Gazzetta n. 146 del 14 luglio 2010 (vai al sommario) |
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LEGGE |
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2009. |
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La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA promulga la seguente legge: Parte di provvedimento in formato grafico
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 4 giugno 2010
NAPOLITANO Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Ronchi, Ministro per le politiche europee Visto, il Guardasigilli: Alfano LAVORI PREPARATORI Camera dei deputati (atto n. 2449): Disegno di legge presentato dal Ministro senza portafoglio per le politiche europee (Ronchi) il 19 maggio 2009. Assegnato alla XIV commissione (politiche dell'Unione europea), in sede referente, l'11 giugno 2009 con pareri delle commissioni I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII e XIII e questioni regionali. Esaminato dalla XIV commissione, in sede referente, il 24 giugno 2009, il 1°, 7, 14, 15, 21, 28 luglio 2009. Esaminato in aula il 14 settembre 2009 ed approvato il 22 settembre 2009. Senato della Repubblica (atto n. 1781): Assegnato alla 14ª commissione (politiche dell'Unione europea), in sede referente, il 24 settembre 2009 con pareri delle commissioni 1ª, 2ª, 3ª, 4ª, 5ª, 6ª, 7ª, 8ª, 9ª, 10ª, 11ª, 12ª e 13ª e questioni regionali. Esaminato dalla 14ª commissione, in sede refetente, il 7 ottobre 2009; il 12, 17, 24 novembre 2009; il 2, 9, 15, 16 dicembre 2009; il 12, 19, 20 gennaio 2010. Esaminato in aula il 13, 20, 27 gennaio 2010 ed approvato, con modificazioni, il 28 gennaio 2010. Camera dei deputati (atto n. 2449-B): Assegnato alla XIV commissione (politiche dell'Unione europea), in sede referente, il 3 febbraio 2010 con pareri delle commissioni I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV e questioni regionali. Esaminato dalla XIV commissione, in sede referente, il 17, 23 febbraio 2010; il 17, 18, 19, 31 marzo 2010; l'8, 14, 15 aprile 2010. Esaminato in aula il 19 e 20 aprile 2010 ed approvato, con modificazioni, il 21 aprile 2010. Senato della Repubblica (atto n. 1781-B): Assegnato alla 14ª commissione (politiche dell'Unione europea), in sede referente, il 26 aprile 2010 con pareri delle commissioni 1ª, 5ª, 6ª, 8ª, 9ª, 10ª, 12ª e 13ª e questioni regionali. Esaminato dalla 14ª commissione, in sede referente, il 4, 5 e 11 maggio 2010. Esaminato in aula l'11 maggio 2010 ed approvato il 12 maggio 2010.
Note all'articolo unico: N O T E Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3 del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee (GUCE). Note all'art. 1. - Il testo dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400 «Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.» cosi' recita: «Art. 14 (Decreti legislativi). - 1. I decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'art. 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di «decreto legislativo» e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei Ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione. 2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo e' trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza. 3. Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralita' di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo puo' esercitarla mediante piu' atti successivi per uno o piu' degli oggetti predetti. In relazione al termine finale stabilito dalla legge di delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega. 4. In ogni caso, qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo e' tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere e' espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni.». - Il testo dell'art. 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 «Legge di contabilita' e finanza pubblica.» cosi' recita: «3. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, i disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati di una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle finanze, sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonche' delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti. Alla relazione tecnica e' allegato un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari di ciascuna disposizione ai fini del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, del saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e dell'indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni. Nella relazione sono indicati i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare secondo le norme di cui ai regolamenti parlamentari, nonche' il raccordo con le previsioni tendenziali del bilancio dello Stato, del conto consolidato di cassa e del conto economico delle amministrazioni pubbliche, contenute nella Decisione di cui all'art. 10 ed eventuali successivi aggiornamenti». - Il testo dell'art. 117, quinto comma, della Costituzione, cosi' recita: «Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalita' di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.». - Il testo dell'art. 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11 «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari», cosi' recita: «8. In relazione a quanto disposto dall'art. 117, quinto comma, della Costituzione, gli atti normativi di cui al presente articolo possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione a norme comunitarie. In tale caso, gli atti normativi statali adottati si applicano, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa comunitaria, perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma e recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute. I predetti atti normativi sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.». Note all'art. 2. - Il testo dell'art. 53 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 «Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468.», cosi' recita: «Art. 53 (Obbligo di permanenza domiciliare). - 1. La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di rimanere presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o accoglienza nei giorni di sabato e domenica; il giudice, avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del condannato, puo' disporre che la pena venga eseguita in giorni diversi della settimana ovvero, a richiesta del condannato, continuativamente. 2. La durata della permanenza domiciliare non puo' essere inferiore a sei giorni ne' superiore a quarantacinque; il condannato non e' considerato in stato di detenzione. 3. Il giudice puo' altresi' imporre al condannato, valutati i criteri di cui all'art. 133, comma secondo, del codice penale, il divieto di accedere a specifici luoghi nei giorni in cui non e' obbligato alla permanenza domiciliare, tenuto conto delle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del condannato. 4. Il divieto non puo' avere durata superiore al doppio della durata massima della pena della permanenza domiciliare e cessa in ogni caso quando e' stata interamente scontata la pena della permanenza domiciliare.». - Il testo dell'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183 «Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari», cosi' recita: «Art. 5 (Fondo di rotazione). - 1. E' istituito, nell'ambito del Ministero del tesoro - Ragioneria generale dello Stato, un fondo di rotazione con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, ai sensi dell'art. 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041. 2. Il fondo di rotazione di cui al comma 1 si avvale di un apposito conto corrente infruttifero, aperto presso la tesoreria centrale dello Stato denominato «Ministero del tesoro - fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie», nel quale sono versate: a) le disponibilita' residue del fondo di cui alla legge 3 ottobre 1977, n. 863 , che viene soppresso a decorrere dalla data di inizio della operativita' del fondo di cui al comma 1; b) le somme erogate dalle istituzioni delle Comunita' europee per contributi e sovvenzioni a favore dell'Italia; c) le somme da individuare annualmente in sede di legge finanziaria, sulla base delle indicazioni del comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera c), nell'ambito delle autorizzazioni di spesa recate da disposizioni di legge aventi le stesse finalita' di quelle previste dalle norme comunitarie da attuare; d) le somme annualmente determinate con la legge di approvazione del bilancio dello Stato, sulla base dei dati di cui all'art. 7. 3. Restano salvi i rapporti finanziari direttamente intrattenuti con le Comunita' europee dalle amministrazioni e dagli organismi di cui all'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 1971, n. 321 , ed alla legge 26 novembre 1975, n. 748.». Note all'art. 3. - Per l'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, si veda nelle note all'art. 1. Note all'art. 4. - Il testo dell'art. 9, della legge 4 febbraio 2005, n. 11 «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari», cosi' recita: «Art. 9 (Contenuti della legge comunitaria). - 1. Il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento comunitario e' assicurato dalla legge comunitaria annuale, che reca: a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi indicati all'art. 1; b) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di procedure di infrazione avviate dalla Commissione delle Comunita' europee nei confronti della Repubblica italiana; c) disposizioni occorrenti per dare attuazione o assicurare l'applicazione degli atti del Consiglio o della Commissione delle Comunita' europee di cui alle lettere a) e c) del comma 2 dell'art. 1, anche mediante il conferimento al Governo di delega legislativa; d) disposizioni che autorizzano il Governo ad attuare in via regolamentare le direttive, sulla base di quanto previsto dall'art. 11; e) disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione europea; f) disposizioni che individuano i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o assicurare l'applicazione di atti comunitari nelle materie di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione; g) disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni comunitarie recepite dalle regioni e dalle province autonome; h) disposizioni emanate nell'esercizio del potere sostitutivo di cui all'art. 117, quinto comma, della Costituzione, in conformita' ai principi e nel rispetto dei limiti di cui all'art. 16, comma 3. 2. Gli oneri relativi a prestazioni e controlli da eseguire da parte di uffici pubblici, ai fini dell'attuazione delle disposizioni comunitarie di cui alla legge comunitaria per l'anno di riferimento, sono posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio, ove cio' non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria. Le tariffe di cui al precedente periodo sono predeterminate e pubbliche. 2-bis. Le entrate derivanti dalle tariffe determinate ai sensi del comma 2 sono attribuite, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469.». Note all'art. 5. - Il testo dell'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa», cosi' recita: «Art. 20. - 1. Il Governo, sulla base di un programma di priorita' di interventi, definito, con deliberazione del Consiglio dei Ministri, in relazione alle proposte formulate dai Ministri competenti, sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro la data del 30 aprile, presenta al Parlamento, entro il 31 maggio di ogni anno, un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire, per l'anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalita' e le materie di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell'area di incidenza delle pubbliche funzioni con particolare riguardo all'assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali. In allegato al disegno di legge e' presentata una relazione sullo stato di attuazione della semplificazione e del riassetto. 2. Il disegno di legge di cui al comma 1 prevede l'emanazione di decreti legislativi, relativamente alle norme legislative sostanziali e procedimentali, nonche' di regolamenti ai sensi dell'art. 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, per le norme regolamentari di competenza dello Stato. 3. Salvi i principi e i criteri direttivi specifici per le singole materie, stabiliti con la legge annuale di semplificazione e riassetto normativo, l'esercizio delle deleghe legislative di cui ai commi 1 e 2 si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: a) definizione del riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta, con determinazione dei principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente; a-bis) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo; b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile; c) indicazione dei principi generali, in particolare per quanto attiene alla informazione, alla partecipazione, al contraddittorio, alla trasparenza e pubblicita' che regolano i procedimenti amministrativi ai quali si attengono i regolamenti previsti dal comma 2 del presente articolo, nell'ambito dei principi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni; d) eliminazione degli interventi amministrativi autorizzatori e delle misure di condizionamento della liberta' contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all'ordine e alla sicurezza pubblica, all'amministrazione della giustizia, alla regolazione dei mercati e alla tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell'ambiente, all'ordinato assetto del territorio, alla tutela dell'igiene e della salute pubblica; e) sostituzione degli atti di autorizzazione, licenza, concessione, nulla osta, permesso e di consenso comunque denominati che non implichino esercizio di discrezionalita' amministrativa e il cui rilascio dipenda dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge, con una denuncia di inizio di attivita' da presentare da parte dell'interessato all'amministrazione competente corredata dalle attestazioni e dalle certificazioni eventualmente richieste; f) determinazione dei casi in cui le domande di rilascio di un atto di consenso, comunque denominato, che non implichi esercizio di discrezionalita' amministrativa, corredate dalla documentazione e dalle certificazioni relative alle caratteristiche tecniche o produttive dell'attivita' da svolgere, eventualmente richieste, si considerano accolte qualora non venga comunicato apposito provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti in relazione alla complessita' del procedimento, con esclusione, in ogni caso, dell'equivalenza tra silenzio e diniego o rifiuto; g) revisione e riduzione delle funzioni amministrative non direttamente rivolte: 1) alla regolazione ai fini dell'incentivazione della concorrenza; 2) alla eliminazione delle rendite e dei diritti di esclusivita', anche alla luce della normativa comunitaria; 3) alla eliminazione dei limiti all'accesso e all'esercizio delle attivita' economiche e lavorative; 4) alla protezione di interessi primari, costituzionalmente rilevanti, per la realizzazione della solidarieta' sociale; 5) alla tutela dell'identita' e della qualita' della produzione tipica e tradizionale e della professionalita'; h) promozione degli interventi di autoregolazione per standard qualitativi e delle certificazioni di conformita' da parte delle categorie produttive, sotto la vigilanza pubblica o di organismi indipendenti, anche privati, che accertino e garantiscano la qualita' delle fasi delle attivita' economiche e professionali, nonche' dei processi produttivi e dei prodotti o dei servizi; i) per le ipotesi per le quali sono soppressi i poteri amministrativi autorizzatori o ridotte le funzioni pubbliche condizionanti l'esercizio delle attivita' private, previsione dell'autoconformazione degli interessati a modelli di regolazione, nonche' di adeguati strumenti di verifica e controllo successivi. I modelli di regolazione vengono definiti dalle amministrazioni competenti in relazione all'incentivazione della concorrenzialita', alla riduzione dei costi privati per il rispetto dei parametri di pubblico interesse, alla flessibilita' dell'adeguamento dei parametri stessi alle esigenze manifestatesi nel settore regolato; l) attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni, salvo il conferimento di funzioni a province, citta' metropolitane, regioni e Stato al fine di assicurarne l'esercizio unitario in base ai principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza; determinazione dei principi fondamentali di attribuzione delle funzioni secondo gli stessi criteri da parte delle regioni nelle materie di competenza legislativa concorrente; m) definizione dei criteri di adeguamento dell'organizzazione amministrativa alle modalita' di esercizio delle funzioni di cui al presente comma; n) indicazione esplicita dell'autorita' competente a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative, ai sensi dell'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689. 3-bis. Il Governo, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, completa il processo di codificazione di ciascuna materia emanando, anche contestualmente al decreto legislativo di riassetto, una raccolta organica delle norme regolamentari regolanti la medesima materia, se del caso adeguandole alla nuova disciplina di livello primario e semplificandole secondo i criteri di cui ai successivi commi. 4. I decreti legislativi e i regolamenti di cui al comma 2, emanati sulla base della legge di semplificazione e riassetto normativo annuale, per quanto concerne le funzioni amministrative mantenute, si attengono ai seguenti principi: a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da ridurre il numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti, anche riordinando le competenze degli uffici, accorpando le funzioni per settori omogenei, sopprimendo gli organi che risultino superflui e costituendo centri interservizi dove ricollocare il personale degli organi soppressi e raggruppare competenze diverse ma confluenti in un'unica procedura, nel rispetto dei principi generali indicati ai sensi del comma 3, lettera c), e delle competenze riservate alle regioni; b) riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione dei tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi; c) regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima amministrazione; d) riduzione del numero di procedimenti amministrativi e accorpamento dei procedimenti che si riferiscono alla medesima attivita'; e) semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili, anche mediante l'adozione di disposizioni che prevedano termini perentori, prorogabili per una sola volta, per le fasi di integrazione dell'efficacia e di controllo degli atti, decorsi i quali i provvedimenti si intendono adottati; f) aggiornamento delle procedure, prevedendo la piu' estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa; f-bis) generale possibilita' di utilizzare, da parte delle amministrazioni e dei soggetti a queste equiparati, strumenti di diritto privato, salvo che nelle materie o nelle fattispecie nelle quali l'interesse pubblico non puo' essere perseguito senza l'esercizio di poteri autoritativi; f-ter) conformazione ai principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, nella ripartizione delle attribuzioni e competenze tra i diversi soggetti istituzionali, nella istituzione di sedi stabili di concertazione e nei rapporti tra i soggetti istituzionali ed i soggetti interessati, secondo i criteri dell'autonomia, della leale collaborazione, della responsabilita' e della tutela dell'affidamento; f-quater) riconduzione delle intese, degli accordi e degli atti equiparabili comunque denominati, nonche' delle conferenze di servizi, previste dalle normative vigenti, aventi il carattere della ripetitivita', ad uno o piu' schemi base o modelli di riferimento nei quali, ai sensi degli articoli da 14 a 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, siano stabilite le responsabilita', le modalita' di attuazione e le conseguenze degli eventuali inadempimenti; f-quinquies) avvalimento di uffici e strutture tecniche e amministrative pubbliche da parte di altre pubbliche amministrazioni, sulla base di accordi conclusi ai sensi dell'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. 5. I decreti legislativi di cui al comma 2 sono emanati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per la funzione pubblica, con i Ministri interessati e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e, successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. 6. I regolamenti di cui al comma 2 sono emanati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro competente, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, quando siano coinvolti interessi delle regioni e delle autonomie locali, del parere del Consiglio di Stato nonche' delle competenti Commissioni parlamentari. I pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato sono resi entro novanta giorni dalla richiesta; quello delle Commissioni parlamentari e' reso, successivamente ai precedenti, entro sessanta giorni dalla richiesta. Per la predisposizione degli schemi di regolamento la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ove necessario, promuove, anche su richiesta del Ministro competente, riunioni tra le amministrazioni interessate. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni parlamentari, i regolamenti possono essere comunque emanati. 7. I regolamenti di cui al comma 2, ove non diversamente previsto dai decreti legislativi, entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Con effetto dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di legge, regolatrici dei procedimenti. 8. I regolamenti di cui al comma 2 si conformano, oltre ai principi di cui al comma 4, ai seguenti criteri e principi: a) trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti amministrativi di funzioni anche decisionali, che non richiedono, in ragione della loro specificita', l'esercizio in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali con conferenze di servizi o con interventi, nei relativi procedimenti, dei soggetti portatori di interessi diffusi; b) individuazione delle responsabilita' e delle procedure di verifica e controllo; c) soppressione dei procedimenti che risultino non piu' rispondenti alle finalita' e agli obiettivi fondamentali definiti dalla legislazione di settore o che risultino in contrasto con i principi generali dell'ordinamento giuridico nazionale o comunitario; d) soppressione dei procedimenti che comportino, per l'amministrazione e per i cittadini, costi piu' elevati dei benefici conseguibili, anche attraverso la sostituzione dell'attivita' amministrativa diretta con forme di autoregolamentazione da parte degli interessati, prevedendone comunque forme di controllo; e) adeguamento della disciplina sostanziale e procedimentale dell'attivita' e degli atti amministrativi ai principi della normativa comunitaria, anche sostituendo al regime concessorio quello autorizzatorio; f) soppressione dei procedimenti che derogano alla normativa procedimentale di carattere generale, qualora non sussistano piu' le ragioni che giustifichino una difforme disciplina settoriale; g) regolazione, ove possibile, di tutti gli aspetti organizzativi e di tutte le fasi del procedimento. 8-bis. Il Governo verifica la coerenza degli obiettivi di semplificazione e di qualita' della regolazione con la definizione della posizione italiana da sostenere in sede di Unione europea nella fase di predisposizione della normativa comunitaria, ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Assicura la partecipazione italiana ai programmi di semplificazione e di miglioramento della qualita' della regolazione interna e a livello europeo. 9. I Ministeri sono titolari del potere di iniziativa della semplificazione e del riassetto normativo nelle materie di loro competenza, fatti salvi i poteri di indirizzo e coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che garantisce anche l'uniformita' e l'omogeneita' degli interventi di riassetto e semplificazione. La Presidenza del Consiglio dei Ministri garantisce, in caso di inerzia delle amministrazioni competenti, l'attivazione di specifiche iniziative di semplificazione e di riassetto normativo. 10. Gli organi responsabili di direzione politica e di amministrazione attiva individuano forme stabili di consultazione e di partecipazione delle organizzazioni di rappresentanza delle categorie economiche e produttive e di rilevanza sociale, interessate ai processi di regolazione e di semplificazione. 11. I servizi di controllo interno compiono accertamenti sugli effetti prodotti dalle norme contenute nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione dei procedimenti amministrativi e possono formulare osservazioni e proporre suggerimenti per la modifica delle norme stesse e per il miglioramento dell'azione amministrativa.». Nota all'art. 6. - Si riporta il testo dell'art. 2 della legge 24 febbraio 2005, n. 11 «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari), come modificato dalla presente legge: «Art. 2 (Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei). - 1. Al fine di concordare le linee politiche del Governo, e coordinarle con i pareri espressi dal Parlamento nelle medesime materie, nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e dell'Unione europea e di consentire il puntuale adempimento dei compiti di cui alla presente legge, e' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), che e' convocato e presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro per le politiche comunitarie e al quale partecipano il Ministro degli affari esteri, il Ministro per gli affari regionali e gli altri Ministri aventi competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche inseriti all'ordine del giorno. 2. Alle riunioni del CIACE, quando si trattano questioni che interessano anche le regioni e le province autonome, possono chiedere di partecipare il presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano o un presidente di regione o di provincia autonoma da lui delegato e, per gli ambiti di competenza degli enti locali, i presidenti delle associazioni rappresentative degli enti locali. 3. Il CIACE svolge i propri compiti nel rispetto delle competenze attribuite dalla Costituzione e dalla legge al Parlamento, al Consiglio dei Ministri e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. 4. Per la preparazione delle proprie riunioni, il CIACE si avvale di un comitato tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per le politiche comunitarie, coordinato e presieduto dal Ministro per le politiche comunitarie o da un suo delegato. Di tale comitato tecnico fanno parte direttori generali o alti funzionari con qualificata specializzazione in materia, designati da ognuna delle amministrazioni del Governo. Quando si trattano questioni che interessano anche le regioni e le province autonome, il comitato tecnico, integrato dagli assessori regionali competenti per le materie in trattazione o loro delegati, e' convocato e presieduto dal Ministro per le politiche comunitarie, in accordo con il Ministro per gli affari regionali, presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il funzionamento del CIACE e del comitato tecnico permanente sono disciplinati, rispettivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e con decreto del Ministro per le politiche comunitarie. 4-bis. Al fine del funzionamento del CIACE, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie potra' valersi, entro un contingente massimo di venti unita', di personale appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, in posizione di comando proveniente da altre amministrazioni, al quale si applica la disposizione di cui all'art. 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, scelto prioritariamente tra coloro che hanno maturato un periodo di servizio di almeno due anni, o in qualita' di esperto nazionale distaccato presso le istituzioni dell'Unione europea, o presso organismi dell'Unione europea ai sensi dell'art. 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Nell'ambito del predetto contingente, il numero delle unita' di personale viene stabilito entro il 31 gennaio di ogni anno, nel limite massimo delle risorse finanziarie disponibili presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. 5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.». Note all'art. 7. - Si riporta il testo dell'art. 15-bis della citata legge n. 11 del 2005, come modificato dalla presente legge: «Art. 15-bis (Informazione al Parlamento su procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l'Italia). - 1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee, sulla base delle informazioni ricevute dalle amministrazioni competenti, trasmette ogni tre mesi alle Camere e alla Corte dei conti un elenco, articolato per settore e materia: a) delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunita' europee e degli altri organi giurisdizionali dell'Unione europea relative a giudizi di cui l'Italia sia stata parte o che abbiano rilevanti conseguenze per l'ordinamento italiano; b) dei rinvii pregiudiziali disposti ai sensi dell'art. 234 del Trattato istitutivo della Comunita' europea o dell'art. 35 del Trattato sull'Unione europea da organi giurisdizionali italiani; c) delle procedure di infrazione avviate nei confronti dell'Italia ai sensi degli articoli 226 e 228 del Trattato istitutivo della Comunita' europea, con informazioni sintetiche sull'oggetto e sullo stato del procedimento nonche' sulla natura delle eventuali violazioni contestate all'Italia; d) dei procedimenti di indagine formale avviati dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia ai sensi dell'art. 88, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della Comunita' europea. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche europee, trasmette ogni tre mesi alle Camere e alla Corte dei conti informazioni sulle eventuali conseguenze di carattere finanziario degli atti e delle procedure di cui al comma 1. Nel caso delle procedure di infrazione avviate ai sensi dell'art. 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, le informazioni sono trasmesse ogni mese. 3. Nei casi di particolare rilievo o urgenza o su richiesta di una delle due Camere, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette tempestivamente alle Camere, in relazione a specifici atti o procedure, informazioni e documenti sulle attivita' e sugli orientamenti che il Governo intende assumere e una valutazione dell'impatto sull'ordinamento. 3-bis. Quando uno degli atti della Comunita' europea di cui al comma 1 e' posto alla base di un disegno di legge di iniziativa governativa, di un decreto-legge, o di uno schema di decreto legislativo sottoposto al parere parlamentare, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee comunica al Parlamento le informazioni e i documenti piu' significativi relativi a tali atti. 3-ter. Le informazioni e i documenti di cui al presente articolo sono trasmessi avvalendosi delle modalita' di cui all'art. 19. 3-quater. Il Governo puo' raccomandare l'uso riservato delle informazioni e dei documenti trasmessi.». Nota all'art. 10. - Per il testo dell'art. 15-bis della legge n. 11 del 2005, si veda nelle note all'art. 7. Note all'art. 11. - Si riporta il testo del comma 3 dell'art. 306 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 «Attuazione dell'art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», come modificato dalla presente legge: «3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano in vigore alla data fissata dal primo comma dell'art. 13, paragrafo 1, della direttiva 2004/40/CE, e successive modificazioni; le disposizioni di cui al capo V del medesimo titolo VIII entrano in vigore il 26 aprile 2010. In caso di attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori anteriormente al 6 luglio 2007 e che non permettono il rispetto dei valori limite di esposizione tenuto conto del progresso tecnico e delle misure organizzative messe in atto, l'obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione di cui all'art. 201 entra in vigore il 6 luglio 2010. Per il settore agricolo e forestale l'obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione di cui all'art. 201, ferme restando le condizioni di cui al precedente periodo, entra in vigore il 6 luglio 2014. Per il settore della navigazione aerea e marittima, l'obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione al rumore di cui all'art. 189 entra in vigore il 15 febbraio 2011.». Note all'art. 12. - Si riporta il testo degli articoli 14 e 37 della legge 20 febbraio 2006, n. 82 «Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l'Organizzazione comune di mercato (OCM) del vino», come modificato dalla presente legge: «Art. 14 (Detenzione di vinacce, centri di raccolta temporanei fuori fabbrica, fecce di vino, preparazione del vinello). - 1. La detenzione delle vinacce negli stabilimenti enologici e' vietata a decorrere dal trentesimo giorno dalla fine del periodo vendemmiale determinato annualmente con il provvedimento delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'art. 9, comma 1. 2. Fatta eccezione per i casi di esenzione o di ritiro previo controllo previsti dal citato regolamento (CE) n. 1493/1999, e successive modificazioni, e per le vinacce destinate ad altri usi industriali, ivi compresi quelli per l'estrazione dell'enocianina, le vinacce e le fecce di vino comunque ottenute dalla trasformazione delle uve e dei prodotti vinosi devono essere avviate direttamente alle distillerie autorizzate ai sensi dell'art. 27 del medesimo regolamento (CE) n. 1493/1999, e successive modificazioni, e dei relativi regolamenti comunitari applicativi. 3. E' consentita alle distillerie l'istituzione di centri di raccolta temporanei fuori fabbrica previa autorizzazione, valida per una campagna vitivinicola, rilasciata dal competente ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi, al quale deve essere presentata domanda in carta da bollo con specificazione della sede e dell'ubicazione dei locali interessati, nonche' del quantitativo presunto di sottoprodotti oggetto di richiesta. L'introduzione dei sottoprodotti nei locali di deposito e' comunque subordinata alla tenuta di un registro di carico e scarico, soggetto alle modalita' di cui al citato regolamento (CE) n. 884/2001, e successive modificazioni. 4. La detenzione di vinacce destinate ad altri usi industriali, diversi dalla distillazione, ivi compresa l'estrazione dell'enocianina, deve essere preventivamente comunicata dai responsabili degli stabilimenti industriali utilizzatori all'ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi competente in base al luogo di detenzione delle vinacce. La comunicazione, in carta libera e valida per una campagna vitivinicola, deve pervenire all'ufficio periferico con qualsiasi mezzo almeno entro il quinto giorno antecedente alla prima introduzione di vinaccia e deve contenere il nome o la ragione sociale dell'impresa, la sede legale, la partita IVA, l'indirizzo dello stabilimento di detenzione delle vinacce e la quantita' complessiva che si prevede di introdurre nel corso della campagna vitivinicola di riferimento. 5. In ogni caso le fecce di vino, prima di essere estratte dalle cantine, devono essere denaturate con la sostanza rivelatrice prescritta dal Ministro delle politiche agricole e forestali con proprio decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con il quale sono altresi' stabilite le modalita' da osservare per l'impiego della sostanza denaturante. 6. Le operazioni di ottenimento, denaturazione e trasferimento delle fecce di vino sono soggette alla sola comunicazione prevista dall'art. 10 del citato regolamento (CE) n. 884/2001. 7. La preparazione del vinello e' consentita: a) presso le distillerie e gli stabilimenti per lo sfruttamento dei sottoprodotti della vinificazione; b) presso le cantine dei viticoltori vinificatori di uve proprie aventi capacita' ricettiva non superiore a 25 ettolitri di vino, a condizione che ne siano prodotti non piu' di 5 ettolitri e che siano utilizzati esclusivamente per uso familiare o aziendale. 8. (abrogato)». «Art. 37 (Modifiche al decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260). - 1. All'art. 1 del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «10-bis. Chiunque non osserva le modalita' e le prescrizioni adottate con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali riguardanti l'aggiunta nei vini destinati alle distillazioni delle sostanze rivelatrici in relazione al regolamento (CE) n. 1493/1999, e successive modificazioni, e al relativo regolamento di applicazione (CE) n. 1623/2000 della Commissione, del 25 luglio 2000, e' soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 5.000 euro. 10-ter. Salvo che il fatto costituisca reato, il produttore che, nelle operazioni relative al magazzinaggio dei mosti e dei vini, non osserva le prescrizioni del titolo III, capo I, del regolamento (CE) n. 1493/1999, e delle relative disposizioni applicative, nonche' della legislazione nazionale, e' soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 3.000 euro. 10-quater. Chiunque non osserva le prescrizioni sull'elaborazione e sulla commercializzazione dei vini spumanti, previste dall'allegato V, sezioni H e I, e dall'allegato VI, sezione K, del regolamento (CE) n. 1493/1999, e dalle relative disposizioni applicative, nonche' dalla legislazione nazionale, e' soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 30.000 euro. 10-quinquies. Chiunque non osserva le prescrizioni sull'elaborazione e sulla commercializzazione dei vini liquorosi, previste dall'allegato V, sezione J, e dall'allegato VI, sezione L, del regolamento (CE) n. 1493/1999, e dalle relative disposizioni applicative, nonche' dalla legislazione nazionale, e' soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 20.000 euro. 10-sexies. Chiunque non osserva le prescrizioni sulla definizione, designazione e presentazione delle bevande spiritose, dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli stabilite dai regolamenti (CEE) n. 1576/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, e successive modificazioni, e n. 1601/91 del Consiglio, del 10 giugno 1991, e successive modificazioni, nonche' dalla legislazione nazionale, e' soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 10.000 euro». 2. Il comma 1 dell'art. 3 del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260, e' abrogato; conseguentemente, alla rubrica del medesimo art. 3, le parole: «Disposizioni finali ed» sono soppresse. 2-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai procedimenti amministrativi sanzionatori relativi alle violazioni di cui al presente articolo, commesse prima dell'entrata in vigore della presente disposizione e per i quali non sia ancora avvenuta la riscossione della sanzione irrogata.». - Si riporta il testo dell'art. 8 della legge 25 febbraio 2008, n. 34 «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge comunitaria 2007», come modificato dalla presente legge: «Art. 8 (Applicazione del regolamento (CE) n. 1028/2006 del Consiglio, del 19 giugno 2006, recante norme di commercializzazione applicabili alle uova). - 1. In applicazione dell'art. 5 del regolamento (CE) n. 1028/2006 del Consiglio, del 19 giugno 2006, recante norme di commercializzazione applicabili alle uova, le regioni e le province autonome competenti per territorio autorizzano, previo accertamento delle condizioni previste dalle norme comunitarie vigenti, i centri di imballaggio a classificare le uova ed attribuiscono a detti centri il prescritto codice di identificazione sulla base delle disposizioni adottate dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. 2. Le disposizioni di cui al comma 1, non si applicano, ai sensi dell'art. 4 del regolamento (CE) n. 1028/2006, ai produttori aventi fino a 50 galline ovaiole, a condizione che il nome e l'indirizzo del produttore siano indicati nel punto di vendita con un cartello a caratteri chiari e leggibili. 3. L'autorizzazione di cui al comma 1 dispiega efficacia a decorrere dall'inclusione del centro di imballaggio, con relativo codice di identificazione, in un apposito elenco pubblicato nel sito Internet del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali adotta le opportune norme tecniche che consentono alle regioni e alle province autonome che ne facciano richiesta di aggiornare direttamente, per i centri di imballaggio di propria competenza, l'elenco di cui al periodo precedente, provvedendo di propria iniziativa all'inclusione dei centri nel predetto elenco e alla cancellazione di cui al comma 4. 4. Le regioni e le province autonome verificano che i centri di imballaggio autorizzati rispettino le prescrizioni previste dalle norme comunitarie vigenti e dispongono, se del caso, il ritiro dell'autorizzazione, la cui efficacia decorre dalla cancellazione dall'elenco di cui al comma 3. 5. I controlli di cui all'art. 7 del regolamento (CE) n. 1028/2006 sono svolti dall'Ispettorato centrale per il controllo della qualita' dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. 6. La legge 3 maggio 1971, n. 419, nonche' la legge 10 aprile 1991, n. 137, sono abrogate. Nell'ambito dei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono fatti salvi gli accertamenti svolti sulla base delle suddette leggi. 7. Le spese relative alle autorizzazioni di cui al comma 1 sono poste a carico dei | (continuazione)
del parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e, successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. 6. I regolamenti di cui al comma 2 sono emanati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro competente, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, quando siano coinvolti interessi delle regioni e delle autonomie locali, del parere del Consiglio di Stato nonche' delle competenti Commissioni parlamentari. I pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato sono resi entro novanta giorni dalla richiesta; quello delle Commissioni parlamentari e' reso, successivamente ai precedenti, entro sessanta giorni dalla richiesta. Per la predisposizione degli schemi di regolamento la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ove necessario, promuove, anche su richiesta del Ministro competente, riunioni tra le amministrazioni interessate. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni parlamentari, i regolamenti possono essere comunque emanati. 7. I regolamenti di cui al comma 2, ove non diversamente previsto dai decreti legislativi, entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Con effetto dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di legge, regolatrici dei procedimenti. 8. I regolamenti di cui al comma 2 si conformano, oltre ai principi di cui al comma 4, ai seguenti criteri e principi: a) trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti amministrativi di funzioni anche decisionali, che non richiedono, in ragione della loro specificita', l'esercizio in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali con conferenze di servizi o con interventi, nei relativi procedimenti, dei soggetti portatori di interessi diffusi; b) individuazione delle responsabilita' e delle procedure di verifica e controllo; c) soppressione dei procedimenti che risultino non piu' rispondenti alle finalita' e agli obiettivi fondamentali definiti dalla legislazione di settore o che risultino in contrasto con i principi generali dell'ordinamento giuridico nazionale o comunitario; d) soppressione dei procedimenti che comportino, per l'amministrazione e per i cittadini, costi piu' elevati dei benefici conseguibili, anche attraverso la sostituzione dell'attivita' amministrativa diretta con forme di autoregolamentazione da parte degli interessati, prevedendone comunque forme di controllo; e) adeguamento della disciplina sostanziale e procedimentale dell'attivita' e degli atti amministrativi ai principi della normativa comunitaria, anche sostituendo al regime concessorio quello autorizzatorio; f) soppressione dei procedimenti che derogano alla normativa procedimentale di carattere generale, qualora non sussistano piu' le ragioni che giustifichino una difforme disciplina settoriale; g) regolazione, ove possibile, di tutti gli aspetti organizzativi e di tutte le fasi del procedimento. 8-bis. Il Governo verifica la coerenza degli obiettivi di semplificazione e di qualita' della regolazione con la definizione della posizione italiana da sostenere in sede di Unione europea nella fase di predisposizione della normativa comunitaria, ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Assicura la partecipazione italiana ai programmi di semplificazione e di miglioramento della qualita' della regolazione interna e a livello europeo. 9. I Ministeri sono titolari del potere di iniziativa della semplificazione e del riassetto normativo nelle materie di loro competenza, fatti salvi i poteri di indirizzo e coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che garantisce anche l'uniformita' e l'omogeneita' degli interventi di riassetto e semplificazione. La Presidenza del Consiglio dei Ministri garantisce, in caso di inerzia delle amministrazioni competenti, l'attivazione di specifiche iniziative di semplificazione e di riassetto normativo. 10. Gli organi responsabili di direzione politica e di amministrazione attiva individuano forme stabili di consultazione e di partecipazione delle organizzazioni di rappresentanza delle categorie economiche e produttive e di rilevanza sociale, interessate ai processi di regolazione e di semplificazione. 11. I servizi di controllo interno compiono accertamenti sugli effetti prodotti dalle norme contenute nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione dei procedimenti amministrativi e possono formulare osservazioni e proporre suggerimenti per la modifica delle norme stesse e per il miglioramento dell'azione amministrativa.». - La direttiva 91/414/CEE e' pubblicata nella G.U.C.E. 19 agosto 1991, n. L 230. Entrata in vigore il 26 luglio 1991. - Il regolamento (CE) 1107/2009 e' pubblicato nella G.U.U.E. 24 novembre 2009, n. L 309. - Il testo degli articoli 25, 26, 27 e 42 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 290 del 2001, cosi' recitano: «Art. 25 (Autorizzazione all'acquisto). - 1. I prodotti fitosanitari ed i loro coadiuvanti, se classificati molto tossici, tossici o nocivi, possono essere venduti per l'impiego diretto, per se' o conto terzi, soltanto a coloro che siano muniti di apposita autorizzazione rilasciata dall'ufficio regionale competente secondo le disposizioni stabilite dall'art. 26. 2. L'accertamento dell'identita' dell'acquirente avviene mediante esibizione di un valido documento di riconoscimento, rilasciato dalla pubblica amministrazione, i cui estremi devono essere annotati a cura del venditore sul modulo per la fornitura di prodotti fitosanitari e dei coadiuvanti di prodotti fitosanitari di cui all'allegato 1.». «Art. 26 (Rilascio di autorizzazione all'acquisto). - 1. L'autorizzazione di cui all'art. 25 viene rilasciata, dall'ufficio regionale competente, alle persone che abbiano compiuto il diciottesimo anno di eta' ed abbiano ottenuto una valutazione positiva. 2. La valutazione ha lo scopo di accertare che l'interessato conosce i pericoli connessi alla detenzione, conservazione, manipolazione ed utilizzazione dei prodotti fitosanitari e dei loro coadiuvanti, le modalita' per un corretto uso degli stessi, le relative misure precauzionali da adottare e gli elementi fondamentali per un corretto impiego da un punto di vista sanitario, agricolo ed ambientale. 3. La valutazione di cui al comma 2 viene effettuata secondo le modalita' indicate da ciascuna regione. 4. L'autorizzazione deve contenere il nome e cognome, la data e il luogo di nascita e di residenza e la fotografia del richiedente. 5. L'autorizzazione e' valida per cinque anni ed e' rinnovabile con le stesse modalita' del rilascio. Tale durata e', comunque, automaticamente prorogata sino alla data di effettivo svolgimento dei corsi di cui all'art. 27. 6. Dalla valutazione sono esentati i laureati in scienze agrarie, i periti agrari e gli agrotecnici.». «Art. 27 (Corsi di aggiornamento). - 1. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli altri enti pubblici interessati, nonche' i privati, d'intesa con l'azienda unita' sanitaria locale, organizzano appositi corsi d'aggiornamento per l'istruzione e l'addestramento di coloro che intendono dedicarsi alla vendita ed all'impiego dei prodotti fitosanitari e dei loro coadiuvanti. 2. Tali corsi di aggiornamento si intendono obbligatori ai fini delle previste valutazioni. 3. Da tali corsi di aggiornamento sono esentati i soggetti di cui all'art. 23, comma 5, e all'art. 26, comma 6.». «Art. 42 (Dati di produzione, vendita e utilizzazione). - 1. I titolari degli stabilimenti di produzione, delle autorizzazioni e degli esercizi di vendita di prodotti fitosanitari e di coadiuvanti di prodotti fitosanitari, destinati all'uso agricolo o all'esportazione, sono tenuti a trasmettere annualmente, entro il secondo mese successivo alla fine di ciascun anno solare, all'autorita' regionale competente le schede informative sui dati di produzione e vendita. L'autorita' regionale trasmette le schede informative al sistema informativo agricolo nazionale del Ministero delle politiche agricole e forestali, ai fini della loro elaborazione, nonche' comunica al Ministero della sanita' ed al Ministero delle politiche agricole e forestali, Servizio informativo agricolo nazionale, entro centottanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del presente regolamento, l'elenco dei soggetti autorizzati di cui al presente comma ed aggiorna annualmente tale elenco inviando i risultati ai Ministeri anzidetti. 2. Le schede informative di cui al comma 1 devono riportare: a) informazioni relative al dichiarante, quali la ragione sociale o cognome e nome, se trattasi di dichiarante persona fisica, partita IVA o codice fiscale, sede e recapito telefonico o fax o e-mail, nonche' la specificazione se intestatario della registrazione o intermediario o terzista o assimilato; b) informazioni relative ai prodotti di cui al comma 1, quali denominazione, numero di registrazione, quantita' espresse in chilogrammi o litri, acquirente. 3. Gli acquirenti e gli utilizzatori di prodotti fitosanitari e di coadiuvanti di prodotti fitosanitari: a) devono conservare in modo idoneo, per il periodo di un anno, le fatture di acquisto, nonche' la copia dei moduli di acquisto di cui al comma 6 dell'art. 25, dei prodotti con classificazione di pericolo di molto tossici, tossici e nocivi; b) devono conservare presso l'azienda, a cura dell'utilizzatore, che lo deve sottoscrivere, un registro dei trattamenti effettuati, annotando entro trenta giorni dall'acquisto: 1) i dati anagrafici relativi all'azienda; 2) la denominazione della coltura trattata e la relativa estensione espressa in ettari, nonche' le date di semina, trapianto, inizio fioritura e raccolta; 3) la data del trattamento, il prodotto e la relativa quantita' impiegata, espressa in chilogrammi o litri, nonche' l'avversita' che ha reso necessario il trattamento.». Note all'art. 42. - Si riporta il testo degli articoli 1, 18, 19-bis, 20 e 21, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 8Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), come modificati dalla presente legge: «Art. 1 (Fauna selvatica). - 1. La fauna selvatica e' patrimonio indisponibile dello Stato ed e' tutelata nell'interesse della comunita' nazionale ed internazionale. 1-bis. Lo Stato, le regioni e le province autonome, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare le popolazioni di tutte le specie di uccelli di cui all'art. 1 della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche, turistiche e culturali, tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative e facendo in modo che le misure adottate non provochino un deterioramento dello stato di conservazione degli uccelli e dei loro habitat, fatte salve le finalita' di cui all'art. 9, paragrafo 1, lettera a), primo e secondo trattino, della stessa direttiva. 2. L'esercizio dell'attivita' venatoria e' consentito purche' non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole. 3. Le regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformita' alla presente legge, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie. Le regioni a statuto speciale e le province autonome provvedono in base alle competenze esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti. Le province attuano la disciplina regionale ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera f), della legge 8 giugno 1990, n. 142. 4. Le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, sono integralmente recepite ed attuate nei modi e nei termini previsti dalla presente legge la quale costituisce inoltre attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812 , e della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503. 5. Le regioni e le province autonome in attuazione delle citate direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE provvedono ad istituire lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, segnalate dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica di cui all'art. 7 entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, zone di protezione finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi, provvedono al ripristino dei biotopi distrutti e alla creazione dei biotopi. Tali attivita' concernono particolarmente e prioritariamente le specie di cui all'allegato I annesso alla citata direttiva 2009/147/CE, secondo i criteri ornitologici previsti all'art. 4 della stessa direttiva. In caso di inerzia delle regioni e delle province autonome per un anno dopo la segnalazione da parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, provvedono con controllo sostitutivo, d'intesa, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste e il Ministro dell'ambiente. 5-bis. Le regioni e le province autonome adottano le misure di conservazione di cui agli articoli 4 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.357, e successive modificazioni, per quanto possibile, anche per gli habitat esterni alle zone di protezione speciale. Le regioni e le province autonome provvedono all'attuazione del presente comma nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 6. Le regioni e le province autonome trasmettono annualmente al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro dell'ambiente una relazione sulle misure adottate ai sensi del comma 5 e sui loro effetti rilevabili. 7. Ai sensi dell'art. 2 della legge 9 marzo 1989, n. 86, il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste e con il Ministro dell'ambiente, verifica, con la collaborazione delle regioni e delle province autonome e sentiti il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale di cui all'art. 8 e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, lo stato di conformita' della presente legge e delle leggi regionali e provinciali in materia agli atti emanati dalle istituzioni delle Comunita' europee volti alla conservazione della fauna selvatica 7-bis. Lo Stato incoraggia le ricerche, i monitoraggi e i lavori necessari per la protezione, la gestione e l'utilizzazione della popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all'art. 1 della citata direttiva 2009/147/CE, con particolare attenzione agli argomenti elencati nell'allegato V annesso alla medesima direttiva. Il Ministro per le politiche europee, di concerto con i Ministri competenti, trasmette alla Commissione europea tutte le informazioni necessarie al coordinamento delle ricerche e dei lavori riguardanti la protezione, la gestione e l'utilizzazione delle specie di uccelli di cui al presente comma. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalita' di trasmissione e la tipologia delle informazioni che le regioni sono tenute a comunicare. All'attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.». «Art. 18 (Specie cacciabili e periodi di attivita' venatoria). -1. Ai fini dell'esercizio venatorio e' consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sottoindicati: a) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia turtur); merlo (Turdus merula); allodola (Alauda arvensis); starna (Perdix perdix); pernice rossa (Alectoris rufa); pernice sarda (Alectoris barbara); lepre comune (Lepus europaeus); lepre sarda (Lepus capensis); coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus); minilepre (Silvilagus floridamus); b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio: cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos); tordo sassello (Turdus iliacus); fagiano (Phasianus colchicus); germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra); gallinella d'acqua (Gallinula chloropus); alzavola (Anas crecca); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus aquaticus); fischione (Anas penelope); codone (Anas acuta); marzaiola (Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata); moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino (Gallinago gallinago); colombaccio (Columba palumbus); frullino (Lymnocryptes minimus); combattente (Philomachus pugnax); beccaccia (Scolopax rusticola); cornacchia nera (Corvus corone); pavoncella (Vanellus vanellus); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius); gazza (Pica pica); volpe (Vulpes vulpes); c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao tetrix); coturnice (Alectoris graeca); camoscio alpino (Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus); cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon); con esclusione della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus timidus); d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa); e) specie cacciabili dal 15 ottobre al 30 novembre limitatamente alla popolazione di Sicilia: Lepre italica (Lepus corsicanus). 1-bis. L'esercizio venatorio e' vietato, per ogni singola specie: a) durante il ritorno al luogo di nidificazione; b) durante il periodo della nidificazione e le fasi della riproduzione e della dipendenza degli uccelli. 2. I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realta' territoriali. Le regioni autorizzano le modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. I termini devono essere comunque contenuti tra il 1° settembre ed il 31 gennaio dell'anno nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1. L'autorizzazione regionale e' condizionata alla preventiva predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori. La stessa disciplina si applica anche per la caccia di selezione degli ungulati, sulla base di piani di abbattimento selettivi approvati dalle regioni; la caccia di selezione agli ungulati puo' essere autorizzata a far tempo dal 1° agosto nel rispetto dell'arco temporale di cui al comma 1. Ferme restando le disposizioni relative agli ungulati, le regioni possono posticipare, non oltre la prima decade di febbraio, i termini di cui al presente comma in relazione a specie determinate e allo scopo sono obbligate ad acquisire il preventivo parere espresso dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), al quale devono uniformarsi. Tale parere deve essere reso, sentiti gli istituti regionali ove istituiti, entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta. 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, vengono recepiti i nuovi elenchi delle specie di cui al comma 1, entro sessanta giorni dall'avvenuta approvazione comunitaria o dall'entrata in vigore delle convenzioni internazionali. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, dispone variazioni dell'elenco delle specie cacciabili in conformita' alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali sottoscritte, tenendo conto della consistenza delle singole specie sul territorio. 4. Le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, pubblicano, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario regionale e il regolamento relativi all'intera annata venatoria, nel rispetto di quanto stabilito ai commi 1, 2 e 3, e con l'indicazione del numero massimo di capi da abbattere in ciascuna giornata di attivita' venatoria. 5. Il numero delle giornate di caccia settimanali non puo' essere superiore a tre. Le regioni possono consentirne la libera scelta al cacciatore, escludendo i giorni di martedi' e venerdi', nei quali l'esercizio dell'attivita' venatoria e' in ogni caso sospeso. 6. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedi' e venerdi', le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e tenuto conto delle consuetudini locali, possono, anche in deroga al comma 5, regolamentare diversamente l'esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti fra il 1° ottobre e il 30 novembre. 7. La caccia e' consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati e' consentita fino ad un'ora dopo il tramonto. 8. Non e' consentita la posta alla beccaccia ne' la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.». «Art. 19-bis (Esercizio delle deroghe previste dall'art. 9 della direttiva 79/409/CEE). - 1. Le regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, conformandosi alle prescrizioni dell'art. 9, ai principi e alle finalita' degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva ed alle disposizioni della presente legge. 2. Le deroghe, in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, possono essere disposte solo per le finalita' indicate dall'art. 9, paragrafo 1, della direttiva 79/409/CEE e devono menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le forme di vigilanza cui il prelievo e' soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall'art. 27, comma 2. I soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni, d'intesa con gli ambiti territoriali di caccia (ATC) ed i comprensori alpini. 3. Le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi determinati, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), o gli istituti riconosciuti a livello regionale, e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione. 4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, puo' annullare, dopo aver diffidato la regione interessata, i provvedimenti di deroga da questa posti in essere in violazione delle disposizioni della presente legge entro due mesi dalla data della loro entrata in vigore. 4-bis. Le regioni, nell'esercizio delle deroghe di cui all'art. 9, paragrafo 1, lettera a), della citata direttiva 2009/147/CE, provvedono, ferma restando la temporaneita' dei provvedimenti adottati, nel rispetto di linee guida emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. 5. Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione trasmette al Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero al Ministro per gli affari regionali ove nominato, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro per le politiche comunitarie, nonche' all'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), una relazione sull'attuazione delle deroghe di cui al presente articolo; detta relazione e' altresi' trasmessa alle competenti Commissioni parlamentari. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio trasmette annualmente alla Commissione europea la relazione di cui all'art. 9, paragrafo 3, della direttiva 79/409/CEE.». «Art. 20 (Introduzione di fauna selvatica dall'estero). - 1. L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purche' appartenente alle specie autoctone, puo' effettuarsi solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico. 2. I permessi d'importazione possono essere rilasciati unicamente a ditte che dispongono di adeguate strutture ed attrezzature per ogni singola specie di selvatici, al fine di avere le opportune garanzie per controlli, eventuali quarantene e relativi controlli sanitari. 3. Le autorizzazioni per le attivita' di cui al comma 1 sono rilasciate dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali su parere dell'ISPRA, nel rispetto delle convenzioni internazionali. Nel caso di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri dell'Unione europea, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali consulta preventivamente anche la Commissione europea.». «Art. 21 (Divieti). - 1. E' vietato a chiunque: a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attivita' sportive; b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991, n. 394, le regioni adeguano la propria legislazione al disposto dell'art. 22, comma 6, della predetta legge entro il 31 gennaio 1997, provvedendo nel frattempo all'eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell'applicazione dell'art. 32, comma 3, della legge medesima; c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica; d) l'esercizio venatorio ove vi siano opere di difesa dello Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile dell'autorita' militare, o dove esistano beni monumentali, purche' dette zone siano delimitate da tabelle esenti da tasse indicanti il divieto; e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali; f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all'alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale; g) il trasporto, all'interno dei centri abitati e delle altre zone ove e' vietata l'attivita' venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio dalla presente legge e dalle disposizioni regionali, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia; h) cacciare a rastrello in piu' di tre persone ovvero utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua; i) cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti o da aeromobili; l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da macchine operatrici agricole in funzione; m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, secondo le disposizioni emanante dalle regioni interessate; n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio e su terreni allagati da piene di fiume; o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che nei casi previsti all'art. 4, comma 1, o nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purche', in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla competente amministrazione provinciale; distruggere o danneggiare deliberatamente nidi e uova, nonche' disturbare deliberatamente le specie protette di uccelli, fatte salve le attivita' previste dalla presente legge; p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'art. 5; q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici; r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono; s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria della pesca o dell'acquacoltura, nonche' nei canali delle valli da pesca, quando il possessore le circondi con tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia; t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico; u) usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre; v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti da uccellagione; z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica; aa) l'esercizio in qualunque forma del tiro al volo su uccelli a partire dal 1° gennaio 1994, fatto salvo quanto previsto dall'art. 10, comma 8, lettera e); bb) vendere, detenere per vendere, trasportare per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonche' loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengano alle seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos); pernice rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna (alectoris barbara); starna (perdix perdix); fagiano (phasianus colchicus); colombaccio (columba palumbus); cc) il commercio di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente da allevamenti; dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al loro fine le tabelle legittimamente apposte ai sensi della presente legge o delle disposizioni regionali a specifici ambiti territoriali, ferma restando l'applicazione dell'art. 635 del codice penale; ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel rispetto delle modalita' previste dalla presente legge e della fauna selvatica lecitamente abbattuta, la cui detenzione viene regolamentata dalle regioni anche con le norme sulla tassidermia; ff) l'uso dei segugi per la caccia al camoscio. 2. Se le regioni non provvedono entro il termine previsto dall'art. 1, comma 5, ad istituire le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste assegna alle regioni stesse novanta giorni per provvedere. Decorso inutilmente tale termine e' vietato cacciare lungo le suddette rotte a meno di cinquecento metri dalla costa marina del continente e delle due isole maggiori; le regioni provvedono a delimitare tali aree con apposite tabelle esenti da tasse. 3. La caccia e' vietata su tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna, per una distanza di mille metri dagli stessi.». Note all'art. 44. - Si riporta il testo degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 10 del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36 (Attuazione della direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico)come modificati dalla presente legge: «Art. 1 (Oggetto ed ambito di applicazione). - 1. Il presente decreto legislativo disciplina le modalita' di riutilizzo dei documenti contenenti dati pubblici nella disponibilita' delle pubbliche amministrazioni e degli organismi di diritto pubblico. 2. Le pubbliche amministrazioni e gli organismi di diritto pubblico non hanno l'obbligo di consentire il riutilizzo dei documenti di cui al comma 1. La decisione di consentire o meno tale riutilizzo spetta all'amministrazione o all'organismo interessato, salvo diversa previsione di legge o di regolamento. Sono fatti salvi l'art. 7 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e l'art. 8 della legge 31 dicembre 1996, n. 681. Ove consentito, il riutilizzo avviene secondo le modalita' previste dal presente decreto. 3. Il presente decreto si applica altresi' quando i documenti di cui al comma 1 sono gia' stati diffusi per il loro riutilizzo dai soggetti ivi indicati. E' in ogni caso assicurata la parita' di trattamento tra tutti i riutillizzatori, salvo quanto previsto dall'art. 11. 4. Nell'esercizio del potere di cui al comma 2 le pubbliche amministrazioni o gli organismi di diritto pubblico perseguono la finalita' di rendere riutilizzabile il maggior numero di informazioni, in base a modalita' che assicurino condizioni eque, adeguate e non discriminatorie.». «Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) pubbliche amministrazioni: le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti pubblici territoriali e le loro unioni, consorzi o associazioni e gli altri enti pubblici non economici; b) organismi di diritto pubblico: gli organismi, dotati di personalita' giuridica, istituiti per soddisfare specifiche finalita' d'interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale, la cui attivita' e' finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle regioni, dagli enti locali, da altri enti pubblici o organismi di diritto pubblico, o la cui gestione e' sottoposta al loro controllo o i cui organi d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti, almeno per la meta', da componenti designati dai medesimi soggetti pubblici. Sono escluse le imprese pubbliche, come definite all'art. 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333; c) documento: la rappresentazione di atti, fatti e dati a prescindere dal supporto nella disponibilita' della pubblica amministrazione o dell'organismo di diritto pubblico. La definizione di documento non comprende i programmi informatici; d) dato pubblico: il dato conoscibile da chiunque; e) riutilizzo: l'uso del dato di cui e' titolare una pubblica amministrazione o un organismo di diritto pubblico, da parte di persone fisiche o giuridiche, a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale per il quale il documento che lo rappresenta e' stato prodotto nell'ambito dei fini istituzionali; f) scambio di documenti: la cessione di documenti finalizzata esclusivamente all'adempimento di compiti istituzionali fra i soggetti di cui alle lettere a) e b); g) dati personali: i dati definiti tali dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196; h) licenza standard per il riutilizzo: il contratto, o altro strumento negoziale, redatto ove possibile in forma elettronica, nel quale sono definite le modalita' di riutilizzo dei documenti delle pubbliche amministrazioni o degli organismi di diritto pubblico; i) titolare del dato: la pubblica amministrazione o l'organismo di diritto pubblico che ha originariamente formato per uso proprio o commissionato ad altro soggetto pubblico o privato il documento che rappresenta il dato, o che ne ha la disponibilita'.». «Art. 3 (Documenti esclusi dall'applicazione del decreto). - 1. Sono esclusi dall'applicazione del presente decreto i seguenti documenti: a) quelli detenuti per finalita' che esulano dall'ambito dei compiti istituzionali della pubblica amministrazione o dell'organismo di diritto pubblico; b) quelli nella disponibilita' delle emittenti di servizio pubblico e delle societa' da esse controllate e da altri organismi o loro societa' controllate per l'adempimento di un compito di radiodiffusione di servizio pubblico; c) quelli nella disponibilita' di istituti d'istruzione e di ricerca quali scuole, universita', archivi, biblioteche ed enti di ricerca, comprese le organizzazioni preposte al trasferimento dei risultati della ricerca; d) quelli nella disponibilita' di enti culturali quali musei, biblioteche, archivi, orchestre, teatri lirici, compagnie di ballo e teatri; e) quelli comunque nella disponibilita' degli organismi di cui agli articoli 3, 4, 5 e 6 della legge 24 ottobre 1977, n. 801; f) (abrogata); g) quelli esclusi dall'accesso ai sensi dell'art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, o per motivi di tutela del segreto statistico, quali disciplinati dall'art. 9 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322; h) quelli sui cui terzi detengono diritti di proprieta' intellettuale ai sensi della legge 22 aprile 1941, n. 633, ovvero diritti di proprieta' industriale ai sensi del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.». «Art. 4 (Norma di salvaguardia). - 1. Sono fatte salve: a) la disciplina sulla protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196; b) la disciplina sulla protezione del diritto d'autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633. Gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo si applicano compatibilmente con le disposizioni di accordi internazionali sulla protezione dei diritti di proprieta' intellettuale, in particolare la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, del 1886, ratificata con legge 20 giugno 1978, n. 399, e l'Accordo TRIPS sugli aspetti dei diritti di proprieta' intellettuale attinenti al commercio, del 1994, ratificato con legge 29 dicembre 1994, n. 747; c) la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi, di cui al Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241; d) (abrogata); e) le disposizioni in materia di proprieta' industriale di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30; f) (abrogata).». «Art. 5 (Richiesta di riutilizzo di documenti). - 1. Il titolare del dato predispone le licenze standard per il riutilizzo e le rende disponibili, ove possibile in forma elettronica, sui propri siti istituzionali. 2. I soggetti che intendono riutilizzare dati delle pubbliche amministrazioni o degli organismi di diritto pubblico presentano apposita richiesta secondo le modalita' stabilite dal titolare del dato con proprio provvedimento. 3. Il titolare del dato esamina le richieste e rende disponibili i documenti al richiedente, ove possibile in forma elettronica, entro il termine di trenta giorni, prorogabile di ulteriori trenta giorni nel caso in cui le richieste siano numerose o complesse. In caso di decisione negativa, il titolare del dato comunica al richiedente i mezzi di ricorso a sua disposizione per impugnare la decisione. Il titolare del dato non ha l'obbligo di produrre o di continuare a produrre documenti al solo fine di permetterne il riutilizzo da parte di un soggetto privato o pubblico. 4. I poteri e le facolta' connessi al riutilizzo spettano unicamente al titolare del dato.». «Art. 6 (Formati disponibili). - 1. Il titolare del dato mette a disposizione i documenti richiesti nella forma in cui sono stati prodotti o in qualsiasi altra forma in cui gli stessi siano comunque disponibili. 2. Il titolare del dato fornisce i documenti, ove possibile in formato elettronico, nel rispetto delle regole tecniche di cui all'art. 11, e non ha l'obbligo di adeguare i documenti o di crearne per soddisfare la richiesta, ne' l'obbligo di fornire estratti di documenti se cio' comporta attivita' eccedenti la semplice manipolazione.». «Art. 7 (Tariffe). - 1. Con decreti dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono determinate, sulla base dei criteri di cui ai commi 2 e 3, le tariffe e le relative modalita' di versamento da corrispondere a fronte delle attivita' di cui agli articoli 5, 6 e 9. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'art. 1, commi 370, 371 e 372, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. 2. L'importo delle tariffe di cui al comma 1, individuato sulla base dei costi effettivi sostenuti dalle Amministrazioni e aggiornato ogni due anni, comprende i costi di raccolta, di produzione, di riproduzione e diffusione maggiorati, nel caso di riutilizzo per fini commerciali, di un congruo utile da determinare, con i decreti di cui al comma 1, sulle spese per investimenti sostenute dalle Amministrazioni nel triennio precedente. 3. Nei casi di riutilizzo a fini non commerciali e' prevista una tariffa differenziata da determinarsi, con le modalita' di cui ai commi 1 e 2, secondo il criterio della copertura dei soli costi effettivi sostenuti dalle Amministrazioni interessate. 4. I decreti di cui al comma 1 sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e resi altresi' pubblici, a cura dell'Amministrazione competente, ove possibile secondo modalita' informatiche, sul proprio sito istituzionale. 5. Gli introiti delle tariffe di cui al comma 1, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnati, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge 18 aprile 2005, n. 62, allo stato di previsione delle Amministrazioni interessate. 6. Gli enti territoriali e gli altri enti ed organismi pubblici determinano, rispettivamente con proprie disposizioni o propri atti deliberativi gli importi delle tariffe e le relative modalita' di versamento, sulla base dei criteri indicati ai commi 2 e 3.». «Art. 10 (Riutilizzo di documenti a fini commerciali da parte di pubbliche amministrazioni). - 1. Lo scambio di documenti, come definito dalla lettera f) del comma 1 dell'art. 2, non costituisce riutilizzo. 2. Nel caso in cui una pubblica amministrazione riutilizza, per fini commerciali che esulano dall'ambito dei suoi compiti di servizio pubblico, documenti propri o di altra pubblica amministrazione, si applicano le modalita' di riutilizzo anche economico stabilite nel presente decreto.». Note all'art. 45. - Il regolamento (CE) 273/2004 e' pubblicato nella G.U.U.E. 18 febbraio 2004, n. L 47. - Il regolamento (CE) 111/2005 e' pubblicato nella G.U.U.E 26 gennaio 2005, n. L 22. - Il regolamento (CE) 1277/2005 e' pubblicato nella G.U.U.E 3 agosto 2005, n. L 202. - Il regolamento (CE) 297/2009 e' pubblicato nella G.U.U.E 9 aprile 2009, n. L 95. - Si riporta il testo degli articoli 70, 73, comma 2-bis, 74 e 98 del decreto del Presidente della Repubblica, 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza): «Art. 70 (Sostanze suscettibili di impiego per la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope). - 1. Sono sostanze suscettibili di impiego per la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope quelle individuate e classificate come tali nelle categorie 1, 2, e 3 riportate nell'allegato I. 2. I soggetti definiti nell'allegato II, di seguito denominati gli "operatori", i quali intendono effettuare per taluna delle sostanze appartenenti alla categoria 1, dell'allegato I, una delle attivita' indicate nella citata definizione devono munirsi dell'autorizzazione ministeriale di cui al comma 1 dell'art. 17. Si applicano altresi' le disposizioni di cui al comma 2 e ai commi 4, 5 e 6 dello stesso art. 17 nonche', in quanto compatibili, gli articoli 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresi' agli operatori che intendono effettuare attivita' di importazione, esportazione e transito ad eccezione degli spedizionieri doganali, dei depositari e dei vettori che agiscono unicamente in tale qualita'. 3. Gli operatori che intervengono nella fabbricazione e nell'immissione in commercio di taluna delle sostanze appartenenti alla categoria 2 dell'allegato I, sono tenuti a comunicare al Ministero della sanita' gli indirizzi dei locali in cui producono dette sostanze o da cui le inviano per la commercializzazione, e ad indicare tempestivamente eventuali variazioni. Allo stesso obbligo sono tenuti gli operatori di cui all'art. 2-bis, paragrafo 2, del regolamento CEE n. 3677/90 nei limiti ivi indicati. 4. L'esportazione delle sostanze appartenenti alle categorie 1, 2 e 3 dell'allegato I e' subordinata al previo rilascio del permesso all'esportazione da parte del Ministero della sanita' in conformita' e nei limiti di quanto disposto dagli articoli 4, 5 e 5-bis del regolamento CEE del Consiglio del 13 dicembre 1990. Egualmente, l'importazione e il transito delle sostanze di cui alla categoria 1 dell'allegato I da parte di chi e' munito dell'autorizzazione di cui al comma 2, sono subordinati alla concessione del permesso rilasciato dal Ministero della sanita'. Si applicano altresi' le disposizioni di cui al titolo V. 5. All'interno del territorio dell'Unione europea, le sostanze appartenenti alla categoria 1 dell'allegato I possono essere fornite unicamente alle persone autorizzate, ai sensi del comma 2 ovvero dalle competenti autorita' di altro Stato membro. 6. Gli operatori sono tenuti a documentare le transazioni commerciali relative alle sostanze classificate nelle categorie 1 e 2 dell'allegato I, secondo le modalita' indicate nell'allegato III. 7. Gli operatori hanno l'obbligo di comunicare alla Direzione centrale per i servizi antidroga, istituita nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, al piu' tardi al momento della loro effettuazione, le singole operazioni commerciali relative alle sostanze da essi trattate, secondo le modalita' e entro i termini stabiliti con decreto del Ministro della sanita', di concerto con il Ministro dell'interno sentiti i Ministri delle finanze e dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Il medesimo obbligo si applica altresi' agli operatori che svolgono attivita' di importazione, esportazione e transito. 8. Gli operatori sono altresi' tenuti a collaborare in ogni altro modo con la Direzione centrale per i servizi antidroga, istituita nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, in particolare fornendo ogni informazione eventualmente richiesta, nonche' segnalando immediatamente ogni fatto od elemento che, per caratteristiche, entita', natura o per qualsiasi altra circostanza conosciuta in ragione dell'attivita' esercitata, induce a ritenere che le sostanze trattate possono essere in qualsiasi modo impiegate per la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Al medesimo obbligo sono sottoposti gli operatori che svolgono attivita' di importazione, esportazione e transito. 9. Per la vigilanza ed il controllo sulle attivita' di cui al comma 2 e sull'esattezza e completezza dei dati e delle informazioni forniti si applicano le disposizioni di cui all'art. 6, con esclusione del comma 3, e agli articoli 7 e 8. Ai fini della vigilanza relativa agli altri obblighi si applicano le disposizioni dell'art. 35, comma 3. 10. Chiunque non adempie agli obblighi di comunicazione di cui al comma 7 e' punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda euro 258 a euro 2.582. Il giudice, con la sentenza di condanna, puo' disporre la sospensione dell'autorizzazione a svolgere le attivita' di cui al comma 2 per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno. Puo' essere applicata la misura cautelare interdittiva della sospensione dell'esercizio dell'attivita' di cui al comma 3 per un periodo non superiore ad un anno. 11. Ove il fatto non costituisce reato, in caso di violazione degli obblighi di informazione e di segnalazione di cui al comma 8, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 516 a euro 2.582. Puo' essere adottato il provvedimento della sospensione dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno. Le stesse sanzioni si applicano nei confronti delle violazioni di cui ai commi 3 e 6. 12. Chiunque produce, commercia, effettua operazioni di importazione, esportazione o transito relativamente a sostanze inserite nella categoria 1 dell'allegato I senza la prescritta autorizzazione, o le esporta in assenza del permesso di cui al comma 4, e' punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da euro 10.329 a euro 103.291. Alla condanna consegue la revoca dell'autorizzazione, nonche' il divieto del suo ulteriore rilascio per la durata di quattro anni. Con la sentenza di condanna il giudice puo' altresi' disporre la sospensione dell'attivita' svolta dall'operatore, con riferimento alle sostanze di cui alle categorie 2 e 3 dell'allegato I, per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno. 13. Chiunque esporta senza il necessario permesso di cui al comma 4, sostanze classificate nelle categorie 2 e 3 dell'allegato I, e' punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da euro 258 a euro 2.582. Con la sentenza di condanna il giudice puo' disporre la sospensione dell'attivita' svolta dall'operatore per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno. Puo' essere applicata la misura cautelare interdittiva della sospensione dell'autorizzazione per un periodo non superiore ad un anno. 14. La violazione dell'obbligo di cui al comma 5 e' punita con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da euro 258 a euro 2.582. Il giudice, con la sentenza di condanna, puo' disp | Allegato A Parte di provvedimento in formato grafico
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