Gazzetta n. 12 del 16 gennaio 2012 (vai al sommario) |
BANCA D'ITALIA |
COMUNICATO |
9° aggiornamento del 12 dicembre 2011 della circolare n. 263 del 27 dicembre 2006, recante nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche. |
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Con il presente aggiornamento si introducono nella Circolare due nuovi capitoli riguardanti la disciplina di vigilanza: (a) delle partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari (Titolo V, Capitolo 4), rivista in attuazione della delibera del CICR del 29 luglio 2008, n. 276; (b) delle attivita' di rischio e dei conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati alla banca o al gruppo bancario (Titolo V, Capitolo 5), in attuazione della delibera del CICR del 29 luglio 2008, n. 277. Le nuove disposizioni sono state sottoposte a consultazioni pubbliche: nel sito informatico della Banca d'Italia sono disponibili le sintesi dei commenti ricevuti. Inoltre, il Titolo I, Capitolo 1 "Disposizioni comuni" della Circolare viene aggiornato in relazione a questo e agli altri interventi compiuti recentemente sul fascicolo. Regimi transitori Partecipazioni detenibili La nuova disciplina entra in vigore il 30 giugno 2012; dalla stessa data e' abrogato il Titolo IV, Capitolo 9 della Circolare n. 229 del 21 aprile 1999 (1 ).
(1 ) Sono conseguentemente abrogati: a) il par. 2 delle disposizioni di vigilanza del 19 agosto 2002, riguardante le partecipazioni delle banche in societa' di mediazione creditizia e in societa' di agenzia in attivita' finanziaria (Bollettino di Vigilanza n. 8 - agosto 2002, pag. 40); b) la comunicazione dell' 11 agosto 2003 (Bollettino di Vigilanza n. 8 - agosto 2003, pag. 3); c) la comunicazione del 17 febbraio 2006 (Bollettino di Vigilanza n. 2 - febbraio 2006, pag. 19); d) la comunicazione del 20 marzo 2006 (Bollettino di Vigilanza n. 3 - marzo 2006, pag. 4); e) l'ultimo capoverso dell'atto di emanazione dell'11° aggiornamento della Circolare n. 229 (Bollettino di Vigilanza n. 3 - marzo 2006, pag. 7); f) il penultimo capoverso dell'atto di emanazione della Circolare n. 263 (Bollettino di Vigilanza n. 12 - dicembre 2006, pag. 15); g) il par. 4 delle disposizioni di vigilanza del 5 dicembre 2007, riguardante il nulla osta sul programma di riallineamento rispetto al limite generale all'assunzione di immobili e partecipazioni (Bollettino di Vigilanza n. 12 - dicembre 2007, pag. 4).
Entro lo stesso termine del 30 giugno 2012 le banche individuali e le capogruppo dei gruppi bancari dovranno adottare le deliberazioni necessarie per adeguarsi alle nuove previsioni, specie per quanto riguarda i profili organizzativi e di governo societario (cfr. Sezione VII del nuovo Capitolo). Attivita' di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati La disciplina entra in vigore il 31 dicembre 2012. Peraltro: - le procedure deliberative dovranno essere formalmente deliberate e messe a punto dai competenti organi sociali entro il 30 giugno 2012; - le banche devono adoperarsi affinche', nell'attivita' di concessione del credito, sia garantito il pieno rispetto dei limiti prudenziali a partire dal 31 dicembre 2012; - le posizioni in essere alla data di emanazione del presente aggiornamento che risultassero eccedenti alla data di riferimento del 31 dicembre 2012 dovranno essere ricondotte nei limiti prudenziali in un arco di tempo non superiore, di regola, a cinque anni (31 dicembre 2017); le eventuali eccedenze di carattere straordinario che dovessero ancora sussistere a quest'ultima data contribuiranno alla determinazione del capitale interno complessivo (cfr. "Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche", Titolo III, Capitolo 1). Le banche e i gruppi bancari dovranno presentare alla Vigilanza i relativi piani di rientro finalizzati al conseguimento di tale obiettivo. Si sottolinea che i termini per l'adeguamento delle procedure e dei sistemi interni sono da intendersi come improrogabili; conseguentemente, ci si attende che le banche adottino sin da ora tutte le necessarie iniziative. Disposizioni comuni Il Capitolo entra in vigore immediatamente. Disciplina dei procedimenti amministrativi ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni Partecipazioni detenibili L'abrogazione del Titolo IV, Capitolo 9 della Circolare n. 229 determina la soppressione, dal 30 giugno 2012, dei procedimenti n. 41, 42, 43 e 44 dell'elenco allegato al regolamento della Banca d'Italia del 25 giugno 2008. Contestualmente, viene introdotto un nuovo procedimento di autorizzazione all'acquisizione di partecipazioni in banche, IMEL, imprese finanziarie, imprese assicurative e imprese strumentali (cfr. Titolo V, Capitolo 4, Sezione I, par. 5) soggetto al termine di conclusione previsto dall'articolo 1, comma 2, secondo periodo del citato regolamento (120 giorni). Attivita' di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati Con l'entrata in vigore del nuovo Titolo V, Capitolo 5 viene introdotto un nuovo procedimento per l'identificazione di soggetti ulteriori rispetto a quelli collegati ovvero per la determinazione di condizioni e limiti specifici per l'assunzione di attivita' di rischio nei confronti di soggetti collegati (cfr. Sezione I, par. 5); anche tale procedimento e' soggetto al termine di conclusione sopra richiamato.
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| TITOLO I
Capitolo 1
DISPOSIZIONI COMUNI
PARTE PRIMA
1. Quadro d'insieme e principi della nuova disciplina 1.1 Il presente fascicolo contiene la nuova disciplina prudenziale per le banche e i gruppi bancari, organicamente rivista a seguito delle modifiche intervenute nella regolamentazione internazionale (1) per tener conto dell'evoluzione nelle metodologie di gestione dei rischi da parte degli intermediari, dei nuovi indirizzi e criteri che informano l'attivita' di supervisione e delle delibere del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio in materia di partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari e di operazioni con parti correlate.
(1) Si richiamano, in particolare, il documento del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria "Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali. Nuovo schema di regolamentazione. Versione integrale", giugno 2006 (cd. Nuovo Accordo di Basilea sul Capitale, Basilea 2), e le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE del 14 giugno 2006 (pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea n. L177 del 30 giugno 2006), e successive modificazioni, relative, rispettivamente, all'accesso all'attivita' degli enti creditizi e al suo esercizio e all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi.
La nuova struttura della regolamentazione prudenziale si basa su "tre pilastri". Il primo introduce un requisito patrimoniale per fronteggiare i rischi tipici dell'attivita' bancaria e finanziaria (di credito, di controparte, di mercato e operativi); a tal fine sono previste metodologie alternative di calcolo dei requisiti patrimoniali caratterizzate da diversi livelli di complessita' nella misurazione dei rischi e nei requisiti organizzativi e di controllo. Il secondo richiede alle banche di dotarsi di una strategia e di un processo di controllo dell'adeguatezza patrimoniale, attuale e prospettica, rimettendo all'Autorita' di vigilanza il compito di verificare l'affidabilita' e la coerenza dei relativi risultati e di adottare, ove la situazione lo richieda, le opportune misure correttive. Il terzo introduce obblighi di informativa al pubblico riguardanti l'adeguatezza patrimoniale, l'esposizione ai rischi e le caratteristiche generali dei relativi sistemi di gestione e controllo. Tale impianto normativo, basato su un rinnovato sistema di regole e incentivi, consente di perseguire con maggiore efficacia gli obiettivi della regolamentazione prudenziale, sanciti dall'art. 5 TUB. Esso, assicura, infatti, una misurazione accurata di un piu' ampio novero di rischi e una dotazione patrimoniale piu' strettamente commisurata all'effettivo grado di esposizione al rischio di ciascun intermediario; stimola le banche a migliorare le prassi gestionali e le tecniche di misurazione dei rischi, anche in ragione dei possibili risparmi patrimoniali; favorisce la parita' concorrenziale, attraverso una maggiore estensione delle attivita' e delle tecniche oggetto di armonizzazione; valorizza il ruolo disciplinante del mercato con l'introduzione di specifici obblighi di informativa al pubblico. I piu' elevati standards della regolamentazione determinano potenziali benefici anche ai soggetti su cui essa indirettamente incide (imprese, risparmiatori, investitori, clienti), in relazione ai maggiori stimoli all'efficienza e alla concorrenza nel settore bancario. La disciplina si articola in un sistema di regole modulari per la determinazione dei requisiti patrimoniali, che recepisce le migliori prassi sviluppate dagli intermediari nelle metodologie di gestione dei rischi. In attuazione del principio di proporzionalita', che informa ampie parti della nuova disciplina, la regolamentazione tiene conto delle diversita' degli intermediari - in termini di dimensioni, complessita' e altre caratteristiche - dettando, per taluni ambiti, regole differenziate e sollecitando, in via piu' generale, un'applicazione delle disposizioni coerente con le specificita' di ciascun intermediario. Ove possibile, essa tende, inoltre, a evitare un'eccessiva prescrittivita', indicando solo principi di carattere generale, integrati da linee guida applicative e indicazioni su prassi accettabili, diffuse e utilizzate presso gli intermediari. La regolamentazione si ispira, infine, a un criterio di gradualita': ciascun intermediario, anche in modo differenziato per ciascuna tipologia di rischio, puo' articolare nel tempo l'accesso a metodologie e processi progressivamente piu' avanzati. Nel complesso, l'adesione ai suindicati principi e criteri assicura flessibilita' di applicazione e contenimento degli oneri della regolamentazione. La Parte Terza del presente Capitolo, in cui vengono compendiate le opzioni regolamentari di piu' semplice ed agevole applicazione, si inscrive coerentemente nell'ambito delle finalita' sopra richiamate. Essa identifica, infatti, in modo trasversale le disposizioni "di base" relative ai "tre pilastri", con l'obiettivo di fornire un quadro normativo organico a cui possono far riferimento le banche - verosimilmente quelle di minore dimensione e complessita' - intenzionate ad adottare le metodologie meno complesse e sofisticate per adempiere agli obblighi posti dalla regolamentazione. Tale Parte ha finalita' esclusivamente ricognitive e non introduce alcun vincolo alle facolta' di scelta degli intermediari. La disciplina rafforza il legame tra requisiti di carattere patrimoniale e profili organizzativi, valorizzandone le sinergie tanto nella gestione delle banche quanto nelle valutazioni e negli interventi di carattere prudenziale. Un ruolo fondamentale nella gestione e nel controllo dei rischi e' assegnato agli organi di governo societario. A questi si richiede, tra l'altro, di individuare gli orientamenti strategici e le politiche di gestione del rischio, verificarne nel continuo l'efficacia e l'efficienza, definire i compiti e le responsabilita' delle varie funzioni e strutture aziendali, assicurare, piu' in generale, l'adeguato presidio di tutti i rischi a cui l'intermediario puo' essere esposto. Il ruolo degli organi di governo societario e' trattato unitariamente nel presente Capitolo (Parte Quarta) per assicurare coerenza e organicita' alla materia e accrescere il grado di coinvolgimento e consapevolezza degli esponenti bancari nella gestione e nel controllo dei rischi. Nei capitoli dedicati a ciascuna tipologia di rischio sono, invece, trattati i presidi organizzativi e di controllo di cui le banche devono dotarsi; al riguardo, infatti, assumono maggiore rilievo le specificita' connesse con le singole tipologie di rischio prese in considerazione. Tali presidi si inseriscono nella piu' generale disciplina dell'organizzazione e del sistema dei controlli interni volta ad assicurare una gestione improntata a canoni di efficienza, efficacia e correttezza (1) . Requisiti piu' stringenti sono previsti per l'adozione dei sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali (2) . In tali sistemi, la richiamata integrazione tra profili patrimoniali e profili gestionali risulta ancor piu' pronunciata: costituisce condizione per il loro riconoscimento a fini prudenziali, l'effettivo utilizzo degli stessi nella gestionale aziendale (use test).
(1) Cfr. Istruzioni di Vigilanza per le banche, Titolo IV, Capitolo 11, che trovano applicazione per gli aspetti non disciplinati nel presente fascicolo. (2) Si richiede, tra l'altro, la presenza di una funzione di sviluppo del sistema, un processo di convalida interna volto a valutare l'efficienza e l'efficacia dello stesso, verifiche periodiche condotte dall'internal audit per accertarne la rispondenza ai requisiti normativi. 1.2 L'ambito di applicazione della regolamentazione (Parte Seconda del presente Capitolo), fermo il rispetto delle disposizioni per le banche non appartenenti a gruppi, e' prevalentemente di tipo consolidato: sono ridotti, infatti, gli istituti prudenziali riferiti alle singole componenti del gruppo (3) , in modo tale da garantire la neutralita' delle norme prudenziali rispetto alle scelte organizzative degli intermediari, e sono previste riduzioni sui requisiti patrimoniali delle componenti individuali. Per tener conto dell'integrazione dei sistemi bancari operanti in piu' Paesi, in particolare in Europa, la disciplina comunitaria detta norme riguardanti i rapporti di cooperazione e collaborazione tra Autorita' di Vigilanza (4) al fine di accrescere l'efficacia dei controlli e ridurre gli oneri per i soggetti vigilati. Coerentemente con tali disposizioni e con gli indirizzi espressi in ambito internazionale, la Banca d'Italia sottoscrive accordi e collabora con le altre Autorita' di vigilanza competenti nell'Unione Europea sui gruppi cross-border (5). Le forme di coordinamento comprendono anche la costituzione di "collegi di supervisori" per la definizione in concreto dei compiti e dei ruoli spettanti a ciascuna Autorita'.
(3) In forza delle modifiche apportate alla nozione di gruppo bancario contenuta nel TUB (articoli 59 e seguenti), elemento discriminante per l'applicazione della vigilanza consolidata bancaria e' la presenza di almeno una banca in un gruppo al cui vertice sia una societa' finanziaria. Alle disposizioni di attuazione (delibere del CICR e disposizioni della Banca d'Italia) e' poi rimesso il compito di definire taluni profili rilevanti ai fini della configurazione del gruppo e dell'individuazione dei soggetti che ne fanno parte, anche per evitare la coincidenza delle qualifiche di capogruppo bancaria e di impresa al vertice di un conglomerato finanziario. (4) Cfr., in particolare, gli articoli 131 e 132 della Direttiva 2006/48/CE. (5) Cfr., in particolare, gli articoli 7, comma 10, e 69 TUB. Per l'autorizzazione all'utilizzo dei sistemi interni relativi a tutte le metodologie avanzate e' prevista, nell'ambito della procedura disciplinata unitariamente nella Parte Quinta del presente Capitolo, una decisione congiunta da parte delle Autorita' di vigilanza interessate; in caso di mancato accordo, la decisione assunta dall'Autorita' di vigilanza competente a livello consolidato e' vincolante per tutto il gruppo. Per il processo di controllo prudenziale (Secondo Pilastro) le competenze restano, invece, incardinate presso le Autorita' di vigilanza dei singoli Paesi le quali operano, comunque, nell'ambito delle richiamate disposizioni generali sulla cooperazione e la collaborazione tra Autorita'. Il patrimonio di vigilanza (Titolo I, Capitolo 2) e' il primo presidio a fronte dei rischi connessi con l'attivita' bancaria e il principale parametro di riferimento gli istituti prudenziali e per le valutazioni dell'Autorita' di vigilanza. La disciplina detta le modalita' di determinazione del patrimonio di vigilanza, i criteri e i limiti di computo delle voci che lo compongono; introduce piu' ampie possibilita' di computo degli strumenti innovativi di capitale; in linea con l'evoluzione della normativa comunitaria, anche in materia di conglomerati finanziari, prevede la deduzione dal patrimonio di vigilanza delle partecipazioni detenute dalle banche in imprese di assicurazione. Specifiche disposizioni (cosiddetti "filtri prudenziali") hanno l'obiettivo di salvaguardare la qualita' del patrimonio di vigilanza e di ridurne la potenziale volatilita' connessa all'adozione dei nuovi principi contabili internazionali IFRS/IAS. Alcune rettifiche interessano le sole banche che adottano i sistemi IRB per il calcolo del requisito sul rischio di credito. Per il rischio di credito (Titolo II, Capitolo 1), sono previsti due metodi di calcolo del requisito: il metodo Standardizzato, evoluzione del sistema derivante dall'Accordo sul Capitale del 1988, e il metodo dei rating interni (Internal Rating Based, IRB), a sua volta suddiviso in un IRB di base e un IRB avanzato. La sensibilita' del metodo Standardizzato rispetto al rischio di credito e' accresciuta attraverso una maggiore segmentazione dei portafogli di esposizioni e l'utilizzo dei rating espressi da agenzie di credito alle esportazioni (Export Credit Agency, ECA) o da agenzie specializzate (External Credit Assessment Institution, ECAI) a tal fine riconosciute dalle Autorita' di vigilanza. Il piu' favorevole trattamento prudenziale riservato alle esposizioni rientranti nel portafoglio retail, cogliendo l'effettivo grado di rischio di tale portafoglio, e' di particolare rilievo per i sistemi produttivi in cui e' diffusa la presenza di imprese di piccole e medie dimensioni. La disciplina detta una definizione di esposizione scaduta che dovrebbe indurre anche a miglioramenti nelle prassi gestionali degli intermediari. La principale novita' per il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di credito e' comunque rappresentata dall'introduzione dei metodi IRB, in cui le ponderazioni di rischio sono funzione delle valutazioni che le banche effettuano internamente sui debitori (o, in taluni casi, sulle operazioni); nell'approccio avanzato la banca calcola un maggior numero di parametri di rischio. La disciplina fornisce le nozioni e i criteri essenziali a cui gli intermediari devono attenersi nell'elaborazione dei sistemi di rating (componenti di rischio, default, classi di attivita', regole di ponderazione) e detta i requisiti organizzativi e quantitativi che gli intermediari devono rispettare per il riconoscimento dei metodi a fini prudenziali. Per i primi rilevano le regole sull'organizzazione e sui controlli, la convalida interna del sistema di rating, le caratteristiche dei sistemi di rating (es. replicabilita', integrita', univocita'), il loro utilizzo nella gestione aziendale (use test), i sistemi informativi e il flusso di dati. I principali requisiti quantitativi attengono alla struttura dei sistemi di rating, alla determinazione dei parametri di rischio, alle prove di stress, all'utilizzo di modelli di fornitori esterni. L'applicazione dei metodi IRB ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali e' subordinato all'autorizzazione dell'Autorita' di vigilanza. Un'articolata e organica disciplina e' dettata per le tecniche di attenuazione del rischio di credito (Credit Risk Mitigation, CRM) e per le operazioni di cartolarizzazione (Titolo II, Capitolo 2). Con riferimento alle prime, da un lato, risulta ampliata la possibilita' di utilizzo a fini prudenziali degli strumenti di CRM (ad esempio, compensazione delle poste in bilancio), dall'altro, vengono piu' puntualmente indicati i requisiti di ammissibilita' - giuridici, economici e organizzativi - e le modalita' di calcolo della riduzione del rischio. Le disposizioni sulle tecniche di CRM si applicano a tutte le banche; quelle che adottano il metodo IRB avanzato beneficiano di una piu' ampia tipologia di garanzie ammesse e di una maggiore flessibilita' nel calcolo della riduzione del rischio. I requisiti per l'utilizzo sono distinti in generali, diretti ad assicurare la certezza giuridica e l'effettivita' delle garanzie, e specifici, dettati per le singole forme di CRM. Quanto alle operazioni di cartolarizzazione, "tradizionali" e "sintetiche", sono disciplinati sia gli effetti per le banche cedenti (originators), soprattutto sotto il profilo dell'esclusione delle attivita' cartolarizzate dal calcolo dei requisiti, sia il trattamento prudenziale per le banche acquirenti. Al riguardo, sono previsti diversi metodi di calcolo del valore ponderato delle posizioni verso la cartolarizzazione, in funzione dell'approccio che la banca avrebbe applicato alle relative attivita' cartolarizzate per il calcolo del rischio di credito. Anche per il rischio di controparte e per quelli di mercato (Titolo II, Capitoli 3 e 4) sono previsti specifici requisiti patrimoniali e una pluralita' di metodi per la loro determinazione. Il rischio che la controparte di una transazione avente a oggetto strumenti finanziari risulti inadempiente prima del regolamento della stessa puo' considerarsi una particolare fattispecie del rischio di credito. La disciplina si incentra sulle regole per la quantificazione del valore delle esposizioni, mentre rinvia a quella del rischio di credito per l'indicazione dei fattori di ponderazione. E' previsto un trattamento uniforme del rischio di controparte indipendentemente dal portafoglio di allocazione delle posizioni (bancario o di negoziazione a fini di vigilanza). Gli intermediari possono scegliere tra il metodo del valore corrente, quello standardizzato e, previa autorizzazione dell'Autorita' di vigilanza, quello dei modelli interni di tipo EPE (Exptected Positive Exposure) per il quale sono previsti specifici requisiti organizzativi. E' ammesso, ai fini della riduzione del valore delle esposizioni, il riconoscimento di vari tipi di compensazione contrattuale, subordinatamente al rispetto dei requisiti stabiliti dalla normativa. Con riferimento ai rischi di mercato, il requisito patrimoniale e' volto a fronteggiare le perdite che possono derivare dall'operativita' sui mercati riguardanti gli strumenti finanziari, le valute e le merci. Essi possono essere determinati seguendo una metodologia standard oppure basata su modelli interni, subordinatamente al rispetto di requisiti organizzativi e quantitativi e previa autorizzazione dell'Autorita' di vigilanza. La normativa identifica e disciplina il trattamento delle varie tipologie di rischio con riferimento al portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza (rischi di posizione, regolamento e concentrazione) e all'intero bilancio della banca (rischio di cambio e di posizione su merci). La metodologia standardizzata adotta un approccio a building block per il calcolo del requisito. I modelli interni si basano sul controllo quotidiano dell'esposizione al rischio, calcolata attraverso un approccio fondato su procedure statistiche (approccio del "valore a rischio"), da integrare con altre forme di misurazione e controllo dei rischi. I piu' significativi cambiamenti nella regolamentazione del rischio di mercato attengono all'individuazione di puntuali requisiti organizzativi per gestire il portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza, all'affinamento delle metodologie per il calcolo dei requisiti patrimoniali - in particolare con riferimento ai rischi di natura creditizia del portafoglio di negoziazione di vigilanza (rischi specifici) - e al trattamento del rischio di regolamento, nell'ambito del quale si incentiva l'adozione di modalita' di regolamento contestuale delle operazioni. La regolamentazione prevede un requisito patrimoniale specifico a fronte del rischio operativo (Titolo II, Capitolo 5) con l'obiettivo di fronteggiare l'accresciuta esposizione delle banche a tale tipologia di rischio, evitare forme di disparita' competitiva tra intermediari specializzati in diversi ambiti di operativita', accrescere i presidi gestionali e di controllo degli intermediari. Sono previsti tre metodi per la determinazione del requisito. Nel metodo Base (Basic Indicator Approach, BIA) esso e' calcolato applicando un unico coefficiente regolamentare all'indicatore del volume di operativita' aziendale, individuato nel margine di intermediazione. Nel metodo Standardizzato, sono previsti coefficienti regolamentari distinti per ciascuna delle otto linee di business in cui e' suddivisa l'attivita' aziendale. Nei metodi Avanzati (Advanced Measurement Approach, AMA), l'ammontare del requisito e' determinato attraverso modelli di calcolo basati su dati di perdita operativa ed altri elementi di valutazione raccolti ed elaborati dalla banca. Soglie di accesso e specifici requisiti di idoneita' sono previsti per l'utilizzo dei metodi Standardizzato e Avanzati. Per i sistemi AMA i requisiti riguardano, oltre che il sistema di gestione, anche quello di misurazione. A fronte della maggiore complessita', i metodi Avanzati ammettono la riduzione del requisito derivante dagli accantonamenti effettuati, dalla stima della correlazione, dal ricorso a tecniche di trasferimento del rischio (polizze assicurative). Tali metodi garantiscono anche i maggiori benefici gestionali in termini di prevenzione e attenuazione del rischio operativo. Il riconoscimento dei metodi AMA ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali e' subordinato all'autorizzazione dell'Autorita' di vigilanza. Nei casi e alle condizioni previste dalla disciplina, e' consentito anche l'uso combinato di piu' metodi. Il requisito patrimoniale complessivo (Titolo II, Capitolo 6) si determina come somma dei requisiti relativi alle singole tipologie di rischio, nonche' di quelli previsti per gli immobili e le partecipazioni assunti per recupero crediti (cd. "building block"). A condizione che il requisito consolidato complessivo sia rispettato, le banche appartenenti a gruppi bancari possono beneficiare di una riduzione del 25% del requisito patrimoniale complessivo, applicabile su base individuale (1) .
(1) Per le banche e i gruppi bancari che adottano i metodi IRB e AMA, la somma dei requisiti patrimoniali per i rischi di credito, controparte, mercato ed operativo non puo' essere inferiore a determinate percentuali (cd. "floor") del requisito patrimoniale calcolato con le regole di cui alla Circolare 229 (Basilea 1). La disciplina del "Secondo Pilastro" (Titolo III) richiede alle banche di dotarsi di processi e strumenti (Internal Capital Adequacy Assessment Process, ICAAP) per determinare il livello di capitale interno adeguato a fronteggiare ogni tipologia di rischio, anche diversi da quelli presidiati dal requisito patrimoniale complessivo ("Primo Pilastro"), nell'ambito di una valutazione dell'esposizione, attuale e prospettica, che tenga conto delle strategie e dell'evoluzione del contesto di riferimento. La disciplina individua le fasi del processo, la periodicita', i principali rischi da sottoporre a valutazione, fornendo per alcuni di essi indicazioni sulle metodologie da utilizzare. In applicazione del principio di proporzionalita', le banche sono ripartite in tre classi che identificano, in linea generale, intermediari di diversa dimensione e complessita' operativa. La responsabilita' del processo ICAAP e' posta in capo agli organi di governo societario della banca. All'Autorita' di vigilanza spetta, invece, il compito di riesaminare l'ICAAP, verificarne la coerenza dei risultati, formulare un giudizio complessivo sulla banca e attivare, ove necessario, le opportune misure correttive (Supervisory Review and Evaluation Process, SREP). Tale processo si svolge attraverso il confronto con gli intermediari e l'utilizzo del sistema di analisi e di valutazione dei soggetti vigilati adottato dall'Autorita' di Vigilanza. Il confronto tra Vigilanza e banche consente alla prima di acquisire una conoscenza piu' approfondita del processo ICAAP e delle ipotesi metodologiche ad esso sottostanti, agli intermediari di illustrare le motivazioni a sostegno delle proprie valutazioni in tema di adeguatezza patrimoniale. L'Autorita' di vigilanza, ove necessario, adotta le opportune misure correttive, di carattere organizzativo e patrimoniale, individuando tra i vari strumenti a disposizione quelli piu' appropriati in relazione al caso specifico. Nel contesto della regolamentazione prudenziale si collocano specifici obblighi di informativa al pubblico ("Terzo Pilastro"), volti a favorire una piu' accurata valutazione della solidita' patrimoniale e dell'esposizione ai rischi delle banche da parte degli operatori di mercato (Titolo IV). Il recepimento della disciplina comunitaria e' stato realizzato attraverso la predisposizione di appositi quadri sinottici, in cui sono classificate le informazioni di carattere quantitativo e qualitativo che gli intermediari devono pubblicare. Tale modalita' accresce la trasparenza e la comparabilita' dei dati, contiene gli oneri connessi con l'individuazione delle informazioni da fornire, garantisce maggiori condizioni di parita' competitiva. In base al principio di proporzionalita', le banche commisurano il dettaglio delle informazioni alla propria complessita' organizzativa e al tipo di operativita' svolta. Alcuni obblighi informativi costituiscono requisiti di idoneita' per l'adozione dei metodi avanzati e per il riconoscimento delle tecniche di CRM a fini prudenziali. La disciplina individua le modalita' e la frequenza della pubblicazione, le relative deroghe, nonche' i controlli da effettuare sulle informazioni da rendere al pubblico. Le disposizioni sulla concentrazione dei rischi (Titolo V, Capitolo 1) rispondono all'esigenza di limitare i rischi di instabilita' delle banche connessi alla concessione di finanziamenti di importo rilevante rispetto al patrimonio di vigilanza. Sono previsti limiti con riferimento sia all'entita' dei rischi nei confronti di ciascuna controparte, sia all'ammontare complessivo delle esposizioni di maggiore importo. Le innovazioni attengono soprattutto alla quantificazione delle posizioni di rischio da effettuare secondo la metodologia standardizzata per il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di credito e alle modalita' di utilizzo delle tecniche di CRM ammesse. L'approntamento di un adeguato sistema di governo e gestione del rischio di liquidita' (Titolo V, Capitolo 2) - ossia del rischio che una banca non sia in grado di fare fronte ai propri impegni di pagamento per l'incapacita' sia di reperire fondi sul mercato (funding liquidity risk) sia di smobilizzare i propri attivi (market liquidity risk) a causa del fenomeno della trasformazione delle scadenze - assume un ruolo fondamentale per il mantenimento della stabilita' non solo della singola banca, ma anche del mercato, considerato che gli squilibri di una singola istituzione finanziaria possono avere ripercussioni sistemiche. E' necessario che tale sistema sia integrato in quello complessivo per la gestione dei rischi e includa controlli incisivi e coerenti con l'evoluzione del contesto di riferimento; per gli intermediari di notevoli dimensioni, in particolare se articolati su base internazionale, viene dato rilievo a eventuali limitazioni di carattere operativo o legale al trasferimento di fondi o di strumenti utilizzabili come garanzie reali. Le disposizioni di vigilanza in materia di obbligazioni bancarie garantite (Titolo V, Capitolo 3) individuano i requisiti di patrimonializzazione che le banche emittenti devono avere in relazione alle peculiarita' del mercato dei covered bonds e al fine di tutelare i creditori diversi dai portatori delle obbligazioni garantite, la cui garanzia e' attenuata per effetto della cessione di attivi bancari di elevata' qualita'. Per fronte alle citate esigenze di tutela, sono previsti dei limiti alla cessione degli attivi bancari destinati al prioritario soddisfacimento degli obbligazionisti garantiti. Tali limiti si applicano a livello consolidato e sono graduati in relazione alla situazione patrimoniale del gruppo bancario. In relazione alla complessita' operativa e giuridica delle operazioni, sono inoltre dettate specifiche indicazioni di carattere organizzativo per le banche che vi prendono parte. Si prevedeno specifici oneri in capo ai competenti organi sociali che devono valutare attentamente i rischi connessi ai programmi di emissione, tenendo conto della complessita' delle operazioni e delle implicazioni che le stesse comportano sulla situazione tecnica della banca e sul sistema dei controlli interni. I controlli sulla regolarita' delle operazioni sono effettuati dalle strutture della banca e da un asset monitor indipendente. La disciplina delle partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari (Titolo V, Capitolo 4) e' diretta a contenere il rischio di un eccessivo immobilizzo dell'attivo derivante da investimenti partecipativi in imprese finanziarie e non finanziarie nonche' a promuovere la corretta gestione dei rischi e dei conflitti di interesse inerenti all'assunzione di partecipazioni. La disciplina stabilisce un limite generale all'investimento in partecipazioni e in immobili, da contenere entro l'ammontare del patrimonio di vigilanza a livello consolidato; prevede limiti specifici, pure rapportati al patrimonio di vigilanza consolidato, per le partecipazioni qualificate in imprese non finanziarie; condiziona all'autorizzazione della Banca d'Italia le acquisizioni di partecipazioni in soggetti di natura finanziaria, se rilevanti per la stabilita' dell'acquirente e per l'esercizio della vigilanza consolidata. La disciplina prudenziale e' completata da principi in materia di organizzazione e controlli interni, ivi inclusa l'adozione, ove appropriato secondo il principio proporzionalita', di soluzioni ispirate a forme di separazione organizzativa o societaria fra l'attivita' di investimento partecipativo e la rimanente attivita' bancaria, in particolare quella di erogazione del credito. La disciplina delle attivita' di rischio nei confronti di soggetti collegati (Titolo V, Capitolo 5) mira a presidiare il rischio che la vicinanza di taluni soggetti ai centri decisionali della banca possa compromettere l'oggettivita' e l'imparzialita' delle decisioni relative alla concessione di finanziamenti e ad altre transazioni nei confronti dei medesimi soggetti. La disciplina individua il novero delle parti correlate e dei relativi soggetti connessi (che nell'insieme formano il novero dei soggetti collegati); stabilisce limiti prudenziali per le attivita' di rischio assunte nei confronti di tali soggetti collegati, in modo proporzionato all'intensita' delle relazioni e alla rilevanza dei conseguenti rischi per la sana e prudente gestione; disciplina apposite procedure deliberative che si applicano anche alle operazioni intra-gruppo e a transazioni di natura economica ulteriori rispetto a quelle che generano attivita' di rischio. Specifiche indicazioni in materia di assetti organizzativi e controlli interni precisano le responsabilita' degli organi e i compiti delle funzioni aziendali nonche' gli obblighi di censimento dei soggetti collegati e di controllo dell'andamento delle esposizioni. 1.3 La disciplina e' stata predisposta tenendo conto delle migliori prassi e degli standards affermati a livello internazionale, con particolare riguardo agli indirizzi espressi dal Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria e dal Comitato delle autorita' europee di vigilanza bancaria (Committee of European Banking Supervisors - CEBS, ora Autorita' bancaria europea European Banking Authority - EBA) nonche' degli esiti di un'ampia procedura di consultazione pubblica che ha preceduto l'emanazione delle nuove disposizioni. Tale consultazione ha consentito di acquisire le osservazioni e le proposte degli operatori e degli altri soggetti interessati, accertare la coerenza e l'efficacia della disciplina, individuare soluzioni regolamentari di minore onerosita' per gli intermediari. 2. Fonti normative La materia e' regolata: - dalla direttiva 2006/48/CE del 14 giugno 2006, e successive modificazioni, relativa all'accesso all'attivita' degli enti creditizi e al suo esercizio; - dalla direttiva 2006/49/CE del 14 giugno 2006, e successive modificazioni, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi; - dai seguenti articoli del TUB: • articolo 1, comma 2, lett. h-quater, che definisce le partecipazioni come le azioni, le quote e gli altri strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi o comunque i diritti previsti dall'articolo 2351, ultimo comma, del codice civile; • art. 53, comma 1, che attribuisce alla Banca d'Italia, in conformita' delle deliberazioni del CICR, il potere di emanare disposizioni di carattere generale aventi a oggetto l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, le partecipazioni detenibili, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni, l'informativa da rendere al pubblico; • art. 53, comma 2, che stabilisce che le disposizioni emanate ai sensi del comma 1 possono prevedere che determinate operazioni siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d'Italia; • art. 53, comma 2-bis, che attribuisce alla Banca d'Italia il potere di emanare disposizioni, ai sensi del comma 1, lettera a), sull'utilizzo da parte delle banche di: a) valutazioni del rischio di credito rilasciate da societa' o enti esterni, disciplinando i requisiti che tali soggetti devono possedere e le relative modalita' di accertamento; b) sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, previa autorizzazione della Banca d'Italia. La medesima disposizione prevede che, per le banche sottoposte alla vigilanza consolidata di un'autorita' di un altro Stato comunitario, la decisione sia di competenza della medesima autorita' qualora, entro sei mesi dalla presentazione della domanda di autorizzazione, non venga adottata una decisione congiunta con la Banca d'Italia; • art. 53, comma 3, che attribuisce, tra l'altro, alla Banca d'Italia il potere di adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei confronti di singole banche per le materie indicate nel comma 1; • art. 53, comma 4, in base al quale la Banca d'Italia: i) stabilisce, in conformita' delle deliberazioni del CICR, condizioni e limiti per l'assunzione, da parte delle banche, di attivita' di rischio nei confronti di coloro che possono esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza sulla gestione della banca o del gruppo bancario nonche' dei soggetti a essi collegati; ove verifichi in concreto l'esistenza di situazioni di conflitto di interessi, puo' stabilire condizioni e limiti specifici per l'assunzione delle attivita' di rischio; • art. 53, comma 4-ter, in base al quale la Banca d'Italia individua i casi in cui il mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 4 comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione; • art. 53, comma 4-quater, in base al quale la Banca d'Italia, in conformita' delle deliberazioni del CICR, disciplina i conflitti di interesse tra le banche e i soggetti indicati nel comma 4, in relazione ad altre tipologie di rapporti di natura economica; • art. 59, il quale, ai fini dell'applicazione della vigilanza consolidata, definisce le nozioni di "controllo", "societa' finanziarie" e "societa' strumentali" ed equipara gli IMEL alle banche; • art. 60, che definisce la composizione del gruppo bancario; • art. 61, che individua le caratteristiche della capogruppo di un gruppo bancario; • art. 65, che definisce i soggetti inclusi nell'ambito della vigilanza consolidata; • art. 66, che attribuisce alla Banca d'Italia il potere di richiedere ai soggetti inclusi nella vigilanza consolidata la trasmissione, anche periodica, di dati e situazioni, nonche' ogni altra informazione utile; • art. 67, commi 1, 2-ter e 3-bis, il quale, al fine di realizzare la vigilanza consolidata, prevede che la Banca d'Italia, in conformita' delle deliberazioni del CICR, impartisca alla capogruppo o a componenti del gruppo bancario, con provvedimenti di carattere generale o particolare, disposizioni aventi a oggetto l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, le partecipazioni detenibili, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni, l'informativa da rendere al pubblico; • art. 67, comma 2, che stabilisce che le disposizioni emanate ai sensi del comma 1 possono prevedere che determinate operazioni siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d'Italia; • art. 67, comma 2-bis, che attribuisce alla Banca d'Italia il potere di emanare disposizioni, ai sensi del comma 1, lettera a), sull'utilizzo da parte del gruppo bancario di: a) valutazioni del rischio di credito rilasciate da societa' o enti esterni, disciplinando i requisiti che tali soggetti devono possedere e le relative modalita' di accertamento; b) sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, previa autorizzazione della Banca d'Italia. La medesima disposizione prevede che, per i gruppi sottoposti alla vigilanza consolidata di un'autorita' di un altro Stato comunitario, la decisione sia di competenza della medesima autorita' qualora, entro sei mesi dalla presentazione della domanda di autorizzazione, non venga adottata una decisione congiunta con la Banca d'Italia; • art. 67, comma 3, che stabilisce che le disposizioni emanate dalla Banca d'Italia per realizzare la vigilanza consolidata possono tenere conto, anche con riferimento alla singola banca, della situazione e delle attivita' delle societa' bancarie, finanziarie e strumentali partecipate almeno per il 20% dalle societa' appartenenti a un gruppo bancario o da una singola banca, nonche' delle societa' bancarie, finanziarie e strumentali non comprese in un gruppo bancario ma controllate dalla persona fisica o giuridica che controlla un gruppo bancario ovvero una singola banca; • art. 69, commi 1 e 1-bis, secondo cui la Banca d'Italia definisce, anche sulla base di accordi con le autorita' di vigilanza di altri Stati comunitari, forme di collaborazione e di coordinamento nonche' la ripartizione dei compiti specifici di ciascuna autorita' in ordine all'esercizio della vigilanza consolidata nei confronti di gruppi operanti in piu' Paesi e individua i soggetti sui quali, per effetto di detti accordi, viene esercitata la vigilanza consolidata; e inoltre: - dal decreto n. 242633 emanato dal Ministro del tesoro il 22 giugno 1993; - dalla deliberazione del CICR del 12 gennaio 1994 in materia di patrimonio di vigilanza e coefficiente di solvibilita' delle banche e dei gruppi bancari (limitatamente agli articoli da 1 a 4); - dalla deliberazione del CICR del 2 agosto 1996 e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 5 agosto 2004; - dal decreto d'urgenza del Ministro dell'Economia e delle finanze, Presidente del CICR, del 27 dicembre 2006; - dalla deliberazione del CICR del 29 luglio 2008, n. 276, in materia di partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari; dalla deliberazione del CICR del 29 luglio 2008, n. 277, relativa alla disciplina delle attivita' di rischio e di altri conflitti di interesse delle banche e dei gruppi bancari nei confronti di soggetti collegati, ai sensi dell'articolo 53, commi 4, 4- ter e 4-quater, del TUB. Vengono, inoltre, in rilievo: - il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, recante disposizioni in materia di conti annuali e consolidati degli enti creditizi e finanziari; - il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, recante l'esercizio delle opzioni previste dall'art. 5 del regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali; - l'Accordo internazionale denominato "Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali. Nuovo schema di regolamentazione. Versione integrale", pubblicato dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria nel giugno 2006; - le linee guida emanate dal Comitato delle autorita' europee di vigilanza bancaria (Committee of European Banking Supervisors - CEBS, ora Autorita' bancaria europea European Banking Authority - EBA) (1) .
(1) Comitato delle autorita' europee di vigilanza bancaria, istituito con decisione della Commissione europea 2004/5/CE del 5 novembre 2003 (Gazzetta ufficiale dell'Unione europea n. L 3 del 7 gennaio 2004, pag. 28-29), ora Autorita' bancaria europea, istituita con Regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010 (Gazzetta ufficiale dell'Unione europea n. L 331 del 15 dicembre 2010, pag. 12- 47).
PARTE SECONDA
AMBITO DI APPLICAZIONE
SEZIONE I
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE
1. Premessa La disciplina prudenziale italiana prevede la differenziazione degli istituti di vigilanza cui sono sottoposte le banche a seconda che siano soggetti individuali ovvero appartengano a gruppi di diversa complessita' ed articolazione. Il sistema regolamentare e' orientato verso l'applicazione consolidata dei requisiti prudenziali a livello di gruppo, riducendo la numerosita' delle regole che devono contemporaneamente essere rispettate a livello individuale dai soggetti inclusi nel consolidamento; sono altresi' previste opzioni che permettono attenuazioni dei requisiti in relazione all'appartenenza al gruppo. I gruppi bancari sono soggetti, su base consolidata, alle regole in materia di patrimonio di vigilanza, requisito patrimoniale complessivo, valutazione dell'adeguatezza del capitale interno e concentrazione dei rischi; analogo regime trova applicazione nei confronti delle banche italiane non appartenenti a gruppi che controllino, congiuntamente ad altri soggetti e in base ad appositi accordi, societa' bancarie, finanziarie o strumentali partecipate in misura almeno pari al 20 per cento dei diritti di voto o del capitale. Il rispetto da parte dei gruppi delle regole sull'informativa al pubblico e' differenziato a seconda che siano o meno controllati da un'impresa madre europea. Le banche italiane appartenenti ai gruppi bancari devono inoltre rispettare, su base individuale, la disciplina in materia di patrimonio di vigilanza, requisito patrimoniale complessivo e concentrazione dei rischi; tuttavia, dette banche rispettano un requisito patrimoniale complessivo ridotto di un quarto e limiti alla concentrazione dei rischi meno stringenti di quelli ordinari. L'applicazione su base individuale delle regole in materia di patrimonio di vigilanza, requisito patrimoniale complessivo, valutazione dell'adeguatezza del capitale interno e concentrazione dei rischi e' richiesta alle banche italiane non appartenenti ad un gruppo bancario. Il rispetto delle disposizioni in tema di informativa al pubblico varia, anche per questi soggetti, in presenza di situazioni di controllo da parte di un'impresa madre europea. In armonia con la disciplina comunitaria, sono individuate nuove ipotesi di applicazione a livello consolidato delle regole prudenziali. Le banche italiane e le capogruppo che, secondo le definizioni stabilite nel par. 2, sono qualificate "imprese di riferimento" rispettano le regole prudenziali su base consolidata tenendo conto dei soggetti controllati dalla stessa societa' finanziaria impresa madre con sede in altro Stato comunitario. Le regole su patrimonio di vigilanza, requisito patrimoniale complessivo, valutazione dell'adeguatezza del capitale interno e concentrazione dei rischi sono rispettate, su base sub-consolidata, dalle banche e societa' finanziarie, diverse dalla capogruppo, che controllano banche o societa' finanziarie di Stati extracomunitari ("componenti del gruppo sub-consolidanti"). Le succursali in Italia di banche extracomunitarie sono sottoposte allo stesso regime prudenziale previsto per le banche italiane non appartenenti ad un gruppo bancario; tuttavia, le succursali di banche aventi sede in Paesi del Gruppo dei Dieci ovvero in quelli inclusi in un apposito elenco pubblicato e periodicamente aggiornato dalla Banca d'Italia non sono sottoposte alle regole in tema di requisito patrimoniale complessivo, valutazione dell'adeguatezza del capitale interno, informativa al pubblico e concentrazione dei rischi. 2. Definizioni Ai fini della presente disciplina si definiscono: - "capogruppo", la banca italiana o la societa' finanziaria con sede legale in Italia di cui all'articolo 61 del T.U.; - "gruppo bancario", il gruppo di imprese come individuato dall'articolo 60 del T.U.; - "ente creditizio impresa madre nell'UE", la banca di uno Stato comunitario diverso dall'Italia che non sia controllata da un'altra banca o da una societa' finanziaria di un qualsiasi Stato comunitario; - "societa' di partecipazione finanziaria madre nell'UE", una societa' di partecipazione finanziaria di uno Stato comunitario diverso dall'Italia che non sia controllata da una banca o da un'altra societa' di partecipazione finanziaria di un qualsiasi Stato comunitario; - "impresa madre europea", • l'ente creditizio impresa madre nell'UE che controlli una banca italiana o una capogruppo; • la banca controllata da una societa' di partecipazione finanziaria madre nell'UE, ove entrambe abbiano sede in uno stesso Stato comunitario, ovvero detta societa' di partecipazione finanziaria madre nell'UE, quando sia sottoposta alla medesima vigilanza delle banche, che controllino una banca italiana o una capogruppo; • la banca di uno Stato comunitario diverso dall'Italia, controllata direttamente da una societa' di partecipazione finanziaria madre nell'UE avente sede in altro Stato comunitario, non sottoposta alla medesima vigilanza delle banche, la quale controlli anche una banca italiana o una capogruppo che non siano impresa di riferimento; - "impresa di riferimento", la banca italiana o la capogruppo controllate direttamente da una societa' di partecipazione finanziaria madre nell'UE non sottoposta alla medesima vigilanza delle banche, quando questa societa' controlla anche una o piu' banche aventi sede in Stati comunitari diversi dal proprio e il totale di bilancio di ciascuna di queste banche e' inferiore a quello della banca italiana o della capogruppo controllate; - "componenti del gruppo sub-consolidanti", le banche italiane e le societa' finanziarie appartenenti a gruppi bancari, diverse dalla capogruppo, che controllano societa' bancarie e finanziarie aventi sede in uno Stato extracomunitario. Ai fini delle presenti definizioni, le previsioni che riguardano le banche si applicano, in quanto compatibili, anche agli IMEL, cosi' come definiti nell'articolo 1, comma 2, lettera h-bis), TUB.
SEZIONE II
DISCIPLINA PRUDENZIALE SU BASE INDIVIDUALE
1. Banche italiane non appartenenti ad un gruppo bancario Le banche italiane non appartenenti ad un gruppo bancario rispettano, su base individuale, le disposizioni riguardanti i seguenti profili prudenziali: a) patrimonio di vigilanza (cfr. Titolo I - Capitolo 2); b) rischio di credito (cfr. Titolo II - Capitolo 1); c) tecniche di attenuazione del rischio di credito (CRM) e operazioni di cartolarizzazione (cfr. Titolo II - Capitolo 2); d) rischio di controparte (cfr. Titolo II - Capitolo 3); e) rischi di mercato (cfr. Titolo II - Capitolo 4); f) rischio operativo (cfr. Titolo II - Capitolo 5); g) determinazione del requisito patrimoniale complessivo (cfr. Titolo II - Capitolo 6); h) processo di controllo prudenziale (cfr. Titolo III - Capitolo 1); i) informativa al pubblico (cfr. Titolo IV - Capitolo 1); j) concentrazione dei rischi (cfr. Titolo V - Capitolo 1); k) governo e gestione del rischio di liquidita' (cfr. Titolo V - Capitolo 2); l) obbligazioni bancarie garantite (cfr. Titolo V - Capitolo 3); m) partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari (cfr. Titolo V - Capitolo 4, in vigore dal 30 giugno 2012); n) attivita' di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati (cfr. Titolo V - Capitolo 5, in vigore dal 31 dicembre 2012). Tuttavia, le banche italiane non appartenenti ad un gruppo bancario che sono imprese di riferimento rispettano, su base individuale, le disposizioni elencate al par. 2. 2. Banche italiane appartenenti ad un gruppo bancario Le banche italiane appartenenti ad un gruppo bancario rispettano, su base individuale, le disposizioni riguardanti i seguenti profili prudenziali: a) patrimonio di vigilanza (cfr. Titolo I - Capitolo 2); b) rischio di credito (cfr. Titolo II - Capitolo 1); c) tecniche di attenuazione del rischio di credito (CRM) e operazioni di cartolarizzazione (cfr. Titolo II - Capitolo 2); d) rischio di controparte (cfr. Titolo II - Capitolo 3); e) rischi di mercato (cfr. Titolo II - Capitolo 4); f) rischio operativo (cfr. Titolo II - Capitolo 5); g) determinazione del requisito patrimoniale complessivo (cfr. Titolo II - Capitolo 6); h) concentrazione dei rischi (cfr. Titolo V - Capitolo 1); i) governo e gestione del rischio di liqudita' (cfr. Titolo V - Capitolo 2); j) obbligazioni bancarie garantite (cfr. Titolo V - Capitolo 3); k) attivita' di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati (cfr. Titolo V - Capitolo 5, in vigore dal 31 dicembre 2012). Le banche italiane escluse dal consolidamento ai sensi della Sezione III, par. 1, rispettano i requisiti stabiliti al par. 1 della presente Sezione. 3. Succursali in Italia di banche extracomunitarie Le succursali in Italia di banche extracomunitarie rispettano, su base individuale, le disposizioni riguardanti i seguenti profili prudenziali: a) patrimonio di vigilanza (cfr. Titolo I - Capitolo 2); b) rischio di credito (cfr. Titolo II - Capitolo 1); c) tecniche di attenuazione del rischio di credito (CRM) e operazioni di cartolarizzazione (cfr. Titolo II - Capitolo 2); d) rischio di controparte (cfr. Titolo II - Capitolo 3); e) rischi di mercato (cfr. Titolo II - Capitolo 4); f) rischio operativo (cfr. Titolo II - Capitolo 5); g) determinazione del requisito patrimoniale complessivo (cfr. Titolo II- Capitolo 6); h) processo di controllo prudenziale (cfr. Titolo III - Capitolo 1); i) informativa al pubblico (cfr. Titolo IV - Capitolo 1); j) concentrazione dei rischi (cfr. Titolo V - Capitolo 1); k) governo e gestione del rischio di liquidita' (cfr. Titolo V - Capitolo 2); l) obbligazioni bancarie garantite (cfr. Titolo V - Capitolo 3); m) partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari (cfr. Titolo V- Capitolo 4, in vigore dal 30 giugno 2012); n) attivita' di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati (cfr. Titolo V - Capitolo 5, in vigore dal 31 dicembre 2012). Le succursali di banche aventi sede in Paesi del Gruppo dei Dieci ovvero in quelli inclusi in un apposito elenco pubblicato e periodicamente aggiornato dalla Banca d'Italia non sono sottoposte alle regole elencate alle lettere da b) a j) (1) e da m) a n).
(1) L'esenzione dalla regola g) non riguarda i requisiti patrimoniali previsti per gli immobili e le partecipazioni acquisiti per recupero crediti (cfr. Istruzioni di Vigilanza per le banche, Titolo IV, Capitolo 10, Sezione II, par. 3 e Capitolo 9, Sezione V, par. 2), che restano applicabili alle succursali in Italia di banche extracomunitarie.
SEZIONE II
DISCIPLINA PRUDENZIALE SU BASE CONSOLIDATA
1. Capogruppo di gruppi bancari e imprese di riferimento Le capogruppo di gruppi bancari rispettano, su base consolidata, le disposizioni riguardanti i seguenti profili prudenziali: a) patrimonio di vigilanza (cfr. Titolo I - Capitolo 2); b) rischio di credito (cfr. Titolo II - Capitolo 1); c) tecniche di attenuazione del rischio di credito (CRM) e operazioni di cartolarizzazione (cfr. Titolo II - Capitolo 2); d) rischio di controparte (cfr. Titolo II - Capitolo 3); e) rischi di mercato (cfr. Titolo II - Capitolo 4); f) rischio operativo (cfr. Titolo II - Capitolo 5); g) determinazione del requisito patrimoniale complessivo (cfr. Titolo II- Capitolo 6); h) processo di controllo prudenziale (cfr. Titolo III - Capitolo 1); i) informativa al pubblico (cfr. Titolo IV - Capitolo 1); j) concentrazione dei rischi (cfr. Titolo V - Capitolo 1); k) governo e gestione del rischio di liquidita' (cfr. Titolo V - Capitolo 2); l) obbligazioni bancarie garantite (cfr. Titolo V - Capitolo 3); m) partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari (cfr. Titolo V- Capitolo 4, in vigore dal 30 giugno 2012); n) attivita' di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati (cfr. Titolo V - Capitolo 5, in vigore dal 31 dicembre 2012). Le imprese di riferimento rispettano, su base consolidata, le suddette disposizioni con riguardo anche alle societa' bancarie, finanziarie e strumentali controllate dalla societa' di partecipazione finanziaria madre nell'UE. I requisiti sopra elencati si applicano, su base consolidata, alle banche italiane non appartenenti ad un gruppo bancario che controllino, congiuntamente ad altri soggetti e in base ad appositi accordi, societa' bancarie, finanziarie e strumentali partecipate in misura almeno pari al 20 per cento dei diritti di voto o del capitale. La Banca d'Italia puo' applicare su base consolidata le presenti disposizioni anche nei confronti di societa' bancarie, finanziarie e strumentali non comprese nel gruppo bancario ma controllate dalla persona fisica o giuridica che controlla il gruppo bancario ovvero la singola banca. Salvo quanto previsto dalle disposizioni relative ai singoli profili di rischio, dal consolidamento possono essere escluse le imprese il cui totale di bilancio risulti inferiore al piu' basso dei due importi di seguito indicati: - 1 per cento del totale di bilancio (comprese le garanzie rilasciate, gli impegni a erogare fondi e i titoli di terzi in deposito) della capogruppo o della singola banca partecipante; - 10 milioni di euro. L'esclusione non e' ammessa quando il totale delle partecipazioni nelle societa' individuate ai due alinea precedenti supera di 5 volte una delle suddette soglie di esonero. 2. Componenti del gruppo sub-consolidanti Le componenti del gruppo sub-consolidanti rispettano, su base consolidata, le disposizioni riguardanti i seguenti profili prudenziali: a) patrimonio di vigilanza (cfr. Titolo I - Capitolo 2); b) rischio di credito (cfr. Titolo II - Capitolo 1); c) tecniche di attenuazione del rischio di credito (CRM) e operazioni di cartolarizzazione (cfr. Titolo II - Capitolo 2); d) rischio di controparte (cfr. Titolo II - Capitolo 3); e) rischi di mercato (cfr. Titolo II - Capitolo 4); f) rischio operativo (cfr. Titolo II - Capitolo 5); g) determinazione del requisito patrimoniale complessivo (cfr. Titolo II - Capitolo 6); h) processo di controllo prudenziale (cfr. Titolo III - Capitolo 1); i) concentrazione dei rischi (cfr. Titolo V - Capitolo 1); j) governo e gestione del rischio di liquidita' (cfr. Titolo V - Capitolo 2); k) partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari (cfr. Titolo V - Capitolo 4, in vigore dal 30 giugno 2012).
PARTE TERZA
METODOLOGIE SEMPLIFICATE
Le disposizioni contenute nel presente fascicolo prevedono una pluralita' di metodologie che le banche possono utilizzare per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di credito, di controparte, di mercato e operativo, caratterizzate da diversi gradi di complessita', in funzione della capacita' della banca di gestire i rischi. Le banche, specie quelle che presentano dimensioni ridotte o, comunque, un'operativita' non complessa, possono enucleare dalla complessiva disciplina regolamentare modalita' semplificate per il calcolo dei requisiti patrimoniali ricavabili dalle metodologie standardizzate in essa previste; tali modalita' semplificate vengono sinteticamente illustrate nella presente Parte al solo fine di agevolarne la visione d'insieme, fermo restando che la disciplina applicabile e' quella contenuta nei singoli capitoli di volta in volta richiamati. Anche ai fini dell'assolvimento degli obblighi connessi con l'autovalutazione dell'adeguatezza del capitale interno nell'ambito del processo di controllo prudenziale (cd. "Secondo Pilastro") le banche possono utilizzare modalita' semplificate, facendo riferimento anche a talune indicazioni metodologiche proposte dalla Banca d'Italia. Rischio di credito Le banche possono utilizzare il metodo standardizzato (Titolo II, Capitolo 1, Parte Prima), nell'ambito del quale e' prevista la suddivisione delle esposizioni in diverse classi ("portafogli"), a seconda della natura della controparte ovvero delle caratteristiche tecniche del rapporto o delle modalita' di svolgimento di quest'ultimo e l'applicazione a ciascun portafoglio di coefficienti di ponderazione diversificati. Ove le banche non intendano avvalersi delle valutazioni delle agenzie di rating riconosciute, esse applicano in via generale alle esposizioni creditizie un fattore di ponderazione del 100 per cento, fatte salve le seguenti principali fattispecie: - le esposizioni verso le amministrazioni centrali e le banche centrali di Stati membri dell'Unione Europea denominate nella valuta locale sono ponderate a zero se la corrispondente provvista e' denominata nella medesima valuta (fattore di ponderazione preferenziale); - le esposizioni nei confronti di intermediari vigilati aventi durata originaria pari o inferiore a tre mesi sono ponderate al 20 per cento; - alle esposizioni classificate nel portafoglio al dettaglio (1) si applica un fattore di ponderazione pari al 75 per cento;
(1) Rientrano in questo portafoglio le esposizioni non garantite che soddisfano le seguenti condizioni: a) l'esposizione e' nei confronti di persone fisiche o di piccole e medie imprese; b) l'esposizione verso un singolo cliente (o gruppo di clienti connessi) non supera l'1 per cento del totale del portafoglio; c) il totale degli importi dovuti alla banca (o al gruppo bancario) da un singolo cliente (o da un gruppo di clienti connessi), ad esclusione delle esposizioni garantite da immobili residenziali, non supera il valore di 1 milione di euro. Si calcolano a tal fine anche le esposizioni scadute.
- alle esposizioni garantite da ipoteca su immobili residenziali e a quelle derivanti da operazioni di leasing aventi ad oggetto tali tipologie di immobili si applica una ponderazione del 35 per cento; - alle esposizioni garantite da ipoteca su beni immobili non residenziali (immobili destinati a uffici, al commercio o ad altre attivita' produttive) e a quelle derivanti da operazioni di leasing aventi ad oggetto tali tipologie di immobili si applica una ponderazione del 50 per cento; - alla parte non garantita delle posizioni scadute si applica una ponderazione del 150 per cento se le rettifiche di valore specifiche sono inferiori al 20 per cento della parte non garantita al lordo delle rettifiche di valore. La medesima ponderazione si applica anche alle esposizioni in OICR non soggetti a limitazioni nell'utilizzo della leva finanziaria (hedge funds). Tecniche di attenuazione del rischio di credito (CRM) La disciplina di vigilanza consente il riconoscimento ai fini prudenziali delle tecniche di attenuazione del rischio di credito (Credit risk mitigation - CRM) (Titolo II, Capitolo 2, Parte Prima) a tutte le banche, indipendentemente dal metodo scelto per il calcolo del requisito patrimoniale, sia pure con alcune differenze relative alla tipologia di strumenti riconosciuti e alle modalita' di calcolo dell'impatto patrimoniale. Per le diverse tecniche di CRM sono previsti requisiti di ammissibilita' di carattere sia generale sia specifico; essi devono essere posseduti al momento di costituzione della garanzia e per tutta la durata della stessa. In particolare, le banche possono utilizzare metodi semplificati sia per le forme di protezione del credito di tipo reale, sia per quelle di tipo personale. In entrambi i casi, secondo il "principio di sostituzione", alla parte di esposizione garantita si applica la ponderazione relativa allo strumento fornito come protezione del credito o al soggetto garante (Titolo II, Capitolo 2, Parte Prima, Sezione III, Sottosezioni 1 e 2). Operazioni di cartolarizzazione Le banche calcolano l'importo ponderato per il rischio delle posizioni verso le cartolarizzazioni secondo un metodo che attribuisce, di regola, alle posizioni stesse una ponderazione che dipende dal rating attribuito da un'agenzia di rating riconosciuta (Titolo II, Capitolo 2, Parte Seconda, Sezione III, par. 2). Per il cedente e il promotore, il valore ponderato per il rischio di tutte le posizioni verso una medesima cartolarizzazione non puo' essere superiore al valore ponderato delle attivita' cartolarizzate calcolato come se queste ultime non fossero state cartolarizzate (cap). Alle posizioni verso cartolarizzazioni prive di rating si applica un fattore di ponderazione del rischio pari al 1250% (1), a meno che la banca non sia in grado di conoscere la composizione corrente delle attivita' cartolarizzate. In tal caso, alle posizioni verso la cartolarizzazione diverse da quelle che coprono la prima perdita la banca puo' applicare un fattore di ponderazione pari al prodotto tra il fattore di ponderazione medio ponderato relativo alle attivita' cartolarizzate e un coefficiente di concentrazione (metodo look-through).
(1) In alternativa le banche possono operare la deduzione delle suddette esposizioni dal patrimonio di vigilanza. Rischio di controparte Specifiche disposizioni definiscono le metodologie per il calcolo del valore delle esposizioni soggette al rischio di controparte (2): 1) strumenti derivati finanziari e creditizi negoziati fuori borsa (OTC); 2) operazioni pronti contro termine attive e passive su titoli o merci, operazioni di concessione o assunzione di titoli o merci in prestito e finanziamenti con margini (operazioni SFT); 3) operazioni con regolamento a lungo termine (Titolo II, Capitolo 3).
(2) Il relativo requisito patrimoniale e' determinato utilizzando i fattori di ponderazione per controparte previsti dalla normativa in materia di rischio di credito. Con riferimento alle esposizioni sub 1) e sub 3) le banche possono utilizzare il metodo del valore corrente (Titolo II, Capitolo 3, Sezione II, par. 5), che permette di calcolare il valore di mercato del credito che sorge in favore della banca, attraverso una metodologia che approssima il costo che la stessa dovrebbe sostenere per trovare un altro soggetto disposto a subentrare negli obblighi contrattuali dell'originaria controparte negoziale qualora questa fosse insolvente. Per le operazioni di pronti contro termine attivi e passivi su titoli o merci, di concessione o assunzione di titoli o merci in prestito e per i finanziamenti con margini (sub 2) possono essere utilizzate le metodologie di calcolo definite nell'ambito della disciplina relativa alle tecniche di attenuazione del rischio di credito (Titolo II, Capitolo 2, Parte Prima, Sezione III, Sottosezione 1, par. 2.2). Rischi di mercato Relativamente ai rischi di mercato (rischi di posizione e concentrazione, con riferimento al portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza; rischi di cambio, regolamento e di posizione su merci, con riferimento all'intero bilancio), le banche possono adottare una metodologia standardizzata, che permette di calcolare un requisito patrimoniale complessivo, ottenuto come somma dei requisiti di capitale a fronte dei singoli rischi sulla base del c.d. "approccio a blocchi" (building-block approach) (Titolo II, Capitolo 4, Parte Seconda). Il rischio di posizione (Titolo II, Capitolo 4, Parte Seconda, Sezione II) comprende due distinti elementi: a) rischio generico, che si riferisce al rischio di perdite causate da un andamento sfavorevole dei prezzi della generalita' degli strumenti finanziari negoziati. Per i titoli di debito questo rischio dipende da una avversa variazione del livello dei tassi di interesse; per i titoli di capitale da uno sfavorevole movimento generale del mercato; b) rischio specifico, che consiste nel rischio di perdite causate da una sfavorevole variazione del prezzo degli strumenti finanziari negoziati dovuta a fattori connessi con la situazione dell'emittente. Il rischio di posizione e i correlati requisiti patrimoniali sono determinati distintamente per: - i titoli di debito e gli altri strumenti finanziari che dipendono dai tassi di interesse e dal merito creditizio, inclusi i derivati su crediti; - i titoli di capitale e gli altri strumenti finanziari che dipendono dall'andamento del comparto azionario; -i certificati di partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio (O.I.C.R.) e gli altri strumenti finanziari che dipendono dall'andamento del valore di O.I.C.R.. Le banche che non sono in grado di misurare e gestire correttamente i rischi associati a strumenti finanziari sensibili a piu' fattori di rischio devono astenersi dalla negoziazione di questi strumenti. Il requisito a fronte del rischio di regolamento viene calcolato sulle posizioni, indipendentemente dal portafoglio di appartenenza, non regolate dopo la loro data di scadenza (Titolo II, Capitolo 4, Parte Seconda, Sezione III). Il requisito patrimoniale a fronte del rischio di concentrazione, (Titolo II, Capitolo 4, Parte Seconda, Sezione IV) si riferisce a quelle posizioni del portafoglio di negoziazione di vigilanza che determinano il superamento del "limite individuale di fido" previsto dalla disciplina della concentrazione dei rischi. Rischio operativo Per la determinazione del requisito patrimoniale a fronte del rischio operativo le banche possono utilizzare il metodo Base (Basic Indicator Approach, BIA), il quale prevede che il requisito stesso sia calcolato applicando un coefficiente regolamentare (15 per cento) ad un indicatore del volume di operativita' aziendale, individuato nel margine di intermediazione (cfr. Titolo II, Capitolo 5, Parte Seconda, Sezione I). Processo di controllo prudenziale Il processo interno di autovalutazione della propria adeguatezza patrimoniale (Internal Capital Adequacy Assessment Process, ICAAP) deve essere condotto da tutte le banche, indipendentememte dalle metodologie utilizzate per il calcolo dei requisiti patrimoniali. I relativi adempimenti sono stati differenziati in relazione all'appartenenza a tre classi, che identificano, in linea di massima, intermediari con diversi gradi di dimensione e complessita' operativa. Le banche di minori dimensioni che utilizzano metodologie standardizzate per il calcolo dei requisiti patrimoniali possono fare riferimento alle indicazioni fornite per la classe 3 (Titolo III, Capitolo 1, Sezione II, par. 2). In particolare, ai fini della misurazione dei rischi e della determinazione del capitale interno a fronte di ciascuno di essi tali banche possono: fare uso delle metodologie di calcolo dei requisiti patrimoniali regolamentari relativi ai rischi del Primo Pilastro; utilizzare algoritmi semplificati indicati dalle disposizioni per misurare il rischio di concentrazione e il rischio di tasso di interesse sul portafoglio bancario; fare riferimento alle disposizioni in materia di governo e gestione del rischio di liquidita' (Titolo III, Capitolo 1, Sezione II, par. 3.2). Ai fini della conduzione degli stress test le banche effettuano analisi di sensibilita' rispetto ai principali rischi assunti, tra i quali vanno almeno inclusi il rischio di credito, il rischio di concentrazione del portafoglio crediti e il rischio di tasso di interesse sul portafoglio bancario. Relativamente a questi ultimi due rischi, vengono previste metodologie semplificate a cui le banche possono fare riferimento (Titolo III, Capitolo 1, Sezione II, par. 3.2.1). Per la determinazione del capitale interno complessivo gli intermediari di questa classe possono adottare un approccio "building block" semplificato, che consiste nel sommare ai requisiti regolamentari del Primo Pilastro eventuali allocazioni di capitale interno per fronteggiare gli altri rischi rilevanti (Titolo III, Capitolo 1, Sezione II, par. 3.3). Ferma restando la ripartizione nelle sei aree informative individuate dalla normativa (Titolo III, Capitolo 1, Sezione II, par. 6) (1), la rendicontazione sul processo ICAAP puo' avere un'articolazione piu' contenuta rispetto a quella proposta in via generale dalla regolamentazione (Titolo III, Capitolo 1, allegato D).
(1) 1) linee strategiche e orizzonte previsivo considerato; 2) governo societario, assetti organizzativi e sistemi di controllo interno connessi con l'ICAAP; 3) metodologie e criteri utilizzati per l'identificazione, la misurazione, l'aggregazione dei rischi e per la conduzione degli stress test; 4) stima e componenti del capitale interno con riferimento alla fine dell'esercizio precedente e, in un'ottica prospettica, dell'esercizio in corso; 5) raccordo tra capitale interno e requisiti regolamentari; 6) auto-valutazione dell'ICAAP. Informativa al pubblico Gli obblighi gravanti sulle banche che utilizzano metodologie standardizzate risultano ridotti rispetto a quelli cui sono tenute le banche che adottano i metodi avanzati: l'effettiva estensione dell'informativa al pubblico varia, infatti, in funzione dell'operativita' in concreto svolta dalla banca, dell'utilizzo di tecniche di attenuazione del rischio di credito e delle metodologie adottate per il calcolo dei requisiti patrimoniali (Titolo IV, Capitolo 1).
PARTE QUARTA
LA GESTIONE E IL CONTROLLO DEI RISCHI. RUOLO DEGLI ORGANI AZIENDALI
1. Premessa Al fine di fronteggiare i rischi a cui possono essere esposte, le banche si dotano di idonei dispositivi di governo societario e di adeguati meccanismi di gestione e controllo. Tali presidi si inseriscono nella piu' generale disciplina dell'organizzazione e del sistema dei controlli interni volta ad assicurare una gestione improntata a canoni di efficienza, efficacia e correttezza (1). (1) Cfr. Istruzioni di vigilanza per le banche, Titolo IV, Capitolo 11, che trovano applicazione per gli aspetti non disciplinati dalle presenti disposizioni.
I suddetti presidi devono coprire ogni tipologia di rischio aziendale coerentemente con le caratteristiche, le dimensioni e la complessita' delle attivita' svolte dalla banca. Le banche formalizzano le politiche per il governo dei rischi, procedono al loro riesame periodico al fine di assicurarne l'efficacia nel tempo e vigilano sul concreto funzionamento dei processi di gestione e controllo dei rischi. La responsabilita' primaria e' rimessa agli organi di governo della banca, ciascuno secondo le rispettive competenze. L'articolazione dei compiti e delle responsabilita' degli organi e delle funzioni aziendali deve essere chiaramente definita; indipendentemente dal sistema di amministrazione e controllo adottato (tradizionale, dualistico, monistico), le funzioni di supervisione strategica, di gestione e di controllo sono assegnate agli organi societari in coerenza con la disciplina civilistica e con le presenti disposizioni. La funzione di supervisione strategica e quella di gestione attengono, unitariamente, alla gestione dell'impresa e possono quindi essere incardinate nello stesso organo aziendale. La distinzione operata nei paragrafi seguenti tiene conto delle diverse configurazioni che puo' assumere l'articolazione degli organi preposti alla gestione stessa e, in particolare, della possibilita' che l'indirizzo strategico e la supervisione siano tenute distinte dalla gestione corrente. L'espressione "organo con funzione di supervisione strategica" si riferisce pertanto all'organo al quale - ai sensi del codice civile o per disposizione statutaria - sono attribuite funzioni di indirizzo della gestione sociale (ad esempio, mediante esame e delibera in ordine ai piani industriali o finanziari ovvero alle operazioni strategiche della societa'); l'espressione "organo con funzione di gestione" si riferisce all'organo al quale spettano o sono delegati compiti di gestione corrente, intesa come attuazione degli indirizzi deliberati nell'esercizio della funzione di supervisione strategica. Il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo sulla gestione sono, nei diversi modelli, gli "organi con funzione di controllo" (1).
(1) Nei sistemi dualistico e monistico, in conformita' delle previsioni legislative, l'organo con funzione di controllo puo' svolgere anche quella di supervisione strategica. Nel caso dei gruppi bancari, la disciplina si applica agli organi e alle funzioni della capogruppo e, per quanto di competenza, delle singole societa' del gruppo. Al riguardo, vanno individuate e documentate le modalita' piu' opportune per assicurare un adeguato grado di coinvolgimento e responsabilizzazione delle singole societa' del gruppo. 2. Ruolo degli organi aziendali nella gestione e nel controllo dei rischi 2.1 Organo con funzione di supervisione strategica Per il conseguimento di un efficace ed efficiente sistema di gestione e controllo dei rischi, un ruolo fondamentale e' attribuito all'organo con funzione di supervisione strategica. In particolare, tale organo: - individua gli orientamenti strategici e le politiche di gestione del rischio, provvedendo al loro riesame periodico al fine di assicurarne l'efficacia nel tempo. Esso e' consapevole dei rischi a cui la banca si espone, conosce e approva le modalita' attraverso le quali i rischi stessi sono rilevati e valutati; - assicura nel continuo che i compiti e le responsabilita' siano allocati in modo chiaro e appropriato, con particolare riguardo ai meccanismi di delega; - verifica che l'assetto delle funzioni di controllo dei rischi sia definito in coerenza con gli indirizzi strategici, che le funzioni medesime abbiano un'autonomia di giudizio appropriata e che siano fornite di risorse qualitativamente e quantitativamente adeguate; - si assicura che venga approntato un sistema di flussi informativi in materia di gestione e controllo dei rischi accurato, completo e tempestivo; - garantisce che la funzionalita', l'efficienza e l'efficacia del sistema di gestione e controllo dei rischi siano periodicamente verificate e che i risultati di tali verifiche siano portati a conoscenza del medesimo organo di supervisione; nel caso emergano carenze o anomalie, promuove con tempestivita' idonee misure correttive; - con riferimento al processo ICAAP, definisce e approva le linee generali del processo, ne assicura l'adeguamento tempestivo in relazione a modifiche significative delle linee strategiche, dell'assetto organizzativo, del contesto operativo di riferimento e promuove il pieno utilizzo delle risultanze dell'ICAAP a fini strategici e nelle decisioni d'impresa. Riguardo ai rischi di credito, l'organo di supervisione strategica approva le linee generali del sistema di gestione delle tecniche di attenuazione del rischio che presiede all'intero processo di acquisizione, valutazione, controllo e realizzo degli strumenti di CRM utilizzati. Nelle banche che adottano sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, l'organo di supervisione strategica svolge anche i seguenti compiti: - approva l'adozione dei suddetti sistemi. In particolare, approva la scelta del sistema ritenuto idoneo e il relativo progetto in cui sono pianificate le attivita' connesse alla predisposizione e alla messa in opera dello stesso, individuate le responsabilita', definiti i tempi di realizzazione nonche' determinati gli investimenti previsti in termini di risorse umane, finanziarie e tecnologiche; - verifica periodicamente che le scelte effettuate mantengano nel tempo la loro validita', approvando i cambiamenti sostanziali al sistema e provvedendo alla complessiva supervisione sul corretto funzionamento dello stesso; - vigila, con il supporto delle competenti funzioni di controllo interno, sull'effettivo utilizzo dei sistemi interni a fini gestionali (use test) e sulla loro rispondenza agli altri requisiti previsti dalla normativa; - con cadenza almeno annuale, esamina la relazione annuale predisposta dalla revisione interna e i riferimenti forniti dalla funzione di convalida e assume, col parere dell'organo di controllo, formale delibera con la quale attesta il rispetto dei requisiti previsti per l'utilizzo dei sistemi prescelti. 2.2 Organo con funzione di gestione L'organo con funzione di gestione e' responsabile dell'istituzione e del mantenimento di un efficace sistema di gestione e controllo dei rischi, in attuazione degli indirizzi strategici. In particolare, esso: - verifica nel continuo l'efficienza e l'efficacia complessiva del sistema di gestione e controllo dei rischi, provvedendo al suo adeguamento in relazione alle carenze o anomalie riscontrate, ai cambiamenti del contesto di riferimento o a seguito dell'introduzione di nuovi prodotti, attivita' o processi rilevanti; - definisce le responsabilita' delle strutture e delle funzioni aziendali coinvolte in modo che siano chiaramente attribuiti i relativi compiti e siano prevenuti potenziali conflitti di interesse; assicura, altresi', che le attivita' rilevanti siano dirette da personale qualificato, con adeguato grado di autonomia di giudizio ed in possesso di esperienze e conoscenze proporzionate ai compiti da svolgere; - definisce i flussi informativi volti ad assicurare agli organi aziendali e alle funzioni di controllo la piena conoscenza e governabilita' dei fattori di rischio; - con riferimento al processo ICAAP, da' attuazione a tale processo curando che lo stesso sia rispondente agli indirizzi strategici e che soddisfi i seguenti requisiti: consideri tutti i rischi rilevanti; incorpori valutazioni prospettiche; utilizzi appropriate metodologie; sia conosciuto e condiviso dalle strutture interne; sia adeguatamente formalizzato e documentato; individui i ruoli e le responsabilita' assegnate alle funzioni e alle strutture aziendali; sia affidato a risorse quali-quantitativamente adeguate e dotate dell'autorita' necessaria a far rispettare la pianificazione; sia parte integrante dell'attivita' gestionale. Con specifico riferimento ai rischi di credito, l'organo di gestione, in linea con gli indirizzi strategici, approva specifiche linee guida volte ad assicurare l'efficacia del sistema di gestione delle tecniche di attenuazione del rischio e a garantire il rispetto dei requisiti generali e specifici di tali tecniche. Nelle banche che adottano sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, l'organo di gestione svolge anche i seguenti compiti: - e' responsabile dell'impianto e del funzionamento dei sistemi prescelti; per svolgere tale compito i componenti dell'organo possiedono un'adeguata conoscenza degli aspetti rilevanti; - impartisce le disposizioni necessarie affinche' il sistema prescelto sia realizzato secondo le linee strategiche individuate, assegnando compiti e responsabilita' alle diverse funzioni aziendali e assicurando la formalizzazione e la documentazione delle fasi del processo di misurazione, gestione e controllo del rischio; - cura che il sistema di misurazione dei rischi sia integrato nei processi decisionali e nella gestione dell'operativita' aziendale (use test). Nello svolgimento dei compiti assegnati, l'organo con funzione di gestione tiene conto delle osservazioni emerse a seguito del processo di convalida e delle verifiche condotte dalla revisione interna. 2.3 Organo con funzione di controllo. L'organo con funzione di controllo vigila sull'adeguatezza e sulla rispondenza del sistema di gestione e controllo dei rischi, nonche' del processo ICAAP, ai requisiti stabiliti dalla normativa. Per lo svolgimento delle proprie attribuzioni, tale organo dispone di adeguati flussi informativi da parte degli altri organi aziendali e delle funzioni di controllo interno. Nelle banche che adottino sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, l'organo di controllo, avvalendosi dell'apporto delle funzioni di controllo interno, valuta - nell'ambito della piu' generale attivita' di verifica del processo di gestione e controllo del rischio - la funzionalita' e l'adeguatezza del sistema stesso, nonche' la rispondenza ai requisiti previsti dalla normativa. 3. La gestione e il controllo dei rischi nel gruppo bancario I gruppi bancari si dotano di un efficace ed efficiente sistema di gestione e controllo dei rischi ai quali il gruppo nel suo complesso e' o potrebbe essere esposto. Detti processi devono coprire ogni aspetto dell'operativita' del gruppo coerentemente con la struttura organizzativa, le dimensioni del gruppo e la complessita' delle attivita' svolte. Le decisioni strategiche a livello di gruppo in materia di gestione del rischio sono rimesse agli organi aziendali della capogruppo. Le scelte effettuate tengono conto delle specifiche operativita' e dei connessi profili di rischio di ciascuna delle societa' componenti il gruppo in modo da realizzare una politica di gestione dei rischi integrata e coerente. Per il conseguimento di tale obiettivo e' necessario che gli organi della capogruppo svolgano le funzioni loro affidate con riferimento non soltanto alla propria realta' aziendale ma anche valutando l'operativita' complessiva del gruppo ed i rischi cui esso e' esposto. Per quanto riguarda le componenti del gruppo, gli organi aziendali (con funzione sia di supervisione strategica che di gestione) devono essere consapevoli del profilo di rischio e delle politiche di gestione definiti dagli organi di vertice della capogruppo. Inoltre, i medesimi organi delle controllate, ciascuno secondo le proprie competenze, sono responsabili dell'attuazione, in modo coerente con la propria realta' aziendale, delle strategie e politiche di gestione del rischio decise dagli organi di vertice della capogruppo. A tal fine e' necessario che la capogruppo coinvolga e renda partecipi, nei modi ritenuti piu' opportuni, gli organi aziendali delle controllate delle scelte effettuate in materia di procedure e politiche di gestione dei rischi. Per quanto riguarda i sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, spetta alla capogruppo la decisione strategica di adottare detti sistemi e di determinarne le caratteristiche essenziali. Essa ha inoltre la responsabilita' della realizzazione del progetto, nonche' della supervisione sul corretto funzionamento del sistema e sul suo costante adeguamento sotto il profilo metodologico, organizzativo e procedurale. A tale scopo la capogruppo deve esercitare le proprie prerogative di direzione e coordinamento fra le varie societa' e strutture del gruppo per assicurare unitarieta' alla complessiva gestione del sistema e per garantire il rispetto dei requisiti previsti dalla normativa.
PARTE QUINTA
AUTORIZZAZIONE ALL'UTILIZZO DEI SISTEMI INTERNI DI MISURAZIONE DEI RISCHI PER LA DETERMINAZIONE DEI REQUISITI PATRIMONIALI A FRONTE DEI RISCHI DI CREDITO, DI CONTROPARTE, DI MERCATO E OPERATIVI
SEZIONE I
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE
1. Definizioni Ai fini della presente disciplina, si fa riferimento alle definizioni contenute nel par. 2 della Parte Seconda. 2. Unita' organizzative responsabili dei procedimenti amministrativi Si indicano di seguito le unita' organizzative responsabili dei procedimenti amministrativi di cui alla presente Parte: - autorizzazione e revoca dell'autorizzazione per i gruppi bancari e le banche non controllati da un'impresa madre europea all'utilizzo dei sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di credito, di controparte, di mercato e operativi (Sezione II): Servizio Supervisione gruppi bancari e Servizio Supervisione intermediari specializzati, ai sensi del Provvedimento della Banca d'Italia del 25 giugno 2008.
SEZIONE II
PROCEDURE AUTORIZZATIVE
1. Premessa La Banca d'Italia autorizza l'utilizzo dei sistemi interni predisposti dalle banche per il calcolo dei requisiti patrimoniali sui rischi di credito, di controparte, di mercato, operativi, subordinatamente al rispetto dei requisiti organizzativi e quantitativi previsti per ciascuno dei suddetti sistemi (cfr. Titolo II, rispettivamente Capitoli 1, 3, 4 e 5). Il provvedimento di autorizzazione ha valenza esclusivamente prudenziale, non implicando, nell'oggetto o nella finalita', una piu' generale valutazione sul merito delle scelte imprenditoriali, delle quali restano responsabili gli organi aziendali. Riguardo alle caratteristiche del procedimento amministrativo, si fa rinvio, per quanto di seguito non disciplinato, alla legge 7 agosto 1990, n. 241, all'articolo 24 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, e ai relativi regolamenti di attuazione. 2. Procedura autorizzativa per i gruppi bancari e per le banche non controllati da un'impresa madre europea 2.1 Presentazione della domanda. La domanda di autorizzazione e' presentata alla Banca d'Italia dalla banca autorizzata in Italia o dalla capogruppo quando non siano controllate da un'impresa madre europea. La domanda deve essere corredata dalla documentazione indicata negli allegati ai capitoli relativi a ciascun tipo di rischio. La Banca d'Italia puo' richiedere ogni altra informazione o documentazione ritenuta utile ad una compiuta valutazione dell'istanza. In considerazione dell'elevata complessita' e del rilevante impatto organizzativo dei sistemi interni, le banche possono sottoporre alla Banca d'Italia, prima dell'inoltro formale della domanda, i progetti e la relativa documentazione. La presentazione preliminare dei progetti non determina l'avvio del procedimento amministrativo. 2.2 Istruttoria della Banca d'Italia Il procedimento autorizzativo si conclude entro il termine di sei mesi dal momento della ricezione da parte della Banca d'Italia dell'istanza di autorizzazione completa di tutta la documentazione. La Banca d'Italia valuta l'istanza accertando la sussistenza dei requisiti organizzativi e quantitativi previsti dalla disciplina con riferimento a ciascun sistema interno. Gli aspetti di rilievo relativi al progetto possono essere approfonditi con gli esponenti aziendali, anche mediante verifiche in loco. 2.3 Decisione e comunicazione del provvedimento La Banca d'Italia decide con provvedimento espresso e motivato da comunicarsi al soggetto istante. L'autorizzazione puo' essere accompagnata da specifiche prescrizioni, anche con riguardo alla misura del requisito patrimoniale, in relazione a determinati aspetti del sistema non pienamente coerenti con la complessita' operativa e con il profilo di rischio del soggetto richiedente, sempreche' non risultino inficiate la validita' e l'affidabilita' complessiva del sistema. 2.4 Verifiche successive e revoca dell'autorizzazione La Banca d'Italia verifica il costante rispetto dei requisiti previsti per l'adozione dei sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali. Nel caso in cui una banca intenda apportare modifiche significative ai suddetti sistemi ne da' comunicazione alla Banca d'Italia, fornendo ogni utile elemento di valutazione. Le banche forniscono, altresi', puntuali indicazioni alla Banca d'Italia in ordine all'impatto sui sistemi di eventi aziendali o di fattori esterni di rilievo (ad esempio, fusioni, ristrutturazioni, cambiamenti normativi). La Banca d'Italia adotta gli interventi necessari affinche' le banche assicurino l'affidabilita' e la funzionalita' complessiva dei sistemi e la corretta determinazione del requisito patrimoniale; nei casi in cui vengano meno i requisiti per l'utilizzo dei sistemi, la Banca d'Italia puo' revocare l'autorizzazione, indicando la metodologia di calcolo del requisito patrimoniale. 2.5 Cooperazione tra autorita' di vigilanza Nel caso di gruppi bancari non controllati da un'impresa madre europea e che controllano banche in altri Stati comunitari, la Banca d'Italia, autorita' competente per l'autorizzazione, avvia una procedura di consultazione e collaborazione con le autorita' di vigilanza estere interessate. La documentazione allegata alla domanda e' redatta in italiano ovvero nella lingua convenuta tra la Banca d'Italia e le autorita' estere. La Banca d'Italia, dopo aver verificato la completezza dell'istanza, la trasmette alle suddette autorita'. Queste ultime sono informate prontamente della presentazione dell'istanza anche nel caso di documentazione incompleta. La Banca d'Italia e le autorita' estere cooperano per raggiungere una decisione congiunta. A tal fine, esse definiscono la ripartizione dei rispettivi compiti e responsabilita', stabilendo criteri e modalita' operative (1); la Banca d'Italia ne da' comunicazione alla capogruppo. Nel caso in cui, sulla base del programma definito dalla capogruppo, le controllate estere non adottino subito i sistemi interni, la procedura per la decisione congiunta e' avviata solo successivamente. La Banca d'Italia informa, comunque, le autorita' estere in ordine ai contenuti del piano di estensione dei modelli e agli stadi di avanzamento del progetto.
(1) Nell'ambito della ripartizione dei compiti, la Banca d'Italia puo' concordare lo svolgimento di attivita' specifiche da parte delle altre autorita', quali, ad esempio: la valutazione di sistemi sviluppati ed applicati nei rispettivi Paesi; la verifica dell'utilizzo, da parte delle controllate, di tali sistemi e di quelli elaborati in sede centralizzata; l'analisi delle basi dati e dei sistemi informativi utilizzati localmente; la verifica della funzionalita' dei sistemi di controllo locali; il coordinamento di specifiche attivita'. Qualora, entro sei mesi dalla presentazione della domanda di autorizzazione, non venga adottata una decisione congiunta della Banca d'Italia e delle autorita' estere, la Banca d'Italia decide in merito all'istanza entro i trenta giorni successivi alla scadenza di detto termine. Il provvedimento della Banca d'Italia, che da' conto delle eventuali osservazioni o riserve delle autorita' estere, e' comunicato alla capogruppo ed e' vincolante per tutte le componenti del gruppo. Il provvedimento e' trasmesso alle autorita' di vigilanza estere interessate. Le disposizioni del presente paragrafo si applicano anche all'impresa di riferimento. 3. Procedura autorizzativa per i gruppi bancari e per le banche controllati da un'impresa madre europea Nel caso di gruppi bancari e di banche italiane controllati da un'impresa madre europea l'istanza di autorizzazione e' presentata all'autorita' estera che esercita la vigilanza su tale impresa e secondo le modalita' stabilite dall'autorita' estera. Il procedimento di consultazione e collaborazione tra le autorita' di vigilanza interessate, inclusa la Banca d'Italia, si svolge su iniziativa e con il coordinamento dell'autorita' estera che esercita la vigilanza sull'impresa madre europea. La Banca d'Italia comunica ai gruppi bancari e alle banche italiane i profili di rilievo relativi ai criteri e alle modalita' operative della collaborazione. Qualora, entro sei mesi dalla presentazione della domanda, non venga adottata una decisione congiunta tra le autorita' interessate, l'autorita' estera che esercita la vigilanza sull'impresa madre europea decide in merito all'istanza. Il provvedimento, che da' conto delle eventuali osservazioni o riserve espresse dalle autorita', e' comunicato dalla Banca d'Italia alla capogruppo o alle banche italiane ed e' per esse vincolante.
TITOLO V
Capitolo 4
PARTECIPAZIONI DETENIBILI DALLE BANCHE E DAI GRUPPI BANCARI
SEZIONE I
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE
1. Premessa La disciplina delle partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari e' diretta a contenere il rischio di un eccessivo immobilizzo dell'attivo derivante da investimenti partecipativi in imprese finanziarie e non finanziarie; con specifico riferimento a queste ultime, mira altresi' a promuovere una gestione dei rischi e dei conflitti di interesse conforme al criterio della sana e prudente gestione. In vista di tali obiettivi la disciplina fissa, in primo luogo, un limite generale all'investimento in partecipazioni e in immobili, da contenere entro l'ammontare del patrimonio di vigilanza a livello consolidato. Limiti specifici in linea con la disciplina comunitaria sono previsti, inoltre, per le partecipazioni qualificate in imprese non finanziarie, con riferimento sia all'investimento in una singola impresa (limite di concentrazione) sia al complesso degli investimenti della specie (limite complessivo). Tali limiti trovano applicazione, con criteri e modalita' specifici, anche per forme di investimento in equity realizzate indirettamente attraverso organismi interposti tra la banca e l'impresa finale (es. fondi di private equity, veicoli societari etc). Specifiche cautele sono previste per l'acquisizione di partecipazioni in imprese in temporanea difficolta' finanziaria o per finalita' di recupero crediti, in considerazione della elevata rischiosita' di tali investimenti e a presidio dell'obiettivita' delle relative decisioni. L'acquisizione di partecipazioni e' soggetta ad autorizzazione preventiva soltanto in caso di investimenti in imprese di natura finanziaria che, per la loro rilevanza, siano suscettibili di determinare impatti sulla struttura finanziaria e patrimoniale dell'acquirente, nonche' per acquisizioni da cui possano derivare ostacoli all'esercizio della vigilanza consolidata. La disciplina dei limiti prudenziali e delle autorizzazioni e' completata dall'indicazione di principi in materia di organizzazione e controlli interni orientati a promuovere il controllo dei rischi e la prevenzione e corretta gestione dei conflitti di interesse, ivi inclusa la possibilita' di adottare, ove appropriato, soluzioni ispirate a forme di separazione organizzativa o societaria fra l'attivita' di investimento partecipativo e la rimanente attivita' bancaria, in particolare quella di erogazione del credito. La concreta attuazione di tali principi nelle diverse realta' aziendali e' guidata dal principio di proporzionalita', con riguardo alle diverse caratteristiche e strategie degli intermediari. 2. Fonti normative La materia e' regolata: - dalla direttiva 2006/48/CE del 14 giugno 2006, e successive modifiche, relativa all'accesso all'attivita' degli enti creditizi e al suo esercizio; - dalla direttiva 2006/49/CE del 14 giugno 2006, e successive modifiche, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi; - dai seguenti articoli del TUB: • articolo 1, comma 2, lett. h-quater, che definisce le partecipazioni come le azioni, le quote e gli altri strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi o comunque i diritti previsti dall'articolo 2351, ultimo comma, del codice civile; • articolo 53, comma 1, lett. a), b), c), d) e d-bis), che attribuisce alla Banca d'Italia il compito di emanare, in conformita' delle deliberazioni del CICR, disposizioni di carattere generale aventi a oggetto l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, le partecipazioni detenibili, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni, nonche' l'informativa da rendere al pubblico sulle predette materie; • articolo 53, comma 2, in base al quale le disposizioni emanate ai sensi del comma 1 del medesimo articolo possono prevedere che determinate operazioni siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d'Italia; • articolo 67, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e), che, al fine di esercitare la vigilanza consolidata, attribuisce alla Banca d'Italia, in conformita' con le deliberazioni del CICR, la facolta' di impartire alla capogruppo, con provvedimenti di carattere generale o particolare, disposizioni concernenti il gruppo bancario complessivamente considerato o suoi componenti, aventi a oggetto l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, le partecipazioni detenibili, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni, nonche' l'informativa da rendere al pubblico sulle predette materie; • articolo 67, comma 2, in base al quale le disposizioni emanate ai sensi del comma 1 del medesimo articolo possono prevedere che determinate operazioni siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d'Italia; - dalla deliberazione del CICR del 29 luglio 2008, n. 276, in materia di partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari. Viene, inoltre, in rilievo: - l'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, recante la "Disciplina dell'attivita' di garanzia collettiva dei fidi", e in particolare i commi 29, 30 e 31, concernenti le banche costituite in forma di societa' cooperativa a responsabilita' limitata che, in base al proprio statuto, esercitano prevalentemente l'attivita' di garanzia collettiva dei fidi a favore dei soci ("banche di garanzia collettiva dei fidi"). 3. Definizioni Ai fini della presente disciplina si definiscono: - "partecipazione", il possesso di azioni o quote nel capitale di un'altra impresa che, realizzando una situazione di legame durevole con essa, e' destinato a sviluppare l'attivita' del partecipante. Un legame durevole sussiste in tutti i casi di controllo e di influenza notevole ai sensi delle presenti disposizioni nonche' nelle altre ipotesi in cui l'investimento della banca si accompagni a stabili rapporti strategici, organizzativi, operativi, finanziari. A titolo di esempio, costituisce indice di un legame durevole il ricorrere di una o piu' delle seguenti circostanze: (i) la banca (il gruppo bancario) e' parte di un accordo con l'impresa partecipata o con altri partecipanti di questa, che le consente di sviluppare attivita' comuni con essa (es. cooperazione nel campo della produzione, ricerca e sviluppo; contratti di fornitura a lungo termine e/o accordi commerciali; finanziamenti congiunti); (ii) per effetto di condizioni stabilite convenzionalmente o di impegni assunti unilateralmente, la banca (il gruppo bancario) e' limitata nella facolta' di esercitare liberamente i propri diritti relativi alle azioni o quote detenute, in particolare per quanto riguarda la facolta' di cessione; (iii) la banca (il gruppo bancario) e' legata all'impresa partecipata da legami commerciali (es. prodotti comuni, cross-selling, linee di distribuzione) o da transazioni rilevanti; (iv) un prolungato periodo di possesso dell'interessenza (oltre 12 mesi) che evidenzia l'intenzione della banca (del gruppo bancario) di contribuire alle attivita' dell'impresa. Costituiscono altresi' partecipazione, in presenza di un legame durevole: a. il possesso di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, emessi da una societa' a fronte di apporti non imputati a capitale che, senza dar luogo a un diritto al rimborso, danno diritto a una quota degli utili dell'attivita' ovvero a una quota del patrimonio netto risultante dalla liquidazione dei beni dell'impresa o del patrimonio destinato a uno specifico affare; b. la stipula di contratti derivati o il possesso di strumenti finanziari che, attribuendo diritti su azioni o su altre forme di equity di cui al precedente punto a., comportino per la banca o il gruppo bancario l'impegno incondizionato ad acquistare una partecipazione oppure consentano, se esercitati o convertiti, di esercitare il controllo o un'influenza notevole su un'impresa, tenendo conto degli altri possessi, diritti e di ogni altra circostanza rilevante; c. la stipula di contratti derivati o il possesso di strumenti finanziari che, realizzando la dissociazione tra titolarita' formale e proprieta' sostanziale di azioni o quote di capitale, comportino per la banca o per il gruppo bancario l'assunzione del rischio economico proprio di una interessenza partecipativa. Non si considerano partecipazione le azioni o quote di capitale di cui una banca, per effetto dei medesimi contratti, abbia acquisito la titolarita' senza assumere il relativo rischio economico o i cui diritti di voto possano essere esercitati, a propria discrezione, dalla controparte. Non rientrano nella definizione di partecipazione: - le operazioni di acquisto di azioni che presentino l'obbligo per il cessionario di rivendita a una data certa e a un prezzo definito (operazioni pronti contro termine); - il mero possesso di azioni a titolo di pegno, disgiunto dalla titolarita' del diritto di voto; - le interessenze detenute in veicoli costituiti in Italia o all'estero al solo scopo di dare veste societaria a singole operazioni di raccolta o impiego e destinati a essere liquidati una volta conclusa l'operazione. Le limitazioni dell'oggetto sociale, delle possibilita' operative e della capacita' di indebitamento devono risultare dalla disciplina contrattuale e statutaria del veicolo; - "partecipazione qualificata", il possesso, diretto o indiretto, di azioni o quote pari o superiori al 10 per cento del capitale sociale o dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria o altro organo equivalente di un'impresa oppure che comporta il controllo o la possibilita' di esercitare un'influenza notevole sulla gestione dell'impresa stessa. A tali fini non si tiene conto delle azioni e dei diritti rivenienti da interessenze classificate nel portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza, purche' non superiori al 2 per cento del capitale dell'impresa partecipata. Rientrano tra le partecipazioni qualificate, al ricorrere dei requisiti sopra indicati, le fattispecie a., b. e c. sub partecipazione; - "controllo", ai sensi dell'articolo 23 TUB: i casi previsti dall'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile; il controllo da contratti o da clausole statutarie aventi per oggetto o per effetto il potere di esercitare l'attivita' di direzione e coordinamento; i casi di controllo nella forma dell'influenza dominante. Rilevano come controllo anche le situazioni di controllo congiunto, inteso come la condivisione, contrattualmente stabilita, del controllo su un'attivita' economica. In tal caso si considerano controllanti: a) i soggetti che hanno la possibilita' di esercitare un'influenza determinante sulle decisioni finanziarie e operative di natura strategica dell'impresa (1);
(1) Tale situazione ricorre, ad esempio, in presenza di due o piu' soggetti aventi ciascuno la possibilita' di impedire l'adozione di decisioni finanziarie e operative di natura strategica dell'impresa controllata, attraverso l'esercizio di un diritto di veto o per effetto dei quorum per le decisioni degli organi societari. b) gli altri soggetti in grado di condizionare la gestione dell'impresa in base alle partecipazioni detenute, a patti in qualsiasi forma stipulati, a clausole statutarie, aventi per oggetto o per effetto la possibilita' di esercitare il controllo; - "influenza notevole", il potere di partecipare alla determinazione delle politiche finanziarie e operative di un'impresa, senza averne il controllo. L'influenza notevole si presume in caso di possesso di una partecipazione, diretta o indiretta, pari o superiore al 20 per cento del capitale sociale o dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria o in altro organo equivalente della societa' partecipata, ovvero al 10 per cento nel caso di societa' con azioni quotate in mercati regolamentati. In caso di possesso inferiore alle predette soglie, devono essere condotti specifici approfondimenti per accertare la sussistenza di una influenza notevole almeno al ricorrere dei seguenti indici e tenendo conto di ogni altra circostanza rilevante: (i) la banca (il gruppo bancario) e' rappresentata nell'organo con funzione di gestione o nell'organo con funzione di supervisione strategica dell'impresa partecipata; non costituisce di per se' indice di influenza notevole il solo fatto di esprimere il componente in rappresentanza della minoranza secondo quanto previsto dalla disciplina degli emittenti azioni quotate in mercati regolamentati; (ii) la banca (il gruppo bancario) partecipa alle decisioni di natura strategica dell'impresa partecipata, in particolare in quanto disponga di diritti di voto determinanti nelle decisioni dell'assemblea in materia di bilancio, destinazione degli utili, distribuzione di riserve, senza che si configuri una situazione di controllo congiunto (1);
(1) Tale situazione ricorre, ad esempio, quando l'azionariato della societa' sia frazionato fra piu' soci (non legati fra loro da patti di controllo congiunto) in modo tale che il voto di determinati soci, che possiedano singolarmente quote inferiori alle presunzioni di influenza notevole, possa risultare decisivo per la formazione delle maggioranze assembleari nelle materie sopra indicate. (iii) tra la banca (il gruppo bancario) e l'impresa partecipata intercorrono "operazioni di maggiore rilevanza" come definite ai fini della disciplina delle attivita' di rischio nei confronti di soggetti collegati (2), lo scambio di personale manageriale, la fornitura di informazioni tecniche essenziali;
(2) Cfr. Titolo V, Capitolo 4, Sezione I, par. 3. - "partecipazione indiretta", le partecipazioni acquisite o comunque possedute per il tramite di societa' controllate, di societa' fiduciarie, organismi o persone interposti. Non si considerano indirettamente controllate o sottoposte a influenza notevole le societa' e imprese partecipate da entita' a loro volta sottoposte a controllo congiunto; - "impresa assicurativa", un'impresa di assicurazione o di riassicurazione, una societa' di partecipazione assicurativa o una societa' di partecipazione assicurativa mista, come definite dall'art. 1, comma 1, lettere da t) a cc) del d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209 ("Codice delle assicurazioni private"); - "impresa finanziaria", un'impresa, diversa da una banca o da un IMEL, che esercita in via esclusiva o prevalente: l'attivita' di assunzione di partecipazioni, quando chi la esercita non sia impresa non finanziaria ai sensi delle presenti disposizioni; una o piu' delle attivita' ammesse al mutuo riconoscimento previste dall'articolo 1, comma 2, lettera f), punti da 2 a 12 del TUB; altre attivita' finanziarie previste ai sensi del numero 15 della medesima lettera; le attivita' di cui all'articolo 1, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Si presume finanziaria l'impresa iscritta in un albo o elenco pubblico di soggetti finanziari e quella che, indipendentemente dall'iscrizione in albi o elenchi, e' sottoposta a forme di vigilanza di stabilita' di un'autorita' italiana o di uno Stato dell'UE o del Gruppo dei Dieci ovvero di quelli inclusi in apposito elenco pubblicato dalla Banca d'Italia. Sono imprese finanziarie altresi' le societa' di gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari, le societa' che esercitano esclusivamente l'agenzia in attivita' finanziaria e le relative attivita' connesse e strumentali; - "impresa strumentale", un'impresa, diversa da un'impresa finanziaria, che esercita in via esclusiva o prevalente un'attivita' ausiliaria all'attivita' di una o piu' banche o gruppi bancari. Rientrano tra le attivita' ausiliarie, ad esempio, la proprieta' e la gestione di immobili per uso funzionale della banca, la fornitura di servizi informatici, l'erogazione di servizi o la fornitura di infrastrutture per la gestione di servizi di pagamento, i servizi di intestazione fiduciaria e di trustee; - "impresa non finanziaria", un'impresa diversa da una banca, da un IMEL, da un'impresa assicurativa, finanziaria o strumentale. Rientrano nella definizione di "impresa non finanziaria" le imprese che, svolgendo in via esclusiva o prevalente l'attivita' di assunzione di partecipazioni, detengono interessenze prevalentemente in imprese non finanziarie con lo scopo di dirigerne e coordinarne l'attivita'. L'attivita' di direzione e coordinamento si presume in capo alla societa' di partecipazioni tenuta a consolidare nel proprio bilancio le imprese partecipate e comunque in caso di controllo. Sono imprese non finanziarie anche le societa' aventi per oggetto sociale esclusivo il possesso di partecipazioni e che detengono investimenti in un'unica impresa non finanziaria; - "patrimonio di vigilanza", l'aggregato definito dal Titolo V, Capitolo 1, delle Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche (Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 e successivi aggiornamenti). 4. Destinatari della disciplina Le presenti disposizioni si applicano: - su base individuale, alle banche autorizzate in Italia, ad eccezione delle banche appartenenti a un gruppo bancario e delle succursali di banche extracomunitarie aventi sede in uno dei Paesi del Gruppo dei Dieci ovvero in quelli inclusi in un apposito elenco pubblicato e periodicamente aggiornato dalla Banca d'Italia; - su base consolidata: • ai gruppi bancari; • alle imprese di riferimento (1), con riguardo anche alle societa' bancarie, finanziarie e strumentali controllate dalla societa' di partecipazione finanziaria madre nell'UE; • alle componenti sub-consolidanti del gruppo (1).
(1) Cfr. Titolo I, Capitolo 1, Parte Seconda. Le banche italiane non appartenenti ad un gruppo bancario che controllino, congiuntamente ad altri soggetti e in base ad appositi accordi, societa' bancarie, finanziarie e strumentali partecipate in misura almeno pari al 20 per cento dei diritti di voto o del capitale applicano le presenti disposizioni su base consolidata. La Banca d'Italia puo' applicare su base consolidata le presenti disposizioni anche nei confronti di banche, societa' finanziarie e strumentali non comprese nel gruppo bancario ma controllate dalla persona fisica o giuridica che controlla il gruppo bancario o la singola banca. 5. Unita' organizzative responsabili dei procedimenti amministrativi Si indicano di seguito le unita' organizzative responsabili dei procedimenti amministrativi di cui al presente Capitolo: - autorizzazione all'acquisizione di partecipazioni in banche, IMEL, imprese finanziarie, imprese assicurative e imprese strumentali: Servizio Supervisione Gruppi Bancari, Servizio Supervisione Intermediari Specializzati, Unita' di Coordinamento d'Area e collegamento Filiali o Filiale competente per territorio, come individuati nei regolamenti adottati ai sensi degli articoli 2, comma 2, e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
SEZIONE II
LIMITE GENERALE AGLI INVESTIMENTI IN PARTECIPAZIONI E IN IMMOBILI
1. Limite generale Non possono essere acquisite partecipazioni oltre il margine disponibile per investimenti in partecipazioni e in immobili. Il margine disponibile per investimenti in partecipazioni e in immobili e' dato dalla differenza tra il patrimonio di vigilanza e la somma delle partecipazioni e degli immobili, comunque detenuti. Ove, in relazione a eventi particolari, si verifichi una riduzione del patrimonio di vigilanza di entita' tale da comportare il superamento del limite generale, l'organo con funzione di gestione sottopone all'organo con funzione di supervisione strategica un programma che prevede il riallineamento alla presente disciplina nel piu' breve tempo possibile. 2. Modalita' di calcolo Ai fini del calcolo del margine disponibile si intendono per "immobili" gli immobili di proprieta' (al netto dei relativi fondi di ammortamento) e gli immobili acquisiti in locazione finanziaria. Sono esclusi gli immobili di proprieta' ceduti in locazione finanziaria e quelli acquisiti con i fondi di previdenza del personale. Ai fini del calcolo del limite generale si considerano anche: - le quote di OICR immobiliari non negoziate in mercati regolamentati; - gli immobili detenuti per finalita' di recupero dei crediti mediante societa' il cui passivo e' costituito da debiti verso la banca e l'attivo dagli immobili medesimi; in tali casi, non si computa nel limite la partecipazione eventualmente detenuta nella societa'. Si applicano le pertinenti previsioni del Titolo IV, Capitolo 10, delle Istruzioni di vigilanza per le banche (Circolare n. 229). Rientrano nel limite generale anche i contributi versati per la formazione del fondo patrimoniale di consorzi non societari.
SEZIONE III
LIMITI DELLE PARTECIPAZIONI DETENIBILI IN IMPRESE NON FINANZIARIE
1. Limiti prudenziali (1)
(1) Cfr. tavola 1 in allegato.
Limite di concentrazione Non puo' essere detenuta una partecipazione qualificata in una impresa non finanziaria per un ammontare superiore al 15% del patrimonio di vigilanza. Limite complessivo Il complesso delle partecipazioni qualificate detenute in imprese non finanziarie non puo' eccedere il 60% del patrimonio di vigilanza.
2. Casi di superamento I destinatari della presente disciplina sono tenuti ad assicurare il rispetto costante dei limiti alle partecipazioni detenibili in imprese non finanziarie. Qualora, per cause indipendenti dalla volonta' della banca o della capogruppo (ad esempio, riduzione del patrimonio per perdite, fusione tra soggetti partecipati, etc.), le partecipazioni detenute superino uno o entrambi i limiti, queste devono essere ricondotte nei limiti nel piu' breve tempo possibile. Fino a quando le partecipazioni detenute non siano ricondotte nei limiti, un ammontare eguale all'eccedenza deve essere dedotto per il 50% dal patrimonio di base e per il 50% dal patrimonio supplementare. Se entrambi i limiti di concentrazione e complessivo sono superati, deve essere dedotta l'eccedenza di ammontare piu' elevato.
SEZIONE IV
PARTECIPAZIONI ACQUISITE NELL'AMBITO DELL'ATTIVITA' DI COLLOCAMENTO E GARANZIA, IN IMPRESE IN TEMPORANEA DIFFICOLTA' FINANZIARIA E PER RECUPERO CREDITI
1. Attivita' di collocamento e garanzia Non si computano nei limiti di concentrazione, complessivo e generale le azioni e gli altri strumenti di capitale detenuti nell'ambito dell'attivita' di collocamento di titoli di nuova emissione con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente, anche svolta mediante la partecipazione a consorzi, per un periodo non superiore a 5 giorni lavorativi dalla chiusura del collocamento stesso (1).
(1) Per chiusura del collocamento si intende il momento in cui vengono chiuse le sottoscrizioni. I valori mobiliari rimasti nel portafoglio di proprieta' della banca oltre detto periodo, se non classificati nel portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza, devono essere computati nei suddetti limiti. 2. Partecipazioni in imprese in temporanea difficolta' finanziaria L'acquisizione di partecipazioni in imprese in temporanea difficolta' finanziaria, mediante conversione dei crediti e al fine di consentirne il riequilibrio, deve essere valutata con estrema cautela per la complessita' e l'elevato grado di incertezza che caratterizzano tali operazioni. In particolare deve essere attentamente verificata la sussistenza di una convenienza economica di tali operazioni. La conversione di crediti puo' rivelarsi vantaggiosa a condizione che la crisi dell'impresa affidata sia temporanea, riconducibile essenzialmente ad aspetti finanziari e non di mercato, e percio' esistano ragionevoli prospettive di riequilibrio nel medio periodo. L'intervento delle banche che intendono acquisire partecipazioni in imprese in temporanea difficolta' finanziaria deve inquadrarsi in una procedura basata sui seguenti punti (2):
(2) Nel caso di iniziative assunte all'estero, le banche italiane possono aderire in presenza di procedure sostanzialmente analoghe a quella prevista nelle presenti disposizioni. - redazione di un piano di risanamento finalizzato a conseguire l'equilibrio economico e finanziario in un periodo di tempo di norma non superiore a cinque anni; il piano deve essere predisposto da un numero di banche che rappresentino una quota elevata dell'esposizione complessiva nei confronti dell'impresa in difficolta'; - acquisizione di azioni o altri strumenti di nuova emissione e non gia' in circolazione; - in caso di pluralita' delle banche interessate, individuazione di una banca capofila con la responsabilita' di verificare la corretta esecuzione del piano e il sostanziale conseguimento degli obiettivi intermedi e finali previsti nel piano stesso; - approvazione del piano da parte dell'organo con funzione di gestione delle banche interessate e delle relative banche o societa' finanziarie capogruppo. In particolare, tale organo deve valutare la convenienza economica dell'operazione rispetto a forme alternative di recupero e verificare la sussistenza delle condizioni stabilite per l'acquisizione di partecipazioni in imprese in temporanea difficolta' finanziaria. Le partecipazioni in imprese in temporanea difficolta' finanziaria, acquisite in conformita' con le presenti disposizioni, non sono computate nei limiti di concentrazione e complessivo per le partecipazioni qualificate detenibili in imprese non finanziarie, per un periodo corrispondente alla durata del piano e di norma non superiore a cinque anni. 3. Partecipazioni acquisite per recupero crediti L'acquisizione di partecipazioni dirette nella societa' debitrice ovvero di interessenze detenute dal debitore al fine di recuperare il credito puo' essere effettuata nel rispetto dei limiti di concentrazione, complessivo e generale e delle altre condizioni stabilite nel presente paragrafo. Le partecipazioni dirette nella societa' debitrice devono essere finalizzate a facilitare il recupero del credito attraverso lo smobilizzo dell'attivo della societa' al fine di liquidare il patrimonio dell'impresa. Tale intervento deve essere approvato dall'organo con funzione di gestione con una delibera che ne metta in luce la convenienza rispetto all'avvio di altre iniziative di recupero, anche coattivo. L'organo con funzione di gestione puo' delegare le operazioni della specie a un comitato specializzato, fissando limiti e criteri di esercizio del potere delegato diretti ad assicurare un attento scrutinio delle singole operazioni e il pieno rispetto delle presenti disposizioni. Le operazioni deliberate dall'organo con funzione di gestione, direttamente o tramite il comitato delegato, sono riportate tempestivamente agli organi con funzione di supervisione strategica della banca interessata e della capogruppo del gruppo bancario. Nel caso di acquisizione di interessenze detenute dal debitore, ad esempio a seguito dell'attivazione di garanzie ricevute, le partecipazioni devono essere smobilizzate alla prima favorevole occasione.
SEZIONE V
PARTECIPAZIONI IN BANCHE, IN IMPRESE FINANZIARIE, IN IMPRESE ASSICURATIVE E IN IMPRESE STRUMENTALI
1. Autorizzazioni L'acquisizione di partecipazioni in banche, IMEL, imprese finanziarie e imprese assicurative e' sottoposta a preventiva autorizzazione della Banca d'Italia qualora - considerando anche le azioni, le quote, gli strumenti e i diritti gia' detenuti - la partecipazione (1):
(1) Cfr. tavola 2 in allegato. a. superi il 10% del patrimonio di vigilanza consolidato del gruppo bancario (2); oppure
(2) Nel caso di acquisizione da parte di una banca non appartenente a un gruppo bancario, si fa riferimento al patrimonio di vigilanza a livello individuale. b. comporti il controllo o l'influenza notevole (3) e l'impresa in cui si intende acquisire la partecipazione sia insediata in Paese diverso da quelli appartenenti all'Unione Europea e al Gruppo dei Dieci ovvero da quelli inclusi nell'apposito elenco pubblicato dalla Banca d'Italia previsto nel Titolo I, Capitolo 1, Parte Seconda ("Ambito di applicazione").
(3) Ivi compreso il caso del possesso di una partecipazione, diretta o indiretta, pari o superiore al 20 per cento del capitale sociale o dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria o in altro organo equivalente della societa' partecipata, ovvero al 10 per cento nel caso di societa' con azioni quotate in mercati regolamentati. L'acquisizione di partecipazioni in imprese strumentali e' sottoposta a preventiva autorizzazione della Banca d'Italia nei casi sopra indicati sub b. Le partecipazioni acquisite da imprese di assicurazione controllate da banche non rientrano nell'ambito di applicazione delle presenti disposizioni (4).
(4) Si applicano le disposizioni in tema di partecipazioni delle imprese di assicurazione e di riassicurazione di cui al d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private) e, ove ricorra un conglomerato finanziario, i controlli della vigilanza supplementare ai sensi del d.lgs. 30 maggio 2005, n. 142. Restano fermi le autorizzazioni e i controlli previsti dagli artt. 19 ss. del TUB e dalle relative disposizioni attuative per l'acquisizione di una partecipazione ovvero del controllo in una banca o capogruppo. 2. Criteri di autorizzazione Ai fini del rilascio dell'autorizzazione la Banca d'Italia valuta se la situazione tecnica e organizzativa del richiedente sia tale da sostenere l'acquisizione e se l'ulteriore articolazione organizzativa sia compatibile con le esigenze della vigilanza su base consolidata. L'autorizzazione e' negata qualora per effetto della deduzione della partecipazione dal patrimonio di vigilanza o del consolidamento dell'impresa partecipata venga meno il rispetto del requisito patrimoniale complessivo (1).
(1) Cfr. Titolo II, Capitolo 6. L'autorizzazione di cui al punto b. del par. 1. e' negata, oltre che nei casi di cui sopra, anche se, avendo riguardo alla legislazione e ai controlli di vigilanza del Paese di insediamento del soggetto partecipato, dall'acquisizione possono derivare ostacoli all'esercizio della vigilanza su base consolidata. 3. Procedimento e comunicazioni La richiesta di autorizzazione e' inoltrata alla Banca d'Italia dalla banca non appartenente a un gruppo bancario, ovvero dalla capogruppo per gli investimenti propri e per quelli delle controllate. Essa e' corredata dal verbale dell'organo societario della banca o della capogruppo che ha deliberato l'operazione, dallo statuto e dagli ultimi due bilanci approvati della societa' in cui si intende assumere la partecipazione (2) nonche' da ogni notizia utile a inquadrare l'operazione nell'ambito dei piani strategici e, ove trattasi di acquisizione di una partecipazione in una banca, di espansione territoriale.
(2) Non e' necessario l'invio dello statuto ove il soggetto nel quale si intende assumere la partecipazione sia una banca autorizzata in Italia o altro soggetto finanziario sottoposto alla vigilanza della Banca d'Italia. La richiesta, inoltre, fornisce informazioni concernenti l'impatto dell'operazione sull'adeguatezza patrimoniale attuale e prospettica del partecipante, a livello sia individuale sia consolidato, nonche' sul margine disponibile per gli investimenti in partecipazioni e in immobili. Le decisioni relative all'acquisizione di partecipazioni non soggette ad autorizzazione ma comportanti modifiche della composizione del gruppo bancario sono comunicate alla Banca d'Italia almeno 30 giorni prima del perfezionamento dell'operazione. La comunicazione e' corredata dalla copia della delibera dell'organo competente, che deve essere assunta sulla base di un'accurata valutazione della sostenibilita' dell'operazione e dell'impatto della stessa sulla sana e prudente gestione del gruppo bancario in termini di adeguatezza patrimoniale, finanziaria (con particolare riguardo al profilo della liquidita') e delle risorse umane nonche' di integrazione del sistema informativo. Le acquisizioni di partecipazioni in banche, IMEL, imprese finanziarie e imprese assicurative non soggette ad autorizzazione o comunicazione preventiva ai sensi delle presenti disposizioni ma che comportino (considerando anche le azioni, le quote, gli strumenti e i diritti gia' detenuti) il superamento della soglia dell' 1 per cento del patrimonio di vigilanza sono comunicate alla Banca d'Italia entro 30 giorni dal perfezionamento dell'operazione. L'informativa inquadra l'operazione nelle strategie della banca e fornisce le indicazioni sull'adeguatezza patrimoniale e sul margine disponibile previste nel presente paragrafo con riferimento ai casi di autorizzazione.
SEZIONE VI
INVESTIMENTI INDIRETTI IN EQUITY
1. Premessa Rientrano nell'ambito di applicazione della presente disciplina, oltre agli investimenti qualificabili come partecipazioni dirette o indirette ai sensi della Sezione I, anche altri investimenti comportanti sostanzialmente l'assunzione di rischi di equity, pur se effettuati attraverso schermi societari o organismi collettivi interposti tra la banca e l'impresa oggetto di investimento finale (cd. investimenti indiretti in equity). A tal fine sono presi in considerazione gli investimenti comportanti l'assunzione di rischi di equity in imprese non finanziarie effettuati attraverso societa' o altri organismi non inclusi nel perimetro di consolidamento del gruppo bancario, quando la banca o il gruppo abbia la possibilita' di esercitare il potere di controllare o influenzare le decisioni di tali societa' o organismi relativamente alla scelta e alla gestione degli investimenti. Detti investimenti sono assimilati a partecipazioni e ad essi si applicano i limiti prudenziali e le regole organizzative dettati dalla presente disciplina. Considerata l'eterogeneita' e la costante evoluzione di tali forme di investimento, la normativa di vigilanza indica criteri generali in base ai quali gli intermediari definiscono politiche interne di classificazione degli investimenti a fini di vigilanza. Le scelte di classificazione dei singoli investimenti della specie operate dagli intermediari devono essere motivate alla luce delle politiche aziendali approvate. La Banca d'Italia puo' richiedere, ove occorra, un trattamento prudenziale diverso da quello autonomamente determinato dall'intermediario. 2. Definizioni e criteri di classificazione degli investimenti Ai fini della presente Sezione si intende: -"organismo interposto": una societa', un OICR o altro organismo che si interpone tra la banca o il gruppo bancario e l'impresa oggetto dell'investimento finale, quando non inclusi nel perimetro di consolidamento del gruppo bancario. Rientrano nella definizione: le imprese che svolgono in via esclusiva o prevalente l'attivita' di assunzione di partecipazioni, quando non siano qualificabili come "imprese finanziarie" ai sensi delle presenti disposizioni; i fondi comuni di investimento aperti e chiusi, anche nella forma di limited partnerships in cui la banca o una societa' del gruppo assume il ruolo di general partner (o altre strutture equivalenti); i veicoli societari istituiti al solo scopo di detenere una o piu' interessenze partecipative nell'interesse della banca o del gruppo bancario (1);
(1) Vi rientrano anche gli investimenti in fondi gestiti da SGR controllate dalla banca o dal gruppo bancario, ancorche' tali societa' siano ricomprese nel perimetro di consolidamento. - "controllo": la capacita' di determinare le strategie finanziarie e operative dell'organismo interposto - anche congiuntamente con altri soggetti - relativamente alla scelta e alla gestione degli investimenti; il potere di controllo sugli investimenti si presume in capo al soggetto che effettua l'investimento maggioritario in termini assoluti (oltre il 50 per cento) o relativi (maggior singolo investitore); - "influenza notevole": la capacita' di condizionare le strategie finanziarie e operative dell'organismo interposto relativamente alla scelta e alla gestione degli investimenti, in quanto si detenga una quota rilevante di tali investimenti e si disponga della possibilita' di partecipare alle relative decisioni; si presume la detenzione di una quota rilevante in presenza di un investimento pari almeno al 20 per cento; - "indipendenza": l'assenza di una relazione di controllo o influenza, come sopra definiti. 3. Politiche aziendali Le banche e le societa' capogruppo adottano politiche per la classificazione degli investimenti indiretti in equity a fini di vigilanza, in conformita' dei criteri specificati nel presente paragrafo. Le politiche aziendali sono approvate dall'organo con funzione di supervisione strategica, su proposta dell'organo con funzione di gestione, sentito l'organo di controllo. Le relative deliberazioni e i documenti recanti le politiche interne sono tenuti a disposizione per eventuali richieste della Banca d'Italia. I criteri di classificazione degli investimenti indiretti in equity, da porre a base delle politiche aziendali, devono far riferimento: i) alle relazioni che intercorrono tra la banca partecipante o il gruppo bancario e l'organismo interposto; le relazioni rilevanti sono qualificate come "controllo", "influenza" e "indipendenza", secondo le definizioni contenute nella presente Sezione; ii) alle finalita' dell'investimento, con particolare riguardo alla sua stabilita' ovvero temporaneita' e alla circostanza che lo stesso sia, o meno, effettuato esclusivamente a fini di trading, alla luce anche della presenza, o meno, di significative restrizioni alla capacita' della banca di valutare e liquidare l'investimento; iii) alla diversificazione e liquidita' dell'investimento, ove si tratti di investimenti effettuati attraverso organismi indipendenti dalla banca. 4. Trattamento prudenziale 4.1. Limiti di detenibilita' Gli investimenti in equity di imprese non finanziarie effettuati per il tramite di organismi interposti sottoposti a controllo o influenza della banca o del gruppo bancario sono assimilati a "partecipazioni" e a "partecipazioni qualificate" ai fini dell'applicazione del limite generale (Sezione II), dei limiti di concentrazione e complessivo per le partecipazioni qualificate in imprese non finanziarie (Sezione III), delle regole organizzative e di governo societario (Sezione VII). Per l'applicazione dei limiti quantitativi (generale, di concentrazione e complessivo) gli investimenti sono determinati come segue: a) qualora la banca o la capogruppo sia a conoscenza degli effettivi investimenti effettuati attraverso l'organismo interposto, in quanto sia in grado di identificare e controllare nel tempo gli investimenti sottostanti, i limiti sono riferiti ai singoli investimenti finali (full look-through) (1); b) qualora la banca o la capogruppo sia in grado di identificare e controllare nel tempo solo una parte degli investimenti sottostanti lo schema, sono imputati nei limiti prudenziali gli investimenti noti e la parte rimanente e' trattata conformemente alla lettera c) (partial look-through) (1); c) qualora la banca o la capogruppo non sia a conoscenza degli effettivi investimenti ma possa ottenere con certezza - in base alle fonti contrattuali, statutarie e regolamentari che disciplinano le decisioni di investimento dell'organismo interposto in imprese non finanziarie - le informazioni circa i limiti massimi dell'investimento nelle diverse classi di attivita', ivi compresi quelli riferiti alle imprese non finanziarie, si imputa nei limiti di concentrazione e complessivo un'unica partecipazione non finanziaria per un importo pari al limite massimo di investimento in imprese non finanziarie consentito dalla disciplina propria dell'organismo interposto (structure-based approach): Ai fini del limite generale occorre tenere conto anche del limite massimo di investimento in imprese finanziarie (1);
(1) Al fine di determinare le quote di partecipazione negli investimenti sottostanti si applica l'equity ratio, pari al prodotto della quota percentuale dell'investimento nell'organismo interposto e di quella nell'impresa oggetto dell'investimento finale nonche', se presenti, nei soggetti interposti tra la prima e la seconda. Per determinare gli ammontari delle singole partecipazioni occorre considerare le quote di ripartizione degli investimenti sottostanti. Ad esempio, si consideri una banca che possieda quote di un fondo comune per 40 euro, pari al 40% delle quote complessive, e che il fondo, a sua volta, detenga partecipazioni nel capitale di due imprese non finanziarie (A e B), pari, rispettivamente, a 60 euro (pari al 60% degli investimenti complessivi del fondo e al 10% del capitale dell'impresa partecipata) e a 20 euro (pari al 20% degli investimenti complessivi del fondo e al 30% del capitale dell'impresa partecipata); gli altri 20 euro sono investiti nel capitale di imprese finanziarie. La banca, ai fini della presente normativa, deve rilevare le partecipazioni nelle imprese non finanziarie A e B di ammontare pari, rispettivamente, a 24 euro (40x0.60) e a 8 euro (40x0.20), per quote di interessenza pari, rispettivamente, al 40%x10%=4% e al 40%x30%=12% (partecipazione qualificata). Ai fini del limite generale l'importo complessivo da considerare e' pari a 100 euro. d) se nessuna delle condizioni sub a), b) e c) risulta verificata, la somma degli investimenti effettuati attraverso organismi interposti e' considerata come un'unica partecipazione in un'impresa non finanziaria (unknown exposure). Non sono assimilati a partecipazioni gli investimenti effettuati tramite organismi interposti indipendenti dalla banca, a condizione che detti investimenti siano: - improntati a criteri di adeguata diversificazione del portafoglio; ai fini della presente disciplina, un portafoglio di investimenti partecipativi puo' ritenersi adeguatamente diversificato qualora nessuno degli investimenti che lo compongono superi la misura del 5 per cento del portafoglio medesimo (1) e le imprese oggetto di investimento non siano tra loro connesse economicamente e giuridicamente (2);
(1) Nel caso di un "fondo di fondi", il criterio di granularita' puo' essere applicato al livello delle attivita' sottostanti i fondi in cui il fondo investe. (2) I criteri di connessione giuridica ed economica sono quelli indicati nella disciplina della concentrazione dei rischi (Titolo V, Capitolo 1). - sufficientemente liquidi, avendo riguardo all'assenza di significative restrizioni alla capacita' della banca di liquidare rapidamente le posizioni e di valutare le stesse in modo attendibile. Qualora i requisiti di diversificazione e liquidita' degli investimenti non risultino verificati, l'investimento e' computato nei limiti quantitativi nei modi sopra indicati sub a), b), c) e d). 4.2. Casi di esclusione Sono esclusi dall'applicazione dei limiti quantitativi di cui alla presente disciplina gli investimenti indiretti effettuati in concomitanza con una situazione temporanea di controllo o influenza sull'organismo interposto, a condizione che: - la banca possa dimostrare di essere alla ricerca attiva di un compratore o nell'attesa di ricollocare l'investimento sul mercato; - non sussistano significative restrizioni alla capacita' della banca di liquidare rapidamente le posizioni; - l'investimento sia detenuto per un periodo non superiore a 6 mesi, trascorso il quale la situazione di temporaneita' cessa e le partecipazioni rientrano nell'ambito di applicazione dell'intera disciplina sulle partecipazioni detenibili.
SEZIONE VII
REGOLE ORGANIZZATIVE E DI GOVERNO SOCIETARIO
In conformita' del principio di sana e prudente gestione, gli assetti organizzativi e il sistema dei controlli interni devono essere orientati all'obiettivo di prevenire e gestire correttamente i potenziali conflitti d'interesse tra l'attivita' d'investimento in partecipazioni in imprese non finanziarie e la rimanente attivita' bancaria, creditizia in particolare. Le soluzioni adottabili in concreto, rimesse all'autonomia degli intermediari, devono essere adeguate alle caratteristiche e strategie della banca o del gruppo bancario, nel rispetto del principio generale di proporzionalita', e risultare efficaci rispetto alla finalita' di prevenzione e gestione dei conflitti d'interesse. A tal fine, l'organo con funzione di supervisione strategica della banca o, nel caso di un gruppo bancario, della capogruppo, su proposta dell'organo con funzione di gestione e sentito l'organo con funzione di controllo, approva le politiche interne in materia di partecipazioni in imprese non finanziarie. Le relative deliberazioni e i documenti recanti le politiche interne sono tenuti a disposizioni per eventuali richieste della Banca d'Italia. In particolare le politiche interne: - determinano le strategie della banca o del gruppo bancario in materia di investimenti partecipativi in imprese non finanziarie. In tale ambito, le decisioni d'investimento e la gestione del portafoglio di partecipazioni in imprese non finanziarie devono essere orientate al criterio della redditivita' al netto del rischio. Deve altresi' essere individuata la propensione al rischio in termini di massimo grado di immobilizzo del patrimonio di vigilanza ritenuto accettabile con riferimento sia al complesso degli investimenti sia alle partecipazioni in singole imprese non finanziarie. I limiti operativi interni, il sistema dei controlli e le singole scelte di portafoglio devono essere coerenti con le strategie definite dalla banca. - Individuano, in relazione all'attivita' svolta nel comparto e alle strategie della banca e del gruppo, le altre attivita' bancarie che possono determinare conflitti d'interesse e definiscono soluzioni organizzative e di governo societario idonee a prevenire e gestire correttamente detti conflitti. Nell'individuare le attivita' in potenziale conflitto assumono particolare rilievo, per le finalita' di stabilita' e sana e prudente gestione degli intermediari, i conflitti di interesse inerenti, da un lato, all'acquisto di partecipazioni qualificate in imprese a cui la banca o il gruppo bancario abbiano gia' concesso altre forme di finanziamento, dall'altro alla concessione di crediti o effettuazione di altre operazioni finanziare nei confronti di soggetti nei quali la banca o il gruppo bancario detengono una partecipazione qualificata. Le soluzioni organizzative individuate devono conseguentemente essere orientate al duplice obiettivo di evitare che le decisioni di investimento e di gestione del portafoglio partecipativo siano condizionate da relazioni creditizie esistenti o prospettiche e, nel contempo, salvaguardare l'oggettivita' delle procedure di affidamento e la rispondenza a condizioni di mercato delle relazioni creditizie con le imprese partecipate. In relazione a cio' le politiche interne: • individuano e disciplinano livelli di responsabilita' e di delega tali da evitare indebite influenze sui processi decisionali da parte di soggetti e strutture in potenziale conflitto d'interessi. Gli investimenti partecipativi di maggiore rilevanza, individuabili nelle partecipazioni qualificate di importo significativo rispetto al patrimonio di vigilanza, sono sottoposti alla decisione e approvazione dell'organo con funzione di supervisione strategica della banca o, nel caso di un gruppo bancario, della capogruppo (1);
(1) Sono fatte salve le competenze del Consiglio di Sorveglianza eventualmente previste dallo statuto della banca ai sensi dell'articolo 2409-terdecies, primo comma, lettera f-bis, del codice civile. • definiscono modalita' e criteri della fase istruttoria e di quella deliberativa idonei ad assicurare la coerenza dell'operazione con le strategie definite, l'approfondita valutazione della convenienza economica al netto del rischio, la correttezza sostanziale dell'operazione. La documentazione dell'operazione consente di riscontrare, sulla base di elementi oggettivi, la rispondenza a condizioni di mercato o alle condizioni standard definite dalla banca; • regolano i flussi di comunicazione tra le strutture della banca e all'interno del gruppo bancario in modo da prevenire un'indebita circolazione di informazioni tra soggetti e strutture in potenziale conflitto d'interessi; • nei casi in cui il rischio di conflitti di interesse appaia particolarmente elevato - avuto riguardo alla propensione al rischio, all'operativita' e alle strategie nel comparto - prevedono soluzioni organizzative finalizzate a garantire livelli adeguati di separatezza tra le unita' preposte ai diversi comparti di attivita', ivi inclusa la possibilita' di avvalersi di intermediari o organismi dedicati (banche e intermediari specializzati nell'attivita' di investimento partecipativo, fondi di private equity) (2);
(2) In linea con il criterio generale della proporzionalita', soluzioni organizzative basate su forme di separazione operativa o societaria risultano particolarmente idonee per banche e gruppi bancari di dimensioni relativamente grandi e con significative opportunita' di sviluppo dell'attivita' di investimento partecipativo.
• definiscono criteri di designazione dei rappresentanti negli organi societari e nelle funzioni direttive delle imprese partecipate, finalizzati a limitare i conflitti di interesse. La scelta di tali soggetti deve essere basata sulla professionalita' ed esperienza in relazione all'incarico e sull'indipendenza rispetto alle funzioni aziendali potenzialmente in conflitto. Nel caso di partecipazioni qualificate in imprese non finanziarie, deve essere evitata la designazione negli organi e nelle funzioni direttive delle imprese di esponenti aziendali della banca partecipante e della capogruppo nonche' di altri soggetti che, all'interno della banca o del gruppo bancario, svolgono funzioni o ricoprono responsabilita' in potenziale conflitto d'interessi. Particolare attenzione deve essere prestata al corretto esercizio dei poteri di direzione e coordinamento, in modo da attenuare i rischi derivanti dai connessi profili di responsabilita'. - Istituiscono e disciplinano processi di controllo atti a garantire la corretta misurazione e gestione dei rischi sottostanti gli investimenti partecipativi e a verificare il corretto disegno e l'effettiva applicazione delle politiche interne in materia di investimenti partecipativi in imprese non finanziarie. In tale contesto: • la funzione di conformita' verifica l'esistenza e affidabilita', nel continuo, di procedure e sistemi idonei ad assicurare il rispetto di tutti gli obblighi normativi e di quelli stabiliti dalla regolamentazione interna; • la funzione di revisione interna verifica l'osservanza delle politiche in materia di partecipazioni in imprese non finanziarie e segnala tempestivamente eventuali anomalie agli organi di vertice della banca; • i consiglieri indipendenti della banca o, nel caso di un gruppo bancario, della capogruppo svolgono un ruolo di valutazione, supporto e proposta in materia di organizzazione e svolgimento dei controlli interni sulla complessiva attivita' di assunzione e gestione di partecipazioni nonche' per la generale verifica di coerenza dell'attivita' svolta nel comparto partecipazioni con gli indirizzi strategici e gestionali; nelle banche di minore dimensione e complessita' operativa tali compiti possono essere assolti dall'organo con funzione di controllo.
SEZIONE VIII
BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO E BANCHE DI GARANZIA COLLETTIVA
Le banche di credito cooperativo e le banche di garanzia collettiva possono assumere: a) partecipazioni in banche, IMEL, imprese finanziarie e imprese assicurative in misura non superiore al 20% del capitale della societa' partecipata. Resta comunque preclusa la detenzione, anche indiretta, di partecipazioni di controllo; b) partecipazioni in imprese strumentali; c) partecipazioni in imprese non finanziarie purche' il valore dell'interessenza sia contenuto entro l'1% del patrimonio di vigilanza del partecipante (limite di concentrazione); tale limite e' elevato al 3% nel caso di partecipazioni in organismi di categoria. L'insieme di tali interessenze deve essere comunque contenuto entro il limite del 15% del patrimonio di vigilanza (limite complessivo). Il divieto di detenere partecipazioni di controllo, anche congiunto, di cui alla lettera a) non si applica alle partecipazioni delle banche di garanzia collettiva in societa' cooperative o consortili che svolgono esclusivamente attivita' di garanzia collettiva dei fidi, nonche' i servizi connessi e strumentali, a favore dei confidi soci e delle imprese consorziate o socie di questi ultimi (confidi di secondo grado). Per quanto non diversamente stabilito nella presente Sezione, si applicano le disposizioni in materia di limite generale agli investimenti in partecipazioni e in immobili (Sezione II), partecipazioni in imprese non finanziarie (Sezione III), partecipazioni acquisite nell'ambito dell'attivita' di collocamento e garanzia, in imprese in temporanea difficolta' finanziaria e per recupero crediti (Sezione IV), partecipazioni in banche, in imprese finanziarie e in imprese assicurative (Sezione V), regole organizzative e di governo societario (Sezione VII). L'acquisizione e la detenzione di investimenti indiretti in equity, come definiti nella Sezione VI, sono consentiti alle banche di credito cooperativo e alle banche di garanzia collettiva limitatamente a investimenti in categorie di imprese e in settori economici coerenti con le finalita' mutualistiche (es. imprese cooperative e PMI). Tali investimenti sono effettuati alle condizioni di cui alla Sezione VI ed entro i limiti specifici previsti nella presente Sezione nonche' nel rispetto della regola di operativita' prevalente con soci e del limite all'operativita' fuori zona.
Allegati
PARTECIPAZIONI IN IMPRESE NON FINANZIARIE
Tavola 1
--------------------------------------------------------------------- | LIMITI PER LE PARTECIPAZIONI | QUALIFICATE |------------------------------------------------ | | | Limite | Limite | "di concentrazione" | "complessivo" --------------------------------------------------------------------- Gruppi bancari | | e singole banche | 15% del | 60% del non | patrimonio di | patrimonio di appartenenti a | vigilanza | vigilanza un gruppo | | bancario | | --------------------------------------------------------------------- PARTECIPAZIONI IN SOGGETTI DI NATURA FINANZIARIA E IN IMPRESE STRUMENTALI
Tavola 2 --------------------------------------------------------------------- | SOGGETTI PARTECIPATI |------------------------------------------------ | Banche, imprese Imprese strumentali | finanziarie e | imprese di | assicurazione --------------------------------------------------------------------- | - 10% del patrimonio Controllo o influenza | di vigilanza del notevole su soggetti Soglie | partecipante aventi sede in Stati di | non-UE e non-G10 o autorizzazione | non inclusi in un | apposito elenco | pubblicato dalla | Banca d'Italia | | - Controllo o influenza | notevole su soggetti | aventi sede in Stati | non-UE e non-G10 o non | inclusi in un apposito | elenco pubblicato dalla | Banca d'Italia ---------------------------------------------------------------------
TITOLO V Capitolo 5
ATTIVITA' DI RISCHIO E CONFLITTI DI INTERESSE NEI CONFRONTI DI SOGGETTI COLLEGATI
SEZIONE I
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE
1. Premessa La disciplina delle operazioni con parti correlate mira a presidiare il rischio che la vicinanza di taluni soggetti ai centri decisionali della banca possa compromettere l'oggettivita' e l'imparzialita' delle decisioni relative alla concessione di finanziamenti e ad altre transazioni nei confronti dei medesimi soggetti, con possibili distorsioni nel processo di allocazione delle risorse, esposizione della banca a rischi non adeguatamente misurati o presidiati, potenziali danni per depositanti e azionisti. In tale prospettiva sono individuate come "parti correlate", anzitutto, gli esponenti, i principali azionisti e gli altri soggetti capaci di condizionare la gestione della banca in quanto in grado di esercitare il controllo, anche congiuntamente con altri soggetti, o una influenza notevole. Situazioni di conflitto di interesse possono emergere anche nei confronti di imprese, specie di natura industriale, controllate o sottoposte a influenza notevole nei cui confronti la banca abbia significative esposizioni in forma di finanziamenti e di interessenze partecipative. Una parte correlata e i soggetti ad essa connessi costituiscono il perimetro dei "soggetti collegati" cui si applicano le condizioni quantitative e procedurali della presente disciplina. Il primo presidio e' costituito dai limiti prudenziali per le attivita' di rischio di una banca o di un gruppo bancario nei confronti dei soggetti collegati. I limiti sono differenziati in funzione delle diverse tipologie di parti correlate, in modo proporzionato all'intensita' delle relazioni e alla rilevanza dei conseguenti rischi per la sana e prudente gestione. In considerazione dei maggiori rischi inerenti ai conflitti di interesse nelle relazioni banca-industria, sono previsti limiti piu' stringenti per le attivita' di rischio nei confronti di parti correlate qualificabili come imprese non finanziarie. Apposite procedure deliberative integrano i limiti prudenziali al fine di preservare la corretta allocazione delle risorse e tutelare adeguatamente i terzi da condotte espropriative. Esse si applicano anche alle operazioni intra-gruppo e a transazioni di natura economica ulteriori rispetto a quelle che generano attivita' di rischio, pertanto non coperte dai limiti quantitativi. Specifiche indicazioni in materia di assetti organizzativi e controlli interni consentono di individuare le responsabilita' degli organi e i compiti delle funzioni aziendali rispetto agli obiettivi di prevenzione e gestione dei conflitti di interesse, nonche' agli obblighi di censimento dei soggetti collegati e di controllo dell'andamento delle esposizioni. 2. Fonti normative La materia e' regolata: - dai seguenti articoli del TUB: • articolo 53, comma 1, lettere b) e d), in base al quale la Banca d'Italia, in conformita' delle deliberazioni del CICR, emana disposizioni di carattere generale aventi a oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni e l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni; • articolo 53, comma 4, in base al quale la Banca d'Italia: i) stabilisce, in conformita' delle deliberazioni del CICR, condizioni e limiti per l'assunzione, da parte delle banche, di attivita' di rischio nei confronti di coloro che possono esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza sulla gestione della banca o del gruppo bancario nonche' dei soggetti a essi collegati; ove verifichi in concreto l'esistenza di situazioni di conflitto di interessi, puo' stabilire condizioni e limiti specifici per l'assunzione delle attivita' di rischio; • articolo 53, comma 4-ter, in base al quale la Banca d'Italia individua i casi in cui il mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 4 comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione; • articolo 53, comma 4-quater, in base al quale la Banca d'Italia, in conformita' delle deliberazioni del CICR, disciplina i conflitti di interesse tra le banche e i soggetti indicati nel comma 4, in relazione ad altre tipologie di rapporti di natura economica; • articolo 67, comma 1, lettere b) e d), in base al quale la Banca d'Italia, in conformita' delle deliberazioni del CICR, impartisce alla capogruppo, con provvedimenti di carattere generale o particolare, disposizioni concernenti il gruppo bancario complessivamente considerato o suoi componenti, aventi a oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni nonche' l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni; - dalla deliberazione del CICR del 29 luglio 2008, n. 277, relativa alla disciplina delle attivita' di rischio e di altri conflitti di interesse delle banche e dei gruppi bancari nei confronti di soggetti collegati, ai sensi dell'articolo 53, commi 4, 4-ter e 4-quater, del TUB. Vengono, inoltre, in rilievo: - il regolamento (CE) n. 1126/2008 della Commissione del 3 novembre 2008 che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 29 novembre 2008; - l'articolo 136 del TUB, che disciplina la procedura per deliberare l'assunzione di obbligazioni, da parte della banca o di altra societa' del gruppo bancario, con gli esponenti della banca e delle societa' del gruppo nonche' con altre categorie di soggetti specificamente indicate; - gli articoli 2391 e 2391-bis del codice civile, in tema di interessi degli amministratori e di operazioni con parti correlate e le relative disposizioni di attuazione adottate dalla Consob; - l'articolo 2634 del codice civile, relativo al reato di infedelta' patrimoniale; - l'articolo 137 del TUB, concernente i reati di mendacio e falso interno bancario; - l'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, recante la "Disciplina dell'attivita' di garanzia collettiva dei fidi", e in particolare i commi 29, 30 e 31, concernenti le banche costituite in forma di societa' cooperativa a responsabilita' limitata che, in base al proprio statuto, esercitano prevalentemente l'attivita' di garanzia collettiva dei fidi a favore dei soci ("banche di garanzia collettiva dei fidi"); - il documento denominato "Principi fondamentali per un'efficace vigilanza bancaria", originariamente pubblicato dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria nel settembre 1997 e aggiornato da ultimo nell'ottobre 2006, con particolare riferimento al "Principio 11 - Esposizioni verso parti collegate" in base al quale, al fine di prevenire gli abusi derivanti da esposizioni (in bilancio o fuori bilancio) verso parti collegate e di gestire situazioni di conflitto di interessi, le autorita' di vigilanza devono fissare regole volte a garantire che le operazioni che comportano esposizioni delle banche nei confronti delle societa' o degli individui a loro collegati siano effettuate normalmente alle condizioni di mercato; che tali esposizioni siano efficacemente monitorate; che vengano prese misure appropriate per controllare o attenuare i rischi; che la cancellazione di tali esposizioni sia effettuata in base a politiche e procedure standard. 3. Definizioni Ai fini della presente disciplina si definiscono: - "parte correlata", i soggetti di seguito indicati, in virtu' delle relazioni intrattenute con una singola banca, con una banca o un intermediario vigilato appartenenti a un gruppo, con la societa' finanziaria capogruppo: 1. l'esponente aziendale; 2. il partecipante; 3. il soggetto, diverso dal partecipante, in grado di nominare, da solo, uno o piu' componenti dell'organo con funzione di gestione o dell'organo con funzione di supervisione strategica, anche sulla base di patti in qualsiasi forma stipulati o di clausole statutarie aventi per oggetto o per effetto l'esercizio di tali diritti o poteri; 4. una societa' o un'impresa anche costituita in forma non societaria su cui la banca o una societa' del gruppo bancario e' in grado di esercitare il controllo o un'influenza notevole; - "parte correlata non finanziaria", una parte correlata che eserciti in prevalenza, direttamente o tramite societa' controllate, attivita' d'impresa non finanziaria come definita nell'ambito della disciplina delle partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari (1). Si e' in presenza di una parte correlata non finanziaria allorche' le attivita' diverse da quelle bancarie, finanziarie e assicurative eccedono il 50% del totale delle attivita' complessive (2). La nozione include anche il partecipante e una delle parti correlate di cui ai numeri 3 e 4 della relativa definizione che sia societa' di partecipazioni qualificabile come impresa non finanziaria ai sensi della richiamata disciplina delle partecipazioni detenibili;
(1) Cfr. Titolo V, Capitolo 4. (2) Va fatto riferimento: - per le banche e le societa' finanziarie, alla somma del totale attivo e delle garanzie rilasciate e impegni; - per le imprese di assicurazione, al valore dei premi incassati moltiplicato per un fattore correttivo pari a 10; - per le imprese industriali, al fatturato totale, moltiplicato per un fattore correttivo pari a 10. Vanno considerati i dati dell'ultimo esercizio, o, se piu' recenti, quelli risultanti dalla relazione semestrale, annualizzando quelli di conto economico. - "soggetti connessi": 1. le societa' e le imprese anche costituite in forma non societaria controllate da una parte correlata; 2. i soggetti che controllano una parte correlata tra quelle indicate ai numeri 2 e 3 della relativa definizione, ovvero i soggetti sottoposti, direttamente o indirettamente, a comune controllo con la medesima parte correlata; 3. gli stretti familiari di una parte correlata e le societa' o le imprese controllate da questi ultimi; - "soggetti collegati", l'insieme costituito da una parte correlata e da tutti i soggetti a essa connessi. Per l'applicazione a livello individuale, le singole banche appartenenti a un gruppo bancario fanno riferimento al medesimo perimetro di soggetti collegati determinato dalla capogruppo per l'intero gruppo bancario; - "controllo", ai sensi dell'articolo 23 TUB: i casi previsti dall'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile; il controllo da contratti o da clausole statutarie aventi per oggetto o per effetto il potere di esercitare l'attivita' di direzione e coordinamento; i casi di controllo nella forma dell'influenza dominante. Rilevano come controllo anche le situazioni di controllo congiunto, inteso come la condivisione, contrattualmente stabilita, del controllo su un'attivita' economica. In tal caso si considerano controllanti: a) i soggetti che hanno la possibilita' di esercitare un'influenza determinante sulle decisioni finanziarie e operative di natura strategica dell'impresa (3);
(3) Tale situazione ricorre, ad esempio, in presenza di due o piu' soggetti aventi ciascuno la possibilita' di impedire l'adozione di decisioni finanziarie e operative di natura strategica dell'impresa controllata, attraverso l'esercizio di un diritto di veto o per effetto dei quorum per le decisioni degli organi societari. b) gli altri soggetti in grado di condizionare la gestione dell'impresa in base alle partecipazioni detenute, a patti in qualsiasi forma stipulati, a clausole statutarie, aventi per oggetto o per effetto la possibilita' di esercitare il controllo. Il controllo rileva anche quando sia esercitato indirettamente, per il tramite di societa' controllate, societa' fiduciarie, organismi o persone interposti. Non si considerano indirettamente controllate le societa' e imprese controllate da entita' a loro volta sottoposte a controllo congiunto; - "influenza notevole", il potere di partecipare alla determinazione delle politiche finanziarie e operative di un'impresa partecipata, senza averne il controllo. L'influenza notevole si presume in caso di possesso di una partecipazione, diretta o indiretta, pari o superiore al 20 per cento del capitale sociale o dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria o in altro organo equivalente della societa' partecipata, ovvero al 10 per cento nel caso di societa' con azioni quotate in mercati regolamentati. In caso di possesso inferiore alle predette soglie, devono essere condotti specifici approfondimenti per accertare la sussistenza di una influenza notevole almeno al ricorrere dei seguenti indici e tenendo conto di ogni altra circostanza rilevante: (i) essere rappresentati nell'organo con funzione di gestione o nell'organo con funzione di supervisione strategica dell'impresa partecipata; non costituisce di per se' indice di influenza notevole il solo fatto di esprimere il componente in rappresentanza della minoranza secondo quanto previsto dalla disciplina degli emittenti azioni quotate in mercati regolamentati; (ii) partecipare alle decisioni di natura strategica di un'impresa, in particolare in quanto si disponga di diritti di voto determinanti nelle decisioni dell'assemblea in materia di bilancio, destinazione degli utili, distribuzione di riserve, senza che si configuri una situazione di controllo congiunto (1);
(1) Tale situazione ricorre, ad esempio, quando l'azionariato della societa' sia frazionato fra piu' soci (non legati fra loro da patti di controllo congiunto) in modo tale che il voto di determinati soci, che possiedano singolarmente quote inferiori alle presunzioni di influenza notevole, possa risultare decisivo per la formazione delle maggioranze assembleari nelle materie sopra indicate. (iii) l'esistenza di transazioni rilevanti - intendendosi tali le "operazioni di maggiore rilevanza" come definite nella presente Sezione -, lo scambio di personale manageriale, la fornitura di informazioni tecniche essenziali. L'influenza notevole rileva anche quando sia esercitata indirettamente, per il tramite di societa' controllate, societa' fiduciarie, organismi o persone interposti. Non si considerano sottoposte indirettamente a influenza notevole le societa' partecipate da entita' a loro volta sottoposte a controllo congiunto. - "esponenti aziendali", i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso una banca, una societa' finanziaria capogruppo o un intermediario vigilato. La definizione comprende, in particolare, nel sistema di amministrazione e controllo tradizionale gli amministratori e i sindaci; nel sistema dualistico i componenti del consiglio di sorveglianza e del consiglio di gestione; nel sistema monistico, gli amministratori e i componenti del comitato per il controllo sulla gestione. La definizione include il direttore generale e chi svolge cariche comportanti l'esercizio di funzioni equivalenti a quella di direttore generale; - "partecipante", il soggetto tenuto a chiedere le autorizzazioni di cui agli articoli 19 e ss. del TUB; - "stretti familiari", i parenti fino al secondo grado (1) e il coniuge o il convivente more-uxorio di una parte correlata, nonche' i figli di quest'ultimo;
(1) Nel caso di soggetti collegati a una banca estera o a un intermediario vigilato estero facenti parte di un gruppo bancario, qualora vi siano comprovate difficolta' nel reperimento delle informazioni, la capogruppo puo' escludere dalla nozione di "stretti familiari" i parenti di secondo grado, limitandosi a considerare i parenti di primo grado; in tal caso, ne da' notizia alla Banca d'Italia. - "intermediari vigilati", le imprese di investimento, le societa' di gestione del risparmio italiane ed estere, gli Istituti di moneta elettronica (Imel), gli intermediari finanziari iscritti nell'albo previsto dall'art. 106 del TUB (2), gli Istituti di pagamento, che fanno parte di un gruppo bancario e hanno un patrimonio di vigilanza individuale superiore al 2 per cento del patrimonio di vigilanza consolidato del gruppo di appartenenza;
(2) Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione del Titolo V del TUB, come riformato dal d.lgs. n. 141 del 2010, si fa riferimento all'elenco speciale di cui all'articolo 107 del medesimo Testo Unico. - "attivita' di rischio", le esposizioni nette come definite ai fini della disciplina in materia di concentrazione dei rischi (3);
(3) Cfr. Titolo V, Capitolo 1, Sezione I, par. 3 nonche' le "Istruzioni per la compilazione delle segnalazioni sul patrimonio di vigilanza e sui coefficienti prudenziali" (Circolare n. 155 del 18 dicembre 1991), Sezione 5. - "garanzia collettiva", la prestazione mutualistica di garanzie da parte di una banca di garanzia collettiva dei fidi a favore dei propri soci, volta a favorirne il finanziamento da parte di banche e altri intermediari finanziari; - "patrimonio di vigilanza", l'aggregato definito ai fini della disciplina in materia di concentrazione dei rischi (4);
(4) Cfr. Titolo V, Capitolo 1, Sezione I, par. 3. - "amministratore indipendente", l'amministratore, il consigliere di gestione o di sorveglianza che non sia controparte o soggetto collegato ovvero abbia interessi nell'operazione ai sensi dell'art. 2391 c.c., in possesso almeno dei requisiti di indipendenza stabiliti dallo statuto della banca ai fini di quanto previsto dalle disposizioni sul governo societario (5);
(5) In relazione all'obbligo - indicato nella "Nota di chiarimenti" della Banca d'Italia del 19 febbraio 2009 in materia di disposizioni sul governo societario - di indicare in statuto la nozione di indipendenza prescelta, gli intermediari adottano un'unica definizione ai fini della presente disciplina e di quella sul governo societario. - "operazione con soggetti collegati", la transazione con soggetti collegati che comporta assunzione di attivita' di rischio, trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni, indipendentemente dalla previsione di un corrispettivo, ivi incluse le operazioni di fusione e di scissione. Non si considerano operazioni con soggetti collegati: |
| i) quelle effettuate tra componenti di un gruppo bancario quando tra esse intercorre un rapporto di controllo totalitario, anche congiunto; ii) i compensi corrisposti agli esponenti aziendali, se conformi alle disposizioni di vigilanza in materia di sistemi di incentivazione e remunerazione delle banche; iii) le operazioni di trasferimento infragruppo di fondi o di "collateral" poste in essere nell'ambito del sistema di gestione del rischio di liquidita' a livello consolidato (6);
(6) Cfr. Titolo V, Capitolo 2, Sezione III, par. 7. iv) le operazioni da realizzare sulla base di istruzioni con finalita' di stabilita' impartite dalla Banca d'Italia, ovvero sulla base di disposizioni emanate dalla capogruppo per l'esecuzione di istruzione impartite dalla Banca d'Italia nell'interesse della stabilita' del gruppo; - "operazione di maggiore rilevanza", l'operazione con soggetti collegati il cui controvalore in rapporto al patrimonio di vigilanza (consolidato, nel caso di gruppi) e' superiore alla soglia del 5% calcolata secondo quanto riportato in allegato, alla voce "Indice di rilevanza del controvalore". Per le operazioni di acquisizione, fusione e scissione la soglia, sempre del 5%, va calcolata secondo le modalita' indicate in allegato alla voce "Indice di rilevanza dell'attivo" (cfr. Allegato B). La banca puo' individuare altre operazioni da considerare di maggiore rilevanza in base a indicatori qualitativi o quantitativi. In caso di operazioni tra loro omogenee o realizzate in esecuzione di un disegno unitario, compiute, nel corso dell'esercizio, con uno stesso soggetto collegato, la banca cumula il loro valore ai fini del calcolo della soglia di rilevanza; - "operazione di minore rilevanza", l'operazione con soggetti collegati diversa da quella di maggiore rilevanza; - "operazione ordinaria", l'operazione con soggetti collegati, di minore rilevanza, rientrante nell'ordinaria operativita' della banca e conclusa a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard. Nel definire le operazioni della specie, la banca tiene conto almeno dei seguenti elementi: riconducibilita' all'ordinaria attivita', oggettivita' delle condizioni, semplicita' dello schema economico-contrattuale, contenuta rilevanza quantitativa, tipologia di controparte; - "disposizioni sul governo societario", le "Disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche" emanate dalla Banca d'Italia il 4 marzo 2008 e la "Nota di chiarimenti" del 19 febbraio 2009; - "disposizioni Consob", le disposizioni Consob attuative dell'art. 2391-bis c.c. in materia di operazioni con parti correlate delle societa' che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. 4. Destinatari della disciplina Le presenti disposizioni si applicano: - su base individuale, alle banche autorizzate in Italia, ad eccezione delle succursali di banche extracomunitarie aventi sede in uno dei Paesi del Gruppo dei Dieci ovvero in quelli inclusi in un apposito elenco pubblicato e periodicamente aggiornato dalla Banca d'Italia; - su base consolidata: • ai gruppi bancari; • alle imprese di riferimento (1), con riguardo anche alle societa' bancarie, finanziarie e strumentali controllate dalla societa' di partecipazione finanziaria madre nell'UE.
(1) Cfr. Titolo I, Capitolo 1, Parte Seconda. Le banche italiane non appartenenti ad un gruppo bancario che controllino, congiuntamente ad altri soggetti e in base ad appositi accordi, societa' bancarie, finanziarie e strumentali partecipate in misura almeno pari al 20 per cento dei diritti di voto o del capitale applicano le presenti disposizioni su base consolidata. La Banca d'Italia puo' richiedere l'applicazione su base consolidata delle presenti disposizioni anche nei confronti di banche, societa' finanziarie e strumentali non comprese nel gruppo bancario ma controllate dalla persona fisica o giuridica che controlla il gruppo bancario o la singola banca. La Sezione V, par. 2, delle presenti disposizioni, nella parte relativa agli obblighi di comunicazione nei confronti delle banche, si applica a tutti i soggetti qualificabili come parte correlata. 5. Unita' organizzative responsabili dei procedimenti amministrativi Si indicano di seguito le unita' organizzative responsabili dei procedimenti amministrativi di cui al presente Capitolo: - Identificazione di soggetti ulteriori rispetto a quelli collegati ovvero determinazione di condizioni e limiti specifici per l'assunzione di attivita' di rischio nei confronti di soggetti collegati, ai sensi dell'art. 53, comma 4, ultimo periodo, del TUB: Servizio Supervisione Gruppi Bancari, ovvero Servizio Supervisione Intermediari Specializzati, ovvero Filiale territorialmente competente e Unita' di Coordinamento d'Area e collegamento Filiali dell'Area Vigilanza bancaria e finanziaria presso l'Amministrazione Centrale, come individuati nei regolamenti adottati ai sensi degli articoli 2, comma 2, e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
SEZIONE II
LIMITI ALLE ATTIVITA' DI RISCHIO
1. Limiti prudenziali 1.1. Limiti consolidati L'assunzione di attivita' di rischio nei confronti dei soggetti collegati deve essere contenuta entro i limiti di seguito indicati, riferiti al patrimonio di vigilanza consolidato ovvero, nel caso di banche non appartenenti a un gruppo, al patrimonio di vigilanza individuale (cfr. Allegato A).
(1)Verso una parte a. 5 per cento nel caso di una parte correlata non finanziaria correlata che sia: e relativi soggetti - un esponente aziendale; connessi - un partecipante di controllo o in grado di esercitare un'influenza notevole; b. 7,5 per cento nel caso di una parte correlata che sia: - un partecipante diverso da quelli sub a.; - un soggetto, diverso dal partecipante, in grado, da solo, di nominare uno o piu' componenti degli organi aziendali; c. 15 per cento negli altri casi. (2)Verso un'altra parte d. 5 per cento nel caso di una parte correlata e relativi correlata che sia un esponente soggetti connessi aziendale; e. 7,5 per cento nel caso di una parte correlata che sia un partecipante di controllo o in grado di esercitare un'influenza notevole; f. 10 per cento nel caso di una parte correlata che sia: - un partecipante diverso da quelli sub e. - un soggetto, diverso dal partecipante, in grado, da solo, di nominare uno o piu' componenti degli organi aziendali; g. 20 per cento negli altri casi.
1.2. Limiti individuali per le banche appartenenti a un gruppo bancario Nel rispetto dei limiti consolidati, una banca appartenente a un gruppo bancario puo' assumere attivita' di rischio nei confronti di un medesimo insieme di soggetti collegati - indipendentemente dalla natura finanziaria o non finanziaria della parte correlata - entro il limite del 20 per cento del patrimonio di vigilanza individuale (cfr. Allegato A). Per il calcolo del limite individuale le singole banche appartenenti a un gruppo bancario considerano le proprie attivita' di rischio verso l'insieme dei soggetti collegati individuato a livello di gruppo. 2. Modalita' di calcolo Ai fini della presente disciplina, le attivita' di rischio sono ponderate secondo fattori che tengono conto della rischiosita' connessa alla natura della controparte e delle eventuali forme di protezione del credito. Si applicano i fattori di ponderazione e le condizioni di ammissibilita' delle tecniche di attenuazione del rischio stabiliti nell'ambito della disciplina sulla concentrazione dei rischi (1). Non sono incluse nelle attivita' di rischio le partecipazioni e le altre attivita' dedotte dal patrimonio di vigilanza. Non sono incluse nei limiti le esposizioni temporanee connesse alla prestazione di servizi di trasferimento fondi e di compensazione, regolamento e custodia di strumenti finanziari, nei casi e alle condizioni previsti dalla disciplina della concentrazione dei rischi (2).
(1) Cfr. Titolo V, Capitolo 1, Sezione III e Allegato A. Si rammenta che, in base alla disciplina della concentrazione dei rischi, le garanzie personali e finanziarie (nei limiti e alle condizioni in cui sono ammesse) consentono di applicare il principio di sostituzione, ossia di imputare l'esposizione al fornitore di protezione anziche' al debitore principale collegato. Ovviamente, affinche' il principio di sostituzione possa produrre l'effetto di ridurre l'esposizione verso un determinato insieme di soggetti collegati occorre che il fornitore di protezione non sia direttamente o indirettamente riconducibile al novero dei soggetti collegati in questione. (2) Cfr. Titolo V, Capitolo 1. Nel caso in cui tra la banca o il gruppo bancario e una parte correlata intercorra una pluralita' di rapporti comportanti l'applicazione di limiti prudenziali diversi, si applica il limite inferiore. Sono escluse dai limiti di cui al par. 1 le attivita' di rischio connesse con operazioni tra societa' appartenenti a un medesimo gruppo bancario ovvero, nel caso di banche italiane soggette a vigilanza consolidata in un altro Stato membro dell'UE, tra tale banca e l'impresa madre nell'UE, le banche e gli altri intermediari vigilati controllati dall'impresa madre. 3. Casi di superamento Il rispetto dei limiti prudenziali alle attivita' di rischio verso soggetti collegati deve essere assicurato in via continuativa. Qualora per cause indipendenti da volonta' o colpa della banca o della capogruppo (es. la parte correlata ha assunto tale qualita' successivamente all'apertura del rapporto) uno o piu' limiti siano superati, le attivita' di rischio devono essere ricondotte nei limiti nel piu' breve tempo possibile. A tal fine, la capogruppo o la banca non appartenente a un gruppo bancario predispongono, entro 45 giorni dal superamento del limite, un piano di rientro, approvato dall'organo con funzione di supervisione strategica su proposta dell'organo con funzione di gestione, sentito l'organo con funzione di controllo. Il piano di rientro e' trasmesso alla Banca d'Italia entro 20 giorni dall'approvazione, unitamente ai verbali recanti le deliberazioni degli organi aziendali. Se il superamento dei limiti riguarda una parte correlata in virtu' della partecipazione detenuta nella banca o in una societa' del gruppo bancario, i diritti amministrativi connessi con la partecipazione sono sospesi. La capogruppo o la banca non appartenente a un gruppo bancario valuta i rischi connessi con l'operativita' verso soggetti collegati (di natura legale, reputazionale o di conflitto d'interesse), se rilevanti per l'operativita' aziendale, nell'ambito del processo interno di valutazione dell'adeguatezza patrimoniale (ICAAP), ai sensi di quanto previsto dal Titolo III, Capitolo 1; in particolare, nei casi di superamento dei limiti prudenziali per i motivi sopra indicati, ad integrazione delle iniziative previste nel piano di rientro tiene conto delle eccedenze nel processo di determinazione del capitale interno complessivo. 4. Banche di credito cooperativo e banche di garanzia collettiva Le banche di credito cooperativo non computano nei limiti prudenziali di cui al par. 1 le attivita' di rischio nei confronti degli esponenti aziendali soci della cooperativa, nella misura del fido massimo concedibile dalla banca a un singolo socio e fino a concorrenza del limite prudenziale applicabile all'esponente in base al par. 1 (1).
(1) Ad es. ove lo statuto stabilisca un limite riferito al socio esponente superiore al 5% del PdV, la franchigia statutaria e' ridotta al 5%; pertanto, la banca potra' assumere verso un esponente e relativi soggetti connessi posizioni complessive pari a 5% PdV (ammontare esente) + 5% PdV (ammontare incluso nel limite) = 10% PdV. Le banche che non hanno in statuto un limite per gli affidamenti a soci esponenti non beneficiano di alcuna franchigia. Lo statuto della banca attribuisce all'assemblea dei soci la competenza a determinare tale misura una volta l'anno, entro un limite massimo fissato dallo statuto in percentuale del patrimonio di vigilanza. Nel caso delle banche di garanzia collettiva, le attivita' di rischio connesse con il rilascio di garanzie collettive sono computate nei limiti prudenziali per l'ammontare nominale eccedente la misura massima del fido concedibile al socio della banca di garanzia, determinata con le modalita' sopra indicate. In entrambi i casi, il verbale recante le determinazioni dell'assemblea e' comunicato alla Banca d'Italia entro un mese dalla deliberazione.
SEZIONE III
PROCEDURE DELIBERATIVE
1. Premessa e criteri generali La presente Sezione disciplina le procedure dirette a preservare l'integrita' dei processi decisionali nelle operazioni con soggetti collegati. A tal fine e' attribuito un ruolo rilevante agli amministratori indipendenti, coinvolti nella fase predeliberativa e chiamati ad esprimersi con un parere motivato in sede di delibera. E' anche valorizzato il ruolo dell'organo con funzione di controllo. Per lo svolgimento dei compiti assegnati agli amministratori indipendenti dalla presente disciplina, le banche costituiscono un comitato interno all'organo con funzione di supervisione strategica. Per le operazioni di minore rilevanza tale comitato deve essere costituito da amministratori non esecutivi, almeno la maggioranza dei quali indipendenti. Per le operazioni di maggiore rilevanza il comitato deve essere costituito esclusivamente da amministratori indipendenti (1). Fermo il rispetto dei suddetti criteri di composizione, il comitato puo' coincidere con il comitato per il controllo interno previsto dalle disposizioni sul governo societario. Ove non sia presente un sufficiente numero di amministratori in possesso dei necessari requisiti, i compiti sono svolti singolarmente dall'unico amministratore indipendente o congiuntamente nel caso in cui ve ne siano due. In ogni caso, le banche, non quotate, di minore dimensione e complessita' operativa non tenute, ai sensi delle disposizioni sulla governance, a costituire comitati interni all'organo con funzione di supervisione strategica possono assegnare questi compiti a singoli o piu' amministratori indipendenti.
(1) Particolari garanzie di correttezza potrebbero essere assicurate dalla scelta di rimettere agli amministratori indipendenti presenti nell'organo con funzione di supervisione strategica la nomina dei componenti di tale comitato. Nelle banche che adottano il modello di amministrazione e controllo dualistico, i compiti attribuiti agli amministratori indipendenti sono svolti dai consiglieri indipendenti presenti nel consiglio di sorveglianza; se a quest'organo non sono state assegnate funzioni di supervisione strategica (ex 2409-terdecies, co. 1, lett. f-bis, c.c.), i compiti sono svolti dai consiglieri di gestione indipendenti. I pareri richiesti agli amministratori indipendenti e all'organo con funzione di controllo devono essere motivati, formalizzati e supportati da idonea documentazione a corredo delle verifiche e delle osservazioni formulate. Per le banche che adottano il modello dualistico, i pareri richiesti all'organo con funzione di controllo sono rilasciati dal consiglio di sorveglianza. L'attribuzione di specifici compiti agli amministratori indipendenti nelle procedure relative alle operazioni con soggetti collegati non incide sui poteri e sulle responsabilita' che l'ordinamento assegna in via collegiale all'organo amministrativo. Tale attribuzione costituisce una modalita' organizzativa volta a conferire efficacia ed efficienza all'attivita' di monitoraggio e controllo sulle operazioni in esame ma non esime tutti gli altri amministratori dall'esercizio di compiti e poteri che possono contribuire al perseguimento delle finalita' sottese alla presente disciplina. Restano, inoltre, fermi i compiti e doveri stabiliti in via generale dall'ordinamento civilistico e bancario per l'organo con funzione di controllo; si richiama, in particolare, l'obbligo di segnalare senza indugio alla Banca d'Italia gli atti o i fatti di cui esso venga a conoscenza nell'esercizio dei propri compiti che possano costituire una irregolarita' nella gestione della banca o una violazione delle norme disciplinanti l'attivita' bancaria (cfr. art. 52 del Testo unico bancario). Le presenti disposizioni stabiliscono un set di regole minimali; e' rimessa pertanto alle banche la valutazione dell'opportunita' di stabilire regole piu' stringenti che tengano conto delle caratteristiche specifiche di ciascun intermediario (ad esempio, in termini di operativita', dimensioni, assetti proprietari, forma giuridica). Le banche individuano e formalizzano adeguatamente i presupposti, gli obiettivi e i contenuti delle soluzioni adottate e ne valutano l'efficacia e l'efficienza in modo da perseguire obiettivi di integrita' e imparzialita' del processo decisionale, rispetto degli interessi della generalita' degli azionisti e dei creditori, efficiente funzionamento degli organi societari e dell'operativita' dell'intermediario. Ciascuna banca individuale appartenente a un gruppo bancario deve far riferimento, ai fini dell'applicazione della disciplina di cui alla presente Sezione, al medesimo insieme di "soggetti collegati" definito relativamente all'intero gruppo di appartenenza, secondo quanto previsto nella Sezione I, par. 3 (Definizioni). Anche al fine di evitare possibili elusioni della normativa attraverso operazioni con soggetti collegati compiute dalle componenti non bancarie del gruppo bancario, la societa' capogruppo fornisce a queste ultime apposite istruzioni e direttive, eventualmente richiedendo l'applicazione di presidi coerenti con quelli previsti nelle presenti disposizioni, in modo proporzionato all'effettiva rilevanza dei potenziali conflitti di interesse (la capogruppo stessa, quando non sia una banca, applica tali presidi alle operazioni dalla medesima compiute con soggetti collegati). Analogo criterio si applica con riferimento alle componenti estere (bancarie e non) del gruppo bancario, compatibilmente con la regolamentazione del Paese in cui esse sono situate. 2. Iter di definizione delle procedure 2.1 Ciascuna banca individua in modo puntuale le procedure applicabili alle operazioni con soggetti collegati; le scelte effettuate sono adeguatamente formalizzate (ad esempio, nei regolamenti interni o nel progetto di governo societario o in statuto). In ogni caso le procedure e le relative modifiche sono pubblicate senza indugio nel sito internet della banca (in mancanza, in quello dell'associazione di categoria di appartenenza o a mezzo stampa). Per l'importanza che assumono, le procedure sono sottoposte ad un iter specifico di elaborazione ed approvazione a garanzia della validita' delle soluzioni prescelte. 2.2 Nella definizione delle procedure - e in occasione di eventuali modifiche o integrazioni sostanziali alle medesime - deve essere assicurato il diffuso coinvolgimento degli organi di amministrazione e controllo della banca e degli amministratori indipendenti e il contributo delle principali funzioni interessate. In particolare: - le procedure sono deliberate dall'organo con funzione di supervisione strategica; - gli amministratori indipendenti e l'organo con funzione di controllo rilasciano un analitico e motivato parere sulla complessiva idoneita' delle procedure a conseguire gli obiettivi della presente disciplina; i pareri degli amministratori indipendenti e dell'organo di controllo sono vincolanti ai fini della delibera dell'organo con funzione di supervisione strategica; - le strutture interne interessate, ciascuna in relazione alle proprie competenze, svolgono un'approfondita istruttoria sulla rispondenza delle soluzioni proposte ai vari profili della presente disciplina. L'iter che precede e' osservato anche per la proposta, da inoltrare all'assemblea, per la modifica dello statuto eventualmente necessaria per l'adeguamento alle presenti disposizioni. 2.3 Le procedure devono quanto meno identificare: - i criteri per la rilevazione delle operazioni oggetto della presente Sezione e in particolare quelle da considerare "di maggiore rilevanza" (1);
(1) Nel definire eventuali operazioni "di maggiore rilevanza" ulteriori rispetto al novero minimo stabilito dalle presenti disposizioni, la banca tiene conto dei seguenti profili: rilevanza quantitativa (scelta di una soglia inferiore o utilizzo di ulteriori indicatori); profili di natura qualitativa (es. condizioni non di mercato, tipo di operazione); incidenza sugli interessi dei terzi; tipologia di controparte; tempistica dell'operazione (es. prossimita' della chiusura del bilancio o di relazioni periodiche, etc.); operazioni statutariamente previste come non delegabili. Le banche che adottano il modello dualistico tengono altresi' conto delle operazioni qualificate come strategiche ai fini dell'attribuzione della competenza deliberativa al consiglio di sorveglianza ai sensi delle disposizioni civilistiche e di quelle di vigilanza sulla governance. - le regole riguardanti le fasi dell'istruttoria, della trattativa e della deliberazione delle operazioni, distinguendo tra maggiore e minore rilevanza e chiarendo, in particolare, le modalita' di coinvolgimento degli amministratori indipendenti; - i profili che attengono alla definizione di ruoli e compiti delle diverse componenti del gruppo, secondo quanto previsto dal par. 3.6; - i casi di deroga o esenzione, ivi inclusi i criteri per la verifica della sussistenza o meno di significativi interessi di altri soggetti collegati ai fini di quanto previsto nel par. 3.7.3. Le procedure devono inoltre identificare i presidi da applicare alle operazioni concluse qualora esse diano luogo a perdite, passaggi a sofferenza, accordi transattivi giudiziali o extra-giudiziali. Essendo anche questa fase oggetto di possibili "condizionamenti", le procedure devono assicurare l'integrita' e la trasparenza delle decisioni assunte attraverso presidi coerenti con quelli stabiliti nei paragrafi seguenti. 3. Le procedure per il compimento di operazioni con soggetti collegati 3.1. Fase pre-deliberativa Per assicurare agli amministratori indipendenti approfondita conoscenza delle operazioni con soggetti collegati, le procedure prevedono almeno che a tali amministratori venga fornita, con congruo anticipo, completa e adeguata informativa sui diversi profili dell'operazione oggetto di delibera (controparte, tipo di operazione, condizioni, convenienza per la societa', impatto sugli interessi dei soggetti coinvolti etc.). Agli amministratori indipendenti deve essere altresi' riconosciuta la facolta' di farsi assistere, a spese della societa', da uno o piu' esperti indipendenti di propria scelta. La banca puo' fissare limiti all'ammontare, anche complessivo, di tali spese (1), previo parere favorevole dell'organo con funzione di controllo.
(1) Per le operazioni che ricadono anche nell'ambito di applicazione della disciplina Consob, il limite di spesa, ove previsto, deve essere riferito a ciascuna singola operazione, se di minore rilevanza, mentre non opera in ogni caso per quelle di maggiore rilevanza (come definite ai sensi della disciplina Consob). Gli amministratori indipendenti rappresentano le lacune o le inadeguatezze riscontrate nella fase pre-deliberativa ai soggetti competenti a deliberare (A.D., comitato esecutivo, D.G., etc.). In caso di operazioni di maggiore rilevanza, le procedure - in aggiunta a quanto sopra - prevedono che gli amministratori indipendenti siano coinvolti nella fase delle trattative e in quella dell'istruttoria almeno attraverso la ricezione di un flusso informativo completo e tempestivo e con la facolta' di richiedere informazioni e di formulare osservazioni agli organi delegati e ai soggetti incaricati della conduzione delle trattative o dell'istruttoria. 3.2. Deliberazione Per la deliberazione di operazioni con soggetti collegati le procedure prevedono almeno che: a) gli amministratori indipendenti esprimano un parere preventivo e motivato sull'interesse della societa' al compimento dell'operazione nonche' sulla convenienza e sulla correttezza sostanziale delle relative condizioni all'organo competente, per legge o per statuto, a deliberarla. In caso di parere negativo o condizionato a rilievi formulati, la delibera fornisce analitica motivazione delle ragioni per cui essa viene comunque assunta e puntuale riscontro alle osservazioni formulate dagli amministratori indipendenti; b) la delibera fornisca adeguata motivazione in merito a: b1) l'opportunita' e la convenienza economica dell'operazione per la banca; b2) le ragioni di eventuali scostamenti, in termini di condizioni economico-contrattuali e di altri profili caratteristici dell'operazione, rispetto a quelli standard o di mercato; elementi idonei a supporto di tale motivazione devono risultare dalla documentazione a corredo della delibera; c) l'organo deliberante fornisca agli organi con funzioni di supervisione strategica, gestione e controllo, una periodica informativa, almeno trimestrale, sulle operazioni concluse e sulle loro principali caratteristiche. Le operazioni sulle quali gli amministratori indipendenti hanno espresso parere contrario o condizionato sono singolarmente comunicate non appena deliberate. In caso di operazioni di maggiore rilevanza, le procedure, in aggiunta a quanto sopra, prevedono almeno che: d) la deliberazione sia assunta dal Consiglio di amministrazione, salvo che la legge o lo statuto ne attribuiscano la competenza all'assemblea (1);
(1) Nel caso di adozione del modello dualistico, la deliberazione e' assunta dal Consiglio di gestione o dal Consiglio di sorveglianza, secondo le rispettive competenze previste dalla legge o dallo statuto e salvo che la legge non ne attribuisca la competenza all'assemblea. In particolare, le procedure devono almeno prevedere che, nel caso in cui la competenza a deliberare sia del: 1) Consiglio di gestione e vi sia un parere negativo dei consiglieri di sorveglianza indipendenti, sia richiesto il parere preventivo del Consiglio di sorveglianza; 2) Consiglio di sorveglianza e vi sia un parere negativo dei consiglieri di sorveglianza indipendenti, la delibera sia assunta a maggioranza di due terzi dei componenti. Per il modello monistico, le procedure devono almeno prevedere che, qualora il comitato chiamato ad esprimere il parere sull'operazione coincida con il comitato per il controllo sulla gestione e il parere reso sia negativo, la delibera sia assunta a maggioranza di due terzi dei componenti del consiglio di amministrazione. Le procedure possono prevedere che i quorum deliberativi rafforzati non si applichino nei casi in cui l'operazione viene sottoposta al voto dell'assemblea ai sensi della disciplina Consob ex art. 2391-bis c.c. e) in caso di parere negativo o condizionato a rilievi da parte degli amministratori indipendenti, sia richiesto un parere preventivo anche all'organo con funzione di controllo a cui va resa congrua informativa - nei tempi e nei contenuti - sull'operazione. Al parere reso dall'organo con funzione di controllo si applicano le previsioni dettate per il parere degli indipendenti ai punti a) e c); f) le operazioni compiute sulle quali gli amministratori indipendenti o l'organo con funzione di controllo abbiano reso pareri negativi o formulato rilievi sono portate, almeno annualmente, a conoscenza dell'assemblea dei soci. 3.3. Operazioni di competenza dell'assemblea Se la competenza a deliberare operazioni con soggetti collegati e' rimessa, per legge o per statuto, all'assemblea, le regole previste nei paragrafi precedenti si applicano alla fase della proposta che l'organo amministrativo presenta all'assemblea. Le procedure possono prevedere che, in caso di parere negativo espresso dagli amministratori indipendenti su operazioni di maggiore rilevanza, non sia necessario anche il parere dell'organo con funzione di controllo. Tale deroga si applica anche alle operazioni su cui l'assemblea e' chiamata a deliberare a seguito di parere negativo espresso dagli amministratori indipendenti, ai sensi della regolamentazione emanata dalla Consob ex art. 2391-bis c.c. 3.4. Operazioni che ricadono anche nell'ambito di applicazione della disciplina delle obbligazioni degli esponenti bancari ex art. 136 TUB Per le operazioni rientranti anche nell'ambito di applicazione dell'art. 136 TUB, le banche applicano: i) alla fase pre-deliberativa, le regole di cui al par. 3.1; ii) alla fase deliberativa, le sole regole previste al punto b) del par. 3.2. 3.5. Delibere-quadro Le procedure possono prevedere che categorie di operazioni omogenee e sufficientemente determinate siano effettuate sulla base di delibere-quadro per la cui assunzione devono essere rispettate regole conformi alle disposizioni di cui ai precedenti paragrafi; ai fini in particolare, della distinzione tra procedure applicabili (operazioni di maggiore vs. minore rilevanza), le banche tengono conto del prevedibile ammontare massimo delle operazioni oggetto della delibera, cumulativamente considerate. Le singole operazioni compiute a valere su tali delibere-quadro non sono assoggettate alle regole previste nei paragrafi precedenti. Le delibere quadro non possono coprire un periodo di tempo superiore ad 1 anno. Esse riportano tutti gli elementi informativi prevedibili delle operazioni a cui fanno riferimento. Sull'attuazione delle delibere-quadro deve essere data completa informativa, almeno trimestrale, all'organo con funzione di supervisione strategica. Ove un'operazione, seppur inizialmente riconducibile ad una delibera-quadro, non rispetti i requisiti di specificita', omogeneita' e determinatezza alla base della delibera stessa non puo' essere compiuta in esecuzione di quest'ultima; a tale operazione si applicano pertanto le regole stabilite in via generale per ciascuna operazione con soggetti collegati. 3.6. Gruppi bancari Al fine di consentire alla capogruppo di assicurare il costante rispetto del limite consolidato alle attivita' di rischio, le procedure prevedono adeguati flussi informativi sulle operazioni con soggetti collegati nonche' sul plafond determinato per le delibere-quadro e sul suo periodico utilizzo da parte delle singole componenti del gruppo bancario. Nelle ipotesi in cui la capogruppo esami o approvi le operazioni con soggetti collegati compiute dalle singole componenti del gruppo bancario, essa adotta presidi idonei ad assicurare la correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni. La capogruppo fornisce altresi' gli indirizzi necessari ad assicurare la coerenza delle scelte compiute dalle singole banche del gruppo che intendano avvalersi della possibilita' di deroga prevista al par. 3.7.3, con particolare riguardo alle valutazioni in ordine alla sussistenza o meno di significativi interessi di altri soggetti collegati, anche individuando specifiche fattispecie indicative della presenza di tali interessi. Gli indirizzi devono essere preventivamente definiti e formalizzati dalla capogruppo e risultare dalle procedure adottate da ciascuna banca del gruppo. 3.7. Esenzioni e deroghe 3.7.1 Operazioni di importo esiguo Le procedure di cui al par. 2 possono identificare le operazioni di importo esiguo alle quali non applicare le disposizioni della presente Sezione. Il controvalore di ciascuna operazione non deve in ogni caso eccedere: - per le banche il cui patrimonio di vigilanza (consolidato, nel caso di gruppi) e' inferiore a 500 milioni di euro, la soglia di 250.000 euro; - per le banche il cui patrimonio di vigilanza (consolidato, nel caso di gruppi) e' superiore a 500 milioni di euro, il minore tra 1.000.000 di euro e lo 0,05% del patrimonio di vigilanza. 3.7.2. Operazioni ordinarie Nel caso di operazioni ordinarie, le procedure possono disapplicare in tutto o in parte le regole previste dai paragrafi da 3.1 a 3.4 e limitarsi a prevedere che: a) la delibera contenga elementi che comprovino il carattere "ordinario" dell'operazione; e' possibile far riferimento a criteri elaborati, e opportunamente formalizzati, in via preventiva dalla banca o dalla capogruppo; b) vi siano flussi informativi, almeno di tipo aggregato, idonei a consentire, con frequenza almeno annuale, un adeguato monitoraggio su queste operazioni, anche da parte degli amministratori indipendenti, ai fini di eventuali interventi correttivi. 3.7.3. Operazioni con o tra societa' controllate e con societa' sottoposte a influenza notevole Per le operazioni con o tra societa' controllate e per quelle con societa' sottoposte a influenza notevole, le procedure possono disapplicare in tutto o in parte le regole previste dai paragrafi da 3.1 a 3.4 e limitarsi a prevedere quanto richiesto dal par. 3.7.2, lettera b) quando nell'operazione non vi siano significativi interessi di altri soggetti collegati. La valutazione della sussistenza di tali interessi e' effettuata in base a criteri preventivamente definiti e formalizzati nelle procedure stesse, in coerenza con gli indirizzi forniti dalla capogruppo ai sensi del par. 3.6 (1).
(1) Il presente paragrafo non si applica alle operazioni effettuate tra componenti di un gruppo bancario quando tra esse intercorre un rapporto di controllo totalitario, anche congiunto, che sono del tutto escluse dalle regole procedurali secondo quanto previsto dal par. 3, Sezione I (cfr. definizione di "operazione con soggetti collegati"). 3.7.4. Operazioni urgenti Se previsto dallo statuto, le procedure possono stabilire che in casi di urgenza non si applichino, in tutto o in parte, le regole contenute dal par. 3.1 al par. 3.4. La sussistenza del carattere di urgenza deve essere specificamente comprovata da parte dell'organo deliberante sulla base di circostanze oggettive e non esclusivamente riconducibili a proprie scelte. In caso di operazioni che ricadono nella competenza deliberativa dell'organo con funzione di gestione o di supervisione strategica, gli altri organi (con funzione di supervisione strategica, gestione o controllo) devono essere informati delle ragioni di urgenza prima del compimento dell'operazione. Ove uno o piu' di detti organi, nonche' gli amministratori indipendenti competenti in materia, non ritengano sussistente il carattere di urgenza ne devono dare pronta informativa agli altri organi e, alla prima occasione utile, all'assemblea. Qualora invece la deliberazione sia di competenza di altre funzioni aziendali, le procedure possono limitarsi a prevedere quanto richiesto dal par. 3.7.2, lettera b).
SEZIONE IV
CONTROLLI
1. Controlli interni e responsabilita' degli organi aziendali Gli assetti organizzativi e il sistema dei controlli interni devono assicurare il rispetto costante dei limiti prudenziali e delle procedure deliberative stabiliti dalla presente disciplina. Essi devono, altresi', perseguire l'obiettivo, conforme a sana e prudente gestione, di prevenire e gestire correttamente i potenziali conflitti d'interesse inerenti a ogni rapporto intercorrente con soggetti collegati. Le soluzioni adottabili in concreto, rimesse all'autonomia degli intermediari, devono essere adeguate alle caratteristiche e strategie della banca o del gruppo bancario, nel rispetto del principio di proporzionalita', e risultare efficaci rispetto alle finalita' di osservanza della disciplina e di prevenzione e gestione dei conflitti d'interesse. A tal fine, la banca o, nel caso di un gruppo bancario, la capogruppo approva e rivede con una cadenza almeno triennale le politiche interne in materia di controlli sulle attivita' di rischio e sui conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati. Le relative deliberazioni sono adottate nei modi previsti dal par. 2.2 della Sezione III; i documenti recanti le politiche dei controlli interni sono comunicati all'assemblea dei soci e tenuti a disposizione per eventuali richieste della Banca d'Italia. In particolare, le politiche dei controlli interni: - Individuano, in relazione alle caratteristiche operative e alle strategie della banca e del gruppo, i settori di attivita' e le tipologie di rapporti di natura economica, anche diversi da quelli comportanti assunzione di attivita' di rischio, in relazione ai quali possono determinarsi conflitti d'interesse. In tale ambito si considerano, ad esempio, i conflitti di interesse inerenti all'attivita' creditizia e di raccolta, all'attivita' di investimento in beni di natura finanziaria e non finanziaria (es. investimenti immobiliari), alle attivita' di consulenza e assistenza prestata nei confronti di clientela e di altre controparti. Si richiamano, altresi', le specifiche indicazioni in tema di conflitti di interesse tra l'attivita' di concessione di credito e quella di assunzione di partecipazioni contenute nella disciplina delle partecipazioni detenibili dalle banche, nonche' quelle in materia di conflitti di interesse nella prestazione di servizi di investimento e accessori, contenute nel regolamento congiunto Banca d'Italia-CONSOB in attuazione dell'art. 6, comma 2-bis, TUF. - Stabiliscono livelli di propensione al rischio coerenti con il profilo strategico e le caratteristiche organizzative della banca o del gruppo bancario. La propensione al rischio e' definita anche in termini di misura massima delle attivita' di rischio verso soggetti collegati ritenuta accettabile in rapporto al patrimonio di vigilanza, con riferimento alla totalita' delle esposizioni verso la totalita' dei soggetti collegati. In tale ambito devono essere individuati i casi in cui l'assunzione di nuove attivita' di rischio deve essere assistita da adeguate tecniche di attenuazione dei rischi prestate da soggetti indipendenti dai soggetti collegati e il cui valore non sia positivamente correlato con il merito di credito del prenditore. Tali casi sono individuati in via generale, avendo riguardo all'ammontare delle attivita' di rischio in rapporto al patrimonio di vigilanza, alla frequenza delle operazioni, alla natura del legame della parte correlata con la banca o il gruppo bancario. - Istituiscono e disciplinano processi organizzativi atti a identificare e censire in modo completo i soggetti collegati e a individuare e quantificare le relative transazioni in ogni fase del rapporto. In particolare: • Il compito di individuare le relazioni intercorrenti tra le proprie controparti e tra questi e la banca, ovvero la capogruppo e le societa' del gruppo, da cui possa derivare la qualificazione di una controparte come parte correlata o soggetto connesso, e' attribuito alla medesima funzione incaricata di seguire il fenomeno dei gruppi economici ai fini del controllo sui grandi rischi (1).
(1) Cfr. Titolo V, Capitolo 1. A tali fini, detta funzione si avvale di tutte le fonti di informazioni disponibili, sia interne che esterne (archivi aziendali, Centrale dei rischi, Centrale dei bilanci, ecc.), integrandole e raccordandole in modo da acquisire e mantenere una visione completa dei fenomeni, e predispone le modalita' di raccolta, conservazione e aggiornamento delle informazioni sui soggetti connessi (cfr. Sezione V).
Particolare attenzione e' prestata nel caso di rapporti con gruppi economici che si avvalgono di strutture societarie complesse o che non assicurano una piena trasparenza delle articolazioni proprietarie e organizzative (ad esempio, in quanto includano societa' localizzate in centri off-shore ovvero facciano impiego di veicoli societari o di schermi giuridici che possano ostacolare la ricostruzione degli assetti proprietari e delle catene di controllo). • Sono adottati sistemi informativi, estesi a tutte le strutture della banca e a tutte le articolazioni del gruppo bancario, idonei a censire i soggetti collegati fin dalla fase di instaurazione dei rapporti, a fornire a ogni banca del gruppo una conoscenza aggiornata dei soggetti collegati al gruppo, a registrare le relative movimentazioni e a monitorare l'andamento e l'ammontare complessivo delle connesse attivita' di rischio tenendo conto anche del valore aggiornato delle tecniche di attenuazione del rischio che eventualmente assistono le operazioni. I sistemi informativi assicurano che la capogruppo sia in grado di verificare costantemente il rispetto del limite consolidato alle attivita' di rischio verso soggetti collegati. - Istituiscono e disciplinano processi di controllo atti a garantire la corretta misurazione e gestione dei rischi assunti verso soggetti collegati e a verificare il corretto disegno e l'effettiva applicazione delle politiche interne. In tale contesto: • la funzione di gestione dei rischi (controlli di secondo livello) cura la misurazione dei rischi - inclusi anche quelli di mercato - sottostanti alle relazioni con soggetti collegati, verifica il rispetto dei limiti assegnati alle diverse strutture e unita' operative, controlla la coerenza dell'operativita' di ciascuna con i livelli di propensione al rischio definiti nelle politiche interne; • la funzione di conformita' verifica l'esistenza e affidabilita', nel continuo, di procedure e sistemi idonei ad assicurare il rispetto di tutti gli obblighi normativi e di quelli stabiliti dalla regolamentazione interna; • la funzione di revisione interna verifica l'osservanza delle politiche interne, segnala tempestivamente eventuali anomalie all'organo con funzione di controllo e agli organi di vertice della banca, e riferisce periodicamente agli organi aziendali circa l'esposizione complessiva della banca o del gruppo bancario ai rischi derivanti da transazioni con soggetti collegati e da altri conflitti di interesse, se del caso suggerisce revisioni delle politiche interne e degli assetti organizzativi e di controllo ritenute idonee a rafforzare il presidio di tali rischi; • i consiglieri indipendenti della banca o, nel caso di un gruppo bancario, della capogruppo svolgono un ruolo di valutazione, supporto e proposta in materia di organizzazione e svolgimento dei controlli interni sulla complessiva attivita' di assunzione e gestione di rischi verso soggetti collegati nonche' per la generale verifica di coerenza dell'attivita' con gli indirizzi strategici e gestionali. Le regole previste dalle presenti disposizioni si indirizzano - tra le altre parti correlate - agli esponenti aziendali, quali soggetti potenzialmente in grado di esercitare un significativo condizionamento sulle transazioni piu' rilevanti della banca. Al contempo, potenziali rischi di conflitti di interesse, a partire dall'attivita' piu' tipica di erogazione del credito, si pongono con riferimento ad un novero piu' ampio di dipendenti e collaboratori aziendali, a diversi livelli gerarchico-funzionali, soprattutto se questi abbiano interessi in altre attivita' (es. azionisti di societa' direttamente o tramite familiari). Pertanto, le banche e i gruppi bancari dovranno opportunamente presidiare le operazioni in cui tali soggetti possano avere direttamente o indirettamente un proprio e diverso interesse. Il perimetro minimo di soggetti da prendere in considerazione a questi fini e' il cd. "personale piu' rilevante" identificato ai sensi delle disposizioni sulle politiche e prassi di remunerazione e incentivazione (1), in quanto si tratta di soggetti la cui attivita' professionale ha o puo' avere un impatto rilevante sul profilo di rischio della banca. I criteri interni che le banche e i gruppi bancari si danno devono almeno prevedere l'impegno del personale a dichiarare situazioni di interesse nelle operazioni e l'attribuzione delle competenze gestionali del rapporto (es. concessione del credito, passaggio a contenzioso) ai livelli gerarchici superiori. Ciascuna banca o gruppo bancario definisce gli strumenti (previsioni statutarie, regolamenti interni, codici di condotta etc.), i destinatari e i contenuti specifici di tale regolamentazione.
(1) Cfr. par. 3.2 delle disposizioni del 30.03.2011.
SEZIONE V
COMUNICAZIONI E INTERVENTI
1. Segnalazioni di vigilanza Le attivita' di rischio verso soggetti collegati sono segnalate alla Banca d'Italia con la periodicita' e il livello di dettaglio previsti dalla relativa disciplina segnaletica prudenziale. La segnalazione e' effettuata a livello consolidato dalla capogruppo e a livello individuale dalle singole banche, anche appartenenti a gruppi bancari. 2. Censimento dei soggetti collegati Le banche e, nel caso di un gruppo bancario, la capogruppo censiscono le parti correlate e nei limiti dell'ordinaria diligenza individuano i soggetti connessi, anche chiedendo le necessarie informazioni in fase di apertura di nuovi rapporti e, successivamente, in occasione del rinnovo del fido o della revisione dei contratti. Per quanto non si tratti di soggetti collegati ai sensi della presente disciplina, le banche e le capogruppo censiscono come stretti familiari di una parte correlata anche gli affini fino al secondo grado e tengono tali informazioni a disposizione per eventuali richieste della Banca d'Italia (1).
(1) Valgono le esenzioni previste nella Sezione I, par. 3, per le banche e gli altri intermediari esteri appartenenti al gruppo bancario. I soggetti qualificabili come parti correlate ai sensi della presente disciplina cooperano con le banche e gli intermediari con cui intrattengono rapporti al fine di consentire loro un censimento corretto e completo dei soggetti collegati, in particolare per quanto riguarda l'individuazione dei soggetti connessi. E' dovere delle parti correlate, altresi', comunicare tempestivamente le circostanze sopravvenute di cui siano a conoscenza che possano comportare modifiche del perimetro dei soggetti collegati. Le banche individuano e pongono in essere soluzioni idonee ad acquisire le necessarie informazioni, a rendere edotta la clientela dei propri doveri e ad avvisare la stessa circa i possibili profili di responsabilita' (es. ex art. 137 del Testo unico bancario). 3. Provvedimenti della Banca d'Italia In base all'art. 53, comma 4, del TUB, ove verifichi in concreto l'esistenza di situazioni di conflitti d'interesse, la Banca d'Italia puo' stabilire condizioni e limiti specifici per l'assunzione delle attivita' di rischio. In particolare, in relazione a ciascun insieme di soggetti collegati o alla complessiva operativita' nei loro confronti, essa puo' stabilire - per i gruppi bancari, per le singole banche del gruppo e per le banche non appartenenti a un gruppo - limiti prudenziali consolidati e/o individuali piu' restrittivi di quelli previsti in via generale, imporre l'acquisizione di garanzie aggiuntive o altre condizioni, prevedere che le relative deliberazioni siano assunte con particolari cautele procedurali. Inoltre, in casi particolari la Banca d'Italia puo' richiedere che le presenti disposizioni (limiti e procedure) trovino applicazione nei confronti di soggetti ulteriori rispetto a quelli collegati, in ragione dei conflitti di interesse ravvisati in concreto. Nell'esercizio dei propri poteri la Banca d'Italia tiene conto della capacita' dell'assetto organizzativo e del sistema dei controlli interni della banca e del gruppo bancario di garantire il rispetto della presente disciplina e la prevenzione e corretta gestione dei conflitti di interesse specifici inerenti ai rapporti con le controparti, anche diverse dai soggetti collegati. In tale contesto, assume particolare riguardo la capacita' di rispettare gli obblighi di identificazione dei soggetti collegati e di monitoraggio dell'andamento delle relazioni. In caso di inosservanza dei limiti specifici si applica quanto previsto nella Sezione II, par. 3. |
| Allegato A
Parte di provvedimento in formato grafico
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| Allegato B
Metodologie di calcolo per l'identificazione delle "Operazioni di maggiore rilevanza"
a) "Indice di rilevanza del controvalore": e' il rapporto tra il controvalore dell'operazione e il patrimonio di vigilanza tratto dal piu' recente stato patrimoniale pubblicato (consolidato, se redatto). Se le condizioni economiche dell'operazione sono determinate, il controvalore dell'operazione e': i) per le componenti in contanti, l'ammontare pagato alla/dalla controparte contrattuale; ii) per le componenti costituite da strumenti finanziari, il fair value determinato, alla data dell'operazione, in conformita' ai principi contabili internazionali adottati con Regolamento (CE) n. 1606/2002; iii) per le operazioni di finanziamento o di concessione di garanzie, l'importo massimo erogabile. Se le condizioni economiche dell'operazione dipendono in tutto o in parte da grandezze non ancora note, il controvalore dell'operazione e' il valore massimo ricevibile o pagabile ai sensi dell'accordo (1).
(1) Si precisa che nel caso di servizi pluriennali remunerati con commissioni/canoni il controvalore e' rappresentato dal loro valore attuale. b) "Indice di rilevanza dell'attivo": e' il rapporto tra il totale attivo dell'entita' oggetto dell'operazione e il totale attivo della banca (2). I dati da utilizzare devono essere tratti dal piu' recente stato patrimoniale pubblicato (consolidato, se redatto) dalla banca; ove possibile, analoghi dati devono essere utilizzati per la determinazione del totale dell'attivo dell'entita' oggetto dell'operazione.
(2) Nell'attivo devono essere ricomprese le poste "fuori bilancio". Per le operazioni di acquisizione e cessione di partecipazioni in societa' che hanno effetti sull'area di consolidamento, il valore del numeratore e' il totale attivo della partecipata, indipendentemente dalla percentuale di capitale oggetto di disposizione. Per le operazioni di acquisizione e cessione di partecipazioni in societa' che non hanno effetti sull'area di consolidamento, il valore del numeratore e': i) in caso di acquisizioni, il controvalore dell'operazione maggiorato delle passivita' della societa' acquisita eventualmente assunte dall'acquirente; ii) in caso di cessioni, il corrispettivo dell'attivita' ceduta. Per le operazioni di acquisizione e cessione di altre attivita' (diverse dall'acquisizione di una partecipazione), il valore del numeratore e': i) in caso di acquisizioni, il maggiore tra il corrispettivo e il valore contabile che verra' attribuito all'attivita'; ii) in caso di cessioni, il valore contabile dell'attivita'. |
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