, nonche' degli eventuali rilievi sollevati dalla Corte dei conti, sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ragionerie territoriali competenti, all'Ufficio del bilancio per il riscontro di regolarita' amministrativa e contabile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonche', per conoscenza, al Dipartimento della protezione civile, alle competenti Commissioni parlamentari e al Ministero dell'interno.
Tali adempimenti saranno valutati anche ai fini dell'attivita' ispettiva prevista dall'art. 20 della legge n. 225 del 1992 e disciplinata con decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 1993, n. 51, ferma restando la necessita' che il Commissario delegato invii al Capo del Dipartimento della protezione civile una relazione illustrativa dell'attivita' svolta.
E' d'obbligo evidenziare che l'art. 2, comma 2-octies, del decreto-legge n. 225 del 2010 ha esteso ai funzionari e commissari delegati del Governo, comunque denominati, l'applicazione dei tempi e delle modalita' di rendicontazione di cui all'art. 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992: in tali casi i rendiconti devono essere trasmessi all'Ufficio centrale del bilancio presso il Ministero dell'economia e delle finanze per il controllo e per il successivo inoltro alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei conti.
L'art. 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992, come modificato dal decreto-legge n. 225 del 2010, non consente di effettuare girofondi tra contabilita' speciali.
Infine, l'art. 2, comma 2-sexies, del decreto-legge n. 225 del 2010, nell'integrare l'art. 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, prevede la sottoposizione dei provvedimenti adottati dai Commissari delegati in attuazione delle ordinanze emanate ai sensi dell'art. 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, al controllo preventivo di legittimita' della Corte dei conti.
La presente direttiva assorbe la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 luglio 2010 recante «Indirizzi per lo svolgimento delle attivita' propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225» e la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 marzo 2011 recante «Indirizzi per lo svolgimento delle attivita' propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1, e per la predisposizione ed attuazione delle ordinanze di cui all'art. 5, commi 2 e 3, della legge 24 febbraio 1992, n. 225».
Roma, 26 ottobre 2012

Il Presidente
Monti

Registrato alla Corte dei conti il 4 gennaio 2013 Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 1, foglio n. 45
 
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