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| Gazzetta n. 171 del 25 luglio 2006 (vai al sommario) |  | MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO |  | CIRCOLARE 30 giugno 2006, n. 9203 |  | Attuazione  del  Regolamento  (CE)  n.  1435/2003  del  Consiglio del 22 luglio  2003  relativo  allo  statuto  della  Societa' cooperativa europea (SCE). |  | 
 |  |  |  | Al  Ministero  del  lavoro  e della previdenza  sociale  -  Ufficio  di
 Gabinetto
 Al  Ministero  del  lavoro  e della
 previdenza   sociale   -  Direzione
 generale   delle  risorse  umane  e
 affari generali
 Al  Ministero  del  lavoro  e della
 previdenza   sociale   -  Direzione
 generale    della    tutela   delle
 condizioni di lavoro
 Al  Dipartimento  per  le politiche
 europee
 Alla Regione autonoma Valle d'Aosta
 - Ufficio cooperazione
 Alla    Regione   autonoma   Friuli
 Venezia Giulia - Serv. cooperazione
 Alla Regione autonoma Trentino Alto
 Adige - Ufficio cooperazione
 Alla Provincia autonoma di Trento -
 Servizio cooperazione
 Alla  Provincia autonoma di Bolzano
 - Servizio cooperazione
 Alla  Regione  Siciliana  - Ass. al
 lavoro
 Alla Regione Sardegna - Ass. lavoro
 formazione            professionale
 cooperazione
 Alle Regioni a statuto ordinario
 All'Unioncamere
 Alle     Camere    di    commercio,
 industria,      artigianato      ed
 agricoltura
 Alla   Confederazione   cooperative
 italiane
 Alla  Lega  nazionale cooperative e
 mutue
 All'Associazione   generale   coop.
 italiane
 All'Unione   nazionale  cooperative
 italiane
 All'Unione italiana cooperative Premessa.
 L'entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 1435/2003 relativo allo statuto   della   Societa'  cooperativa  europea  (di  seguito  SCE), approvato  dal  Consiglio  il 22 luglio 2003, e' fissata dall'art. 80 del medesimo al 18 agosto 2006.
 Il  quadro  normativo  che  il Regolamento offre e' particolarmente complesso,   in   quanto,   mentre   alcuni  istituti  sono  da  esso direttamente  disciplinati, altri sono soggetti all'ordinamento dello Stato  in  cui  la  SCE  ha  la  propria  sede  legale,  altri ancora potrebbero  essere  oggetto di nuova disciplina da parte del medesimo Stato membro. La complessita' e' tale da richiedere quindi allo Stato italiano   interventi   chiarificatori  ai  sensi  dell'art.  78  del Regolamento,  il  quale  stabilisce che «gli Stati membri prendono le disposizioni  appropriate  per  assicurare un'attuazione efficace del presente regolamento».
 Uno  dei  motivi della citata complessita' risiede nel fatto che la disciplina contenuta nel Regolamento e' stata in gran parte il frutto di mediazioni tra le diverse identita' e culture cooperative presenti nell'U.E.  tanto  che, nei casi in cui l'opera di composizione non ha avuto  successo,  e'  stato  inevitabile  il rinvio alla legislazione dello Stato membro in cui ha la sede legale la SCE.
 Si  tratta  di tradizioni e di specificita' «cooperativistiche» che hanno  radici  storiche  profonde,  che  si  differenziano  anche dai restanti  contesti  economici  nazionali, alle quali gli Stati membri non  hanno voluto rinunciare, tant'e' che in uno dei Considerando (n. 14)  si  afferma che «tenuto conto della specifica natura comunitaria della  SCE,  il  regime della "sede reale" adottato per la SCE con il presente  regolamento  non  pregiudica  le  legislazioni  degli Stati membri,  ne'  le  scelte  che  potranno  essere fatte per altri testi comunitari in materia di diritto delle societa».
 Per  quanto riguarda l'Italia tali specificita' riguardano anche la suddivisione  della materia della cooperazione fra Stato e Regioni, e proprio   in  virtu'  di  cio',  la  individuazione  delle  Autorita' infrastatuali  competenti viene demandata ad uno specifico e separato provvedimento  che  questo  Ministero  si riserva di adottare, previo preventivo  parere  della  Conferenza  permanente  per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome.
 Cio'   premesso,   nel   fornire   le   successive  istruzioni  per l'attuazione  del  Regolamento  in esame, appare in primo luogo utile considerare i principi generali e poi le disposizioni particolari che direttamente  regolano  i  rapporti  tra  la disciplina comunitaria e quella degli Stati membri. Considerazioni generali.
 Alcune   importanti   indicazioni  emergono  dalle  «Considerazioni generali del Regolamento»:
 il  punto  16  stabilisce  che  il Regolamento «non include altri settori   del   diritto  quali  la  fiscalita',  la  concorrenza,  la proprieta'  intellettuale  o  l'insolvenza.  Pertanto  nei settori su indicati  e in altri settori non contemplati dal presente regolamento si   applicano   le  disposizioni  normative  degli  Stati  membri  e comunitarie»;
 il  punto  17  prevede  che  «le  norme  sul  coinvolgimento  dei lavoratori   nella   societa'   cooperativa  europea  figurano  nella direttiva   2003/72/CE;   le  disposizioni  di  quest'ultima  formano pertanto  un  complemento  indissociabile  del presente regolamento e devono essere applicate in concomitanza»;
 il  punto  18  ricorda  che  «i lavori per ravvicinare il diritto societario degli Stati membri hanno compiuto progressi ragguardevoli, il che consente per quanto riguarda la SCE, in settori per cui la sua attivita'   non   richiede   norme   comunitarie  uniformi,  di  fare riferimento,  per  analogia, a talune disposizioni dello Stato membro della  sede  sociale della SCE adottate ai fini dell'attuazione delle direttive  sulle  societa'  commerciali,  nella  misura  in  cui tali disposizioni  sono  conformi  alle norme che disciplinano la SCE». Si tratta  in particolare delle Direttive relative alla disciplina delle garanzie  richieste  alle  societa'  per proteggere gli interessi dei soci  e  dei  terzi (prima direttiva 68/151/CEE); ai conti annuali di taluni  tipi  di  societa'  (quarta  direttiva  78/660/CEE); ai conti consolidati  (settima  direttiva  83/349/CEE); all'abilitazione delle persone  incaricate  del  controllo  di legge dei documenti contabili (ottava  direttiva  84/253/CEE);  alla  pubblicita'  delle succursali create  in  un  Stato  membro  da taluni tipi di societa' soggette al diritto di un altro Stato (undicesima direttiva 89/666/CEE).
 Nel   corpo   normativo  del  Regolamento  sono  presenti  numerosi articoli dedicati  alla  disciplina  dei  rapporti  tra  legislazione comunitaria e legislazione dello Stato membro, il piu' importante dei quali  e'  indubbiamente l'art. 8, il quale stabilisce che «la SCE e' disciplinata:
 a) dalle disposizioni del presente regolamento;
 b) ove  espressamente  previsto  dal  presente regolamento, dalle disposizioni dello statuto della SCE;
 c) per  le  materie  non disciplinate dal presente regolamento o, qualora una materia lo sia parzialmente, per gli aspetti ai quali non si applica il presente regolamento:
 i) dalle  leggi  adottate dagli Stati membri in applicazione di misure comunitarie concernenti specificamente le SCE;
 ii)  dalle  leggi  degli Stati membri che si applicherebbero ad una  cooperativa  costituita  in  conformita' della legge dello Stato membro in cui la SCE ha la sede sociale;
 iii)  dalle  disposizioni  dello statuto della SCE, alle stesse condizioni previste per una cooperativa costituita conformemente alla legge dello Stato membro in cui la SCE ha la sede sociale».
 Il  medesimo  articolo specifica poi che «se la normativa nazionale prevede  norme  e/o restrizioni specifiche relative alla natura delle attivita'  svolte  da  una  SCE,  o  forme  di  controllo da parte di un'autorita'  di  vigilanza,  queste  si applicano integralmente alla SCE».
 Il   seguente   art.   9,   che   introduce  il  principio  di  non discriminazione, dispone inoltre che «fatte salve le disposizioni del presente  regolamento,  una  SCE e' trattata in ciascuno Stato membro come  una  cooperativa  costituita  in  conformita' della legge dello Stato membro in cui la SCE ha la sede sociale».
 Pertanto, per quanto riguarda gli istituti sui quali il Regolamento comunitario  non  si  pronuncia  e  non  disciplina  direttamente una determinata situazione o non rinvia alla specifica legislazione dello Stato  membro  o  all'autonomia  statutaria  della SCE vale il quadro normativo  nazionale  esistente  per  le  societa'  cooperative. Tale complesso  di  norme  nazionale deve intendersi comprensivo sia delle disposizioni  aventi carattere esclusivo per le cooperative sia delle disposizioni  di  carattere  generale  che si applicano alle societa' cooperative in quanto «societa».
 In  tale contesto la disciplina delle fonti, riportata nell'art. 8, ed il principio di non discriminazione, di cui all'art. 9, delineano, tenendo conto delle norme italiane applicabili, un sistema pienamente definito e coerente, che consente sin dal 18 agosto 2006 l'attuazione in  Italia  del  Regolamento in questione. In quest'ottica si pone il presente  atto  la cui funzione rivela il proprio carattere meramente ricognitivo;  in  sostanza,  la  cogenza  della regola dettata per le societa'  cooperative  nazionali  non  abbisogna  di  essere ribadita attraverso  la  emanazione  di  un  provvedimento  legislativo ma, al contrario,  la  finalita' puo' essere efficacemente conseguita per il tramite  della presente circolare che si limita ad illustrare come la regula  juris  (di  rango legislativo) sia gia' presente nell'attuale sistema  normativo  e  quindi  che  da  essa,  e  non  gia' dall'atto amministrativo  generale in parola, la disciplina della SCE tragga la propria ragion d'essere.
 Del  resto,  tali  considerazioni  sono  da  ritenere alla base del mancato  inserimento del Regolamento 1435/2003/CE fra le disposizioni di  matrice  comunitaria  eventualmente da inserire nelle leggi ccdd. Comunitarie  annuali,  laddove  e'  stato previsto il recepimento con decreto    legislativo   della   coeva   direttiva   72/2003/CE   sul coinvolgimento dei lavoratori nella SCE.
 Cio'  tanto  piu'  che  la disciplina sulle societa' cooperative e' stata  molto  di  recente  rivisitata  -  come  e' noto - grazie alla riforma del diritto societario (decreto legislativo n. 6/2003).
 Con  riferimento  alle  eventuali lacune normative che l'attuazione del Regolamento potra' evidenziare nel corso del tempo, anche a causa della  specificita'  e della novita' della SCE, successivi interventi potranno essere effettuati negli ambiti demandati agli Stati membri.
 Al  fine  di  definire  il  quadro  nazionale di riferimento, e' da delimitare  il  contesto  normativo generale in cui si inseriscono le disposizioni applicabili alle societa' cooperative e quindi alla SCE. Come   e'  noto,  le  cooperative  italiane,  per  gli  istituti  non direttamente  disciplinati  dal  Titolo  VI  del  Libro  V del codice civile,  debbono  applicare  le  disposizioni  concernenti  le SPA, a condizione  che  le  stesse  siano compatibili con le caratteristiche peculiari  del modello cooperativo. La riforma del diritto societario ha   tuttavia   introdotto  una  novita'  importante  che  obbliga  o facoltizza  le  cooperative,  in  presenza  di  particolari requisiti legati  alla  compagine sociale o all'entita' dell'attivo dello stato patrimoniale,  di  assumere  come  quadro  normativo  di  riferimento l'ordinamento   delle  SRL,  sempre  a  condizione  che  le  relative disposizioni  siano  compatibili  con  quelle delle cooperative (art. 2519 del codice civile).
 Dalla   lettura   delle   disposizioni  contenute  nel  Regolamento comunitario   emerge   un   quadro   normativo  che  si  ispira  alle disposizioni  dettate  in  tema  di  SPA  e la cui portata e' tale da assorbire  l'eventuale  presenza  di  quei  parametri  per i quali in Italia  e'  possibile  far  riferimento  alle disposizioni della SRL. Pertanto per le SCE e' coerente il riferimento alla SPA.
 Prima  di esaminare nel dettaglio le disposizioni che richiedono un richiamo   delle  norme  nazionali  applicabili  rispetto  al  quadro generale  sopra delineato, e' necessario ricordare che il Regolamento in   tema   di   SCE  e'  fortemente  connesso  (come  stabilisce  il considerando n. 17 ed altre norme dispositive del Regolamento stesso) al recepimento della Direttiva n. 72/2003, relativa al coinvolgimento dei  lavoratori,  che  deve avvenire con decreto legislativo entro il 18 agosto 2006, in base a quanto previsto dalla legge 18 aprile 2005, n. 62.
 Istruzioni di dettaglio
 per gli articoli del Regolamento
 Art. 1.
 Con  riguardo  al comma 4, che prevede la facolta' statutaria della SCE di svolgere la propria attivita' economica anche nei confronti di terzi  non  soci, risulta evidente che tale disposizione introduce il tema  della  distinzione  tra Cooperative a mutualita' prevalente (di seguito  CMP) e Cooperative diverse da quelle a mutualita' prevalente (di  seguito  CDMP)  previste  dall'art.  2512  del  codice  civile e dall'art.  223-sexiesdecies  delle  norme  di  attuazione  del codice civile,  introdotto  dall'art.  9  del decreto legislativo 17 gennaio 2003,  n.  6.  L'istituzione  dell'Albo  delle  Societa' cooperative, costituito dalle due sezioni relative alle CMP ed alle CDMP, e' stata regolamentata  con  il  decreto  ministeriale  23 giugno  2004  ed e' compatibile con il Regolamento comunitario sulla SCE.
 Pertanto,   qualora   la   SCE   decida  di  recepire  le  clausole mutualistiche  di  cui  all'art. 2514 del codice civile e dimostri di possedere  il  requisito  della  prevalenza  di cui all'art. 2513 del codice  civile,  essa  potra'  essere iscritta nella Sezione dedicata alle  CMP, posta nell'ambito dell'Albo, e nel caso non dimostrasse il possesso del suddetto requisito obbligatoriamente nella Sezione delle CDMP del medesimo Albo.
 Art. 6.
 L'art.  6  dispone  che  la  sede  sociale  della  SCE debba essere situata,  all'interno  della  comunita', nello stesso Stato in cui ha l'amministrazione centrale. Quindi, la SCE sara' regolata dalla legge dello  Stato  in  cui  essa  ha  la  sede sociale e l'amministrazione centrale.
 Non  appare,  tuttavia  opportuno  imporre alla SCE, utilizzando la facolta'  concessa dalla seconda parte dell'art. 6, di far coincidere l'ubicazione  dell'amministrazione  centrale  con  quella  della sede sociale, anche per evitare discriminazioni con le altre cooperative e con le altre tipologie di societa'.
 Art. 7.
 La  Commissione  europea  ha  recepito  un'indicazione di uno Stato membro  per  cui  il  riferimento  contenuto  alla  fine del 5 comma, «all'art. 4, paragrafo 4», deve intendersi «all'art. 3, paragrafo 4».
 Il  trasferimento  della  sede  sociale  della SCE «italiana» in un altro  Stato membro comporta, secondo quanto stabilisce il successivo art.  8  l'applicazione della disciplina normativa di quest'ultimo, e la sottrazione alla legislazione italiana.
 Qualora  la  SCE, che trasferisce la sede sociale in un altro Stato membro,  abbia,  in  base ad una scelta volontaria, beneficiato delle agevolazioni   fiscali  previste  dallo  Stato  italiano,  in  quanto iscritta  a  richiesta nella categoria delle CMP, di fatto si sottrae alla  legislazione  italiana  ed  alla  verifica  del  rispetto delle clausole mutualistiche.
 Pertanto,  per come gia' accade per le cooperative italiane, per la SCE  viene  applicata,  con  riferimento  al patrimonio indivisibile, tutte  le  disposizioni  che si applicano, oltre che per il passaggio dalla   sezione   delle  CMP  a  quella  delle  CDMP,  anche  per  la trasformazione in forma societaria non cooperativa, che equivale alla sottrazione  delle clausole mutualistiche italiane. In questo caso si tratta  di estendere le disposizioni dell'art. 17 legge n. 388/2000 e dell'art.  16  del decreto legislativo n. 220/2002, gia' previste per le  CMP,  sia  nel caso di soppressione delle clausole mutualistiche, sia  nel  caso  di  violazione  delle  stesse,  sia  nell'ipotesi  di trasformazione e fusione, alla SCE che trasferisce la propria sede in uno Stato diverso.
 Infatti,  la  SCE  italiana, grazie alle agevolazioni connesse alla iscrizione all'Albo delle cooperative sezione CMP, puo' aver maturato un  patrimonio,  il quale non puo' che essere indivisibile tra i soci durante la vita della cooperativa e all'atto del suo scioglimento.
 Ne consegue che, al pari delle cooperative italiane, per le SCE con sede  in  Italia  valgano  le  seguenti  procedure  e disposizioni in materia  di devoluzione ai «fondi mutualistici» previsti dall'art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59:
 1)  per  la  SCE  che  passa  da  CMP a CDMP, si applicano l'art. 2545-octies e seguenti del codice civile;
 2)  per la SCE che si trasforma da CDMP ad altra forma societaria non  cooperativa e per la SCE che trasferisce la sua sede in un altro Stato  membro si applicano l'art. 2545-undecies e seguenti del codice civile.
 La  previsione  di  preservare  al sistema cooperativo nazionale il patrimonio  indivisibile  accumulato  grazie ad agevolazioni fiscali, rientra  peraltro  nel  piu'  ampio concetto di «interesse pubblico», previsto  dall'art.  7, comma 14. Infatti attraverso le facilitazioni fiscali   lo   Stato  italiano  incentiva,  solo  ed  esclusivamente, l'impresa  cooperativa  sulla  quale  esercita,  peraltro, specifiche attivita' di vigilanza non previste per le altre forme di societa'.
 Tale   interesse  pubblico  del  sistema  cooperativo  italiano  e' talmente  specifico  che, nel momento in cui una cooperativa italiana non  persegua  lo  scopo  mutualistico secondo quanto stabilito dalla legge viene «sanzionata» con la devoluzione ai fondi mutualistici .
 La  mancata sottoposizione della SCE a tali disposizioni, anche nel caso  di  trasferimento  della  sede in un altro Stato membro, che di fatto  consente che il patrimonio indivisibile possa essere destinato a  finalita'  estranee rispetto a quelle stabilite dalla legislazione italiana,  costituirebbe  una  discriminazione  nei  confronti  delle cooperative nazionali.
 Va ricordato che l'accesso alle agevolazioni fiscali da parte delle cooperative,  e quindi dal 18 agosto anche della SCE, avviene in modo volontario,  per  cui  l'obbligo di devoluzione del patrimonio di cui agli  articoli 2545-octies  e  seguenti  del codice civile si applica solo in questo caso.
 Al  contrario,  qualora  la  SCE italiana scelga di non accedere ad alcun  tipo  di  agevolazione  fiscale  essa  non  avra' l'obbligo di devolvere  il  patrimonio,  non  incorrendo  nella  disciplina recata dall'art.  17  della  legge  n.  388/2000  e dall'art. 16 del decreto legislativo n. 220/2002.
 La  prova della devoluzione del patrimonio indivisibile costituisce una  delle  formalita' preliminari al trasferimento e, quindi, in sua assenza  non  potra'  essere  rilasciato  il certificato previsto dal comma 8 dell'articolo in questione.
 Fino alla emanazione di una apposita legge che definisca altri casi di  «interesse  pubblico» potranno essere opposte al trasferimento di sede     della     SCE    esclusivamente    fattispecie    scaturenti dall'espletamento di attivita' in particolari settori.
 Articoli 8 e 9.
 In  base  a quanto riportato nella premessa iniziale, la disciplina applicabile  alle SCE delineata dal Regolamento comunitario comprende le  seguenti  disposizioni  di legge, applicabili nelle parti che non contrastano con il Regolamento medesimo:
 |regio decreto 16 marzo 1942, n. 262 - codice civile, libro V, 1. |titoli VI e X; --------------------------------------------------------------------- 2. |regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 - disciplina fallimentare; ---------------------------------------------------------------------
 |decreto legislativo n. 1577/1947 - provvedimenti per la 3. |cooperazione; ---------------------------------------------------------------------
 |decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 4. |- disciplina delle agevolazioni tributarie; ---------------------------------------------------------------------
 |legge 17 luglio 1975, n. 400 - norme intese ad uniformare ed
 |accelerare la procedura di liquidazione coatta amm.va degli enti 5. |cooperativi; ---------------------------------------------------------------------
 |legge 8 novembre 1991, n. 381 - disciplina delle cooperative 6. |sociali; ---------------------------------------------------------------------
 |legge 31 gennaio 1992, n. 59 - nuove norme in materia di societa' 7. |cooperative; ---------------------------------------------------------------------
 |legge 18 gennaio 1994, n. 44 - disposizioni in materia di 8. |cooperative agricole; ---------------------------------------------------------------------
 |legge 3 aprile 2001, n. 142 - revisione della legislazione in
 |materia cooperativistica, con particolare riferimento alla 9. |posizione del socio-lavoratore; ---------------------------------------------------------------------
 |decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito in legge n. 112 10.|del 2002, art. 6 (disposizioni riguardanti le cooperative); ---------------------------------------------------------------------
 |decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 - disposizioni in tema 11.|di vigilanza cooperativa; ---------------------------------------------------------------------
 |le leggi speciali nazionali e regionali e delle province autonome
 |riguardanti i vari settori della cooperazione (es.: credito,
 |agricoltura, consumo, sociale, pesca, acquicoltura, editoria) non
 |esplicitamente in sede di rinvio alla legislazione 12.|cooperativistica {generale}.
 Inoltre    trovano   applicazione   i   conseguenti   provvedimenti amministrativi di attuazione fra cui si evidenziano in particolare:
 |decreto ministeriale 23 giugno 2004 - Istituzione dell'Albo delle 13.|societa' cooperative; ---------------------------------------------------------------------
 |decreto ministeriale 7 dicembre 1967 - approvazione delle norme
 |sulle ispezioni ordinarie e straordinarie alle societa'
 |cooperative e dei loro consorzi e sulla formazione e tenuta 14.|dell'elenco degli ispettori; ---------------------------------------------------------------------
 |dd.mm. di determinazione della misura del contributo dovuto dagli 15.|enti cooperativi per le spese relative alle ispezioni; --------------------------------------------------------------------- 16.|circolare 18 giugno 2002, n. 53/E dell'Agenzia delle entrate; ---------------------------------------------------------------------
 |circolare 9 luglio 2003, n. 37/E - Ulteriori chiarimenti in
 |merito al trattamento fiscale riservato alle societa' 17.|cooperative; ---------------------------------------------------------------------
 |le disposizioni amministrative specifiche riguardanti l'attivita'
 |di vigilanza e quelle dettate in tema di disciplina dei vari
 |settori della cooperazione non esplicitamente menzionate in sede 18.|di rinvio alla legislazione cooperativistica statale {generale}.
 Art. 11.
 La  seconda  parte  del  comma 4 stabilisce che, nel caso in cui lo statuto  sia  in contrasto rispetto alle modalita' stabilite ai sensi della  direttiva  2003/72/CE,  uno  Stato  membro  puo' prevedere che l'organo  di direzione o di amministrazione della SCE sia autorizzato ad   apportare  modifiche  allo  statuto  senza  ulteriori  decisioni dell'assemblea generale.
 Tale  disciplina  risulta gia' presente all'art. 2365, comma 2, del codice civile nella parte in cui fa riferimento ad «adeguamenti dello statuto a disposizioni normative».
 Art. 14.
 Il  primo  comma,  terzo  paragrafo,  stabilisce  che  «le  entita' giuridiche,  aventi  la  qualita'  di  soci,  sono  considerate  soci utilizzatori in quanto rappresentanti dei propri membri, a condizione che  i membri che sono persone fisiche siano utilizzatori». Si tratta di  una  traslazione  del concetto/servizio mutualistico: una persona giuridica puo' essere ammessa come socio cooperatore di una SCE, ma i benefici  dell'attivita'  di  quest'ultima  devono  essere diretti ai membri - persone fisiche - della persona giuridica medesima.
 Il  riferimento  alle persone fisiche, pur avendo valenza generale, non   puo'   tuttavia   essere   interpretato  nel  senso  della  sua applicazione  a tutte le tipologie di SCE. Infatti, tale disposizione non   puo'  coinvolgere  le  SCE  il  cui  scambio  mutualistico  sia caratterizzato  dalle  prestazioni  lavorative  dei soci, in quanto i lavoratori  di  un  socio  persona  giuridica  non possono essere mai considerati utilizzatori della cooperativa.
 Art. 16.
 La disposizione contenuta nel comma 1 prevede che «salvo in caso di cessione  di  quote  e  fatte  salve  le disposizioni dell'art. 3, la perdita  della  qualita' di socio da' diritto al rimborso della parte di  capitale sottoscritto, eventualmente ridotta in proporzione delle perdite imputabili al capitale sociale».
 Pertanto  in  presenza  di perdita della qualita' di socio, qualora non  si  sia in presenza di cessione di quote, se durante il rapporto sociale  non  vi  e' stato aumento di capitale tramite imputazione di risorse  distribuibili  (art. 3, comma 8), il rimborso e' limitato al capitale  sottoscritto  e  versato  dal socio uscente, con esclusione dell'attribuzione di eventuali riserve divisibili.
 Art. 21.
 Per  la  fusione  valgono tutte le considerazioni effettuate per il trasferimento  di  sede  in  un  altro Stato membro, oltre che quelle relative al cambio di sezione da CMP a CDMP.
 Art. 23.
 Nel caso di fusione per quanto attiene ai criteri di determinazione del  rapporto  di  cambio  occorre tener conto che l'effettivo valore patrimoniale e' condizionato dalla presenza di riserve indivisibili.
 Art. 28.
 La  facolta'  concessa allo Stato membro di adottare, nei confronti di cooperative dipendenti dalla sua giurisdizione, che partecipano ad una fusione, disposizioni volte a garantire la tutela dei soci che si sono pronunciati contro la fusione, trova applicazione nell'art. 2502 del  codice  civile  che  consente  il  diritto  di recesso del socio dissenziente. Sezione III.
 Questa  Sezione  del Regolamento disciplina nel dettaglio i sistemi dualistico  e  monistico  ma  non  esclude  espressamente  il sistema cosiddetto  «tradizionale»,  adottato  dalle  societa'  italiane  che prevede  assemblea  dei soci, consiglio di amministrazione e collegio sindacale ove necessario.
 Infatti,  in  virtu' del coordinamento della disciplina delle fonti contenuta  nell'art.  8  e  delle  disposizioni  dedicate  al sistema monistico (articoli 42 e seguenti) e al controllo dei conti annuali e consolidati  (art. 68, primo comma) si puo' giungere alla conclusione che  la  SCE  «italiana»  possa  statutariamente  adottare il sistema tradizionale,  con  quanto  ne  consegue  ai fini della distribuzione delle competenze.
 Con  specifico  riguardo,  all'organo  di controllo interno, la SCE «italiana»  avra'  l'obbligo  di  costituire  il  collegio  sindacale qualora  superi  i parametri previsti dalla legislazione italiana. In caso  contrario,  avra'  l'obbligo  di affidare al revisore contabile esterno il compito del mero controllo contabile.
 Art. 37.
 Per la SCE con sede in Italia, la facolta' connessa alla disciplina in  materia  di  deleghe amministrative e' attuata con l'applicazione dell'art.  2544  (Sistemi  di  amministrazione)  del codice civile il quale,  al  comma 1, stabilisce che «indipendentemente dal sistema di amministrazione   adottato   non   possono   essere   delegati  dagli amministratori, oltre le materie previste dall'art. 2381, i poteri in materia  di  ammissione,  di  recesso  e  di esclusione dei soci e le decisioni che incidono sui rapporti mutualistici con i soci».
 Per  quanto attiene la composizione dell'organo di amministrazione, in  mancanza  di disposizioni specifiche il coordinamento delle norme civilistiche dedicate al consiglio di amministrazione ed al consiglio di gestione nel sistema dualistico, nelle societa' cooperative, porta ad affermare che anche nel consiglio di gestione la maggioranza degli amministratori  debba  essere  espressione  dei  soci cooperatori. In altre  parole,  amministratori  che  non  siano  espressione dei soci cooperatori possono essere nominati a condizione che la loro presenza sia  prevista  dallo  statuto  e  che  essi siano in una posizione di minoranza   (articoli 2542,   comma 2,  e  2544  del  codice  civile, comma 2).
 In tal caso, spetta al consiglio di sorveglianza, assicurare che la maggioranza  dei  componenti  del  consiglio  di  gestione siano soci cooperatori   o   persone   indicate   da  soci  cooperatori  persone giuridiche.
 Art. 48.
 In  merito alle operazioni soggette ad autorizzazione, e' stabilito che  lo  statuto  della SCE elenchi le categorie di operazioni per le quali  si richiede un'autorizzazione all'organo di direzione da parte dell'organo  di  vigilanza o dell'assemblea generale. Lo Stato membro della  sede  della SCE ha facolta' di determinare le categorie minime di operazioni, individuare l'organo che rilascia l'autorizzazione e/o prevedere   che  l'organo  di  vigilanza  determini  esso  stesso  le categorie di operazioni soggette ad autorizzazione.
 Risulta applicabile in questo caso l'art. 2409-terdecies del codice civile  (Competenza  del  consiglio  di sorveglianza) che al comma 1, lettera  f-bis) stabilisce che, lo stesso,«se previsto dallo statuto, delibera in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e  finanziari  della  societa' predisposti dal consiglio di gestione, ferma  in  ogni  caso  la  responsabilita'  di  questo  per  gli atti compiuti».
 Art. 59.
 Le  disposizioni  contenute nel comma 2, concernenti l'attribuzione di  voti  plurimi  ai  soci  cooperatori  sono  applicabili  alle SCE «italiane» facendo esclusivo riferimento alle fattispecie e ai limiti contemplati dall'art. 2538, commi 3 e 4 del codice civile.
 Art. 62.
 In  mancanza di indicazioni a proposito della redazione del verbale dell'assemblea   straordinaria,   per  come  previsto  in  capo  alle cooperative «nazionali», trova applicazione il comma 2 dell'art. 2377 del  codice  civile  che  impone  la  verbalizzazione  a carico di un notaio.
 Art. 64.
 La previsione che il valore nominale complessivo dei titoli o delle obbligazioni  detenuti  non puo' superare l'ammontare stabilito nello statuto va attuata tenendo conto della distinzione tra titoli diversi dalle quote ed obbligazioni.
 Infatti,   mentre   l'attribuzione  allo  statuto  del  compito  di stabilire  il  valore  nominale  complessivo dei titoli diversi dalle quote  (cioe'  quelli  di partecipazione al patrimonio) non determina alcun  problema, al contrario, per i titoli obbligazionari si pone la questione se questi possano essere emessi dalla SCE non rispettando i limiti previsti dalla legislazione italiana.
 Il  Considerando  n. 4 evidenzia la specificita' delle SCE rispetto alla  Societa'  Europea  (SE)  di cui al Regolamento CE n. 2157/2001. Tuttavia   tali  specificita'  non  possono  riguardare  aspetti  che incidono   sulla  salvaguardia  e  garanzia  dei  sottoscrittori  del credito.  Pertanto  risulta applicabile la previsione dell'art. 5 del Regolamento  sulla SE che prevede: «Fatto salvo l'art. 4, paragrafi 1 e 2, il capitale della SE, la sua salvaguardia, le sue modificazioni, nonche'  le  azioni,  le obbligazioni e gli altri titoli assimilabili della  SE sono disciplinati dalle disposizioni che si applicherebbero ad  una  societa' per azioni con sede nello Stato membro in cui la SE e' iscritta».
 Il rimando alla legislazione italiana, coerente con il principio di non  discriminazione  di cui all'art. 9, consente l'applicazione alle SCE  dell'art.  2412  del codice civile che dispone che, salve alcune esplicite   deroghe,  la  societa'  possa  emettere  obbligazioni  al portatore  o  nominative per una somma complessivamente non eccedente il  doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili  risultanti  dall'ultimo  bilancio approvato. La ratio di tale   limite   si   rinviene   nella   garanzia   in  senso  tecnico (soddisfacimento del credito) degli obbligazionisti e nell'equilibrio tra  le  due  principali  forme  di finanziamento di massa (azioni ed obbligazioni) dell'impresa.
 Art. 65.
 La   SCE  con  sede  in  Italia  deve  rispettare  le  disposizioni obbligatorie  previste  dalla  legislazione  italiana destinando alla riserva  legale  il 30% degli utili netti annuali, ai sensi dell'art. 2545-quater  (Riserve  legali,  statutarie  e  volontarie) del codice civile.
 La SCE «italiana» non puo' interrompere la destinazione degli utili a riserva legale ma deve continuare ad alimentarla, indipendentemente dalla  soglia  minima  prevista  dal  Regolamento, in quanto il primo comma fa  salve,  a  livello  generale  le  destinazioni obbligatorie previste dalla legislazione nazionale.
 In  generale,  in tema di destinazione degli utili, il rimando alla legislazione  nazionale  sottopone  la  SCE  all'art. 2545-quater del codice civile che stabilisce che «una quota degli utili netti annuali deve  essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalita' previste dalla legge».
 La  legge  di  riferimento  e'  la  n.  59 del 1992 che all'art. 11 dispone  che  ogni  cooperativa debba versare a Fondi istituiti dalle Associazioni riconosciute del movimento cooperativo cui aderiscono un contributo  pari al 3% degli utili netti annuali e che in caso di non adesione  il  versamento  deve confluire in uno specifico capitolo di bilancio dello Stato.
 Art. 73.
 Il  termine  previsto  al  comma 2  per il ripristino dei requisiti relativi  alla sede sociale (art. 6) e' fissato, in analogia all'art. 2522  del  codice  civile, in un anno, superato il quale si procedere alla  definitiva  liquidazione  ai sensi dell'art. 2545-septiesdecies del codice civile, per come stabilito dal comma 3 dell'art. 73.
 Art. 75.
 La  legislazione italiana in tema di devoluzione dell'attivo appare coerente con il principio della «devoluzione disinteressata» e con la predeterminazione  nello  statuto  di  forme alternative nel rispetto della medesima legislazione italiana.
 Nel  primo  caso  la devoluzione prevista in Italia non rappresenta altro   che   la   specificazione  del  principio  comunitario  della «devoluzione  disinteressata» altrimenti senza contenuti; nel secondo la  previsione  statutaria  della  SCE  non potra' far altro che dare attuazione alla disposizione nazionale.
 L'applicazione   delle   disposizioni  sopra  ricordate  avra'  una declinazione  diversa  a  seconda  del modello cooperativo che la SCE «italiana» sia una CMP oppure una CDMP.
 Nel  caso  che  la  SCE  abbia  richiesto l'applicazione del regime fiscale di maggior favore previsto dalla legislazione italiana per le CMP,   dimostrando   di   possedere  il  requisito  della  prevalenza mutualistica  di cui agli articoli 2512 e 2513 del codice civile e di aver  recepito  nel  proprio statuto le clausole mutualistiche di cui all'art.  2514  del  codice  civile,  dovra'  seguire  le indicazioni dell'art. 2514 del codice civile relativamente alla remunerazione del capitale dei soci cooperatori, alla formazione e qualificazione delle riserve  delle  cooperative e alla devoluzione - ai sensi della legge n.  59  del 1992 - del patrimonio in caso di scioglimento, subendo le sanzioni previste in caso di eventuali violazioni delle stesse.
 Qualora  la SCE «italiana» abbia scelto di beneficiare di un regime fiscale  di  minore  favore,  di norma quello previsto per le CDMP, e quindi  non ha l'obbligo di recepire le clausole mutualistiche, fatti salvi  gli obblighi di cui alla riserva legale e al contributo del 3% ai  Fondi  mutualistici,  potra'  disporre,  nel rispetto delle norme statutarie, degli utili residui.
 La presente circolare verra' inviata al Ministero della giustizia - Ufficio  pubblicazioni  leggi  e  decreti,  per  l'inserimento  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
 Roma, 30 giugno 2006
 
 Il direttore generale
 per gli enti cooperativi
 Cinti
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