Gazzetta n. 146 del 14 luglio 2010 (vai al sommario)
LEGGE
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2009.



La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
promulga
la seguente legge:
Parte di provvedimento in formato grafico


La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 4 giugno 2010

NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del
Consiglio dei Ministri

Ronchi, Ministro per le
politiche europee
Visto, il Guardasigilli: Alfano
LAVORI PREPARATORI
Camera dei deputati (atto n. 2449):
Disegno di legge presentato dal Ministro senza portafoglio per le politiche europee (Ronchi) il 19 maggio 2009.
Assegnato alla XIV commissione (politiche dell'Unione europea), in sede referente, l'11 giugno 2009 con pareri delle commissioni I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII e XIII e questioni regionali.
Esaminato dalla XIV commissione, in sede referente, il 24 giugno 2009, il 1°, 7, 14, 15, 21, 28 luglio 2009.
Esaminato in aula il 14 settembre 2009 ed approvato il 22 settembre 2009. Senato della Repubblica (atto n. 1781):
Assegnato alla 14ª commissione (politiche dell'Unione europea), in sede referente, il 24 settembre 2009 con pareri delle commissioni 1ª, 2ª, 3ª, 4ª, 5ª, 6ª, 7ª, 8ª, 9ª, 10ª, 11ª, 12ª e 13ª e questioni regionali.
Esaminato dalla 14ª commissione, in sede refetente, il 7 ottobre 2009; il 12, 17, 24 novembre 2009; il 2, 9, 15, 16 dicembre 2009; il 12, 19, 20 gennaio 2010.
Esaminato in aula il 13, 20, 27 gennaio 2010 ed approvato, con modificazioni, il 28 gennaio 2010. Camera dei deputati (atto n. 2449-B):
Assegnato alla XIV commissione (politiche dell'Unione europea), in sede referente, il 3 febbraio 2010 con pareri delle commissioni I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV e questioni regionali.
Esaminato dalla XIV commissione, in sede referente, il 17, 23 febbraio 2010; il 17, 18, 19, 31 marzo 2010; l'8, 14, 15 aprile 2010.
Esaminato in aula il 19 e 20 aprile 2010 ed approvato, con modificazioni, il 21 aprile 2010. Senato della Repubblica (atto n. 1781-B):
Assegnato alla 14ª commissione (politiche dell'Unione europea), in sede referente, il 26 aprile 2010 con pareri delle commissioni 1ª, 5ª, 6ª, 8ª, 9ª, 10ª, 12ª e 13ª e questioni regionali.
Esaminato dalla 14ª commissione, in sede referente, il 4, 5 e 11 maggio 2010.
Esaminato in aula l'11 maggio 2010 ed approvato il 12 maggio 2010.



Note all'articolo unico:
N O T E
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3 del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita'
europee (GUCE).
Note all'art. 1.
- Il testo dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n.
400 «Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento
della Presidenza del Consiglio dei Ministri.» cosi' recita:
«Art. 14 (Decreti legislativi). - 1. I decreti
legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'art. 76
della Costituzione sono emanati dal Presidente della
Repubblica con la denominazione di «decreto legislativo» e
con l'indicazione, nel preambolo, della legge di
delegazione, della deliberazione del Consiglio dei Ministri
e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla
legge di delegazione.
2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire
entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il
testo del decreto legislativo adottato dal Governo e'
trasmesso al Presidente della Repubblica, per la
emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.
3. Se la delega legislativa si riferisce ad una
pluralita' di oggetti distinti suscettibili di separata
disciplina, il Governo puo' esercitarla mediante piu' atti
successivi per uno o piu' degli oggetti predetti. In
relazione al termine finale stabilito dalla legge di
delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere
sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio
della delega.
4. In ogni caso, qualora il termine previsto per
l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo e'
tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei
decreti delegati. Il parere e' espresso dalle Commissioni
permanenti delle due Camere competenti per materia entro
sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali
disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive
della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni
successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue
osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle
Commissioni per il parere definitivo che deve essere
espresso entro trenta giorni.».
- Il testo dell'art. 17, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196 «Legge di contabilita' e finanza
pubblica.» cosi' recita:
«3. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, i
disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo, gli
emendamenti di iniziativa governativa che comportino
conseguenze finanziarie devono essere corredati di una
relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni
competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle
finanze, sulla quantificazione delle entrate e degli oneri
recati da ciascuna disposizione, nonche' delle relative
coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e
per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla
completa attuazione delle norme e, per le spese in conto
capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel
bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione
agli obiettivi fisici previsti. Alla relazione tecnica e'
allegato un prospetto riepilogativo degli effetti
finanziari di ciascuna disposizione ai fini del saldo netto
da finanziare del bilancio dello Stato, del saldo di cassa
delle amministrazioni pubbliche e dell'indebitamento netto
del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni.
Nella relazione sono indicati i dati e i metodi utilizzati
per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile
per la verifica tecnica in sede parlamentare secondo le
norme di cui ai regolamenti parlamentari, nonche' il
raccordo con le previsioni tendenziali del bilancio dello
Stato, del conto consolidato di cassa e del conto economico
delle amministrazioni pubbliche, contenute nella Decisione
di cui all'art. 10 ed eventuali successivi aggiornamenti».
- Il testo dell'art. 117, quinto comma, della
Costituzione, cosi' recita:
«Le Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi
comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione
degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione
europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da
legge dello Stato, che disciplina le modalita' di esercizio
del potere sostitutivo in caso di inadempienza.».
- Il testo dell'art. 11, comma 8, della legge 4
febbraio 2005, n. 11 «Norme generali sulla partecipazione
dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e
sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari»,
cosi' recita:
«8. In relazione a quanto disposto dall'art. 117,
quinto comma, della Costituzione, gli atti normativi di cui
al presente articolo possono essere adottati nelle materie
di competenza legislativa delle regioni e delle province
autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei
suddetti enti nel dare attuazione a norme comunitarie. In
tale caso, gli atti normativi statali adottati si
applicano, per le regioni e le province autonome nelle
quali non sia ancora in vigore la propria normativa di
attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine
stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa
comunitaria, perdono comunque efficacia dalla data di
entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna
regione e provincia autonoma e recano l'esplicita
indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato
e del carattere cedevole delle disposizioni in essi
contenute. I predetti atti normativi sono sottoposti al
preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano.».
Note all'art. 2.
- Il testo dell'art. 53 del decreto legislativo 28
agosto 2000, n. 274 «Disposizioni sulla competenza penale
del giudice di pace, a norma dell'art. 14 della legge 24
novembre 1999, n. 468.», cosi' recita:
«Art. 53 (Obbligo di permanenza domiciliare). - 1. La
pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di
rimanere presso la propria abitazione o in altro luogo di
privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o
accoglienza nei giorni di sabato e domenica; il giudice,
avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di
studio o di salute del condannato, puo' disporre che la
pena venga eseguita in giorni diversi della settimana
ovvero, a richiesta del condannato, continuativamente.
2. La durata della permanenza domiciliare non puo'
essere inferiore a sei giorni ne' superiore a
quarantacinque; il condannato non e' considerato in stato
di detenzione.
3. Il giudice puo' altresi' imporre al condannato,
valutati i criteri di cui all'art. 133, comma secondo, del
codice penale, il divieto di accedere a specifici luoghi
nei giorni in cui non e' obbligato alla permanenza
domiciliare, tenuto conto delle esigenze familiari, di
lavoro, di studio o di salute del condannato.
4. Il divieto non puo' avere durata superiore al doppio
della durata massima della pena della permanenza
domiciliare e cessa in ogni caso quando e' stata
interamente scontata la pena della permanenza
domiciliare.».
- Il testo dell'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n.
183 «Coordinamento delle politiche riguardanti
l'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee ed
adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi
comunitari», cosi' recita:
«Art. 5 (Fondo di rotazione). - 1. E' istituito,
nell'ambito del Ministero del tesoro - Ragioneria generale
dello Stato, un fondo di rotazione con amministrazione
autonoma e gestione fuori bilancio, ai sensi dell'art. 9
della legge 25 novembre 1971, n. 1041.
2. Il fondo di rotazione di cui al comma 1 si avvale di
un apposito conto corrente infruttifero, aperto presso la
tesoreria centrale dello Stato denominato «Ministero del
tesoro - fondo di rotazione per l'attuazione delle
politiche comunitarie», nel quale sono versate:
a) le disponibilita' residue del fondo di cui alla
legge 3 ottobre 1977, n. 863 , che viene soppresso a
decorrere dalla data di inizio della operativita' del fondo
di cui al comma 1;
b) le somme erogate dalle istituzioni delle Comunita'
europee per contributi e sovvenzioni a favore dell'Italia;
c) le somme da individuare annualmente in sede di
legge finanziaria, sulla base delle indicazioni del
comitato interministeriale per la programmazione economica
(CIPE) ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera c),
nell'ambito delle autorizzazioni di spesa recate da
disposizioni di legge aventi le stesse finalita' di quelle
previste dalle norme comunitarie da attuare;
d) le somme annualmente determinate con la legge di
approvazione del bilancio dello Stato, sulla base dei dati
di cui all'art. 7.
3. Restano salvi i rapporti finanziari direttamente
intrattenuti con le Comunita' europee dalle amministrazioni
e dagli organismi di cui all'art. 2 del decreto del
Presidente della Repubblica 16 aprile 1971, n. 321 , ed
alla legge 26 novembre 1975, n. 748.».
Note all'art. 3.
- Per l'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, si
veda nelle note all'art. 1.
Note all'art. 4.
- Il testo dell'art. 9, della legge 4 febbraio 2005, n.
11 «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al
processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di
esecuzione degli obblighi comunitari», cosi' recita:
«Art. 9 (Contenuti della legge comunitaria). - 1. Il
periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale
all'ordinamento comunitario e' assicurato dalla legge
comunitaria annuale, che reca:
a) disposizioni modificative o abrogative di
disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi
indicati all'art. 1;
b) disposizioni modificative o abrogative di
disposizioni statali vigenti oggetto di procedure di
infrazione avviate dalla Commissione delle Comunita'
europee nei confronti della Repubblica italiana;
c) disposizioni occorrenti per dare attuazione o
assicurare l'applicazione degli atti del Consiglio o della
Commissione delle Comunita' europee di cui alle lettere a)
e c) del comma 2 dell'art. 1, anche mediante il
conferimento al Governo di delega legislativa;
d) disposizioni che autorizzano il Governo ad attuare
in via regolamentare le direttive, sulla base di quanto
previsto dall'art. 11;
e) disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai
trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni
esterne dell'Unione europea;
f) disposizioni che individuano i principi
fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le
province autonome esercitano la propria competenza
normativa per dare attuazione o assicurare l'applicazione
di atti comunitari nelle materie di cui all'art. 117, terzo
comma, della Costituzione;
g) disposizioni che, nelle materie di competenza
legislativa delle regioni e delle province autonome,
conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti
legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle
disposizioni comunitarie recepite dalle regioni e dalle
province autonome;
h) disposizioni emanate nell'esercizio del potere
sostitutivo di cui all'art. 117, quinto comma, della
Costituzione, in conformita' ai principi e nel rispetto dei
limiti di cui all'art. 16, comma 3.
2. Gli oneri relativi a prestazioni e controlli da
eseguire da parte di uffici pubblici, ai fini
dell'attuazione delle disposizioni comunitarie di cui alla
legge comunitaria per l'anno di riferimento, sono posti a
carico dei soggetti interessati, secondo tariffe
determinate sulla base del costo effettivo del servizio,
ove cio' non risulti in contrasto con la disciplina
comunitaria. Le tariffe di cui al precedente periodo sono
predeterminate e pubbliche.
2-bis. Le entrate derivanti dalle tariffe determinate
ai sensi del comma 2 sono attribuite, nei limiti previsti
dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che
effettuano le prestazioni e i controlli, mediante
riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469.».
Note all'art. 5.
- Il testo dell'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n.
59 «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e
compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa», cosi' recita:
«Art. 20. - 1. Il Governo, sulla base di un programma
di priorita' di interventi, definito, con deliberazione del
Consiglio dei Ministri, in relazione alle proposte
formulate dai Ministri competenti, sentita la Conferenza
unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, entro la data del 30 aprile, presenta
al Parlamento, entro il 31 maggio di ogni anno, un disegno
di legge per la semplificazione e il riassetto normativo,
volto a definire, per l'anno successivo, gli indirizzi, i
criteri, le modalita' e le materie di intervento, anche ai
fini della ridefinizione dell'area di incidenza delle
pubbliche funzioni con particolare riguardo all'assetto
delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti
locali. In allegato al disegno di legge e' presentata una
relazione sullo stato di attuazione della semplificazione e
del riassetto.
2. Il disegno di legge di cui al comma 1 prevede
l'emanazione di decreti legislativi, relativamente alle
norme legislative sostanziali e procedimentali, nonche' di
regolamenti ai sensi dell'art. 17, commi 1 e 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, per le
norme regolamentari di competenza dello Stato.
3. Salvi i principi e i criteri direttivi specifici per
le singole materie, stabiliti con la legge annuale di
semplificazione e riassetto normativo, l'esercizio delle
deleghe legislative di cui ai commi 1 e 2 si attiene ai
seguenti principi e criteri direttivi:
a) definizione del riassetto normativo e
codificazione della normativa primaria regolante la
materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di
Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento
della richiesta, con determinazione dei principi
fondamentali nelle materie di legislazione concorrente;
a-bis) coordinamento formale e sostanziale del testo
delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche
necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e
sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e
semplificare il linguaggio normativo;
b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta
salva l'applicazione dell'art. 15 delle disposizioni sulla
legge in generale premesse al codice civile;
c) indicazione dei principi generali, in particolare
per quanto attiene alla informazione, alla partecipazione,
al contraddittorio, alla trasparenza e pubblicita' che
regolano i procedimenti amministrativi ai quali si
attengono i regolamenti previsti dal comma 2 del presente
articolo, nell'ambito dei principi stabiliti dalla legge 7
agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;
d) eliminazione degli interventi amministrativi
autorizzatori e delle misure di condizionamento della
liberta' contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi
pubblici alla difesa nazionale, all'ordine e alla sicurezza
pubblica, all'amministrazione della giustizia, alla
regolazione dei mercati e alla tutela della concorrenza,
alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell'ambiente,
all'ordinato assetto del territorio, alla tutela
dell'igiene e della salute pubblica;
e) sostituzione degli atti di autorizzazione,
licenza, concessione, nulla osta, permesso e di consenso
comunque denominati che non implichino esercizio di
discrezionalita' amministrativa e il cui rilascio dipenda
dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge, con
una denuncia di inizio di attivita' da presentare da parte
dell'interessato all'amministrazione competente corredata
dalle attestazioni e dalle certificazioni eventualmente
richieste;
f) determinazione dei casi in cui le domande di
rilascio di un atto di consenso, comunque denominato, che
non implichi esercizio di discrezionalita' amministrativa,
corredate dalla documentazione e dalle certificazioni
relative alle caratteristiche tecniche o produttive
dell'attivita' da svolgere, eventualmente richieste, si
considerano accolte qualora non venga comunicato apposito
provvedimento di diniego entro il termine fissato per
categorie di atti in relazione alla complessita' del
procedimento, con esclusione, in ogni caso,
dell'equivalenza tra silenzio e diniego o rifiuto;
g) revisione e riduzione delle funzioni
amministrative non direttamente rivolte:
1) alla regolazione ai fini dell'incentivazione
della concorrenza;
2) alla eliminazione delle rendite e dei diritti di
esclusivita', anche alla luce della normativa comunitaria;
3) alla eliminazione dei limiti all'accesso e
all'esercizio delle attivita' economiche e lavorative;
4) alla protezione di interessi primari,
costituzionalmente rilevanti, per la realizzazione della
solidarieta' sociale;
5) alla tutela dell'identita' e della qualita'
della produzione tipica e tradizionale e della
professionalita';
h) promozione degli interventi di autoregolazione per
standard qualitativi e delle certificazioni di conformita'
da parte delle categorie produttive, sotto la vigilanza
pubblica o di organismi indipendenti, anche privati, che
accertino e garantiscano la qualita' delle fasi delle
attivita' economiche e professionali, nonche' dei processi
produttivi e dei prodotti o dei servizi;
i) per le ipotesi per le quali sono soppressi i
poteri amministrativi autorizzatori o ridotte le funzioni
pubbliche condizionanti l'esercizio delle attivita'
private, previsione dell'autoconformazione degli
interessati a modelli di regolazione, nonche' di adeguati
strumenti di verifica e controllo successivi. I modelli di
regolazione vengono definiti dalle amministrazioni
competenti in relazione all'incentivazione della
concorrenzialita', alla riduzione dei costi privati per il
rispetto dei parametri di pubblico interesse, alla
flessibilita' dell'adeguamento dei parametri stessi alle
esigenze manifestatesi nel settore regolato;
l) attribuzione delle funzioni amministrative ai
comuni, salvo il conferimento di funzioni a province,
citta' metropolitane, regioni e Stato al fine di
assicurarne l'esercizio unitario in base ai principi di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza;
determinazione dei principi fondamentali di attribuzione
delle funzioni secondo gli stessi criteri da parte delle
regioni nelle materie di competenza legislativa
concorrente;
m) definizione dei criteri di adeguamento
dell'organizzazione amministrativa alle modalita' di
esercizio delle funzioni di cui al presente comma;
n) indicazione esplicita dell'autorita' competente a
ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative,
ai sensi dell'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
3-bis. Il Governo, nelle materie di competenza
esclusiva dello Stato, completa il processo di
codificazione di ciascuna materia emanando, anche
contestualmente al decreto legislativo di riassetto, una
raccolta organica delle norme regolamentari regolanti la
medesima materia, se del caso adeguandole alla nuova
disciplina di livello primario e semplificandole secondo i
criteri di cui ai successivi commi.
4. I decreti legislativi e i regolamenti di cui al
comma 2, emanati sulla base della legge di semplificazione
e riassetto normativo annuale, per quanto concerne le
funzioni amministrative mantenute, si attengono ai seguenti
principi:
a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e
di quelli che agli stessi risultano strettamente connessi o
strumentali, in modo da ridurre il numero delle fasi
procedimentali e delle amministrazioni intervenienti, anche
riordinando le competenze degli uffici, accorpando le
funzioni per settori omogenei, sopprimendo gli organi che
risultino superflui e costituendo centri interservizi dove
ricollocare il personale degli organi soppressi e
raggruppare competenze diverse ma confluenti in un'unica
procedura, nel rispetto dei principi generali indicati ai
sensi del comma 3, lettera c), e delle competenze riservate
alle regioni;
b) riduzione dei termini per la conclusione dei
procedimenti e uniformazione dei tempi di conclusione
previsti per procedimenti tra loro analoghi;
c) regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso
tipo che si svolgono presso diverse amministrazioni o
presso diversi uffici della medesima amministrazione;
d) riduzione del numero di procedimenti
amministrativi e accorpamento dei procedimenti che si
riferiscono alla medesima attivita';
e) semplificazione e accelerazione delle procedure di
spesa e contabili, anche mediante l'adozione di
disposizioni che prevedano termini perentori, prorogabili
per una sola volta, per le fasi di integrazione
dell'efficacia e di controllo degli atti, decorsi i quali i
provvedimenti si intendono adottati;
f) aggiornamento delle procedure, prevedendo la piu'
estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione, anche nei rapporti
con i destinatari dell'azione amministrativa;
f-bis) generale possibilita' di utilizzare, da parte
delle amministrazioni e dei soggetti a queste equiparati,
strumenti di diritto privato, salvo che nelle materie o
nelle fattispecie nelle quali l'interesse pubblico non puo'
essere perseguito senza l'esercizio di poteri autoritativi;
f-ter) conformazione ai principi di sussidiarieta',
differenziazione e adeguatezza, nella ripartizione delle
attribuzioni e competenze tra i diversi soggetti
istituzionali, nella istituzione di sedi stabili di
concertazione e nei rapporti tra i soggetti istituzionali
ed i soggetti interessati, secondo i criteri
dell'autonomia, della leale collaborazione, della
responsabilita' e della tutela dell'affidamento;
f-quater) riconduzione delle intese, degli accordi e
degli atti equiparabili comunque denominati, nonche' delle
conferenze di servizi, previste dalle normative vigenti,
aventi il carattere della ripetitivita', ad uno o piu'
schemi base o modelli di riferimento nei quali, ai sensi
degli articoli da 14 a 14-quater della legge 7 agosto 1990,
n. 241, e successive modificazioni, siano stabilite le
responsabilita', le modalita' di attuazione e le
conseguenze degli eventuali inadempimenti;
f-quinquies) avvalimento di uffici e strutture
tecniche e amministrative pubbliche da parte di altre
pubbliche amministrazioni, sulla base di accordi conclusi
ai sensi dell'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni.
5. I decreti legislativi di cui al comma 2 sono emanati
su proposta del Ministro competente, di concerto con il
Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per la
funzione pubblica, con i Ministri interessati e con il
Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione
del parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e,
successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari
competenti che sono resi entro il termine di sessanta
giorni dal ricevimento della richiesta.
6. I regolamenti di cui al comma 2 sono emanati con
decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la
funzione pubblica, di concerto con il Ministro competente,
previa acquisizione del parere della Conferenza unificata
di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, quando siano coinvolti interessi delle regioni e
delle autonomie locali, del parere del Consiglio di Stato
nonche' delle competenti Commissioni parlamentari. I pareri
della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato sono
resi entro novanta giorni dalla richiesta; quello delle
Commissioni parlamentari e' reso, successivamente ai
precedenti, entro sessanta giorni dalla richiesta. Per la
predisposizione degli schemi di regolamento la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, ove necessario, promuove, anche
su richiesta del Ministro competente, riunioni tra le
amministrazioni interessate. Decorsi sessanta giorni dalla
richiesta di parere alle Commissioni parlamentari, i
regolamenti possono essere comunque emanati.
7. I regolamenti di cui al comma 2, ove non
diversamente previsto dai decreti legislativi, entrano in
vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della
loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Con effetto
dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di legge,
regolatrici dei procedimenti.
8. I regolamenti di cui al comma 2 si conformano, oltre
ai principi di cui al comma 4, ai seguenti criteri e
principi:
a) trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti
amministrativi di funzioni anche decisionali, che non
richiedono, in ragione della loro specificita', l'esercizio
in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali
con conferenze di servizi o con interventi, nei relativi
procedimenti, dei soggetti portatori di interessi diffusi;
b) individuazione delle responsabilita' e delle
procedure di verifica e controllo;
c) soppressione dei procedimenti che risultino non
piu' rispondenti alle finalita' e agli obiettivi
fondamentali definiti dalla legislazione di settore o che
risultino in contrasto con i principi generali
dell'ordinamento giuridico nazionale o comunitario;
d) soppressione dei procedimenti che comportino, per
l'amministrazione e per i cittadini, costi piu' elevati dei
benefici conseguibili, anche attraverso la sostituzione
dell'attivita' amministrativa diretta con forme di
autoregolamentazione da parte degli interessati,
prevedendone comunque forme di controllo;
e) adeguamento della disciplina sostanziale e
procedimentale dell'attivita' e degli atti amministrativi
ai principi della normativa comunitaria, anche sostituendo
al regime concessorio quello autorizzatorio;
f) soppressione dei procedimenti che derogano alla
normativa procedimentale di carattere generale, qualora non
sussistano piu' le ragioni che giustifichino una difforme
disciplina settoriale;
g) regolazione, ove possibile, di tutti gli aspetti
organizzativi e di tutte le fasi del procedimento.
8-bis. Il Governo verifica la coerenza degli obiettivi
di semplificazione e di qualita' della regolazione con la
definizione della posizione italiana da sostenere in sede
di Unione europea nella fase di predisposizione della
normativa comunitaria, ai sensi dell'art. 3 del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Assicura la
partecipazione italiana ai programmi di semplificazione e
di miglioramento della qualita' della regolazione interna e
a livello europeo.
9. I Ministeri sono titolari del potere di iniziativa
della semplificazione e del riassetto normativo nelle
materie di loro competenza, fatti salvi i poteri di
indirizzo e coordinamento della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, che garantisce anche l'uniformita' e
l'omogeneita' degli interventi di riassetto e
semplificazione. La Presidenza del Consiglio dei Ministri
garantisce, in caso di inerzia delle amministrazioni
competenti, l'attivazione di specifiche iniziative di
semplificazione e di riassetto normativo.
10. Gli organi responsabili di direzione politica e di
amministrazione attiva individuano forme stabili di
consultazione e di partecipazione delle organizzazioni di
rappresentanza delle categorie economiche e produttive e di
rilevanza sociale, interessate ai processi di regolazione e
di semplificazione.
11. I servizi di controllo interno compiono
accertamenti sugli effetti prodotti dalle norme contenute
nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione dei
procedimenti amministrativi e possono formulare
osservazioni e proporre suggerimenti per la modifica delle
norme stesse e per il miglioramento dell'azione
amministrativa.».
Nota all'art. 6.
- Si riporta il testo dell'art. 2 della legge 24
febbraio 2005, n. 11 «Norme generali sulla partecipazione
dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e
sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari),
come modificato dalla presente legge:
«Art. 2 (Comitato interministeriale per gli affari
comunitari europei). - 1. Al fine di concordare le linee
politiche del Governo, e coordinarle con i pareri espressi
dal Parlamento nelle medesime materie, nel processo di
formazione della posizione italiana nella fase di
predisposizione degli atti comunitari e dell'Unione europea
e di consentire il puntuale adempimento dei compiti di cui
alla presente legge, e' istituito presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri il Comitato interministeriale per
gli affari comunitari europei (CIACE), che e' convocato e
presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal
Ministro per le politiche comunitarie e al quale
partecipano il Ministro degli affari esteri, il Ministro
per gli affari regionali e gli altri Ministri aventi
competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle
tematiche inseriti all'ordine del giorno.
2. Alle riunioni del CIACE, quando si trattano
questioni che interessano anche le regioni e le province
autonome, possono chiedere di partecipare il presidente
della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle
province autonome di Trento e di Bolzano o un presidente di
regione o di provincia autonoma da lui delegato e, per gli
ambiti di competenza degli enti locali, i presidenti delle
associazioni rappresentative degli enti locali.
3. Il CIACE svolge i propri compiti nel rispetto delle
competenze attribuite dalla Costituzione e dalla legge al
Parlamento, al Consiglio dei Ministri e alla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano.
4. Per la preparazione delle proprie riunioni, il CIACE
si avvale di un comitato tecnico permanente istituito
presso il Dipartimento per le politiche comunitarie,
coordinato e presieduto dal Ministro per le politiche
comunitarie o da un suo delegato. Di tale comitato tecnico
fanno parte direttori generali o alti funzionari con
qualificata specializzazione in materia, designati da
ognuna delle amministrazioni del Governo. Quando si
trattano questioni che interessano anche le regioni e le
province autonome, il comitato tecnico, integrato dagli
assessori regionali competenti per le materie in
trattazione o loro delegati, e' convocato e presieduto dal
Ministro per le politiche comunitarie, in accordo con il
Ministro per gli affari regionali, presso la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano. Il funzionamento
del CIACE e del comitato tecnico permanente sono
disciplinati, rispettivamente, con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri e con decreto del Ministro per
le politiche comunitarie.
4-bis. Al fine del funzionamento del CIACE, la
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il
coordinamento delle politiche comunitarie potra' valersi,
entro un contingente massimo di venti unita', di personale
appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, in
posizione di comando proveniente da altre amministrazioni,
al quale si applica la disposizione di cui all'art. 17,
comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, scelto
prioritariamente tra coloro che hanno maturato un periodo
di servizio di almeno due anni, o in qualita' di esperto
nazionale distaccato presso le istituzioni dell'Unione
europea, o presso organismi dell'Unione europea ai sensi
dell'art. 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Nell'ambito del predetto contingente, il numero delle
unita' di personale viene stabilito entro il 31 gennaio di
ogni anno, nel limite massimo delle risorse finanziarie
disponibili presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri.
5. Dall'attuazione del presente articolo non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.».
Note all'art. 7.
- Si riporta il testo dell'art. 15-bis della citata
legge n. 11 del 2005, come modificato dalla presente legge:
«Art. 15-bis (Informazione al Parlamento su procedure
giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l'Italia).
- 1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro
per le politiche europee, sulla base delle informazioni
ricevute dalle amministrazioni competenti, trasmette ogni
tre mesi alle Camere e alla Corte dei conti un elenco,
articolato per settore e materia:
a) delle sentenze della Corte di giustizia delle
Comunita' europee e degli altri organi giurisdizionali
dell'Unione europea relative a giudizi di cui l'Italia sia
stata parte o che abbiano rilevanti conseguenze per
l'ordinamento italiano;
b) dei rinvii pregiudiziali disposti ai sensi
dell'art. 234 del Trattato istitutivo della Comunita'
europea o dell'art. 35 del Trattato sull'Unione europea da
organi giurisdizionali italiani;
c) delle procedure di infrazione avviate nei
confronti dell'Italia ai sensi degli articoli 226 e 228 del
Trattato istitutivo della Comunita' europea, con
informazioni sintetiche sull'oggetto e sullo stato del
procedimento nonche' sulla natura delle eventuali
violazioni contestate all'Italia;
d) dei procedimenti di indagine formale avviati dalla
Commissione europea nei confronti dell'Italia ai sensi
dell'art. 88, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della
Comunita' europea.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di
concerto con il Ministro per le politiche europee,
trasmette ogni tre mesi alle Camere e alla Corte dei conti
informazioni sulle eventuali conseguenze di carattere
finanziario degli atti e delle procedure di cui al comma 1.
Nel caso delle procedure di infrazione avviate ai sensi
dell'art. 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, le informazioni sono trasmesse ogni mese.
3. Nei casi di particolare rilievo o urgenza o su
richiesta di una delle due Camere, il Presidente del
Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche
europee trasmette tempestivamente alle Camere, in relazione
a specifici atti o procedure, informazioni e documenti
sulle attivita' e sugli orientamenti che il Governo intende
assumere e una valutazione dell'impatto sull'ordinamento.
3-bis. Quando uno degli atti della Comunita' europea di
cui al comma 1 e' posto alla base di un disegno di legge di
iniziativa governativa, di un decreto-legge, o di uno
schema di decreto legislativo sottoposto al parere
parlamentare, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il
Ministro per le politiche europee comunica al Parlamento le
informazioni e i documenti piu' significativi relativi a
tali atti.
3-ter. Le informazioni e i documenti di cui al presente
articolo sono trasmessi avvalendosi delle modalita' di cui
all'art. 19.
3-quater. Il Governo puo' raccomandare l'uso riservato
delle informazioni e dei documenti trasmessi.».
Nota all'art. 10.
- Per il testo dell'art. 15-bis della legge n. 11 del
2005, si veda nelle note all'art. 7.
Note all'art. 11.
- Si riporta il testo del comma 3 dell'art. 306 del
decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 «Attuazione
dell'art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia
di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di
lavoro», come modificato dalla presente legge:
«3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV
entrano in vigore alla data fissata dal primo comma
dell'art. 13, paragrafo 1, della direttiva 2004/40/CE, e
successive modificazioni; le disposizioni di cui al capo V
del medesimo titolo VIII entrano in vigore il 26 aprile
2010. In caso di attrezzature di lavoro messe a
disposizione dei lavoratori anteriormente al 6 luglio 2007
e che non permettono il rispetto dei valori limite di
esposizione tenuto conto del progresso tecnico e delle
misure organizzative messe in atto, l'obbligo del rispetto
dei valori limite di esposizione di cui all'art. 201 entra
in vigore il 6 luglio 2010. Per il settore agricolo e
forestale l'obbligo del rispetto dei valori limite di
esposizione di cui all'art. 201, ferme restando le
condizioni di cui al precedente periodo, entra in vigore il
6 luglio 2014. Per il settore della navigazione aerea e
marittima, l'obbligo del rispetto dei valori limite di
esposizione al rumore di cui all'art. 189 entra in vigore
il 15 febbraio 2011.».
Note all'art. 12.
- Si riporta il testo degli articoli 14 e 37 della
legge 20 febbraio 2006, n. 82 «Disposizioni di attuazione
della normativa comunitaria concernente l'Organizzazione
comune di mercato (OCM) del vino», come modificato dalla
presente legge:
«Art. 14 (Detenzione di vinacce, centri di raccolta
temporanei fuori fabbrica, fecce di vino, preparazione del
vinello). - 1. La detenzione delle vinacce negli
stabilimenti enologici e' vietata a decorrere dal
trentesimo giorno dalla fine del periodo vendemmiale
determinato annualmente con il provvedimento delle regioni
e delle province autonome di Trento e di Bolzano di cui
all'art. 9, comma 1.
2. Fatta eccezione per i casi di esenzione o di ritiro
previo controllo previsti dal citato regolamento (CE) n.
1493/1999, e successive modificazioni, e per le vinacce
destinate ad altri usi industriali, ivi compresi quelli per
l'estrazione dell'enocianina, le vinacce e le fecce di vino
comunque ottenute dalla trasformazione delle uve e dei
prodotti vinosi devono essere avviate direttamente alle
distillerie autorizzate ai sensi dell'art. 27 del medesimo
regolamento (CE) n. 1493/1999, e successive modificazioni,
e dei relativi regolamenti comunitari applicativi.
3. E' consentita alle distillerie l'istituzione di
centri di raccolta temporanei fuori fabbrica previa
autorizzazione, valida per una campagna vitivinicola,
rilasciata dal competente ufficio periferico
dell'Ispettorato centrale repressione frodi, al quale deve
essere presentata domanda in carta da bollo con
specificazione della sede e dell'ubicazione dei locali
interessati, nonche' del quantitativo presunto di
sottoprodotti oggetto di richiesta. L'introduzione dei
sottoprodotti nei locali di deposito e' comunque
subordinata alla tenuta di un registro di carico e scarico,
soggetto alle modalita' di cui al citato regolamento (CE)
n. 884/2001, e successive modificazioni.
4. La detenzione di vinacce destinate ad altri usi
industriali, diversi dalla distillazione, ivi compresa
l'estrazione dell'enocianina, deve essere preventivamente
comunicata dai responsabili degli stabilimenti industriali
utilizzatori all'ufficio periferico dell'Ispettorato
centrale repressione frodi competente in base al luogo di
detenzione delle vinacce. La comunicazione, in carta libera
e valida per una campagna vitivinicola, deve pervenire
all'ufficio periferico con qualsiasi mezzo almeno entro il
quinto giorno antecedente alla prima introduzione di
vinaccia e deve contenere il nome o la ragione sociale
dell'impresa, la sede legale, la partita IVA, l'indirizzo
dello stabilimento di detenzione delle vinacce e la
quantita' complessiva che si prevede di introdurre nel
corso della campagna vitivinicola di riferimento.
5. In ogni caso le fecce di vino, prima di essere
estratte dalle cantine, devono essere denaturate con la
sostanza rivelatrice prescritta dal Ministro delle
politiche agricole e forestali con proprio decreto, da
emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, con il quale sono altresi' stabilite
le modalita' da osservare per l'impiego della sostanza
denaturante.
6. Le operazioni di ottenimento, denaturazione e
trasferimento delle fecce di vino sono soggette alla sola
comunicazione prevista dall'art. 10 del citato regolamento
(CE) n. 884/2001.
7. La preparazione del vinello e' consentita:
a) presso le distillerie e gli stabilimenti per lo
sfruttamento dei sottoprodotti della vinificazione;
b) presso le cantine dei viticoltori vinificatori di
uve proprie aventi capacita' ricettiva non superiore a 25
ettolitri di vino, a condizione che ne siano prodotti non
piu' di 5 ettolitri e che siano utilizzati esclusivamente
per uso familiare o aziendale.
8. (abrogato)».
«Art. 37 (Modifiche al decreto legislativo 10 agosto
2000, n. 260). - 1. All'art. 1 del decreto legislativo 10
agosto 2000, n. 260, sono aggiunti, in fine, i seguenti
commi:
«10-bis. Chiunque non osserva le modalita' e le
prescrizioni adottate con decreto del Ministro delle
politiche agricole e forestali riguardanti l'aggiunta nei
vini destinati alle distillazioni delle sostanze
rivelatrici in relazione al regolamento (CE) n. 1493/1999,
e successive modificazioni, e al relativo regolamento di
applicazione (CE) n. 1623/2000 della Commissione, del 25
luglio 2000, e' soggetto alla sanzione amministrativa
pecuniaria da 100 euro a 5.000 euro.
10-ter. Salvo che il fatto costituisca reato, il
produttore che, nelle operazioni relative al magazzinaggio
dei mosti e dei vini, non osserva le prescrizioni del
titolo III, capo I, del regolamento (CE) n. 1493/1999, e
delle relative disposizioni applicative, nonche' della
legislazione nazionale, e' soggetto alla sanzione
amministrativa pecuniaria da 300 euro a 3.000 euro.
10-quater. Chiunque non osserva le prescrizioni
sull'elaborazione e sulla commercializzazione dei vini
spumanti, previste dall'allegato V, sezioni H e I, e
dall'allegato VI, sezione K, del regolamento (CE) n.
1493/1999, e dalle relative disposizioni applicative,
nonche' dalla legislazione nazionale, e' soggetto alla
sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 30.000
euro.
10-quinquies. Chiunque non osserva le prescrizioni
sull'elaborazione e sulla commercializzazione dei vini
liquorosi, previste dall'allegato V, sezione J, e
dall'allegato VI, sezione L, del regolamento (CE) n.
1493/1999, e dalle relative disposizioni applicative,
nonche' dalla legislazione nazionale, e' soggetto alla
sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 20.000
euro.
10-sexies. Chiunque non osserva le prescrizioni sulla
definizione, designazione e presentazione delle bevande
spiritose, dei vini aromatizzati, delle bevande
aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di
prodotti vitivinicoli stabilite dai regolamenti (CEE) n.
1576/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, e successive
modificazioni, e n. 1601/91 del Consiglio, del 10 giugno
1991, e successive modificazioni, nonche' dalla
legislazione nazionale, e' soggetto alla sanzione
amministrativa pecuniaria da 100 euro a 10.000 euro».
2. Il comma 1 dell'art. 3 del decreto legislativo 10
agosto 2000, n. 260, e' abrogato; conseguentemente, alla
rubrica del medesimo art. 3, le parole: «Disposizioni
finali ed» sono soppresse.
2-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano
anche ai procedimenti amministrativi sanzionatori relativi
alle violazioni di cui al presente articolo, commesse prima
dell'entrata in vigore della presente disposizione e per i
quali non sia ancora avvenuta la riscossione della sanzione
irrogata.».
- Si riporta il testo dell'art. 8 della legge 25
febbraio 2008, n. 34 «Disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunita' europee. Legge comunitaria 2007», come modificato
dalla presente legge:
«Art. 8 (Applicazione del regolamento (CE) n. 1028/2006
del Consiglio, del 19 giugno 2006, recante norme di
commercializzazione applicabili alle uova). - 1. In
applicazione dell'art. 5 del regolamento (CE) n. 1028/2006
del Consiglio, del 19 giugno 2006, recante norme di
commercializzazione applicabili alle uova, le regioni e le
province autonome competenti per territorio autorizzano,
previo accertamento delle condizioni previste dalle norme
comunitarie vigenti, i centri di imballaggio a classificare
le uova ed attribuiscono a detti centri il prescritto
codice di identificazione sulla base delle disposizioni
adottate dal Ministero delle politiche agricole alimentari
e forestali.
2. Le disposizioni di cui al comma 1, non si applicano,
ai sensi dell'art. 4 del regolamento (CE) n. 1028/2006, ai
produttori aventi fino a 50 galline ovaiole, a condizione
che il nome e l'indirizzo del produttore siano indicati nel
punto di vendita con un cartello a caratteri chiari e
leggibili.
3. L'autorizzazione di cui al comma 1 dispiega
efficacia a decorrere dall'inclusione del centro di
imballaggio, con relativo codice di identificazione, in un
apposito elenco pubblicato nel sito Internet del Ministero
delle politiche agricole alimentari e forestali. Entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, il Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali adotta le opportune norme tecniche
che consentono alle regioni e alle province autonome che ne
facciano richiesta di aggiornare direttamente, per i centri
di imballaggio di propria competenza, l'elenco di cui al
periodo precedente, provvedendo di propria iniziativa
all'inclusione dei centri nel predetto elenco e alla
cancellazione di cui al comma 4.
4. Le regioni e le province autonome verificano che i
centri di imballaggio autorizzati rispettino le
prescrizioni previste dalle norme comunitarie vigenti e
dispongono, se del caso, il ritiro dell'autorizzazione, la
cui efficacia decorre dalla cancellazione dall'elenco di
cui al comma 3.
5. I controlli di cui all'art. 7 del regolamento (CE)
n. 1028/2006 sono svolti dall'Ispettorato centrale per il
controllo della qualita' dei prodotti agroalimentari del
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
6. La legge 3 maggio 1971, n. 419, nonche' la legge 10
aprile 1991, n. 137, sono abrogate. Nell'ambito dei
procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sono fatti salvi gli accertamenti
svolti sulla base delle suddette leggi.
7. Le spese relative alle autorizzazioni di cui al
comma 1 sono poste a carico dei
(continuazione)



del parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e,
successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari
competenti che sono resi entro il termine di sessanta
giorni dal ricevimento della richiesta.
6. I regolamenti di cui al comma 2 sono emanati con
decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la
funzione pubblica, di concerto con il Ministro competente,
previa acquisizione del parere della Conferenza unificata
di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, quando siano coinvolti interessi delle regioni e
delle autonomie locali, del parere del Consiglio di Stato
nonche' delle competenti Commissioni parlamentari. I pareri
della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato sono
resi entro novanta giorni dalla richiesta; quello delle
Commissioni parlamentari e' reso, successivamente ai
precedenti, entro sessanta giorni dalla richiesta. Per la
predisposizione degli schemi di regolamento la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, ove necessario, promuove, anche
su richiesta del Ministro competente, riunioni tra le
amministrazioni interessate. Decorsi sessanta giorni dalla
richiesta di parere alle Commissioni parlamentari, i
regolamenti possono essere comunque emanati.
7. I regolamenti di cui al comma 2, ove non
diversamente previsto dai decreti legislativi, entrano in
vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della
loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Con effetto
dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di legge,
regolatrici dei procedimenti.
8. I regolamenti di cui al comma 2 si conformano, oltre
ai principi di cui al comma 4, ai seguenti criteri e
principi:
a) trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti
amministrativi di funzioni anche decisionali, che non
richiedono, in ragione della loro specificita', l'esercizio
in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali
con conferenze di servizi o con interventi, nei relativi
procedimenti, dei soggetti portatori di interessi diffusi;
b) individuazione delle responsabilita' e delle
procedure di verifica e controllo;
c) soppressione dei procedimenti che risultino non
piu' rispondenti alle finalita' e agli obiettivi
fondamentali definiti dalla legislazione di settore o che
risultino in contrasto con i principi generali
dell'ordinamento giuridico nazionale o comunitario;
d) soppressione dei procedimenti che comportino, per
l'amministrazione e per i cittadini, costi piu' elevati dei
benefici conseguibili, anche attraverso la sostituzione
dell'attivita' amministrativa diretta con forme di
autoregolamentazione da parte degli interessati,
prevedendone comunque forme di controllo;
e) adeguamento della disciplina sostanziale e
procedimentale dell'attivita' e degli atti amministrativi
ai principi della normativa comunitaria, anche sostituendo
al regime concessorio quello autorizzatorio;
f) soppressione dei procedimenti che derogano alla
normativa procedimentale di carattere generale, qualora non
sussistano piu' le ragioni che giustifichino una difforme
disciplina settoriale;
g) regolazione, ove possibile, di tutti gli aspetti
organizzativi e di tutte le fasi del procedimento.
8-bis. Il Governo verifica la coerenza degli obiettivi
di semplificazione e di qualita' della regolazione con la
definizione della posizione italiana da sostenere in sede
di Unione europea nella fase di predisposizione della
normativa comunitaria, ai sensi dell'art. 3 del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Assicura la
partecipazione italiana ai programmi di semplificazione e
di miglioramento della qualita' della regolazione interna e
a livello europeo.
9. I Ministeri sono titolari del potere di iniziativa
della semplificazione e del riassetto normativo nelle
materie di loro competenza, fatti salvi i poteri di
indirizzo e coordinamento della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, che garantisce anche l'uniformita' e
l'omogeneita' degli interventi di riassetto e
semplificazione. La Presidenza del Consiglio dei Ministri
garantisce, in caso di inerzia delle amministrazioni
competenti, l'attivazione di specifiche iniziative di
semplificazione e di riassetto normativo.
10. Gli organi responsabili di direzione politica e di
amministrazione attiva individuano forme stabili di
consultazione e di partecipazione delle organizzazioni di
rappresentanza delle categorie economiche e produttive e di
rilevanza sociale, interessate ai processi di regolazione e
di semplificazione.
11. I servizi di controllo interno compiono
accertamenti sugli effetti prodotti dalle norme contenute
nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione dei
procedimenti amministrativi e possono formulare
osservazioni e proporre suggerimenti per la modifica delle
norme stesse e per il miglioramento dell'azione
amministrativa.».
- La direttiva 91/414/CEE e' pubblicata nella G.U.C.E.
19 agosto 1991, n. L 230. Entrata in vigore il 26 luglio
1991.
- Il regolamento (CE) 1107/2009 e' pubblicato nella
G.U.U.E. 24 novembre 2009, n. L 309.
- Il testo degli articoli 25, 26, 27 e 42 del citato
decreto del Presidente della Repubblica n. 290 del 2001,
cosi' recitano:
«Art. 25 (Autorizzazione all'acquisto). - 1. I prodotti
fitosanitari ed i loro coadiuvanti, se classificati molto
tossici, tossici o nocivi, possono essere venduti per
l'impiego diretto, per se' o conto terzi, soltanto a coloro
che siano muniti di apposita autorizzazione rilasciata
dall'ufficio regionale competente secondo le disposizioni
stabilite dall'art. 26.
2. L'accertamento dell'identita' dell'acquirente
avviene mediante esibizione di un valido documento di
riconoscimento, rilasciato dalla pubblica amministrazione,
i cui estremi devono essere annotati a cura del venditore
sul modulo per la fornitura di prodotti fitosanitari e dei
coadiuvanti di prodotti fitosanitari di cui all'allegato
1.».
«Art. 26 (Rilascio di autorizzazione all'acquisto). -
1. L'autorizzazione di cui all'art. 25 viene rilasciata,
dall'ufficio regionale competente, alle persone che abbiano
compiuto il diciottesimo anno di eta' ed abbiano ottenuto
una valutazione positiva.
2. La valutazione ha lo scopo di accertare che
l'interessato conosce i pericoli connessi alla detenzione,
conservazione, manipolazione ed utilizzazione dei prodotti
fitosanitari e dei loro coadiuvanti, le modalita' per un
corretto uso degli stessi, le relative misure precauzionali
da adottare e gli elementi fondamentali per un corretto
impiego da un punto di vista sanitario, agricolo ed
ambientale.
3. La valutazione di cui al comma 2 viene effettuata
secondo le modalita' indicate da ciascuna regione.
4. L'autorizzazione deve contenere il nome e cognome,
la data e il luogo di nascita e di residenza e la
fotografia del richiedente.
5. L'autorizzazione e' valida per cinque anni ed e'
rinnovabile con le stesse modalita' del rilascio. Tale
durata e', comunque, automaticamente prorogata sino alla
data di effettivo svolgimento dei corsi di cui all'art. 27.
6. Dalla valutazione sono esentati i laureati in
scienze agrarie, i periti agrari e gli agrotecnici.».
«Art. 27 (Corsi di aggiornamento). - 1. Le regioni, le
province autonome di Trento e di Bolzano e gli altri enti
pubblici interessati, nonche' i privati, d'intesa con
l'azienda unita' sanitaria locale, organizzano appositi
corsi d'aggiornamento per l'istruzione e l'addestramento di
coloro che intendono dedicarsi alla vendita ed all'impiego
dei prodotti fitosanitari e dei loro coadiuvanti.
2. Tali corsi di aggiornamento si intendono obbligatori
ai fini delle previste valutazioni.
3. Da tali corsi di aggiornamento sono esentati i
soggetti di cui all'art. 23, comma 5, e all'art. 26, comma
6.».
«Art. 42 (Dati di produzione, vendita e utilizzazione).
- 1. I titolari degli stabilimenti di produzione, delle
autorizzazioni e degli esercizi di vendita di prodotti
fitosanitari e di coadiuvanti di prodotti fitosanitari,
destinati all'uso agricolo o all'esportazione, sono tenuti
a trasmettere annualmente, entro il secondo mese successivo
alla fine di ciascun anno solare, all'autorita' regionale
competente le schede informative sui dati di produzione e
vendita. L'autorita' regionale trasmette le schede
informative al sistema informativo agricolo nazionale del
Ministero delle politiche agricole e forestali, ai fini
della loro elaborazione, nonche' comunica al Ministero
della sanita' ed al Ministero delle politiche agricole e
forestali, Servizio informativo agricolo nazionale, entro
centottanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana del presente
regolamento, l'elenco dei soggetti autorizzati di cui al
presente comma ed aggiorna annualmente tale elenco inviando
i risultati ai Ministeri anzidetti.
2. Le schede informative di cui al comma 1 devono
riportare:
a) informazioni relative al dichiarante, quali la
ragione sociale o cognome e nome, se trattasi di
dichiarante persona fisica, partita IVA o codice fiscale,
sede e recapito telefonico o fax o e-mail, nonche' la
specificazione se intestatario della registrazione o
intermediario o terzista o assimilato;
b) informazioni relative ai prodotti di cui al comma
1, quali denominazione, numero di registrazione, quantita'
espresse in chilogrammi o litri, acquirente.
3. Gli acquirenti e gli utilizzatori di prodotti
fitosanitari e di coadiuvanti di prodotti fitosanitari:
a) devono conservare in modo idoneo, per il periodo
di un anno, le fatture di acquisto, nonche' la copia dei
moduli di acquisto di cui al comma 6 dell'art. 25, dei
prodotti con classificazione di pericolo di molto tossici,
tossici e nocivi;
b) devono conservare presso l'azienda, a cura
dell'utilizzatore, che lo deve sottoscrivere, un registro
dei trattamenti effettuati, annotando entro trenta giorni
dall'acquisto:
1) i dati anagrafici relativi all'azienda;
2) la denominazione della coltura trattata e la
relativa estensione espressa in ettari, nonche' le date di
semina, trapianto, inizio fioritura e raccolta;
3) la data del trattamento, il prodotto e la
relativa quantita' impiegata, espressa in chilogrammi o
litri, nonche' l'avversita' che ha reso necessario il
trattamento.».
Note all'art. 42.
- Si riporta il testo degli articoli 1, 18, 19-bis, 20
e 21, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 8Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio), come modificati dalla presente legge:
«Art. 1 (Fauna selvatica). - 1. La fauna selvatica e'
patrimonio indisponibile dello Stato ed e' tutelata
nell'interesse della comunita' nazionale ed internazionale.
1-bis. Lo Stato, le regioni e le province autonome,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare le
popolazioni di tutte le specie di uccelli di cui all'art. 1
della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 30 novembre 2009, ad un livello
corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche,
turistiche e culturali, tenendo conto delle esigenze
economiche e ricreative e facendo in modo che le misure
adottate non provochino un deterioramento dello stato di
conservazione degli uccelli e dei loro habitat, fatte salve
le finalita' di cui all'art. 9, paragrafo 1, lettera a),
primo e secondo trattino, della stessa direttiva.
2. L'esercizio dell'attivita' venatoria e' consentito
purche' non contrasti con l'esigenza di conservazione della
fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle
produzioni agricole.
3. Le regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare
norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le
specie della fauna selvatica in conformita' alla presente
legge, alle convenzioni internazionali ed alle direttive
comunitarie. Le regioni a statuto speciale e le province
autonome provvedono in base alle competenze esclusive nei
limiti stabiliti dai rispettivi statuti. Le province
attuano la disciplina regionale ai sensi dell'art. 14,
comma 1, lettera f), della legge 8 giugno 1990, n. 142.
4. Le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile
1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e
91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991, con i
relativi allegati, concernenti la conservazione degli
uccelli selvatici, sono integralmente recepite ed attuate
nei modi e nei termini previsti dalla presente legge la
quale costituisce inoltre attuazione della Convenzione di
Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24
novembre 1978, n. 812 , e della Convenzione di Berna del 19
settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n.
503.
5. Le regioni e le province autonome in attuazione
delle citate direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE
provvedono ad istituire lungo le rotte di migrazione
dell'avifauna, segnalate dall'Istituto nazionale per la
fauna selvatica di cui all'art. 7 entro quattro mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, zone di
protezione finalizzate al mantenimento ed alla
sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche, degli
habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi, provvedono
al ripristino dei biotopi distrutti e alla creazione dei
biotopi. Tali attivita' concernono particolarmente e
prioritariamente le specie di cui all'allegato I annesso
alla citata direttiva 2009/147/CE, secondo i criteri
ornitologici previsti all'art. 4 della stessa direttiva. In
caso di inerzia delle regioni e delle province autonome per
un anno dopo la segnalazione da parte dell'Istituto
nazionale per la fauna selvatica, provvedono con controllo
sostitutivo, d'intesa, il Ministro dell'agricoltura e delle
foreste e il Ministro dell'ambiente.
5-bis. Le regioni e le province autonome adottano le
misure di conservazione di cui agli articoli 4 e 6 del
regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n.357, e successive
modificazioni, per quanto possibile, anche per gli habitat
esterni alle zone di protezione speciale. Le regioni e le
province autonome provvedono all'attuazione del presente
comma nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e
strumentali disponibili a legislazione vigente e senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
6. Le regioni e le province autonome trasmettono
annualmente al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e
al Ministro dell'ambiente una relazione sulle misure
adottate ai sensi del comma 5 e sui loro effetti
rilevabili.
7. Ai sensi dell'art. 2 della legge 9 marzo 1989, n.
86, il Ministro per il coordinamento delle politiche
comunitarie, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e
delle foreste e con il Ministro dell'ambiente, verifica,
con la collaborazione delle regioni e delle province
autonome e sentiti il Comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale di cui all'art. 8 e l'Istituto nazionale per la
fauna selvatica, lo stato di conformita' della presente
legge e delle leggi regionali e provinciali in materia agli
atti emanati dalle istituzioni delle Comunita' europee
volti alla conservazione della fauna selvatica
7-bis. Lo Stato incoraggia le ricerche, i monitoraggi e
i lavori necessari per la protezione, la gestione e
l'utilizzazione della popolazione di tutte le specie di
uccelli di cui all'art. 1 della citata direttiva
2009/147/CE, con particolare attenzione agli argomenti
elencati nell'allegato V annesso alla medesima direttiva.
Il Ministro per le politiche europee, di concerto con i
Ministri competenti, trasmette alla Commissione europea
tutte le informazioni necessarie al coordinamento delle
ricerche e dei lavori riguardanti la protezione, la
gestione e l'utilizzazione delle specie di uccelli di cui
al presente comma. Con decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione, sono stabilite le modalita' di
trasmissione e la tipologia delle informazioni che le
regioni sono tenute a comunicare. All'attuazione del
presente comma si provvede nell'ambito delle risorse umane,
finanziarie e strumentali disponibili a legislazione
vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica.».
«Art. 18 (Specie cacciabili e periodi di attivita'
venatoria). -1. Ai fini dell'esercizio venatorio e'
consentito abbattere esemplari di fauna selvatica
appartenenti alle seguenti specie e per i periodi
sottoindicati:
a) specie cacciabili dalla terza domenica di
settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix);
tortora (Streptopeia turtur); merlo (Turdus merula);
allodola (Alauda arvensis); starna (Perdix perdix); pernice
rossa (Alectoris rufa); pernice sarda (Alectoris barbara);
lepre comune (Lepus europaeus); lepre sarda (Lepus
capensis); coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus);
minilepre (Silvilagus floridamus);
b) specie cacciabili dalla terza domenica di
settembre al 31 gennaio: cesena (Turdus pilaris); tordo
bottaccio (Turdus philomelos); tordo sassello (Turdus
iliacus); fagiano (Phasianus colchicus); germano reale
(Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella
d'acqua (Gallinula chloropus); alzavola (Anas crecca);
canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus aquaticus);
fischione (Anas penelope); codone (Anas acuta); marzaiola
(Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata); moriglione
(Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino
(Gallinago gallinago); colombaccio (Columba palumbus);
frullino (Lymnocryptes minimus); combattente (Philomachus
pugnax); beccaccia (Scolopax rusticola); cornacchia nera
(Corvus corone); pavoncella (Vanellus vanellus); cornacchia
grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrulus
glandarius); gazza (Pica pica); volpe (Vulpes vulpes);
c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre:
pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao
tetrix); coturnice (Alectoris graeca); camoscio alpino
(Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus);
cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis
musimon); con esclusione della popolazione sarda; lepre
bianca (Lepus timidus);
d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31 dicembre o
dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa);
e) specie cacciabili dal 15 ottobre al 30 novembre
limitatamente alla popolazione di Sicilia: Lepre italica
(Lepus corsicanus).
1-bis. L'esercizio venatorio e' vietato, per ogni
singola specie:
a) durante il ritorno al luogo di nidificazione;
b) durante il periodo della nidificazione e le fasi
della riproduzione e della dipendenza degli uccelli.
2. I termini di cui al comma 1 possono essere
modificati per determinate specie in relazione alle
situazioni ambientali delle diverse realta' territoriali.
Le regioni autorizzano le modifiche previo parere
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. I termini
devono essere comunque contenuti tra il 1° settembre ed il
31 gennaio dell'anno nel rispetto dell'arco temporale
massimo indicato al comma 1. L'autorizzazione regionale e'
condizionata alla preventiva predisposizione di adeguati
piani faunistico-venatori. La stessa disciplina si applica
anche per la caccia di selezione degli ungulati, sulla base
di piani di abbattimento selettivi approvati dalle regioni;
la caccia di selezione agli ungulati puo' essere
autorizzata a far tempo dal 1° agosto nel rispetto
dell'arco temporale di cui al comma 1. Ferme restando le
disposizioni relative agli ungulati, le regioni possono
posticipare, non oltre la prima decade di febbraio, i
termini di cui al presente comma in relazione a specie
determinate e allo scopo sono obbligate ad acquisire il
preventivo parere espresso dall'Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), al quale devono
uniformarsi. Tale parere deve essere reso, sentiti gli
istituti regionali ove istituiti, entro trenta giorni dal
ricevimento della richiesta.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle
foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, vengono
recepiti i nuovi elenchi delle specie di cui al comma 1,
entro sessanta giorni dall'avvenuta approvazione
comunitaria o dall'entrata in vigore delle convenzioni
internazionali. Il Presidente del Consiglio dei Ministri,
su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste,
d'intesa con il Ministro dell'ambiente, sentito l'Istituto
nazionale per la fauna selvatica, dispone variazioni
dell'elenco delle specie cacciabili in conformita' alle
vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni
internazionali sottoscritte, tenendo conto della
consistenza delle singole specie sul territorio.
4. Le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la
fauna selvatica, pubblicano, entro e non oltre il 15
giugno, il calendario regionale e il regolamento relativi
all'intera annata venatoria, nel rispetto di quanto
stabilito ai commi 1, 2 e 3, e con l'indicazione del numero
massimo di capi da abbattere in ciascuna giornata di
attivita' venatoria.
5. Il numero delle giornate di caccia settimanali non
puo' essere superiore a tre. Le regioni possono consentirne
la libera scelta al cacciatore, escludendo i giorni di
martedi' e venerdi', nei quali l'esercizio dell'attivita'
venatoria e' in ogni caso sospeso.
6. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di
martedi' e venerdi', le regioni, sentito l'Istituto
nazionale per la fauna selvatica e tenuto conto delle
consuetudini locali, possono, anche in deroga al comma 5,
regolamentare diversamente l'esercizio venatorio da
appostamento alla fauna selvatica migratoria nei periodi
intercorrenti fra il 1° ottobre e il 30 novembre.
7. La caccia e' consentita da un'ora prima del sorgere
del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli
ungulati e' consentita fino ad un'ora dopo il tramonto.
8. Non e' consentita la posta alla beccaccia ne' la
caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al
beccaccino.».
«Art. 19-bis (Esercizio delle deroghe previste
dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE). - 1. Le regioni
disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla
direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979,
conformandosi alle prescrizioni dell'art. 9, ai principi e
alle finalita' degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva
ed alle disposizioni della presente legge.
2. Le deroghe, in assenza di altre soluzioni
soddisfacenti, possono essere disposte solo per le
finalita' indicate dall'art. 9, paragrafo 1, della
direttiva 79/409/CEE e devono menzionare le specie che ne
formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di
prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le
circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei
capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel
periodo, i controlli e le forme di vigilanza cui il
prelievo e' soggetto e gli organi incaricati della stessa,
fermo restando quanto previsto dall'art. 27, comma 2. I
soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono
individuati dalle regioni, d'intesa con gli ambiti
territoriali di caccia (ATC) ed i comprensori alpini.
3. Le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per
periodi determinati, sentito l'Istituto nazionale per la
fauna selvatica (INFS), o gli istituti riconosciuti a
livello regionale, e non possono avere comunque ad oggetto
specie la cui consistenza numerica sia in grave
diminuzione.
4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto
con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri,
puo' annullare, dopo aver diffidato la regione interessata,
i provvedimenti di deroga da questa posti in essere in
violazione delle disposizioni della presente legge entro
due mesi dalla data della loro entrata in vigore.
4-bis. Le regioni, nell'esercizio delle deroghe di cui
all'art. 9, paragrafo 1, lettera a), della citata direttiva
2009/147/CE, provvedono, ferma restando la temporaneita'
dei provvedimenti adottati, nel rispetto di linee guida
emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
5. Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione
trasmette al Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero
al Ministro per gli affari regionali ove nominato, al
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al
Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro
per le politiche comunitarie, nonche' all'Istituto
nazionale per la fauna selvatica (INFS), una relazione
sull'attuazione delle deroghe di cui al presente articolo;
detta relazione e' altresi' trasmessa alle competenti
Commissioni parlamentari. Il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio trasmette annualmente alla
Commissione europea la relazione di cui all'art. 9,
paragrafo 3, della direttiva 79/409/CEE.».
«Art. 20 (Introduzione di fauna selvatica dall'estero).
- 1. L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva,
purche' appartenente alle specie autoctone, puo'
effettuarsi solo a scopo di ripopolamento e di
miglioramento genetico.
2. I permessi d'importazione possono essere rilasciati
unicamente a ditte che dispongono di adeguate strutture ed
attrezzature per ogni singola specie di selvatici, al fine
di avere le opportune garanzie per controlli, eventuali
quarantene e relativi controlli sanitari.
3. Le autorizzazioni per le attivita' di cui al comma 1
sono rilasciate dal Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali su parere dell'ISPRA, nel rispetto
delle convenzioni internazionali. Nel caso di specie di
uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico
nel territorio europeo degli Stati membri dell'Unione
europea, il Ministro delle politiche agricole alimentari e
forestali consulta preventivamente anche la Commissione
europea.».
«Art. 21 (Divieti). - 1. E' vietato a chiunque:
a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi
pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei
terreni adibiti ad attivita' sportive;
b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei
parchi naturali regionali e nelle riserve naturali
conformemente alla legislazione nazionale in materia di
parchi e riserve naturali. Nei parchi naturali regionali
costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore
della legge 6 dicembre 1991, n. 394, le regioni adeguano la
propria legislazione al disposto dell'art. 22, comma 6,
della predetta legge entro il 31 gennaio 1997, provvedendo
nel frattempo all'eventuale riperimetrazione dei parchi
naturali regionali anche ai fini dell'applicazione
dell'art. 32, comma 3, della legge medesima;
c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e
nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di
riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad
eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali,
sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna
selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla
riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;
d) l'esercizio venatorio ove vi siano opere di difesa
dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio
insindacabile dell'autorita' militare, o dove esistano beni
monumentali, purche' dette zone siano delimitate da tabelle
esenti da tasse indicanti il divieto;
e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o
altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese
nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili
adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza
inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione
ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade
poderali ed interpoderali;
f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta
metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima
liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e
mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in
direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad
abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione
ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle
poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri
impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi,
recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed
all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione
agro-silvo-pastorale;
g) il trasporto, all'interno dei centri abitati e
delle altre zone ove e' vietata l'attivita' venatoria,
ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque
nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio dalla
presente legge e dalle disposizioni regionali, di armi da
sparo per uso venatorio che non siano scariche e in
custodia;
h) cacciare a rastrello in piu' di tre persone ovvero
utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute
impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua;
i) cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti
o da aeromobili;
l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da
macchine operatrici agricole in funzione;
m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella
maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica
delle Alpi, secondo le disposizioni emanante dalle regioni
interessate;
n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli
specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte
coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di
fiume;
o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di
mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica,
salvo che nei casi previsti all'art. 4, comma 1, o nelle
zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione
di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli
a sicura distruzione o morte, purche', in tale ultimo caso,
se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive
alla competente amministrazione provinciale; distruggere o
danneggiare deliberatamente nidi e uova, nonche' disturbare
deliberatamente le specie protette di uccelli, fatte salve
le attivita' previste dalla presente legge;
p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti
dall'art. 5;
q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento
nella caccia agli acquatici;
r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o
mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a
funzionamento meccanico, elettromagnetico o
elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;
s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita
l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonche' nei
canali delle valli da pesca, quando il possessore le
circondi con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto
di caccia;
t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente
da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere
gastronomico;
u) usare munizione spezzata nella caccia agli
ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre
sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti
o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da
sparo munite di silenziatore o impostate con scatto
provocato dalla preda; fare impiego di balestre;
v) vendere a privati e detenere da parte di questi
reti da uccellagione;
z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna
selvatica;
aa) l'esercizio in qualunque forma del tiro al volo
su uccelli a partire dal 1° gennaio 1994, fatto salvo
quanto previsto dall'art. 10, comma 8, lettera e);
bb) vendere, detenere per vendere, trasportare per
vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonche' loro
parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili,
appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengano
alle seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos);
pernice rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna
(alectoris barbara); starna (perdix perdix); fagiano
(phasianus colchicus); colombaccio (columba palumbus);
cc) il commercio di esemplari vivi di specie di
avifauna selvatica nazionale non proveniente da
allevamenti;
dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere
inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte ai
sensi della presente legge o delle disposizioni regionali a
specifici ambiti territoriali, ferma restando
l'applicazione dell'art. 635 del codice penale;
ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna
selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami
vivi nel rispetto delle modalita' previste dalla presente
legge e della fauna selvatica lecitamente abbattuta, la cui
detenzione viene regolamentata dalle regioni anche con le
norme sulla tassidermia;
ff) l'uso dei segugi per la caccia al camoscio.
2. Se le regioni non provvedono entro il termine
previsto dall'art. 1, comma 5, ad istituire le zone di
protezione lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, il
Ministro dell'agricoltura e delle foreste assegna alle
regioni stesse novanta giorni per provvedere. Decorso
inutilmente tale termine e' vietato cacciare lungo le
suddette rotte a meno di cinquecento metri dalla costa
marina del continente e delle due isole maggiori; le
regioni provvedono a delimitare tali aree con apposite
tabelle esenti da tasse.
3. La caccia e' vietata su tutti i valichi montani
interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna, per
una distanza di mille metri dagli stessi.».
Note all'art. 44.
- Si riporta il testo degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6,
7 e 10 del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36
(Attuazione della direttiva 2003/98/CE relativa al
riutilizzo di documenti nel settore pubblico)come
modificati dalla presente legge:
«Art. 1 (Oggetto ed ambito di applicazione). - 1. Il
presente decreto legislativo disciplina le modalita' di
riutilizzo dei documenti contenenti dati pubblici nella
disponibilita' delle pubbliche amministrazioni e degli
organismi di diritto pubblico.
2. Le pubbliche amministrazioni e gli organismi di
diritto pubblico non hanno l'obbligo di consentire il
riutilizzo dei documenti di cui al comma 1. La decisione di
consentire o meno tale riutilizzo spetta
all'amministrazione o all'organismo interessato, salvo
diversa previsione di legge o di regolamento. Sono fatti
salvi l'art. 7 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n.
322, e l'art. 8 della legge 31 dicembre 1996, n. 681. Ove
consentito, il riutilizzo avviene secondo le modalita'
previste dal presente decreto.
3. Il presente decreto si applica altresi' quando i
documenti di cui al comma 1 sono gia' stati diffusi per il
loro riutilizzo dai soggetti ivi indicati. E' in ogni caso
assicurata la parita' di trattamento tra tutti i
riutillizzatori, salvo quanto previsto dall'art. 11.
4. Nell'esercizio del potere di cui al comma 2 le
pubbliche amministrazioni o gli organismi di diritto
pubblico perseguono la finalita' di rendere riutilizzabile
il maggior numero di informazioni, in base a modalita' che
assicurino condizioni eque, adeguate e non
discriminatorie.».
«Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai fini del presente
decreto si intende per:
a) pubbliche amministrazioni: le amministrazioni
dello Stato, le regioni, le province autonome di Trento e
di Bolzano, gli enti pubblici territoriali e le loro
unioni, consorzi o associazioni e gli altri enti pubblici
non economici;
b) organismi di diritto pubblico: gli organismi,
dotati di personalita' giuridica, istituiti per soddisfare
specifiche finalita' d'interesse generale non aventi
carattere industriale o commerciale, la cui attivita' e'
finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle
regioni, dagli enti locali, da altri enti pubblici o
organismi di diritto pubblico, o la cui gestione e'
sottoposta al loro controllo o i cui organi
d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sono
costituiti, almeno per la meta', da componenti designati
dai medesimi soggetti pubblici. Sono escluse le imprese
pubbliche, come definite all'art. 2, comma 1, lettera b),
del decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333;
c) documento: la rappresentazione di atti, fatti e
dati a prescindere dal supporto nella disponibilita' della
pubblica amministrazione o dell'organismo di diritto
pubblico. La definizione di documento non comprende i
programmi informatici;
d) dato pubblico: il dato conoscibile da chiunque;
e) riutilizzo: l'uso del dato di cui e' titolare una
pubblica amministrazione o un organismo di diritto
pubblico, da parte di persone fisiche o giuridiche, a fini
commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale
per il quale il documento che lo rappresenta e' stato
prodotto nell'ambito dei fini istituzionali;
f) scambio di documenti: la cessione di documenti
finalizzata esclusivamente all'adempimento di compiti
istituzionali fra i soggetti di cui alle lettere a) e b);
g) dati personali: i dati definiti tali dal decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196;
h) licenza standard per il riutilizzo: il contratto,
o altro strumento negoziale, redatto ove possibile in forma
elettronica, nel quale sono definite le modalita' di
riutilizzo dei documenti delle pubbliche amministrazioni o
degli organismi di diritto pubblico;
i) titolare del dato: la pubblica amministrazione o
l'organismo di diritto pubblico che ha originariamente
formato per uso proprio o commissionato ad altro soggetto
pubblico o privato il documento che rappresenta il dato, o
che ne ha la disponibilita'.».
«Art. 3 (Documenti esclusi dall'applicazione del
decreto). - 1. Sono esclusi dall'applicazione del presente
decreto i seguenti documenti:
a) quelli detenuti per finalita' che esulano
dall'ambito dei compiti istituzionali della pubblica
amministrazione o dell'organismo di diritto pubblico;
b) quelli nella disponibilita' delle emittenti di
servizio pubblico e delle societa' da esse controllate e da
altri organismi o loro societa' controllate per
l'adempimento di un compito di radiodiffusione di servizio
pubblico;
c) quelli nella disponibilita' di istituti
d'istruzione e di ricerca quali scuole, universita',
archivi, biblioteche ed enti di ricerca, comprese le
organizzazioni preposte al trasferimento dei risultati
della ricerca;
d) quelli nella disponibilita' di enti culturali
quali musei, biblioteche, archivi, orchestre, teatri
lirici, compagnie di ballo e teatri;
e) quelli comunque nella disponibilita' degli
organismi di cui agli articoli 3, 4, 5 e 6 della legge 24
ottobre 1977, n. 801;
f) (abrogata);
g) quelli esclusi dall'accesso ai sensi dell'art. 24
della legge 7 agosto 1990, n. 241, o per motivi di tutela
del segreto statistico, quali disciplinati dall'art. 9 del
decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322;
h) quelli sui cui terzi detengono diritti di
proprieta' intellettuale ai sensi della legge 22 aprile
1941, n. 633, ovvero diritti di proprieta' industriale ai
sensi del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.».
«Art. 4 (Norma di salvaguardia). - 1. Sono fatte salve:
a) la disciplina sulla protezione dei dati personali
di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;
b) la disciplina sulla protezione del diritto
d'autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633. Gli
obblighi previsti dal presente decreto legislativo si
applicano compatibilmente con le disposizioni di accordi
internazionali sulla protezione dei diritti di proprieta'
intellettuale, in particolare la Convenzione di Berna per
la protezione delle opere letterarie ed artistiche, del
1886, ratificata con legge 20 giugno 1978, n. 399, e
l'Accordo TRIPS sugli aspetti dei diritti di proprieta'
intellettuale attinenti al commercio, del 1994, ratificato
con legge 29 dicembre 1994, n. 747;
c) la disciplina in materia di accesso ai documenti
amministrativi, di cui al Capo V della legge 7 agosto 1990,
n. 241;
d) (abrogata);
e) le disposizioni in materia di proprieta'
industriale di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005,
n. 30;
f) (abrogata).».
«Art. 5 (Richiesta di riutilizzo di documenti). - 1. Il
titolare del dato predispone le licenze standard per il
riutilizzo e le rende disponibili, ove possibile in forma
elettronica, sui propri siti istituzionali.
2. I soggetti che intendono riutilizzare dati delle
pubbliche amministrazioni o degli organismi di diritto
pubblico presentano apposita richiesta secondo le modalita'
stabilite dal titolare del dato con proprio provvedimento.
3. Il titolare del dato esamina le richieste e rende
disponibili i documenti al richiedente, ove possibile in
forma elettronica, entro il termine di trenta giorni,
prorogabile di ulteriori trenta giorni nel caso in cui le
richieste siano numerose o complesse. In caso di decisione
negativa, il titolare del dato comunica al richiedente i
mezzi di ricorso a sua disposizione per impugnare la
decisione. Il titolare del dato non ha l'obbligo di
produrre o di continuare a produrre documenti al solo fine
di permetterne il riutilizzo da parte di un soggetto
privato o pubblico.
4. I poteri e le facolta' connessi al riutilizzo
spettano unicamente al titolare del dato.».
«Art. 6 (Formati disponibili). - 1. Il titolare del
dato mette a disposizione i documenti richiesti nella forma
in cui sono stati prodotti o in qualsiasi altra forma in
cui gli stessi siano comunque disponibili.
2. Il titolare del dato fornisce i documenti, ove
possibile in formato elettronico, nel rispetto delle regole
tecniche di cui all'art. 11, e non ha l'obbligo di adeguare
i documenti o di crearne per soddisfare la richiesta, ne'
l'obbligo di fornire estratti di documenti se cio' comporta
attivita' eccedenti la semplice manipolazione.».
«Art. 7 (Tariffe). - 1. Con decreti dei Ministri
competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze, da adottarsi entro novanta giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto sono determinate,
sulla base dei criteri di cui ai commi 2 e 3, le tariffe e
le relative modalita' di versamento da corrispondere a
fronte delle attivita' di cui agli articoli 5, 6 e 9. Sono
fatte salve le disposizioni di cui all'art. 1, commi 370,
371 e 372, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
2. L'importo delle tariffe di cui al comma 1,
individuato sulla base dei costi effettivi sostenuti dalle
Amministrazioni e aggiornato ogni due anni, comprende i
costi di raccolta, di produzione, di riproduzione e
diffusione maggiorati, nel caso di riutilizzo per fini
commerciali, di un congruo utile da determinare, con i
decreti di cui al comma 1, sulle spese per investimenti
sostenute dalle Amministrazioni nel triennio precedente.
3. Nei casi di riutilizzo a fini non commerciali e'
prevista una tariffa differenziata da determinarsi, con le
modalita' di cui ai commi 1 e 2, secondo il criterio della
copertura dei soli costi effettivi sostenuti dalle
Amministrazioni interessate.
4. I decreti di cui al comma 1 sono pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e resi
altresi' pubblici, a cura dell'Amministrazione competente,
ove possibile secondo modalita' informatiche, sul proprio
sito istituzionale.
5. Gli introiti delle tariffe di cui al comma 1, sono
versati all'entrata del bilancio dello Stato, per essere
riassegnati, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge 18
aprile 2005, n. 62, allo stato di previsione delle
Amministrazioni interessate.
6. Gli enti territoriali e gli altri enti ed organismi
pubblici determinano, rispettivamente con proprie
disposizioni o propri atti deliberativi gli importi delle
tariffe e le relative modalita' di versamento, sulla base
dei criteri indicati ai commi 2 e 3.».
«Art. 10 (Riutilizzo di documenti a fini commerciali da
parte di pubbliche amministrazioni). - 1. Lo scambio di
documenti, come definito dalla lettera f) del comma 1
dell'art. 2, non costituisce riutilizzo.
2. Nel caso in cui una pubblica amministrazione
riutilizza, per fini commerciali che esulano dall'ambito
dei suoi compiti di servizio pubblico, documenti propri o
di altra pubblica amministrazione, si applicano le
modalita' di riutilizzo anche economico stabilite nel
presente decreto.».
Note all'art. 45.
- Il regolamento (CE) 273/2004 e' pubblicato nella
G.U.U.E. 18 febbraio 2004, n. L 47.
- Il regolamento (CE) 111/2005 e' pubblicato nella
G.U.U.E 26 gennaio 2005, n. L 22.
- Il regolamento (CE) 1277/2005 e' pubblicato nella
G.U.U.E 3 agosto 2005, n. L 202.
- Il regolamento (CE) 297/2009 e' pubblicato nella
G.U.U.E 9 aprile 2009, n. L 95.
- Si riporta il testo degli articoli 70, 73, comma
2-bis, 74 e 98 del decreto del Presidente della Repubblica,
9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia
di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza):
«Art. 70 (Sostanze suscettibili di impiego per la
produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope). - 1.
Sono sostanze suscettibili di impiego per la produzione di
sostanze stupefacenti o psicotrope quelle individuate e
classificate come tali nelle categorie 1, 2, e 3 riportate
nell'allegato I.
2. I soggetti definiti nell'allegato II, di seguito
denominati gli "operatori", i quali intendono effettuare
per taluna delle sostanze appartenenti alla categoria 1,
dell'allegato I, una delle attivita' indicate nella citata
definizione devono munirsi dell'autorizzazione ministeriale
di cui al comma 1 dell'art. 17. Si applicano altresi' le
disposizioni di cui al comma 2 e ai commi 4, 5 e 6 dello
stesso art. 17 nonche', in quanto compatibili, gli articoli
18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25. Le disposizioni di cui al
presente comma si applicano altresi' agli operatori che
intendono effettuare attivita' di importazione,
esportazione e transito ad eccezione degli spedizionieri
doganali, dei depositari e dei vettori che agiscono
unicamente in tale qualita'.
3. Gli operatori che intervengono nella fabbricazione e
nell'immissione in commercio di taluna delle sostanze
appartenenti alla categoria 2 dell'allegato I, sono tenuti
a comunicare al Ministero della sanita' gli indirizzi dei
locali in cui producono dette sostanze o da cui le inviano
per la commercializzazione, e ad indicare tempestivamente
eventuali variazioni. Allo stesso obbligo sono tenuti gli
operatori di cui all'art. 2-bis, paragrafo 2, del
regolamento CEE n. 3677/90 nei limiti ivi indicati.
4. L'esportazione delle sostanze appartenenti alle
categorie 1, 2 e 3 dell'allegato I e' subordinata al previo
rilascio del permesso all'esportazione da parte del
Ministero della sanita' in conformita' e nei limiti di
quanto disposto dagli articoli 4, 5 e 5-bis del regolamento
CEE del Consiglio del 13 dicembre 1990. Egualmente,
l'importazione e il transito delle sostanze di cui alla
categoria 1 dell'allegato I da parte di chi e' munito
dell'autorizzazione di cui al comma 2, sono subordinati
alla concessione del permesso rilasciato dal Ministero
della sanita'. Si applicano altresi' le disposizioni di cui
al titolo V.
5. All'interno del territorio dell'Unione europea, le
sostanze appartenenti alla categoria 1 dell'allegato I
possono essere fornite unicamente alle persone autorizzate,
ai sensi del comma 2 ovvero dalle competenti autorita' di
altro Stato membro.
6. Gli operatori sono tenuti a documentare le
transazioni commerciali relative alle sostanze classificate
nelle categorie 1 e 2 dell'allegato I, secondo le modalita'
indicate nell'allegato III.
7. Gli operatori hanno l'obbligo di comunicare alla
Direzione centrale per i servizi antidroga, istituita
nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza del
Ministero dell'interno, al piu' tardi al momento della loro
effettuazione, le singole operazioni commerciali relative
alle sostanze da essi trattate, secondo le modalita' e
entro i termini stabiliti con decreto del Ministro della
sanita', di concerto con il Ministro dell'interno sentiti i
Ministri delle finanze e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato. Il medesimo obbligo si applica altresi'
agli operatori che svolgono attivita' di importazione,
esportazione e transito.
8. Gli operatori sono altresi' tenuti a collaborare in
ogni altro modo con la Direzione centrale per i servizi
antidroga, istituita nell'ambito del Dipartimento della
pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, in
particolare fornendo ogni informazione eventualmente
richiesta, nonche' segnalando immediatamente ogni fatto od
elemento che, per caratteristiche, entita', natura o per
qualsiasi altra circostanza conosciuta in ragione
dell'attivita' esercitata, induce a ritenere che le
sostanze trattate possono essere in qualsiasi modo
impiegate per la produzione di sostanze stupefacenti o
psicotrope. Al medesimo obbligo sono sottoposti gli
operatori che svolgono attivita' di importazione,
esportazione e transito.
9. Per la vigilanza ed il controllo sulle attivita' di
cui al comma 2 e sull'esattezza e completezza dei dati e
delle informazioni forniti si applicano le disposizioni di
cui all'art. 6, con esclusione del comma 3, e agli articoli
7 e 8. Ai fini della vigilanza relativa agli altri obblighi
si applicano le disposizioni dell'art. 35, comma 3.
10. Chiunque non adempie agli obblighi di comunicazione
di cui al comma 7 e' punito con l'arresto fino ad un anno o
con l'ammenda euro 258 a euro 2.582. Il giudice, con la
sentenza di condanna, puo' disporre la sospensione
dell'autorizzazione a svolgere le attivita' di cui al comma
2 per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore
ad un anno. Puo' essere applicata la misura cautelare
interdittiva della sospensione dell'esercizio
dell'attivita' di cui al comma 3 per un periodo non
superiore ad un anno.
11. Ove il fatto non costituisce reato, in caso di
violazione degli obblighi di informazione e di segnalazione
di cui al comma 8, si applica la sanzione amministrativa
del pagamento di una somma da euro 516 a euro 2.582. Puo'
essere adottato il provvedimento della sospensione
dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' per un
periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un
anno. Le stesse sanzioni si applicano nei confronti delle
violazioni di cui ai commi 3 e 6.
12. Chiunque produce, commercia, effettua operazioni di
importazione, esportazione o transito relativamente a
sostanze inserite nella categoria 1 dell'allegato I senza
la prescritta autorizzazione, o le esporta in assenza del
permesso di cui al comma 4, e' punito con la reclusione da
quattro a dieci anni e con la multa da euro 10.329 a euro
103.291. Alla condanna consegue la revoca
dell'autorizzazione, nonche' il divieto del suo ulteriore
rilascio per la durata di quattro anni. Con la sentenza di
condanna il giudice puo' altresi' disporre la sospensione
dell'attivita' svolta dall'operatore, con riferimento alle
sostanze di cui alle categorie 2 e 3 dell'allegato I, per
un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un
anno.
13. Chiunque esporta senza il necessario permesso di
cui al comma 4, sostanze classificate nelle categorie 2 e 3
dell'allegato I, e' punito con l'arresto fino ad un anno o
con l'ammenda da euro 258 a euro 2.582. Con la sentenza di
condanna il giudice puo' disporre la sospensione
dell'attivita' svolta dall'operatore per un periodo non
inferiore ad un mese e non superiore ad un anno. Puo'
essere applicata la misura cautelare interdittiva della
sospensione dell'autorizzazione per un periodo non
superiore ad un anno.
14. La violazione dell'obbligo di cui al comma 5 e'
punita con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da
euro 258 a euro 2.582. Il giudice, con la sentenza di
condanna, puo' disp
Allegato A
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Allegato B
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Allegato 1
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Allegato 2
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