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| Gazzetta n. 113 del 17 maggio 2006 (vai al sommario) |  | PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA |  | DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 aprile 2006 |  | Affidamento  della  gestione  dell'A.S.L.  n.  9,  in  Locri,  ad una commissione  straordinaria,  a  norma  dell'articolo 143  del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. |  | 
 |  |  |  | IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto   che  dall'esito  degli  accertamenti  svolti  dall'apposita commissione   di   accesso,  costituita  ai  sensi  dell'art.  1  del decreto-legge  6 settembre  1982,  n.  629,  convertito  nella  legge 12 ottobre  1982,  n.  726,  sono  emerse  forme  di  ingerenza della criminalita'  organizzata  nell'amministrazione dell'A.S.L. n. 9, con sede in Locri (Reggio Calabria);
 Considerato che tali ingerenze pregiudicano interessi primari della collettivita'    ed    espongono   l'azienda   stessa   a   pressanti condizionamenti, compromettendone la libera determinazione ed il buon andamento;
 Rilevato,  altresi',  che  la  permeabilita'  dell'ente ai suddetti condizionamenti  arreca  grave  pregiudizio al regolare funzionamento dei  servizi  e  costituisce  pericolo  per  lo stato della sicurezza pubblica;
 Ritenuto  che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e deterioramento della gestione, si rende necessaria la nomina di una commissione  straordinaria  per l'amministrazione dell'A.S.L. n. 9 di Locri;
 Visto  l'art.  143  e  l'art. 146 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
 Vista  la  proposta  del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
 Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 aprile 2006;
 Decreta:
 Art. 1.
 L'amministrazione  dell'A.S.L.  n.  9 di Locri (Reggio Calabria) e' affidata,   per   la   durata  di  diciotto  mesi,  alla  commissione straordinaria composta da:
 dott.  Antonio  De  Luca,  dirigente generale Polizia di Stato in quiescenza;
 dott. Ezio Pierotti, Generale D. Guardia di finanza;
 dott. Massimo Nicolo', dirigente area I.
 |  |  |  | Art. 2. La  commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita le attribuzioni  del  direttore generale della A.S.L. n. 9 di Locri fino all'insediamento dell'organo ordinario a norma di legge, nonche' ogni altro potere ed incarico connesso.
 Dato a Roma, addi' 28 aprile 2006
 CIAMPI
 Berlusconi,  Presidente  del  Consiglio
 dei Ministri
 Pisanu, Ministro dell'interno Registrato alla Corte dei conti l'8 maggio 2006 Ministeri istituzionali - Interno, registro n. 5, foglio n. 22
 |  |  |  | Allegato Al Presidente della Repubblica
 L'Azienda  sanitaria  locale  n.  9  con  sede  in  Locri (Reggio Calabria)  e' inserita in un contesto ambientale caratterizzato dalla presenza  della  criminalita' organizzata che mira ad ingerirsi nelle attivita' economiche e nella gestione della cosa pubblica.
 Allo   scopo   di  individuare  la  sussistenza  di  fenomeni  di condizionamenti   ed  infiltrazioni  della  criminalita'  organizzata nell'ambito   dell'attivita'   gestionale   della   predetta  Azienda sanitaria locale, anche a seguito di un recente evento delittuoso, il prefetto  di  Reggio  Calabria  ha  disposto,  con  provvedimento del 30 ottobre  2005,  l'accesso  presso  quell'ente per gli accertamenti conseguenti,   ai  sensi  dell'art.  1,  comma 4,  del  decreto-legge 6 settembre  1982, n. 629, convertito dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, e successive modificazioni ed integrazioni.
 Gli  accertamenti  svolti dalla commissione di accesso, confluiti nella relazione commissariale, datata 25 marzo 2006, conclusiva della procedura,  cui  si rinvia integralmente, analizzano e documentano la situazione    socio-criminale    del   territorio   e,   in   maniera circostanziata,  l'attivita' amministrativa svolta in quell'ente, con particolare  riferimento  agli  appalti ed ai contratti di forniture, nonche' alla struttura burocratica.
 In  particolare,  l'Azienda  sanitaria  locale  n. 9 che serve la popolazione di 42 comuni dell'area jonica, con un bacino di utenza di circa  135.000  abitanti,  insiste  su un territorio, come ampiamente esposto  nella  relazione ispettiva, caratterizzato dalla presenza di potenti   clan   mafiosi   dediti   al   controllo   delle  attivita' imprenditoriali  e  che nel tempo hanno intessuto intrecci pericolosi con  le istituzioni locali per condizionarne le scelte ed assicurarsi la  gestione  di  risorse  pubbliche stanziate per opere e servizi di pubblica  utilita'.  L'ingerenza da parte di organizzazioni criminali in   alcuni  comuni  di  quell'area  ha,  altresi',  reso  necessario l'intervento  straordinario  dello Stato mediante lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei rispettivi organi elettivi.
 La   capacita'   invasiva  delle  consorterie  criminali  risulta comprovata dalle verifiche effettuate sull'attivita' contrattuale che evidenziano  procedure  non  conformi  alle norme e cointeressenze di imprenditori  legati  a  vario  titolo con elementi della delinquenza locale.
 Dall'analisi  dei  rapporti  contrattuali  con  strutture private costituite in forma societaria e' emerso che in piu' occasioni alcuni dei  soci risultano coinvolti in procedimenti penali per gravi reati, tra  cui  rilevano  le  imputazioni di associazione mafiosa, usura ed estorsione,  mentre  per altri soci il quadro indiziario e' aggravato dalla circostanza che gli stessi sono legati a cosche che operano sul territorio.
 Concorre   a   delineare   la  possibile  esposizione  a  rischio inquinante  la circostanza che per nessuna delle suddette societa' e' stata  richiesta  la  certificazione  antimafia  che,  se  acquisita, avrebbe  precluso  l'instaurazione  o  la  prosecuzione  del rapporto contrattuale con alcune delle ditte.
 La  sostanziale inerzia dell'azienda in tal senso ha fatto si che due  strutture colpite dalle misure cautelari del sequestro dei beni, continuassero  a  svolgere  un  servizio di pubblica utilita', il che lascia trapelare un uso clientelare della spesa che ha determinato un dilagante fenomeno di indebitamento della struttura sanitaria.
 Ulteriori   significativi   elementi   di   collegamento  con  le associazioni  mafiose  si deducono dalla stipula di convezioni tra la stessa  azienda  e societa', associazioni e cooperative senza fine di lucro  operanti  nel  sociale,  alle quali sono stati erogati ingenti flussi  di  denaro  senza  che siano stati operati i dovuti controlli sulla  effettiva  utilizzazione  dei  fondi  percepiti.  Le possibili cointeressenze  risalgono  alla  circostanza che fra i soci risultano soggetti  sia  gravati da precedenti penali che appartenenti a cosche mafiose.
 Gli  accertamenti svolti nel settore degli appalti hanno messo in luce  una  totale disorganizzazione degli uffici preposti, nonche' un frequente   ricorso   alle   trattative   private   o   dirette   per l'acquisizione  di beni e servizi per le quali e' stata asseritamente invocata  sulla  base di generiche affermazioni di infungibilita', la privativa   industriale   per   l'acquisto   di  presidi  sanitari  o parasanitari.  In  particolare  e'  stata riscontrata la mancanza dei requisiti   previsti   dalla   normativa   di  settore  con  espresso riferimento  ai  diritti di brevetti, alle componenti tecnologiche ed alle  eccezionalita'  delle  forniture  esclusivamente rese da taluni soggetti.
 Denotano   la   strumentalizzazione   del   ruolo   istituzionale dell'azienda sanitaria in funzione degli interessi della criminalita' organizzata,  sia la violazione sistematica della normativa antimafia che  viene  attuata  anche  con  il continuo ricorso al frazionamento della  spesa,  al fine di abbattere le soglie richieste dalla vigente legislazione,  sia  la  costante  violazione delle regole di evidenza pubblica,  attraverso  il  ricorso  a  rinnovi  taciti  o proroghe di contratti precedentemente sottoscritti, con l'elusione degli obblighi di   gara   infondatamente  motivata  dall'urgenza  di  garantire  la continuita' del servizio.
 Sintomatico  di  anomale  interferenze  risulta  l'appalto  per i servizi di pulizia all'interno dell'area ospedaliera, affidato ad una cooperativa  tra  i  cui  soci  figurano  soggetti  legati da stretti vincoli  di  parentela  ad  appartenenti  alle organizzazioni mafiose locali.
 Del   pari   in  ordine  al  servizio  di  accalappiamento  cani, aggiudicato   all'unica   ditta   partecipante,  vengono  riscontrate irregolarita'  riferite alla circostanza che il socio accomandante e' dipendente  dell'azienda  sanitaria; anche in questo caso, nonostante l'elevato  importo  contrattuale,  l'azienda  sanitaria  non  ha  mai provveduto alla richiesta di informativa antimafia.
 La  precarieta'  delle  condizioni  di funzionalita' dell'ente e' determinata  anche  dal  frequente  ricorso  alla  trattativa privata plurima per la fornitura di manodopera specializzata e semplice; tale procedura,   che   in  assenza  di  particolari  controlli  porta  ad aggiudicazioni  con  costi  notevolmente  differenti,  sembra  essere attuata  in  totale  dispregio della normativa che prevede il divieto della interposizione fittizia di manodopera.
 Anche    il    frequente   ricorso   alla   trattativa   privata, caratterizzato  dall'anomalia  dell'espletamento  di gare, differenti per  lavori  identici  da  realizzare  in alcuni presidi ospedalieri, sembra  ispirato  a  logiche  clientelari.  Tali  procedure, infatti, assicurano   che   i   lavori  da  svolgere  siano  affidati  ad  una predeterminata ditta operante nello stesso ambito territoriale.
 A  tal  proposito, rilevano le procedure di affidamento di lavori di pulizia dell'alveo fluviale esterno alla recinzione di un presidio ospedaliero e dei lavori di pulizia in aree di pertinenza di un altro presidio anche sotto il profilo dei legami che i titolari delle ditte hanno con gli ambienti malavitosi.
 Con  riferimento  all'apparato  burocratico,  la  commissione  ha rilevato   che,  sebbene  l'«atto  aziendale»  avesse  analiticamente definito  l'organigramma  dell'azienda, non ne e' stata data puntuale esecuzione,  di  talche'  non  emerge  il  quadro  certo dell'attuale situazione   dell'organico,   con   l'identificazione   delle  figure professionali   che  occupano  i  relativi  posti.  Gli  approfonditi accertamenti  effettuati  hanno  permesso  di evidenziare l'ingerenza della   malavita  organizzata  nella  gestione  dell'azienda  attuata attraverso  la presenza all'interno della stessa di dipendenti legati da  rapporti  di  parentela  o  contiguita'  con noti esponenti delle consorterie  mafiose  locali,  o, comunque, coinvolti in procedimenti penali  di  rilievo.  Nella  gestione  del  personale  risulta palese l'inerzia dell'amministrazione che non ha istituito la commissione di disciplina   precludendo,  altresi',  l'attivazione  di  procedimenti disciplinari  nei  confronti  di  dipendenti  gravati  da  pregiudizi penali.
 Sono,   a   tal  proposito,  significative  le  vicende  relative all'anticipata  riammissione  in servizio di un dipendente colpito da una   condanna   con   interdizione   dai  pubblici  uffici,  nonche' l'erogazione  dell'intero  trattamento  stipendiale  in  favore di un dipendente che non prestava servizio perche' detenuto per il reato di associazione di stampo mafioso. Per un altro dipendente, strettamente legato alla criminalita' organizzata, rileva il trattamento di favore connesso  alla liquidazione di indennita' pur in assenza di specifico incarico che lo giustificasse.
 Sulla  base  degli  accertamenti  disposti  e  delle  conclusioni rassegnate dall'organo ispettivo, il prefetto di Reggio Calabria, con relazione del 28 marzo 2006, che si intende integralmente richiamata, ha  proposto,  nei  confronti  dell'Azienda  sanitaria locale n. 9 di Locri, l'applicazione della misura di rigore di cui agli articoli 143 e 146 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
 Gli  elementi  riscontrati  in  sede  di  accesso  evidenziano la persistente  capacita'  della  criminalita'  organizzata  di  tessere rapporti  in  settori  vitali  della societa' civile, per distrarre a proprio  profitto, anche per il tramite di ditte concessionarie degli appalti, ingenti somme destinate ad interventi di pubblica utilita'.
 Gli  indizi  di  ingerenza  mafiosa nella gestione amministrativa della  struttura sanitaria, che come noto possono trarsi da fatti non tipizzati  dalla  legge, portano a ritenere sussistenti i presupposti giuridici  per  l'intervento  dello  Stato  mirato  a  prevenire ed a contrastare   il   fenomeno   dell'infiltrazione  della  criminalita' organizzata  nella  pubblica  amministrazione locale, ripristinare la legalita'   e   recuperare  la  struttura  pubblica  ai  propri  fini istituzionali.
 La  riscontrata  compromissione delle legittime aspettative della popolazione   ad   essere   garantita   nella  fruizione  di  diritti fondamentali, da un lato, nonche' la finalita' della misura di rigore sotto  il duplice profilo della repressione del fenomeno inquinante e del  recupero  dell'ente  ad  una  ordinaria  gestione  delle proprie attivita'  ed  ad  un  miglioramento  qualitativo  e quantitativo dei servizi  offerti,  dall'altro, rappresentano gli ambiti entro i quali si   articola   la   previsione  recata  dall'art.  143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, applicabile, in virtu' del rinvio operato  dal  successivo  art.  146,  anche agli organi delle aziende sanitarie locali.
 Per  le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere ad   eliminare   ogni   ulteriore   motivo  di  deterioramento  e  di inquinamento  della  vita  amministrativa  e  democratica  dell'ente, mediante  provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi delle comunita'  comprese  nell'ambito  territoriale di utenza dell'azienda sanitaria,  in  atto gestita da un commissario straordinario nominato con  decreto  del  Presidente  dalla  giunta  regionale  Calabria con decreto dell'11 gennaio 2006, n. 1.
 La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in relazione  alla  presenza  ed all'estensione del fenomeno inquinante, rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
 Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni indicate  nel citato art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che legittimano lo scioglimento dell'Azienda sanitaria locale n.  9  di  Locri  (Reggio  Calabria), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore.
 Rilevato  che,  per  le  caratteristiche  che  lo configurano, il provvedimento  dissolutorio previsto dall'art. 143 del citato decreto legislativo  puo' intervenire finanche quando sia gia' stato disposto provvedimento  per  altra  causa,  differenziandosene per funzioni ed effetti,  si  formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore nei confronti dell'A.S.L. n. 9 con conseguente affidamento per la   durata   di  diciotto  mesi  della  gestione  dell'ente  ad  una commissione  straordinaria cui, in virtu' dei successivi articoli 144 e  145,  sono  attribuite  specifiche  competenze  e  metodologie  di intervento   finalizzate   a   garantire  nel  tempo  la  rispondenza dell'azione amministrativa alle esigenze della collettivita'.
 Roma, 26 aprile 2006
 Il Ministro: Pisanu
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