Gazzetta n. 171 del 25 luglio 2006 (vai al sommario) |
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO |
CIRCOLARE 30 giugno 2006, n. 9203 |
Attuazione del Regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio del 22 luglio 2003 relativo allo statuto della Societa' cooperativa europea (SCE). |
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Al Ministero del lavoro e della previdenza sociale - Ufficio di Gabinetto Al Ministero del lavoro e della previdenza sociale - Direzione generale delle risorse umane e affari generali Al Ministero del lavoro e della previdenza sociale - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro Al Dipartimento per le politiche europee Alla Regione autonoma Valle d'Aosta - Ufficio cooperazione Alla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia - Serv. cooperazione Alla Regione autonoma Trentino Alto Adige - Ufficio cooperazione Alla Provincia autonoma di Trento - Servizio cooperazione Alla Provincia autonoma di Bolzano - Servizio cooperazione Alla Regione Siciliana - Ass. al lavoro Alla Regione Sardegna - Ass. lavoro formazione professionale cooperazione Alle Regioni a statuto ordinario All'Unioncamere Alle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura Alla Confederazione cooperative italiane Alla Lega nazionale cooperative e mutue All'Associazione generale coop. italiane All'Unione nazionale cooperative italiane All'Unione italiana cooperative Premessa. L'entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 1435/2003 relativo allo statuto della Societa' cooperativa europea (di seguito SCE), approvato dal Consiglio il 22 luglio 2003, e' fissata dall'art. 80 del medesimo al 18 agosto 2006. Il quadro normativo che il Regolamento offre e' particolarmente complesso, in quanto, mentre alcuni istituti sono da esso direttamente disciplinati, altri sono soggetti all'ordinamento dello Stato in cui la SCE ha la propria sede legale, altri ancora potrebbero essere oggetto di nuova disciplina da parte del medesimo Stato membro. La complessita' e' tale da richiedere quindi allo Stato italiano interventi chiarificatori ai sensi dell'art. 78 del Regolamento, il quale stabilisce che «gli Stati membri prendono le disposizioni appropriate per assicurare un'attuazione efficace del presente regolamento». Uno dei motivi della citata complessita' risiede nel fatto che la disciplina contenuta nel Regolamento e' stata in gran parte il frutto di mediazioni tra le diverse identita' e culture cooperative presenti nell'U.E. tanto che, nei casi in cui l'opera di composizione non ha avuto successo, e' stato inevitabile il rinvio alla legislazione dello Stato membro in cui ha la sede legale la SCE. Si tratta di tradizioni e di specificita' «cooperativistiche» che hanno radici storiche profonde, che si differenziano anche dai restanti contesti economici nazionali, alle quali gli Stati membri non hanno voluto rinunciare, tant'e' che in uno dei Considerando (n. 14) si afferma che «tenuto conto della specifica natura comunitaria della SCE, il regime della "sede reale" adottato per la SCE con il presente regolamento non pregiudica le legislazioni degli Stati membri, ne' le scelte che potranno essere fatte per altri testi comunitari in materia di diritto delle societa». Per quanto riguarda l'Italia tali specificita' riguardano anche la suddivisione della materia della cooperazione fra Stato e Regioni, e proprio in virtu' di cio', la individuazione delle Autorita' infrastatuali competenti viene demandata ad uno specifico e separato provvedimento che questo Ministero si riserva di adottare, previo preventivo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome. Cio' premesso, nel fornire le successive istruzioni per l'attuazione del Regolamento in esame, appare in primo luogo utile considerare i principi generali e poi le disposizioni particolari che direttamente regolano i rapporti tra la disciplina comunitaria e quella degli Stati membri. Considerazioni generali. Alcune importanti indicazioni emergono dalle «Considerazioni generali del Regolamento»: il punto 16 stabilisce che il Regolamento «non include altri settori del diritto quali la fiscalita', la concorrenza, la proprieta' intellettuale o l'insolvenza. Pertanto nei settori su indicati e in altri settori non contemplati dal presente regolamento si applicano le disposizioni normative degli Stati membri e comunitarie»; il punto 17 prevede che «le norme sul coinvolgimento dei lavoratori nella societa' cooperativa europea figurano nella direttiva 2003/72/CE; le disposizioni di quest'ultima formano pertanto un complemento indissociabile del presente regolamento e devono essere applicate in concomitanza»; il punto 18 ricorda che «i lavori per ravvicinare il diritto societario degli Stati membri hanno compiuto progressi ragguardevoli, il che consente per quanto riguarda la SCE, in settori per cui la sua attivita' non richiede norme comunitarie uniformi, di fare riferimento, per analogia, a talune disposizioni dello Stato membro della sede sociale della SCE adottate ai fini dell'attuazione delle direttive sulle societa' commerciali, nella misura in cui tali disposizioni sono conformi alle norme che disciplinano la SCE». Si tratta in particolare delle Direttive relative alla disciplina delle garanzie richieste alle societa' per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (prima direttiva 68/151/CEE); ai conti annuali di taluni tipi di societa' (quarta direttiva 78/660/CEE); ai conti consolidati (settima direttiva 83/349/CEE); all'abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili (ottava direttiva 84/253/CEE); alla pubblicita' delle succursali create in un Stato membro da taluni tipi di societa' soggette al diritto di un altro Stato (undicesima direttiva 89/666/CEE). Nel corpo normativo del Regolamento sono presenti numerosi articoli dedicati alla disciplina dei rapporti tra legislazione comunitaria e legislazione dello Stato membro, il piu' importante dei quali e' indubbiamente l'art. 8, il quale stabilisce che «la SCE e' disciplinata: a) dalle disposizioni del presente regolamento; b) ove espressamente previsto dal presente regolamento, dalle disposizioni dello statuto della SCE; c) per le materie non disciplinate dal presente regolamento o, qualora una materia lo sia parzialmente, per gli aspetti ai quali non si applica il presente regolamento: i) dalle leggi adottate dagli Stati membri in applicazione di misure comunitarie concernenti specificamente le SCE; ii) dalle leggi degli Stati membri che si applicherebbero ad una cooperativa costituita in conformita' della legge dello Stato membro in cui la SCE ha la sede sociale; iii) dalle disposizioni dello statuto della SCE, alle stesse condizioni previste per una cooperativa costituita conformemente alla legge dello Stato membro in cui la SCE ha la sede sociale». Il medesimo articolo specifica poi che «se la normativa nazionale prevede norme e/o restrizioni specifiche relative alla natura delle attivita' svolte da una SCE, o forme di controllo da parte di un'autorita' di vigilanza, queste si applicano integralmente alla SCE». Il seguente art. 9, che introduce il principio di non discriminazione, dispone inoltre che «fatte salve le disposizioni del presente regolamento, una SCE e' trattata in ciascuno Stato membro come una cooperativa costituita in conformita' della legge dello Stato membro in cui la SCE ha la sede sociale». Pertanto, per quanto riguarda gli istituti sui quali il Regolamento comunitario non si pronuncia e non disciplina direttamente una determinata situazione o non rinvia alla specifica legislazione dello Stato membro o all'autonomia statutaria della SCE vale il quadro normativo nazionale esistente per le societa' cooperative. Tale complesso di norme nazionale deve intendersi comprensivo sia delle disposizioni aventi carattere esclusivo per le cooperative sia delle disposizioni di carattere generale che si applicano alle societa' cooperative in quanto «societa». In tale contesto la disciplina delle fonti, riportata nell'art. 8, ed il principio di non discriminazione, di cui all'art. 9, delineano, tenendo conto delle norme italiane applicabili, un sistema pienamente definito e coerente, che consente sin dal 18 agosto 2006 l'attuazione in Italia del Regolamento in questione. In quest'ottica si pone il presente atto la cui funzione rivela il proprio carattere meramente ricognitivo; in sostanza, la cogenza della regola dettata per le societa' cooperative nazionali non abbisogna di essere ribadita attraverso la emanazione di un provvedimento legislativo ma, al contrario, la finalita' puo' essere efficacemente conseguita per il tramite della presente circolare che si limita ad illustrare come la regula juris (di rango legislativo) sia gia' presente nell'attuale sistema normativo e quindi che da essa, e non gia' dall'atto amministrativo generale in parola, la disciplina della SCE tragga la propria ragion d'essere. Del resto, tali considerazioni sono da ritenere alla base del mancato inserimento del Regolamento 1435/2003/CE fra le disposizioni di matrice comunitaria eventualmente da inserire nelle leggi ccdd. Comunitarie annuali, laddove e' stato previsto il recepimento con decreto legislativo della coeva direttiva 72/2003/CE sul coinvolgimento dei lavoratori nella SCE. Cio' tanto piu' che la disciplina sulle societa' cooperative e' stata molto di recente rivisitata - come e' noto - grazie alla riforma del diritto societario (decreto legislativo n. 6/2003). Con riferimento alle eventuali lacune normative che l'attuazione del Regolamento potra' evidenziare nel corso del tempo, anche a causa della specificita' e della novita' della SCE, successivi interventi potranno essere effettuati negli ambiti demandati agli Stati membri. Al fine di definire il quadro nazionale di riferimento, e' da delimitare il contesto normativo generale in cui si inseriscono le disposizioni applicabili alle societa' cooperative e quindi alla SCE. Come e' noto, le cooperative italiane, per gli istituti non direttamente disciplinati dal Titolo VI del Libro V del codice civile, debbono applicare le disposizioni concernenti le SPA, a condizione che le stesse siano compatibili con le caratteristiche peculiari del modello cooperativo. La riforma del diritto societario ha tuttavia introdotto una novita' importante che obbliga o facoltizza le cooperative, in presenza di particolari requisiti legati alla compagine sociale o all'entita' dell'attivo dello stato patrimoniale, di assumere come quadro normativo di riferimento l'ordinamento delle SRL, sempre a condizione che le relative disposizioni siano compatibili con quelle delle cooperative (art. 2519 del codice civile). Dalla lettura delle disposizioni contenute nel Regolamento comunitario emerge un quadro normativo che si ispira alle disposizioni dettate in tema di SPA e la cui portata e' tale da assorbire l'eventuale presenza di quei parametri per i quali in Italia e' possibile far riferimento alle disposizioni della SRL. Pertanto per le SCE e' coerente il riferimento alla SPA. Prima di esaminare nel dettaglio le disposizioni che richiedono un richiamo delle norme nazionali applicabili rispetto al quadro generale sopra delineato, e' necessario ricordare che il Regolamento in tema di SCE e' fortemente connesso (come stabilisce il considerando n. 17 ed altre norme dispositive del Regolamento stesso) al recepimento della Direttiva n. 72/2003, relativa al coinvolgimento dei lavoratori, che deve avvenire con decreto legislativo entro il 18 agosto 2006, in base a quanto previsto dalla legge 18 aprile 2005, n. 62. Istruzioni di dettaglio per gli articoli del Regolamento Art. 1. Con riguardo al comma 4, che prevede la facolta' statutaria della SCE di svolgere la propria attivita' economica anche nei confronti di terzi non soci, risulta evidente che tale disposizione introduce il tema della distinzione tra Cooperative a mutualita' prevalente (di seguito CMP) e Cooperative diverse da quelle a mutualita' prevalente (di seguito CDMP) previste dall'art. 2512 del codice civile e dall'art. 223-sexiesdecies delle norme di attuazione del codice civile, introdotto dall'art. 9 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6. L'istituzione dell'Albo delle Societa' cooperative, costituito dalle due sezioni relative alle CMP ed alle CDMP, e' stata regolamentata con il decreto ministeriale 23 giugno 2004 ed e' compatibile con il Regolamento comunitario sulla SCE. Pertanto, qualora la SCE decida di recepire le clausole mutualistiche di cui all'art. 2514 del codice civile e dimostri di possedere il requisito della prevalenza di cui all'art. 2513 del codice civile, essa potra' essere iscritta nella Sezione dedicata alle CMP, posta nell'ambito dell'Albo, e nel caso non dimostrasse il possesso del suddetto requisito obbligatoriamente nella Sezione delle CDMP del medesimo Albo. Art. 6. L'art. 6 dispone che la sede sociale della SCE debba essere situata, all'interno della comunita', nello stesso Stato in cui ha l'amministrazione centrale. Quindi, la SCE sara' regolata dalla legge dello Stato in cui essa ha la sede sociale e l'amministrazione centrale. Non appare, tuttavia opportuno imporre alla SCE, utilizzando la facolta' concessa dalla seconda parte dell'art. 6, di far coincidere l'ubicazione dell'amministrazione centrale con quella della sede sociale, anche per evitare discriminazioni con le altre cooperative e con le altre tipologie di societa'. Art. 7. La Commissione europea ha recepito un'indicazione di uno Stato membro per cui il riferimento contenuto alla fine del 5 comma, «all'art. 4, paragrafo 4», deve intendersi «all'art. 3, paragrafo 4». Il trasferimento della sede sociale della SCE «italiana» in un altro Stato membro comporta, secondo quanto stabilisce il successivo art. 8 l'applicazione della disciplina normativa di quest'ultimo, e la sottrazione alla legislazione italiana. Qualora la SCE, che trasferisce la sede sociale in un altro Stato membro, abbia, in base ad una scelta volontaria, beneficiato delle agevolazioni fiscali previste dallo Stato italiano, in quanto iscritta a richiesta nella categoria delle CMP, di fatto si sottrae alla legislazione italiana ed alla verifica del rispetto delle clausole mutualistiche. Pertanto, per come gia' accade per le cooperative italiane, per la SCE viene applicata, con riferimento al patrimonio indivisibile, tutte le disposizioni che si applicano, oltre che per il passaggio dalla sezione delle CMP a quella delle CDMP, anche per la trasformazione in forma societaria non cooperativa, che equivale alla sottrazione delle clausole mutualistiche italiane. In questo caso si tratta di estendere le disposizioni dell'art. 17 legge n. 388/2000 e dell'art. 16 del decreto legislativo n. 220/2002, gia' previste per le CMP, sia nel caso di soppressione delle clausole mutualistiche, sia nel caso di violazione delle stesse, sia nell'ipotesi di trasformazione e fusione, alla SCE che trasferisce la propria sede in uno Stato diverso. Infatti, la SCE italiana, grazie alle agevolazioni connesse alla iscrizione all'Albo delle cooperative sezione CMP, puo' aver maturato un patrimonio, il quale non puo' che essere indivisibile tra i soci durante la vita della cooperativa e all'atto del suo scioglimento. Ne consegue che, al pari delle cooperative italiane, per le SCE con sede in Italia valgano le seguenti procedure e disposizioni in materia di devoluzione ai «fondi mutualistici» previsti dall'art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59: 1) per la SCE che passa da CMP a CDMP, si applicano l'art. 2545-octies e seguenti del codice civile; 2) per la SCE che si trasforma da CDMP ad altra forma societaria non cooperativa e per la SCE che trasferisce la sua sede in un altro Stato membro si applicano l'art. 2545-undecies e seguenti del codice civile. La previsione di preservare al sistema cooperativo nazionale il patrimonio indivisibile accumulato grazie ad agevolazioni fiscali, rientra peraltro nel piu' ampio concetto di «interesse pubblico», previsto dall'art. 7, comma 14. Infatti attraverso le facilitazioni fiscali lo Stato italiano incentiva, solo ed esclusivamente, l'impresa cooperativa sulla quale esercita, peraltro, specifiche attivita' di vigilanza non previste per le altre forme di societa'. Tale interesse pubblico del sistema cooperativo italiano e' talmente specifico che, nel momento in cui una cooperativa italiana non persegua lo scopo mutualistico secondo quanto stabilito dalla legge viene «sanzionata» con la devoluzione ai fondi mutualistici . La mancata sottoposizione della SCE a tali disposizioni, anche nel caso di trasferimento della sede in un altro Stato membro, che di fatto consente che il patrimonio indivisibile possa essere destinato a finalita' estranee rispetto a quelle stabilite dalla legislazione italiana, costituirebbe una discriminazione nei confronti delle cooperative nazionali. Va ricordato che l'accesso alle agevolazioni fiscali da parte delle cooperative, e quindi dal 18 agosto anche della SCE, avviene in modo volontario, per cui l'obbligo di devoluzione del patrimonio di cui agli articoli 2545-octies e seguenti del codice civile si applica solo in questo caso. Al contrario, qualora la SCE italiana scelga di non accedere ad alcun tipo di agevolazione fiscale essa non avra' l'obbligo di devolvere il patrimonio, non incorrendo nella disciplina recata dall'art. 17 della legge n. 388/2000 e dall'art. 16 del decreto legislativo n. 220/2002. La prova della devoluzione del patrimonio indivisibile costituisce una delle formalita' preliminari al trasferimento e, quindi, in sua assenza non potra' essere rilasciato il certificato previsto dal comma 8 dell'articolo in questione. Fino alla emanazione di una apposita legge che definisca altri casi di «interesse pubblico» potranno essere opposte al trasferimento di sede della SCE esclusivamente fattispecie scaturenti dall'espletamento di attivita' in particolari settori. Articoli 8 e 9. In base a quanto riportato nella premessa iniziale, la disciplina applicabile alle SCE delineata dal Regolamento comunitario comprende le seguenti disposizioni di legge, applicabili nelle parti che non contrastano con il Regolamento medesimo: |regio decreto 16 marzo 1942, n. 262 - codice civile, libro V, 1. |titoli VI e X; --------------------------------------------------------------------- 2. |regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 - disciplina fallimentare; --------------------------------------------------------------------- |decreto legislativo n. 1577/1947 - provvedimenti per la 3. |cooperazione; --------------------------------------------------------------------- |decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 4. |- disciplina delle agevolazioni tributarie; --------------------------------------------------------------------- |legge 17 luglio 1975, n. 400 - norme intese ad uniformare ed |accelerare la procedura di liquidazione coatta amm.va degli enti 5. |cooperativi; --------------------------------------------------------------------- |legge 8 novembre 1991, n. 381 - disciplina delle cooperative 6. |sociali; --------------------------------------------------------------------- |legge 31 gennaio 1992, n. 59 - nuove norme in materia di societa' 7. |cooperative; --------------------------------------------------------------------- |legge 18 gennaio 1994, n. 44 - disposizioni in materia di 8. |cooperative agricole; --------------------------------------------------------------------- |legge 3 aprile 2001, n. 142 - revisione della legislazione in |materia cooperativistica, con particolare riferimento alla 9. |posizione del socio-lavoratore; --------------------------------------------------------------------- |decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito in legge n. 112 10.|del 2002, art. 6 (disposizioni riguardanti le cooperative); --------------------------------------------------------------------- |decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 - disposizioni in tema 11.|di vigilanza cooperativa; --------------------------------------------------------------------- |le leggi speciali nazionali e regionali e delle province autonome |riguardanti i vari settori della cooperazione (es.: credito, |agricoltura, consumo, sociale, pesca, acquicoltura, editoria) non |esplicitamente in sede di rinvio alla legislazione 12.|cooperativistica {generale}. Inoltre trovano applicazione i conseguenti provvedimenti amministrativi di attuazione fra cui si evidenziano in particolare: |decreto ministeriale 23 giugno 2004 - Istituzione dell'Albo delle 13.|societa' cooperative; --------------------------------------------------------------------- |decreto ministeriale 7 dicembre 1967 - approvazione delle norme |sulle ispezioni ordinarie e straordinarie alle societa' |cooperative e dei loro consorzi e sulla formazione e tenuta 14.|dell'elenco degli ispettori; --------------------------------------------------------------------- |dd.mm. di determinazione della misura del contributo dovuto dagli 15.|enti cooperativi per le spese relative alle ispezioni; --------------------------------------------------------------------- 16.|circolare 18 giugno 2002, n. 53/E dell'Agenzia delle entrate; --------------------------------------------------------------------- |circolare 9 luglio 2003, n. 37/E - Ulteriori chiarimenti in |merito al trattamento fiscale riservato alle societa' 17.|cooperative; --------------------------------------------------------------------- |le disposizioni amministrative specifiche riguardanti l'attivita' |di vigilanza e quelle dettate in tema di disciplina dei vari |settori della cooperazione non esplicitamente menzionate in sede 18.|di rinvio alla legislazione cooperativistica statale {generale}. Art. 11. La seconda parte del comma 4 stabilisce che, nel caso in cui lo statuto sia in contrasto rispetto alle modalita' stabilite ai sensi della direttiva 2003/72/CE, uno Stato membro puo' prevedere che l'organo di direzione o di amministrazione della SCE sia autorizzato ad apportare modifiche allo statuto senza ulteriori decisioni dell'assemblea generale. Tale disciplina risulta gia' presente all'art. 2365, comma 2, del codice civile nella parte in cui fa riferimento ad «adeguamenti dello statuto a disposizioni normative». Art. 14. Il primo comma, terzo paragrafo, stabilisce che «le entita' giuridiche, aventi la qualita' di soci, sono considerate soci utilizzatori in quanto rappresentanti dei propri membri, a condizione che i membri che sono persone fisiche siano utilizzatori». Si tratta di una traslazione del concetto/servizio mutualistico: una persona giuridica puo' essere ammessa come socio cooperatore di una SCE, ma i benefici dell'attivita' di quest'ultima devono essere diretti ai membri - persone fisiche - della persona giuridica medesima. Il riferimento alle persone fisiche, pur avendo valenza generale, non puo' tuttavia essere interpretato nel senso della sua applicazione a tutte le tipologie di SCE. Infatti, tale disposizione non puo' coinvolgere le SCE il cui scambio mutualistico sia caratterizzato dalle prestazioni lavorative dei soci, in quanto i lavoratori di un socio persona giuridica non possono essere mai considerati utilizzatori della cooperativa. Art. 16. La disposizione contenuta nel comma 1 prevede che «salvo in caso di cessione di quote e fatte salve le disposizioni dell'art. 3, la perdita della qualita' di socio da' diritto al rimborso della parte di capitale sottoscritto, eventualmente ridotta in proporzione delle perdite imputabili al capitale sociale». Pertanto in presenza di perdita della qualita' di socio, qualora non si sia in presenza di cessione di quote, se durante il rapporto sociale non vi e' stato aumento di capitale tramite imputazione di risorse distribuibili (art. 3, comma 8), il rimborso e' limitato al capitale sottoscritto e versato dal socio uscente, con esclusione dell'attribuzione di eventuali riserve divisibili. Art. 21. Per la fusione valgono tutte le considerazioni effettuate per il trasferimento di sede in un altro Stato membro, oltre che quelle relative al cambio di sezione da CMP a CDMP. Art. 23. Nel caso di fusione per quanto attiene ai criteri di determinazione del rapporto di cambio occorre tener conto che l'effettivo valore patrimoniale e' condizionato dalla presenza di riserve indivisibili. Art. 28. La facolta' concessa allo Stato membro di adottare, nei confronti di cooperative dipendenti dalla sua giurisdizione, che partecipano ad una fusione, disposizioni volte a garantire la tutela dei soci che si sono pronunciati contro la fusione, trova applicazione nell'art. 2502 del codice civile che consente il diritto di recesso del socio dissenziente. Sezione III. Questa Sezione del Regolamento disciplina nel dettaglio i sistemi dualistico e monistico ma non esclude espressamente il sistema cosiddetto «tradizionale», adottato dalle societa' italiane che prevede assemblea dei soci, consiglio di amministrazione e collegio sindacale ove necessario. Infatti, in virtu' del coordinamento della disciplina delle fonti contenuta nell'art. 8 e delle disposizioni dedicate al sistema monistico (articoli 42 e seguenti) e al controllo dei conti annuali e consolidati (art. 68, primo comma) si puo' giungere alla conclusione che la SCE «italiana» possa statutariamente adottare il sistema tradizionale, con quanto ne consegue ai fini della distribuzione delle competenze. Con specifico riguardo, all'organo di controllo interno, la SCE «italiana» avra' l'obbligo di costituire il collegio sindacale qualora superi i parametri previsti dalla legislazione italiana. In caso contrario, avra' l'obbligo di affidare al revisore contabile esterno il compito del mero controllo contabile. Art. 37. Per la SCE con sede in Italia, la facolta' connessa alla disciplina in materia di deleghe amministrative e' attuata con l'applicazione dell'art. 2544 (Sistemi di amministrazione) del codice civile il quale, al comma 1, stabilisce che «indipendentemente dal sistema di amministrazione adottato non possono essere delegati dagli amministratori, oltre le materie previste dall'art. 2381, i poteri in materia di ammissione, di recesso e di esclusione dei soci e le decisioni che incidono sui rapporti mutualistici con i soci». Per quanto attiene la composizione dell'organo di amministrazione, in mancanza di disposizioni specifiche il coordinamento delle norme civilistiche dedicate al consiglio di amministrazione ed al consiglio di gestione nel sistema dualistico, nelle societa' cooperative, porta ad affermare che anche nel consiglio di gestione la maggioranza degli amministratori debba essere espressione dei soci cooperatori. In altre parole, amministratori che non siano espressione dei soci cooperatori possono essere nominati a condizione che la loro presenza sia prevista dallo statuto e che essi siano in una posizione di minoranza (articoli 2542, comma 2, e 2544 del codice civile, comma 2). In tal caso, spetta al consiglio di sorveglianza, assicurare che la maggioranza dei componenti del consiglio di gestione siano soci cooperatori o persone indicate da soci cooperatori persone giuridiche. Art. 48. In merito alle operazioni soggette ad autorizzazione, e' stabilito che lo statuto della SCE elenchi le categorie di operazioni per le quali si richiede un'autorizzazione all'organo di direzione da parte dell'organo di vigilanza o dell'assemblea generale. Lo Stato membro della sede della SCE ha facolta' di determinare le categorie minime di operazioni, individuare l'organo che rilascia l'autorizzazione e/o prevedere che l'organo di vigilanza determini esso stesso le categorie di operazioni soggette ad autorizzazione. Risulta applicabile in questo caso l'art. 2409-terdecies del codice civile (Competenza del consiglio di sorveglianza) che al comma 1, lettera f-bis) stabilisce che, lo stesso,«se previsto dallo statuto, delibera in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari della societa' predisposti dal consiglio di gestione, ferma in ogni caso la responsabilita' di questo per gli atti compiuti». Art. 59. Le disposizioni contenute nel comma 2, concernenti l'attribuzione di voti plurimi ai soci cooperatori sono applicabili alle SCE «italiane» facendo esclusivo riferimento alle fattispecie e ai limiti contemplati dall'art. 2538, commi 3 e 4 del codice civile. Art. 62. In mancanza di indicazioni a proposito della redazione del verbale dell'assemblea straordinaria, per come previsto in capo alle cooperative «nazionali», trova applicazione il comma 2 dell'art. 2377 del codice civile che impone la verbalizzazione a carico di un notaio. Art. 64. La previsione che il valore nominale complessivo dei titoli o delle obbligazioni detenuti non puo' superare l'ammontare stabilito nello statuto va attuata tenendo conto della distinzione tra titoli diversi dalle quote ed obbligazioni. Infatti, mentre l'attribuzione allo statuto del compito di stabilire il valore nominale complessivo dei titoli diversi dalle quote (cioe' quelli di partecipazione al patrimonio) non determina alcun problema, al contrario, per i titoli obbligazionari si pone la questione se questi possano essere emessi dalla SCE non rispettando i limiti previsti dalla legislazione italiana. Il Considerando n. 4 evidenzia la specificita' delle SCE rispetto alla Societa' Europea (SE) di cui al Regolamento CE n. 2157/2001. Tuttavia tali specificita' non possono riguardare aspetti che incidono sulla salvaguardia e garanzia dei sottoscrittori del credito. Pertanto risulta applicabile la previsione dell'art. 5 del Regolamento sulla SE che prevede: «Fatto salvo l'art. 4, paragrafi 1 e 2, il capitale della SE, la sua salvaguardia, le sue modificazioni, nonche' le azioni, le obbligazioni e gli altri titoli assimilabili della SE sono disciplinati dalle disposizioni che si applicherebbero ad una societa' per azioni con sede nello Stato membro in cui la SE e' iscritta». Il rimando alla legislazione italiana, coerente con il principio di non discriminazione di cui all'art. 9, consente l'applicazione alle SCE dell'art. 2412 del codice civile che dispone che, salve alcune esplicite deroghe, la societa' possa emettere obbligazioni al portatore o nominative per una somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. La ratio di tale limite si rinviene nella garanzia in senso tecnico (soddisfacimento del credito) degli obbligazionisti e nell'equilibrio tra le due principali forme di finanziamento di massa (azioni ed obbligazioni) dell'impresa. Art. 65. La SCE con sede in Italia deve rispettare le disposizioni obbligatorie previste dalla legislazione italiana destinando alla riserva legale il 30% degli utili netti annuali, ai sensi dell'art. 2545-quater (Riserve legali, statutarie e volontarie) del codice civile. La SCE «italiana» non puo' interrompere la destinazione degli utili a riserva legale ma deve continuare ad alimentarla, indipendentemente dalla soglia minima prevista dal Regolamento, in quanto il primo comma fa salve, a livello generale le destinazioni obbligatorie previste dalla legislazione nazionale. In generale, in tema di destinazione degli utili, il rimando alla legislazione nazionale sottopone la SCE all'art. 2545-quater del codice civile che stabilisce che «una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalita' previste dalla legge». La legge di riferimento e' la n. 59 del 1992 che all'art. 11 dispone che ogni cooperativa debba versare a Fondi istituiti dalle Associazioni riconosciute del movimento cooperativo cui aderiscono un contributo pari al 3% degli utili netti annuali e che in caso di non adesione il versamento deve confluire in uno specifico capitolo di bilancio dello Stato. Art. 73. Il termine previsto al comma 2 per il ripristino dei requisiti relativi alla sede sociale (art. 6) e' fissato, in analogia all'art. 2522 del codice civile, in un anno, superato il quale si procedere alla definitiva liquidazione ai sensi dell'art. 2545-septiesdecies del codice civile, per come stabilito dal comma 3 dell'art. 73. Art. 75. La legislazione italiana in tema di devoluzione dell'attivo appare coerente con il principio della «devoluzione disinteressata» e con la predeterminazione nello statuto di forme alternative nel rispetto della medesima legislazione italiana. Nel primo caso la devoluzione prevista in Italia non rappresenta altro che la specificazione del principio comunitario della «devoluzione disinteressata» altrimenti senza contenuti; nel secondo la previsione statutaria della SCE non potra' far altro che dare attuazione alla disposizione nazionale. L'applicazione delle disposizioni sopra ricordate avra' una declinazione diversa a seconda del modello cooperativo che la SCE «italiana» sia una CMP oppure una CDMP. Nel caso che la SCE abbia richiesto l'applicazione del regime fiscale di maggior favore previsto dalla legislazione italiana per le CMP, dimostrando di possedere il requisito della prevalenza mutualistica di cui agli articoli 2512 e 2513 del codice civile e di aver recepito nel proprio statuto le clausole mutualistiche di cui all'art. 2514 del codice civile, dovra' seguire le indicazioni dell'art. 2514 del codice civile relativamente alla remunerazione del capitale dei soci cooperatori, alla formazione e qualificazione delle riserve delle cooperative e alla devoluzione - ai sensi della legge n. 59 del 1992 - del patrimonio in caso di scioglimento, subendo le sanzioni previste in caso di eventuali violazioni delle stesse. Qualora la SCE «italiana» abbia scelto di beneficiare di un regime fiscale di minore favore, di norma quello previsto per le CDMP, e quindi non ha l'obbligo di recepire le clausole mutualistiche, fatti salvi gli obblighi di cui alla riserva legale e al contributo del 3% ai Fondi mutualistici, potra' disporre, nel rispetto delle norme statutarie, degli utili residui. La presente circolare verra' inviata al Ministero della giustizia - Ufficio pubblicazioni leggi e decreti, per l'inserimento nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 30 giugno 2006
Il direttore generale per gli enti cooperativi Cinti |
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