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| Gazzetta n. 88 del 14 aprile 2006 (vai al sommario) |  |  |  | DECRETO LEGISLATIVO 3 aprile 2006, n. 152 |  | Norme in materia ambientale. |  | 
 |  |  |  | IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
 Vista  la  legge  15  dicembre  2004,  n.  308, recante delega al Governo  per  il  riordino,  il  coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione;
 Visto  l'articolo  14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina  dell'attivita'  di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
 Visto  il  decreto  legislativo  31  marzo  1998, n. 112, recante conferimento  di  funzioni  e compiti amministrativi dello Stato alle regioni  ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;
 Viste  le  direttive  2001/42/CE  del  Parlamento  europeo  e del Consiglio,  del  27  giugno  2001,  concernente  la valutazione degli effetti  di determinati piani e programmi sull'ambiente, e 85/337/CEE del  Consiglio,  del  27 giugno 1985, come modificata dalle direttive 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, e 2003/35/CE del Parlamento europeo   e  del  Consiglio,  del  26  maggio  2003,  concernente  la valutazione  di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati,  nonche'  riordino  e  coordinamento  delle procedure per la valutazione   di   impatto   ambientale  (VIA),  per  la  valutazione ambientale   strategica  (VAS)  e  per  la  prevenzione  e  riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC);
 Vista la direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;
 Vista  la  direttiva  2000/60/CE  del  Parlamento  europeo  e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque;
 Vista  la  direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti;
 Vista  la  direttiva  91/689/CEE  del  Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi;
 Vista   la  direttiva  94/62/CE  del  Parlamento  europeo  e  del Consiglio,  del  20  dicembre  1994,  sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio;
 Vista  la direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente  la  lotta  contro  l'inquinamento  atmosferico provocato dagli impianti industriali;
 Vista   la  direttiva  94/63/CE  del  Parlamento  europeo  e  del Consiglio,  del  20  dicembre  1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio;
 Vista  la direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell'11 marzo 1999, concernente  la  limitazione  delle  emissioni  di  composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune attivita' e in taluni impianti;
 Vista  la direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa  alla  riduzione  del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi e recante modifica della direttiva 93/12/CEE;
 Vista  la  direttiva  2001/80/CE  del  Parlamento  europeo  e del Consiglio,  del  23  ottobre  2001,  concernente la limitazione delle emissioni  nell'atmosfera  di  taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione;
 Vista  la  direttiva  2004/35/CE  del  Parlamento  europeo  e del Consiglio,  del  21  aprile 2004, sulla responsabilita' ambientale in materia  di  prevenzione  e riparazione del danno ambientale, che, in vista   di   questa   finalita',   ?istituisce   un   quadro  per  la responsabilita' ambientale? basato sul principio ?chi inquina paga?;
 Vista  la  preliminare  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 novembre 2005;
 Acquisito   il   parere   della   Conferenza   unificata  di  cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
 Acquisiti  i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
 Vista  la  preliminare  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 gennaio 2006;
 Acquisiti  i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
 Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 10 febbraio e del 29 marzo 2006;
 Sulla  proposta  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio,  di concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per  la  funzione  pubblica,  per gli affari regionali, dell'interno, della  giustizia,  della difesa, dell'economia e delle finanze, delle attivita'  produttive,  della  salute,  delle  infrastrutture  e  dei trasporti e delle politiche agricole e forestali;
 E m a n a
 il seguente decreto legislativo:
 ART. 1
 (ambito di applicazione)
 1. Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti:
 
 a)   nella   parte  seconda,  le  procedure  per  la  valutazione ambientale  strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
 b)  nella  parte  terza,  la  difesa  del  suolo  e la lotta alla desertificazione,  la  tutela  delle  acque  dall'inquinamento  e  la gestione delle risorse idriche;
 c)  nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;
 d)  nella  parte quinta, la tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
 e)  nella  parte  sesta,  la  tutela  risarcitoria contro i danni all'ambiente.
 
 
 
 Avvertenza:
 Il  testo delle note qui pubblicato e' stato redatto ai
 sensi  dell'art.  10,  commi  2  e  3 del testo unico delle
 disposizioni     sulla     promulgazione    delle    leggi,
 sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
 e  sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
 approvato  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica
 28 dicembre  1985,  n.  1092, al solo fine di facilitare la
 lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali
 e'  operato  il  rinvio.  Restano  invariati  il  valore  e
 l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
 Per  le  direttive  CEE  vengono forniti gli estremi di
 pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale  delle  Comunita'
 europee (GUCE).
 Note alle premesse:
 -  L'art.  76  della  Costituzione  regola la delega al
 Governo   dell'esercizio   della   funzione  legislativa  e
 stabilisce   che   essa  non  puo'  avvenire,  se  non  con
 determinazione  di  principi e criteri direttivi e soltanto
 per tempo limitato e per oggetti definiti.
 - L'art.   87,   comma   quinto,   della   Costituzione
 conferisce  al  Presidente  della  Repubblica  il potere di
 promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di
 legge e i regolamenti.
 - Si riporta il testo dell'art. 117 della Costituzione:
 "Art.  117. La potesta' legislativa e' esercitata dallo
 Stato  e  dalle  Regioni  nel  rispetto della Costituzione,
 nonche'  dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario
 e dagli obblighi internazionali.
 Lo  Stato  ha  legislazione  esclusiva  nelle  seguenti
 materie:
 a) politica  estera  e  rapporti internazionali dello
 Stato;  rapporti  dello Stato con l'Unione europea; diritto
 di  asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non
 appartenenti all'Unione europea;
 b) immigrazione;
 c) rapporti   tra  la  Repubblica  e  le  confessioni
 religiose;
 d) difesa  e  Forze  armate;  sicurezza  dello Stato;
 armi, munizioni ed esplosivi;
 e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari;
 tutela   della   concorrenza;  sistema  valutario;  sistema
 tributario  e  contabile  dello  Stato;  perequazione delle
 risorse finanziarie;
 f) organi  dello  Stato  e relative leggi elettorali;
 referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
 g) ordinamento  e organizzazione amministrativa dello
 Stato e degli enti pubblici nazionali;
 h) ordine  pubblico  e sicurezza, ad esclusione della
 polizia amministrativa locale;
 i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
 l)  giurisdizione  e  norme  processuali; ordinamento
 civile e penale; giustizia amministrativa;
 m) determinazione   dei   livelli   essenziali  delle
 prestazioni  concernenti  i  diritti  civili  e sociali che
 devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
 n) norme generali sull'istruzione;
 o) previdenza sociale;
 p) legislazione   elettorale,  organi  di  governo  e
 funzioni   fondamentali   di   comuni,  province  e  citta'
 metropolitane;
 q) dogane,   protezione   dei   confini  nazionali  e
 profilassi internazionale;
 r) pesi,   misure   e   determinazione   del   tempo;
 coordinamento informativo statistico e informatico dei dati
 dell'amministrazione  statale,  regionale  e  locale; opere
 dell'ingegno;
 s)  tutela  dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
 culturali.
 Sono   materie   di   legislazione  concorrente  quelle
 relative  a: rapporti internazionali e con l'Unione europea
 delle  Regioni;  commercio con l'estero; tutela e sicurezza
 del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni
 scolastiche  e  con  esclusione  della  istruzione  e della
 formazione  professionale; professioni; ricerca scientifica
 e  tecnologica  e  sostegno  all'innovazione  per i settori
 produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento
 sportivo;  protezione civile; governo del territorio; porti
 e   aeroporti   civili;  grandi  reti  di  trasporto  e  di
 navigazione;  ordinamento  della comunicazione; produzione,
 trasporto    e    distribuzione   nazionale   dell'energia;
 previdenza  complementare e integrativa; armonizzazione dei
 bilanci  pubblici  e coordinamento della finanza pubblica e
 del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e
 ambientali  e  promozione  e  organizzazione  di  attivita'
 culturali;  casse  di  risparmio,  casse rurali, aziende di
 credito  a carattere regionale; enti di credito fondiario e
 agrar   io   a   carattere   regionale.  Nelle  materie  di
 legislazione  concorrente  spetta  alle regioni la potesta'
 legislativa,  salvo  che per la determinazione dei principi
 fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
 Spetta   alle   regioni   la  potesta'  legislativa  in
 riferimento  ad  ogni  materia  non espressamente riservata
 alla legislazione dello Stato.
 Le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e di
 Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
 decisioni  dirette  alla  formazione  degli  atti normativi
 comunitari  e  provvedono  all'attuazione  e all'esecuzione
 degli  accordi  internazionali  e  degli  atti  dell'Unione
 europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da
 legge dello Stato, che disciplina le modalita' di esercizio
 del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
 La  potesta'  regolamentare  spetta  allo  Stato  nelle
 materie   di  legislazione  esclusiva,  salva  delega  alle
 regioni.  La  potesta' regolamentare spetta alle regioni in
 ogni  altra  materia.  I  comuni,  le  province e le citta'
 metropolitane  hanno  potesta' regolamentare in ordine alla
 disciplina  dell'organizzazione  e  dello svolgimento delle
 funzioni loro attribuite.
 Le   leggi   regionali   rimuovono  ogni  ostacolo  che
 impedisce la piena parita' degli uomini e delle donne nella
 vita  sociale,  culturale  ed  economica  e  promuovono  la
 parita'   di  accesso  tra  donne  e  uomini  alle  cariche
 elettive.
 La legge regionale ratifica le intese della regione con
 altre  regioni  per  il  migliore  esercizio  delle proprie
 funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
 Nelle   materie  di  sua  competenza  la  regione  puo'
 concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali
 interni   ad   altro   Stato,  nei  casi  e  con  le  forme
 disciplinati da leggi dello Stato.".
 -  La legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al
 Governo  per il riordino, il coordinamento e l'integrazione
 della  legislazione  in  materia  ambientale  e  misure  di
 diretta   applicazione,   e'   pubblicata   nella  Gazzetta
 Ufficiale 27 dicembre 2004, n. 302, S.O.
 - L'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante
 disciplina  dell'attivita'  di  governo e ordinamento della
 Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri, pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  12 settembre 1988, n. 214, S.O., e' il
 seguente:
 "Art.   14   (Decreti  legislativi).  -  1.  I  decreti
 legislativi  adottati  dal  Governo  ai  sensi dell'art. 76
 della   Costituzione  sono  emanati  dal  Presidente  della
 Repubblica  con la denominazione di "decreto legislativo" e
 con   l'indicazione,   nel   preambolo,   della   legge  di
 delegazione, della deliberazione del Consiglio dei Ministri
 e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla
 legge di delegazione.
 2.  L'emanazione  del decreto legislativo deve avvenire
 entro  il  termine  fissato  dalla legge di delegazione; il
 testo  del  decreto  legislativo  adottato  dal  Governo e'
 trasmesso   al   Presidente   della   Repubblica,   per  la
 emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.
 3.  Se  la  delega  legislativa  si  riferisce  ad  una
 pluralita'  di  oggetti  distinti  suscettibili di separata
 disciplina,  il Governo puo' esercitarla mediante piu' atti
 successivi  per  uno  o  piu'  degli  oggetti  predetti. In
 relazione  al  termine  finale  stabilito  dalla  legge  di
 delegazione,  il  Governo  informa periodicamente le Camere
 sui  criteri  che  segue nell'organizzazione dell'esercizio
 della delega.
 4.  In  ogni  caso,  qualora  il  termine  previsto per
 l'esercizio  della  delega ecceda i due anni, il Governo e'
 tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei
 decreti  delegati.  Il parere e' espresso dalle Commissioni
 permanenti  delle  due  Camere competenti per materia entro
 sessanta  giorni,  indicando  specificamente  le  eventuali
 disposizioni  non  ritenute  corrispondenti  alle direttive
 della  legge  di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni
 successivi,  esaminato  il  parere, ritrasmette, con le sue
 osservazioni  e  con  eventuali modificazioni, i testi alle
 Commissioni  per  il  parere  definitivo  che  deve  essere
 espresso entro trenta giorni.".
 - Il decreto legislativo 31 marzo 1988, n. 112, recante
 conferimento  di  funzioni  e  compiti amministrativi dello
 Stato  alle  regioni ed agli enti locali, in attuazione del
 Capo  I  della  legge  15  marzo 1997, n. 59, e' pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale 21 aprile 1998, n. 92, S.O.
 -  La direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio  del  27  giugno  2001 concernente la valutazione
 degli    effetti   di   determinati   piani   e   programmi
 sull'ambiente, e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle
 Comunita' europee n. L 197/30 del 21 luglio 2001.
 -  La  direttiva  85/337/CEE  del  27 giugno 1985, come
 modificata  dalle  direttive  97/11/CE  del  3 marzo 1997 e
 2003/35/CE  del  26 maggio 2003, concernente la valutazione
 dell'impatto  ambientale di determinati progetti pubblici e
 privati,  e'  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  delle
 Comunita' europee n. L 175 del 5 luglio 1985.
 -  La  direttiva  96/61/CE del 24 settembre 1996, sulla
 prevenzione e la riduzione integrante dell'inquinamento, e'
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee
 n. L 257 del 10 ottobre 1996.
 -  La direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per
 l'azione  comunitaria in materia acque, e' pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale delle Comunita' europee n. L 327 del 22
 dicembre 2000.
 -  La  direttiva  91/156/CEE del Consiglio del 18 marzo
 1991,  che  modifica  la  direttiva  75/442/CEE relativa ai
 rifiuti,  e'  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  delle
 Comunita' europee n. L 078 del 26 marzo 1991.
 - La direttiva 91/689/CEE del Consiglio del 12 dicembre
 1991,  relativa  ai rifiuti pericolosi, e' pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale delle Comunita' europee n. L 337 del 31
 dicembre 1991.
 -  La  direttiva  94/62/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio del 23 ottobre 2000, sugli imballaggi e i rifiuti
 di  imballaggio,  e'  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale
 delle Comunita' europee n. L 365 del 31 dicembre 1994.
 -   La   direttiva   84/360/CEE  del  28  giugno  1984,
 concernente  la  lotta  contro  l'inquinamento  atmosferico
 provocato  dagli  impianti industriali, e' pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale delle Comunita' europee n. L 188 del 16
 luglio 1984.
 -  La  direttiva  94/63/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio   del  20  dicembre  1994,  sul  controllo  delle
 emissioni di composti organici volatili (con) derivanti dal
 deposito  della  benzina  e  dalla  sua  distribuzione  dai
 terminali  alle  stazioni  di servizio, e' pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale delle Comunita' europee n. L 365 del 31
 dicembre 1994.
 -  La  direttiva  1999/13/CE  dell'11 marzo 1999, sulla
 limitazione  delle  emissioni di composti organici volatili
 dovute  all'uso  di solventi organici in talune attivita' e
 in  taluni impianti, e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 delle Comunita' europee n. L 85 del 29 marzo 1999.
 -  La direttiva 1999/32/CE del 26 aprile 1999, relativa
 alla  riduzione  del tenore di zolfo di alcuni combustibili
 liquidi   e   che   modifica  la  direttiva  93/12/CEE,  e'
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee
 n. L 121 dell'11 maggio 1999.
 -  La direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio,   concernente  la  limitazione  delle  emissioni
 nell'atmosfera  di  taluni  inquinanti originati dai grandi
 impianti  di  combustione,  e'  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  delle Comunita' europee n. L 309 del 27 novembre
 2001.
 -  La direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio,   del  21  aprile  2004,  sulla  responsabilita'
 ambientale  in  materia  di  prevenzione  e riparazione del
 danno  ambientale,  e'  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 delle Comunita' europee n. L 143 del 30 aprile 2004.
 Nota all'art. 1:
 - La legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante: Delega al
 Governo  per il riordino, il coordinamento e l'integrazione
 della  legislazione  in  materia  ambientale  e  misure  di
 diretta   applicazione,   e'   pubblicata   nella  Gazzetta
 Ufficiale n. 302, del 27 dicembre 2004 (S.O.).
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 2 (finalita)
 
 1. Il  presente  decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione  dei  livelli  di qualita' della vita umana, da realizzare attraverso  la  salvaguardia  ed  il  miglioramento  delle condizioni dell'ambiente  e  l'utilizzazione  accorta  e razionale delle risorse naturali.
 
 2. Per  le  finalita'  di  cui  al  comma  1,  il presente decreto provvede  al  riordino,  al  coordinamento  e  all'integrazione delle disposizioni  legislative  nelle  materie  di  cui all'articolo 1, in conformita'  ai  principi  e  criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9 dell'articolo  1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto dell'ordinamento  comunitario,  delle  attribuzioni  delle  regioni e degli enti locali.
 
 3. Le  disposizioni  di  cui  al  presente  decreto  sono  attuate nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione  vigente  e  senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
 
 
 
 Note all'art. 2:
 - I  commi  8  e  9  dell'art.  1 della citata legge 15
 dicembre 2004, n. 308, sono i seguenti:
 «8.  I  decreti  legislativi  di  cui  al  comma  1  si
 conformano,   nel  rispetto  dei  principi  e  delle  norme
 comunitarie   e   delle   competenze   per   materia  delle
 amministrazioni  statali,  nonche' delle attribuzioni delle
 regioni  e  degli  enti  locali,  come  definite  ai  sensi
 dell'art.  117  della  Costituzione,  della  legge 15 marzo
 1997,  n.  59,  e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
 112,  e fatte salve le norme statutarie e le relative norme
 di  attuazione  delle  regioni  a  statuto speciale e delle
 province  autonome  di Trento e di Bolzano, e del principio
 di sussidiarieta', ai seguenti principi e criteri direttivi
 generali:
 a) garanzia  della  salvaguardia,  della tutela e del
 miglioramento    della    qualita'   dell'ambiente,   della
 protezione della salute umana, dell'utilizzazione accorta e
 razionale  delle  risorse  naturali,  della  promozione sul
 piano  internazionale  delle  norme destinate a risolvere i
 problemi   dell'ambiente   a   livello  locale,  regionale,
 nazionale,  comunitario e mondiale, come indicato dall'art.
 174  del  Trattato  istitutivo  della  Comunita' europea, e
 successive modificazioni;
 b) conseguimento    di    maggiore    efficienza    e
 tempestivita'  dei  controlli  ambientali, nonche' certezza
 delle  sanzioni  in caso di violazione delle disposizioni a
 tutela dell'ambiente;
 c) invarianza  degli  oneri  a  carico  della finanza
 pubblica;
 d) sviluppo  e  coordinamento,  con  l'invarianza del
 gettito,  delle  misure  e  degli  interventi che prevedono
 incentivi  e  disincentivi,  finanziari  o fiscali, volti a
 sostenere,   ai   fini   della  compatibilita'  ambientale,
 l'introduzione   e  l'adozione  delle  migliori  tecnologie
 disponibili,  come  definite  dalla  direttiva 96/61/CE del
 24 settembre  1996  del  Consiglio,  nonche' il risparmio e
 l'efficienza  energetica,  e  a  rendere piu' efficienti le
 azioni  di  tutela  dell'ambiente e di sostenibilita' dello
 sviluppo,  anche attraverso strumenti economici, finanziari
 e fiscali;
 e) piena   e   coerente  attuazione  delle  direttive
 comunitarie, al fine di garantire elevati livelli di tutela
 dell'ambiente   e   di   contribuire   in  tale  modo  alla
 competitivita'  dei  sistemi  territoriali e delle imprese,
 evitando fenomeni di distorsione della concorrenza;
 f) affermazione    dei    principi    comunitari   di
 prevenzione,  di  precauzione,  di  correzione  e riduzione
 degli  inquinamenti  e dei danni ambientali e del principio
 «chi inquina paga»;
 g) previsione    di    misure   che   assicurino   la
 tempestivita'  e  l'efficacia  dei piani e dei programmi di
 tutela  ambientale, estendendo, ove possibile, le procedure
 previste dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443;
 h) previsione  di  misure  che assicurino l'efficacia
 dei controlli e dei monitoraggi ambientali, incentivando in
 particolare  i  programmi di controllo sui singoli impianti
 produttivi,   anche   attraverso   il  potenziamento  e  il
 miglioramento dell'efficienza delle autorita' competenti;
 i) garanzia  di  una  piu' efficace tutela in materia
 ambientale anche mediante il coordinamento e l'integrazione
 della  disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo
 e penale, fermi restando i limiti di pena e l'entita' delle
 sanzioni amministrative gia' stabiliti dalla legge;
 l)  semplificazione,  anche  mediante l'emanazione di
 regolamenti,  ai  sensi  dell'art. 17, comma 2, della legge
 23 agosto  1988,  n.  400,  delle  procedure  relative agli
 obblighi  di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia o
 di  notificazione in materia ambientale. Resta fermo quanto
 previsto  per  le opere di interesse strategico individuate
 ai  sensi  dell'art.  1,  comma  1, della legge 21 dicembre
 2001, n. 443, e successive modificazioni;
 m) riaffermazione  del  ruolo delle regioni, ai sensi
 dell'art.   117  della  Costituzione,  nell'attuazione  dei
 principi   e   criteri   direttivi   ispirati   anche  alla
 interconnessione  delle  normative di settore in un quadro,
 anche   procedurale,   unitario,  alla  valorizzazione  del
 controllo  preventivo  del  sistema  agenziale  rispetto al
 quadro  sanzionatorio amministrativo e penale, nonche' alla
 promozione  delle  componenti ambientali nella formazione e
 nella ricerca;
 n) adozione   di   strumenti   economici   volti   ad
 incentivare  le  piccole  e  medie  imprese  ad  aderire ai
 sistemi  di certificazione ambientale secondo le norme EMAS
 o in base al regolamento (CE) n. 76112001 del 19 marzo 2001
 del  Parlamento  europeo e del Consiglio, e introduzione di
 agevolazioni  amministrative  negli iter autorizzativi e di
 controllo  per  le  imprese certificate secondo le predette
 norme EMAS o in base al citato regolamento (CE) n. 761/2001
 prevedendo,       ove       possibile,      il      ricorso
 all'autocertificazione.
 9.  I  decreti  legislativi  di  cui  al comma 1 devono
 essere  informati  agli obiettivi di massima economicita' e
 razionalita',   anche  utilizzando  tecniche  di  raccolta,
 gestione   ed   elaborazione  elettronica  di  dati  e,  se
 necessario,  mediante  ricorso  ad  interventi sostitutivi,
 sulla base dei seguenti principi e criteri specifici:
 a) assicurare un'efficace azione per l'ottimizzazione
 quantitativa  e  qualitativa  della produzione dei rifiuti,
 finalizzata,   comunque,   a  ridurne  la  quantita'  e  la
 pericolosita'; semplificare, anche mediante l'emanazione di
 regolamenti, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23
 agosto  1988,  n.  400,  e  razionalizzare  le procedure di
 gestione  dei  rifiuti  speciali, anche al fine di renderne
 piu' efficace il controllo durante l'intero ciclo di vita e
 di contrastare l'elusione e la violazione degli obblighi di
 smaltimento;  promuovere il riciclo e il riuso dei rifiuti,
 anche  utilizzando le migliori tecniche di differenziazione
 e  di  selezione  degli  stessi,  nonche'  il  recupero  di
 energia,  garantendo  il  pieno recepimento della direttiva
 2000/76/CE del 4 dicembre 2000 del Parlamento europeo e del
 Consiglio,   relativa  all'incenerimento  dei  rifiuti,  ed
 innovando   le  norme  previste  dal  decreto  ministeriale
 5 febbraio  1998 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nel
 supplemento  ordinario  alla  Gazzetta  Ufficiale n. 88 del
 16 aprile 1998, e successive modificazioni, con particolare
 riguardo agli scarti delle produzioni agricole; prevedere i
 necessari  interventi  per  garantire la piena operativita'
 delle attivita' di riciclaggio anche attraverso l'eventuale
 transizione  dal  regime  di  obbligatorieta'  al regime di
 volontarieta'  per l'adesione a tutti i consorzi costituiti
 ai  sensi  del  decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
 razionalizzare  il sistema di raccolta e di smaltimento dei
 rifiuti  solidi  urbani,  mediante la definizione di ambiti
 territoriali  di  adeguate dimensioni all'interno dei quali
 siano garantiti la costituzione del soggetto amministrativo
 competente,  il graduale passaggio allo smaltimento secondo
 forme  diverse  dalla  discarica  e  la  gestione  affidata
 tramite   procedure   di   evidenza   pubblica;   prevedere
 l'attribuzione  al  presidente  della  giunta regionale dei
 poteri  sostitutivi  nei  confronti del soggetto competente
 che  non  abbia  provveduto  ad espletare le gare entro sei
 mesi  dalla  data  di  entrata in vigore dei decreti legisl
 ativi di cui al comma 1, tramite la nomina di commissari ad
 acta  e  di  poteri sostitutivi al Ministro dell'ambiente e
 della  tutela  del territorio senza altri obblighi nel caso
 in  cui  il  presidente della giunta regionale non provveda
 entro  quarantacinque  giorni; prevedere possibili deroghe,
 rispetto  al  modello di definizione degli ambiti ottimali,
 laddove  la  regione  predisponga  un  piano  regionale dei
 rifiuti che dimostri l'adeguatezza di un differente modello
 per  il raggiungimento degli obiettivi strategici previsti;
 assicurare   tempi   certi   per  il  ricorso  a  procedure
 concorrenziali  come previste dalle normative comunitarie e
 nazionali  e  definire  termini  certi  per  la  durata dei
 contratti  di  affidamento  delle attivita' di gestione dei
 rifiuti  urbani;  assicurare  una  maggiore  certezza della
 riscossione   della   tariffa  sui  rifiuti  urbani,  anche
 mediante  una  piu'  razionale  definizione  dell'istituto;
 promuovere la specializzazione tecnologica delle operazioni
 di  recupero e di smaltimento dei rifiuti speciali, al fine
 di  as  sicurare  la  complessiva autosufficienza a livello
 nazionale; garantire adeguati incentivi e forme di sostegno
 ai  soggetti  riciclatori  dei  rifiuti e per l'utilizzo di
 prodotti costituiti da materiali riciclati, con particolare
 riferimento al potenziamento degli interventi di riutilizzo
 e  riciclo  del  legno  e  dei  prodotti  da esso derivati;
 incentivare il ricorso a risorse finanziarie private per la
 bonifica  ed  il  riuso  anche  ai fini produttivi dei siti
 contaminati,   in  applicazione  della  normativa  vigente;
 definire  le  norme  tecniche  da  adottare  per l'utilizzo
 obbligatorio di contenitori di rifiuti urbani adeguati, che
 consentano   di   non   recare   pregiudizio   all'ambiente
 nell'esercizio  delle operazioni di raccolta e recupero dei
 rifiuti  nelle  aree  urbane;  promuovere gli interventi di
 messa  in  sicurezza  e  bonifica  dei  siti contaminati da
 amianto;  introdurre differenti previsioni a seconda che le
 contaminazioni  riguardino siti con attivita' produttive in
 esercizio ovvero siti dismessi; prevedere che gli obiettivi
 di  qua  lita' ambientale dei suoli, dei sottosuoli e delle
 acque  sotterranee  dei  siti  inquinati, che devono essere
 conseguiti  con la bonifica, vengano definiti attraverso la
 valutazione  dei rischi sanitari e ambientali connessi agli
 usi  previsti dei siti stessi, tenendo conto dell'approccio
 tabellare;  favorire la conclusione di accordi di programma
 tra i soggetti privati e le amministrazioni interessate per
 la  gestione  degli  interventi  di  bonifica  e  messa  in
 sicurezza;
 b)  dare  piena  attuazione  alla  gestione del ciclo
 idrico   integrato,  semplificando  i  procedimenti,  anche
 mediante  l'emanazione  di  regolamenti, ai sensi dell'art.
 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di
 renderli   rispondenti  alle  finalita'  e  agli  obiettivi
 fondamentali  definiti  dalla  legge 5 gennaio 1994, n. 36,
 promuovere  il  risparmio idrico favorendo l'introduzione e
 la  diffusione  delle  migliori  tecnologie  per l'uso e il
 riutilizzo   della   risorsa;  pianificare,  programmare  e
 attuare  interventi  diretti  a  garantire  la  tutela e il
 risanamento  dei  corpi  idrici superficiali e sotterranei,
 previa  ricognizione  degli  stessi;  accelerare  la  piena
 attuazione  della  gestione  del  ciclo  idrico integrato a
 livello  di  ambito territoriale ottimale, nel rispetto dei
 principi  di  regolazione  e vigilanza, come previsto dalla
 citata  legge n. 36 del 1994, semplificando i procedimenti,
 precisando  i  poteri  sostitutivi  e rendendone semplice e
 tempestiva  l'utilizzazione; prevedere, nella costruzione o
 sostituzione   d   i   nuovi   impianti   di   trasporto  e
 distribuzione  dell'acqua, l'obbligo di utilizzo di sistemi
 anticorrosivi di protezione delle condotte, sia interni che
 esterni;  favorire  il ricorso alla finanza di progetto per
 le  costruzioni di nuovi impianti; prevedere, senza nuovi o
 maggiori oneri per la finanza pubblica, le modalita' per la
 definizione  dei  meccanismi  premiali in favore dei comuni
 compresi  nelle  aree  ad  elevata  presenza di impianti di
 energia idroelettrica;
 c) rimuovere  i  problemi di carattere organizzativo,
 procedurale  e  finanziario che ostacolino il conseguimento
 della  piena  operativita'  degli  organi  amministrativi e
 tecnici  preposti  alla tutela e al risanamento del suolo e
 del  sottosuolo, superando la sovrapposizione tra i diversi
 piani  settoriali di rilievo ambientale e coordinandoli con
 i  piani  urbanistici; valorizzare il ruolo e le competenze
 svolti  dagli  organismi  a  composizione  mista  statale e
 regionale; adeguare la disciplina sostanziale e procedurale
 dell'attivita'    di   pianificazione,   programmazione   e
 attuazione  di  interventi di risanamento idrogeologico del
 territorio  e  della  messa in sicurezza delle situazioni a
 rischio;   prevedere   meccanismi  premiali  a  favore  dei
 proprietari  delle zone agricole e dei boschi che investono
 per  prevenire  fenomeni  di  dissesto  idrogeologico,  nel
 rispetto  delle  linee  direttrici  del  piano  di  bacino;
 adeguare  la  disciplina  sostanziale  e  procedurale della
 normativa  e  delle  iniziative finalizzate a combattere la
 desertifica   zione,  anche  mediante  l'individuazione  di
 programmi  utili  a garantire maggiore disponibilita' della
 risorsa  idrica  e  il  riuso della stessa; semplificare il
 procedimento  di adozione e approvazione degli strumenti di
 pianificazione  con  la  garanzia  della  partecipazione di
 tutti  i soggetti istituzionali coinvolti e la certezza dei
 tempi di conclusione dell'iter procedimentale;
 d) confermare  le  finalita'  della  legge 6 dicembre
 1991,  n. 394; estendere, nel rispetto dell'autonomia degli
 enti  locali e della volonta' delle popolazioni residenti e
 direttamente  interessate,  la  percentuale  di  territorio
 sottoposto  a  salvaguardia  e  valorizzazione  ambientale,
 mediante inserimento di ulteriori aree, terrestri e marine,
 di    particolare    pregio;   articolare,   con   adeguata
 motivazione,  e  differenziare le misure di salvaguardia in
 relazione alle specifiche situazioni territoriali; favorire
 lo  sviluppo  di  forme  di  autofinanziamento  tenendo  in
 considerazione    le    diverse   situazioni   geografiche,
 territoriali  e  ambientali  delle  aree protette; favorire
 l'uso  efficiente  ed efficace delle risorse assegnate alle
 aree  protette  dallo  Stato,  dalle  regioni  e dagli enti
 locali; favorire la conclusione di accordi di programma con
 le   organizzazioni   piu'   rappresentative   dei  settori
 dell'industria,   dell'artigianato,  dell'agricoltura,  del
 commercio  e  del  terzo settore, finalizzati allo sviluppo
 economico-sociale  e  al  la conservazione e valorizzazione
 del  patrimonio  naturale  delle  aree;  prevedere che, nei
 territori  compresi  nei  parchi  nazionali  e  nei  parchi
 naturali regionali, i vincoli disposti dalla pianificazione
 paesistica  e  quelli  previsti  dall'art.  1-quinquies del
 decreto-legge  27 giugno  1985,  n.  312,  convertito,  con
 modificazioni,  dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, decadano
 con  l'approvazione  del  piano del parco o delle misure di
 salvaguardia  ovvero  delle misure di salvaguardia disposte
 in  attuazione  di leggi regionali; nei territori residuali
 dei comuni parzialmente compresi nei parchi nazionali e nei
 parchi   naturali   regionali,   provvedere  ad  una  nuova
 individuazione   delle   aree  e  dei  beni  soggetti  alla
 disciplina   di   cui   all'art.   1-quinquies  del  citato
 decreto-legge    n.   312   del   1985,   convertito,   con
 modificazioni,  dalla  legge n. 431 del 1985; armonizzare e
 coordinare  le  funzioni  e  le  competenze  previste dalle
 convenzioni  internazionali  e  dalla normativa comunitaria
 per la conservazione della biodiversita';
 e) conseguire     l'effettivita'    delle    sanzioni
 amministrative  per danno ambientale mediante l'adeguamento
 delle  procedure  di irrogazione e delle sanzioni medesime;
 rivedere le procedure relative agli obblighi di ripristino,
 al  fine  di garantire l'efficacia delle prescrizioni delle
 autorita'  competenti e il risarcimento del danno; definire
 le modalita' di quantificazione del danno; prevedere, oltre
 a   sanzioni   a   carico   dei  soggetti  che  danneggiano
 l'ambiente,   anche  meccanismi  premiali  per  coloro  che
 assumono  comportamenti  ed  effettuano investimenti per il
 miglioramento  della  qualita' dell'ambiente sul territorio
 nazionale;
 f) garantire  il  pieno  recepimento  della direttiva
 85/337/CEE  del  27 giugno  1985  del  Consiglio,  e  della
 direttiva  97/11/CE  del  3 marzo  1997  del  Consiglio, in
 materia  di  VIA e della direttiva 2001/42/CE del 27 giugno
 2001  del Parlamento europeo e del Consiglio, in materia di
 VAS  e,  fatto  salvo quanto previsto dall'art. 1, comma 2,
 della  legge  21 dicembre 2001, n. 443, semplificare, anche
 mediante  l'emanazione  di  regolamenti, ai sensi dell'art.
 17,  comma  2,  della  legge  23 agosto  1988,  n.  400, le
 procedure  di  VIA  che  dovranno tenere conto del rapporto
 costi-benefici  del progetto dal punto di vista ambientale,
 economico  e  sociale;  anticipare le procedure di VIA alla
 prima   presentazione   del   progetto  dell'intervento  da
 valutare;  introdurre  un  sistema  di  controlli idoneo ad
 accertare l'effettivo rispetto delle prescrizioni impartite
 in  sede  di  valutazione; garantire il completamento delle
 procedure   in   tempi   certi;  introdurre  meccanismi  di
 coordinamento  tra  la  procedura  di VIA e quella di VAS e
 promuovere  l'util izzo della VAS nella stesura dei piani e
 dei programmi statali, regionali e sovracomunali; prevedere
 l'estensione  della  procedura  di  IPPC ai nuovi impianti,
 individuando   le  autorita'  competenti  per  il  rilascio
 dell'autorizzazione  unica  e identificando i provvedimenti
 autorizzatori  assorbiti  da detta autorizzazione; adottare
 misure di coordinamento tra le procedure di VIA e quelle di
 IPPC  nel  caso  di  impianti  sottoposti  ad  entrambe  le
 procedure,    al    fine    di   evitare   duplicazioni   e
 sovrapposizioni;  accorpare  in  un  unico provvedimento di
 autorizzazione  le  diverse  autorizzazioni ambientali, nel
 caso  di  impianti non rientranti nel campo di applicazione
 della   direttiva   96/61/CE   del  24 settembre  1996  del
 Consiglio   ma   sottoposti  a  piu'  di  un'autorizzazione
 ambientale settoriale;
 g)  riordinare  la  normativa  in  materia  di tutela
 dell'aria  e  di  riduzione  delle  emissioni in atmosfera,
 mediante una revisione della disciplina per le emissioni di
 gas  inquinanti  in  atmosfera,  nel  rispetto  delle norme
 comunitarie  e,  in particolare, della direttiva 2001/81/CE
 del 23 ottobre 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,
 e  degli  accordi  internazionali  sottoscritti in materia,
 prevedendo:
 1)  l'integrazione  della  disciplina relativa alle
 emissioni  provenienti  dagli impianti di riscaldamento per
 uso civile;
 2)  l'incentivazione della produzione di energia da
 fonti   rinnovabili   o   alternative   anche  mediante  la
 disciplina della vendita dell'energia prodotta in eccedenza
 agli operatori del mercato elettrico nazionale, prolungando
 sino  a dodici anni il periodo di validita' dei certificati
 verdi previsti dalla normativa vigente;
 3)  una  disciplina  in  materia di controllo delle
 emissioni derivanti dalle attivita' agricole e zootecniche;
 4)  strumenti  economici volti ad incentivare l'uso
 di   veicoli,   combustibili   e   carburanti  che  possono
 contribuire   significativamente   alla   riduzione   delle
 emissioni e al miglioramento della qualita' dell'aria;
 5)  strumenti  di  promozione  dell'informazione ai
 consumatori  sull'impatto  ambientale del ciclo di vita dei
 prodotti  che  in  ragione  della loro composizione possono
 causare inquinamento atmosferico;
 6) predisposizione del piano nazionale di riduzione
 di  cui all'art. 4, paragrafo 6, della direttiva 2001/80/CE
 del 23 ottobre 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,
 che  stabilisca  prescrizioni  per  i  grandi  impianti  di
 combustione esistenti.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 3 (criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi)
 
 1.  Le  norme  di  cui  al  presente  decreto  non  possono essere derogate,  modificate  o  abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante  modifica  o  abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute.
 
 2. Entro due anni dalla data di pubblicazione del presente decreto legislativo,  con  uno  o  piu'  regolamenti  da  emanarsi  ai  sensi dell'articolo  17,  comma  2,  della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo,  su  proposta  del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,  adotta  i  necessari  provvedimenti  per  la  modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale,  nel  rispetto  delle  finalita',  dei  principi  e delle disposizioni di cui al presente decreto.
 
 3. Ai fini della predisposizione dei provvedimenti di cui al comma 2,  il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio si avvale del parere delle rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali  (CESPA),  senza  nuovi  o  maggiori  oneri a carico della finanza pubblica.
 
 4.  Entro  il  medesimo  termine  di  cui  al comma 2, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio provvede alla modifica ed all'integrazione delle nonne tecniche in materia ambientale con uno o piu'  regolamenti  da  emanarsi  ai  sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle finalita', dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l'applicazione  dell'articolo  13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente  al  recepimento  di direttive comunitarie modificative delle  modalita'  esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale.
 
 5.  Ai  fini  degli  adempimenti  di  cui al presente articolo, il Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio si avvale, per la  durata  di due anni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,  di  un  gruppo  di  dieci  esperti  nominati,  con proprio decreto,  fra  professori universitari, dirigenti apicali di istituti pubblici  di  ricerca ed esperti di alta qualificazione nei settori e nelle  materie oggetto del presente decreto. Ai componenti del gruppo di  esperti  non  spetta  la  corresponsione di compensi, indennita', emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese.
 
 
 
 Note all'art. 3:
 - Si  riporta  il  testo  dei  commi 2 e 3 dell'art. 17
 della citata legge 23 agosto 1988, n. 400:
 "2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa
 deliberazione   del  Consiglio  dei  Ministri,  sentito  il
 Consiglio  di  Stato,  sono  emanati  i  regolamenti per la
 disciplina  delle  materie, non coperte da riserva assoluta
 di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi
 della  Repubblica,  autorizzando l'esercizio della potesta'
 regolamentare  del  Governo,  determinano le norme generali
 regolatrici  della materia e dispongono l'abrogazione delle
 norme  vigenti,  con  effetto  dall'entrata in vigore delle
 norme regolamentari.
 3.  Con  decreto  ministeriale  possono essere adottati
 regolamenti  nelle  materie di competenza del Ministro o di
 autorita'   sottordinate   al  Ministro,  quando  la  legge
 espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
 materie  di  competenza  di  piu'  Ministri, possono essere
 adottati  con  decreti interministeriali, ferma restando la
 necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
 I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
 dettare  norme  contrarie  a quelle dei regolamenti emanati
 dal  Governo.  Essi debbono essere comunicati al Presidente
 del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione".
 - L'art. 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante
 norme generali sulla partecipazione dell'Italia al Progetto
 normativo   dell'Unione   europea   e  sulle  procedure  di
 esecuzione  degli  obblighi  comunitari,  pubblicato  nella
 Gazzetta  Ufficiale  n.  37  del  15  febbraio  2005, e' il
 seguente:
 "Art.   13  (Adeguamenti  tecnici).  -  1.  Alle  norme
 comunitarie  non  autonomamente applicabili, che modificano
 modalita'  esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di
 direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale, e' data
 attuazione,  nelle  materie  di  cui  all'art. 117, secondo
 comma,   della   Costituzione,  con  decreto  del  Ministro
 competente per materia, che ne da' tempestiva comunicazione
 alla  Presidenza  del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
 per le politiche comunitarie.
 2. In relazione a quanto disposto dall'art. 117, quinto
 comma,  della  Costituzione,  i  provvedimenti  di  cui  al
 presente  articolo possono essere adottati nelle materie di
 competenza  legislativa  delle  regioni  e  delle  province
 autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei
 suddetti  enti  nel dare attuazione a norme comunitarie. In
 tale  caso,  i provvedimenti statali adottati si applicano,
 per  le  regioni e le province autonome nelle quali non sia
 ancora  in  vigore  la  propria  normativa di attuazione, a
 decorrere   dalla   scadenza   del  termine  stabilito  per
 l'attuazione   della  rispettiva  normativa  comunitaria  e
 perdono  comunque efficacia dalla data di entrata in vigore
 della   normativa  di  attuazione  di  ciascuna  regione  e
 provincia  autonoma.  I  provvedimenti  recano  l'esplicita
 indicazione  della natura sostitutiva del potere esercitato
 e   del  carattere  cedevole  delle  disposizioni  in  essi
 contenute.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 3-bis (10) (( Principi sulla produzione del diritto ambientale ))
 ((  l.  I  principi  posti  dal  presente articolo e dagli articoli seguenti   costituiscono  i  principi  generali  in  tema  di  tutela dell'ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42  e  44,  117  commi  1  e  3 della Costituzione e nel rispetto del Trattato dell'Unione europea.
 2.  I  principi  previsti  dalla presente Parte Prima costituiscono regole  generali  della  materia  ambientale nell'adozione degli atti normativi,  di  indirizzo  e  di  coordinamento e nell'emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente.
 3.  I  principi  ambientali  possono  essere modificati o eliminati soltanto  mediante  espressa  previsione  di  successive  leggi della Repubblica   italiana,  purche'  sia  comunque  sempre  garantito  il corretto recepimento del diritto europeo. ))
 |  |  |  | ART. 3-ter (10) ((Principio dell'azione ambientale))
 ((  1.  La  tutela  dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e  privati  e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante  una  adeguata  azione  che  sia informata ai principi della precauzione,   dell'azione   preventiva,  della  correzione,  in  via prioritaria  alla  fonte,  dei danni causati all'ambiente, nonche' al principio  "chi  inquina paga" che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2,  del  Trattato  delle  unioni  europee, regolano la politica della comunita' in materia ambientale. ))
 |  |  |  | ART. 3-quater (10) (( Principio dello sviluppo sostenibile ))
 ((  1.  Ogni  attivita' umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente   codice   deve  conformarsi  al  principio  dello  sviluppo sostenibile,  al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle  generazioni  attuali non possa compromettere la qualita' della vita e le possibilita' delle generazioni future.
 2.  Anche  l'attivita'  della  pubblica amministrazione deve essere finalizzata   a  consentire  la  migliore  attuazione  possibile  del principio  dello  sviluppo  sostenibile,  per  cui  nell'ambito della scelta  comparativa  di  interessi  pubblici  e  privati connotata da discrezionalita'  gli  interessi  alla  tutela  dell'ambiente  e  del patrimonio   culturale   devono   essere   oggetto   di   prioritaria considerazione.
 3.  Data  la  complessita' delle relazioni e delle interferenze tra natura  e  attivita'  umane,  il principio dello sviluppo sostenibile deve  consentire  di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle  risorse  ereditate,  tra  quelle  da  risparmiare  e quelle da trasmettere, affinche' nell'ambito delle dinamiche della produzione e del  consumo  si  inserisca altresi' il principio di solidarieta' per salvaguardare  e  per  migliorare  la  qualita'  dell'ambiente  anche futuro.
 4.  La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve  essere  cercata  e  trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo   sostenibile,   in   modo   da  salvaguardare  il  corretto funzionamento   e   l'evoluzione   degli  ecosistemi  naturali  dalle modificazioni  negative  che  possono essere prodotte dalle attivita' umane. ))
 |  |  |  | ART. 3-quinquies (10) (( Principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione ))
 ((  1.  I  principi  desumibili dalle norme del decreto legislativo costituiscono  le  condizioni  minime ed essenziali per assicurare la tutela dell'ambiente su tutto il territorio nazionale;
 2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare  forme  di  tutela giuridica dell'ambiente piu' restrittive, qualora  lo  richiedano  situazioni  particolari del loro territorio, purche'   cio'  non  comporti  un'arbitraria  discriminazione,  anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali.
 3. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove  gli  obiettivi  dell'azione  prevista,  in  considerazione delle dimensioni  di  essa e dell'entita' dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati.
 4. Il principio di sussidiarieta' di cui al comma 3 opera anche nei rapporti tra regioni ed enti locali minori. ))
 |  |  |  | ART. 3-sexies (10) ((Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo
 1.  In  attuazione  della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni,  e  delle  previsioni  della  Convenzione  di  Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del  decreto  legislativo  19  agosto  2005,  n. 195, chiunque, senza essere   tenuto   a   dimostrare   la  sussistenza  di  un  interesse giuridicamente  rilevante,  puo'  accedere alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale. ))
 |  |  |  | ART. 4 (contenuti e obiettivi)
 
 1.  Le  norme  di  cui  alla  parte  seconda  del presente decreto costituiscono attuazione:
 
 a)  della  direttiva  2001/42/CE  del  Parlamento  europeo  e del Consiglio,  del  27  giugno  2001,  concernente  la valutazione degli effetti  di  determinati  piani  e  programmi  sull'ambiente,  con  i seguenti obiettivi:
 
 1) garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente;
 2)  contribuire  all'integrazione  di  considerazioni ambientali nelle  fasi  di  elaborazione,  di  adozione  e  di  approvazione  di determinati  piani  e  programmi  al  fine  di promuovere lo sviluppo sostenibile;
 3) promuovere l'utilizzo della valutazione ambientale nella
 stesura   dei   piani  e  dei  programmi  statali,  regionali  e
 sovracomunali; 4) assicurare che venga comunque effettuata la valutazione ambientale   dei   piani   e  programmi  che  possono  avere  effetti significativi sull'ambiente;
 
 b)  della  direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, concernente  la  valutazione  di  impatto  ambientale  di determinati progetti  pubblici  e  privati,  come  modificata ed integrata con la direttiva  97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 e con la direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003 e  della  direttiva  96/61/CE  del  24 settembre 1996 recepita con il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, con i seguenti obiettivi:
 
 1) garantire il pieno recepimento delle direttive comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale;
 2)  semplificare,  fatto  salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma  2,  della  legge  21  dicembre  2001,  n.  443, anche mediante l'emanazione  di  regolamenti,  ai  sensi  dell'articolo 17, comma 2, della  legge  23  agosto 1988, n. 400, le procedure di valutazione di impatto   ambientale,   che   dovranno   tenere  conto  del  rapporto costi-benefici  del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale;
 3)  anticipare le procedure di valutazione di impatto ambientale alla  prima  configurazione  sottoponibile ad un esame esauriente del progetto di intervento da valutare;
 4)  introdurre  un  sistema  di  controlli  idoneo  ad accertare l'effettivo   rispetto   delle  prescrizioni  impartite  in  sede  di valutazione;
 5)  favorire la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di piani e programmi in materia ambientale;
 6) garantire il completamento delle procedure in tempi certi;
 7)  introdurre  meccanismi  di coordinamento tra la procedura di valutazione  di impatto ambientale e quella di valutazione ambientale strategica;
 
 8)   adottare  misure  di  coordinamento  tra  le  procedure  di valutazione di impatto ambientale e quelle di prevenzione e riduzione integrate   dell'inquinamento,  ovvero  di  autorizzazione  integrata ambientale, nel caso di impianti sottoposti ad entrambe le procedure, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni.
 
 2.   La   valutazione   ambientale   strategica,  o  semplicemente valutazione  ambientale,  riguarda  i piani e programmi di intervento sul  territorio  ed  e'  preordinata  a  garantire  che  gli  effetti sull'ambiente  derivanti  dall'attuazione  di detti piani e programmi siano  presi  in  considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione.
 
 3.   La   procedura   per  la  valutazione  ambientale  strategica costituisce,  per  i piani e programmi sottoposti a tale valutazione, parte   integrante   del   procedimento   ordinario  di  adozione  ed approvazione.  I  provvedimenti  di  approvazione  adottati  senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono nulli.
 
 4.  La  valutazione  di  impatto ambientale riguarda i progetti di opere  ed  interventi  che,  per la loro natura o dimensione, possano avere  un  impatto  importante  sull'ambiente  ed  e'  preordinata  a garantire  che gli effetti derivanti dalla realizzazione ed esercizio di   dette   opere  ed  interventi  sull'ecosistema  siano  presi  in considerazione    durante    la    loro    progettazione    e   prima dell'approvazione  o autorizzazione dei relativi progetti, o comunque prima della loro realizzazione.
 
 5.   La   procedura  per  la  valutazione  di  impatto  ambientale costituisce,   per   i  progetti  di  opere  ed  interventi  ad  essa sottoposti, presupposto o parte integrante del procedimento ordinario di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione   adottati   senza  la  previa  valutazione  di  impatto ambientale, ove prescritta, sono nulli.
 
 
 
 Note all'art. 4:
 - La  direttiva 2001/12/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio,  del  27 giugno 2001, concernente la valutazione
 degli    effetti   di   determinati   piani   e   programmi
 sull'ambiente  e' pubblicata nella G.U.C.E. n. L 197 del 21
 luglio 2001.
 - La direttiva 85/337/CEE, del consiglio, del 27 giugno
 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di
 determinati  progetti  pubblici  e  privati,  e' pubblicata
 nella G.U.C.E. n. L 175 del 5 luglio 1985.
 - La direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997,
 che   modifica   la  Direttiva  85/337/CEE  concernente  la
 valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti
 pubblici  e  privati  e' pubblicata nella G.U.C.E. n. L 073
 del 14 marzo 1997.
 - La direttiva 2003/35/CE, del Parlamento europeo e del
 Consiglio del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione
 del  pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi
 in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio
 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del
 pubblico e all'accesso alla giustizia - Dichiarazione della
 commissione  -  e' pubblicata nella G.U.C.E n. L 156 del 25
 giugno 2003.
 - La direttiva 96/61/CE, del Consiglio del 24 settembre
 1996,   sulla   prevenzione   e   la   riduzione  integrale
 dell'inquinamento,  e'  pubblicata  nella G.U.C.E. n. L 257
 del 10 ottobre 1996.
 - Il  decreto  legislativo  18  febbraio  2005,  n. 59,
 recante  attuazione  integrale  della  direttiva  96/61/CE,
 relativa    alla   prevenzione   e   riduzione   integrante
 dell'inquinamento,  e'  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 n. 93, del 22 aprile 2005 (S.O.).
 - Il  comma  2,  dell'art.  1,  della legge 21 dicembre
 2001,  n.  443,  recante  delega  al  Governo in materia di
 infrastrutture  ed  insediamenti  produttivi  strategici ed
 altri   interventi   per   il   rilancio   delle  attivita'
 produttive, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 299, del
 27 dicembre 2001, e' il seguente:
 "2.  Il  Governo  e'  delegato ad emanare, nel rispetto
 delle  attribuzioni  costituzionali  delle  regioni,  entro
 dodici  mesi dalla data di entrata in vigore della presente
 legge,  uno  o piu' decreti legislativi volti a definire un
 quadro  normativo  finalizzato  alla  celere  realizzazione
 delle  infrastrutture  e  degli insediamenti individuati ai
 sensi  del  comma 1, a tal fine riformando le procedure per
 la    valutazione    di    impatto   ambientale   (VIA)   e
 l'autorizzazione  integrata  ambientale, limitatamente alle
 opere  di  cui  al  comma  1  e  comunque  nel rispetto del
 disposto   dell'art.   2  della  direttiva  85/337/CEE  del
 Consiglio   del   27 giugno  1985,  come  modificata  dalla
 direttiva   97/11/CE  del  Consiglio  del  3 marzo  1997  e
 introducendo  un  regime  speciale,  anche  in  deroga agli
 articoli 2,  da  7  a  16,  19, 20, 21, da 23 a 30, 32, 34,
 37-bis, 37-ter e 37-quater della legge 11 febbraio 1994, n.
 109,  e  successive  modificazioni,  nonche' alle ulteriori
 disposizioni  della medesima legge che non siano necessaria
 ed immediata applicazione delle di rettive comunitarie, nel
 rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
 a) disciplina  della  tecnica  di finanza di progetto
 per  finanziare  e realizzare, con il concorso del capitale
 privato,  le  infrastrutture  e  gli insediamenti di cui al
 comma 1;
 b) definizione   delle   procedure   da   seguire  in
 sostituzione   di  quelle  previste  per  il  rilascio  dei
 provvedimenti  concessori  o  autorizzatori di ogni specie;
 definizione della durata delle medesime non superiore a sei
 mesi   per   la   approvazione  dei  progetti  preliminari,
 comprensivi  di  quanto  necessario  per  la localizzazione
 dell'opera  d'intesa con la regione o la provincia autonoma
 competente,   che,   a   tal   fine,   provvede  a  sentire
 preventivamente  i  comuni  interessati,  e,  ove prevista,
 della  VIA;  definizione  delle procedure necessarie per la
 dichiarazione  di  pubblica  utilita',  indifferibilita' ed
 urgenza  e  per la approvazione del progetto definitivo, la
 cui  durata non puo' superare il termine di ulteriori sette
 mesi;  definizione  di termini perentori per la risoluzione
 delle  interferenze  con  servizi  pubblici  e privati, con
 previsione  di  responsabilita'  patrimoniali  in  caso  di
 mancata tempestiva risoluzione;
 c) attribuzione  al  CIPE,  integrato  dai presidenti
 delle  regioni  e  delle province autonome interessate, del
 compito di valutare le proposte dei promotori, di approvare
 il  progetto  preliminare  e  definitivo, di vigilare sulla
 esecuzione    dei    progetti    approvati,   adottando   i
 provvedimenti   concessori   ed   autorizzatori  necessari,
 comprensivi   della   localizzazione   dell'opera   e,  ove
 prevista,  della  VIA istruita dal competente Ministero. Il
 Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti cura le
 istruttorie,  formula  le  proposte ed assicura il supporto
 necessario   per   l'attivita'   del   CIPE,   avvalendosi,
 eventualmente,   di  una  apposita  struttura  tecnica,  di
 advisor  e  di  commissari straordinari, che agiscono con i
 poteri  di cui all'art. 13 del decreto-legge 25 marzo 1997,
 n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio
 1997,   n.   135,   nonche'   della   eventuale   ulteriore
 collaborazione richiesta al Ministero dell'economia e delle
 finanze  nel  settore  della  finanza  di  progetto, ovvero
 offerta dalle regioni o province au tonome interessate, con
 oneri a proprio carico;
 d) modificazione   della  disciplina  in  materia  di
 conferenza di servizi, con la previsione della facolta', da
 parte  di  tutte le amministrazioni competenti a rilasciare
 permessi e autorizzazioni comunque denominati, di proporre,
 in  detta  conferenza,  nel  termine  perentorio di novanta
 giorni,   prescrizioni  e  varianti  migliorative  che  non
 modificano   la   localizzazione   e   le   caratteristiche
 essenziali   delle   opere;   le  prescrizioni  e  varianti
 migliorative  proposte in conferenza sono valutate dal CIPE
 ai fini della approvazione del progetto definitivo;
 e)  affidamento,  mediante  gara ad evidenza pubblica
 nel  rispetto  delle  direttive  dell'Unione europea, della
 realizzazione  delle infrastrutture strategiche ad un unico
 soggetto contraente generale o concessionario;
 f) disciplina dell'affidamento a contraente generale,
 con  riferimento  all'art.  1 della direttiva 93/37/CEE del
 Consiglio  del 14 giugno 1993, definito come esecuzione con
 qualsiasi  mezzo  di  un'opera  rispondente  alle  esigenze
 specificata   dal   soggetto  aggiudicatore;  il contraente
 generale  e' distinto dal concessionario di opere pubbliche
 per  l'esclusione  dalla gestione dell'opera eseguita ed e'
 qualificato    per   specifici   connotati   di   capacita'
 organizzativa   e  tecnico-realizzativa,  per  l'assunzione
 dell'onere   relativo   all'anticipazione   temporale   del
 finanziamento  necessario  alla realizzazione dell'opera in
 tutto  o  in  parte  con  mezzi  finanziari privati, per la
 liberta'  di  forme  nella realizzazione dell'opera, per la
 natura  prevalente di obbligazione di risultato complessivo
 del   rapporto   che   lega   detta   figura   al  soggetto
 aggiudicatore  e  per  l'assunzione  del  relativo rischio;
 previsione  dell'obbligo, da parte del contraente generale,
 di  prestazione  di  adeguate  garanzie e di partecipazione
 diretta  al  finanziamento d ell'opera o di reperimento dei
 mezzi finanziari occorrenti;
 g) previsione    dell'obbligo    per    il   soggetto
 aggiudicatore,  nel  caso  in  cui  l'opera  sia realizzata
 prevalentemente   con  fondi  pubblici,  di  rispettare  la
 normativa  europea in tema di evidenza pubblica e di scelta
 dei  fornitori  di  beni o servizi, ma con soggezione ad un
 regime  derogatorio  rispetto  alla citata legge n. 109 del
 1994  per  tutti  gli aspetti di essa non aventi necessaria
 rilevanza comunitaria;
 h) introduzione  di  specifiche  deroghe alla vigente
 disciplina  in materia di aggiudicazione di lavori pubblici
 e  di  realizzazione  degli stessi, fermo il rispetto della
 normativa    comunitaria,   finalizzate   a   favorire   il
 contenimento  dei  tempi  e  la massima flessibilita' degli
 strumenti  giuridici; in particolare, in caso di ricorso ad
 un  contraente  generale,  previsione  che lo stesso, ferma
 restando la sua responsabilita', possa liberamente affidare
 a   terzi   l'esecuzione   delle  proprie  prestazioni  con
 l'obbligo  di  rispettare,  in  ogni  caso, la legislazione
 antimafia e quella relativa ai requisiti prescritti per gli
 appaltatori;  previsione  della  possibilita' di costituire
 una   societa'   di   progetto   ai   sensi   dell'articolo
 37-quinquies  della citata legge n. 109 del 1994, anche con
 la  partecipazione di istituzioni finanziarie, assicurative
 e  tecnico-operative  gia' indicate dallo stesso contraente
 generale   nel   corso   della  procedura  di  affidamento;
 previsione    della   possibilita'   di   emettere   titoli
 obbligazionari ai sensi dell'a rt. 37-sexies della legge n.
 109  del  1994,  ovvero  di  avvalersi  di  altri strumenti
 finanziari,  con  la  previsione  del  relativo  regime  di
 garanzia  di  restituzione,  anche  da  parte  di  soggetti
 aggiudicatori,  ed  utilizzazione  dei  medesimi  titoli  e
 strumenti  finanziari  per  la  costituzione  delle riserve
 bancarie   o   assicurative   previste  dalla  legislazione
 vigente;
 i) individuazione di adeguate misure atte a valutare,
 ai  fini  di  una  migliore  realizzazione  dell'opera,  il
 regolare assolvimento degli obblighi assunti dal contraente
 generale  nei  confronti  di  terzi ai quali abbia affidato
 l'esecuzione di proprie prestazioni;
 l) previsione,   in  caso  di  concessione  di  opera
 pubblica  unita  a  gestione  della  stessa, e tenuto conto
 della   redditivita'   potenziale   della   stessa,   della
 possibilita'  di  corrispondere al concessionario, anche in
 corso d'opera e nel rispetto dei limiti determinati in sede
 di  gara,  un prezzo in aggiunta al diritto di sfruttamento
 economico  dell'opera,  anche  a  fronte  della prestazione
 successiva   di   beni   o  servizi  allo  stesso  soggetto
 aggiudicatore  relativamente  all'opera realizzata, nonche'
 della  possibilita'  di fissare la durata della concessione
 anche  oltre trenta anni, in relazione alle caratteristiche
 dell'opera, e di consentire al concessionario di affidare a
 terzi  i  lavori,  con  il  solo vincolo delle disposizioni
 della  citata direttiva 93/37/CEE relative agli appalti del
 concessionario   e  nel  limite  percentuale  eventualmente
 indicato in sede di gara a norma della medesima direttiva;
 m) previsione   del  rispetto  dei  piani  finanziari
 allegati  alle concessioni in essere per i concessionari di
 pubblici servizi affidatari di nuove concessioni;
 n) previsione,  dopo  la  stipula  dei  contratti  di
 progettazione,   appalto,   concessione   o  affidamento  a
 contraente  generale,  di  forme di tutela risarcitoria per
 equivalente,  con  esclusione della reintegrazione in forma
 specifica;    restrizione,    per   tutti   gli   interessi
 patrimoniali,  della  tutela  cautelare al pagamento di una
 provvisionale;
 o) previsione di apposite procedure di collaudo delle
 opere entro termini perentori che consentano, ove richiesto
 da   specifiche  esigenze  tecniche,  il  ricorso  anche  a
 strutture  tecniche esterne di supporto alle commissioni di
 collaudo".
 - Il  comma  2,  dell'art.  17,  della  citata legge 23
 agosto 1988, n. 400, e' riportato nella nota all'art. 3.
 - L'art.  87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n.
 259,   recante  codice  delle  comunicazioni  elettroniche,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 214 del 15 settembre
 2003, e' il seguente:
 "Art.  87  (Procedimenti  autorizzatori  relativi  alle
 infrastrutture  di  comunicazione  elettronica per impianti
 radio  elettrici).  -  1. L'installazione di infrastrutture
 per   impianti   radioelettrici   e   la   modifica   delle
 caratteristiche di emissione di questi ultimi e, in specie,
 l'installazione   di   torri,   di  tralicci,  di  impianti
 radio-trasmittenti,    di    ripetitori   di   servizi   di
 comunicazione  elettronica, di stazioni radio base per reti
 di  comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS, per reti di
 diffusione,  distribuzione  e  contribuzione  dedicate alla
 televisione  digitale  terrestre, per reti a radiofrequenza
 dedicate   alle  emergenze  sanitarie  ed  alla  protezione
 civile,    nonche'   per   reti   radio   a   larga   banda
 punto-multipunto   nelle   bande   di   frequenza  all'uopo
 assegnate,  viene  autorizzata  dagli  Enti  locali, previo
 accertamento,   da   parte   dell'organismo  competente  ad
 effettuare  i  controlli,  di  cui  all'art. 14 della legge
 22 febbraio  2001, n. 36, della compatibilita' del progetto
 con  i limiti di esposizione, i valori di attenzi one e gli
 obiettivi  di  qualita',  stabiliti uniformemente a livello
 nazionale  in  relazione  al  disposto  della  citata legge
 22 febbraio  2001,  n.  36,  e  relativi  provvedimenti  di
 attuazione.
 2.  L'istanza  di  autorizzazione alla installazione di
 infrastrutture  di  cui  al  comma 1 e' presentata all'Ente
 locale dai soggetti a tale fine abilitati. Al momento della
 presentazione   della   domanda,   l'ufficio   abilitato  a
 riceverla  indica  al  richiedente il nome del responsabile
 del procedimento.
 3.  L'istanza,  conforme  al modello A dell'allegato n.
 13,  realizzato  al fine della sua acquisizione su supporti
 informatici   e   destinato  alla  formazione  del  catasto
 nazionale   delle  sorgenti  elettromagnetiche  di  origine
 industriale,  deve  essere  corredata  della documentazione
 atta  a  comprovare  il rispetto dei limiti di esposizione,
 dei  valori  di  attenzione  e degli obiettivi di qualita',
 relativi  alle  emissioni  elettromagnetiche,  di  cui alla
 legge  22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di
 attuazione,  attraverso  l'utilizzo  di  modelli predittivi
 conformi  alle  prescrizioni della CEI, non appena emanate.
 In  caso  di pluralita' di domande, viene data precedenza a
 quelle  presentate  congiuntamente  da  piu' operatori. Nel
 caso  di  installazione di impianti, con tecnologia UMTS od
 altre,  con  potenza in singola antenna uguale od inferiore
 ai  20  watt,  fermo  restando  il  rispetto  dei limiti di
 esposizione,  dei valori di attenzione e degli obiettivi di
 qualita'  sopra  indicati,  e'  sufficiente  la denuncia di
 inizio  attivit  a',  conforme ai modelli predisposti dagli
 Enti  locali  e,  ove  non predisposti, al modello B di cui
 all'allegato n. 13.
 3-bis.  Al  fine  di  accelerare la realizzazione degli
 investimenti   per   il   completamento   della   rete   di
 telecomunicazione   GSM-R   dedicata   esclusivamente  alla
 sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, nonche'
 al  fine  di  contenere i costi di realizzazione della rete
 stessa,  all'installazione sul sedime ferroviario ovvero in
 area  immediatamente  limitrofa  dei  relativi  impianti ed
 apparati si procede con le modalita' proprie degli impianti
 di  sicurezza  e segnalamento ferroviario, nel rispetto dei
 limiti  di  esposizione,  dei  valori di attenzione e degli
 obiettivi  di  qualita',  stabiliti uniformemente a livello
 nazionale  in relazione al disposto della legge 22 febbraio
 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione.
 4.  Copia  dell'istanza  ovvero  della  denuncia  viene
 inoltrata  contestualmente all'organismo di cui al comma 1,
 che  si  pronuncia entro trenta giorni dalla comunicazione.
 Lo  sportello  locale  competente  provvede a pubblicizzare
 l'istanza,  pur  senza  diffondere  i  dati  caratteristici
 dell'impianto.
 5.  Il  responsabile  del procedimento puo' richiedere,
 per  una  sola  volta,  entro quindici giorni dalla data di
 ricezione  dell'istanza,  il  rilascio  di  dichiarazioni e
 l'integrazione della documentazione prodotta. Il termine di
 cui  al  comma  9 inizia nuovamente a decorrere dal momento
 dell'avvenuta integrazione documentale.
 6.  Nel  caso  una  Amministrazione  interessata  abbia
 espresso    motivato    dissenso,   il   responsabile   del
 procedimento  convoca,  entro  trenta  giorni dalla data di
 ricezione  della  domanda,  una conferenza di servizi, alla
 quale prendono parte i rappresentanti delle Amministrazioni
 degli   Enti   locali  interessati,  nonche'  dei  soggetti
 preposti  ai  controlli  di  cui  all'art.  14  della legge
 22 febbraio    2001,    n.   36,   ed   un   rappresentante
 dell'Amministrazione dissenziente.
 7.  La  conferenza  di  servizi deve pronunciarsi entro
 trenta  giorni  dalla  prima  convocazione. L'approvazione,
 adottata  a  maggioranza  dei presenti, sostituisce ad ogni
 effetto    gli    atti    di   competenza   delle   singole
 Amministrazioni  e  vale  altresi'  come  dichiarazione  di
 pubblica  utilita', indifferibilita' ed urgenza dei lavori.
 Della  convocazione  e  dell'esito  della  conferenza viene
 tempestivamente informato il Ministero.
 8.  Qualora  il  motivato  dissenso,  a  fronte  di una
 decisione positiva assunta dalla conferenza di servizi, sia
 espresso   da   un'Amministrazione   preposta  alla  tutela
 ambientale,  alla  tutela  della  salute  o alla tutela del
 patrimonio  storico-artistico,  la  decisione e' rimessa al
 Consiglio  dei  Ministri  e trovano applicazione, in quanto
 compatibili  con  il  Codice,  le  disposizioni di cui agli
 articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e
 successive modificazioni.
 9.  Le  istanze  di  autorizzazione  e  le  denunce  di
 attivita'  di  cui  al  presente  articolo,  nonche' quelle
 relative  alla  modifica delle caratteristiche di emissione
 degli   impianti   gia'  esistenti,  si  intendono  accolte
 qualora,  entro  novanta  giorni  dalla  presentazione  del
 progetto  e  della relativa domanda, fatta eccezione per il
 dissenso  di  cui  al  comma 8, non sia stato comunicato un
 provvedimento di diniego. Gli Enti locali possono prevedere
 termini   piu'   brevi  per  la  conclusione  dei  relativi
 procedimenti  ovvero  ulteriori  forme  di  semplificazione
 amministrativa,  nel  rispetto delle disposizioni stabilite
 dal presente comma.
 10.  Le  opere  debbono  essere  realizzate,  a pena di
 decadenza,  nel  termine  perentorio  di  dodici mesi dalla
 ricezione del provvedimento autorizzatorio espresso, ovvero
 dalla formazione del silenzio-assenso.".
 -  La  legge  6  dicembre  1991,  n. 394, recante legge
 quadro  sulle  aree  protette, e' pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale n. 292 del 13 dicembre 1991 (S.O.).
 - La  Direttiva 85/337/CEE, del Consiglio del 27 giugno
 1985  concernente la valutazione dell'impatto ambientale di
 determinati  progetti  pubblici  e  privati,  e' pubblicato
 nella G.U.C.E. n. L 175 del 5 luglio 1985.
 - L'art. 4, del decreto legislativo 17 gennaio 2005, n.
 13,  recante attuazione della direttiva 2002/30/CE relativa
 all'introduzione  di  restrizioni  operative  ai  fini  del
 contenimento   del   rumore   negli  aeroporti  comunitari,
 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 39, del 17 febbraio
 2005, e' il seguente:
 "Art.  4  (Criteri  generali  relativi  all'adozione di
 restrizioni  operative).  -  1.  Le  restrizioni  operative
 disciplinate  dal  presente  decreto  sono  adottate previa
 valutazione  da effettuare in conformita' alle prescrizioni
 dell'allegato  2,  tenuto  conto  del  rapporto tra costi e
 benefici probabili connessi alle misure da attuare, nonche'
 delle caratteristiche dell'aeroporto interessato.
 2.   Per  i  progetti  aeroportuali  assoggettati  alla
 procedura  di  valutazione  di  impatto ambientale ai sensi
 della  normativa  vigente, la valutazione di cui al comma 1
 e'  ricompresa  nell'ambito  di  detta procedura qualora la
 stessa   tenga   conto,   per   quanto   possibile,   delle
 prescrizioni definite nell'allegato 2.
 3. E' fatto divieto di introdurre restrizioni operative
 basate  sulla  nazionalita'  o  sull'identita'  del vettore
 aereo o del costruttore di velivoli.
 4.  Ai  fini  dell'adozione  di  restrizioni  operative
 basate  sulle  prestazioni di un velivolo si fa riferimento
 ai  limiti  di  certificazione  definiti  nell'annesso  16,
 volume  1,  della  citata Convenzione sull'aviazione civile
 internazionale,   terza   edizione   del   luglio  1993,  e
 successive modificazioni.
 5. Le restrizioni operative sono adottate, tenuto conto
 dell'approccio equilibrato, come definito all'art. 3, comma
 1,   lettera   h),   esclusivamente  nel  caso  in  cui  la
 valutazione   effettuata   ai  sensi  del  comma  1,  abbia
 dimostrato   che  l'attuazione  di  ogni  altra  misura  di
 contenimento   dell'inquinamento  acustico  prevista  dalla
 normativa  vigente  in attuazione della citata legge n. 447
 del   1995   non  consente  di  raggiungere  gli  obiettivi
 stabiliti dal presente decreto.
 6.   Fatto   salvo  quanto  previsto  al  comma  5,  le
 restrizioni  operative intese a ridurre o vietare l'accesso
 di  velivoli  marginalmente  conformi  sono  adottate  solo
 successivamente  all'introduzione  di restrizioni operative
 parziali.
 7.  Nell'introdurre  restrizioni  operative parziali si
 tiene  conto,  in particolare, della fascia oraria relativa
 ai voli notturni. A tale fine sono utilizzati i descrittori
 acustici  notturni  relativi ai disturbi del sonno previsti
 dalla   normativa   comunitaria   vigente  nell'ordinamento
 nazionale,  i  cui metodi di valutazione ed i valori limite
 sono stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica,
 emanato  a  norma  dell'art.  17,  comma  1, della legge 23
 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente
 e  della  tutela del territorio, di concerto con i Ministri
 delle infrastrutture e dei trasporti e della salute.
 8.  Fino all'adozione dei provvedimenti di cui al comma
 7  sono  utilizzati  i  descrittori acustici previsti dalle
 norme nazionali vigenti".
 - L'allegato 2 al citato decreto legislativo 17 gennaio
 2005, n. 13, e' il seguente:
 "Allegato 2 (art. 4, comma 1)
 PRESCRIZIONI  RELATIVE  ALLA VALUTAZIONE DI CUI ALL'ART. 4,
 COMMA 1
 Ai fini della valutazione prevista all'art. 4, comma 1,
 il  Comitato  di  cui  all'art.  6,  comma  1,  redige  una
 relazione di valutazione contenente:
 1. Situazione aeroportuale attuale.
 1.1.  Descrizione  dell'aeroporto con indicazione delle
 sue   capacita',   della   sua   ubicazione,   dell'intorno
 aeroportuale,  del volume e della composizione del traffico
 aereo, nonche' della composizione ed utilizzo delle piste.
 1.2. Descrizione degli obiettivi ambientali fissati per
 l'aeroporto nel contesto nazionale.
 1.3.  Presentazione  delle  curve isofoniche degli anni
 precedenti  e  dell'anno  in  corso, compresa una stima del
 numero   delle   persone   disturbate   dal   rumore  degli
 aeromobili,  con  la  descrizione  del  metodo  di  calcolo
 utilizzato per la loro individuazione.
 1.4.  Descrizione  del  clima acustico aeroportuale che
 dovra'   in   particolare  evidenziare  se  sono  in  corso
 eventuali  aggravamenti e descrizione delle misure adottate
 per attenuare l'impatto acustico, quali ad esempio:
 a) mappe di zonizzazione acustica aeroportuale, ove
 esistenti;
 b) programmi di isolamento acustico;
 c) interventi di risanamento acustico;
 d) informazioni  sulla  pianificazione e gestione del
 territorio,  ivi  inclusi i piani di zonizzazione acustica,
 ove   esistenti,  dei  comuni  interessati  alle  attivita'
 aeroportuali;
 e) impiego di piste preferenziali;
 f) rotte preferenziali da mantenere ai fini acustici;
 g) procedure di avvicinamento e decollo pubblicate in
 Aeronautical Information Publication (AIP);
 h) restrizioni   esistenti   quali   limitazioni  del
 livello  sonoro,  limitazione  o divieto dei voli notturni,
 imposte sul rumore;
 i) monitoraggio del rumore.
 2. Previsioni in assenza di nuove misure.
 2.1.  Descrizione di eventuali modifiche ed ampliamenti
 dell'aeroporto  gia'  approvati  ed  in  programma, come ad
 esempio  l'aumento  della  capacita'  e l'ampliamento delle
 piste   e   dei   terminali,   nonche'   descrizione  della
 composizione futura del traffico e della crescita prevista.
 2.2.  Nell'eventualita'  delle modifiche ed ampliamenti
 di cui al punto 2.1, indicazione dei conseguenti vantaggi e
 descrizione  degli effetti sul clima acustico in assenza di
 ulteriori  misure,  nonche'  descrizione  delle misure gia'
 programmate allo scopo di attenuare tale impatto acustico.
 2.3. Previsione delle curve isofoniche, a seguito delle
 variazioni  di  cui  al  punto  2.1  e  stima del numero di
 persone  che saranno probabilmente soggette al rumore degli
 aeromobili,   facendo  distinzione  fra  aree  residenziali
 preesistenti ed aree residenziali recenti.
 2.4.  Valutazione  delle conseguenze e dei costi dovuti
 all'assenza  di misure volte ad attenuare gli effetti di un
 eventuale peggioramento dell'inquinamento acustico.
 3. Valutazione   delle  misure  diverse  dalle  restrizioni
 operative.
 3.1.  Succinta  esposizione delle misure, diverse dalle
 restrizioni  operative, cui si puo' fare ricorso in accordo
 alle opzioni previste dal metodo dell'approccio equilibrato
 di  cui all'art. 3, comma 1, lettera h), anche prendendo in
 considerazione, se del caso, incentivi di ordine economico,
 con  indicazione  delle  principali  ragioni  che  ne hanno
 motivato  la scelta; analisi approfondita di tali misure ed
 informazioni   dettagliate   sul  costo  inerente  la  loro
 adozione;  indicazione del numero di persone che dovrebbero
 beneficiarne e dell'arco temporale in cui verranno attuate;
 valutazione dell'efficacia globale delle singole misure.
 3.2.  Valutazione  dell'efficacia dell'adozione di tali
 misure  rispetto  ai  costi  e del rapporto costi/benefici,
 tenuto  conto  dei  relativi  effetti socio-economici sugli
 operatori aerei, sui viaggiatori e sugli enti locali.
 3.3.  Panoramica  dei  possibili  effetti che le misure
 proposte potrebbero avere sul clima acustico e sull'assetto
 concorrenziale   relativo   agli   altri   aeroporti,  agli
 operatori ed alle altre parti interessate.
 3.4.  Motivazione delle scelte operate e definizione di
 linee  guida  ai  fini  della individuazione delle suddette
 misure da parte delle competenti Commissioni aeroportuali.
 4. Valutazione delle restrizioni operative.
 4.1.   Nel   caso   in  cui  si  valuti  la  necessita'
 dell'introduzione  di restrizioni operative: individuazione
 dei   necessari   piani  di  intervento,  in  funzione  dei
 differenti  scenari  analizzati;  nonche' descrizione delle
 principali ragioni che motivano la scelta, tenuto conto dei
 rapporti   costi/benefici   e   costo/efficacia,  anche  in
 relazione   alle  esigenze  di  sviluppo  del  mercato  del
 trasporto aereo.
 5. Riepilogo di natura non tecnica.
 6. Valutazione dell'esposizione al rumore.
 6.1.  La  valutazione dell'esposizione al rumore (curve
 isofoniche  e  numero  delle persone colpite) e' effettuata
 utilizzando gli indicatori di rumore previsti dal normativa
 comunitaria vigente nell'ordinamento nazionale".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 5 (definizioni)
 
 1.  Ai  fini  della  parte seconda del presente decreto si intende per:
 
 a)  procedimento  di  valutazione  ambientale  strategica  - VAS: l'elaborazione  di  un  rapporto  concernente l'impatto sull'ambiente conseguente  all'attuazione  di  un  determinato piano o programma da adottarsi   o   approvarsi,   lo  svolgimento  di  consultazioni,  la valutazione   del   rapporto   ambientale   e   dei  risultati  delle consultazioni  nell'iter  decisionale  di  approvazione di un piano o programma   e  la  messa  a  disposizione  delle  informazioni  sulla decisione;
 b)  procedimento  di  valutazione  di  impatto  ambientale - VIA: l'elaborazione  di uno studio concernente l'impatto sull'ambiente che puo' derivare dalla realizzazione e dall'esercizio di un'opera il cui progetto   e'   sottoposto   ad  approvazione  o  autorizzazione,  lo svolgimento  di consultazioni, la valutazione dello studio ambientale e   dei   risultati  delle  consultazioni  nell'iter  decisionale  di approvazione  o  autorizzazione  del progetto dell'opera e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione;
 c) impatto ambientale: l'alterazione qualitativa e/o quantitativa dell'ambiente,  inteso  come  sistema  di  relazioni  fra  i  fattori antropici,  fisici, chimici, naturalistici, climatici, paesaggistici, architettonici,    culturali    ed    economici,    in    conseguenza dell'attuazione   sul   territorio  di  piani  o  programmi  o  della realizzazione  di  progetti  relativi a particolari impianti, opere o interventi pubblici o privati, nonche' della messa in esercizio delle relative attivita';
 d)   piani  e  programmi:  tutti  gli  atti  e  provvedimenti  di pianificazione  e  di  programmazione comunque denominati previsti da disposizioni  legislative,  regolamentari o amministrative adottati o approvati  da  autorita' statali, regionali o locali, compresi quelli cofinanziati  dalla  Comunita'  europea,  nonche'  le loro modifiche; salvi   i  casi  in  cui  le  norme  di  settore  vigenti  dispongano altrimenti,  la  valutazione  ambientale  strategica  viene eseguita, prima  dell'approvazione,  sui piani e programmi adottati oppure, ove non sia previsto un atto formale di adozione, sulle proposte di piani o  programmi giunte al grado di elaborazione necessario e sufficiente per la loro presentazione per l'approvazione;
 e)  progetto  di  un'opera  od  intervento:  l'elaborato tecnico, preliminare,  definitivo  o esecutivo concernente la realizzazione di un   impianto,   opera   o   intervento,   compresi   gli  interventi sull'ambiente  naturale  o  sul paesaggio quali quelli destinati allo sfruttamento  delle risorse naturali e del suolo; salvi i casi in cui le  normative vigenti di settore espressamente dispongano altrimenti, la  valutazione  di  impatto  ambientale  viene eseguita sui progetti preliminari  che contengano l'esatta indicazione delle aree impegnate e  delle  caratteristiche  prestazionali  delle  opere da realizzare, oltre   agli  ulteriori  elementi  comunque  ritenuti  utili  per  lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale;
 f)  modifica  sostanziale  di  un piano, programma o progetto: la modifica  di un piano, programma o progetto approvato che, a giudizio dell'autorita'   competente,   possa   avere   effetti  significativi sull'ambiente;
 g) modifica sostanziale di un'opera o intervento: l'intervento su un'opera gia' esistente dal quale derivi un'opera con caratteristiche sostanzialmente  diverse  dalla precedente; per le opere o interventi per i quali nell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto sono  fissate  soglie  dimensionali, costituisce modifica sostanziale anche l'intervento di ampliamento, potenziamento o estensione qualora detto  intervento, in se' considerato, sia pari o superiore al trenta per cento di tali soglie;
 h)  proponente  o committente: l'ente o la pubblica autorita' cui compete  l'adozione  di  un  piano  o  programma o, in genere, che ne richiede  l'approvazione,  nonche' l'ente o la pubblica autorita' che prende l'iniziativa relativa a un progetto pubblico e il soggetto che richiede l'autorizzazione relativa ad un progetto privato;
 i)  rapporto ambientale: lo studio tecnico-scientifico contenente l'individuazione,  la  descrizione  e  la  valutazione  degli effetti significativi  che  l'attuazione  di un determinato piano o programma potrebbe  avere  sull'ambiente, nonche' delle ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma;
 l)  studio  d'impatto  ambientale:  lo studio tecnico-scientifico contenente  una descrizione del progetto con le informazioni relative alla  sua  ubicazione,  concezione e dimensione, l'individuazione, la descrizione  e la valutazione degli effetti significativi che avrebbe la  realizzazione  del  progetto sull'ambiente, nonche' contenente il confronto  con  le  ragionevoli  alternative che possono adottarsi in considerazione   degli  obiettivi,  degli  interessi  e  dei  servizi correlati   all'opera   o  all'intervento  progettato  e  dell'ambito territoriale interessato;
 m)  giudizio  di  compatibilita'  ambientale: l'atto con il quale l'organo  competente  conclude la procedura di valutazione ambientale strategica o di valutazione di impatto ambientale;
 n)  autorizzazione:  la  decisione  dell'autorita' competente che abilita il committente o proponente alla realizzazione del progetto;
 o)  autorita'  competente: l'amministrazione cui compete, in base alla normativa vigente, l'adozione di un provvedimento conclusivo del procedimento o di una sua fase;
 p)  consultazione: l'insieme delle forme di partecipazione, anche diretta, delle altre amministrazioni e del pubblico interessato nella raccolta  e valutazione dei dati ed informazioni che costituiscono il quadro   conoscitivo   necessario   per   esprimere  il  giudizio  di compatibilita' ambientale di un determinato piano o programma o di un determinato progetto;
 q)  pubblico: una o piu' persone fisiche o giuridiche nonche', ai sensi  della  legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;
 r)  pubblico  interessato:  il pubblico che subisce o puo' subire gli  effetti  delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le  organizzazioni  non  governative  che  promuovono  la  protezione dell'ambiente  e  che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale   vigente,   nonche'   le  rappresentanze  qualificate  degli interessi  economici  e  sociali  presenti  nel Consiglio economico e sociale  per le politiche ambientali (CESPA), si considerano titolari di siffatto interesse;
 s)   soggetti   interessati:   chiunque,   tenuto   conto   delle caratteristiche socio-ecomomiche e territoriali del piano o programma sottoposto  a  valutazione  di  impatto  strategico  o  del  progetto sottoposto  a  valutazione  di  impatto  ambientale,  intenda fornire elementi  conoscitivi  e  valutativi  concernenti i possibili effetti dell'intervento medesimo;
 t) procedura di verifica preventiva: il procedimento preliminare, che  precede  la  presentazione  della proposta di piano o programma, oppure la presentazione del progetto, attivato allo scopo di definire se  un  determinato  piano  o  programma  debba  essere  sottoposto a valutazione  ambientale strategica, oppure se un determinato progetto debba  essere  assoggettato  alla procedura di valutazione di impatto ambientale;
 u) fase preliminare: il procedimento che precede la presentazione del progetto, attivato allo scopo di definire, in contraddittorio tra autorita'  competente  e  soggetto  proponente,  le  informazioni che devono essere fornite nello studio di impatto ambientale.
 |  |  |  | Art. 6 Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali
 
 1.  Con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, e' istituita,  presso  il  Ministero  dell'ambiente  e  della tutela del territorio,  la  Commissione  tecnico-consultiva  per  le valutazioni ambientali.  Con  il  medesimo  decreto sono stabilite la durata e le modalita'  per l'organizzazione ed il funzionamento della Commissione stessa.
 2.  La  Commissione  assicura  al  Ministero  dell'ambiente e della tutela   del   territorio   il   supporto   tecnico-scientifico   per l'attuazione  delle  norme  di  cui  alla  parte seconda del presente decreto. In particolare, la Commissione provvede all'istruttoria e si esprime  sui  rapporti ambientali e sugli studi di impatto ambientale relativi  a  piani  e  programmi  oppure  a  progetti rispettivamente sottoposti  a  valutazione  ambientale strategica ed a valutazione di impatto ambientale di competenza statale, e si esprime altresi' sulle autorizzazioni integrate ambientali di competenza statale.
 3.  La  Commissione  e'  composta  da  settantotto membri, oltre al presidente   ed   a   tre   vicepresidenti,   scelti  tra  professori universitari, tra professionisti ed esperti qualificati in sistemi di gestione,  in  misurazioni  e  in  materie  progettuali,  geologiche, ambientali,  giuridiche,  economiche e sociali, nonche' fra dirigenti della pubblica amministrazione.
 4.  L'attivita'  della  Commissione  e'  articolata  in tre settori operativi   facenti   capo   ai  tre  vicepresidenti  e  concernenti, rispettivamente, le seguenti procedure: a) valutazione ambientale strategica; b) valutazione di impatto ambientale; c) prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.
 5.  La Commissione opera, di norma, attraverso sottocommissioni. Le sottocommissioni  sono  composte da un numero variabile di componenti in  ragione  delle  professionalita'  necessarie  per  il completo ed adeguato   esame  della  specifica  pratica.  L'individuazione  delle professionalita'  necessarie spetta al vicepresidente competente. Una volta  individuate  le  figure  professionali  dei  componenti  e del coordinatore   della  sottocommissione,  i  singoli  commissari  sono assegnati alle sottocommissioni sulla base di un predefmito ordine di turnazione.
 6.   In  ragione  degli  specifici  interessi  regionali  coinvolti dall'esercizio di una attivita' soggetta alle norme di cui alla parte seconda   del  presente  decreto,  la  relativa  sottocommissione  e' integrata   dall'esperto   designato   da   ciascuna   delle  regioni direttamente interessate per territorio dall'attivita'.
 7.  Ai  fini  di  cui  al  comma  6,  le  amministrazioni regionali direttamente   interessate  per  territorio  segnalano  al  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio il proprio interesse.
 8.  Qualora  le  amministrazioni  di  cui  al  comma  7 non abbiano provveduto  alla  designazione  degli esperti, la sottocommissione e' costituita   nella   composizione   ordinaria   e   procede  comunque all'istruttoria   affidatale,   ferma  restando  la  possibilita'  di successiva  integrazione  della  sua composizione, nel rispetto dello stadio di elaborazione e delle eventuali conclusioni parziali cui sia gia' pervenuta.
 |  |  |  | ART. 7 (ambito d'applicazione)
 
 1.  Sono  soggetti a valutazione ambientale strategica i piani e i programmi  di  cui al comma 2, nonche', qualora possano avere effetti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale, quelli di cui ai  commi  3  e  4. Sono altresi' sottoposte a valutazione ambientale strategica le modifiche di cui al comma 5.
 
 2.  Fatta salva la disposizione di cui al comma 3, sono sottoposti a valutazione ambientale strategica:
 
 a)  i  piani  e  i  programmi che presentino entrambi i requisiti seguenti:
 
 1)  concernano  i  settori  agricolo,  forestale,  della  pesca, energetico,  industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli;
 2)  contengano  la  definizione  del  quadro  di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la   realizzazione  di  opere  ed  interventi  i  cui  progetti  sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale in base alla normativa vigente;
 
 b)  i  piani e i programmi concernenti i siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli  classificati  come  siti  di  importanza  comunitaria  per la protezione  degli  habitat  naturali  e  della  flora  e  della fauna selvatica.
 
 3.  Sono altresi' sottoposti a valutazione ambientale strategica i piani  e i programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, contenenti la   definizione   del  quadro  di  riferimento  per  l'approvazione, l'autorizzazione,    l'area   di   localizzazione   o   comunque   la realizzazione  di opere ed interventi i cui progetti, pur non essendo sottoposti  a valutazione di impatto ambientale in base alle presenti norme,  possono  tuttavia avere effetti significativi sull'ambiente e sul   patrimonio   culturale,   a   giudizio  della  sottocommissione competente per la valutazione ambientale strategica.
 
 4.  I  piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e le modifiche dei piani e programmi di  cui ai commi 2 e 3 che siano gia' stati approvati sono sottoposti a  valutazione  ambientale  strategica  solo se possono avere effetti significativi sull'ambiente.
 
 5.  Ai  fini  dell'applicazione  dei  commi  3  e  4,  l'autorita' competente   all'approvazione   del   piano   o  del  programma  deve preliminarmente  verificare se lo specifico piano o programma oggetto di  approvazione  possa  avere  effetti  significativi  sull'ambiente secondo  i  criteri  di  cui  all'Allegato  II alla parte seconda del presente  decreto.  Analoga  verifica  deve essere eseguita quando si tratti  di  approvare  una  modifica  di  un  piano  o programma gia' approvato.
 
 6.  Nell'esame dei singoli casi e nella specificazione dei tipi di piani  e  di  programmi di cui al comma 2 devono essere consultate le altre  autorita'  che,  per le loro specifiche competenze ambientali, possono   essere   interessate   agli  effetti  sull'ambiente  dovuti all'applicazione  del  piano  o  del programma oggetto d'esame. Per i piani  ed  i  programmi  la  cui approvazione compete ad organi dello Stato  deve  comunque essere acquisito il parere della Commissione di cui all'articolo 6.
 
 7.  Le  conclusioni adottate ai sensi dei commi 5 e 6, comprese le motivazioni  del  mancato  esperimento  della  valutazione ambientale strategica, debbono essere messe a disposizione del pubblico.
 
 8.  Sono comunque esclusi dal campo di applicazione delle norme di cui alla parte seconda del presente decreto:
 
 a)  i  piani  e  i  programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa  nazionale  caratterizzati  da  somma  urgenza  o  coperti dal segreto di Stato;
 b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;
 c)  i  piani  e i programmi relativi agli interventi di telefonia mobile  soggetti alle disposizioni di cui all'articolo 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.
 |  |  |  | ART. 8 (integrazione della valutazione ambientale nei procedimenti
 di pianificazione)
 
 1.  La  valutazione  ambientale  strategica deve essere effettuata durante   la   fase   preparatoria  del  piano  o  del  programma  ed anteriormente   alla   sua   approvazione   in   sede  legislativa  o amministrativa.
 
 2.  Le  procedure amministrative previste dal presente titolo sono integrate  nelle  procedure  ordinarie  in  vigore  per l'adozione ed approvazione dei piani e dei programmi.
 
 3.  Nel  caso  di  piani  e programmi gerarchicamente ordinati, le autorita'  competenti  all'approvazione dei singoli piani o programmi tengono  conto,  al  fine di evitare duplicazioni del giudizio, delle valutazioni  gia'  effettuate  ai  fini  dell'approvazione  del piano sovraordinato e di quelle da effettuarsi per l'approvazione dei piani sottordinati.
 |  |  |  | ART. 9 (rapporto ambientale)
 
 1.  Per  i piani e i programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica  deve  essere redatto, prima ed ai fini dell'approvazione, un  rapporto  ambientale,  che  costituisce  parte  integrante  della documentazione  del  piano  o  del programma proposto o adottato e da approvarsi.
 
 2. Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati  gli  effetti significativi che l'attuazione del piano o del programma  proposto  potrebbe  avere  sull'ambiente  e sul patrimonio culturale,  nonche'  le ragionevoli alternative che possono adottarsi in  considerazione  degli  obiettivi  e  dell'ambito territoriale del piano  o  del  programma  stesso. L'Allegato I alla parte seconda del presente  decreto riporta le informazioni da fornire a tale scopo nei limiti  in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del  livello  delle  conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma e, nei  casi  di processi di pianificazione a piu' livelli, tenuto conto che   taluni  aspetti  sono  piu'  adeguatamente  valutati  in  altre successive fasi di detto iter.
 
 3.  Per  redigere il rapporto ambientale possono essere utilizzate le informazioni di cui all'Allegato I alla parte seconda del presente decreto, concernenti gli effetti ambientali del piano e del programma oggetto  di  valutazione,  che  siano  comunque  disponibili  e anche qualora siano state ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni normative.
 
 4.  Il  proponente ha la facolta' di attivare una fase preliminare allo   scopo   di   definire,   in  contraddittorio  con  l'autorita' competente,  le  informazioni  che devono essere fornite nel rapporto ambientale.
 
 5.  Le  altre  autorita'  che,  per  le loro specifiche competenze ambientali,  possono  essere  interessate  agli effetti sull'ambiente dovuti  all'applicazione  del  piano  o del programma oggetto d'esame devono  essere  consultate  al  momento della decisione sulla portata delle  informazioni  da  includere nel rapporto ambientale e sul loro livello di dettaglio.
 
 6.  Al  rapporto  ambientale  deve essere allegata una sintesi non tecnica  dei  contenuti  del piano o programma proposto e degli altri dati ed informazioni contenuti nel rapporto stesso.
 |  |  |  | ART. 10 (consultazioni)
 
 1. Prima dell'approvazione, il piano o programma adottato, oppure, qualora  non sia previsto un atto formale di adozione, la proposta di piano  o  di  programma  ed  il  rapporto  ambientale redatto a norma dell'articolo  9  devono  essere  messi  a  disposizione  delle altre autorita'  che,  per  le  loro  specifiche  competenze  ambientali  o paesaggistiche,  esercitano  funzioni  amministrative  correlate agli effetti   sull'ambiente  dovuti  all'applicazione  del  piano  o  del programma e del pubblico.
 
 2.  Ai  fini di cui al comma 1 e di cui al comma 4, la proposta di piano o di programma ed il relativo rapporto ambientale devono essere inviati  a  tutte  le  menzionate  altre  autorita'.  La  sintesi non tecnica,  con  indicazione  delle  sedi ove puo' essere presa visione della  documentazione  integrale,  deve  essere depositata in congruo numero  di  copie presso gli uffici delle province e delle regioni il cui  territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli effetti della sua attuazione.
 
 3.  Dell'avvenuto  invio  e deposito di cui al comma 2 deve essere data  notizia  a  mezzo  stampa  secondo  le  modalita' stabilite con apposito  regolamento,  che  assicura criteri uniformi di pubblicita' per  tutti  i  piani  e programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica,  garantendo  che il pubblico interessato venga in tutti i casi  adeguatamente  informato.  Il medesimo regolamento stabilisce i casi  e  le  modalita'  per  la  contemporanea pubblicazione totale o parziale  in  internet della proposta di piano o programma e relativo rapporto  ambientale.  Il regolamento deve essere emanato con decreto del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio entro novanta  giorni  dalla  data di entrata in vigore della parte seconda del  presente  decreto. Fino all'entrata in vigore del regolamento le pubblicazioni  vanno  eseguite  a cura e spese dell'interessato in un quotidiano  a  diffusione  nazionale ed in un quotidiano a diffusione regionale per ciascuna regione direttamente interessata.
 
 4.  Entro  il termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione della  notizia di avvenuto deposito e dell'eventuale pubblicazione in internet  ai  sensi  del  comma  3,  chiunque ne abbia interesse puo' prendere  visione  della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale depositati e pubblicizzati a norma dei commi 1, 2 e  3.  Entro  lo  stesso  termine  chiunque  puo'  presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.
 
 5.  I  depositi  e le pubblicazioni, di cui ai commi 2 e 3, con le connesse   e   conseguenti   consultazioni,   di   cui  al  comma  4, sostituiscono  ad  ogni  effetto  tutte  le  forme  di informazione e partecipazione  eventualmente  previste  dalle procedure ordinarie di adozione ed approvazione dei medesimi piani o programmi.
 |  |  |  | ART. 11 (consultazioni transfrontaliere)
 
 1.  Qualora l'attuazione di un determinato piano o di un programma sottoposto  a  valutazione  ambientale strategica possa avere effetti significativi   anche   sull'ambiente   di   un  altro  Stato  membro dell'Unione  europea,  o  qualora  lo  richieda  lo  Stato membro che potrebbe  essere  interessato  in  misura  significativa,  una  copia integrale  della  proposta  di  piano  o  di programma e del rapporto ambientale,  redatto  a norma dell'articolo 9, deve essere trasmessa, prima  della  approvazione  del  piano o del programma, anche a detto Stato  membro interessato, invitandolo ad esprimere il proprio parere entro   il   termine   di   sessanta  giorni  dal  ricevimento  della documentazione trasmessa.
 
 2.  Qualora  lo  Stato membro, cui sia stata trasmessa copia della proposta  di  piano o di programma e del rapporto ambientale ai sensi del  comma  1,  entro  il  termine  di  trenta giorni dal ricevimento comunichi  che,  per esprimere il proprio parere, intende procedere a consultazioni,  l'autorita'  competente  deve  concedere  un  congruo termine, comunque non superiore a novanta giorni, per consentire allo Stato membro di procedere alle consultazioni al proprio interno delle autorita'  e  del  pubblico  interessato.  Nel  frattempo  ogni altro termine resta sospeso.
 |  |  |  | ART. 12 (giudizio di compatibilita' ambientale ed approvazione
 del piano o programma proposto)
 
 1.  Prima dell'approvazione del piano o del programma sottoposto a valutazione  ambientale strategica devono essere esaminati e valutati il  rapporto  ambientale  redatto  ai sensi dell'articolo 9, i pareri espressi  ai  sensi dell'articolo 10, nonche' gli eventuali pareri di altri Stati membri resi ai sensi dell'articolo 11.
 
 2.  In  base  agli  esiti dell'esame e delle valutazioni di cui al comma  1,  l'autorita'  preposta  alla  valutazione ambientale, entro sessanta  giorni  dalla  scadenza  dell'ultimo  termine  utile per la presentazione  dei  pareri  di  cui agli articoli 10 ed 11, emette il giudizio di compatibilita' ambientale contenente un parere ambientale articolato e motivato che costituisce presupposto per la prosecuzione del  procedimento  di  approvazione  del  piano  o  del programma. Il giudizio   di  compatibilita'  ambientale  puo'  essere  condizionato all'adozione  di  specifiche modifiche ed integrazioni della proposta del  piano  o  programma  valutato.  In  tali ipotesi, il giudizio e' trasmesso  al  proponente  con  invito  a  provvedere alle necessarie varianti   prima   di   ripresentare   il   piano   o  programma  per l'approvazione.  L'inutile  decorso  del  termine  di cui al presente comma   implica  l'esercizio  del  potere  sostituivo  da  parte  del Consiglio  dei  Ministri,  che provvede entro sessanta giorni, previa diffida  all'organo competente ad adempiere entro il termine di venti giorni,  anche  su istanza delle parti interessate. In difetto, per i piani  e  i  programmi  sottoposti  a  valutazione ambientale in sede statale,  si  intende  emesso  giudizio negativo sulla compatibilita' ambientale  del  piano  o  programma  presentato.  Per  i  piani  e i programmi sottoposti a valutazione ambientale in sede non statale, si applicano   le   disposizioni  di  cui  al  periodo  precedente  fino all'entrata  in  vigore  di apposite norme regionali e delle province autonome,  da  adottarsi  nel  rispetto  della disciplina comunitaria vigente in materia.
 
 3. L'approvazione del piano o del programma tiene conto del parere di  cui  al comma 2. A tal fine il provvedimento di approvazione deve essere  accompagnato  da  una  dichiarazione  di  sintesi  in  cui si illustra   in  che  modo  le  considerazioni  ambientali  sono  state integrate  nel  piano  o  programma  e  come  si  e' tenuto conto del rapporto  ambientale  redatto  ai  sensi  dell'articolo 9, dei pareri espressi   ai   sensi   dell'articolo   10   e  dei  risultati  delle consultazioni  avviate  ai sensi dell'articolo 11, nonche' le ragioni per  le quali e' stato scelto il piano o il programma adottato, anche rispetto  alle alternative possibili che erano state individuate, ed, infine, le misure adottate in merito al monitoraggio.
 
 4.  Qualora  nel  corso  dell'istruttoria per l'approvazione di un piano  o  programma da sottoporsi a valutazione ambientale strategica ai sensi dell'articolo 7 venga rilevato che la relativa procedura non e'  stata  attivata, l'autorita' competente all'approvazione di detto piano  o  programma  invita formalmente il proponente a provvedere ad attivare  detta  procedura e contestualmente sospende il procedimento di approvazione.
 |  |  |  | ART. 13 (informazioni circa la decisione)
 1. I giudizi di compatibilita' ambientale e i provvedimenti di
 approvazione  di cui, rispettivamente, ai commi 2 e 3 dell'articolo 12  devono  essere posti a disposizione del pubblico, unitamente alla relativa  documentazione,  da  parte  del proponente, che e' tenuto a darne  notizia  a  mezzo  stampa  secondo  le  modalita'  fissate dal regolamento di cui all'articolo 10, comma 3.
 2.   I   medesimi   giudizi   di   compatibilita'  ambientale  e  i provvedimenti  di  approvazione  sono  trasmessi  in  copia integrale dall'autorita'  competente  alle altre autorita' ed agli Stati membri che  abbiano partecipato alle consultazioni di cui agli articoli 10 e 11.
 |  |  |  | ART. 14 (monitoraggio)
 1. Le autorita' preposte all'approvazione dei piani o dei
 programmi   esercitano,   avvalendosi  del  sistema  delle  Agenzie ambientali,  il  controllo  sugli  effetti  ambientali  significativi derivanti  dall'attuazione  dei  piani  e dei programmi approvati, al fine,   tra  l'altro,  di  individuare  tempestivamente  gli  effetti negativi  imprevisti  e  di  essere in grado di adottare le opportune misure correttive.
 2.   Per  conformarsi  al  disposto  del  comma  1,  devono  essere impiegati, per quanto possibile, i meccanismi di controllo esistenti, al fine di evitare la duplicazione del monitoraggio.
 3.  Delle  misure  correttive adottate ai sensi del comma 1 e' data notizia al pubblico a mezzo stampa secondo le modalita' stabilite dal regolamento di cui all'articolo 10, comma 3.
 |  |  |  | ART. 15 (piani e programmi sottoposti a vas in sede statale)
 
 1.  Sono  sottoposti  a  valutazione ambientale strategica in sede statale i piani e programmi di cui all'articolo 7 la cui approvazione compete ad organi dello Stato.
 
 2.  Per  la valutazione ambientale dei piani e programmi di cui al comma 1, le disposizioni del presente capo integrano e specificano le disposizioni  del  capo  I;  queste  ultime si applicano anche per la valutazione  dei  progetti  di  cui  al  comma 1 ove non diversamente disposto nel presente capo II.
 |  |  |  | ART. 16 (avvio del procedimento)
 
 1.  Per  i  piani  e  programmi  di  cui  all'articolo  15,  prima dell'avvio  del  procedimento  di  approvazione  il piano o programma adottato  o  comunque  proposto  deve essere inoltrato, corredato dal rapporto  ambientale  e  dalla  sintesi  non  tecnica,  al  Ministero dell'ambiente  e della tutela del territorio, al Ministero per i beni e  le attivita' culturali, alla Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni  ambientali  di cui all'articolo 6 e agli altri Ministeri eventualmente interessati.
 
 2.  Per  i  piani  e  programmi  di  cui  all'articolo  15,  prima dell'avvio  del  procedimento di approvazione, ai sensi dell'articolo 10,  commi 1 e 2, presso gli uffici delle province e delle regioni il cui  territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o  programma  o  dagli  effetti  della  sua  attuazione  deve  essere depositato un congruo numero di copie della sintesi non tecnica; alle regioni  deve  essere inviata anche copia integrale della proposta di piano o programma e del rapporto ambientale.
 
 3.  La  notizia  degli  avvenuti  depositi  ed  invii  deve essere pubblicata nei modi previsti dall'articolo 10, comma 3.
 
 4.  Nelle  fasi  di  cui  agli  articoli  19  e 20, se esperite, e comunque  all'avvio  dell'istruttoria,  in  ragione  delle specifiche caratteristiche  del  piano  o programma proposto ed anche su istanza del proponente, possono essere fissate specifiche e diverse modalita' di  pubblicazione e di informazione, a seconda dei casi, integrando o semplificando  quelle  di  cui ai commi 2 e 3. Qualora tali modifiche vengano  disposte  in  sede  di  istruttoria  e comportino il rinnovo dell'avviso  a  mezzo  stampa  di cui al comma 3, tutti i termini del procedimento  vengono  interrotti  e  ricominciano  a decorrere dalla pubblicazione del nuovo annuncio.
 |  |  |  | ART. 17 (istruttoria e adozione del giudizio di compatibilita' ambientale)
 
 1.  Le attivita' tecnico-istruttorie per la valutazione ambientale strategica  dei  piani  e  programmi  la  cui approvazione compete ad organi  dello Stato sono svolte dalla Commissione di cui all'articolo 6.  A  tal  fine,  il vicepresidente competente, per ogni proposta di piano  o  programma  inviatagli  ai  sensi dell'articolo 16, comma 1, provvede  alla  costituzione  di  apposita sottocommissione secondo i criteri   di  cui  all'articolo  6,  comma  5;  ove  ne  ricorrano  i presupposti la sottocommissione e' integrata ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 6.
 
 2.   Ove   la  sottocommissione  verifichi  l'incompletezza  della documentazione  presentata, ne puo' richiedere l'integrazione. In tal caso  i  termini del procedimento restano sospesi fino al ricevimento delle integrazioni richieste.
 
 3.  La  sottocommissione  incaricata  acquisisce e valuta tutta la documentazione  presentata,  nonche'  le  osservazioni,  obiezioni  e suggerimenti inoltrati ai sensi degli articoli 10 e 11, ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di trenta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui agli articoli 10 e 11, fatta comunque  salva  la  sospensione  eventualmente disposta ai sensi del comma 2.
 
 4.  In  caso di ritardo, e previa diffida a provvedere entro dieci giorni,  anche su istanza delle parti interessate, tutti i poteri dei vicepresidenti sono esercitati dal Presidente della Commissione.
 
 5.  Il  parere  espresso  dalla sottocommissione e' immediatamente trasmesso   da   parte  del  competente  vicepresidente  al  Ministro dell'ambiente  e della tutela del territorio, che, di concerto con il Ministro  per  i  beni  e  le  attivita'  culturali e con il Ministro proponente,  entro  i  successivi trenta giorni provvede all'adozione del giudizio di compatibilita' ambientale.
 
 6.  L'inutile  decorso  del  termine  di  cui  al  comma 5 implica l'esercizio   del  potere  sostituivo  da  parte  del  Consiglio  dei Ministri, ai sensi e con gli effetti di cui all'articolo 12, comma 2.
 |  |  |  | ART. 18 (effetti del giudizio di compatibilita' ambientale)
 
 1.  Le  proposte  di  piani  e  programmi sottoposte a valutazione ambientale  strategica,  anche  qualora siano gia' state adottate con atto  formale, sono riviste e, se necessario, riformulate, sulla base del giudizio di compatibilita' ambientale reso ai sensi dell'articolo 17.
 
 2.  Ai  fini  di  quanto  disposto  dall'articolo  4,  comma 3, il giudizio di compatibilita' ambientale e' comunque allegato al piano o programma inoltrato per l'approvazione.
 
 3.  Ai  fini  dell'approvazione  del  piano o programma si applica l'articolo 12, comma 3.
 |  |  |  | ART. 19 (procedura di verifica preventiva)
 
 1.  I  piani  e programmi diversi da quelli di cui all'articolo 7, comma 2, ma comunque concernenti i settori agricolo, forestale, della pesca,  energetico,  industriale,  dei  trasporti, della gestione dei rifiuti  e  delle  acque,  delle  telecomunicazioni, turistico, della pianificazione  territoriale  o della destinazione dei suoli, nonche' le  modifiche  di  detti  piani  e  programmi  sono  sottoposti  alla procedura di verifica al fine di accertare se ricorrano i presupposti di cui ai commi 3, 4 e 5 del medesimo articolo 7.
 
 2.    La    verifica   e'   eseguita   dall'autorita'   competente all'approvazione dei piani o dei programmi, su istanza del proponente ed  acquisito  il parere della Commissione di cui all'articolo 6, che si  pronuncia,  in  base ai criteri di cui all'Allegato II alla parte seconda  del presente decreto, entro trenta giorni dalla richiesta. A tal  fine  l'istanza di verifica, unitamente alla proposta di piano o programma ed ai relativi documenti allegati, deve essere inoltrata in copia  a  detta  Commissione  al  fine  di  consentire  la tempestiva costituzione   della  sottocommissione  incaricata  di  esprimere  il parere.  In  caso  di  esito positivo, alla sottocommissione nominata viene  poi  assegnata  anche  l'istruttoria  di  cui all'articolo 17; inoltre,  tenuto  conto  delle specifiche caratteristiche del piano o programma  proposto,  possono  contestualmente  essere  precisate  le modalita'  di  informazione, anche in deroga alle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 16.
 
 3.  Qualora  nel  corso  dell'istruttoria per l'approvazione di un nuovo  piano  o  programma, o di una modifica ad un piano o programma gia' approvato, venga rilevato che non e' stata esperita la procedura di  verifica  di  cui  ai  commi  1  e  2, tale procedura e' attivata dall'autorita'  competente  all'approvazione,  la  quale, a tal fine, trasmette   alla   Commissione   di   cui  all'articolo  6  tutta  la documentazione  utile  in proprio possesso e contestualmente sospende il procedimento di approvazione.
 |  |  |  | ART. 20 (fase preliminare)
 
 1.  Per  i  piani  e programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica  in  sede statale, la fase preliminare di cui all'articolo 9,  comma  4,  avviene  in  contraddittorio  tra  il  proponente e la Commissione di cui all'articolo 6.
 
 2.  Ai  fini  di  cui  al comma 1, il proponente interessato ha la facolta'  di  richiedere direttamente al vicepresidente competente la costituzione,  secondo  i criteri di cui all'articolo 6, commi 5 e 6, di apposita sottocommissione con la quale interloquire.
 
 3.   Al   termine  della  fase  preliminare,  la  sottocommissione incaricata,  sentite,  ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 9,  comma  5,  le  regioni  territorialmente  interessate,  redige un verbale  indicante  puntualmente  tutte  le  informazioni che debbono essere  incluse  nel  rapporto  ambientale  ed il relativo livello di dettaglio.  Con  lo  stesso  verbale,  tenuto  conto delle specifiche caratteristiche  del  piano  o  programma  proposto,  possono  essere precisate le modalita' di informazione anche in deroga ai commi 2 e 3 dell'articolo 16.
 
 4.  Alla  sottocommissione  incaricata  per  la  fase  preliminare compete anche l'istruttoria di cui all'articolo 17.
 |  |  |  | ART. 21 (piani e programmi sottoposti a vas in sede regionale o provinciale) 
 1.  Sono  sottoposti  a  valutazione ambientale strategica in sede regionale  o provinciale i piani e programmi di cui all'articolo 7 la cui approvazione compete alle regioni o agli enti locali.
 |  |  |  | ART. 22 (procedure di vas in sede regionale o provinciale)
 
 1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14, le regioni e le province autonome di Trento e di  Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le procedure per la valutazione ambientale strategica dei piani e programmi di cui all'articolo 21.
 
 2.  Fino  all'entrata  in  vigore  delle  discipline  regionali  e provinciali  di  cui al comma 1, trovano applicazione le disposizioni di cui alla parte seconda del presente decreto.
 |  |  |  | ART. 23 (ambito di applicazione)
 
 1.  Sono  assoggettati  alla  procedura  di valutazione di impatto ambientale:
 
 a)  i  progetti  di cui all'elenco A dell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto, ovunque ubicati;
 b)  i  progetti  di cui all'elenco B dell'Allegato III alla parte seconda  del  presente  decreto  che  ricadano,  anche  parzialmente, all'interno  di  aree  naturali  protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394;
 c) i progetti elencati di cui all'elenco B dell'Allegato III alla parte  seconda del presente decreto che non ricadano in aree naturali protette, ma che, sulla base degli elementi indicati nell'Allegato IV alla  parte  seconda  del presente decreto, a giudizio dell'autorita' competente  richiedano  ugualmente  lo svolgimento della procedura di valutazione d'impatto ambientale;
 d)  i  progetti  di  specifiche opere o interventi per i quali la procedura  di  valutazione  di  impatto  ambientale sia espressamente prescritta  dalle  leggi  speciali  di settore che disciplinano dette opere o interventi.
 
 2.  Per  i  progetti  di  opere o di interventi di cui al comma 1, lettera  a),  ricadenti  all'interno  di  aree  naturali protette, le soglie  dimensionali,  ove  previste,  sono ridotte del cinquanta per cento.
 
 3. La medesima procedura si applica anche agli interventi su opere gia'  esistenti,  non rientranti nelle categorie del comma 1, qualora da  tali  interventi  derivi  un'opera  che  rientra  nelle categorie stesse.  Si  applica  altresi' alle modifiche sostanziali di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui al comma 1, lettere a) e b).
 
 4.  Possono  essere esclusi dal campo di applicazione del presente titolo  i progetti di seguito elencati che, a giudizio dell'autorita' competente,   non   richiedano  lo  svolgimento  della  procedura  di valutazione di impatto ambientale:
 
 a)   i   progetti  relativi  ad  opere  ed  interventi  destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale;
 b)   i   progetti  relativi  ad  opere  ed  interventi  destinati esclusivamente  a  scopi  di  protezione  civile,  oppure disposti in situazioni   di  necessita'  e  d'urgenza  a  scopi  di  salvaguardia dell'incolumita'  delle  persone da un pericolo imminente o a seguito di calamita';
 c)  i  progetti  relativi  ad  opere di carattere temporaneo, ivi comprese  quelle necessarie esclusivamente ai fini dell'esecuzione di interventi di bonifica autorizzati.
 
 5.  Per i progetti di cui ai commi 1, lettera c), e 4, lettere a), b)  e c), si applica la procedura di verifica di cui all'articolo 32. Nel  corso  di  tale  procedura di verifica, per i progetti di cui al comma  4  l'autorita'  competente  comunica alla Commissione europea, prima   del   rilascio   dell'eventuale   esenzione,   i  motivi  che giustificano  tale  esenzione  ai  sensi  dell'articolo  2,  comma 3, lettera c), della direttiva 85/337/CEE.
 
 6.   Ai   fini   dell'applicazione  dell'articolo  4  del  decreto legislativo  17  gennaio  2005,  n.  13,  per i progetti aeroportuali assoggettati  alla  procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi  della  parte seconda del presente decreto tale procedura tiene conto  delle  prescrizioni  definite  nell'allegato  2  del  medesimo decreto legislativo 17 gennaio 2005, n. 13.
 
 7.  Nel  caso  di  opere  ed interventi di somma urgenza destinati esclusivamente  alla  difesa nazionale di cui al comma 4, lettera a), il  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio dispone, su proposta  del  Ministro della difesa, l'esenzione da ogni verifica di compatibilita'  ambientale  soltanto per i progetti relativi a lavori coperti da segreto di Stato.
 |  |  |  | ART. 24 (finalita' della via)
 
 1.   La  procedura  di  valutazione  di  impatto  ambientale  deve assicurare che:
 
 a)  nei  processi  di  formazione  delle  decisioni relative alla realizzazione  di  progetti  individuati  negli  Allegati  alla parte seconda  del  presente  decreto  siano  considerati  gli obiettivi di proteggere la salute e di migliorare la qualita' della vita umana, al fine  di  contribuire  con  un  migliore ambiente alla qualita' della vita,  provvedere  al  mantenimento  della  varieta'  delle  specie e conservare  la  capacita'  di  riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa  essenziale di vita, nonche' gli obiettivi di garantire l'uso plurimo  delle  risorse  naturali,  dei  beni pubblici destinati alla fruizione collettiva, e di assicurare lo sviluppo sostenibile;
 b)  per  ciascun  progetto  siano valutati gli effetti diretti ed indiretti  della  sua  realizzazione  sull'uomo,  sulla  fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull'aria, sul  clima,  sul  paesaggio e sull'interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale ed ambientale;
 c)  per  ciascun progetto siano esplicitate le principali ragioni della scelta fra le alternative proposte dal committente;
 d)  in  ogni  fase  della procedura siano garantiti lo scambio di informazioni   e  la  consultazione  tra  il  soggetto  proponente  e l'autorita' competente;
 e)   siano  garantite  l'informazione  e  la  partecipazione  del pubblico al procedimento;
 f)  siano  conseguite la semplificazione, la razionalizzazione ed il  coordinamento  delle  valutazioni  e  degli atti autorizzativi in materia ambientale.
 |  |  |  | ART. 25 (competenze e procedure)
 
 1. La valutazione di impatto ambientale compete:
 
 a)   per   i  progetti  di  opere  ed  interventi  sottoposti  ad autorizzazione   statale  e  per  quelli  aventi  impatto  ambientale interregionale  o  internazionale,  al Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio,  di concerto con il Ministro per i beni e le attivita'  culturali, secondo le disposizioni di cui al presente capo I ed al capo II;
 b)  negli  altri  casi, all'autorita' individuata dalla regione o dalla  provincia  autonoma  con  propria  legge,  tenuto  conto delle attribuzioni  della  competenza  al rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione  delle varie opere ed interventi e secondo le procedure dalla  stessa  stabilite  sulla  base dei criteri direttivi di cui al capo  III  del presente titolo, ferme restando le disposizioni comuni di cui al presente capo I.
 |  |  |  | ART. 26 (fase introduttiva del procedimento)
 
 1.  Il  committente  o  proponente  l'opera  o  l'intervento  deve inoltrare  all'autorita'  competente  apposita  domanda  allegando il progetto, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica.
 
 2.  Copia integrale della domanda di cui al comma 1 e dei relativi allegati  deve  essere  trasmessa  alle  regioni, alle province ed ai comuni  interessati  e,  nel caso di aree naturali protette, anche ai relativi  enti di gestione, che devono esprimere il loro parere entro sessanta  giorni  dal ricevimento della domanda. Decorso tale termine l'autorita' competente rende il giudizio di compatibilita' ambientale anche in assenza dei predetti pareri.
 
 3.  In  ragione  delle  specifiche  caratteristiche dimensionali e funzionali  dell'opera o intervento progettato, ovvero in ragione del numero   degli   enti   locali  potenzialmente  interessati  e  della dimensione  documentale del progetto e del relativo studio di impatto ambientale,  il  committente  o  proponente, attivando a tal fine una specifica  fase  preliminare,  puo'  chiedere di essere in tutto o in parte esonerato dagli adempimenti di cui al comma 2, ovvero di essere autorizzato ad adottare altri sistemi di divulgazione appropriati.
 
 4.  Fatto  salvo quanto previsto all'articolo 29, comma 5, in caso di   recepimento   di   pareti,  osservazioni  o  rilievi,  eventuali integrazioni  allo  studio  trasmesso  o alla documentazione allegata possono  essere  richiesti, con indicazione di un congruo termine per la  risposta, ovvero presentati dal committente o proponente, per una sola  volta. In tali ipotesi tutti i termini del procedimento vengono interrotti  e  ricominciano a decorrere dalla data di ricezione della documentazione   integrativa.  Nel  caso  in  cui  l'interessato  non ottemperi,  non  si procede all'ulteriore corso della valutazione. E' facolta' del committente o proponente presentare una nuova domanda.
 |  |  |  | ART. 27 (studio di impatto ambientale)
 
 1.  Lo  studio di impatto ambientale e' predisposto a cura e spese del   committente   o  proponente,  secondo  le  indicazioni  di  cui all'Allegato V alla parte seconda del presente decreto.
 
 2.  Per  i  progetti  che  sono sottoposti a valutazione d'impatto ambientale,   e'   facolta'   del  committente  o  proponente,  prima dell'avvio  del  procedimento  di  valutazione di impatto ambientale, richiedere  all'autorita'  competente  che  venga  esperita  una fase preliminare  avente  lo  scopo  di  definire,  in contraddittorio con l'autorita'  medesima, le informazioni, comprese nell'Allegato V alla parte seconda del presente decreto, che devono essere contenute nello studio   di  impatto  ambientale.  A  tale  fine,  il  committente  o proponente     presenta     una    relazione    che,    sulla    base dell'identificazione  degli  impatti  ambientali attesi, definisce il piano  di lavoro per la redazione dello studio di impatto ambientale, le   metodologie   che  intende  adottare  per  l'elaborazione  delle informazioni   in   esso   contenute   e   il   relativo  livello  di approfondimento.  L'autorita' competente, anche nel caso in cui detto parere  sia  stato  reso,  puo' chiedere al committente o proponente, successivamente  all'avvio  della procedura di valutazione di impatto ambiental e, chiarimenti e integrazioni in merito alla documentazione presentata.
 
 3.  Le  altre  autorita'  che,  per  le loro specifiche competenze ambientali,  possono  essere  interessate  agli effetti sull'ambiente dovuti  alla  realizzazione  e  all'esercizio dell'opera o intervento progettato  devono  essere  consultate,  al  momento della decisione, sulla portata delle informazioni da includere nello studio di impatto ambientale e sul loro livello di dettaglio.
 
 4.  Le  informazioni richieste devono essere coerenti con il grado di   approfondimento   necessario   e   strettamente  attinenti  alle caratteristiche specifiche di un determinato tipo di progetto e delle componenti  dell'ambiente che possono subire un pregiudizio, anche in relazione  alla  localizzazione  dell'intervento,  tenuto conto delle conoscenze  e  dei  metodi  di  valutazione  disponibili.  Qualora il committente  o proponente ritenga che alcune informazioni non debbano essere   diffuse   per  ragioni  di  riservatezza  imprenditoriale  o personale,  di  tutela  della  proprieta'  intellettuale, di pubblica sicurezza  o  di  difesa  nazionale,  puo'  produrre, unitamente alla versione  completa,  anche  una  versione  dello  studio  di  impatto ambientale  priva  di  dette  informazioni.  L'autorita'  competente, valutate  le  ragioni  di  riservatezza  addotte dal proponente, puo' disporre  che  la consultazione dello studio di impatto ambientale da parte del pubblico interessato sia limitata a tale versione.
 
 5.  Lo studio di impatto ambientale deve comunque contenere almeno le seguenti informazioni:
 
 a)  una  descrizione  del progetto con informazioni relative alle sue caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue dimensioni;
 b)  una  descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli effetti negativi rilevanti;
 c)  i  dati  necessari  per  individuare  e valutare i principali effetti sull'ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto puo' produrre, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio;
 d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame  dal committente, ivi compresa la cosiddetta "pzione zero", con indicazione  delle  principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale;
 e)  una  valutazione del rapporto costi-benefici del progetto dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
 
 6.  Allo  studio  di  impatto  ambientale deve essere allegata una sintesi  non  tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali dell'opera  o  intervento  progettato  e  dei  dati  ed  informazioni contenuti nello studio stesso.
 
 7.  Ai  fini  della  predisposizione  dello  studio,  il  soggetto pubblico o privato interessato alla realizzazione delle opere o degli impianti   ha   diritto  di  accesso  alle  informazioni  e  ai  dati disponibili presso gli uffici delle amministrazioni pubbliche.
 |  |  |  | ART. 28 (misure di pubblicita)
 
 1.  Le  amministrazioni  dello  Stato,  le  regioni  e le province autonome  di  Trento  e  di Bolzano assicurano l'individuazione degli uffici  presso  i quali, in via permanente o per casi specifici, sono depositati  e  consultabili  dal  pubblico  i  documenti  e  gli atti inerenti   i   procedimenti  di  valutazione,  pendenti  o  conclusi, concernenti  opere ed interventi attinenti le rispettive attribuzioni e competenze.
 
 2.   Contestualmente  alla  presentazione  della  domanda  di  cui all'articolo  26,  il  committente  o  proponente  provvede a proprie spese:
 
 a)  al  deposito del progetto dell'opera, dello studio di impatto ambientale  e di un congruo numero di copie della sintesi non tecnica presso   gli   uffici  individuati,  ai  sensi  del  comma  1,  dalle amministrazioni  dello Stato, dalle regioni e dalle province autonome interessate;
 b)  alla diffusione di un annuncio dell'avvenuto deposito a mezzo stampa,  secondo le modalita' stabilite dall'autorita' competente con apposito regolamento che assicuri criteri uniformi di pubblicita' per tutti  i  progetti  sottoposti  a  valutazione  d'impatto ambientale, garantendo  che  il  pubblico  interessato  venga  in  tutti  i  casi adeguatamente  informato. Il medesimo regolamento stabilisce i casi e le  modalita' per la contemporanea pubblicazione totale o parziale in internet del progetto. Il regolamento deve essere emanato con decreto del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio entro novanta  giorni  dalla  data di entrata in vigore della parte seconda del  presente  decreto. Fino all'entrata in vigore del regolamento le pubblicazioni  vanno  eseguite  a cura e spese dell'interessato in un quotidiano  a  diffusione  nazionale ed in un quotidiano a diffusione regionale per ciascuna regione direttamente interessata.
 
 3.  Avverso  le  decisioni,  gli atti o le omissioni soggetti alle disposizioni  sulla  partecipazione del pubblico stabilite dal titolo III  della  parte  seconda  del presente decreto e' sempre ammesso il ricorso  secondo  le  norme generali in materia di impugnazione degli atti amministrativi illegittimi.
 |  |  |  | ART. 29 (partecipazione al procedimento)
 
 1.   Il   soggetto   interessato   che  intenda  fornire  elementi conoscitivi e valutativi concernenti i possibili effetti dell'opera o intervento   progettato   puo'  presentare  all'autorita'  competente osservazioni  scritte  su  tale  progetto, soggetto alla procedura di valutazione  d'impatto  ambientale,  nel  termine  di  quarantacinque giorni  dalla  pubblicazione di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b).    Il    giudizio   di   compatibilita'   ambientale   considera, contestualmente,  singolarmente  o  per  gruppi, tali osservazioni, i pareri  forniti  dalle pubbliche amministrazioni e le altre eventuali osservazioni del pubblico.
 
 2. L'autorita' competente alla valutazione dell'impatto ambientale puo'  disporre  lo  svolgimento  di un'inchiesta pubblica per l'esame dello  studio  presentato  dal  committente  o proponente, dei pareri forniti  dalle  pubbliche  amministrazioni  e  delle osservazioni del pubblico.
 
 3.  L'inchiesta  di  cui  al  comma  2  sospende il termine di cui all'articolo  31, comma 1, e si conclude entro il sessantesimo giorno da  quello  nel  quale essa e' stata indetta, qualunque sia lo stadio nel quale si trovano le operazioni previste. Entro lo stesso termine, l'autorita'  competente  redige una relazione sui lavori svolti ed un giudizio  sui risultati emersi, che sono acquisiti e valutati ai fini del giudizio di cui all'articolo 31.
 
 4.   Il   committente   o  proponente,  qualora  non  abbia  luogo l'inchiesta  di  cui  al  comma  2, puo', anche su propria richiesta, essere  chiamato  dall'autorita'  competente, prima della conclusione della  procedura,  ad un sintetico contraddittorio con i soggetti che hanno    presentato   pareri   o   osservazioni.   Il   verbale   del contraddittorio  e'  acquisito e valutato ai fini del giudizio di cui all'articolo 31.
 
 5. Quando il committente o proponente intenda uniformare, in tutto o  in  parte, il progetto ai pareri o osservazioni, oppure ai rilievi emersi nel corso dell'inchiesta pubblica o del contraddittorio, ne fa richiesta all'autorita' competente, indicando il tempo necessario. La richiesta sospende tutti i termini della procedura, che riprendono il loro corso con il deposito del progetto modificato.
 |  |  |  | ART. 30 (istruttoria tecnica)
 
 1. L'istruttoria tecnica sui progetti di cui all'articolo 23 ha le seguenti finalita':
 
 a) accertare la completezza della documentazione presentata;
 b) verificare la rispondenza della descrizione dei luoghi e delle loro caratteristiche ambientali a quelle documentate dal proponente;
 c)  verificare  che  i  dati del progetto, per quanto concerne la produzione  e  gestione  di  rifiuti  liquidi  e solidi, le emissioni inquinanti  nell'atmosfera, i rumori ed ogni altra eventuale sorgente di  potenziale  inquinamento, corrispondano alle prescrizioni dettate dalle normative di settore;
 d)  accertare  la  coerenza  del progetto, per quanto concerne le tecniche  di  realizzazione  ed i processi produttivi previsti, con i dati di utilizzo delle materie prime e delle risorse naturali;
 e)  accertare  il  corretto utilizzo degli strumenti di analisi e previsione,  nonche'  l'idoneita'  delle  tecniche  di  rilevazione e previsione   impiegate  dal  proponente  in  relazione  agli  effetti ambientali;
 f)   individuare   e   descrivere   l'impatto  complessivo  della realizzazione  del  progetto sull'ambiente e sul patrimonio culturale anche  in  ordine  ai  livelli  di  qualita'  finale, raffrontando la situazione esistente al momento della comunicazione con la previsione di quella successiva.
 |  |  |  | ART. 31 (giudizio di compatibilita' ambientale)
 
 1.   La  procedura  di  valutazione  di  impatto  ambientale  deve concludersi  con  un  giudizio  motivato  entro  novanta giorni dalla pubblicazione  di  cui  all'articolo 28, comma 2, lettera b), salvi i casi di interruzione e sospensione espressamente previsti.
 
 2.  L'inutile decorso del termine di cui al comma 1, da computarsi tenuto  conto delle eventuali interruzioni e sospensioni intervenute, implica  l'esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri,   che   provvede  entro  sessanta  giorni,  previa  diffida all'organo  competente ad adempiere entro il termine di venti giorni, anche  su  istanza  delle parti interessate. In difetto, per progetti sottoposti  a  valutazione  d'impatto  ambientale in sede statale, si intende  emesso giudizio negativo sulla compatibilita' ambientale del progetto.   Per   i   progetti  sottoposti  a  valutazione  d'impatto ambientale  in  sede non statale, si applicano le disposizioni di cui al  periodo  precedente  fino all'entrata in vigore di apposite norme regionali  e delle province autonome, da adottarsi nel rispetto della disciplina comunitaria vigente in materia.
 
 3. L'amministrazione competente all'autorizzazione definitiva alla realizzazione  dell'opera  o dell'intervento progettato acquisisce il giudizio  di  compatibilita'  ambientale  comprendente  le  eventuali prescrizioni  per la mitigazione degli impatti, il monitoraggio delle opere  e  degli  impianti e le misure previste per evitare, ridurre o eventualmente  compensare  rilevanti  effetti  negativi.  Nel caso di iniziative   promosse   da   autorita'  pubbliche,  il  provvedimento definitivo  che  ne  autorizza  la  realizzazione  deve adeguatamente evidenziare  la  conformita' delle scelte effettuate agli esiti della procedura  d'impatto  ambientale.  Negli altri casi i progetti devono essere  adeguati agli esiti del giudizio di compatibilita' ambientale prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione.
 
 4.  Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale devono  essere  comunicati  ai  soggetti del procedimento, a tutte le amministrazioni  pubbliche  competenti, anche in materia di controlli ambientali,   e   devono   essere   adeguatamente  pubblicizzati.  In particolare,  le  informazioni  messe  a  disposizione  del  pubblico comprendono:   il   tenore   della  decisione  e  le  condizioni  che eventualmente l'accompagnano; i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, tenuto conto delle istanze e dei pareri del  pubblico,  nonche'  le  informazioni  relative  al  processo  di partecipazione  del  pubblico; una descrizione, ove necessario, delle principali  misure  prescritte  al  fine  di  evitare,  ridurre  e se possibile compensare i piu' rilevanti effetti negativi.
 |  |  |  | ART. 32 (procedura di verifica)
 
 1.  Per  i progetti di cui all'articolo 23, commi 1, lettera c), e 4,  lettere  a),  b)  e  c),  il  committente  o  proponente richiede preliminarmente all'autorita' competente la verifica ivi prevista. Le informazioni  che  il  committente  o  proponente deve fornire per la predetta  verifica  riguardano una descrizione del progetto ed i dati necessari  per  individuare  e  valutare  i principali effetti che il progetto puo' avere sull'ambiente.
 
 2.  Nel caso in cui l'autorita' competente ritenga che il progetto debba  essere  sottoposto  a  valutazione  d'impatto  ambientale,  si applicano gli articoli 26 e seguenti.
 
 3.  L'autorita'  competente  deve  pronunciarsi  entro  i sessanta giorni  decorrenti dalla domanda, individuando eventuali prescrizioni per  la mitigazione degli impatti e per il monitoraggio delle opere o degli  impianti;  avverso il silenzio inadempimento sono esperibili i rimedi previsti dalla normativa vigente. Il Ministero dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  le regioni e le province autonome di Trento  e di Bolzano provvedono affinche' l'elenco dei progetti per i quali  sia  stata  chiesta la verifica ed i relativi esiti siano resi pubblici.
 |  |  |  | ART. 33 (relazioni tra vas e via)
 
 1.   Per  progetti  di  opere  ed  interventi  da  realizzarsi  in attuazione  di  piani  o  programmi  gia'  sottoposti  a  valutazione ambientale  strategica, e che rientrino tra le categorie per le quali e'  prescritta  la  valutazione  di  impatto  ambientale,  in sede di esperimento  di  quest'ultima  costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi  positivamente  valutati  in  sede di valutazione di impatto strategico  o  comunque  decisi  in  sede di approvazione del piano o programma.
 |  |  |  | ART. 34 (relazioni tra via e ippc)
 
 1.  Per  le  opere  e  gli  interventi sottoposti a valutazione di impatto  ambientale  e  contemporaneamente  rientranti  nel  campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, nonche' per   le   modifiche  sostanziali,  secondo  la  definizione  di  cui all'articolo  5,  comma 1, lettera g), di tali opere o interventi, e' facolta'  del  proponente  ottenere  che  la procedura di valutazione dell'impatto   ambientale  sia  integrata  nel  procedimento  per  il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale.
 
 2.  Ai  fini  di  cui  al  comma 1, ove il proponente manifesti la volonta' di avvalersi della citata facolta':
 
 a)  il progetto e lo studio di impatto ambientale, da presentarsi ai  sensi della parte seconda del presente decreto, comprendono anche le  informazioni  di  cui  all'articolo  5,  commi 1 e 2, del decreto legislativo  18  febbraio  2005,  n.  59,  con il necessario grado di dettaglio;
 b)  i  depositi  di  atti  e  documenti,  le  pubblicazioni  e le consultazioni  previste  dalla  parte  seconda  del  presente decreto sostituiscono  ad  ogni  effetto  tutte  le  forme  di informazione e partecipazione di cui al citato decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;
 c)  in  pendenza  della  procedura  di  valutazione  dell'impatto ambientale, il procedimento di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, eventualmente avviato, resta sospeso;
 d)  l'istruttoria  sullo studio di impatto ambientale e' condotta dagli   organi   preposti   alla   istruttoria   sulla   domanda   di autorizzazione   integrata   ambientale   e  il  relativo  parere  di valutazione di impatto ambientale e' integrato da quanto riguarda gli aspetti    connessi    alla   prevenzione   e   riduzione   integrata dell'inquinamento, in conformita' ai principi comunitari e al dettato delle relative norme di attuazione;
 e)  una  volta  conclusa la procedura di valutazione dell'impatto ambientale, il giudizio di compatibilita' ambientale viene comunicato anche   all'autorita'   competente  al  rilascio  dell'autorizzazione integrata  ambientale  che  riprende  il relativo procedimento con la trasmissione  del  predetto  giudizio  alle  amministrazioni  di  cui all'articolo  5,  commi  10 e 11, del decreto legislativo 18 febbraio 2005,  n. 59, per l'espressione del parere di competenza; restando le fasi   precedenti   assorbite   nella  gia'  esperita  procedura,  la conferenza  di  servizi  di cui all'articolo 5, comma 10, del decreto legislativo  18 febbraio 2005, n. 59, e' tenuta nei successivi trenta giorni,  contestualmente alla fase finale della conferenza di servizi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55;
 f)   l'autorita'   competente   al  rilascio  dell'autorizzazione integrata  ambientale  si  pronuncia  tenuto  conto  del  giudizio di compatibilita' ambientale emesso sul progetto dell'opera o intervento per il quale detta autorizzazione e' stata richiesta;
 g)  e' tenuto a corrispondere un unico corrispettivo nella misura stabilita con il decreto di cui all'articolo 49, comma 2.
 
 3.  Le modifiche agli impianti soggetti alla disciplina recata dal decreto  legislativo  18 febbraio 2005, n. 59, che costituiscano mera attuazione  di  prescrizioni  contenute nell'autorizzazione integrata ambientale,  non  si considerano modifiche sostanziali ai sensi della parte seconda del presente decreto.
 
 4.   Le  modifiche  progettate  per  gli  impianti  soggetti  alla disciplina  recata  dal  decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che  ai  sensi  dell'articolo  10  di  tale  decreto  legislativo non risultino  sostanziali,  non  costituiscono  modifiche sostanziali ai sensi di quanto disposto dalla parte seconda del presente decreto.
 
 5.  Per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, nonche' per le modifiche sostanziali agli stessi,  secondo  la  definizione  di  cui  all'articolo  5, comma 1, lettera  g),  la  procedura di valutazione dell'impatto ambientale e' integrata   nel  procedimento  per  il  rilascio  dell'autorizzazione integrata ambientale. Si applica il comma 2 del presente articolo, ad esclusione del disposto di cui alla lettera c).
 
 6. Le modifiche agli impianti di produzione di energia elettrica e relative  opere connesse, che siano soggetti anche alla disciplina di cui   al   decreto  legislativo  18  febbraio  2005,  n.  59,  e  che costituiscano    mere    attuazioni    di    prescrizioni   contenute nell'autorizzazione integrata ambientale e nell'autorizzazione di cui all'articolo  1,  comma  1,  del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito,  con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, non si considerano modifiche sostanziali ai sensi della parte seconda del presente  decreto  e sono da ricomprendere nei relativi provvedimenti di autorizzazione.
 
 
 
 Note all'art. 34:
 - I commi 1 e 2 dell'art. 5, del decreto legislativo 18
 febbraio  2005, n. 59 (Attuazione integrale della Direttiva
 96/61/CE  relativa  alla  prevenzione e riduzione integrale
 dell'inquinamento),  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22
 aprile 2005, n. 93, S.O., sono i seguenti:
 "Art.    5    (Procedura    ai    fini   del   rilascio
 dell'Autorizzazione  integrata  ambientale).  -  1. Ai fini
 dell'esercizio    di   nuovi   impianti,   della   modifica
 sostanziale  e  dell'adeguamento  del  funzionamento  degli
 impianti  esistenti alle disposizioni del presente decreto,
 si   provvede  al  rilascio  dell'autorizzazione  integrata
 ambientale  di  cui all'art. 7. Fatto salvo quanto disposto
 dal  comma  5  e  ferme  restando le informazioni richieste
 dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore, la
 domanda deve comunque descrivere:
 a) l'impianto,   il  tipo  e  la  portata  delle  sue
 attivita';
 b) le  materie  prime  e  ausiliarie,  le  sostanze e
 l'energia usate o prodotte dall'impianto;
 c) le fonti di emissione dell'impianto;
 d) lo stato del sito di ubicazione dell'impianto;
 e) il  tipo e l'entita' delle emissioni dell'impianto
 in  ogni  settore  ambientale,  nonche'  un'identificazione
 degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente;
 f) la  tecnologia  utilizzata  e le altre tecniche in
 uso  per  prevenire  le  emissioni dall'impianto oppure per
 ridurle;
 g) le misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti
 prodotti dall'impianto;
 h) le  misure  previste  per controllare le emissioni
 nell'ambiente;
 i) le eventuali principali alternative prese in esame
 dal gestore, in forma sommaria;
 j) le   altre  misure  previste  per  ottemperare  ai
 principi di cui all'art. 3.
 2. La  domanda  di  autorizzazione integrata ambientale
 deve  contenere  anche  una sintesi non tecnica dei dati di
 cui  alle  lettere  da a) ad l) del comma 1 e l'indicazione
 delle  informazioni  che  ad  avviso del gestore non devono
 essere  diffuse  per  ragioni  di riservatezza industriale,
 commerciale   o   personale,  di  tutela  della  proprieta'
 intellettuale  e, tenendo conto delle indicazioni contenute
 nell'art.  12  della  legge  24  ottobre  1977,  n. 801, di
 pubblica  sicurezza  o di difesa nazionale. In tale caso il
 richiedente  fornisce  all'autorita'  competente  anche una
 versione  della domanda priva delle informazioni riservate,
 ai fini dell'accessibilita' al pubblico".
 - I  commi  10  e  11  dell'art.  5, del citato decreto
 legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono i seguenti:
 "10. L'autorita'   competente,  ai  fini  del  rilascio
 dell'autorizzazione  integrata ambientale, convoca apposita
 conferenza  dei servizi ai sensi degli articoli 14, 14-ter,
 commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della legge 7 agosto
 1990, n. 241, e successive modificazioni, alla quale invita
 le  amministrazioni  competenti  in  materia  ambientale  e
 comunque,  nel  caso  di  impianti di competenza statale, i
 Ministeri  dell'interno,  della  salute  e  delle attivita'
 produttive.
 11.  Nell'ambito della conferenza dei servizi di cui al
 comma  10 sono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui
 agli  articoli  216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934,
 n.   1265.   In   presenza   di   circostanze   intervenute
 successivamente  al  rilascio dell'autorizzazione di cui al
 presente decreto, il sindaco, qualora lo ritenga necessario
 nell'interesse  della salute pubblica, chiede all'autorita'
 competente  di  verificare  la  necessita'  di  riesaminare
 l'autorizzazione  rilasciata,  ai  sensi dell'art. 9, comma
 4".
 - L'art.  1,  commi 1 e 2, del decreto-legge 7 febbraio
 2002,  n.  7,  convertito, con modificazioni, dalla legge 9
 aprile 2002, n. 55, recante misure urgenti per garantire la
 sicurezza del Sistema elettrico nazionale, pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale 9 febbraio 2002, n. 34, e' il seguente:
 "Art.  1 (Misure urgenti per garantire la sicurezza del
 sistema  elettrico  nazionale).  - 1. Al fine di evitare il
 pericolo  di interruzione di fornitura di energia elettrica
 su   tutto  il  territorio  nazionale  e  di  garantire  la
 necessaria  copertura  del  fabbisogno nazionale, sino alla
 determinazione  dei  principi fondamentali della materia in
 attuazione  dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione,
 e  comunque non oltre il 31 dicembre 2003, previa intesa in
 sede  di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
 le  regioni  e le province autonome di Trento e di Bolzano,
 la  costruzione  e  l'esercizio  degli  impianti di energia
 elettrica  di  potenza  superiore  a  300  MW  termici, gli
 interventi  di modifica o ripotenziamento, nonche' le opere
 connesse  e  le infrastrutture indispensabili all'esercizio
 degli  stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilita' e
 soggetti   ad  una  autorizzazione  unica,  rilasciata  dal
 Ministero  delle attivita' produttive, la quale sostituisce
 autorizzazioni,  concessioni  ed  atti  di assenso comunque
 denominati,  previsti  dalle  norme  vigenti,  fatto  salvo
 quanto  previsto al comma 4, costituendo titolo a costruire
 e   ad  esercire  l'impianto  in  conformita'  al  progetto
 approvato.  Resta fermo il pagamento del diritto annuale di
 cui  all'art.  63,  commi  3  e  4,  del  testo unico delle
 disposizioni   legislative  concernenti  le  imposte  sulla
 produzione  e  sui  consumi  e  relative  sanzioni penali e
 amministrative,  di  cui  al decreto legislativo 26 ottobre
 1995, n. 504 e successive modificazioni.
 2.  L'autorizzazione  di cui al comma 1 e' rilasciata a
 seguito  di  un procedimento unico, al quale partecipano le
 amministrazioni  statali  e  locali interessate, svolto nel
 rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita'
 di  cui  alla  legge  7  agosto  1990, n. 241, e successive
 modificazioni, d'intesa con la regione interessata. Ai soli
 fini  del  rilascio della valutazione di impatto ambientale
 (VIA),  alle opere di cui al presente articolo si applicano
 le  disposizioni di cui alla legge 8 luglio 1986, n. 349, e
 al  decreto  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri 10
 agosto  1988,  n.  377, e successive modificazioni. Fino al
 recepimento  della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24
 settembre 1996,      tale      autorizzazione     comprende
 l'autorizzazione  ambientale  integrata  e  sostituisce, ad
 ogni  effetto,  le  singole  autorizzazioni  ambientali  di
 competenza  delle  amministrazioni interessate e degli enti
 pubblici   territoriali.   L'esito   positivo   della   VIA
 costituisce  parte  integrante  e condizione necessaria del
 procedimen to autorizzatorio. L'istruttoria si conclude una
 volta  acquisita  la  VIA  in ogni caso entro il termine di
 centottanta   giorni  dalla  data  di  presentazione  della
 richiesta,  comprensiva  del  progetto  preliminare e dello
 studio di impatto ambientale".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 35 (progetti sottoposti a via in sede statale)
 
 1.   Compete   al   Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio,  di  concerto  con  il Ministro per i beni e le attivita' culturali,    sentita   la   regione   interessata   e   sulla   base dell'istruttoria esperita dalla Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo  6, la valutazione di impatto ambientale dei progetti di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui all'articolo 23 nei casi in cui si tratti:
 a)  di  opere  o  interventi  sottoposti  ad  autorizzazione alla costruzione o all'esercizio da parte di organi dello Stato;
 b)  di  opere  o  interventi  localizzati  sul territorio di piu' regioni  o  che  comunque  possano  avere  impatti  rilevanti su piu' regioni;
 c)  di opere o interventi che possano avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro dell'Unione europea.
 
 2.  Per la valutazione dell'impatto ambientale dei progetti di cui al  comma  1,  le  disposizioni  del  presente  capo  II  integrano e specificano  le  disposizioni  del capo I; queste ultime si applicano anche  per  la  valutazione  dei  progetti  di cui al comma 1 ove non diversamente disposto nel presente capo II.
 |  |  |  | ART. 36 (procedimento di valutazione)
 
 1. Ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 26, commi 1 e 2, i  progetti  delle  opere ed interventi di cui all'articolo 35 devono essere  inoltrati  al  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio,  al  Ministero  per i beni e le attivita' culturali, alla regione     territorialmente     interessata,     alla    Commissione tecnico-consultiva  per le valutazioni ambientali di cui all'articolo 6 ed agli altri Ministeri eventualmente interessati. Al progetto deve essere  allegato  lo studio di impatto ambientale di cui all'articolo 27  e  la  relativa sintesi non tecnica. Qualora l'opera o intervento progettato  interessi  piu'  regioni,  a ciascuna regione deve essere inviata  una  copia  del  progetto,  cui  vanno allegati lo studio di impatto  ambientale  di cui all'articolo 27 e la relativa sintesi non tecnica.
 
 2.  Per le opere ed interventi che ricadano nel territorio di piu' enti  locali,  puo'  essere  depositato  presso  ciascuna provincia e ciascun  comune  solo  lo  stralcio  del  progetto  e dello studio di impatto ambientale relativo alla porzione dell'opera o intervento che interessa il relativo ambito territoriale, fermo restando il deposito della   sintesi   non   tecnica   in   versione  integrale.  Identica possibilita' e' ammessa con riguardo alle aree naturali protette ed i relativi enti di gestione.
 
 3.  Resta  ferma  la  facolta'  per il committente o proponente di richiedere in via preventiva al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio la definizione, ai sensi dell'articolo 26, comma 3, di modalita'  di  divulgazione  piu' adeguate e praticabili in relazione alle   specifiche   caratteristiche   del  progetto.  Con  le  stesse modalita',  su  espressa  richiesta  del  committente  o  proponente, possono essere definite le comunicazioni ed i depositi da effettuarsi per  la  riapertura  avanti il Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  del  procedimento  originariamente  avviato  in sede regionale  o  provinciale, e per il quale l'autorita' designata dalla regione  o provincia autonoma si sia dichiarata incompetente ai sensi dell'articolo 42, comma 3.
 
 4.  Le  regioni,  le  province  ed  i  comuni  interessati  devono esprimere  il  loro  parere  entro  sessanta  giorni dalla data della trasmissione di cui ai commi 1 e 2. Decorso tale termine, il giudizio di  compatibilita'  puo'  essere emesso anche in assenza dei predetti pareri.
 
 5.  Salvo  quanto disposto dal regolamento di cui all'articolo 28, comma  2,  lettera  b),  l'annuncio  dell'avvenuta presentazione deve essere  comunque  pubblicato,  a  cura  del committente o proponente, almeno  in  un quotidiano a diffusione nazionale e in un quotidiano a diffusione    regionale   per   ciascuna   regione   territorialmente interessata.
 
 6. Chiunque vi abbia interesse, ai sensi delle leggi vigenti, puo' presentare  al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, oppure   direttamente  alla  Commissione  tecnico-consultiva  di  cui all'articolo  6,  e  alla regione interessata istanze, osservazioni o pareri   scritti   sull'opera   soggetta  a  valutazione  di  impatto ambientale,   nel   termine  di  trenta  giorni  dalla  pubblicazione dell'avvenuta comunicazione del progetto.
 
 7.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sulla base  dell'istruttoria svolta ai sensi dell'articolo 37, si pronuncia sulla  compatibilita'  ambientale,  di concerto con il Ministro per i beni  e  le  attivita'  culturali e con il Ministro proponente, entro novanta  giorni  dalla data dell'ultima delle pubblicazioni di cui al comma  5,  e  comunque  non  prima  che siano decorsi sessanta giorni dall'ultima  delle  trasmissioni di cui ai commi 1 e 2, salvo proroga deliberata   dal  Consiglio  dei  Ministri  in  casi  di  particolare rilevanza.
 
 8.  L'inutile decorso dei termini di cui al comma 7, da computarsi tenuto  conto delle eventuali interruzioni e sospensioni intervenute, implica  l'esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede ai sensi e con gli effetti di cui all'articolo 31, comma 2.
 
 9.  Per  le opere di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 35, il  Ministro  competente  alla loro realizzazione, ove non ritenga di uniformare  il  progetto  proposto  al giudizio di compatibilita' del Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio, puo' proporre motivatamente  al Presidente del Consiglio dei Ministri l'adozione di un  provvedimento  di  revisione  di tale giudizio, o disporre la non realizzazione  del progetto. Sulla proposta di revisione il Consiglio dei Ministri si esprime nei termini e con gli effetti di cui al comma 8 del presente articolo.
 |  |  |  | ART. 37 (compiti istruttori della commissione tecnico-consultiva)
 
 1.  Le attivita' tecnico-istruttorie per la valutazione ambientale dei  progetti  di  opere ed interventi di competenza dello Stato sono svolte  dalla  Commissione  di  cui  all'articolo  6.  A  tal fine il vicepresidente  competente,  per  ogni  progetto  inviatogli ai sensi dell'articolo  26,  comma  1,  provvede alla costituzione di apposita sottocommissione  secondo  i  criteri di cui all'articolo 6, comma 5; ove  ne  ricorrano  i presupposti la sottocommissione e' integrata ai sensi  del  comma 6 del medesimo articolo 6. Il presente comma non si applica agli impianti disciplinati dai commi 8, 9, 10 e 11.
 
 2.   Ove   la  sottocommissione  verifichi  l'incompletezza  della documentazione  presentata, ne puo' richiedere l'integrazione. In tal caso  i  termini  temporali  del procedimento restano sospesi fino al ricevimento delle integrazioni richieste. Nel caso in cui il soggetto interessato  non provveda a fornire le integrazioni richieste entro i trenta  giorni  successivi,  o  entro  il diverso termine specificato nella  richiesta  di  integrazioni  stessa  in  considerazione  della possibile   difficolta'   a  produrre  determinate  informazioni,  il procedimento viene archiviato. E' comunque facolta' del committente o proponente presentare una nuova domanda.
 
 3.  La  sottocommissione  incaricata  acquisisce e valuta tutta la documentazione  presentata,  nonche'  le  osservazioni,  obiezioni  e suggerimenti inoltrati ai sensi degli articoli 36, commi 4 e 6, e 39, ed  esprime  il  proprio  parere  motivato entro il termine di trenta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui ai citati articoli  36,  commi 4 e 6, e 39, fatta comunque salva la sospensione eventualmente disposta ai sensi del comma 2.
 
 4.  Il  parere  emesso  dalla sottocommissione e' trasmesso, entro dieci  giorni dalla sua verbalizazione, dal competente vicepresidente al   Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio,  per l'adozione  del  giudizio  di  compatibilita' ambientale ai sensi del comma 7 dell'articolo 36.
 
 5.  Nei  casi  in  cui,  in  base  alle  procedure di approvazione previste,  la  valutazione  di  impatto  ambientale venga eseguita su progetti preliminari, la sottocommissione ha, altresi', il compito di verificare  l'ottemperanza  del progetto definitivo alle prescrizioni del  giudizio  di  compatibilita'  ambientale  e  di  effettuare  gli opportuni controlli in tal senso.
 
 6.  Qualora nel corso delle verifiche di cui al comma 5 si accerti che  il  progetto  definitivo differisce da quello preliminare quanto alle  aree  interessate  oppure  alle risorse ambientali coinvolte, o comunque    che   risulta   da   esso   sensibilmente   diverso,   la sottocommissione    trasmette    specifico   rapporto   al   Ministro dell'ambiente   e   della   tutela   del  territorio,  che  adotta  i provvedimenti  relativi  all'aggiornamento  dello  studio  di impatto ambientale  e  dispone  la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini  dell'invio  di  osservazioni  da  parte dei soggetti pubblici e privati interessati.
 
 7. Ai fini dello svolgimento dei compiti di cui ai commi 5 e 6, il proponente  e'  tenuto,  pena  la  decadenza dell'autorizzazione alla realizzazione   del   progetto   o   del   titolo   abilitante   alla trasformazione  del  territorio, a trasmettere il progetto definitivo alla competente sottocommissione prima dell'avvio della realizzazione dell'opera.
 |  |  |  | ART. 38 (fase preliminare e verifica preventiva)
 
 1.   Per  i  progetti  di  cui  all'articolo  35,  la  Commissione tecnico-consultiva  di  cui  all'articolo  6 provvede all'istruttoria anche per le fasi preliminari ed eventuali di verifica preventiva, di cui,  rispettivamente,  agli  articoli 26, comma 3, 27, comma 2, 32 e 36, comma 3.
 
 2.  Ai  fini di cui al comma 1, le relative richieste sono rivolte direttamente  al  vicepresidente  della  Commissione  competente  per materia,  che  provvede  alla  costituzione, secondo i criteri di cui all'articolo  6,  commi  5  e  6,  delle sottocommissioni cui vengono assegnate le relative istruttorie.
 
 3. La sottocommissione costituita per la fase preliminare relativa ad  un determinato progetto provvede poi anche all'istruttoria di cui all'articolo  37 relativa al medesimo progetto. Lo stesso vale per la sottocommissione  costituita  per  la  verifica preventiva in caso di esito positivo di detta procedura preliminare.
 |  |  |  | ART. 39 (procedure per i progetti con impatti ambientali transfrontalieri)
 
 1.  Qualora  l'opera o l'intervento progettato possa avere effetti significativi  sull'ambiente  di  un  altro  Stato membro dell'Unione europea, ovvero qualora lo Stato membro che potrebbe essere coinvolto in  maniera  significativa  ne  faccia  richiesta,  al medesimo Stato devono essere trasmesse quanto meno:
 
 a)   una   descrizione   del   progetto  corredata  di  tutte  le informazioni    disponibili    circa   il   suo   eventuale   impatto transfrontaliero;
 b)  informazioni  sulla  natura  della  decisione che puo' essere adottata.
 
 2.  Se lo Stato membro, cui siano pervenute le informazioni di cui al  comma  1,  entro  i successivi trenta giorni comunica che intende partecipare  alla  procedura  di  valutazione  in  corso, allo stesso Stato, qualora non vi si sia gia' provveduto, devono essere trasmessi in  copia  la  domanda  del  committente  o  proponente,  il progetto dell'opera o intervento, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica.
 
 3.  Con  la  trasmissione  della  documentazione di cui al comma 2 viene  assegnato  allo  Stato interessato un termine di trenta giorni per  presentare  eventuali  osservazioni,  salvo  che detto Stato non abbia  adottato  la  decisione  di esprimere il proprio parere previa consultazione  al  proprio  interno  delle autorita' competenti e del pubblico  interessato,  nel  qual  caso  viene  assegnato  un congruo termine, comunque non superiore a novanta giorni.
 
 4.  Modalita'  piu'  dettagliate  per  l'attuazione  del  presente articolo  possono essere concordate caso per caso con lo Stato membro interessato,  ferma  restando la previsione di condizioni adeguate di partecipazione del pubblico alle procedure decisionali.
 
 5.  In  pendenza dei termini di cui al comma 3, ogni altro termine della procedura resta sospeso.
 |  |  |  | ART. 40 (effetti del giudizio di compatibilita' ambientale)
 
 1.  Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale devono  essere  comunicati  ai  soggetti del procedimento, a tutte le amministrazioni  pubbliche  competenti, anche in materia di controlli ambientali,   e   devono   essere   adeguatamente  pubblicizzati.  In particolare,  le  informazioni  messe  a  disposizione  del  pubblico comprendono:   il   tenore   della  decisione  e  le  condizioni  che eventualmente l'accompagnano; i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, tenuto conto delle istanze e dei pareri del  pubblico,  nonche'  le  informazioni  relative  al  processo  di partecipazione  del  pubblico; una descrizione, ove necessario, delle principali  misure  prescritte  al  fine  di  evitare,  ridurre  e se possibile compensare i piu' rilevanti effetti negativi.
 
 2.  Il  giudizio  di  compatibilita'  ambientale  comprendente  le eventuali  prescrizioni  per  la  mitigazione  degli  impatti  ed  il monitoraggio  delle  opere  e  degli  impianti  deve, in particolare, essere    acquisito    dall'autorita'    competente    al    rilascio dell'autorizzazione   definitiva   alla  realizzazione  dell'opera  o dell'intervento progettato.
 
 3.  Nel  caso  di  iniziative  promosse da autorita' pubbliche, il provvedimento  definitivo  che  ne  autorizza  la  realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformita' delle scelte effettuate agli esiti  della  procedura  d'impatto  ambientale.  Negli  altri casi, i progetti   devono   essere   adeguati  agli  esiti  del  giudizio  di compatibilita' ambientale prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione.
 
 4.  Nel caso di opere non realizzate almeno per il venti per cento entro   tre  anni  dal  giudizio  di  compatibilita'  ambientale,  la procedura  deve  essere  riaperta  per  valutare  se  le informazioni riguardanti il territorio e lo stato delle risorse abbiano subito nel frattempo   mutamenti   rilevanti.   In  ogni  caso  il  giudizio  di compatibilita'  ambientale cessa di avere efficacia al compimento del quinto anno dalla sua emanazione.
 |  |  |  | ART. 41 (controlli successivi)
 
 1. Qualora durante l'esecuzione delle opere di cui all'articolo 35 la  Commissione di cui all'articolo 6 ravvisi situazioni contrastanti con   il   giudizio  espresso  sulla  compatibilita'  ambientale  del progetto,  oppure  comportamenti  contrastanti con le prescrizioni ad esso  relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ne da' tempestiva comunicazione al  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio, il quale, esperite  le  opportune verifiche, ordina la sospensione dei lavori e impartisce  le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilita' ambientale dei lavori medesimi.
 |  |  |  | ART. 42 (progetti sottoposti a via in sede regionale o provinciale)
 
 1.  Sono  sottoposti  a  valutazione di impatto ambientale in sede regionale  o provinciale i progetti di opere ed interventi rientranti nelle  categorie  di  cui all'articolo 23, salvo si tratti di opere o interventi  sottoposti  ad  autorizzazione  statale  o aventi impatto ambientale interregionale o internazionale ai sensi dell'articolo 35.
 
 2.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano possono  definire,  per  determinate  tipologie  progettuali e/o aree predeterminate,  sulla  base degli elementi indicati nell'Allegato IV alla  parte  seconda del presente decreto, un incremento delle soglie di cui all'elenco B dell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto fino alla misura del venti per cento.
 
 3.   Qualora   dall'istruttoria   esperita  in  sede  regionale  o provinciale  emerga  che  l'opera  o intervento progettato puo' avere impatti  rilevanti  anche  sul territorio di altre regioni o province autonome  o  di  altri  Stati membri dell'Unione europea, l'autorita' competente   con   proprio   provvedimento   motivato   si   dichiara incompetente  e  rimette gli atti alla Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6 per il loro eventuale utilizzo nel procedimento riaperto in sede statale. In tale ipotesi e' facolta' del committente o  proponente  chiedere,  ai  sensi  dell'articolo  36,  comma  3, la definizione  in  via  preliminare  delle  modalita'  per  il  rinnovo parziale o totale della fase di apertura del procedimento.
 
 4.  Qualora  si  accerti  che il progetto definitivo differisce da quello  preliminare  quanto alle aree interessate oppure alle risorse ambientali  coinvolte,  o  comunque che risulta da esso sensibilmente diverso,  l'autorita'  competente  adotta  i  provvedimenti  relativi all'aggiornamento  dello  studio  di  impatto ambientale e dispone la nuova  pubblicazione  dello  stesso,  anche  ai  fini  dell'invio  di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.
 |  |  |  | ART. 43 (procedure di via in sede regionale o provinciale)
 
 1.  Ferme  restando le disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33 e 34, le regioni e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le procedure per la valutazione di impatto ambientale dei progetti di cui all'articolo 42, comma 1.
 
 2.  Fino  all'entrata  in  vigore  delle  discipline  regionali  e provinciali  di  cui al comma 1, trovano applicazione le disposizioni di cui alla parte seconda del presente decreto.
 
 3.  Nel  disciplinare  i  contenuti  e la procedura di valutazione d'impatto ambientale le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano comunque che siano individuati:
 
 a)  l'autorita'  competente  in materia di valutazione di impatto ambientale;
 b) l'organo tecnico competente allo svolgimento dell'istruttoria;
 c) le eventuali deleghe agli enti locali per particolari tipologie progettuali;
 d)  le  eventuali  modalita',  ulteriori  o  in deroga rispetto a quelle  indicate  nella  parte  seconda  del  presente  decreto,  per l'informazione e la consultazione del pubblico;
 e) le modalita' di realizzazione o adeguamento delle cartografie, degli strumenti informativi territoriali di supporto e di un archivio degli studi di impatto ambientale consultabile dal pubblico;
 f) i criteri integrativi con i quali vengono definiti le province ed i comuni interessati dal progetto.
 
 4.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano possono  individuare  appropriate  forme  di  pubblicita',  ulteriori rispetto  a  quelle  previste nel regolamento di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b).
 
 5. Qualora durante l'esecuzione delle opere di cui all'articolo 42 siano  ravvisate  situazioni  contrastanti  con  il giudizio espresso sulla  compatibilita'  ambientale  del progetto, oppure comportamenti contrastanti  con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere   fondamentali   esigenze  di  equilibrio  ecologico  e ambientale,  l'autorita' competente, esperite le opportune verifiche, ordina  la  sospensione  dei  lavori  e  impartisce  le  prescrizioni necessarie   al   ripristino   delle   condizioni  di  compatibilita' ambientale dei lavori medesimi.
 |  |  |  | ART. 44 (termini del procedimento)
 
 1.  Ferme restando le ipotesi di sospensione e di interruzione, le regioni  e  le  province  autonome  di  Trento  e  di Bolzano possono stabilire,  in  casi  di particolare rilevanza, la prorogabilita' dei termini  per  la  conclusione  della  procedura sino ad un massimo di sessanta giorni.
 |  |  |  | ART. 45 (coordinamento ed integrazione dei procedimenti amministrativi)
 
 1.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano definiscono le modalita' per l'armonizzazione, il coordinamento e, se possibile, l'integrazione della procedura di valutazione dell'impatto ambientale  con  le procedure ordinarie di assenso alla realizzazione delle opere.
 
 2.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano integrano  e  specificano,  in relazione alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari, quanto disposto dagli articoli 33 e 34.
 |  |  |  | ART. 46 (procedure semplificate ed esoneri)
 
 1.  Per  i  progetti  di  dimensioni  ridotte o di durata limitata realizzati  da  artigiani o piccole imprese, nonche' per le richieste di verifica di cui all'articolo 32, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono modalita' semplificate.
 
 2.  Per i progetti di cui all'articolo 23, comma 1, lettera c), le regioni  e  le  province  autonome  di  Trento  e  di Bolzano possono determinare,  per  specifiche  categorie progettuali o in particolari situazioni  ambientali  e  territoriali, sulla base degli elementi di cui  all'Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, criteri o condizioni di esclusione dalla procedura.
 |  |  |  | ART. 47 (obblighi di informazione)
 
 1.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  circa  i  provvedimenti  adottati, i procedimenti di valutazione  di impatto ambientale in corso e lo stato di definizione delle cartografie e degli strumenti informativi.
 |  |  |  | Art. 48 Abrogazioni
 
 1.  Fatto salvo quanto previsto dal comma 3, a decorrere dalla data di  entrata  in  vigore della parte seconda del presente decreto sono abrogati: a) l'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349; b) l'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67; c) il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  12  aprile  1996,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996; d) l'articolo 27 della legge 30 aprile 1999, n. 136; e) il  decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre
 1999,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre
 1999; f) il  decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre
 2000,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 238 del 11 ottobre
 2000; g) l'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93; h) l'articolo  19,  commi  2  e  3, del decreto legislativo 20 agosto
 2002, n. 190; i) l'articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289; l) gli  articoli  1  e  2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5; m) l'articolo  5,  comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005,
 n. 59; n) l'articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.
 2.  La Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali di  cui  all'articolo 6 provvede, attraverso proprie sottocommissioni costituite secondo le modalita' di cui al comma 5 del citato articolo 6,  alle  attivita'  gia'  di  competenza  delle  commissioni  di cui all'articolo  18,  comma  5,  della  legge  11  marzo  1988,  n.  67, all'articolo  19, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190,  ed all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005,  n.  59.  Ogni  riferimento  a tali commissioni contenuto nella citata legge 11 marzo 1988, n. 67 e nei citati decreti legislativi 20 agosto  2002,  n.  190,  e 18 febbraio 2005, n. 59, si deve intendere riferito  alle  sottocommissioni  di  cui all'articolo 6, comma 5, di volta in volta costituite.
 3.  Fino  all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe   previsto   dall'articolo   49,   comma   2,  resta  sospesa l'applicazione del comma 1, lettere b), d), g), h), i), l) ed m), del presente  articolo  e  pertanto  continuano a svolgere le funzioni di propria  competenza  le  commissioni di cui all'articolo 18, comma 5, della  legge  11  marzo  1988,  n.  67, all'articolo 19, comma 2, del decreto  legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
 
 
 
 Note all'art. 48:
 - La  legge 8 luglio 1986, n. 349, recante: istituzione
 del  Ministero  dell'ambiente  e  norme in materia di danno
 ambientale e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 15 luglio
 1986, n. 162 (S.O.).
 - La  legge  11 marzo 1988, n. 67, recante disposizioni
 per  la formazione del bilancio annuale e pluriennale della
 Stato   (Legge   finanziaria   1988)   e'   pubblicata  nel
 supplemento  ordinario  alla  Gazzetta  Ufficiale  14 marzo
 1988, n. 61.
 - L'art. 22 della legge 30 aprile 1999, n. 136, recante
 norme   per   il  sostegno  ed  il  rilancio  dell'edilizia
 residenziale pubblica e per interventi in materia di aree a
 carattere  ambientale,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 18  maggio  1999,  n.  114,  (S.O.),  abrogato dal presente
 decreto, recava: "Interventi in materia di ambiente.".
 - L'art.   6   della   legge   23  marzo  2001,  n.  93
 (Disposizioni   in   campo  ambientale),  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  n.  79 del 4 aprile 2001, abrogata dal
 presente  decreto,  recava: "Commissione per le valutazioni
 dell'impatto ambientale".
 - Si   riporta   il  testo  dell'art.  19  del  decreto
 legislativo  20 agosto 2002, n. 190 (Attuazione della legge
 21  dicembre  2001,  n.  443,  per  la  realizzazione delle
 infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e
 di   interesse   nazionale),   pubblicato   nella  Gazzetta
 Ufficiale 26 agosto 2002, n. 199, S.O., come modificato dal
 presente decreto:
 "Art.   19  (Contenuto  della  valutazione  di  impatto
 ambientale).  -  1. La  valutazione  di  impatto ambientale
 individua gli effetti diretti ed indiretti di un progetto e
 delle  sue  principali  alternative, compresa l'alternativa
 zero, sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle
 acque  di  superficie  e sotterranee, sull'aria, sul clima,
 sul paesaggio e sull'interazione fra detti fattori, nonche'
 sui  beni  materiali e sul patrimonio culturale, sociale ed
 ambientale   e   valuta   inoltre   le  condizioni  per  la
 realizzazione e l'esercizio delle opere e degli impianti.
 2. (abrogato).
 3. (abrogato)".
 - Si  riporta  il  testo  dell'art.  77  della legge 27
 dicembre  2002,  n. 289 (Disposizioni per la formazione del
 bilancio   annuale   e   pluriennale   dello  Stato,  legge
 finanziaria   2003,  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 31 dicembre   2002,  n.  305,  S.O.,  come  modificato  dal
 presente decreto:
 "Art. 77 (Interventi ambientali). - 1. (abrogato).
 2. (abrogato).
 3. - 5.
 6.  Al fine della bonifica e del risanamento ambientale
 dell'area  individuata  alla  lettera p-quater) del comma 4
 dell'art.  1  della  legge  9 dicembre  1998,  n.  426,  e'
 autorizzata  la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2003,
 di 1 milione di euro per l'anno 2004 e di 1 milione di euro
 per l'anno 2005.
 7. (Omissis)".
 - Il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito
 in  legge  con modificazioni, dall'art. 1, legge 16 gennaio
 2004,  n.  5,  reca:  "Disposizioni urgenti di composizione
 delle  commissioni per la valutazione di impatto ambientale
 e di procedimenti di autorizzatori per le infrastrutture di
 comunicazione elettronica".
 - Il  decreto  legislativo  18  febbraio  2005,  n. 59,
 (Attuazione  integrale  della  direttiva  96/61/CE relativa
 alla  prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento),
 e'  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale 22 aprile 2005, n.
 93, S.O.
 - L'art. 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62, relative
 disposizioni  per  l'adempimento  degli  obblighi derivanti
 dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee  -
 Legge comunitaria 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 n.  96  del  27  aprile  2005,  S.O., abrogato dal presente
 decreto,  recava:  "Recepimento  dell'art.  5, paragrafo 2,
 della   direttiva   85/337/CEE   del  27  giugno  1985  del
 Consiglio,   in   materia   di   valutazione   di   impatto
 ambientale".
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 49 Provvedimenti di attuazione per la costituzione e funzionamento
 della commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali
 
 1.  Il  decreto  di  cui all'articolo 6, comma 1, e' adottato entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana.  In  sede  di prima attuazione  del  presente  decreto,  i  componenti  delle commissioni tecnico-consultive  di  cui  all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo  1988,  n.  67,  all'articolo  19,  commi  2  e  3, del decreto legislativo  20  agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del decreto  legislativo  18  febbraio 2005, n. 59, restano in carica, in continuita' con le attivita' svolte nelle commissioni di provenienza, assumendo   le  funzioni  di  componenti  della  commissione  di  cui all'articolo  6  fino  alla  scadenza del quarto anno dall'entrata in vigore  della  parte  seconda  del presente decreto; tale commissione viene integrata nei casi e con le modalita' previste dall'articolo 6, commi 6, 7 e 8.
 2.  Entro  il  medesimo  termine di novanta giorni, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il   Ministro   delle   attivita'   produttive   e  con  il  Ministro dell'economia  e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalita', anche contabili, e  le  tariffe  da  applicare  in  relazione  alle  istruttorie  e ai controlli previsti dalla parte seconda del presente decreto, comprese le  verifiche preventive di cui agli articoli 7, comma 5, e 19, commi 1  e  2,  la  fase preliminare e quella di conduzione di procedimenti integrati  ai  sensi  dell'articolo  34,  comma 1, nonche' i compensi spettanti  ai  membri  della  Commissione  di cui all'articolo 6. Gli oneri  per  l'istruttoria  e  per  i  controlli  sono quantificati in relazione  alla dimensione e complessita' del progetto, al suo valore economico,  al  numero  ed alla tipologia delle componenti ambientali interessate,  tenuto  conto  della  event uale presenza di sistemi di gestione  registrati  o  certificati  e  delle spese di funzionamento della  Commissione.  Tali  oneri,  posti  a  carico del committente o proponente,  sono  utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale  fine,  per gli impianti di competenza statale gli importi delle tariffe  vengono  versati  all'entrata  del  bilancio dello Stato per essere riassegnati entro sessanta giorni allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
 3.  Entro i successivi quindici giorni ciascuna regione e provincia autonoma  comunica  al  Ministero  dell'ambiente  e  della tutela del territorio  il proprio elenco di esperti di cui all'articolo 6, comma 6,  con  l'ordine  di  turnazione  secondo  il quale, all'occorrenza, dovranno essere convocati in sottocommissione.
 4.  L'operativita'  della  Commissione  di  cui  all'articolo  6 e' subordinata all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe previsto dal comma 2.
 5.  Sono  comunque  confermate  le  autorizzazioni  di  spesa  gia' disposte  ai  sensi  dell'articolo  18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e dell'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93.
 6.  Al  fine  di  garantire l'operativita' della commissione di cui all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59,  nelle  more  dell'adozione  del  decreto di cui all'articolo 18, comma 2 del citato decreto legislativo n. 59/2005, e fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 2 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonche' per il pagamento   dei  compensi  spettanti  ai  componenti  della  predetta commissione  nominata  con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  4  gennaio  2006,  e'  posto  a  carico  del richiedente il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma  forfetaria  pari ad curo venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione   integrata  ambientale  per  impianti  di  competenza statale;  la predetta somma e' riassegnata entro sessanta giorni, con decreto  del  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze, ad apposito capitolo  dello  stato  di  previsione  del Ministero dell'ambiente e della  tutela  del  territorio.  L  e  somme di cui al presente comma s'intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l'obbligo del richiedente  di  corrispondere  conguaglio in relazione all'eventuale differenza  risultante  in  base  a  quanto  stabilito dal successivo decreto  di  determinazione  delle  tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso.
 
 
 
 Note all'art. 49:
 - Per riferimenti della legge 11 marzo 1988, n. 67, del
 decreto  legislativo  20  agosto  2002, n. 190, del decreto
 legislativo  18 febbraio 2005, n. 59 e dalla legge 23 marzo
 2001, n. 93, si veda nelle note all'art. 48.
 -   Il   comma   2  dell'art.  18  del  citato  decreto
 legislativo n. 59/2005, e' il seguente:
 "2.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente e della
 tutela  del  territorio,  di concerto con il Ministro delle
 attivita'  produttive  e  con  il  Ministro dell'economia e
 delle  finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i
 rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
 Trento  e  di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata
 in  vigore  del  presente  decreto,  sono  disciplinate  le
 modalita',  anche  contabili,  e le tariffe da applicare in
 relazione  alle  istruttorie  e  ai  controlli previsti dal
 presente  decreto,  nonche'  i compensi spettanti ai membri
 della  commissione  istruttoria di cui all'art. 5, comma 9.
 Gli   oneri  per  l'istruttoria  e  per  i  controlli  sono
 quantificati   in   relazione   alla   complessita',  delle
 attivita'  svolte dall'autorita' competente, sulla base del
 numero e della tipologia delle emissioni e delle componenti
 ambientali interessate, nonche' della eventuale presenza di
 sistemi  di gestione registrati o certificati e delle spese
 di  funzionamento  della commissione di cui all'articolo 5,
 comma  9.  Tali  oneri,  posti  a  carico del gestore, sono
 utilizzati  esclusivamente  per  le  predette spese. A tale
 fine  gli importi delle tariffe vengono versati all'entrata
 del  bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato
 di  previsione  del  Ministero dell'ambiente e della tutela
 del territorio".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 50 (adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali)
 
 1.  Le  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano provvedono  affinche'  le  disposizioni  legislative  e regolamentari emanate  per adeguare i rispettivi ordinamenti alla parte seconda del presente  decreto  entrino  in  vigore entro il termine di centoventi giorni  dalla  pubblicazione  del presente decreto. In mancanza delle disposizioni  suddette  trovano  applicazione  le  norme  della parte seconda del presente decreto e dei suoi Allegati.
 |  |  |  | ART. 51 (regolamenti e norme tecniche integrative - autorizzazione unica
 ambientale per le piccole imprese)
 
 1.  Al fine di semplificare le procedure di valutazione ambientale strategica   e   valutazione  di  impatto  ambientale,  con  appositi regolamenti,  emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23  agosto  1988,  n. 400, possono essere adottate norme puntuali per una  migliore  integrazione  di  dette  valutazioni  negli  specifici procedimenti  amministrativi vigenti di approvazione o autorizzazione dei  piani  o  programmi  e  delle  opere  o  interventi sottoposti a valutazione.
 
 2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del   presente   decreto,  non  trova  applicazione  il  decreto  del Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  10 agosto 1988, n. 377, in materia  di impianti di gestione di rifiuti soggetti a valutazione di impatto  ambientale di competenza statale, fermo restando che, per le opere  o  interventi  sottoposti a valutazione di impatto ambientale, fino  all'emanazione  dei regolamenti di cui al comma 1 continuano ad applicarsi,   per   quanto   compatibili,   le  disposizioni  di  cui all'articolo 2 del suddetto decreto.
 
 3. Le norme tecniche integrative della disciplina di cui al titolo III   della  parte  seconda  del  presente  decreto,  concernenti  la redazione  degli  studi  di  impatto ambientale e la formulazione dei giudizi di compatibilita' in relazione a ciascuna categoria di opere, sono  emanate  con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa  deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i  Ministri  competenti  per  materia e sentita la Commissione di cui all'articolo 6.
 
 4.  Le  norme tecniche emanate in attuazione delle disposizioni di legge  di cui all'articolo 48, ivi compreso il decreto del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  27  dicembre  1988,  pubblicato  nella Gazzetta  Ufficiale  n.  4 del 5 gennaio 1989, restano in vigore fino all'emanazione delle corrispondenti norme di cui al comma 3.
 
 5.  Con  successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della   tutela   del   territorio,   di   concerto  con  il  Ministro dell'economia  e  delle  finanze  e  con  il Ministro delle attivita' produttive,  si  provvedera'  ad accorpare in un unico provvedimento, indicando  l'autorita'  unica  competente,  le diverse autorizzazioni ambientali   nel  caso  di  impianti  non  rientranti  nel  campo  di applicazione  del  decreto  legislativo  18  febbraio 2005, n. 59, ma sottoposti a piu' di una autorizzazione ambientale di settore.
 
 
 
 Note all'art. 51:
 - Il  comma  2,  dell'art.  17,  della  citata legge 23
 agosto 1988, n. 400, e' il seguente:
 "2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa
 deliberazione   del  Consiglio  dei  ministri,  sentito  il
 Consiglio  di  Stato,  sono  emanati  i  regolamenti per la
 disciplina  delle  materie, non coperte da riserva assoluta
 di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi
 della  Repubblica,  autorizzando l'esercizio della potesta'
 regolamentare  del  Governo,  determinano le norme generali
 regolatrici  della materia e dispongono l'abrogazione delle
 norme  vigenti,  con  effetto  dall'entrata in vigore delle
 norme regolamentari.".
 - Il  decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
 10 agosto 1988, n. 377, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
 n.  204  del  31 agosto 1988, reca: "Regolamentazione delle
 pronunce  di  compatibilita'  ambientale  di cui all'art. 6
 della  legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del
 Ministero   dell'ambiente  e  norme  in  materia  di  danno
 ambientale".
 - Il  decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
 27  dicembre  1988, recante norme tecniche per la redazione
 degli  studi  di  impatto  ambientale  e  la formazione del
 giudizio  di  compatibilita'  di  cui  all'art.  6, legge 8
 luglio  1986,  n.  349,  adottate  ai sensi dell'art. 3 del
 decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto
 1988,  n.  377,  e'  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale 5
 gennaio 1989, n. 4.
 - Il  decreto  legislativo  18  febbraio  2005,  n. 59,
 recante   attuazione  integrale  della  direttiva  96/61/CE
 relativa    alla    prevenzione   e   riduzione   integrate
 dell'inquinamento,  e'  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 n. 93 del 22 aprile 2005 (S.O.).
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 52 Entrata in vigore
 
 1.  Fatto  salvo  quanto  disposto dagli articoli 49 e 50, la parte seconda  del  presente decreto entra in vigore centoventi giorni dopo la  sua  pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica italiana.
 2.  I  procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore   della   parte   seconda  del  presente  decreto,  nonche'  i procedimenti  per  i  quali  a  tale  data sia gia' stata formalmente presentata   istanza   introduttiva  da  parte  dell'interessato,  si concludono  in  conformita' alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all'epoca della presentazione di detta istanza.
 |  |  |  | ART. 53 (finalita)
 
 1. Le  disposizioni  di  cui  alla  presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento  idrogeologico  del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni  di  dissesto,  la  messa  in  sicurezza  delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione.
 
 2. Per  il  conseguimento  delle  finalita'  di cui al comma 1, la pubblica  amministrazione  svolge  ogni opportuna azione di carattere conoscitivo,  di  programmazione  e  pianificazione degli interventi, nonche'   preordinata  alla  loro  esecuzione,  in  conformita'  alle disposizioni che seguono.
 
 3. Alla   realizzazione   delle  attivita'  previste  al  comma  1 concorrono,  secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto  speciale  ed  ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunita' montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.
 |  |  |  | ART. 54 (definizioni)
 
 1. Ai fini della presente sezione si intende per:
 
 a) suolo:  il  territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali;
 b) acque:   le   acque  meteoriche  e  le  acque  superficiali  e sotterranee come di seguito specificate;
 c) acque  superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque  sotterranee,  le  acque  di  transizione  e le acque costiere, tranne  per  quanto  riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
 d) acque  sotterranee:  tutte  le  acque  che si trovano sotto la superficie  del  suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;
 e) acque   interne:   tutte  le  acque  superficiali  correnti  o stagnanti  e  tutte  le  acque sotterranee all'interno della linea di base  che  serve  da  riferimento  per definire il limite delle acque territoriali;
 f) fiume:  un  corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che puo' essere parzialmente sotterraneo;
 g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
 h) acque   di   transizione:   i  corpi  idrici  superficiali  in prossimita'  della  foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina   a  causa  della  loro  vicinanza  alle  acque  costiere,  ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;
 i) acque  costiere:  le  acque  superficiali  situate all'interno rispetto  a  una  retta  immaginaria  distante, in ogni suo punto, un miglio  nautico sul lato esterno dal punto piu' vicino della linea di base  che  serve  da  riferimento  per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
 l) corpo    idrico   superficiale:   un   elemento   distinto   e significativo  di  acque  superficiali,  quale  un  lago,  un  bacino artificiale,  un  torrente,  un fiume o canale, parte di un torrente, fiume  o canale, nonche' di acque di transizione o un tratto di acque costiere;
 m) corpo  idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attivita' umana;
 n) corpo   idrico   fortemente   modificato:   un   corpo  idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attivita' umana, e' sostanzialmente modificata;
 o) corpo   idrico   sotterraneo:  un  volume  distinto  di  acque sotterranee contenute da una o piu' falde acquifere;
 p) falda  acquifera:  uno  o  piu' strati sotterranei di roccia o altri  strati  geologici  di porosita' e permeabilita' sufficiente da consentire   un   flusso   significativo   di   acque  sotterranee  o l'estrazione di quantita' significative di acque sotterranee;
 q) reticolo    idrografico:    l'insieme   degli   elementi   che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;
 r) bacino  idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque  superficiali  attraverso  una  serie  di  torrenti,  fiumi  ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
 s) sottobacino  o  sub-bacino:  il  territorio nel quale scorrono tutte  le  acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
 t) distretto  idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno  o  piu'  bacini  idrografici  limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee  e  costiere  che costituisce la principale unita' per la gestione dei bacini idrografici;
 u) difesa  del  suolo:  il  complesso  delle  azioni ed attivita' riferibili  alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali  e  collettori,  degli  specchi  lacuali,  delle lagune, della fascia  costiera,  delle  acque sotterranee, nonche' del territorio a questi connessi, aventi le finalita' di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione   del  patrimonio  idrico,  valorizzare  le  caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate;
 v) dissesto  idrogeologico:  la  condizione che caratterizza aree ove  processi  naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici,  del  suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;
 z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico.
 |  |  |  | ART. 55 (attivita' conoscitiva)
 
 1. Nell'attivita'  conoscitiva,  svolta  per  le  finalita' di cui all'articolo  53  e  riferita  all'intero  territorio  nazionale,  si intendono comprese le azioni di:
 
 a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;
 b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;
 c) formazione   ed   aggiornamento   delle  carte  tematiche  del territorio;
 d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei  piani,  dei  programmi  e  dei  progetti di opere previsti dalla presente sezione;
 e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria  per  il conseguimento delle finalita' di cui all'articolo 53.
 
 2. L'attivita'  conoscitiva di cui al presente articolo e' svolta, sulla  base  delle  deliberazioni  di  cui  all'articolo 57, comma 1, secondo  criteri,  metodi  e  standard  di  raccolta,  elaborazione e consultazione, nonche' modalita' di coordinamento e di collaborazione tra   i   soggetti   pubblici  comunque  operanti  nel  settore,  che garantiscano la possibilita' di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione  e  gestione, ad opera del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento   difesa   del  suolo  dell'Agenzia  per  la  protezione dell'ambiente  e  per i servizi tecnici (APAT) di cui all'articolo 38 del  decreto  legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema informativo,  cui  vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome.
 
 3. E'  fatto  obbligo  alle  Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonche' alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche  economici,  che  comunque  raccolgano  dati  nel settore della difesa  del  suolo,  di  trasmetterli  alla  regione territorialmente interessata  ed  al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del  suolo  dell'Agenzia  per  la  protezione  dell'ambiente  e per i servizi  tecnici  (APAT),  secondo le modalita' definite ai sensi del comma 2 del presente articolo.
 
 4. L'Associazione  nazionale  Comuni  italiani (ANCI) contribuisce allo  svolgimento  dell'attivita'  conoscitiva  di  cui  al  presente articolo,  in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative di cui  al  comma  1,  lettera  e),  nonche'  ai  fini  della diffusione dell'informazione  ambientale  di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo  19  agosto  2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e  in  attuazione  di  quanto previsto dall'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresi' con riguardo a:
 
 a) inquinamento dell'aria;
 b) inquinamento  delle  acque,  riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;
 c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;
 d) tutela del territorio;
 e) sviluppo sostenibile;
 f) ciclo integrato dei rifiuti;
 g) energie da fonti energetiche rinnovabili;
 h) parchi e aree protette.
 
 5. L'ANCI provvede all'esercizio delle attivita' di cui al comma 4 attraverso  la  raccolta  e  l'elaborazione  dei  dati  necessari  al monitoraggio  della  spesa  ambientale  sul  territorio  nazionale in regime  di  convenzione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  sono  definiti i criteri e le modalita' di esercizio delle  suddette  attivita'. Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata,   nei  limiti  delle  previsioni  di  spesa  di  cui  alla convenzione  in  essere,  una somma non inferiore all'uno e cinquanta per  cento  dell'ammontare  della  massa spendibile annualmente delle spese  d'investimento previste per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Per l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui  sopra  si provvede a valere sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale.
 
 
 
 Note all'art. 55:
 - L'art.  38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
 300,  recante  «Riforma  dell'organizzazione del Governo, a
 norma  dell'art.  11  della  legge  15 marzo 1997, n. 59» e
 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale del 30 agosto 1999, n.
 203, S.O., e' il seguente:
 «Art. 38 (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per
 i  servizi  tecnici).  -  1.  E' istituita l'agenzia per la
 protezione  dell'ambiente  e  per  i  servizi tecnici nelle
 forme disciplinate dagli articoli 8 e 9.
 2.   L'agenzia   svolge   i   compiti  e  le  attivita'
 tecnico-scientifiche   di   interesse   nazionale   per  la
 protezione  dell'ambiente,  per  la  tutela  delle  risorse
 idriche   e   della   difesa   del   suolo,   ivi  compresi
 l'individuazione  e  delimitazione  dei  bacini idrografici
 nazionali e interregionali.
 3.   All'agenzia   sono   trasferite   le  attribuzioni
 dell'agenzia  nazionale  per  la  protezione dell'ambiente,
 quelle  dei  servizi  tecnici nazionale istituiti presso la
 Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  ad eccezione di
 quelle del servizio sismico nazionale.
 4.  Lo statuto dell'Agenzia, emanato ai sensi dell'art.
 8,  comma 4, prevede l'istituzione di un consiglio federale
 rappresentativo  delle  agenzie regionali per la protezione
 dell'ambiente,  con  funzioni  consultive nei confronti del
 direttore  generale  e  del  comitato direttivo. Lo statuto
 prevede  altresi' che il comitato direttivo sia composto di
 quattro   membri,   di  cui  due  designati  dal  Ministero
 dell'ambiente  e  due designati dalla Conferenza permanente
 per  i  rapporti  tra  lo  Stato,  le regioni e le province
 autonome  di  Trento  e  di  Bolzano. Lo statuto disciplina
 inoltre  le  funzioni e le competenze degli organismi sopra
 indicati  e  la  loro  durata,  nell'ambito delle finalita'
 indicate  dagli articoli 03, comma 5, e 1, comma 1, lettera
 b),  del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito,
 con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.
 5. Sono soppressi l'agenzia nazionale per la protezione
 dell'ambiente, i servizi tecnici nazionali istituiti presso
 la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri.  Il relativo
 personale    e   le   relative   risorse   sono   assegnate
 all'agenzia.».
 - Gli  articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto
 2005,  n.  195,  di  attuazione  della  direttiva 2003/4/CE
 sull'accesso   del  pubblico  all'informazione  ambientale,
 pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale 23 settembre 2005, n.
 222, sono i seguenti:
 «Art. 8 (Diffusione dell'informazione ambientale). - 1.
 Fatto   salvo   quanto  previsto  all'art.  5,  l'autorita'
 pubblica   rende   disponibile   l'informazione  ambientale
 detenuta   rilevante   ai   fini  delle  proprie  attivita'
 istituzionali    avvalendosi,    ove   disponibili,   delle
 tecnologie   di   telecomunicazione   informatica  e  delle
 tecnologie elettroniche disponibili.
 2.  Per  le  finalita'  di  cui al comma 1, l'autorita'
 pubblica  stabilisce,  entro sei mesi dalla data di entrata
 in  vigore  del  presente  decreto,  un  piano  per rendere
 l'informazione  ambientale  progressivamente disponibile in
 banche dati elettroniche facilmente accessibili al pubblico
 tramite  reti di telecomunicazione pubbliche, da aggiornare
 annualmente.
 3.  Entro  due anni dalla data di entrata in vigore del
 presente  decreto,  l'autorita'  pubblica,  per  quanto  di
 competenza,  trasferisce  nelle  banche  dati  istituite in
 attuazione dei piani di cui al comma 2, almeno:
 a) i  testi  di trattati, di convenzioni e di accordi
 internazionali,  atti  legislativi  comunitari,  nazionali,
 regionali o locali, aventi per oggetto l'ambiente;
 b) le  politiche,  i  piani  ed  i programmi relativi
 all'ambiente;
 c) le   relazioni   sullo  stato  d'attuazione  degli
 elementi  di  cui  alle  lettere  a)  e  b), se elaborati o
 detenuti in forma elettronica dalle autorita' pubbliche;
 d) la  relazione  sullo stato dell'ambiente, prevista
 dall'art.  1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, e
 successive  modificazioni,  e  le eventuali relazioni sullo
 stato  dell'ambiente  a livello regionale o locale, laddove
 predisposte;
 e) i   dati   o  le  sintesi  di  dati  ricavati  dal
 monitoraggio  di  attivita' che incidono o possono incidere
 sull'ambiente;
 f) le  autorizzazioni  e  i  pareri  rilasciati dalle
 competenti  autorita'  in  applicazione  delle  norme sulla
 valutazione  d'impatto  ambientale e gli accordi in materia
 ambientale,  ovvero  un  riferimento  al  luogo in cui puo'
 essere   richiesta   o  reperita  l'informazione,  a  norma
 dell'art. 3;
 g) gli  studi sull'impatto ambientale, le valutazioni
 dei  rischi  relativi  agli  elementi dell'ambiente, di cui
 all'art.  2,  comma 1, lettera a), ovvero il riferimento al
 luogo   in   cui   l'informazione  ambientale  puo'  essere
 richiesta o reperita a norma dell'art. 3.
 4.   Fermo   restando   quanto  previsto  al  comma  3,
 l'informazione  ambientale  puo'  essere  resa  disponibile
 creando  collegamenti a sistemi informativi e a banche dati
 elettroniche,  anche  gestiti da altre autorita' pubbliche,
 da rendere facilmente accessibili al pubblico.
 5.  In caso di minaccia imminente per la salute umana e
 per l'ambiente, causata da attivita' umane o dovuta a cause
 naturali,     le     autorita'    pubbliche,    nell'ambito
 dell'espletamento  delle  attivita'  di  protezione  civile
 previste dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive
 modificazioni,  e  dalle  altre  disposizioni  in  materia,
 diffondono  senza  indugio  le  informazioni  detenute  che
 permettono,  a  chiunque possa esserne colpito, di adottare
 misure  atte  a  prevenire o alleviare i danni derivanti da
 tale minaccia.
 6.  Le  disposizioni  di  cui  ai commi 1, 2 e 3 non si
 applicano all'informazione raccolta dall'autorita' pubblica
 precedentemente alla data di entrata in vigore del presente
 decreto,   a  meno  che  tale  informazione  non  sia  gia'
 disponibile in forma elettronica.».
 «Art.  9  (Qualita' dell'informazione ambientale). - 1.
 Il  Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio
 garantisce,  se  possibile,  che  l'informazione ambientale
 detenuta  dall'autorita' pubblica sia aggiornata, precisa e
 confrontabile.
 2. Per le finalita' di cui al comma 1, l'Agenzia per la
 protezione  dell'ambiente  e per i servizi tecnici elabora,
 se  necessario,  apposite  specifiche tecniche da approvare
 con  le  modalita' di cui all'art. 15, comma 5, del decreto
 del Presidente della Repubblica 8 agosto 2002, n. 207.».
 - L'art.  1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, recante
 «Misure  in  materia di investimenti, delega al Governo per
 il   riordino   degli  incentivi  all'occupazione  e  della
 normativa  che  disciplina l'INAIL, nonche' diposizioni per
 il  riordino  degli  enti  previdenziali,  pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  22 maggio  1999,  n. 118, (S.O.) e' il
 seguente:
 «Art.  1  (Costituzione  di unita' tecniche di supporto
 alla  programmazione,  alla  valutazione  e al monitoraggio
 degli  investimenti pubblici). - 1. Al fine di migliorare e
 dare   maggiore  qualita'  ed  efficienza  al  processo  di
 programmazione    delle    politiche    di   sviluppo,   le
 amministrazioni  centrali e regionali, previa intesa con la
 Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le
 regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano,
 istituiscono e rendono operativi, entro il 31 ottobre 1999,
 propri  nuclei di valutazione e verifica degli investimenti
 pubblici  che,  in  raccordo  fra  loro  e con il Nucleo di
 valutazione  e  verifica  degli  investimenti  pubblici del
 Ministero  del  tesoro, del bilancio e della programmazione
 economica,  garantiscono  il supporto tecnico nelle fasi di
 programmazione,   valutazione,  attuazione  e  verifica  di
 piani,  programmi  e  politiche  di  intervento  promossi e
 attuati  da  ogni  singola  amministrazione.  E' assicurata
 l'integrazione  dei  nuclei di valutazione e verifica degli
 investimenti  pubblici con il Sistema statistico nazionale,
 secondo quanto previsto dall'art. 6 del decreto legislativo
 31 marzo 1998, n. 112.
 2. I nuclei di valutazione e verifica di cui al comma 1
 operano  all'interno  delle  rispettive amministrazioni, in
 collegamento  con  gli  uffici  di statistica costituiti ai
 sensi  del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, ed
 esprimono   adeguati   livelli  di  competenza  tecnica  ed
 operativa  al  fine  di  poter svolgere funzioni tecniche a
 forte   contenuto   di  specializzazione,  con  particolare
 riferimento per:
 a) l'assistenza  e il supporto tecnico per le fasi di
 programmazione,  formulazione e valutazione di documenti di
 programma,  per  le  analisi di opportunita' e fattibilita'
 degli investimenti e per la valutazione ex ante di progetti
 e  interventi,  tenendo  conto in particolare di criteri di
 qualita'  ambientale  e  di  sostenibilita'  dello sviluppo
 ovvero   dell'indicazione  della  compatibilita'  ecologica
 degli investimenti pubblici;
 b) la  gestione del Sistema di monitoraggio di cui al
 comma  5,  da  realizzare  congiuntamente con gli uffici di
 statistica delle rispettive amministrazioni;
 c) l'attivita'  volta  alla graduale estensione delle
 tecniche  proprie  dei  fondi  strutturali  all'insieme dei
 programmi  e  dei  progetti attuati a livello territoriale,
 con  riferimento  alle fasi di programmazione, valutazione,
 monitoraggio e verifica.
 3.  Le  attivita' volte alla costituzione dei nuclei di
 valutazione  e  verifica  di  cui  al  comma 1 sono attuate
 autonomamente     sotto    il    profilo    amministrativo,
 organizzativo  e  funzionale  dalle singole amministrazioni
 tenendo  conto  delle  strutture  similari gia' esistenti e
 della    necessita'    di    evitare    duplicazioni.    Le
 amministrazioni  provvedono  a tal fine ad elaborare, anche
 sulla   base   di  un'adeguata  analisi  organizzativa,  un
 programma   di   attuazione   comprensivo   delle  connesse
 attivita'  di  formazione  e  aggiornamento necessarie alla
 costituzione e all'avvio dei nuclei.
 4. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della
 presente  legge,  con  decreto del Presidente del Consiglio
 dei  Ministri,  sentita  la  Conferenza  permanente  per  i
 rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
 Trento  e  di  Bolzano,  sono  indicate  le caratteristiche
 organizzative   comuni   dei  nuclei  di  cui  al  presente
 articolo,  ivi  compresa  la  spettanza  di  compensi  agli
 eventuali     componenti     estranei     alla     pubblica
 amministrazione,  nonche'  le  modalita' e i criteri per la
 formulazione e la realizzazione dei programmi di attuazione
 di cui al comma 3.
 5.  E'  istituito  presso il Comitato interministeriale
 per  la  programmazione  economica  (CIPE)  il  «Sistema di
 monitoraggio  degli  investimenti  pubblici»  (MIP), con il
 compito    di    fornire    tempestivamente    informazioni
 sull'attuazione    delle   politiche   di   sviluppo,   con
 particolare  riferimento  ai  programmi  cofinanziati con i
 fondi  strutturali  europei,  sulla  base dell'attivita' di
 monitoraggio  svolta  dai  nuclei  di  cui al comma 1. Tale
 attivita'  concerne le modalita' attuative dei programmi di
 investimento     e    l'avanzamento    tecnico-procedurale,
 finanziario  e fisico dei singoli interventi. Il Sistema di
 monitoraggio  degli  investimenti  pubblici  e'  funzionale
 all'alimentazione  di  una  banca  dati  tenuta nell'ambito
 dello  stesso  CIPE,  anche con l'utilizzazione del Sistema
 informativo   integrato   del  Ministero  del  tesoro,  del
 bilancio  e  della  programmazione  economica. Il CIPE, con
 propria   deliberazione,   costituisce   e   definisce   la
 strutturazione    del   Sistema   di   monitoraggio   degli
 investimenti  pubblici  disciplina  il suo funzionamento ed
 emana  indirizzi per la sua attivita', previa intesa con la
 Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le
 regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
 6.   Il  Sistema  di  monitoraggio  degli  investimenti
 pubblici deve essere flessibile ed integrabile in modo tale
 da  essere  funzionale  al  progetto  «Rete  unitaria della
 pubblica   amministrazione»,  di  cui  alla  direttiva  del
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri 5 settembre 1995,
 pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale n. 272 del 21 novembre
 1995.   Le   informazioni   derivanti   dall'attivita'   di
 monitoraggio  sono  trasmesse dal CIPE alla Cabina di regia
 nazionale  di  cui  all'art.  6 del decreto-legge 23 giugno
 1995,  n.  244,  convertito, con modificazioni, dalla legge
 8 agosto    1995,    n.    341,   alla   sezione   centrale
 dell'Osservatorio  dei lavori pubblici e, in relazione alle
 rispettive  competenze, a tutte le amministrazioni centrali
 e  regionali.  Il  CIPE  invia  un  rapporto  semestrale al
 Parlamento.
 7.  Per  le  finalita' di cui al presente articolo, ivi
 compreso  il  ruolo  di  coordinamento  svolto dal CIPE, e'
 istituito  un  fondo da ripartire, previa deliberazione del
 CIPE sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
 Stato,  le  regioni  e  le province autonome di Trento e di
 Bolzano,  con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio
 e  della  programmazione  economica.  Per  la dotazione del
 fondo e' autorizzata la spesa di lire 8 miliardi per l'anno
 1999  e  di  lire  10  miliardi annue a decorrere dall'anno
 2000.
 8.  All'onere  derivante  dall'attuazione  del presente
 articolo,  pari  a  8 miliardi di lire per l'anno 1999 e 10
 miliardi  di  lire  per ciascuno degli anni 2000 e 2001, si
 provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai
 fini   del   bilancio   triennale   1999-2001,  nell'ambito
 dell'unita'  previsionale  di base di parte corrente «Fondo
 speciale»  dello  stato  di  previsione  del  Ministero del
 tesoro,  del  bilancio e della programmazione economica per
 l'anno   1999,  parzialmente  utilizzando  l'accantonamento
 relativo al medesimo Ministero.
 9. Per le finalita' di cui al comma 1, il CIPE, sentita
 la  Conferenza  permanente  per i rapporti tra lo Stato, le
 regioni  e  le  province  autonome di Trento e di Bolzano e
 previo  parere  delle  competenti  Commissioni parlamentari
 permanenti,  entro  dodici  mesi  dalla  data di entrata in
 vigore  della  presente  legge,  indica  i criteri ai quali
 dovranno  attenersi  le  regioni  e le province autonome al
 fine  di  suddividere  il  rispettivo territorio in Sistemi
 locali  del  lavoro,  individuando  tra  questi i distretti
 economico-produttivi  sulla  base  di  una metodologia e di
 indicatori  elaborati dall'Istituto nazionale di statistica
 (ISTAT),  che  ne  curera' anche l'aggiornamento periodico.
 Tali   indicatori   considereranno   fenomeni  demografici,
 sociali, economici, nonche' la dotazione infrastrutturale e
 la   presenza  di  fattori  di  localizzazione,  situazione
 orografica   e   condizione   ambientale   ai   fini  della
 programmazione  delle politiche di sviluppo di cui al comma
 1. Sono fatte salve le competenze in materia delle regioni,
 delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti
 locali.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 56 (attivita' di pianificazione, di programmazione e di attuazione)
 
 1. Le   attivita'   di  programmazione,  di  pianificazione  e  di attuazione  degli  interventi  destinati a realizzare le finalita' di cui  all'articolo  53  riguardano,  ferme restando le competenze e le attivita'  istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:
 
 a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini   idrografici,   con   interventi   idrogeologici,  idraulici, idraulico-forestali,     idraulico-agrari,     silvo-pastorali,    di forestazione  e  di  bonifica,  anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;
 b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei  rami  terminali  dei  fiumi  e delle loro foci nel mare, nonche' delle zone umide;
 c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche  di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi   o   altro,  per  la  difesa  dalle  inondazioni  e  dagli allagamenti;
 d) la  disciplina  delle  attivita' estrattive nei corsi d'acqua, nei  laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del  territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;   e) la  difesa  e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili,  nonche'  la  difesa  degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;
 f) il  contenimento  dei  fenomeni  di  subsidenza dei suoli e di risalita  delle  acque  marine  lungo  i fiumi e nelle falde idriche, anche   mediante  operazioni  di  ristabilimento  delle  preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;
 g) la  protezione  delle  coste  e degli abitati dall'invasione e dall'erosione  delle  acque  marine ed il ripascimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;
 h) la  razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e  profonde,  con  una  efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il  minimo  deflusso  vitale  negli  alvei sottesi nonche' la polizia delle acque;
 i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonche' della gestione dei relativi impianti;
 l) la  manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni;
 m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di  cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche  mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione  delle  aree  demaniali  e  la  costituzione  di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;
 n) il riordino del vincolo idrogeologico.
 
 2. Le  attivita'  di  cui  al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi   e   standard,   nonche'  modalita'  di  coordinamento  e  di collaborazione   tra   i   soggetti   pubblici  comunque  competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneita' di:
 
 a) condizioni  di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;
 b) modalita'  di  utilizzazione  delle  risorse  e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.
 |  |  |  | ART. 57 (Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri
 per gli interventi nel settore della difesa del suolo)
 
 1.  Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:
 
 a)  su  proposta  del  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio:
 
 1)  le  deliberazioni  concernenti  i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attivita' di cui agli articoli 55 e 56, nonche' per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;
 2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;
 3)  gli  atti  volti  a  provvedere  in  via sostitutiva, previa diffida,  in  caso  di  persistente inattivita' dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;
 4)  ogni  altro  atto  di  indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla presente sezione;
 
 b)  su  proposta  del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma nazionale di intervento.
 
 2.  Il  Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa  del  suolo  opera  presso  la  Presidenza  del  Consiglio dei Ministri.  Il  Comitato  presieduto  dal Presidente del Consiglio dei Ministri  o, su sua delega, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio,  e'  composto  da  quest'ultimo e dai Ministri delle infrastrutture  e  dei  trasporti,  delle attivita' produttive, delle politiche agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e  le  attivita'  culturali,  nonche' dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile.
 
 3.  Il  Comitato  dei  Ministri  ha  funzioni di alta vigilanza ed adotta  gli  atti  di  indirizzo  e di coordinamento delle attivita'. Propone  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  lo  schema di programma  nazionale  di  intervento,  che  coordina con quelli delle regioni   e   degli   altri  enti  pubblici  a  carattere  nazionale, verificandone l'attuazione.
 
 4.  Al  fine  di  assicurare  il  necessario  coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli    indirizzi    delle   politiche   settoriali   direttamente   o indirettamente  connesse  con  gli  obiettivi  e  i  contenuti  della pianificazione  di  distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.
 
 5.  Per  lo  svolgimento  delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.
 
 6.  I  principi  degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente  articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i  rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
 |  |  |  | ART. 58 (competenze del Ministro dell'ambiente
 e della tutela del territorio)
 
 1.  Il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio esercita  le  funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate  dalla  presente  sezione,  ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.
 
 2.  In  particolare,  il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio:
 
 a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell'adozione,  ai  sensi  dell'articolo  57,  degli  indirizzi e dei criteri  per  lo  svolgimento  del  servizio di polizia idraulica, di navigazione  interna  e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
 b)  predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto  idrogeologico,  da  allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente  di  cui  all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986,  n.  349,  nonche'  la  relazione sullo stato di attuazione dei programmi  triennali  di  intervento  per la difesa del suolo, di cui all'articolo   69,   da   allegare   alla  relazione  previsionale  e programmatica.  La  relazione  sull'uso  del suolo e sulle condizioni dell'assetto  idrogeologico  e la relazione sullo stato dell'ambiente sono   redatte   avvalendosi   del   Servizio  geologico  d'Italia  - Dipartimento   difesa   del  suolo  dell'Agenzia  per  la  protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);
 c)  opera,  ai  sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di  pianificazione,  delle  funzioni  di  difesa  del  suolo  con gli interventi  per  la  tutela  e  l'utilizzazione  delle acque e per la tutela dell'ambiente.
 
 3.  Ai  fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio svolge le seguenti funzioni:
 
 a)  programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo;
 b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e  altri  fenomeni  di  dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine  al  fine  di  garantire  condizioni ambientali permanenti ed omogenee,   ferme  restando  le  competenze  del  Dipartimento  della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;
 c)  indirizzo  e  coordinamento dell'attivita' dei rappresentanti del  Ministero  in  seno alle Autorita' di bacino distrettuale di cui all'articolo 63;
 d)  identificazione  delle  linee  fondamentali  dell'assetto del territorio  nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e  alla difesa del suolo, nonche' con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione  territoriale  delle  reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali;
 e)  determinazione  di  criteri,  metodi  e standard di raccolta, elaborazione, da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi  tecnici  (APAT), e di consultazione dei dati, definizione di modalita'  di  coordinamento  e  di  collaborazione  tra  i  soggetti pubblici  operanti  nel  settore, nonche' definizione degli indirizzi per  l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;
 f)  valutazione  degli  effetti  conseguenti  all'esecuzione  dei piani,  dei  programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;
 g) coordinamento dei sistemi cartografici.
 
 
 
 Note all'art. 58:
 - L'art.  1  della  legge 8 luglio 1986, n. 349 recante
 "Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia
 di danno ambientale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 15
 luglio 1986, n. 162 (S.O.) e' il seguente:
 "Art. 1. - 1. E' istituito il Ministero dell'ambiente.
 2.  E'  compito  del Ministero assicurare, in un quadro
 organico,  la  promozione,  la conservazione ed il recupero
 delle   condizioni   ambientali   conformi  agli  interessi
 fondamentali  della  collettivita'  ed  alla qualita' della
 vita,  nonche'  la  conservazione  e  la valorizzazione del
 patrimonio  naturale  nazionale  e  la difesa delle risorse
 naturali dall'inquinamento.
 3.  Il  Ministero  compie  e promuove studi, indagini e
 rilevamenti  interessanti  l'ambiente;  adotta, con i mezzi
 dell'informazione,  le  iniziative  idonee a sensibilizzare
 l'opinione   pubblica   alle   esigenze   ed   ai  problemi
 dell'ambiente,  anche attraverso la scuola, di concerto con
 il Ministro della pubblica istruzione.
 4.   Il   Ministero   instaura   e   sviluppa,   previo
 coordinamento  con  il  Ministero degli affari esteri e con
 gli  altri  Ministeri interessati, rapporti di cooperazione
 con gli organismi internazionali e delle Comunita' europee.
 5.  Il  Ministero  promuove  e  cura  l'adempimento  di
 convenzioni   internazionali,   delle   direttive   e   dei
 regolamenti   comunitari   concernenti   l'ambiente   e  il
 patrimonio naturale.
 6.  Il  Ministero  presenta al Parlamento ogni due anni
 una relazione sullo stato dell'ambiente".
 - L'art.  2  commi  5 e 6 della citata legge n. 349 del
 1986 e' il seguente:
 "5.   Il  Ministro  dell'ambiente  interviene,  per  il
 concerto,  nella  predisposizione  dei  piani  di settore a
 carattere   nazionale  che  abbiano  rilevanza  di  impatto
 ambientale.
 6.  Il  Ministro  dell'ambiente adotta, d'intesa con il
 Ministro  dei lavori pubblici, le iniziative necessarie per
 assicurare   il   coordinamento,   ad   ogni   livello   di
 pianificazione,  delle  funzioni di tutela dell'ambiente di
 cui  alla  presente  legge con gli interventi per la difesa
 del suolo e per la tutela e utilizzazione delle acque".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 59 (competenze della Conferenza Stato-regioni)
 
 1. La   Conferenza   Stato-regioni  formula  pareri,  proposte  ed osservazioni,   anche   ai  fini  dell'esercizio  delle  funzioni  di indirizzo  e  coordinamento  di  cui  all'articolo 57, in ordine alle attivita'  ed  alle  finalita'  di cui alla presente sezione, ed ogni qualvolta  ne  e' richiesta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. In particolare:
 
 a) formula  proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto articolo 57;
 b) formula  proposte  per  il costante adeguamento scientifico ed organizzativo  del  Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del  suolo  dell'Agenzia  per  la  protezione  dell'ambiente  e per i servizi  tecnici (APAT) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti,  gli  uffici  e  gli  enti  pubblici e privati che svolgono attivita'  di  rilevazione,  studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;
 c) formula  osservazioni  sui piani di bacino, ai fini della loro conformita' agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
 d) esprime   pareri   sulla   ripartizione   degli   stanziamenti autorizzati  da  ciascun  programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione  delle  opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;
 e) esprime  pareri  sui  programmi  di  intervento  di competenza statale.
 |  |  |  | ART. 60 (competenze dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente
 e per i servizi tecnici - APAT)
 
 1. Ferme  restando  le  competenze  e  le  attivita' istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, l'Agenzia per la protezione  dell'ambiente  e  per  i servizi tecnici (APAT) esercita, mediante  il  Servizio  geologico  d'Italia  Dipartimento  difesa del suolo, le seguenti funzioni:
 
 a) svolgere    l'attivita'    conoscitiva,   qual   e'   definita all'articolo 55;
 b) realizzare  il  sistema  informativo unico e la rete nazionale integrati di rilevamento e sorveglianza;
 c) fornire,  a  chiunque  ne  formuli  richiesta,  dati, pareri e consulenze,  secondo  un  tariffario fissato ogni biennio con decreto del  Presidente  del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro  dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base  al principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca.
 |  |  |  | ART. 61 (competenze delle regioni)
 
 1. Le  regioni,  ferme  restando  le  attivita'  da  queste svolte nell'ambito  delle  competenze  del  Servizio nazionale di protezione civile,  ove  occorra  d'intesa  tra loro, esercitano le funzioni e i compiti    ad    esse   spettanti   nel   quadro   delle   competenze costituzionalmente  determinate  e  nel  rispetto  delle attribuzioni statali, ed in particolare:
 
 a) collaborano  nel  rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino  dei  distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza  istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti di competenza;
 b) formulano  proposte  per  la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;
 c) provvedono   alla   elaborazione,  adozione,  approvazione  ed attuazione dei piani di tutela di cui all'articolo 121;
 d) per  la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono  all'approvazione  e  all'esecuzione  dei  progetti, degli interventi  e  delle  opere  da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;
 e) provvedono,    per    la    parte   di   propria   competenza, all'organizzazione   e  al  funzionamento  del  servizio  di  polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
 f) provvedono   all'organizzazione   e   al  funzionamento  della navigazione  interna,  ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
 g) predispongono  annualmente  la  relazione sull'uso del suolo e sulle   condizioni   dell'assetto  idrogeologico  del  territorio  di competenza  e  sullo  stato  di attuazione del programma triennale in corso  e  la trasmettono al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio entro il mese di dicembre;
 h) assumono  ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di  conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e  di  tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.
 
 2. Il  Registro  italiano  dighe  (RID) provvede in via esclusiva, anche  nelle  zone  sismiche, alla identificazione e al controllo dei progetti  delle  opere  di  sbarramento,  delle  dighe  di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di  invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del   Ministero   delle   attivita'  produttive  tutte  le  opere  di sbarramento  che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali.
 
 3. Rientrano  nella  competenza  delle  regioni  e  delle province autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del Presidente  della  Repubblica  1°  novembre  1959,  n. 1363,  per gli sbarramenti  che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un   invaso  non  superiore  a  1.000.000  di  metri  cubi. Per  tali sbarramenti,  ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture   e   dei   trasporti. Il   Registro   italiano  dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto tecnico richiesto.
 
 4. Resta  di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione  e  costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacita' di invaso.
 
 5. Le  funzioni  relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge  30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.
 
 6. Restano  ferme  tutte  le  altre  funzioni  amministrative gia' trasferite o delegate alle regioni.
 
 
 
 Note all'art. 61:
 - Il   decreto   del  Presidente  della  Repubblica  1°
 novembre   1959,   n.   1363,   recante  «Approvazione  del
 regolamento   per   la   compilazione   dei   progetti,  la
 costruzione  e  l'esercizio  delle  dighe  da  ritenuta» e'
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 24 marzo 1960, n. 72.
 - Il  regio  decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, recante
 «Riordinamento  e  riforma della legislazione in materia di
 boschi  e  di  terreni  montani»  pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale 17 maggio 1924, n. 117.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 62 (competenze degli enti locali e di altri soggetti)
 
 1. I  comuni,  le  province,  i  loro  consorzi o associazioni, le comunita'  montane,  i  consorzi  di  bonifica  e  di  irrigazione, i consorzi  di  bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto  pubblico  con  sede  nel  distretto  idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei  modi  e  nelle  forme  stabilite  dalle  regioni singolarmente o d'intesa  tra  loro,  nell'ambito  delle competenze del sistema delle autonomie locali.
 
 2. Gli  enti  di  cui  al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite  convenzioni, del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e sono tenuti a collaborare con la stessa.
 |  |  |  | ART. 63 (Autorita' di bacino distrettuale)
 
 1. In  ciascun  distretto  idrografico  di  cui all'articolo 64 e' istituita l'Autorita' di bacino distrettuale, di seguito Autorita' di bacino,  ente  pubblico  non  economico che opera in conformita' agli obiettivi  della  presente sezione ed uniforma la propria attivita' a criteri di efficienza, efficacia, economicita' e pubblicita'.
 
 2. Sono   organi   dell'Autorita'   di   bacino:   la   Conferenza istituzionale  permanente,  il  Segretario  generale,  la  Segreteria tecnico-operativa  e  la Conferenza operativa di servizi. Con decreto del  Presidente  del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  e  con il Ministro per la funzione pubblica, da emanarsi sentita la Conferenza permanente Stato -  regioni  entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte  terza  del  presente  decreto,  sono  definiti  i criteri e le modalita' per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse   patrimoniali   e   finanziarie,  salvaguardando  i  livelli occupazionali,  definiti  alla  data  del  31 dicembre 2005, e previa consultazione dei sindacati.
 
 3. Le  autorita'  di  bacino  previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183,  sono  soppresse  a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni  sono  esercitate  dalle Autorita' di bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto. Il decreto di cui al comma 2  disciplina  il  trasferimento di funzioni e regolamenta il periodo transitorio.
 
 4. Gli  atti  di  indirizzo,  coordinamento e pianificazione delle Autorita'   di   bacino   vengono  adottati  in  sede  di  Conferenza istituzionale  permanente  presieduta  e convocata, anche su proposta delle  amministrazioni  partecipanti,  dal  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio su richiesta del Segretario generale, che vi  partecipa  senza  diritto  di voto. Alla Conferenza istituzionale permanente  partecipano  i  Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio,  delle  infrastrutture  e  dei trasporti, delle attivita' produttive,  delle  politiche  agricole  e forestali, per la funzione pubblica,  per i beni e le attivita' culturali o i Sottosegretari dai medesimi  delegati,  nonche'  i  Presidenti  delle  regioni  e  delle province  autonome  il  cui  territorio  e' interessato dal distretto idrografico  o gli Assessori dai medesimi delegati, oltre al delegato del    Dipartimento    della   protezione   civile. Alle   conferenze istituzionali  permanenti  del distretto idrografico della Sardegna e del  distretto  idrografico  della  Sicilia  partecipa  no,  oltre ai Presidenti  delle  rispettive  regioni,  altri due rappresentanti per ciascuna    delle   predette   regioni,   nominati   dai   Presidenti regionali. La   conferenza   istituzionale   permanente   delibera  a maggioranza. Gli  atti  di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
 
 5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:
 
 a) adotta  criteri  e  metodi  per  la  elaborazione del Piano di bacino   in   conformita'   agli  indirizzi  ed  ai  criteri  di  cui all'articolo 57;
 b) individua  tempi  e  modalita'  per  l'adozione  del  Piano di bacino,  che  potra'  eventualmente  articolarsi  in piani riferiti a sub-bacini;
 c) determina  quali  componenti del piano costituiscono interesse esclusivo  delle  singole  regioni  e  quali  costituiscono interessi comuni a piu' regioni;
 d) adotta   i  provvedimenti  necessari  per  garantire  comunque l'elaborazione del Piano di bacino;
 e) adotta il Piano di bacino;
 f) controlla    l'attuazione    degli   schemi   previsionali   e programmatici  del  Piano  di  bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale   rispetto   ai   tempi   fissati   nel   programma,  diffida l'amministrazione  inadempiente,  fissando  il  termine  massimo  per l'inizio   dei   lavori. Decorso   infruttuosamente   tale   termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede,  in  via  sostitutiva, il Presidente della Giunta regionale interessata che, a tal fine, puo' avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
 g) nomina il Segretario generale.
 
 6. La   Conferenza   operativa   di   servizi   e'   composta  dai rappresentanti dei Ministeri di cui al comma 4, delle regioni e delle province  autonome  interessate,  nonche'  da  un  rappresentante del Dipartimento  della  protezione  civile;  e' convocata dal Segretario Generale, che la presiede, e provvede all'attuazione ed esecuzione di quanto  disposto  ai  sensi  del comma 5, nonche' al compimento degli atti  gestionali. La  conferenza  operativa  di  servizi  delibera  a maggioranza.
 
 7. Le  Autorita'  di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:
 
 a) all'elaborazione  del  Piano  di  bacino  distrettuale  di cui all'articolo 65;
 b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di  bacino  dei  piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali   relativi   alla   difesa   del   suolo,   alla   lotta  alla desertificazione,  alla  tutela  delle  acque  e  alla gestione delle risorse idriche;
 c) all'elaborazione,  secondo le specifiche tecniche che figurano negli  allegati  alla parte terza del presente decreto, di un'analisi delle  caratteristiche  del distretto, di un esame sull'impatto delle attivita'  umane  sullo  stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, nonche' di un'analisi economica dell'utilizzo idrico.
 
 8. Fatte  salve  le  discipline  adottate  dalle  regioni ai sensi dell'articolo  62, le Autorita' di bacino coordinano e sovraintendono le  attivita'  e  le funzioni di titolarita' dei consorzi di bonifica integrale  di  cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonche' del  consorzio  del  Ticino  -  Ente  autonomo  per  la  costruzione, manutenzione  ed  esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, del   consorzio  dell'Oglio  -  Ente  autonomo  per  la  costruzione, manutenzione  ed  esercizio  dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e del   consorzio   dell'Adda  -  Ente  autonomo  per  la  costruzione, manutenzione  ed  esercizio  dell'opera regolatrice del lago di Como, con  particolare  riguardo  all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia  ambientale  e di risanamento delle acque, anche al fine della  loro  utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua ed alla fitodepurazione.
 
 
 
 Nota all'art. 63:
 - La  legge  18 maggio 1989, n. 183, recante «Norme per
 il  riassetto  organizzativo  e funzionale della difesa del
 suolo»  e'  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale 25 maggio
 1989, n. 120 (S.O.).
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 64 (distretti idrografici)
 
 1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, e' ripartito nei seguenti distretti idrografici:
 
 a) distretto  idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
 
 1) Adige,  gia'  bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
 2) Alto  Adriatico,  gia'  bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 3) Lemene,    Fissaro    Tartaro    Canalbianco,   gia'   bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 4) bacini  del  Friuli-Venezia  Giulia e del Veneto, gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 
 b) distretto   idrografico   Padano,   con  superficie  di  circa 74.115Kmq,  comprendente  il  bacino del Po, gia' bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 c) distretto   idrografico   dell'Appennino  settentrionale,  con superficie  di  circa  39.000  Kmq,  comprendente  i  seguenti bacini idrografici:
 
 1) Arno,  gia'  bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 2) Magra, gia' bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 3) Fiora, gia' bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 4) Conca  Marecchia,  gia'  bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 5) Reno,  gia' bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 6) bacini  della  Liguria,  gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 7) bacini  della  Toscana,  gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 8) fiumi  Uniti,  Montone,  Ronco,  Savio,  Rubicone e Uso, gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini  minori, gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 10) Lamone,  gia'  bacino  regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 11) bacini  minori  afferenti  alla costa Romagnola, gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 
 d) distretto  idrografico  pilota  del Serchio, con superficie di circa 1.600 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;
 e) distretto  idrografico dell'Appennino centrale, con superficie di circa 35.800 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
 
 1) Tevere, gia' bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 2) Tronto,  gia'  bacino  interregionale  ai  sensi  della legge n. 183 del 1989;
 3) Sangro,  gia'  bacino  interregionale  ai  sensi  della legge n. 183 del 1989;
 4) bacini  dell'Abruzzo,  gia'  bacini  regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 5) bacini  del Lazio, gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori  delle  Marche,  gia'  bacini  regionali  ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 
 f) distretto    idrografico   dell'Appennino   meridionale,   con superficie  di  circa  68.200  Kmq,  comprendente  i  seguenti bacini idrografici:
 
 1) Liri-Garigliano,  gia'  bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 2) Volturno,  gia'  bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 3) Sele,  gia' bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 4) Sinni e Noce, gia' bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 5) Bradano,  gia'  bacino  interregionale  ai  sensi della legge n. 183 del 1989;
 6) Saccione,  Fortore  e  Biferno, gia' bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 7) Ofanto,  gia'  bacino  interregionale  ai  sensi  della legge n. 183 del 1989;
 8) Lao,  gia'  bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 9) Trigno,  gia'  bacino  interregionale  ai  sensi  della legge n. 183 del 1989;
 10) bacini  della Campania, gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 11) bacini  della  Puglia,  gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 12) bacini  della  Basilicata,  gia'  bacini  regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 13) bacini  della Calabria, gia' bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 14) bacini  del  Molise,  gia'  bacini  regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 
 g) distretto  idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000  Kmq,  comprendente  i  bacini  della  Sardegna,  gia'  bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
 h) distretto  idrografico  della Sicilia, con superficie di circa 26.000   Kmq,  comprendente  i  bacini  della  Sicilia,  gia'  bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.
 |  |  |  | ART. 65 (valore, finalita' e contenuti del piano di bacino distrettuale)
 
 1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore   di   piano  territoriale  di  settore  ed  e'  lo  strumento conoscitivo,  normativo  e  tecnico-operativo  mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione,  alla  difesa  e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta  utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.
 
 2. Il  Piano di bacino e' redatto dall'Autorita' di bacino in base agli  indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed  interventi  sono  condotti  con particolare riferimento ai bacini montani,   ai   torrenti  di  alta  valle  ed  ai  corsi  d'acqua  di fondo-valle.
 
 3. Il  Piano di bacino, in conformita' agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, realizza le finalita' indicate all'articolo 56  e,  in  particolare,  contiene,  unitamente  agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:
 
 a) il  quadro  conoscitivo  organizzato ed aggiornato del sistema fisico,  delle  utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici  comunali ed intercomunali, nonche' dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
 b) la  individuazione  e  la quantificazione delle situazioni, in atto  e  potenziali,  di  degrado  del  sistema fisico, nonche' delle relative cause;
 c) le  direttive  alle  quali  devono  uniformarsi  la difesa del suolo,  la  sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;
 d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:
 
 1) dei  pericoli  di  inondazione e della gravita' ed estensione del dissesto;
 2) dei pericoli di siccita';
 3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;
 4) del  perseguimento  degli  obiettivi  di  sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonche' del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;
 
 e) la  programmazione  e  l'utilizzazione  delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;
 f) la  individuazione  delle  prescrizioni,  dei  vincoli e delle opere    idrauliche,   idraulico-agrarie,   idraulico-forestali,   di forestazione,   di   bonifica   idraulica,   di   stabilizzazione   e consolidamento  dei  terreni  e  di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo  finalizzati  alla  conservazione  del  suolo  ed alla tutela dell'ambiente;
 g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera  f),  qualora  siano  gia'  state intraprese con stanziamenti disposti  da  leggi  speciali,  da  leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;
 h) le  opere  di  protezione,  consolidamento  e sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico;
 i) i  meccanismi  premiali  a  favore  dei proprietari delle zone agricole  e  boschive  che  attuano  interventi  idonei  a  prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;
 l) la  valutazione  preventiva,  anche  al  fine di scegliere tra ipotesi  di  governo  e  gestione  tra  loro  diverse,  del  rapporto costi-benefici,  dell'impatto  ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;
 m) la  normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei  materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative  fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;
 n) l'indicazione  delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni  in  rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai  fini  della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della  prevenzione  contro  presumibili effetti dannosi di interventi antropici;
 o) le  misure  per  contrastare  i  fenomeni  di  subsidenza e di desertificazione,  anche  mediante  programmi  ed  interventi utili a garantire  maggiore  disponibilita'  della risorsa idrica ed il riuso della stessa;
 p) il   rilievo   conoscitivo   delle  derivazioni  in  atto  con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;
 q) il  rilievo  delle  utilizzazioni  diverse  per  la  pesca, la navigazione od altre;
 r) il  piano  delle  possibili  utilizzazioni  future  sia per le derivazioni  che  per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantita';
 s) le priorita' degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravita' del dissesto;
 t) l'indicazione    delle    risorse   finanziarie   previste   a legislazione vigente.
 
 4. Le  disposizioni  del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente  vincolante  per  le amministrazioni ed enti pubblici, nonche'   per  i  soggetti  privati,  ove  trattasi  di  prescrizioni dichiarate  di  tale  efficacia  dallo  stesso  Piano  di  bacino. In particolare,  i  piani  e  programmi di sviluppo socio-economico e di assetto  ed  uso  del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.
 
 5. Ai  fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione del  Piano di bacino le autorita' competenti provvedono ad adeguare i rispettivi   piani  territoriali  e  programmi  regionali  quali,  in particolare,  quelli relativi alle attivita' agricole, zootecniche ed agroforestali,  alla tutela della qualita' delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.
 
 6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla  data  di  pubblicazione  del  Piano  di  bacino sui rispettivi Bollettini   Ufficiali   regionali,   emanano   ove   necessario   le disposizioni  concernenti  l'attuazione  del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso   tale   termine,   gli   enti  territorialmente interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni  nel  settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano  ad  adottare  i  necessari adempimenti relativi ai propri strumenti  urbanistici  entro  sei  mesi  dalla data di comunicazione delle  predette  disposizioni,  e  comunque  entro  nove  mesi  dalla pubblicazione  dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni.
 
 7. In  attesa  dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorita' di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai  bacini  montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo  valle  ed  ai  contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del   comma  3. Le  misure  di  salvaguardia  sono  immediatamente vincolanti  e  restano  in  vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata  attuazione  o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province  e  dei  comuni,  delle misure di salvaguardia, e qualora da cio'  possa  derivare  un  grave  danno  al  territorio,  il Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio,  previa  diffida ad adempiere  entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta  con  ordinanza  cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori o di attivita'   antropiche,   dandone   comunicazione   preventiva   alle amministrazioni    competenti. Se    la   m   ancata   attuazione   o l'inosservanza   di   cui  al  presente  comma  riguarda  un  ufficio periferico  dello Stato, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  informa  senza  indugio  il  Ministro  competente  da cui l'ufficio   dipende,   il  quale  assume  le  misure  necessarie  per assicurare  l'adempimento. Se  permane la necessita' di un intervento cautelare  per  evitare  un  grave  danno  al territorio, il Ministro competente,  di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio,  adotta  l'ordinanza  cautelare  di  cui al presente comma.
 
 8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso,  devono  costituire  fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti  di  cui  al  comma  3. Deve  comunque  essere garantita la considerazione  sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi  del  comma  7,  le  opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.
 
 9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
 
 
 
 Nota all'art. 65:
 - Il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 recante
 «Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  ai  sensi
 dell'art.   10   della  legge  6 luglio  2002,  n.  137  e'
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 24 febbraio 2004, n. 45
 (S.O.).
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 66 (adozione ed approvazione dei piani di bacino)
 
 1. I   piani  di  bacino,  prima  della  loro  approvazione,  sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo  la  procedura  prevista  dalla  parte  seconda  del presente decreto. .br:
 
 2. Il  Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, e' adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale  permanente  di  cui  all'articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:
 
 a) i   termini   per   l'adozione  da  parte  delle  regioni  dei provvedimenti conseguenti;
 b) quali  componenti  del piano costituiscono interesse esclusivo delle  singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o piu' regioni.
 
 3. Il  Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di  cui  al  comma  2,  e'  inviato  ai  componenti  della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione  deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
 
 4. In  caso  di  inerzia  in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  su  proposta del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio,  previa  diffida ad adempiere  entro un congruo termine e sentita la regione interessata, assume  i  provvedimenti  necessari,  ivi  compresa  la  nomina di un commissario  "ad  acta",  per garantire comunque lo svolgimento delle procedure  e  l'adozione  degli  atti necessari per la formazione del piano.
 
 5. Dell'adozione  del piano e' data notizia secondo le forme e con le  modalita'  previste  dalla  parte seconda del presente decreto ai fini  dell'esperimento  della  procedura  di  valutazione  ambientale strategica (VAS) in sede statale.
 
 6. Conclusa  la  procedura  di  valutazione  ambientale strategica (VAS),  sulla base del giudizio di compatibilita' ambientale espresso dall'autorita'  competente,  i  piani  di  bacino  sono approvati con decreto  del  Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalita' di  cui  all'articolo  57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati  nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.
 
 7. Le  Autorita'  di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte   le   parti   interessate   all'elaborazione,   al  riesame  e all'aggiornamento  dei  piani  di  bacino, provvedendo affinche', per ciascun  distretto  idrografico,  siano pubblicati e resi disponibili per   eventuali   osservazioni  del  pubblico,  inclusi  gli  utenti, concedendo  un  periodo  minimo  di  sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:
 
 a) il  calendario  e  il programma di lavoro per la presentazione del  piano,  inclusa  una  dichiarazione  delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;
 b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione  delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;
 c) copie  del  progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
 |  |  |  | ART. 67 (i piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico
 e le misure di prevenzione per le aree a rischio)
 
 1. Nelle  more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorita' di  bacino  adottano,  ai  sensi  dell'articolo  65,  comma  8, piani stralcio   di   distretto  per  l'assetto  idrogeologico  (PAI),  che contengano  in  particolare  l'individuazione  delle  aree  a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.
 
 2. Le  Autorita'  di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo  66,  approvano  altresi'  piani  straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico, redatti anche  sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani  straordinari  devono  ricomprendere prioritariamente le aree a rischio  idrogeologico  per  le quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza,  ai  sensi  dell'articolo  5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I    piani    straordinari    contengono    in    particolare l'individuazione   e   la   perimetrazione   delle   aree  a  rischio idrogeologico  molto elevato per l'incolumita' delle persone e per la sicurezza   delle   infrastrutture  e  del  patrimonio  ambientale  e culturale. Per  tali  aree sono adottate le misure di salvaguardia ai sensi  dell'articolo  65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di  cui  al comma 3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia  da  parte  delle  Autorita'  di  bacino,  il  Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all'articolo    57,    comma    2,    adotta    gli   atti   relativi all'individuazione,  alla  perimetrazione  e  alla salvaguardia delle predette  aree. Qualora  le  misure di salvaguardia siano adottate in assenza  dei  piani  stralcio  di  cui  al comma 1, esse rimangono in vigore  sino  all'approvazione  di  detti piani. I piani straordinari approvati  possono  essere  integrati  e  modificati  con  le  stesse modalita'  di  cui  al presente comma, in particolare con riferimento agli  interventi  realizzati  ai  fini della messa in sicurezza delle aree interessate.
 
 3. Il  Comitato  dei  Ministri  di  cui  all'articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi gia' adottati da parte delle Autorita' di bacino  e  dei  piani  straordinari  di  cui  al comma 2 del presente articolo,   definisce,  d'intesa  con  la  Conferenza  Stato-regioni, programmi   di   interventi   urgenti,  anche  attraverso  azioni  di manutenzione  dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico  nelle  zone  in  cui  la  maggiore  vulnerabilita' del territorio  e'  connessa con piu' elevati pericoli per le persone, le cose  ed  il  patrimonio ambientale, con priorita' per le aree ove e' stato  dichiarato  lo  stato  di  emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della  legge  24  febbraio  1992,  n. 225. Per la realizzazione degli interventi   possono   essere  adottate,  su  proposta  del  Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio e del Ministro delle infrastrutture   e   dei   trasporti,   e  d'intesa  con  le  regioni interessate, le ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
 
 4. Per l'attivita' istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi  1,  2  e  3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori  oneri  per  la  finanza  pubblica,  del  Dipartimento della protezione  civile,  nonche' della collaborazione del Corpo forestale dello  Stato,  delle  regioni,  delle Autorita' di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale  delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico  d'Italia  - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la  protezione  dell'ambiente  e  per  i  servizi tecnici (APAT), per quanto di rispettiva competenza.
 
 5. Entro  sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1,   2,  3  e  4,  gli  organi  di  protezione  civile  provvedono  a predisporre,  per  le  aree  a  rischio  idrogeologico, con priorita' assegnata  a  quelle in cui la maggiore vulnerabilita' del territorio e'  connessa  con  piu' elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio  ambientale,  piani  urgenti  di  emergenza  contenenti le misure   per   la  salvaguardia  dell'incolumita'  delle  popolazioni interessate,  compreso  il  preallertamento,  l'allarme e la messa in salvo preventiva.
 
 6. Nei  piani  stralcio  di  cui  al  comma  1 sono individuati le infrastrutture   e   i   manufatti   che   determinano   il   rischio idrogeologico. Sulla   base   di   tali  individuazioni,  le  regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono   accedere  al  fine  di  adeguare  le  infrastrutture  e  di rilocalizzare  fuori dall'area a rischio le attivita' produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti  locali  interessati,  predispongono,  con  criteri di priorita' connessi  al  livello  di  rischio,  un piano per l'adeguamento delle infrastrutture,  determinandone altresi' un congruo termine, e per la concessione  di  incentivi  finanziari  per la rilocalizzazione delle attivita'   produttive  e  delle  abitazioni  private  realizzate  in conformita'  alla  normativa  urbanistica  edilizia  o condonate. Gli incentivi  sono  attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai  sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998,  n. 112,  e  riguardano anche gli oneri per la demo lizione dei manufatti;  il  terreno  di  risulta  viene  acquisito  al patrimonio indisponibile  dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede con  le  modalita'  previste  dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati  non  si  avvalgano  della  facolta'  di  usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai   danni   derivanti   agli  insediamenti  di  loro  proprieta'  in conseguenza del verificarsi di calamita' naturali.
 
 7. Gli  atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere  l'indicazione  dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.
 
 
 
 Note all'art. 67:
 - L'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 recante
 «Istituzione   del   Servizio  nazionale  della  protezione
 civile» e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo
 1992, n. 64 (S.O.) e' il seguente:
 «Art.  5  (Stato di emergenza e potere di ordinanza). -
 1.  Al verificarsi degli eventi di cui all'art. 2, comma 1,
 lettera  c),  il  Consiglio  dei  Ministri, su proposta del
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  ovvero, per sua
 delega  ai  sensi dell'art. 1, comma 2, del Ministro per il
 coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di
 emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale
 in  stretto  riferimento alla qualita' ed alla natura degli
 eventi. Con le medesime modalita' si procede alla eventuale
 revoca  dello stato di emergenza al venir meno dei relativi
 presupposti.
 2.  Per  l'attuazione  degli  interventi  di  emergenza
 conseguenti  alla  dichiarazione  di  cui  al  comma  1, si
 provvede,  nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12,
 13,  14,  15  e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad
 ogni  disposizione  vigente,  e  nel  rispetto dei principi
 generali dell'ordinamento giuridico.
 3.  Il  Presidente  del Consiglio dei Ministri, ovvero,
 per  sua  delega ai sensi dell'art. 1, comma 2, il Ministro
 per  il coordinamento della protezione civile, puo' emanare
 altresi'  ordinanze  finalizzate  ad  evitare situazioni di
 pericolo  o  maggiori danni a persone o a cose. Le predette
 ordinanze  sono  comunicate al Presidente del Consiglio dei
 Ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione.
 4.  Il  Presidente  del Consiglio dei Ministri, ovvero,
 per  sua  delega ai sensi dell'art. 1, comma 2, il Ministro
 per   il   coordinamento   della   protezione  civile,  per
 l'attuazione  degli  interventi  di  cui ai commi 2 e 3 del
 presente  articolo,  puo' avvalersi di commissari delegati.
 Il  relativo  provvedimento  di  delega  deve  indicare  il
 contenuto   della   delega  dell'incarico,  i  tempi  e  le
 modalita' del suo esercizio.
 5.  Le  ordinanze  emanate in deroga alle leggi vigenti
 devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui
 si intende derogare e devono essere motivate.
 6.  Le ordinanze emanate ai sensi del presente articolo
 sono  pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 italiana,   nonche'   trasmesse   ai   sindaci  interessati
 affinche'  vengano  pubblicate ai sensi dell'art. 47, comma
 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142».
 - L'art.  86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo
 1998,  n.  112, recante «Conferimento di funzioni e compiti
 amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli  enti
 locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
 n.  59, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 aprile 1998,
 n. 92 S.O., e' il seguente:
 «2.  I proventi dei canoni ricavati dalla utilizzazione
 del demanio idrico sono introitati dalla regione».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 68 (procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio)
 
 1. I  progetti  di  piano  stralcio  per  la  tutela  dal  rischio idrogeologico, di cui al comma 1 del articolo 67, non sono sottoposti a  valutazione  ambientale  strategica  (VAS) e  sono adottati con le modalita' di cui all'articolo 66.
 
 2. L'adozione  dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.
 
 3. Ai  fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria  coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale,  le  regioni  convocano  una  conferenza programmatica, articolata  per  sezioni provinciali, o per altro ambito territoriale deliberato  dalle  regioni stesse, alla quale partecipano le province ed   i   comuni   interessati,   unitamente  alla  regione  e  ad  un rappresentante dell'Autorita' di bacino.
 
 4. La  conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di  piano  con  particolare  riferimento  alla  integrazione su scala provinciale  e  comunale  dei  contenuti  del  piano,  prevedendo  le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.
 |  |  |  | ART. 69 (programmi di intervento)
 
 1. I  piani  di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di  intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalita' dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.
 
 2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:
 
 a) interventi   di  manutenzione  ordinaria  delle  opere,  degli impianti  e  dei  beni,  compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;
 b) svolgimento  del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
 c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo,  redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilita', dei  progetti  di  opere  e  degli  studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.
 
 3. Le  regioni,  conseguito  il parere favorevole della Conferenza istituzionale  permanente  di  cui  all'articolo 63, comma 4, possono provvedere  con  propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi  previsti  dai  piani  di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.
 
 4. Le  province,  i  comuni, le comunita' montane e gli altri enti pubblici,   previa   autorizzazione  della  Conferenza  istituzionale permanente  di  cui  all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.
 |  |  |  | ART. 70 (adozione dei programmi)
 
 1. I  programmi  di  intervento  sono  adottati  dalla  Conferenza istituzionale  permanente  di  cui  all'articolo  63,  comma  4; tali programmi  sono  inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti  giorni  prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione  a  maggioranza,  la  delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla conferenza.
 
 2. La  scadenza  di  ogni  programma  triennale e' stabilita al 31 dicembre  dell'ultimo  anno  del  triennio e le somme autorizzate per l'attuazione  del  programma  per  la  parte eventualmente non ancora impegnata  alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del  programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.
 
 3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in  corso,  i  nuovi  programmi  di  intervento  relativi al triennio successivo,  adottati  secondo  le  modalita' di cui al comma 1, sono trasmessi  al  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio, affinche',  entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni contenute  nei  programmi  e  sentita  la  Conferenza  Stato-regioni, trasmetta al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno  finanziario  per  il  successivo  triennio, ai fini della predisposizione del disegno di legge finanziaria.
 
 4. Gli  interventi  previsti dai programmi triennali sono di norma attuati  in  forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base  ad  accordi  di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
 
 
 
 Nota all'art. 70:
 - L'art.  34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
 267 recante «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
 enti   locali»,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  28
 settembre 2000, n. 227, S.O. e' il seguente:
 «Art.   34   (Accordi   di  programma).  -  1.  Per  la
 definizione  e  l'attuazione  di  opere, di interventi o di
 programmi   di  intervento  che  richiedono,  per  la  loro
 completa  realizzazione, l'azione integrata e coordinata di
 comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e
 di  altri soggetti pubblici, o comunque di due o piu' tra i
 soggetti   predetti,  il  presidente  della  regione  o  il
 presidente  della provincia o il sindaco, in relazione alla
 competenza   primaria   o  prevalente  sull'opera  o  sugli
 interventi  o  sui  programmi  di  intervento,  promuove la
 conclusione  di un accordo di programma, anche su richiesta
 di  uno  o piu' dei soggetti interessati, per assicurare il
 coordinamento  delle  azioni e per determinarne i tempi, le
 modalita',   il   finanziamento   ed  ogni  altro  connesso
 adempimento.
 2.  L'accordo  puo'  prevedere altresi' procedimenti di
 arbitrato,  nonche'  interventi  surrogatori  di  eventuali
 inadempienze dei soggetti partecipanti.
 3.   Per   verificare  la  possibilita'  di  concordare
 l'accordo  di  programma,  il presidente della regione o il
 presidente   della  provincia  o  il  sindaco  convoca  una
 conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni
 interessate.
 4.  L'accordo,  consistente  nel  consenso  unanime del
 presidente  della  Regione, del presidente della provincia,
 dei  sindaci  e delle altre amministrazioni interessate, e'
 approvato  con  atto formale del presidente della regione o
 del   presidente  della  provincia  o  del  sindaco  ed  e'
 pubblicato   nel   Bollettino   ufficiale   della  regione.
 L'accordo,  qualora  adottato  con  decreto  del presidente
 della  regione,  produce  gli  effetti  della intesa di cui
 all'art.  81 del decreto del Presidente della Repubblica 24
 luglio   1977,   n.   616,   determinando  le  eventuali  e
 conseguenti   variazioni   degli  strumenti  urbanistici  e
 sostituendo  le  concessioni  edilizie,  sempre  che vi sia
 l'assenso del comune interessato.
 5.  Ove  l'accordo  comporti variazione degli strumenti
 urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere
 ratificata  dal  consiglio  comunale  entro trenta giorni a
 pena di decadenza.
 6.  Per  l'approvazione  di progetti di opere pubbliche
 comprese  nei programmi dell'amministrazione e per le quali
 siano  immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti
 si  procede  a  norma  dei precedenti commi. L'approvazione
 dell'accordo  di  programma  comporta  la  dichiarazione di
 pubblica   utilita',   indifferibilita'  ed  urgenza  delle
 medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia
 se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni.
 7.   La   vigilanza   sull'esecuzione  dell'accordo  di
 programma  e  gli  eventuali  interventi  sostitutivi  sono
 svolti  da  un  collegio  presieduto  dal  presidente della
 regione  o  dal  presidente della provincia o dal sindaco e
 composto  da  rappresentanti degli enti locali interessati,
 nonche'  dal  commissario  del  Governo nella regione o dal
 prefetto   nella   provincia   interessata  se  all'accordo
 partecipano   amministrazioni   statali   o  enti  pubblici
 nazionali.
 8.  Allorche' l'intervento o il programma di intervento
 comporti  il  concorso  di  due o piu' regioni finitime, la
 conclusione  dell'accordo  di  programma  e' promossa dalla
 Presidenza   del  Consiglio  dei  Ministri,  a  cui  spetta
 convocare  la  conferenza di cui al comma 3. Il collegio di
 vigilanza     di     cui     al     7     dicembre     2005
 http://bd01.deaprofessionale.it/cgi-bin/FulShow  comma 7 e'
 in   tal   caso   presieduto  da  un  rappresentante  della
 Presidenza  del  Consiglio  dei Ministri ed e' composto dai
 rappresentanti  di  tutte  le regioni che hanno partecipato
 all'accordo.  La  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri
 esercita  le funzioni attribuite dal comma 7 al Commissario
 del Governo ed al prefetto».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 71 (attuazione degli interventi)
 
 1. Le    funzioni    di    studio    e    di    progettazione    e tecnico-organizzative  attribuite  alle  Autorita'  di bacino possono essere   esercitate   anche  mediante  affidamento  di  incarichi  ad istituzioni  universitarie,  liberi  professionisti  o organizzazioni tecnico-professionali   specializzate,  in  conformita'  ad  apposite direttive  impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4.
 
 2. L'esecuzione di opere di pronto intervento puo' avere carattere definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.
 
 3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai sensi  della  presente  sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.
 |  |  |  | ART. 72 (finanziamento)
 
 1. Ferme   restando   le   entrate   connesse  alle  attivita'  di manutenzione  ed  esercizio  delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria  fondiaria,  gli interventi previsti dalla presente sezione sono  a  totale  carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.
 
 2. Per  le  finalita'  di  cui  al  comma  1, si provvede ai sensi dell'articolo  11,  comma  3,  lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I   predetti   stanziamenti  sono  iscritti  nello  stato  di previsione   del   Ministero   dell'economia  e  delle  finanze  fino all'espletamento  della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4  del  presente  articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle  finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
 
 3. Il  Comitato  dei  Ministri  di cui all'articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di  intervento  per  il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra  le Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorita'   indicate   nei  singoli  programmi  ed  assicurando,  ove necessario,   il   coordinamento  degli  interventi. A  valere  sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone   l'ammontare  di  una  quota  di  riserva  da  destinare  al finanziamento  dei  programmi  per  l'adeguamento ed il potenziamento funzionale,  tecnico  e  scientifico  dell'Agenzia  per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).
 
 4. Il  programma  nazionale  di intervento e la ripartizione degli stanziamenti,  ivi  inclusa la quota di riserva a favore dell'Agenzia per  la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), sono approvati  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  ai  sensi dell'articolo 57.
 
 5. Il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro trenta giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta   della  Conferenza  Stato-regioni,  individua  con  proprio decreto  le  opere  di  competenza  regionale,  che  rivestono grande rilevanza  tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale  e  del  demanio  idrico,  i  cui  progetti  devono essere sottoposti  al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.
 
 
 
 Nota all'art. 72:
 - L'art.  11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto
 1978,   n.   468,  recante  «Riforma  di  alcune  norme  di
 contabilita'  generale dello Stato in materia di bilancio»,
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 22 agosto 1978, n. 233,
 e' il seguente:
 «3.  La  legge  finanziaria non puo' contenere norme di
 delega  o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio.
 Essa   contiene  esclusivamente  norme  tese  a  realizzare
 effetti   finanziari   con   decorrenza   dal   primo  anno
 considerato nel bilancio pluriennale e in particolare:
 a)-c) (omissis);
 d) la  determinazione,  in  apposita  tabella,  della
 quota  da  iscrivere  nel  bilancio  di ciascuno degli anni
 considerati  dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa
 permanente,  di natura corrente e in conto capitale, la cui
 quantificazione e' rinviata alla legge finanziaria;».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 73 (finalita)
 
 1. Le  disposizioni  di  cui  alla presente sezione definiscono la disciplina  generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:
 
 a) prevenire  e  ridurre  l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
 b) conseguire   il  miglioramento  dello  stato  delle  acque  ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
 c) perseguire  usi  sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorita' per quelle potabili;
 d) mantenere  la  capacita' naturale di autodepurazione dei corpi idrici,  nonche'  la  capacita'  di  sostenere  comunita'  animali  e vegetali ampie e ben diversificate;
 e) mitigare  gli  effetti  delle  inondazioni  e  della  siccita' contribuendo quindi a:
 
 1) garantire  una  fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee  di  buona  qualita'  per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;
 2) ridurre  in  modo  significativo  l'inquinamento  delle acque sotterranee;
 3) proteggere  le  acque  territoriali e marine e realizzare gli obiettivi  degliaccordi  internazionali  in  materia, compresi quelli miranti  a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo  scopo  di  arrestare  o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni  e  le  perdite  di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
 
 f) impedire  un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo  stato  degli  ecosistemi  acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle  zone  umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.
 
 2. Il  raggiungimento  degli  obiettivi  indicati  al  comma  1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:
 
 a) l'individuazione  di  obiettivi  di  qualita' ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;
 b) la  tutela  integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito  di  ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;
 c) il  rispetto  dei  valori  limite  agli scarichi fissati dallo Stato,  nonche'  la  definizione  di  valori limite in relazione agli obiettivi di qualita' del corpo recettore;
 d) l'adeguamento   dei  sistemi  di  fognatura,  collettamento  e depurazione  degli  scarichi  idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;
 e) l'individuazione  di  misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
 f) l'individuazione   di   misure  tese  alla  conservazione,  al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;
 g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle  emissioni  e  di  ogni  altra  fonte  di  inquinamento diffuso contenente  sostanze  pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi   allorche'   contenenti   sostanze   pericolose  prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai  valori  del  fondo  naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
 h) l'adozione  delle  misure  volte al controllo degli scarichi e delle   emissioni  nelle  acque  superficiali  secondo  un  approccio combinato.
 
 3. Il  perseguimento  delle finalita' e l'utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalla  legislazione  vigente,  contribuiscono  a  proteggere le acque territoriali  e  marine  e  a  realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.
 |  |  |  | ART. 74 (definizioni)
 
 1. Ai fini della presente sezione si intende per:
 
 a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una  richiesta  biochimica  di  ossigeno  a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
 b)  acque  ciprinicole:  le  acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;
 c)  acque  costiere:  le  acque  superficiali situate all'interno rispetto  a  una  retta  immaginaria  distante, in ogni suo punto, un miglio  nautico sul lato esterno dal punto piu' vicino della linea di base  che  serve  da  riferimento  per definire il limite delle acque territoriali  e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
 d)  acque  salmonicole:  le  acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
 e)  estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere  alla  foce  di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono  definiti  con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio;  in  via  transitoria  tali  limiti  sono  fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;
 f)  acque  dolci:  le  acque  che si presentano in natura con una concentrazione  di  sali  tale  da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
 g)   acque   reflue   domestiche:  acque  reflue  provenienti  da insediamenti   di   tipo   residenziale  e  da  servizi  e  derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attivita' domestiche;
 h)  acque  reflue  industriali:  qualsiasi  tipo  di acque reflue provenienti  da edifici od installazioni in cui si svolgono attivita' commerciali  o  di  produzione  di  beni, differenti qualitativamente dalle  acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi  per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attivita' esercitate nello stabilimento;
 i)  acque reflue urbane: il miscuglio di acque reflue domestiche, di  acque reflue industriali, e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate  in  reti  fognarie,  anche  separate,  e  provenienti da agglomerato;
 l)  acque  sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della  superficie  del  suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
 m)  acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo 2,  comma  1,  lettera  a),  della  legge  24  ottobre  2000, n. 323, utilizzate per le finalita' consentite dalla stessa legge;
 n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attivita' produttive,  sono  concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia  tecnicamente  che  economicamente  in rapporto anche ai benefici ambientali  conseguibili,  la  raccolta  e  il  convogliamento in una fognatura  dinamica  delle  acque  reflue  urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;
 o)  applicazione  al  terreno:  l'apporto di materiale al terreno mediante  spandimento  e/o  mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;
 p)   utilizzazione   agronomica:  la  gestione  di  effluenti  di allevamento,  acque  di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari,  dalla  loro  produzione  fino  all'applicazione  al terreno  ovvero  al  loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo  delle  sostanze  nutritive  e  ammendanti  nei medesimi contenute;
 q)  autorita'  d'ambito:  la  forma  di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;
 r)  gestore  del  servizio  idrico  integrato:  il  soggetto  che gestisce  il  servizio  idrico  integrato  in  un ambito territoriale ottimale  ovvero  il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operativita' del servizio idrico integrato;
 s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;
 t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;
 u)  concimi  chimici:  qualsiasi  fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;
 v)  effluente  di  allevamento:  le  deiezioni del bestiame o una miscela  di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto  trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attivita' di piscicoltura;
 z)  eutrofizzazione:  arricchimento  delle acque di nutrienti, in particolare  modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una  abnorme  proliferazione  di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualita' delle acque interessate;
 aa)  fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre  1984,  n.  748,  le  sostanze contenenti uno o piu' composti azotati,  compresi  gli  effluenti  di  allevamento,  i residui degli allevamenti  ittici  e  i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;
 bb)   fanghi:   i   fanghi  residui,  trattati  o  non  trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
 cc)  inquinamento:  l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di  attivita'  umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel  terreno  che  possono  nuocere alla salute umana o alla qualita' degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o
 deteriorando   i   valori   ricreativi   o  altri  legittimi  usi
 dell'ambiente; dd) rete fognaria: il sistema di canalizzazioni, generalmente sotterranee,  per  la raccolta e il convogliamento delle acque reflue domestiche, industriali ed urbane fino al recapito finale;
 ee)  fognatura  separata:  la  rete  fognaria  costituita  da due canalizzazioni,  la  prima  delle  quali  adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno  di  dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima   pioggia,   e   la   seconda   adibita  alla  raccolta  ed  al convogliamento  delle  acque  reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;
 ff)  scarico:  qualsiasi  immissione  di  acque  reflue  in acque superficiali,   sul   suolo,  nel  sottosuolo  e  in  rete  fognaria, indipendentemente  dalla  loro  natura inquinante, anche sottoposte a preventivo  trattamento  di  depurazione.  Sono  esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;
 gg)  acque  di  scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
 hh)  scarichi  esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla  data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque  reflue  urbane  per  i quali alla stessa data erano gia' state completate  tutte  le  procedure  relative  alle  gare  di  appalto e all'affidamento  dei  lavori,  nonche'  gli  scarichi di acque reflue domestiche  che  alla  data  del  13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi  al  previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue  industriali  che  alla  data  del  13  giugno  1999  erano in esercizio e gia' autorizzati;
 ii)  trattamento  appropriato:  il trattamento delle acque reflue urbane  mediante  un  processo  ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformita' dei corpi idrici recettori ai   relativi   obiettivi   di  qualita'  ovvero  sia  conforme  alle disposizioni della parte terza del presente decreto;
 ll)  trattamento  primario: il trattamento delle acque reflue che comporti  la  sedimentazione  dei  solidi  sospesi  mediante processi fisici  e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico  il BOD5 delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;
 mm)  trattamento  secondario:  il  trattamento delle acque reflue mediante  un processo che in genere comporta il trattamento biologico con  sedimentazione  secondaria,  o  mediante  altro  processo in cui vengano  comunque  rispettati  i  requisiti  di  cui  alla  tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
 nn)   stabilimento   industriale,   stabilimento:   tutta  l'area sottoposta  al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attivita'  commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8  alla  parte  terza  del  presente  decreto, ovvero qualsiasi altro processo  produttivo  che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;
 oo)  valore  limite di emissione: limite di accettabilita' di una sostanza   inquinante   contenuta   in   uno   scarico,  misurata  in concentrazione,  oppure  in massa per unita' di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unita' di tempo;
 pp)   zone   vulnerabili:   zone   di  territorio  che  scaricano direttamente  o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica  in  acque  gia'  inquinate  o  che  potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.
 
 2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:
 
 a)  acque  superficiali:  le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee,  le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto  riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
 b)   acque  interne:  tutte  le  acque  superficiali  correnti  o stagnanti,  e  tutte  le acque sotterranee all'interno della linea di base  che  serve  da  riferimento  per definire il limite delle acque territoriali;
 c)  fiume:  un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che puo' essere parzialmente sotterraneo;
 d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
 e)   acque   di  transizione:  i  corpi  idrici  superficiali  in prossimita'  della  foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina   a  causa  della  loro  vicinanza  alle  acque  costiere,  ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;
 f)  corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attivita' umana;
 g)   corpo   idrico   fortemente   modificato:  un  corpo  idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attivita' umana, e' sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione   fattane   dall'autorita'   competente   in  base  alle disposizioni degli articoli 118 e 120;
 h)   corpo   idrico   superficiale:   un   elemento   distinto  e significativo  di  acque  superficiali,  quale  un  lago,  un  bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;
 i)  falda  acquifera:  uno  o piu' strati sotterranei di roccia o altri  strati  geologici  di porosita' e permeabilita' sufficiente da consentire   un   flusso   significativo   di   acque  sotterranee  o l'estrazione di quantita' significative di acque sotterranee;
 l)   corpo  idrico  sotterraneo:  un  volume  distinto  di  acque sotterranee contenute da una o piu' falde acquifere;
 m)  bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque  superficiali  attraverso  una  serie  di  torrenti,  fiumi  ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
 n)  sotto-bacino  idrografico:  il  territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi  per  sfociare  in  un  punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
 o)  distretto  idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da  uno  o piu' bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee  e  costiere  che costituisce la principale unita' per la gestione dei bacini idrografici;
 p)  stato  delle  acque  superficiali:  l'espressione complessiva dello  stato  di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore piu' basso del suo stato ecologico e chimico;
 q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo  idrico  superficiale  qualora  il  suo  stato,  tanto sotto il profilo  ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
 r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato  di  un  corpo  idrico sotterraneo, determinato dal valore piu' basso del suo stato quantitativo e chimico;
 s)  buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo  quanto  sotto  quello  chimico,  possa  essere definito almeno "buono";
 t)  stato ecologico: l'espressione della qualita' della struttura e  del  funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali,  classificato  a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
 u)   buono   stato   ecologico:  lo  stato  di  un  corpo  idrico superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
 v)  buon  potenziale  ecologico:  lo  stato  di  un  corpo idrico artificiale  o fortemente modificato, cosi' classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
 z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto  per  conseguire  gli  obiettivi  ambientali  per  le acque superficiali  fissati  dal  presento,  ossia lo stato raggiunto da un corpo   idrico   superficiale   nel  quale  la  concentrazione  degli inquinanti  noti  supera  gli standard di qualita' ambientali fissati dall'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A ed ai sensi della parte terza del presente decreto;
 aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico di  un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui  alla tabella B.3.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
 bb)  stato  quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo e' modificato da estrazioni dirette e indirette;
 cc)  risorse  idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocita'  annua  media  di  ravvenamento globale a lungo termine del corpo  idrico  sotterraneo  meno  la  velocita'  annua  media a lungo termine  del  flusso  necessario  per  raggiungere  gli  obiettivi di qualita'  ecologica  per  le  acque  superficiali  connesse,  di  cui all'articolo  76,  al  fine di evitare un impoverimento significativo dello  stato  ecologico  di  tali acque, nonche' danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;
 dd)  buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
 ee)  sostanze  pericolose:  le  sostanze  o  gruppi  di  sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;
 ff)  sostanze  prioritarie  e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze   individuate   con   disposizioni   comunitarie   ai  sensi dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;
 gg)  inquinante:  qualsiasi  sostanza  che  possa  inquinare,  in particolare  quelle  elencate  nell'Allegato  8  alla parte terza del presente decreto;
 hh)  immissione  diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti  nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;
 ii)  obiettivi  ambientali:  gli  obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;
 ll)  standard  di  qualita'  ambientale:  la concentrazione di un particolare  inquinante  o  gruppo  di  inquinanti  nelle  acque, nei sedimenti  e  nel  biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;
 mm)  approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare,  salvo  diversa  indicazione  delle  normative di seguito citate,  entro  il  22  dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle  acque  superficiali,  comprendenti i controlli sulle emissioni basati  sulle  migliori  tecniche  disponibili, quelli sui pertinenti valori  limite  di  emissione e, in caso di impatti diffusi, e quelli comprendenti,  eventualmente,  le  migliori  prassi  ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:
 1)  nel  decreto  legislativo  18  febbraio  2005,  n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;
 2)  nella  parte  terza del presente decreto in materia di acque reflue  urbane,  nitrati  provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente  acquatico,  inclusi  i rischi per le acque destinate alla produzione  di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin,  dieldrin,  endrin,  HCB,  HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;
 
 nn)  acque  destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;
 oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attivita' economica:
 
 1)    estrazione,   arginamento,   stoccaggio,   trattamento   e distribuzione, di acque superficiali o sotterranee,
 2)  strutture  per  la  raccolta  e  il  trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;
 
 pp)  utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attivita' conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono  in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;
 qq)  valori  limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati  parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione  che non devono essere superati in uno o piu' periodi di tempo.  I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di  emissione  delle  sostanze  si  applicano  di  norma nel punto di fuoriuscita   delle   emissioni   dall'impianto,  senza  tener  conto dell'eventuale  diluizione;  per  gli  scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto  di una stazione di depurazione di acque reflue puo' essere preso  in  considerazione  nella  determinazione dei valori limite di emissione   dell'impianto,  a  condizione  di  garantire  un  livello equivalente  di  protezione  dell'ambiente  nel  suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;
 rr)  controlli  delle  emissioni:  i controlli che comportano una limitazione  specifica  delle  emissioni, ad esempio un valore limite delle   emissioni,   oppure   che  definiscono  altrimenti  limiti  o condizioni   in   merito   agli  effetti,  alla  natura  o  ad  altre caratteristiche   di   un'emissione   o   condizioni   operative  che influiscono sulle emissioni;
 ss)  costi  ambientali:  i  costi  legati ai danni che l'utilizzo stesso  delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l'ambiente;
 tt)  costi  della  risorsa:  i  costi  delle mancate opportunita' imposte  ad  altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle  risorse  al  di  la' del loro livello di ripristino e ricambio naturale;
 uu)  impianto: l'unita' tecnica permanente in cui sono svolte una o  piu'  attivita'  di  cui all'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio  2005,  n.  59,  e qualsiasi altra attivita' accessoria, che siano   tecnicamente   connesse   con  le  attivita'  svolte  in  uno stabilimento  e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel  caso  di  attivita' non rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'impianto si identifica nello  stabilimento.  Nel caso di attivita' di cui all'Allegato I del predetto   decreto,   l'impianto   si  identifica  con  il  complesso assoggettato  alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento.
 
 
 
 Note all'art. 74:
 - L'art. 2 della legge 24 ottobre 2000, n. 323, recante
 "Riordino  del  settore termale", pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale 8 novembre 2000, n. 261, e' il seguente:
 "Art.  2  (Definizioni).  -  1.  Ai fini della presente
 legge si intendono per:
 a) acque  termali: le acque minerali naturali, di cui
 al  regio  decreto 28 settembre 1919, n. 1924, e successive
 modificazioni, utilizzate a fini terapeutici;
 b) cure   termali:  le  cure,  che  utilizzano  acque
 termali  o  loro  derivati,  aventi  riconosciuta efficacia
 terapeutica  per  la tutela globale della salute nelle fasi
 della  prevenzione,  della  terapia  e della riabilitazione
 delle  patologie  indicate  dal  decreto di cui all'art. 4,
 comma  1,  erogate  negli  stabilimenti termali definiti ai
 sensi della lettera d);
 c) patologie:  le  malattie,  indicate dal decreto di
 cui  all'art.  4,  comma  1, che possono essere prevenute o
 curate, anche a fini riabilitativi, con le cure termali;
 d) stabilimenti termali: gli stabilimenti individuati
 ai  sensi  dell'art.  3,  ancorche'  annessi  ad  alberghi,
 istituti   termali   o  case  di  cura  in  possesso  delle
 autorizzazioni  richieste  dalla  legislazione  vigente per
 l'esercizio  delle attivita' diverse da quelle disciplinate
 dalla presente legge;
 e)  aziende  termali:  le  aziende, definite ai sensi
 dell'art.  2555  del  codice  civile,  o i rispettivi rami,
 costituiti da uno o piu' stabilimenti termali;
 f)  territori  termali:  i  territori  dei comuni nei
 quali  sono  presenti  una o piu' concessioni minerarie per
 acque minerali e termali.
 2.  I  termini  "terme",  "termale",  "acqua  termale",
 "fango  termale", "idrotermale", "idrominerale", "thermae",
 "spa  (salus per aquam)" sono utilizzati esclusivamente con
 riferimento  alle fattispecie aventi riconosciuta efficacia
 terapeutica ai sensi del comma 1, lettera b).".
 -  La  legge  19 ottobre  1984,  n. 748, recante "Nuove
 norme  per  la  disciplina dei fertilizzanti" e' pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale 6 novembre 1984, n. 305, S.O.
 -  Il  decreto  legislativo  18 febbraio  2005,  n. 59,
 recante  "Attuazione  integrale  della  direttiva  96/61/CE
 relativa    alla    prevenzione   e   riduzione   integrate
 dell'inquinamento",  e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
 22 aprile 2005, n. 93, S.O.
 -  Il  decreto  legislativo  2  febbraio  2001,  n. 31,
 recante  "Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla
 qualita'  delle  acque  destinate  al  consumo  umano",  e'
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 3 marzo 2001, n. 52,
 S.O.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 75 (competenze)
 
 1  Nelle  materie  disciplinate  dalle disposizioni della presente sezione:
 
 a) lo  Stato  esercita  le  competenze  ad  esso spettanti per la tutela   dell'ambiente   e  dell'ecosistema  attraverso  il  Ministro dell'ambiente   e   della  tutela  del  territorio,  fatte  salve  le competenze  in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;
 b) le  regioni  e  gli  enti  locali  esercitano  le funzioni e i compiti    ad    essi   spettanti   nel   quadro   delle   competenze costituzionalmente  determinate  e  nel  rispetto  delle attribuzioni statali.
 
 2. Con  riferimento  alle  funzioni  e  ai  compiti spettanti alle regioni  e  agli  enti  locali,  in caso di accertata inattivita' che comporti  inadempimento  agli  obblighi  derivanti  dall'appartenenza all'Unione  europea,  pericolo  di  grave  pregiudizio  alla salute o all'ambiente  oppure  inottemperanza  ad obblighi di informazione, il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  su  proposta del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio per materia, assegna all'ente  inadempiente  un  congruo  termine  per provvedere, decorso inutilmente  il  quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente,   nomina   un   commissario   che   provvede   in   via sostitutiva. Gli    oneri   economici   connessi   all'attivita'   di sostituzione  sono  a  carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri  di  ordinanza  previsti  dall'ordinamento  in caso di urgente necessita'  e  le  disposizioni  in  materia  di  poteri  sostitutivi previste   dalla   legislazione   vigente,  nonche'  quanto  disposto dall'articolo 132.
 
 3. Le  prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte terza  del  presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso  e  con uno o piu' regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17,  comma  3,  della  legge  23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio previa intesa con  la  Conferenza  Stato-regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono  altresi' essere modificati gli Allegati alla parte terza del presente  decreto  per  adeguarli  a  sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.
 
 4. Con  decreto  dei  Ministri  competenti per materia si provvede alla  modifica  degli  Allegati alla parte terza del presente decreto per  dare  attuazione  alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalita' esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite  dalla  parte  terza  del  presente  decreto, secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
 
 5. Le   regioni   assicurano  la  piu'  ampia  divulgazione  delle informazioni  sullo  stato  di  qualita' delle acque e trasmettono al Dipartimento  tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione  dell'ambiente  e  per  i  servizi  tecnici  (APAT) i dati conoscitivi  e  le  informazioni  relative all'attuazione della parte terza   del   presente   decreto,  nonche'  quelli  prescritti  dalla disciplina comunitaria, secondo le modalita' indicate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i  Ministri  competenti,  d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di  Bolzano. Il  Dipartimento  tutela  delle  acque  interne e marine dell'Agenzia  per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) elabora   a   livello   nazionale,   nell'ambito  del  Sistema informativo  nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute e  le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio  anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in   cui   le   regioni   sono  tenute  a  trasmettere  al  Ministero dell'ambiente  e della tutela del territorio i provvedimenti adottati ai  fini  delle  comunicazioni  all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.
 
 6. Le  regioni  favoriscono  l'attiva  partecipazione  di tutte le parti  interessate  all'attuazione  della  parte  terza  del presente decreto   in   particolare  in  sede  di  elaborazione,  revisione  e aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo 121.
 
 7. Le  regioni  provvedono  affinche' gli obiettivi di qualita' di cui  agli  articoli  76  e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti   nei   corpi  idrici  ricadenti  nei  bacini  idrografici internazionali   in  attuazione  di  accordi  tra  gli  stati  membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.
 
 8. Qualora   il  distretto  idrografico  superi  i  confini  della Comunita'  europea,  lo  Stato  e  le  regioni  esercitano le proprie competenze  adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli  Stati  terzi  coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui alla   parte  terza  del  presente  decreto  in  tutto  il  distretto idrografico.
 
 9. I  consorzi  di  bonifica  e  di  irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorita', concorrono alla   realizzazione  di  azioni  di  salvaguardia  ambientale  e  di risanamento  delle  acque  anche  al  fine  della  loro utilizzazione irrigua,   della   rinaturalizzazione   dei  corsi  d'acqua  e  della filodepurazione.
 
 
 
 Note all'art. 75:
 - L'art.  17,  comma  3, della legge 23 agosto 1988, n.
 400, e' il seguente:
 «3.  Con  decreto  ministeriale possono essere adottati
 regolamenti  nelle  materie di competenza del Ministro o di
 autorita'   sottordinate   al  Ministro,  quando  la  legge
 espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
 materie  di  competenza  di  piu'  Ministri, possono essere
 adottati  con  decreti interministeriali, ferma restando la
 necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
 I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
 dettare  norme  contrarie  a quelle dei regolamenti emanati
 dal  Governo.  Essi debbono essere comunicati al Presidente
 del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.».
 -  L'art. 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 recante
 «Norme   generali   sulla   partecipazione  dell'Italia  al
 processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di
 esecuzione  degli  obblighi  comunitari»  pubblicato  nella
 Gazzetta Ufficiale 15 febbraio 2005, n. 37, e' il seguente:
 «Art.   13  (Adeguamenti  tecnici).  -  1.  Alle  norme
 comunitarie  non  autonomamente applicabili, che modificano
 modalita'  esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di
 direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale, e' data
 attuazione,  nelle  materie  di  cui  all'art. 117, secondo
 comma,   della   Costituzione,  con  decreto  del  Ministro
 competente per materia, che ne da' tempestiva comunicazione
 alla  Presidenza  del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
 per le politiche comunitarie.
 2. In relazione a quanto disposto dall'art. 117, quinto
 comma,  della  Costituzione,  i  provvedimenti  di  cui  al
 presente  articolo possono essere adottati nelle materie di
 competenza  legislativa  delle  regioni  e  delle  province
 autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei
 suddetti  enti  nel dare attuazione a norme comunitarie. In
 tale  caso,  i provvedimenti statali adottati si applicano,
 per  le  regioni e le province autonome nelle quali non sia
 ancora  in  vigore  la  propria  normativa di attuazione, a
 decorrere   dalla   scadenza   del  termine  stabilito  per
 l'attuazione   della  rispettiva  normativa  comunitaria  e
 perdono  comunque efficacia dalla data di entrata in vigore
 della   normativa  di  attuazione  di  ciascuna  regione  e
 provincia  autonoma.  I  provvedimenti  recano  l'esplicita
 indicazione  della natura sostitutiva del potere esercitato
 e   del  carattere  cedevole  delle  disposizioni  in  essi
 contenute.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 76 (disposizioni generali)
 
 1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e  sotterranee,  la  parte  terza  del presente decreto individua gli obiettivi   minimi   di   qualita'  ambientale  per  i  corpi  idrici significativi  e gli obiettivi di qualita' per specifica destinazione per  i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
 
 2. L'obiettivo  di  qualita'  ambientale  e'  definito in funzione della  capacita' dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione  e di supportare comunita' animali e vegetali ampie e ben diversificate.
 
 3. L'obiettivo di qualita' per specifica destinazione individua lo stato  dei  corpi  idrici  idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
 
 4. In  attuazione  della  parte  terza  del  presente decreto sono adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo 121,  misure  atte  a  conseguire  gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015;
 
 a) sia  mantenuto  o  raggiunto  per i corpi idrici significativi superficiali   e   sotterranei  l'obiettivo  di  qualita'  ambientale corrispondente allo stato di "buono";
 b) sia  mantenuto,  ove  gia'  esistente,  lo  stato  di qualita' ambientale  "elevato"  come definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
 c) siano  mantenuti  o  raggiunti  altresi'  per i corpi idrici a specifica  destinazione  di  cui  all'articolo  79  gli  obiettivi di qualita'  per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza  del  presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.
 
 5. Qualora  per  un  corpo  idrico  siano  designati  obiettivi di qualita'  ambientale  e  per specifica destinazione che prevedono per gli  stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli  piu'  cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo  di qualita' ambientale; l'obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.
 
 6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualita' ambientale con i diversi obiettivi di qualita' per specifica destinazione.
 
 7. Le  regioni  possono  definire obiettivi di qualita' ambientale piu'  elevati,  nonche'  individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualita'.
 |  |  |  | ART. 77 (individuazione e perseguimento
 dell'obiettivo di qualita' ambientale)
 
 1.  Entro  dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza  del presente decreto, sulla base dei dati gia' acquisiti e dei risultati  del  primo  rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118  e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun  corpo  idrico  significativo,  o parte di esso, la classe di qualita'  corrispondente  ad  una  di quelle indicate nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.
 
 2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono  e  adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento   degli   obiettivi   di   qualita'  ambientale  di  cui all'articolo  76,  comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo  ammissibile,  ove fissato sulla base delle indicazioni delle Autorita'  di  bacino,  e  assicurando in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
 
 3.   Al   fine   di  assicurare  entro  il  22  dicembre  2015  il raggiungimento  dell'obiettivo  di qualita' ambientale corrispondente allo  stato  di  "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale  classificato  o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti  dello  stato  di  "sufficiente" di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.
 
 4.  Le  acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli  obiettivi  e  agli standard di qualita' fissati nell'Allegato 1 alla  parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi  stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite.
 
 5.  La  designazione  di  un corpo idrico artificiale o fortemente modificato  e  la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei  piani  di  bacino  e  sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono  definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:
 
 a)  le  modifiche  delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo,  necessarie  al  raggiungimento  di  un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:
 1) sull'ambiente in senso ampio;
 2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;
 3)  sulle attivita' per le quali l'acqua e' accumulata, quali la fornitura   di   acqua   potabile,   la   produzione   di  energia  o l'irrigazione;
 4)   sulla   regolazione   delle   acque,  la  protezione  dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;
 5)  su  altre attivita' sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;
 
 b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilita' tecnica  o  a  causa  dei  costi sproporzionati, essere raggiunti con altri  mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.
 
 6.  Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per i  corpi  idrici  che presentano condizioni tali da non consentire il raggiungimento  dello stato di "buono" entro il 22 dicembre 2015, nel rispetto di quanto stabilito al comma 9 e purche' sussista almeno uno dei seguenti motivi:
 
 a)  la  portata  dei miglioramenti necessari puo' essere attuata, per  motivi  di realizzabilita' tecnica, solo in fasi che superano il periodo stabilito;
 b)  il  completamento  dei  miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente costoso;
 c)  le  condizioni  naturali  non  consentono miglioramenti dello stato del corpo idrico nei tempi richiesti.
 
 7.   Le  regioni  possono  motivatamente  stabilire  obiettivi  di qualita'  ambientale  meno  rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle condizioni seguenti:
 
 a)  il  corpo  idrico  ha  subito,  in conseguenza dell'attivita' umana,  gravi  ripercussioni che rendono manifestamente impossibile o economicamente  insostenibile  un  significativo  miglioramento dello stato qualitativo;
 b)  il  raggiungimento dell'obiettivo di qualita' previsto non e' perseguibile  a  causa  della natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza.
 
 8.   Quando  ricorrono  le  condizioni  di  cui  al  comma  7,  la definizione di obiettivi meno rigorosi e' consentita purche' essi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto  salvo  il  caso  di  cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purche'  non  sia  pregiudicato  il  raggiungimento  degli  obiettivi fissati  dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico.
 
 9.  Nei  casi  previsti  dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere  le  misure  volte  alla  tutela  del  corpo  idrico, ivi compresi  i  provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonche' le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.
 
 10.  Il  deterioramento  temporaneo  dello  stato del corpo idrico dovuto  a  circostanze  naturali  o  di  forza maggiore eccezionali e ragionevolmente  imprevedibili,  come  alluvioni  violente e siccita' prolungate,  o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non da' luogo una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purche' ricorrano tutte le seguenti condizioni:
 
 a)   che  siano  adottate  tutte  le  misure  volte  ad  impedire l'ulteriore deterioramento dello stato di qualita' dei corpi idrici e la   compromissione   del   raggiungimento  degli  obiettivi  di  cui all'articolo  76  ed  al  presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;
 b)  che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui   detti   eventi   possano   essere   dichiarati  ragionevolmente imprevedibili   o   eccezionali,   anche   adottando  gli  indicatori appropriati;
 c)   che   siano   previste  ed  adottate  misure  idonee  a  non compromettere il ripristino della qualita' del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;
 d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti  a  un  riesame  annuale  e, con riserva dei motivi di cui all'articolo  76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per   ripristinare   nel   corpo   idrico,   non   appena   cio'  sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;
 e)  che  una  sintesi  degli  effetti degli eventi e delle misure adottate  o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.
 |  |  |  | ART. 78 (standard di qualita' per l'ambiente acquatico)
 
 1. Ai fini della tutela delle acque superficiali dall'inquinamento provocato  dalle sostanze pericolose, i corpi idrici significativi di cui  all'articolo 76 devono essere conformi entro il 31 dicembre 2008 agli  standard di qualita' riportati alla Tabella 1/A dell'Allegato 1 alla  parte terza del presente decreto, la cui disciplina sostituisce ad  ogni  effetto  quella  di  cui al decreto ministeriale 6 novembre 2003, n. 367.
 
 2. I   Piani  di  tutela  delle  acque  di  cui  all'articolo  121 contengono  gli  strumenti per il conseguimento degli standard di cui al  comma  1, anche ai fini della gestione dei fanghi derivanti dagli impianti di depurazione e dalla disciplina degli scarichi.
 
 3. Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio  viene  data attuazione al disposto dell'articolo 16 della direttiva  2000/60/CE  entro  il  31  dicembre 2015. Entro gli stessi termini  le  acque  a  specifica  destinazione di cui all'articolo 79 devono essere conformi agli standard dettati dal medesimo decreto.
 
 
 
 Note all'art. 78:
 - Il  decreto  ministeriale  6  novembre  2003, n. 367,
 recante  «Regolamento concernente la fissazione di standard
 di   qualita'   nell'ambiente  acquatico  per  le  sostanze
 pericolose,  ai  sensi  dell'art.  3,  comma 4, del decreto
 legislativo  11  maggio  1999, n. 152», e' pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 2004, n. 5.
 -  La Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio,  del  23  ottobre 2000, che istituisce un quadro
 per  l'azione comunitaria in materia di acque e' pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale L 327 del 22 dicembre 2000.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 79 (obiettivo di qualita' per specifica destinazione)
 
 1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
 
 a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
 b) le acque destinate alla balneazione;
 c) le  acque  dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
 d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
 
 2. Fermo  restando  quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5, per  le  acque  indicate  al comma 1, e' perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo   di   qualita'   per  specifica  destinazione  stabilito nell'Allegato   2  alla  parte  terza  del  presente  decreto,  fatta eccezione per le acque di balneazione.
 
 3. Le  regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico,  stabiliscono  programmi,  che  vengono recepiti nel Piano di tutela,  per  mantenere  o adeguare la qualita' delle acque di cui al comma  1  all'obiettivo  di  qualita'  per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di cui al comma 1.
 |  |  |  | ART. 80 (acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile)
 
 1. Le  acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla  produzione  di  acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle  categorie  Al,  A2  e  A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche  e  microbiologiche  di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.
 
 2. A  seconda  della  categoria  di  appartenenza,  le acque dolci superficiali  di  cui  al  comma  1  sono  sottoposte  ai trattamenti seguenti:
 
 a) Categoria Al: trattamento fisico semplice e disinfezione;
 b) Categoria   A2:   trattamento   fisico  e  chimico  normale  e disinfezione;
 c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione.
 
 3. Le  regioni  inviano  i  dati  relativi  al monitoraggio e alla classificazione  delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.
 
 4. Le  acque  dolci  superficiali  che  presentano caratteristiche fisiche,  chimiche  e  microbiologiche  qualitativamente inferiori ai valori   limite   imperativi   della   categoria  A3  possono  essere utilizzate,  in  via  eccezionale,  solo  qualora  non  sia possibile ricorrere  ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque  siano  sottoposte  ad  opportuno  trattamento  che consenta di rispettare  le  norme  di  qualita'  delle acque destinate al consumo umano.
 |  |  |  | ART. 81 (deroghe)
 
 1. Per  le  acque  superficiali destinate alla produzione di acqua potabile,  le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla  Tabella  1/A  dell'Allegato  2  alla  parte  terza del presente decreto:
 
 a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
 b) limitatamente  ai  parametri  contraddistinti  nell'Allegato 2 alla  parte  terza  del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;
 c) quando  le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune  sostanze  con superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e A3;
 d) nel caso di laghi che abbiano una profondita' non superiore ai 20  metri, che per rinnovare le loro acque impieghino piu' di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri  contraddistinti  nell'Allegato  2  alla  parte  terza  del presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).
 
 2. Le  deroghe  di  cui  al  comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.
 |  |  |  | ART. 82 (acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile)
 
 1. Fatte  salve  le  disposizioni  per le acque dolci superficiali destinate  alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:
 
 a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono piu' di 50 persone, e
 b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.
 
 2. L'autorita'   competente  provvede  al  monitoraggio,  a  norma dell'Allegato  1  alla  parte  terza  del presente decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.
 
 3. Per  i  corpi  idrici  di cui al comma 1 deve essere conseguito l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.
 |  |  |  | ART. 83 (acque di balneazione)
 
 1. Le   acque  destinate  alla  balneazione  devono  soddisfare  i requisiti  di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.
 
 2. Per  le  acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai  sensi  del  decreto  di  cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, entro l'inizio della  stagione  balneare  successiva  alla data di entrata in vigore della  parte  terza  del  presente  decreto  e,  successivamente, con periodicita' annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte le  informazioni  relative alle cause della non balneabilita' ed alle misure  che  intendono  adottare,  secondo  le modalita' indicate dal decreto di cui all'articolo 75, comma 6.
 
 
 
 Nota all'art. 83:
 - Il  decreto  del Presidente della Repubblica 8 giugno
 l982,   n.   470,   recante   «Attuazione  della  direttiva
 76/160/CEE   relativa   alla   qualita'   delle   acque  di
 balneazione»   e'   pubblicato   nella  Gazzetta  Ufficiale
 26 luglio 1982, n. 203.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 84 (acque dolci idonee alla vita dei pesci)
 
 1. Le  regioni  effettuano  la  designazione delle acque dolci che richiedono  protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:
 
 a) i  corsi  d'acqua  che  attraversano  il  territorio di parchi nazionali  e riserve naturali dello Stato nonche' di parchi e riserve naturali regionali;
 b) i  laghi  naturali  ed  artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;
 c) le   acque   dolci  superficiali  comprese  nelle  zone  umide dichiarate  "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di  Ramsar  del  2  febbraio  1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente  della  Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle  zone  umide, nonche' quelle comprese nelle "oasi di protezione della  fauna",  istituite  dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
 d) le  acque dolci superficiali che, ancorche' non comprese nelle precedenti  categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico,  ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di  specie  animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto   sede   di   complessi  ecosistemi  acquatici  meritevoli  di conservazione  o,  altresi',  sede di antiche e tradizionali forme di produzione  ittica  che presentino un elevato grado di sostenibilita' ecologica ed economica.
 
 2. Le   regioni,   entro   quindici   mesi   dalla   designazione, classificano  le  acque  dolci superficiali che presentino valori dei parametri  di  qualita' conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella  1/B  dell'Allegato  2  alla parte terza del presente decreto come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".
 
 3. La  designazione  e  la  classificazione  di cui ai commi 1 e 2 devono  essere  gradualmente  estese  sino  a  coprire l'intero corpo idrico,  ferma  restando la possibilita' di designare e classificare, nell'ambito  del  medesimo,  alcuni tratti come "acqua salmonicola" e alcuni   tratti   come  "acqua  ciprinicola". La  designazione  e  la classificazione  sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.
 
 4. Qualora  sia  richiesto da eccezionali ed urgenti necessita' di tutela  della  qualita' delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il  Presidente  della  Giunta  regionale o il Presidente della Giunta provinciale,   nell'ambito   delle  rispettive  competenze,  adottano provvedimenti  specifici  e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
 
 5. Sono  escluse  dall'applicazione  del presente articolo e degli articoli  85  e  86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali  utilizzati  per  l'allevamento  intensivo  delle  specie ittiche  nonche' i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o  irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.
 
 
 
 Note all'art. 84:
 - Il  decreto  del Presidente della Repubblica 13 marzo
 1976,   n.   448,  recante  «Esecuzione  della  convenzione
 relativa   alle  zone  umide  d'importanza  internazionale,
 soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a
 Ramsar  il  2  febbraio 1971», e' pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale 3 luglio 1976, n. 173.
 - La legge 11 febbraio l992, n. 157, recante «Norme per
 la  protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma e per il
 prelievo  venatorio» e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 25 febbraio 1992, n. 46, S.O.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 85 (accertamento della qualita' delle acque idonee alla vita dei pesci) 
 1. Le  acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si considerano  idonee  alla  vita  dei pesci se rispondono ai requisiti riportati  nella  Tabella  1/B  dell'Allegato  2 alla parte terza del presente decreto.
 
 2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o piu' valori dei parametri riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte   terza  del  presente  decreto,  le  autorita'  competenti  al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a  causa  fortuita,  ad  apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorita' competente le misure appropriate.
 
 3. Ai  fini  di una piu' completa valutazione delle qualita' delle acque,  le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.
 |  |  |  | ART. 86 (deroghe)
 
 1. Per  le  acque  dolci superficiali designate o classificate per essere  idonee  alla  vita  dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto  dei  parametri  indicati  nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla  parte  terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze   meteorologiche   eccezionali   o   speciali  condizioni geografiche  e,  quanto  al  rispetto  dei  parametri riportati nella medesima  Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.
 |  |  |  | ART. 87 (acque destinate alla vita dei molluschi)
 
 1. Le  regioni, d'intesa con il Ministero della politiche agricole e  forestali,  designano,  nell'ambito  delle acque marine costiere e salmastre  che  sono  sede  di  banchi  e  di popolazioni naturali di molluschi  bivalvi  e  gasteropodi,  quelle  richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire  alla  buona qualita' dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.
 
 2. Le  regioni  possono  procedere  a  designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni gia' effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.
 
 3. Qualora  sia  richiesto da eccezionali ed urgenti necessita' di tutela  della qualita' delle acque destinate alla vita dei molluschi, il  Presidente  della  Giunta  regionale,  il Presidente della Giunta provinciale  e  il  Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano   provvedimenti   specifici   e   motivati,   integrativi  o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
 |  |  |  | ART. 88 (accertamento  della  qualita'  delle  acque  destinate alla vita dei molluschi)
 
 1. Le  acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai requisiti di qualita' di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte  terza  del  presente  decreto. In  caso  contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne l'inquinamento.
 
 2. Se  da  un  campionamento  risulta  che  uno  o piu' valori dei parametri  di  cui  alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del  presente decreto non sono rispettati, le autorita' competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a  causa  fortuita  o  ad  altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.
 |  |  |  | ART. 89 (deroghe)
 
 1. Per  le  acque  destinate  alla  vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla   parte  terza  del  presente  decreto  in  caso  di  condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.
 |  |  |  | ART. 90 (norme sanitarie)
 
 1. Le  attivita'  di  cui  agli  articoli  87,  88  e  89 lasciano impregiudicata  l'attuazione  delle  norme  sanitarie  relative  alla classificzione  delle  zone  di  produzione  e  di  stabulazione  dei molluschi  bivalvi  vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.
 |  |  |  | ART. 91 (aree sensibili)
 
 1. Le   aree   sensibili   sono   individuate  secondo  i  criteri dell'Allegato  6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:
 
 a) i  laghi  di  cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonche' i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
 b) le  aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
 c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del  2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
 d) le  aree  costiere  dell'Adriatico-Nord Occidentale dalla foce dell'Adige  al  confine  meridionale  del  comune di Pesaro e i corsi d'acqua  ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
 e) il lago di Garda e il lago d'Idro;
 f) i  fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;
 g) il fiume Amo a valle di Firenze e i relativi affluenti;
 h) il golfo di Castellammare in Sicilia;
 i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.
 
 2. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio, sentita  la  Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  della parte terza del presente decreto individua  con  proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto.
 
 3. Resta   fermo   quanto   disposto  dalla  legislazione  vigente relativamente alla tutela di Venezia.
 
 4. Le  regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorita'  di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della  parte  terza  del presente decreto, e successivamente ogni due anni,  possono  designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all'interno  delle  aree  indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
 
 5. Le  regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorita'  di  bacino,  delimitano  i  bacini  drenanti  nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.
 
 6. Il   Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di  entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la   Conferenza  Stato-regioni,  alla  reidentificazione  delle  aree sensibili   e  dei  rispettivi  bacini  drenanti  che  contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.
 
 7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6  devono  soddisfare  i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.
 
 8. Gli  scarichi  recapitanti  nei  bacini drenanti afferenti alle aree  sensibili  di  cui  ai  commi  2  e  6  sono  assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo 106.
 |  |  |  | ART. 92 (zone vulnerabili da nitrati di origine agricola)
 
 1. Le  zone  vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.
 
 2. Ai   fini   della  prima  individuazione  sono  designate  zone vulnerabili  le  aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.
 
 3. Per  tener  conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data  di  entrata  in  vigore della parte terza del presente decreto, dopo  quattro  anni  da  tale  data il Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  con  proprio  decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, puo' modificare i criteri di cui al comma 1.
 
 4. Entro  centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte  terza  del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo  conto  delle  indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorita' di bacino,   possono  individuare  ulteriori  zone  vulnerabili  oppure, all'interno  delle  zone  indicate  nell'Allegato  7/A-III alla parte terza  del  presente  decreto,  le  parti  che non costituiscono zone vulnerabili.
 
 5. Per  tener  conto  di  cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento  della  precedente  designazione, almeno ogni quattro anni le regioni,   sentite   le  Autorita'  di  bacino,  possono  rivedere  o completare  le  designazioni  delle  zone  vulnerabili. A tal fine le regioni  predispongono  e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo  per  verificare  le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci  per  il  periodo  di  un  anno, secondo le prescrizioni di cui all'Allegato  7/A-I  alla  parte  terza del presente decreto, nonche' riesaminano  lo  stato  eutrofico  causato da azoto delle acque dolci superficiali,  delle  acque  di  transizione  e  delle  acque  marine costiere.
 
 6. Nelle  zone  individuate  ai  sensi  dei  commi 2, 4 e 5 devono essere  attuati  i  programmi di azione di cui al comma 7, nonche' le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto  del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999,  pubblicato  nel  Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.
 
 7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del  presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed  entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui  al  comma  5,  le  regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure  di  cui  all'Allegato  7/A-IV  alla  parte terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se gia' posti in essere, i programmi d'azione  obbligatori  per  la  tutela  e  il risanamento delle acque dall'inquinamento   causato   da   nitrati  di  origine  agricola,  e provvedono  alla  loro  attuazione  nell'anno  successivo per le zone vulnerabili  di  cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.
 
 8. Le regioni provvedono, inoltre, a:
 
 a) integrare,  se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice  di  buona  pratica  agricola,  stabilendone  le  modalita' di applicazione;
 b) predisporre   ed   attuare   interventi  di  formazione  e  di informazione  degli  agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
 c) elaborare  ed  applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione  o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla  base  dei  risultati  ottenuti;  ove  necessario, modificare o integrare  tali  programmi  individuando,  tra  le  ulteriori  misure possibili,  quelle  maggiormente  efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.
 
 9. Le  variazioni  apportate  alle  designazioni,  i  programmi di azione,  i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni  effettuate  sono  comunicati  al Ministero dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  secondo  le  modalita'  indicate nel decreto  di  cui  all'articolo  75,  comma  6. Al  Ministero  per  le politiche  agricole  e  forestali  e'  data  tempestiva notizia delle integrazioni  apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma  8,  lettera  a),  nonche'  degli  interventi  di  formazione e informazione.
 
 10. Al  fine  di garantire un generale livello di protezione delle acque  e'  raccomandata  l'applicazione  del  codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.
 
 
 
 Nota all'art. 92:
 - Il   decreto   ministeriale   del  Ministero  per  le
 politiche  agricole e forestali del 19 aprile 1999, recante
 «Approvazione  del  codice  di  buona  pratica agricola» e'
 pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 102, S.O. 4 maggio
 1999.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 93 (zone vulnerabili da prodotti fitosanitari
 e zone vulnerabili alla desertificazione)
 
 1. Con  le modalita' previste dall'articolo 92, e sulla base delle indicazioni contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto,  le  regioni  identificano  le  aree vulnerabili da prodotti fitosanitari  secondo  i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto  legislativo  17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le  risorse  idriche  o  altri  comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.
 
 2. Le  regioni e le Autorita' di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccita',  degrado  del  suolo  e  processi  di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.
 
 3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di  distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui  alla  delibera  CIPE  del  22  dicembre  1998,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.
 
 
 
 Nota all'art. 93:
 L'art.  5,  comma  21, del decreto legislativo 17 marzo
 1995,   n.   194,   recante:   Attuazione  della  direttiva
 91/414/CEE   in  materia  di  immissione  in  commercio  di
 prodotti  fitosanitari, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
 27 maggio 1995, n. 122, S.O. e' il seguente:
 «21.  Entro un anno dalla data di entrata in vigore del
 presente  decreto,  il  Ministro  dell'ambiente, sentite le
 regioni  e  le  province  autonome, definisce i criteri per
 l'individuazione  delle  aree  vulnerabili,  nelle quali le
 regioni   e   le   province   autonome   possono   chiedere
 l'applicazione  delle  limitazioni  e  delle  esclusioni di
 impiego di cui al comma 20.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 94 (disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali
 e sotterranee destinate al consumo umano)
 
 1. Su proposta delle Autorita' d'ambito, le regioni, per mantenere e  migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e  sotterranee  destinate  al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto  di  acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonche'  per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di  salvaguardia  distinte  in  zone  di  tutela  assoluta  e zone di rispetto,  nonche',  all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.
 
 2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le  Autorita' competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie  per  la  conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo  delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.
 
 3. La   zona   di   tutela   assoluta   e'   costituita  dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di  acque  sotterranee  e,  ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione,  deve  essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente  a  opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.
 
 4. La  zona di rispetto e' costituita dalla porzione di territorio circostante  la  zona  di  tutela  assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni    d'uso    tali    da   tutelare   qualitativamente   e quantitativamente  la  risorsa idrica captata e puo' essere suddivisa in  zona  di  rispetto  ristretta  e  zona  di rispetto allargata, in relazione  alla  tipologia  dell'opera  di  presa o captazione e alla situazione  locale  di  vulnerabilita'  e  rischio  della risorsa. In particolare,  nella  zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti   centri   di  pericolo  e  lo  svolgimento  delle  seguenti attivita':
 
 a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
 b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
 c) spandimento  di  concimi  chimici,  fertilizzanti o pesticidi, salvo  che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni  di  uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della  natura  dei  suoli,  delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilita' delle risorse idriche;
 d) dispersione  nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade;
 e) aree cimiteriali;
 f) apertura  di  cave  che  possono  essere in connessione con la falda;
 g) apertura  di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate  al  consumo  umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione    ed    alla    protezione   delle   caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
 h) gestione di rifiuti;
 i) stoccaggio  di  prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
 l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
 m) pozzi perdenti;
 n) pascolo   e   stabulazione   di  bestiame  che  ecceda  i  170 chilogrammi  per  ettaro  di azoto presente negli effluenti, al netto delle  perdite  di stoccaggio e distribuzione. E' comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.
 
 5. Per  gli  insediamenti  o  le  attivita'  di  cui  al  comma 4, preesistenti,  ove  possibile,  e  comunque  ad  eccezione delle aree cimiteriali,  sono  adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni  caso  deve  essere  garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta  giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del  presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno   delle   zone  di  rispetto,  le  seguenti  strutture  o attivita':
 
 a) fognature;
 b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
 c) opere  viarie,  ferroviarie  e  in  genere  infrastrutture  di servizio;
 d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.
 
 6. In  assenza  dell'individuazione da parte delle regioni o delle province  autonome  della  zona  di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.
 
 7. Le  zone  di  protezione  devono  essere  delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione  del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative  alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni  per  gli  insediamenti  civili,  produttivi, turistici, agro-forestali  e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.
 
 8. Ai  fini  della  protezione  delle  acque sotterranee, anche di quelle  non  ancora  utilizzate  per  l'uso  umano,  le  regioni e le province  autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:
 
 a) aree di ricarica della falda;
 b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
 c) zone di riserva.
 |  |  |  | ART. 95 (pianificazione del bilancio idrico)
 
 1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli  obiettivi  di  qualita'  attraverso  una  pianificazione delle utilizzazioni  delle  acque  volta  ad  evitare  ripercussioni  sulla qualita' delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
 
 2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio  del  bilancio  idrico  come definito dalle Autorita' di bacino,  nel  rispetto  delle  priorita'  stabilite  dalla  normativa vigente  e  tenendo  conto  dei fabbisogni, delle disponibilita', del minimo deflusso vitale, della capacita' di ravvenamento della falda e delle  destinazioni  d'uso  della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.
 
 3. Entro  centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte  terza del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle  linee guida adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province autonome  di Trento e di Bolzano, nonche' sulla base dei criteri gia' adottati  dalle  Autorita' di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per  la  misurazione  delle  portate  e  dei  volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonche' gli obblighi e le modalita' di trasmissione dei risultati  delle  misurazioni  dell'Autorita'  concedente per il loro successivo   inoltro   alla  regione  ed  alle  Autorita'  di  bacino competenti. Le Autorita' di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del  suolo  dell'Agen  zia  per  la  protezione dell'ambiente e per i servizi  tecnici  (APAT) secondo le modalita' di cui all'articolo 75, comma 6.
 
 4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente  decreto sono regolate dall'Autorita' concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi  idrici,  come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio con apposito decreto, previa  intesa  con la Conferenza Stato-regioni, senza che cio' possa dar  luogo  alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione,   fatta  salva  la  relativa  riduzione  del  canone demaniale di concessione.
 
 5. Per le finalita' di cui ai commi 1 e 2, le Autorita' concedenti effettuano  il  censimento  di  tutte  le  utilizzazioni  in atto nel medesimo  corpo  idrico  sulla base dei criteri adottati dal Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio con proprio decreto, previa  intesa  con  la  Conferenza  permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime  Autorita'  provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione  di  tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali  o  quantitative,  senza  che  cio'  possa  dar  luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta   salva   la   relativa   riduzione  del  canone  demaniale  di concessione.
 
 6. Nel  provvedimento  di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi  dell'articolo  4  del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono  contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il  minimo  deflusso  vitale nei corpi idrici nonche' le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
 
 
 
 Nota all'art. 95:
 - L'art. 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
 recante  «Testo  unico  delle  disposizioni  di legge sulle
 acque  e  impianti  elettrici»,  pubblicato  nella Gazzetta
 Ufficiale n. 5 dell'8 gennaio 1934, e' il seguente:
 «Art.  4.  -  Per  le  acque  pubbliche,  le quali, non
 comprese  in  precedenti  elenchi, siano incluse in elenchi
 suppletivi,  gli  utenti che non siano in grado di chiedere
 il riconoscimento del diritto all'uso dell'acqua ai termini
 dell'art.  3,  hanno diritto alla concessione limitatamente
 al  quantitativo di acqua e di forza motrice effettivamente
 utilizzata,  con esclusione di qualunque concorrente, salvo
 quanto  e'  disposto  dall'art.  45. La domanda deve essere
 presentata  entro  i  termini  stabiliti  dall'art. 3 per i
 riconoscimenti  e  sara'  istruita  con  la procedura delle
 concessioni.».
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 96 Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775
 
 1.   Il  secondo  comma  dell'articolo  7  del  testo  unico  delle disposizioni  sulle  acque  e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e' sostituito dal seguente: "Le  domande  di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole  derivazioni sono altresi' trasmesse alle Autorita' di bacino territorialmente  competenti  che,  entro  il  termine  perentorio di quaranta  giorni  dalla  data  di  ricezione ove si tratti di domande relative   a   piccole  derivazioni,  comunicano  il  proprio  parere vincolante   al   competente   Ufficio   Istruttore  in  ordine  alla compatibilita'  della  utilizzazione  con  le previsioni del Piano di tutela,  ai  fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico,  anche  in  attesa  di  approvazione del Piano anzidetto. Qualora  le  domande  siano relative a grandi derivazioni, il termine per  la comunicazione del suddetto parere e' elevato a novanta giorni dalla  data  di  ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti termini  senza  che  sia  intervenuta  alcuna  pronuncia, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un Commissario "ad acta"  che  provvede  entro  i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.".
 2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933,  n.  1775,  sono  sostituiti dai seguenti: "1. Tra piu' domande concorrenti,  completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, e' preferita  quella  che  da  sola,  o  in connessione con altre utenze concesse  o richieste, presenta la piu' razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri: a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei
 concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di
 irrigazione   e   la   prioritaria   destinazione   delle  risorse
 qualificate all'uso potabile; b) le  effettive  possibilita'  di  migliore  utilizzo delle fonti in
 relazione all'uso; c) le  caratteristiche  quantitative  e  qualitative del corpo idrico
 oggetto di prelievo; d) la quantita' e la qualita' dell'acqua restituita rispetto a quella
 prelevata. 1-bis.  E'  preferita  la  domanda  che,  per  lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di qualita' dei corpi idrici. In caso di piu' domande concorrenti per usi  produttivi  e'  altresi'  preferita  quella  del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE)  n.  761/2001  del  Parlamento  europeo e del Consiglio, del 19 marzo  2001,  sull'adesione  volontaria  delle  organizzazioni  a  un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS). 1-ter.  Per  lo  stesso  tipo  di  uso  e'  preferita  la domanda che garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attivita' di recupero e di riciclo.".
 3.  L'articolo  12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e' sostituito dal seguente: "Articolo 12-bis. 1. Il provvedimento di concessione e' rilasciato se: a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi
 di qualita' definiti per il corso d'acqua interessato; b) e' garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio
 idrico; c) non sussistono possibilita' di riutilizzo di acque reflue depurate
 o   provenienti  dalla  raccolta  di  acque  piovane  ovvero,  pur
 sussistendo   tali   possibilita',   il   riutilizzo  non  risulta
 sostenibile sotto il profilo economico. 2.  I  volumi  di  acqua  concessi  sono  altresi'  commisurati  alle possibilita'  di  risparmio,  riutilizzo  o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la  quantita' e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente,  nei  casi  di  prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio   tra   il   prelievo   e   la   capacita'  di  ricarica dell'acquifero,  anche  al  fine di evitare pericoli di intrusione di acque  salate  o  inquinate,  e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque. 3.  L'utilizzo  di  risorse prelevate da sorgenti o falde, o comunque riservate  al consumo umano, puo' essere assentito per usi diversi da quello potabile se: a) viene  garantita  la  condizione di equilibrio del bilancio idrico
 per ogni singolo fabbisogno; b) non sussistono possibilita' di riutilizzo di acque reflue depurate
 o  provenienti  dalla  raccolta  di  acque  piovane,  oppure, dove
 sussistano   tali   possibilita',   il   riutilizzo   non  risulta
 sostenibile sotto il profilo economico; c) sussiste  adeguata  disponibilita'  delle risorse predette e vi e'
 una   accertata   carenza  qualitativa  e  quantitativa  di  fonti
 alternative di approvvigionamento. 4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso diverso da quello  potabile  e'  triplicato.  Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico  i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.".
 4.  L'articolo  17  del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e' sostituito dal seguente: "Articolo 17. 1.  Salvo  quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, e' vietato derivare   o   utilizzare   acqua  pubblica  senza  un  provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorita' competente. 2.  La  raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi  agricoli o di singoli edifici e' libera e non richiede licenza o  concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti  e'  regolata  dalle  leggi  in  materia  di  edilizia,  di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali. 3.   Nel   caso  di  violazione  delle  norme  di  cui  al  comma  1, l'Amministrazione   competente   dispone  la  cessazione  dell'utenza abusiva  ed  il  contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria  previsti dalle leggi vigenti, e' tenuto al pagamento di una  sanzione  amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei   casi   di   particolare   tenuita'   si   applica  la  sanzione amministrativa  pecuniaria  da  300  euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista  dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta  di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. E'  in  ogni  caso  dovuta  una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorita'  competente,  con  espresso  provvedimento nel quale sono stabilite  le  necessarie cautele, puo' eccezionalmente consentire la continuazione  provvisoria  del  prelievo  in presenza di particolari ragioni  di  interesse pubblico generale, purche' l'utilizzazione non risulti  in  palese  contrasto  con  i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.".
 5.  Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, gia' abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.
 6.  Fatto  salvo  quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni  di  acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto  e'  ammessa  la  presentazione  di  domanda  di  concessione in sanatoria  entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui  all'articolo  17  del  regio  decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933  n. 1775. La concessione in sanatoria e' rilasciata nel rispetto della  legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione   puo'   proseguire   fermo  restando  l'obbligo  del pagamento  del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorita' concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in  contrasto  con  i  diritti  di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento  deg  li  obiettivi  di  qualita'  e dell'equilibrio del bilancio  idrico.  Restano  comunque  ferme  le  disposizioni  di cui all'articolo 95, comma 5.
 7.  I  termini  entro  i  quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi  degli  articoli  3  e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,  il  diritto  al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno  assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge  5  gennaio  1994,  n.  36,  nonche' per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 30 giugno 2006. In tali casi i canoni  demaniali  decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione  preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci  volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e  quelle  prescrizioni  necessarie  ad  assicurare  l'equilibrio del bilancio idrico.
 8.  Il  primo  comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933,  n.  1775, e' sostituito dal seguente: "Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto  disposto  dal  secondo comma, non puo' eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di  quelle  di  grande  derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma  la  disciplina  di  cui  all'articolo  12,  commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.".
 9.  Dopo  il  terzo  comma  dell'articolo  21  del regio decreto 11 dicembre  1933,  n.  1775 e' inserito il seguente: "Le concessioni di derivazioni  per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture  in funzione della disponibilita' della risorsa idrica, della quantita'  minima  necessaria  alla  coltura  stessa,  prevedendo  se necessario  specifiche  modalita'  di  irrigazione;  le  stesse  sono assentite  o  rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la  domanda  d'acqua attraverso le strutture consortili gia' operanti sul territorio.".
 10.  Fatta salva l'efficacia delle norme piu' restrittive, tutto il territorio  nazionale e' assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
 11.  Le  regioni  disciplinano  i  procedimenti  di  rilascio delle concessioni  di  derivazione  di  acque  pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche  le  possibilita'  di  libero  utilizzo  di  acque superficiali scolanti  su  suoli  o  in  fossi di canali di proprieta' privata. Le regioni,  sentite  le  Autorita'  di  bacino,  disciplinano  forme di regolazione   dei  prelievi  delle  acque  sotterranee  per  gli  usi domestici,  come  definiti  dall'articolo  93  del  regio  decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.
 
 
 
 Note all'art. 96:
 - Il  testo  degli  articoli 7 e 9 del regio decreto 11
 dicembre   1933,   n.  1775,  recante  "Testo  unico  delle
 disposizioni  di  legge  sulle acque e impianti elettrici",
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 5 dell'8 gennaio
 1934, come modificato dal presente decreto, e' il seguente:
 "Art.   7.   -  Le  domande  per  nuove  concessioni  e
 utilizzazioni corredate dei progetti di massima delle opere
 da  eseguire  per  la  raccolta,  regolazione,  estrazione,
 derivazione,  condotta,  uso,  restituzione  e  scolo delle
 acque  sono  dirette  al  Ministro  dei  lavori  pubblici e
 presentate   all'Ufficio   del   Genio   civile   alla  cui
 circoscrizione appartengono le opere di presa.
 Le  domande  di  cui  al  primo comma relative sia alle
 grandi sia alle piccole derivazioni sono altresi' trasmesse
 alle  Autorita'  di bacino territorialmente competenti che,
 entro  il  termine perentorio di quaranta giorni dalla data
 di  ricezione  ove  si tratti di domande relative a piccole
 derivazioni,  comunicano  il  proprio  parere vincolante al
 competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilita'
 della  utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela,
 ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o
 idrologico,  anche  in  attesa  di  approvazione  del Piano
 anzidetto.  Qualora  le  domande  siano  relative  a grandi
 derivazioni,  il  termine per la comunicazione del suddetto
 parere  e' elevato a novanta giorni dalla data di ricezione
 delle  domande  medesime.  Decorsi i predetti termini senza
 che   sia   intervenuta   alcuna   pronuncia,  il  Ministro
 dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  nomina un
 Commissario  ad  acta che provvede entro i medesimi termini
 decorrenti dalla data della nomina.
 Ogni  richiedente di nuove concessioni deve depositare,
 con  la  domanda,  una  somma  pari  ad un quarantesimo del
 canone annuo e in ogni caso non inferiore a lire cinquanta.
 Le  somme cosi' raccolte sono versate in Tesoreria in conto
 entrate dello Stato.
 L'Ufficio  del  Genio  civile  ordina  la pubblicazione
 della  domanda  mediante  avviso  nel  Foglio degli annunzi
 legali  delle province nel cui territorio ricadono le opere
 di presa e di restituzione delle acque.
 Nell'avviso  sono  indicati il nome del richiedente e i
 dati principali della richiesta derivazione, e cioe': luogo
 di  presa, quantita' di acqua, luogo di restituzione ed uso
 della derivazione.
 L'avviso  e'  pubblicato anche nella Gazzetta Ufficiale
 del Regno.
 Nei  territori  che  ricadono  nella circoscrizione del
 Magistrato  alle acque per le province venete e di Mantova,
 questo   deve   essere  sentito  sull'ammissibilita'  delle
 istanze prima della loro istruttoria.
 Se  il  Ministro  ritiene  senz'altro inammissibile una
 domanda  perche'  inattuabile  o  contraria  al buon regime
 delle  acque o ad altri interessi generali, la respinge con
 suo  decreto  sentito il parere del Consiglio superiore dei
 lavori pubblici.
 Le  domande  che  riguardano  derivazioni  tecnicamente
 incompatibili  con  quelle  previste  da una o piu' domande
 anteriori,  sono  accettate  e  dichiarate  concorrenti con
 queste,  se  presentate non oltre trenta giorni dall'avviso
 nella  Gazzetta Ufficiale relativo alla prima delle domande
 pubblicate  incompatibili con la nuova. Di tutte le domande
 accettate si da' pubblico avviso nei modi sopra indicati.
 Dopo   trenta  giorni  dall'avviso,  la  domanda  viene
 pubblicata,  col  relativo progetto, mediante ordinanza del
 Genio civile.
 In  ogni  caso  l'ordinanza  stabilisce il termine, non
 inferiore a quindici e non superiore a trenta giorni, entro
 il   quale   possono   presentarsi  le  osservazioni  e  le
 opposizioni scritte avverso la derivazione richiesta.
 Se    le    opere   di   derivazione   interessano   la
 circoscrizione di piu' uffici del Genio civile, l'ordinanza
 di istruttoria e' emessa dal Ministro dei lavori pubblici.
 Nel  caso  di  domande  concorrenti  la  istruttoria e'
 estesa  a tutte le domande se esse sono tutte incompatibili
 con  la  prima; se invece alcune furono accettate al di la'
 dei termini relativi alla prima, per essere compatibili con
 questa  e  non  con le successive, l'istruttoria e' intanto
 limitata  a  quelle  che sono state presentate ed accettate
 entro  novanta  giorni  dalla  pubblicazione nella Gazzetta
 Ufficiale dell'avviso relativo alla prima domanda.".
 "Art.  9. - 1. Tra piu' domande concorrenti, completata
 l'istruttoria  di  cui  agli  articoli  7 e 8, e' preferita
 quella  che  da  sola,  o  in  connessione con altre utenze
 concesse   o   richieste,   presenta   la   piu'  razionale
 utilizzazione   delle   risorse  idriche  in  relazione  ai
 seguenti criteri:
 a) l'attuale   livello   di   soddisfacimento   delle
 esigenze  essenziali  dei  concorrenti  anche  da parte dei
 servizi  pubblici  di  acquedotto  o  di  irrigazione  e la
 prioritaria  destinazione delle risorse qualificate all'uso
 potabile;
 b) le  effettive  possibilita'  di  migliore utilizzo
 delle fonti in relazione all'uso;
 c) le  caratteristiche quantitative e qualitative del
 corpo idrico oggetto di prelievo;
 d) la  quantita'  e la qualita' dell'acqua restituita
 rispetto a quella prelevata.
 1-bis.  E' preferita la domanda che, per lo stesso tipo
 di  uso,  garantisce  la  maggior  restituzione  d'acqua in
 rapporto  agli  obiettivi  di qualita' dei corpi idrici. In
 caso  di  piu'  domande  concorrenti  per usi produttivi e'
 altresi'  preferita  quella del richiedente che aderisce al
 sistema  ISO  14001 ovvero al sistema di cui al regolamento
 (CEE)  n.  761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,
 del   19 marzo   2001,   sull'adesione   volontaria   delle
 organizzazioni  a  un  sistema comunitario di ecogestione e
 audit (EMAS).
 1-ter.  Per  lo  stesso  tipo  di  uso  e' preferita la
 domanda  che  garantisce  che  i  minori prelievi richiesti
 siano  integrati dai volumi idrici derivati da attivita' di
 recupero e di riciclo.".
 -  L'art.  54  del  regio  decreto 11 dicembre 1933, n.
 1775,  recante  "Testo  unico  delle  disposizioni di legge
 sulle   acque   e  impianti  elettrici",  pubblicato  nella
 Gazzetta   Ufficiale  n.  5  dell'8  gennaio  1934,  e'  il
 seguente:
 "Art.  54.  -  Nelle  grandi derivazioni che riguardino
 rilevanti   interessi   pubblici,  qualora  si  verifichino
 interruzioni  o sospensioni ingiustificate, il Ministro dei
 lavori  pubblici,  sentito  il  Consiglio  superiore, fatti
 eseguire  i  controlli e le contestazioni del caso, diffida
 l'utente   ad   eseguire,  entro  un  congruo  termine,  le
 riparazioni  necessarie. Ove l'utente non provveda entro il
 termine  prefisso, il Ministro dei lavori pubblici, sentito
 il  Consiglio  superiore  e  di concerto col Ministro delle
 finanze,  puo'  disporre  l'esercizio  di  ufficio  a spese
 dell'utente,   previa   presa   di   possesso  delle  opere
 principali  ed accessorie, ricadenti entro e fuori l'ambito
 demaniale.
 L'utente  e'  obbligato  a  porre  a  disposizione  del
 Ministero  dei  lavori  pubblici  il  personale  addetto al
 funzionamento dell'impianto.
 Prima che sia iniziato l'esercizio di ufficio, il Genio
 civile  redige, in contraddittorio con l'interessato, o, in
 mancanza,  con  l'assistenza di due testimoni, l'inventario
 dell'impianto.
 Il  rendiconto  dell'esercizio  di ufficio e' approvato
 dal  Ministro dei lavori pubblici, che dispone il pagamento
 all'utente  dei proventi netti quando la gestione sia stata
 attiva.  Quando  invece  la  gestione sia stata passiva, il
 rendiconto e' approvato dal Ministro dei lavori pubblici di
 concerto  con quello delle finanze, il quale ultimo dispone
 la  riscossione, a carico dell'utente, delle maggiori spese
 occorse,  con le norme indicate nell'art. 39 della presente
 legge.
 Nel   caso  previsto  al  secondo  comma  del  presente
 articolo,  i  proventi  netti  sono  depositati  alla Cassa
 depositi  e  prestiti,  fino  al definitivo regolamento dei
 rapporti  tra  l'amministrazione  e colui che ha esercitato
 irregolarmente o abusivamente la derivazione.
 Quando  trattisi di impianti in servizio delle Ferrovie
 dello  Stato, l'esercizio degli impianti stessi puo' essere
 affidato  al  Ministero  delle comunicazioni ed in tal caso
 esso provvede a quanto e' disposto nei comma quarto, quinto
 e sesto.
 Contro  i  provvedimenti emanati a termini del presente
 articolo  non  e'  ammesso  altro  ricorso  che  quello per
 legittimita'  dinanzi  al  Tribunale  superiore delle acque
 pubbliche.".
 - L'art.  17  del  regio  decreto  11 dicembre 1933, n.
 1775, e' il seguente:
 "Art.  17.  -  1.  Salvo quanto previsto dall'art. 93 e
 dall'art.  28,  commi 3 e 4, della legge 5 gennaio 1994, n.
 36,  e'  vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza
 un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorita'
 competente.  Nel  caso di violazione del disposto del comma
 1,   l'amministrazione  competente  dispone  la  cessazione
 dell'utenza  abusiva  e il contravventore, fatti salvi ogni
 altro  adempimento  o  comminatoria  previsti  dalle  leggi
 vigenti,   e'   tenuto   al   pagamento   di  una  sanzione
 amministrativa  pecuniaria  da  5 a 50 milioni di lire. Nei
 casi   di  particolare  tenuita'  si  applica  la  sanzione
 amministrativa  pecuniaria da 500 mila lire 3 milioni. Alla
 sanzione  prevista  dal presente articolo non si applica il
 pagamento  in misura ridotta di cui all'art. 16 della legge
 24 novembre  1981, n. 689. E' in ogni caso dovuta una somma
 pari ai canoni non corrisposti. L'autorita' competente, con
 espresso   provvedimento   nel   quale  sono  stabilite  le
 necessarie  cautele,  puo'  eccezionalmente  consentire  la
 continuazione  p  rovvisoria  del  prelievo  in presenza di
 particolari ragioni di interesse pubblico generale, purche'
 l'utilizzazione  non  risulti  in  palese  contrasto  con i
 diritti di terzi e con il buon regime delle acque.".
 -  Gli  articoli  3  e  4 del regio decreto 11 dicembre
 1933, n. 1775, sono i seguenti:
 "Art. 3. - Gli utenti di acqua pubblica menzionati alle
 lettere   a)   e   b)  e  nell'ultimo  comma  dell'articolo
 precedente, che non abbiano gia' ottenuto il riconoscimento
 all'uso   dell'acqua   debbono  chiederlo,  sotto  pena  di
 decadenza, entro un anno dalla pubblicazione nella Gazzetta
 Ufficiale   del   Regno   dell'elenco  in  cui  l'acqua  e'
 inscritta.
 Coloro che hanno ottenuto la concessione ai sensi delle
 leggi  20 marzo 1865, n. 2248, allegato F e 10 agosto 1884,
 n. 2644, e leggi successive non hanno l'obbligo di chiedere
 il riconoscimento dell'utenza.
 Sulla  domanda  di  riconoscimento si provvede, a spese
 dell'interessato, nel caso di piccole derivazioni in merito
 alle   quali  non  siano  sorte  opposizioni,  con  decreto
 dell'ingegnere  capo dell'ufficio del Genio civile alla cui
 circoscrizione appartengono le opere di presa.
 Negli  altri  casi si provvede con decreto del Ministro
 dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore.
 Avverso il decreto dell'ingegnere capo del Genio civile
 e'  ammesso  ricorso,  entro  trenta  giorni dalla notifica
 all'interessato,  al  Ministero  dei  lavori  pubblici, che
 provvede sentito il Consiglio superiore.
 Entro   sessanta   giorni   dalla   notificazione   del
 provvedimento  definitivo,  l'interessato puo' ricorrere ai
 tribunali delle acque pubbliche.".
 "Art.  4.  -  Per  le  acque  pubbliche,  le quali, non
 comprese  in  precedenti  elenchi, siano incluse in elenchi
 suppletivi,  gli  utenti che non siano in grado di chiedere
 il riconoscimento del diritto all'uso dell'acqua ai termini
 dell'art.  3,  hanno diritto alla concessione limitatamente
 al  quantitativo di acqua e di forza motrice effettivamente
 utilizzata,  con esclusione di qualunque concorrente, salvo
 quanto e' disposto dall'art. 45.
 La  domanda  deve  essere  presentata  entro  i termini
 stabiliti dall'art. 3 per i riconoscimenti e sara' istruita
 con la procedura delle concessioni.".
 - L'art. 1, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36,
 recante  "Disposizioni  in  materia  di  risorse  idriche",
 pubblicato   nel   supplemento   ordinario   alla  Gazzetta
 Ufficiale n. 14 del 19 gennaio 1994, e' il seguente:
 "Art.  1  (Tutela  e  uso  delle risorse idriche). - 1.
 Tutte  le  acque  superficiali e sotterranee, ancorche' non
 estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una
 risorsa  che e' salvaguardata ed utilizzata secondo criteri
 di solidarieta'.
 2.    Qualsiasi   uso   delle   acque   e'   effettuato
 salvaguardando   le   aspettative   ed   i   diritti  delle
 generazioni  future  a  fruire  di  un  integro  patrimonio
 ambientale.
 3.  Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e
 al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio
 idrico,  la  vivibilita'  dell'ambiente,  l'agricoltura, la
 fauna  e  la  flora acquatiche, i processi geomorfologici e
 gli equilibri idrologici.
 4. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono
 disciplinate da leggi speciali.".
 -  L'art. 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n.
 275,  recante  "Riordino in materia di concessione di acque
 pubbliche",  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale 5 agosto
 1993, n. 182, e' il seguente:
 "Art.  10  (Pozzi).  -  1.  Tutti  i pozzi esistenti, a
 qualunque  uso  adibiti,  ancorche'  non  utilizzati,  sono
 denunciati  dai proprietari, possessori o utilizzatori alla
 regione   o   provincia  autonoma  nonche'  alla  provincia
 competente  per territorio, entro dodici mesi dalla data di
 entrata  in  vigore  del  presente  decreto  legislativo. A
 seguito  della  denuncia, l'ufficio competente procede agli
 adempimenti  di  cui all'art. 103 del testo unico approvato
 con  regio  decreto  11 dicembre  1933,  n. 1775. La omessa
 denuncia  dei pozzi diversi da quelli previsti dall'art. 93
 del  citato  testo unico nel termine di cui sopra e' punita
 con  la  sanzione amministrativa del pagamento di una somma
 da lire duecentomila a lire unmilioneduecentomila; il pozzo
 puo'  essere sottoposto a sequestro ed e' comunque soggetto
 a  chiusura  a  spese  del  trasgressore  allorche' divenga
 definitivo   il  provvedimento  che  applica  la  sanzione.
 Valgono  le  disposizioni  della legge 24 novembre 1981, n.
 689.".
 -  L'art.  21  del  regio  decreto 11 dicembre 1933, n.
 1775,  recante  "Testo  unico  delle  disposizioni di legge
 sulle   acque   e  impianti  elettrici",  pubblicato  nella
 Gazzetta   Ufficiale   n.   5  dell'8  gennaio  1934,  come
 modificato dal presente decreto, e' il seguente:
 "Art.  21.  -  Tutte le concessioni di derivazione sono
 temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto
 disposto dal secondo comma, non puo' eccedere i trenta anni
 ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad
 eccezione  di  quelle  di grande derivazione idroelettrica,
 per  le quali resta ferma la disciplina di cui all'art. 12,
 commi  6,  7  e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n.
 79.
 Le concessioni di grandi derivazioni ad uso industriale
 sono  stipulate  per  una  durata  non  superiore  ad  anni
 quindici  e  possono essere condizionate alla attuazione di
 risparmio idrico mediante il riciclo o il riuso dell'acqua,
 nei  termini  quantitativi  e temporali che dovranno essere
 stabiliti  in  sede  di  concessione,  tenuto  conto  delle
 migliori tecnologie applicabili al caso specifico
 Il  Ministro  dei lavori pubblici, sentito il Consiglio
 superiore,  tenuto  conto dello scopo prevalente, determina
 la specie e la durata di ciascuna concessione.
 Le  concessioni  di  derivazioni per uso irriguo devono
 tener conto delle tipologie delle colture in funzione della
 disponibilita' della risorsa idrica, della quantita' minima
 necessaria  alla  coltura  stessa, prevedendo se necessario
 specifiche   modalita'   di  irrigazione;  le  stesse  sono
 assentite  o  rinnovate  solo qualora non risulti possibile
 soddisfare  la  domanda  d'acqua  attraverso  le  strutture
 consortili gia' operanti sul territorio.
 Giusta  il  disposto  dell'art. 8 del testo unico sulle
 ferrovie  concesse  alla  industria  privata, approvato con
 regio  decreto  9 maggio  1912,  n.  1447;  le  derivazioni
 posteriori  alla legge 12 luglio 1908, n. 444, accordate ad
 un  concessionario di ferrovia pubblica per la applicazione
 della   trazione  elettrica,  conservano  la  durata  della
 concessione   della   ferrovia  e  ne  costituiscono  parte
 integrante.
 La  stessa  disposizione  e' applicabile alle tramvie a
 trazione meccanica in virtu' dell'art. 273 del citato testo
 unico e alle derivazioni concesse per trazione elettrica di
 funicolari,  funivie,  filovie  ed  ascensori  in  servizio
 pubblico.".
 - L'art.  93  del  regio  decreto  11 dicembre 1933, n.
 1775, e' il seguente:
 "Art.  93.  -  Il proprietario di un fondo, anche nelle
 zone  soggette  a  tutela della pubblica amministrazione, a
 norma  degli  articoli seguenti,  ha  facolta', per gli usi
 domestici, di estrarre ed utilizzare liberamente, anche con
 mezzi  meccanici,  le  acque  sotterranee  nel  suo  fondo,
 purche'  osservi  le distanze e le cautele prescritte dalla
 legge.
 Sono  compresi  negli  usi domestici l'innaffiamento di
 giardini  ed  orti inservienti direttamente al proprietario
 ed alla sua famiglia e l'abbeveraggio del bestiame".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 97 (acque minerali naturali e di sorgenti)
 
 1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle  acque  di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di  approvvigionamento  e  distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.
 |  |  |  | ART. 98 (risparmio idrico)
 
 1. Coloro  che  gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei  consumi  e  ad  incrementare  il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.
 
 2. Le   regioni,   sentite   le  Autorita'  di  bacino,  approvano specifiche  norme  sul  risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione   degli   usi,   sulla   corretta  individuazione  dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
 |  |  |  | ART. 99 (riutilizzo dell'acqua)
 
 1. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio con proprio  decreto,  sentiti  i  Ministri  delle  politiche  agricole e forestali,  della salute e delle attivita' produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue.
 
 2. Le  regioni,  nel  rispetto  dei  principi  della  legislazione statale,  e  sentita l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui  rifiuti,  adottano  norme  e  misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate.
 |  |  |  | ART. 100 (reti fognarie)
 
 1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a  2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.
 
 2. La  progettazione,  la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie  si  effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che  comportino  costi  economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:
 
 a) della  portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
 b) della  prevenzione  di  eventuali  fenomeni  di  rigurgito che comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;
 c) della  limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.
 
 3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri  sistemi  pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello  di  protezione  ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi.
 |  |  |  | ART. 101 (criteri generali della disciplina degli scarichi)
 
 1.  Tutti  gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli  obiettivi  di  qualita'  dei  corpi  idrici  e devono comunque rispettare  i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del  presente  decreto.  L'autorizzazione puo' in ogni caso stabilire specifiche  deroghe  ai  suddetti  limiti e idonee prescrizioni per i periodi  di  avviamento  e  di arresto e per l'eventualita' di guasti nonche' per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.
 
 2.  Ai  fini  di  cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori   tecniche   disponibili,  definiscono  i  valori-limite  di emissione,  diversi  da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del  presente  decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in  quantita'  massima per unita' di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono  stabilire  valori  limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:
 
 a)  nella  Tabella  1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;
 b)  nella  Tabella  2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
 c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
 d)  nelle  Tabelle  3  e  4,  per  quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.
 
 3.  Tutti  gli  scarichi,  ad  eccezione  di quelli domestici e di quelli  ad  essi  assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere  resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorita' competente  per  il  controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti  gli  impluvi  naturali,  le  acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
 
 4.  L'autorita'  competente  per  il  controllo  e' autorizzata ad effettuare   tutte   le   ispezioni   che   ritenga   necessarie  per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi.  Essa  puo'  richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze  di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto   subiscano  un  trattamento  particolare  prima  della  loro confluenza nello scarico generale.
 
 5.  I  valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti  mediante  diluizione  con  acque prelevate esclusivamente allo   scopo.  Non  e'  comunque  consentito  diluire  con  acque  di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi  parziali  di  cui  al  comma 4, prima del trattamento degli stessi  per  adeguarli  ai  limiti  previsti  dalla  parte  terza dal presente  decreto. L'autorita' competente, in sede di autorizzazione, puo'  prescrivere  che  lo  scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio,  ovvero impiegate per la produzione di energia sia separato dallo scarico terminale di ciascuno stabilimento.
 
 6.  Qualora  le  acque  prelevate  da un corpo idrico superficiale presentino   parametri  con  valori  superiori  ai  valori-limite  di emissione, la disciplina dello scarico e' fissata in base alla natura delle  alterazioni  e  agli  obiettivi  di  qualita' del corpo idrico ricettore.  In  ogni  caso  le  acque  devono  essere  restituite con caratteristiche  qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni  di  portata  allo  stesso  corpo idrico dal quale sono state prelevate.
 
 7.   Salvo  quanto  previsto  dall'articolo  112,  ai  fini  della disciplina  degli  scarichi  e  delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:
 
 a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;
 b)  provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che, per   quanto   riguarda   gli  effluenti  di  allevamento,  praticano l'utilizzazione  agronomica  in conformita' alla disciplina regionale stabilita  sulla  base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui  all'articolo  112, comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantita' indicate nella Tabella 6 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
 c)  provenienti  da  imprese  dedite  alle  attivita' di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attivita' di trasformazione o di valorizzazione  della  produzione agricola, inserita con carattere di normalita'   e  complementarieta'  funzionale  nel  ciclo  produttivo aziendale   e  con  materia  prima  lavorata  proveniente  in  misura prevalente dall'attivita' di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilita';
 d)  provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano  luogo  a  scarico  e che si caratterizzino per una densita' di allevamento  pari  o  inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua  o  in  cui  venga  utilizzata  una  portata  d'acqua  pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
 e)   aventi  caratteristiche  qualitative  equivalenti  a  quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;
 f)  provenienti  da  attivita' termali, fatte salve le discipline regionali di settore.
 
 8.  Entro  sei  mesi  dalla  data di entrata in vigore della parte terza  del  presente  decreto,  e  successivamente  ogni due anni, le regioni  trasmettono  al  Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio,  al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo  dell'Agenzia  per  la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici  (APAT)  e all'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui   rifiuti   le   informazioni  relative  alla  funzionalita'  dei depuratori,  nonche' allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalita' di cui all'articolo 75, comma 5.
 
 9.  Al  fine  di  assicurare  la  piu'  ampia  divulgazione  delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni,  sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una  relazione  sulle  attivita'  di  smaltimento  delle acque reflue urbane  nelle  aree di loro competenza, secondo le modalita' indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.
 
 10. Le Autorita' competenti possono promuovere e stipulare accordi e  contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e  il  recupero  come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilita'   di  ricorrere  a  strumenti  economici,  di  stabilire agevolazioni  in  materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per  le  sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina  generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualita'.
 |  |  |  | ART. 102 (scarichi di acque termali)
 
 1. Per  le  acque  termali  che  presentano  all'origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, e' ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con  caratteristiche  qualitative  non  superiori  rispetto  a quelle prelevate ovvero che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino  i  parametri  batteriologici  e  non  siano  presenti  le sostanze  pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
 
 2. Gli  scarichi  termali  sono ammessi, fatta salva la disciplina delle  autorizzazioni  adottata  dalle regioni ai sensi dell'articolo 124, comma 5:
 
 a) in  corpi  idrici superficiali, purche' la loro immissione nel corpo  ricettore  non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all'ambiente;
 b) sul  suolo  o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;
 c) in  reti  fognarie,  purche'  vengano  osservati i regolamenti emanati   dal   gestore  del  servizio  idrico  integrato  e  vengano autorizzati dalle Autorita' di ambito;
 d) in  reti  fognarie  di  tipo  separato  previste  per le acque meteoriche.
 |  |  |  | ART. 103 (scarichi sul suolo)
 
 1. E' vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:
 
 a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;
 b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
 c) per  gli  scarichi  di acque reflue urbane e industriali per i quali   sia   accertata   l'impossibilita'   tecnica   o  l'eccessiva onerosita',   a   fronte  dei  benefici  ambientali  conseguibili,  a recapitare  in  corpi  idrici  superficiali, purche' gli stessi siano conformi  ai  criteri  ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine   dalle  regioni  ai  sensi  dell'articolo  101,  comma  2. Sino all'emanazione  di nuove norme regionali si applicano i valori limite di  emissione  della  Tabella  4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
 d) per  gli  scarichi  di  acque provenienti dalla lavorazione di rocce  naturali  nonche'  dagli  impianti  di lavaggio delle sostanze minerali,  purche'  i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da  acqua  e  inerti  naturali  e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilita' dei suoli;
 e) per  gli  scarichi  di  acque  meteoriche  convogliate in reti fognarie separate;
 f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni   di   manutenzione   delle   reti  idropotabili  e  dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.
 
 2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo   esistenti   devono   essere   convogliati   in  corpi  idrici superficiali,  in  reti  fognarie  ovvero  destinati al riutilizzo in conformita'   alle   prescrizioni  fissate  con  il  decreto  di  cui all'articolo  99,  comma  1. In  caso  di  mancata  ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.
 
 3. Gli  scarichi  di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi  ai  limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del  presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
 |  |  |  | Art. 104 Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee
 
 1.  E'  vietato  lo  scarico  diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.
 2.  In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorita' competente, dopo  indagine preventiva, puo' autorizzare gli scarichi nella stessa falda  delle  acque  utilizzate  per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione  di  miniere  o cave o delle acque pompate nel corso di determinati  lavori  di  ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.
 3.   In   deroga  a  quanto  previsto  dal  comma  1,  il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministro delle  attivita'  produttive  per i giacimenti a mare ed anche con le regioni  per  i  giacimenti  a  terra,  puo'  altresi' autorizzare lo scarico  di  acque  risultanti  dall'estrazione  di idrocarburi nelle unita'  geologiche  profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti,  oppure  in unita' dotate delle stesse caratteristiche, che contengano  o  abbiano  contenuto idrocarburi, indicando le modalita' dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre  sostanze  pericolose  diverse,  per  qualita'  e quantita', da quelle  derivanti  dalla  separazione  degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni  sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche  necessarie  a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
 4.  In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorita' competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di  sostanze  estranee,  puo'  autorizzare  gli scarichi nella stessa falda  delle  acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti,  purche' i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua   ed   inerti   naturali   ed  il  loro  scarico  non  comporti danneggiamento  alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale per  la  protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese   del   soggetto   richiedente   l'autorizzazione,  accerta  le caratteristiche  quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili  danni  per  la  falda,  esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione allo scarico.
 5.  Per  le  attivita'  di  prospezione,  ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in   mare   avviene   secondo  le  modalita'  previste  dal  Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio con proprio decreto, purche'  la  concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo  scarico  diretto  a  mare  e'  progressivamente  sostituito dalla iniezione  o  reiniezione  in  unita' geologiche profonde, non appena disponibili  pozzi  non  piu'  produttivi  ed  idonei all'iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.
 6.  Il  Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio, in sede  di autorizzazione allo scarico in unita' geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalita' previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi: a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacita' del pozzo
 iniettore  o  reiniettore  non  sia  sufficiente  a  garantire  la
 ricezione   di   tutta   l'acqua   risultante  dall'estrazione  di
 idrocarburi; b) per  il  tempo  necessario  allo  svolgimento  della manutenzione,
 ordinaria   e   straordinaria,   volta  a  garantire  la  corretta
 funzionalita'  e  sicurezza  del  sistema  costituito  dal pozzo e
 dall'impianto di iniezione o di reiniezione.
 7.  Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 e' autorizzato  previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare  l'assenza  di  pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
 8.  Al  di  fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi  nel  sottosuolo  e  nelle  acque  sotterranee,  esistenti e debitamente  autorizzati,  devono  essere convogliati in corpi idrici superficiali   ovvero   destinati,  ove  possibile,  al  riciclo,  al riutilizzo   o  all'utilizzazione  agronomica.  In  caso  di  mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico e' revocata.
 |  |  |  | ART. 105 (scarichi in acque superficiali)
 
 1. Gli  scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono  rispettare  i  valori-limite  di  emissione  fissati ai sensi dell'articolo  101,  commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualita'.
 
 2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie,  provenienti  da  agglomerati  con  meno  di 2.000 abitanti equivalenti  e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un   trattamento  appropriato,  in  conformita'  con  le  indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
 
 3. Le  acque  reflue  urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in  conformita'  con  le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
 
 4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresi', i valori-limite  di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
 
 5. Le  regioni  dettano  specifica  disciplina per gli scarichi di reti   fognarie  provenienti  da  agglomerati  a  forte  fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualita'.
 
 6. Gli  scarichi  di  acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta  montagna,  ossia  al  di sopra dei 1500 metri sul livello del mare,  dove, a causa delle basse temperature, e' difficile effettuare un  trattamento  biologico  efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento  meno  spinto  di  quello  previsto  al  comma 3, purche' appositi  studi  comprovino  che  i  suddetti  scarichi  non  avranno ripercussioni negative sull'ambiente.
 |  |  |  | ART. 106 (scarichi di acque reflue urbane
 in corpi idrici ricadenti in aree sensibili)
 
 1. Ferme  restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le  acque  reflue  urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti  equivalenti,  che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento piu' spinto  di  quello  previsto  dall'articolo  105,  comma 3, secondo i requisiti  specifici  indicati  nell'Allegato  5 alla parte terza del presente decreto.
 
 2. Le  disposizioni  di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili  in cui puo' essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione  del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento   delle   acque   reflue   urbane   e'   pari  almeno  al settantacinque  per  cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.
 
 3. Le  regioni  individuano,  tra  gli  scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei  bacini  drenanti  afferenti  alle  aree  sensibili,  quelli che, contribuendo  all'inquinamento  di tali aree, sono da assoggettare al trattamento  di  cui  ai  commi  1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualita' dei corpi idrici ricettori.
 |  |  |  | ART. 107 (scarichi in reti fognarie)
 
 1. Ferma restando l'inderogabilita' dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto  e,  limitatamente  ai  parametri  di  cui  alla nota 2 della Tabella  5  del  medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque  reflue  industriali  che  recapitano  in  reti  fognarie  sono sottoposti  alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite  adottati  dall'Autorita'  d'ambito  competente in base alle  caratteristiche  dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela   del   corpo  idrico  ricettore  nonche'  il  rispetto  della disciplina  degli  scarichi  di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
 
 2.  Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie  sono sempre ammessi purche' osservino i regolamenti emanati dal  soggetto  gestore  del  servizio  idrico  integrato ed approvati dall'Autorita' d'ambito competente.
 
 3.  Non e' ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in  fognatura,  ad  eccezione  di  quelli  organici provenienti dagli scarti  dell'alimentazione, misti ad acque provenienti da usi civili, trattati   mediante   l'installazione,   preventivamente   comunicata all'ente   gestore  del  servizio  idrico  integrato,  di  apparecchi dissipatori  di  rifiuti  alimentari  che  ne  riducano  la  massa in particelle  sottili,  previa  verifica tecnica degli impianti e delle reti  da  parte  del  gestore  del  servizio  idrico integrato che e' responsabile del corretto funzionamento del sistema.
 
 4.  Le  regioni,  sentite  le  province,  possono  stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e   produttivi   allacciati   alle   pubbliche   fognature,   per  la funzionalita'  degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
 |  |  |  | ART. 108 (scarichi di sostanze pericolose)
 
 1.  Le  disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si  applicano  agli  stabilimenti nei quali si svolgono attivita' che comportano  la  produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali  sostanze  in  quantita' o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilita'  consentiti  dalle  metodiche  di rilevamento in essere alla  data  di  entrata  in  vigore  della  parte  terza del presente decreto,  o,  successivamente,  superiori  ai limiti di rilevabilita' consentiti  dagli  aggiornamenti  a  tali  metodiche messi a punto ai sensi  del  punto  4  dell'Allegato  5  alla parte terza del presente decreto.
 
 2.  Tenendo  conto  della  tossicita',  della  persistenza e della bioaccumulazione  della  sostanza considerata nell'ambiente in cui e' effettuato  lo  scarico,  l'autorita'  competente in sede di rilascio dell'autorizzazione  puo'  fissare, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano  o  pregiudichino  il  conseguimento  degli  obiettivi di qualita'  previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per  la  compre  senza  di  altri  scarichi  di  sostanze pericolose, valori-limite  di  emissione  piu'  restrittivi  di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
 
 3.  Ai  fini  dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo  107  e  del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre  2007  devono  essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi  delle  imprese  assoggettate  alle disposizioni del decreto legislativo  18 febbraio 2005, n. 59. Dette prescrizioni, concernenti valori  limite  di  emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle  migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica   o   una   tecnologia   specifica,   tenendo   conto   delle caratteristiche   tecniche  dell'impianto  in  questione,  della  sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente.
 
 4.  Per  le  sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte  terza  del  presente  decreto,  derivanti dai cicli produttivi indicati  nella  medesima  tabella,  le  autorizzazioni  stabiliscono altresi'  la  quantita'  massima della sostanza espressa in unita' di peso  per unita' di elemento caratteristico dell'attivita' inquinante e  cioe'  per  materia prima o per unita' di prodotto, in conformita' con  quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze  pericolose  di  cui  al  comma  1  sono  assoggettati  alle prescrizioni  di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
 
 5.  Per  le  acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella  5  dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico e' fissato secondo quanto previsto dall'autorizzazione   integrata   ambientale   di   cui   al  decreto legislativo  18  febbraio  2005,  n. 59, e, nel caso di attivita' non rientranti  nel  campo  di  applicazione del suddetto decreto, subito dopo  l'uscita  dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve   lo   stabilimento   medesimo.   L'autorita'  competente  puo' richiedere  che  gli  scarichi  parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale   e   disciplinati   come  rifiuti.  Qualora  l'impianto  di trattamento  di  acque  reflue  industriali  che  tratta  le sostanze pericolose,  di  cui  alla  tabella 5 del medesimo Allegato 5, riceva acque  reflue contenenti sostanze pericolose non sensibili al tipo di trattamento   adottato,   in   sede   di  autorizzazione  l'autorita' competente  ridurra'  opportunamente  i  valori  limite di e missione indicati  nella  tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette  sostanze  pericolose  indicate  in Tabella 5, tenendo conto della  diluizione  operata  dalla  miscelazione  delle  diverse acque reflue.
 
 6.  L'autorita'  competente al rilascio dell'autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente  decreto,  derivanti  dai  cicli  produttivi  indicati nella tabella  medesima,  redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli  scarichi  esistenti  e  dei  controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.
 
 
 
 Nota all'art. 108:
 - Il decreto legislativo 18 febbraio 2005 n. 59 recante
 "Attuazione  integrale  della  direttiva  96/61/CE relativa
 alla  prevenzione  e riduzione integrate dell'inquinamento"
 e'  pubblicato  nella  Gazzetta Uffiiale 22 aprile 2005, n.
 93, S.O.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 109 (immersione in mare di materiale derivante da attivita' di escavo
 e attivita' di posa in mare di cavi e condotte)
 
 1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformita' alle disposizioni  delle convenzioni internazionali vigenti in materia, e' consentita  l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e  da  strutture  ubicate  nelle  acque  del mare o in ambiti ad esso contigui,  quali  spiagge,  lagune  e  stagni  salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:
 
 a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
 b) inerti,  materiali  geologici  inorganici  e manufatti al solo fine   di  utilizzo,  ove  ne  sia  dimostrata  la  compatibilita'  e l'innocuita' ambientale;
 c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto  durante  l'attivita' di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.
 
 2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma  1,  lettera  a),  e' rilasciata dall'autorita' competente solo quando   e'   dimostrata,  nell'ambito  della  relativa  istruttoria, l'impossibilita'  tecnica  o  economica  del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero oppure del loro smaltimento alternativo in conformita'   alle  modalita'  stabilite  con  decreto  del  Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio,  di  concerto con i Ministri  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  delle  politiche agricole e forestali, delle attivita' produttive previa intesa con la Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province   autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  da  emanarsi  entro centoventi  giorni  dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
 
 3. L'immersione  in  mare  di materiale di cui al comma 1, lettera b), e' soggetta ad autorizzazione, con esclusione dei nuovi manufatti soggetti  alla  valutazione  di  impatto  ambientale. Per le opere di ripristino,  che  non  comportino  aumento della cubatura delle opere preesistenti,   e'   dovuta   la   sola  comunicazione  all'autorita' competente.
 
 4. L'immersione  in  mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non e' soggetta ad autorizzazione.
 
 5. La  movimentazione  dei fondali marini derivante dall'attivita' di  posa  in  mare  di  cavi e condotte e' soggetta ad autorizzazione regionale   rilasciata,   in   conformita'  alle  modalita'  tecniche stabilite  con  decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,  di  concerto  con i Ministri delle attivita' produttive, delle  infrastrutture  e  dei  trasporti e delle politiche agricole e forestali,  per  quanto  di  competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. Nel   caso   di  condotte  o  cavi  facenti  parte  di  reti energetiche  di  interesse  nazionale,  o  di  connessione  con  reti energetiche  di  altri  stati,  l'autorizzazione  e'  rilasciata  dal Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio, sentite le regioni   interessate,   nell'ambito   del   procedimento   unico  di autorizzazione delle stesse reti.
 |  |  |  | ART. 110 (trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento
 delle acque reflue urbane)
 
 1. Salvo  quanto  previsto  ai  commi 2 e 3, e' vietato l'utilizzo degli   impianti  di  trattamento  di  acque  reflue  urbane  per  lo smaltimento di rifiuti.
 
 2. In  deroga  al  comma  1,  l'autorita' competente, d'intesa con l'Autorita'  d'ambito,  in  relazione  a  particolari  esigenze e nei limiti  della  capacita' residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di  acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.
 
 3. Il  gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorita'  competente  ai  sensi  dell'articolo  124, e' comunque autorizzato  ad accettare in impianti con caratteristiche e capacita' depurative   adeguate,   che   rispettino  i  valori  limite  di  cui all'articolo  101,  commi  1  e  2,  i  seguenti rifiuti e materiali, purche'  provenienti  dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da   altro   Ambito  territoriale  ottimale  sprovvisto  di  impianti adeguati:
 
 a) rifiuti  costituiti  da  acque  reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
 b) rifiuti    costituiti    dal   materiale   proveniente   dalla manutenzione  ordinaria  di  sistemi  di  trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;
 c) materiali  derivanti  dalla  manutenzione ordinaria della rete fognaria  nonche'  quelli  derivanti da altri impianti di trattamento delle  acque  reflue  urbane,  nei  quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente.
 
 4. L'attivita'  di  cui  ai  commi  2  e  3 puo' essere consentita purche'  non  sia  compromesso  il  possibile  riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.
 
 5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico  integrato  deve indicare la capacita' residua dell'impianto e le    caratteristiche   e   quantita'   dei   rifiuti   che   intende trattare. L'autorita'  competente  puo'  indicare quantita' diverse o vietare     il     trattamento    di    specifiche    categorie    di rifiuti. L'autorita'  competente  provvede altresi' all'iscrizione in appositi  elenchi  dei  gestori  di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.
 
 6. Allo  smaltimento  dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l'apposita tariffa determinata dall'Autorita' d'ambito.
 
 7. Il  produttore  ed  il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto  della  normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il  produttore  dei  rifiuti  di  cui  al comma 3, lettera b), che e' tenuto  al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente  normativa  in  materia  di  rifiuti. Il gestore del servizio idrico  integrato  che,  ai  sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti e' soggetto  all'obbligo  di  tenuta  del  registro  di carico e scarico secondo  quanto  previsto  dalla  vigente  normativa  in  materia  di rifiuti.
 |  |  |  | ART. 111 (impianti di acquacoltura e piscicoltura)
 
 1. Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio,  di  concerto  con  i Ministri delle politiche agricole e forestali,  delle  infrastrutture  e  dei trasporti e delle attivita' produttive,  e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra  lo  Stato,  le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di Bolzano,   sono   individuati  i  criteri  relativi  al  contenimento dell'impatto  sull'ambiente derivante dalle attivita' di acquacoltura e di piscicoltura.
 |  |  |  | ART. 112 (utilizzazione agronomica)
 
 1. Fermo  restando  quanto  previsto  dall'articolo 92 per le zone vulnerabili  e  dal  decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli   impianti   di   allevamento  intensivo  di  cui  al  punto  6.6 dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti  di  allevamento,  delle  acque  di vegetazione dei frantoi oleari,  sulla  base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574,  nonche'  dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo  101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari,  cosi'  come  individuate  in  base  al  decreto  del Ministro  delle  politiche agricole e forestali di cui al comma 2, e' soggetta   a   comunicazione   all'autorita'   competente   ai  sensi all'articolo 75 del presente decreto.
 
 2. Le   regioni   disciplinano   le   attivita'  di  utilizzazione agronomica  di  cui  al  comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche  generali  adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole  e  forestali,  di  concerto  con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attivita' produttive, della salute e  delle  infrastrutture  e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province autonome  di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di  entrata  in  vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualita' di cui alla parte terza del presente decreto.
 
 3. Nell'ambito   della   normativa   di   cui  al  comma  2,  sono disciplinati in particolare:
 
 a) le  modalita'  di  attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;
 b) i  tempi  e le modalita' di effettuazione della comunicazione, prevedendo  procedure  semplificate nonche' specifici casi di esonero dall'obbligo  di  comunicazione  per  le  attivita'  di minor impatto ambientale;
 c) le   norme  tecniche  di  effettuazione  delle  operazioni  di utilizzo agronomico;
 d) i  criteri  e  le  procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti   l'imposizione  di  prescrizioni  da  parte  dell'autorita' competente,  il  divieto  di  esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato  dell'attivita'  di  cui  al  comma 1 nel caso di mancata comunicazione  o  mancato  rispetto  delle  norme  tecniche  e  delle prescrizioni impartite;
 e) le  sanzioni  amministrative  pecuniarie fermo restando quanto disposto dall'articolo 137, comma 15.
 
 
 
 Note all'art. 112:
 - Per  i  riferimenti del decreto legislativo n. 59 del
 2005 si veda nelle note all'art. 108.
 - La  legge  11 novembre  1996,  n. 574, recante «Nuove
 norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di
 vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari» e' pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1996, n. 265.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 113 (acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia)
 
 1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, disciplinano e attuano:
 
 a) le  forme  di  controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
 b) i  casi  in  cui puo' essere richiesto che le immissioni delle acque  meteoriche  di  dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate,  siano  sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.
 
 2. Le  acque  meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono  soggette  a  vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.
 
 3. Le  regioni  disciplinano  altresi'  i  casi in cui puo' essere richiesto  che  le  acque  di  prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne  siano  convogliate  e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attivita'  svolte,  vi  sia  il  rischio  di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio  per  il  raggiungimento  degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici.
 
 4. E'  comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.
 |  |  |  | ART. 114 (dighe)
 
 1. Le  regioni,  previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela  del  territorio,  adottano  apposita disciplina in materia di restituzione  delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per  scopi  irrigui  e in impianti di potabilizzazione, nonche' delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla  ricerca  ed  estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento  o  il raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui al titolo II della parte terza del presente decreto.
 
 2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacita' di invaso e  la  salvaguardia  sia  della  qualita' dell'acqua invasata sia del corpo  ricettore,  le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle  dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione e' finalizzato a definire sia il  quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attivita' di   manutenzione   da  eseguire  sull'impianto,  sia  le  misure  di prevenzione  e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle   attivita'  di  pesca  e  delle  risorse  idriche  invasate  e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.
 
 3. Il  progetto di gestione individua altresi' eventuali modalita' di  manovra  degli  organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela   del   corpo   ricettore. Restano  valide  in  ogni  caso  le disposizioni  fissate  dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre  1959,  n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.
 
 4. Il  progetto  di gestione e' predisposto dal gestore sulla base dei  criteri  fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei  trasporti  e  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio di concerto  con  il  Ministro  delle  attivita' produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province autonome  di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  parte terza del presente decreto.
 
 5. Il  progetto  di  gestione  e'  approvato  dalle  regioni,  con eventuali  prescrizioni,  entro  sei  mesi  dalla  sua presentazione, previo  parere  dell'amministrazione  competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e  91  del  decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario,   gli  enti  gestori  delle  aree  protette  direttamente interessate;  per  le  dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato e' trasmesso al  Registro  italiano  dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica,   come   parte   integrante   del  foglio  condizioni  per l'esercizio  e  la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente  della  Repubblica  1°  novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni  di  attuazione. Il  progetto  di  gestione  si  intende approvato  e  diviene  operativo  trascorsi  sei  mesi  dalla data di presentazione  senza  che  sia  intervenuta alcuna pronuncia da parte della  regione  competente, fermo restando il pote re di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.
 
 6. Con  l'approvazione  del  progetto il gestore e' autorizzato ad eseguire  le  operazioni  di  svaso,  sghiaiamento  e  sfangamento in conformita'  ai  limiti  indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.
 
 7. Nella  definizione  dei  canoni  di  concessione  di  inerti le amministrazioni  determinano  specifiche  modalita'  ed  importi  per favorire  lo  sghiaiamento  e  sfangamento  degli  invasi per asporto meccanico.
 
 8. I  gestori  degli  invasi  esistenti,  che  ancora  non abbiano ottemperato   agli   obblighi   previsti  dal  decreto  del  Ministro dell'ambiente   e   della  tutela  del  territorio  30  giugno  2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti  a  presentare  il  progetto  di cui al comma 2 entro sei mesi dall'emanazione  del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o  alla  operativita'  del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici  mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  1°  novembre  1959, n. 1363,  volte  a  controllare  la  funzionalita'  degli  organi  di scarico,  sono  svolte  in  conformita'  ai  fogli  di condizione per l'esercizio e la manutenzione.
 
 9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non  devono  pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, ne' il rispetto  degli obiettivi di qualita' ambientale e degli obiettivi di qualita' per specifica destinazione.
 
 
 
 Note all'art. 114:
 - Il    decreto   del   Presidente   della   Repubblica
 1° novembre   1959,   n.  1363  recante  «Approvazione  del
 regolamento   per   la   compilazione   dei   progetti,  la
 costruzione  e  l'esercizio  delle  dighe  di  ritenuta» e'
 pubblicato   nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
 italiana n. 72 del 24 marzo 1960.
 - Gli  art.  89  e  91 del decreto legislativo 31 marzo
 1998,  n.  112 recante: «Conferimento di funzioni e compiti
 amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli  enti
 locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
 n.  59»  sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del
 21 aprile  1998  -  Supplemento  Ordinario n. 77 (Rettifica
 Gazzetta  Ufficiale  n.  116  del  21 maggio  1997)  sono i
 seguenti:
 «Art.  89  (Funzioni conferite alle regioni e agli enti
 locali).  -  1. Sono  conferite  alle  regioni  e agli enti
 locali,  ai sensi dell'art. 4, comma 1 della legge 15 marzo
 1997,  n.  59, tutte le funzioni non espressamente indicate
 nell'art.  88  e tra queste in particolare, sono trasferite
 le funzioni relative:
 a) alla progettazione, realizzazione e gestione delle
 opere idrauliche di qualsiasi natura;
 b) alle   dighe  non  comprese  tra  quelle  indicate
 all'art. 91, comma 1;
 c) ai  compiti  di  polizia  idraulica  e  di  pronto
 intervento di cui al regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 e
 al  regio  decreto  9 dicembre  1937, n. 2669, ivi comprese
 l'imposizione  di  limitazioni  e divieti all'esecuzione di
 qualsiasi  opera  o  intervento anche al di fuori dell'area
 demaniale idrica, qualora questi siano in grado di influire
 anche indirettamente sul regime dei corsi d'acqua;
 d) alle   concessioni   di  estrazione  di  materiale
 litoide dai corsi d'acqua;
 e) alle  concessioni  di spiagge lacuali, superfici e
 pertinenze dei laghi;
 f) alle  concessioni  di  pertinenze  idrauliche e di
 aree  fluviali  anche  ai  sensi  dell'art.  8  della legge
 5 gennaio 1994, n. 37;
 g) alla  polizia delle acque, anche con riguardo alla
 applicazione  del  testo  unico approvato con regio decreto
 11 dicembre 1933, n. 1775;
 h) alla  programmazione,  pianificazione  e  gestione
 integrata  degli  interventi  di difesa delle coste e degli
 abitati costieri;
 i) alla  gestione  del  demanio  idrico, ivi comprese
 tutte  le funzioni amministrative relative alle derivazioni
 di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione
 delle  acque  sotterranee,  alla  tutela del sistema idrico
 sotterraneo  nonche'  alla  determinazione  dei  canoni  di
 concessione  e  all'introito  dei  relativi proventi, fatto
 salvo  quanto  disposto dall'art. 29, comma 3, del presente
 decreto legislativo;
 l)  alla  nomina  di  regolatori per il riparto delle
 disponibilita'  idriche qualora tra piu' utenti debba farsi
 luogo  delle  disponibilita'  idriche  di  un corso d'acqua
 sulla  base  dei  singoli  diritti  e  concessioni ai sensi
 dell'art.  43, comma 3, del testo unico approvato con regio
 decreto 11 dicembre 1933, n. 1775. Qualora il corso d'acqua
 riguardi  il  territorio  di  piu' regioni la nomina dovra'
 avvenire di intesa tra queste ultime;
 2.  Sino  all'approvazione del bilancio idrico su scala
 di bacino, previsto dall'art. 3 della legge 5 gennaio 1994,
 n.  36,  le  concessioni di cui al comma 1, lettera i), del
 presente   articolo   che  interessino  piu'  regioni  sono
 rilasciate  d'intesa tra le regioni interessate. In caso di
 mancata intesa nel termine di sei mesi dall'istanza, ovvero
 di altro termine stabilito ai sensi dell'art. 2 della legge
 n. 241 del 1990, il provvedimento e' rimesso allo Stato.
 3.  Fino alla adozione di apposito accordo di programma
 per  la definizione del bilancio idrico, le funzioni di cui
 al   comma   1,  lettera i),  del  presente  articolo  sono
 esercitate   dallo   Stato,   d'intesa   con   le   regioni
 interessate,  nei  casi  in  cui  il fabbisogno comporti il
 trasferimento   di   acqua   tra  regioni  diverse  e  cio'
 travalichi   i   comprensori   di  riferimento  dei  bacini
 idrografici.
 4.  Le funzioni conferite con il presente articolo sono
 esercitate  in  modo da garantire l'unitaria considerazione
 delle questioni afferenti ciascun bacino idrografico.
 5.  Per le opere di rilevante importanza e suscettibili
 di interessare il territorio di piu' regioni, lo Stato e le
 regioni  interessate  stipulano  accordi di programma con i
 quali   sono   definite  le  appropriate  modalita',  anche
 organizzative, di gestione.».
 Art.  91  (Registro italiano dighe - RID) - 1. Ai sensi
 dell'art.  3,  lettera d) della legge 15 marzo 1997, n. 59,
 il  servizio  nazionale  dighe  e' soppresso quale servizio
 tecnico  nazionale e trasformato in Registro italiano dighe
 -  RID,  che  provvede, ai fini della tutela della pubblica
 incolumita',  all'approvazione tecnica dei progetti ed alla
 vigilanza sulla costruzione e sulle operazioni di controllo
 spettanti  ai  concessionari sulle dighe di ritenuta aventi
 le  caratteristiche  indicate  all'art.  1,  comma  1,  del
 decreto-legge   8 agosto   1994,  n.  507,  convertito  con
 modificazioni dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584.
 2.  Le  regioni e le province autonome possono delegare
 al  RID  l'approvazione tecnica dei progetti delle dighe di
 loro   competenza   e  richiedere  altresi'  consulenza  ed
 assistenza  anche relativamente ad altre opere tecnicamente
 assimilabili  alle dighe, per lo svolgimento dei compiti ad
 esse assegnati.
 3.  Ai sensi dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n.
 59,  con  specifico  provvedimento da adottarsi su proposta
 del Ministro dei lavori pubblici d'intesa con la conferenza
 Stato-regioni,   sono   definiti   l'organizzazione,  anche
 territoriale, del RID, i suoi compiti e la composizione dei
 suoi   organi,  all'interno  dei  quali  dovra'  prevedersi
 adeguata rappresentanza regionale.».
 - L'art.  6 del decreto del Presidente della Repubblica
 1° novembre 1959, n. 1363, e' il seguente:
 «Art.   6  (Foglio  di  condizioni).  -  Il  foglio  di
 condizioni,   all'osservanza   del   quale   e'   vincolata
 l'esecuzione  dell'opera, e' predisposto con riferimento al
 progetto esecutivo e contiene le norme:
 a) per  l'esecuzione  e la manutenzione degli accessi
 allo  sbarramento  durante  la  costruzione e il successivo
 esercizio;
 b) per  la  deviazione provvisoria del corso d'acqua,
 durante i lavori di costruzione;
 c) per   l'esecuzione   dell'opera,  specificando  le
 modalita'   di   costruzione,  i  lavori  da  eseguire  per
 l'impermeabilizzazione  e  l'eventuale consolidamento della
 fondazione,   le   caratteristiche  e  le  provenienze  dei
 materiali  da  adoperare e le prove di controllo alle quali
 questi  dovranno  essere  sottoposti  durante i lavori, sia
 nell'eventuale   laboratorio   di   cantiere,   sia  presso
 laboratori  specializzati,  con  indicazione  del  numero e
 della  frequenza  dei saggi da prelevare sotto il controllo
 dell'Amministrazione;
 d)  per  le  osservazioni e misure da compiere per il
 controllo   del   comportamento   dello   sbarramento,  con
 indicazione  degli  apparecchi  dei  vari  tipi da disporre
 nella struttura e fuori di essa;
 e) per   la   vigilanza   dell'opera   da  parte  del
 richiedente la concessione o concessionario, e il controllo
 dell'Amministrazione durante la costruzione e l'esercizio;
 f) per le prestazioni relative al collaudo;
 g) per il collegamento della casa dei guardiani con i
 centri  abitati  a  valle  e  con la piu' prossima sede del
 richiedente  la  concessione  o  concessionario,  e  per le
 segnalazioni da fare in caso di temuto pericolo e di ordine
 di immediato svaso del serbatoio;
 h) per    gli   altri   provvedimenti   che   fossero
 eventualmente ritenuti necessari per la buona riuscita e la
 sicurezza dell'opera.
 Lo  schema  del  foglio  di condizioni, approvato dalla
 Presidenza della competente Sezione del Consiglio superiore
 dei  lavori  pubblici, sara' restituito al Genio civile per
 la   firma  da  parte  del  richiedente  la  concessione  o
 concessionario   e   per   il   successivo  perfezionamento
 amministrativo.».
 - Il   decreto  ministeriale  30  giugno  2004  recante
 «Criteri  per  la  redazione del progetto di gestione degli
 invasi,  ai  sensi  dell'art.  40,  comma  2,  del  decreto
 legislativo  11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche
 ed  integrazioni,  nel rispetto degli obiettivi di qualita'
 fissati  dal  medesimo  decreto  legislativo» e' pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale 16 novembre 2004, n. 269.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 115 (tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici)
 
 1. Al  fine  di  assicurare  il mantenimento o il ripristino della vegetazione  spontanea  nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici,  con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di   origine   diffusa,   di   stabilizzazione   delle  sponde  e  di conservazione della biodiversita' da contemperarsi con le esigenze di funzionalita'  dell'alveo,  entro  un  anno  dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli  interventi  di  trasformazione  e  di  gestione  del suolo e del soprassuolo  previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi,  laghi,  stagni  e  lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumita'  e  la  realizzazione  di  impianti  di  smaltimento  dei rifiuti.
 
 2. Gli  interventi  di  cui  al  comma  1  sono  comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo  quanto  previsto  per  gli  interventi  a  salvaguardia  della pubblica incolumita'.
 
 3. Per garantire le finalita' di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date  in  concessione  allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi  fluviali  o  lacuali  o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano gia' comprese in aree  naturali  protette  statali  o  regionali  inserite nell'elenco ufficiale   previsto  dalla  vigente  normativa,  la  concessione  e' gratuita.
 
 4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge   5   gennaio  1994,  n. 37,  non  possono  essere  oggetto  di sdemanializzazione.
 
 
 
 Nota all'art. 115:
 - Il  regio  decreto  25 luglio  1904,  n. 523, recante
 «Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere
 idrauliche  delle  diverse  categorie»  e' pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale 7 ottobre 1904.
 - La legge 5 gennaio 1994, n. 37, recante «Norme per la
 tutela  ambientale  delle  aree  demaniali  dei  fiumi, dei
 torrenti,  dei  laghi  e  delle  altre  acque pubbliche» e'
 pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale 19 gennaio 1994, n. 14
 (S.O.)
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 116 (programmi di misure)
 
 1. Le  regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani  di  tutela  di  cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti  dalle  misure  di  base di cui all'Allegato 11 alla parte terza   del   presente   decreto  e,  ove  necessarie,  dalle  misure supplementari  di  cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono  sottoposti  per l'approvazione all'Autorita' di bacino. Qualora le  misure  non  risultino  sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l'Autorita' di bacino ne individua le cause e  indica  alle  regioni  le  modalita' per il riesame dei programmi, invitandole  ad  apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite  costituito  dalle  risorse  disponibili. Le  misure di base e supplementari  devono  essere  comunque  tali  da  evitare  qualsiasi aumento   di   inquinamento   delle   acque   marine   e   di  quelle superficiali. I  programmi  sono  approvati  entro il 2009 ed attuati dalle  regioni  entro  il  2012;  il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni .
 |  |  |  | ART. 117 (piani di gestione e registro delle aree protette)
 
 1. Per  ciascun  distretto  idrografico  e'  adottato  un Piano di gestione,  che  rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto  piano  stralcio  del  Piano  di  bacino  e viene adottato e approvato   secondo   le   procedure   stabilite   per   quest'ultimo dall'articolo   66. Le   Autorita'   di   bacino,   ai   fini   della predisposizione   dei   Piani   di   gestione,  devono  garantire  la partecipazione  di  tutti  i  soggetti istituzionali competenti nello specifico settore.
 
 2. Il  Piano di gestione e' composto dagli elementi indicati nella parte A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
 
 3. L'Autorita'  di  bacino,  sentite  le  Autorita'  d'ambito  del servizio  idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore  della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle  regioni, un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9 alla  parte  terza  del  presente  decreto, designate dalle autorita' competenti ai sensi della normativa vigente.
 |  |  |  | ART. 118 (rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attivita' antropica)
 
 1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del  Piano  di  tutela  di  cui  all'articolo 121, le regioni attuano appositi  programmi  di  rilevamento  dei  dati utili a descrivere le caratteristiche   del  bacino  idrografico  e  a  valutare  l'impatto antropico  esercitato  sul  medesimo,  nonche' alla raccolta dei dati necessari  all'analisi  economica  dell'utilizzo delle acque, secondo quanto  previsto  dall'Allegato  10  alla  parte  terza  del presente decreto. Le risultanze delle attivita' di cui sopra sono trasmesse al Ministero   dell'ambiente   e  della  tutela  del  territorio  ed  al Dipartimento  tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).
 
 2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformita' alle indicazioni  di  cui  all'Allegato  3  alla  parte terza del presente decreto  e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro   dell'ambiente   e  della  tutela  del  territorio  e  sono aggiornati ogni sei anni.
 
 3. Nell'espletamento dell'attivita' conoscitiva di cui al comma 1, le  regioni  sono  tenute ad utilizzare i dati e le informazioni gia' acquisite.
 |  |  |  | ART. 119 (principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici)
 
 1. Ai  fini  del raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui al  Capo  I  del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorita'  competenti  tengono  conto  del principio del recupero dei costi  dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa,  prendendo  in considerazione l'analisi economica effettuata in  base  all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".
 
 2. Entro  il  2010  le  Autorita' competenti provvedono ad attuare politiche  dei  prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli  utenti  a  usare  le  risorse  idriche  in  modo efficiente ed a contribuire  al  raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualita'  ambientali  di cui alla direttiva 2000/60/CE nonche' di cui agli  articoli  76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei   vari   settori  di  impiego  dell'acqua,  suddivisi  almeno  in industria,  famiglie  e  agricoltura. Al  riguardo  dovranno comunque essere  tenute  in  conto  le  ripercussioni  sociali,  ambientali ed economiche  del recupero dei suddetti costi, nonche' delle condizioni geografiche   e   climatiche   della   regione  o  delle  regioni  in questione. In particolare:
 
 a) i  canoni  di  concessione  per  le  derivazioni  delle  acque pubbliche  tengono  conto  dei  costi  ambientali  e  dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell'acqua;
 b) le  tariffe  dei  servizi  idrici a carico dei vari settori di impiego  dell'acqua,  quali  quelli  civile,  industriale e agricolo, contribuiscono   adeguatamente  al  recupero  dei  costi  sulla  base dell'analisi  economica  effettuata  secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.
 
 3. Nei  Piani  di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2  necessarie  al  raggiungimento  degli obiettivi di qualita' di cui alla parte terza del presente decreto.
 
 
 
 Nota all'art. 119:
 - La  gia'  citata  direttiva 2000/60/CE del Parlamento
 europeo   e   del   Consiglio,  del  23 ottobre  2000,  che
 istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di
 acque  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  L.  327  del
 22 dicembre 2000.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 120 (rilevamento dello stato di qualita' dei corpi idrici)
 
 1. Le  regioni  elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la  verifica  dello  stato  qualitativo  e  quantitativo  delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.
 
 2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformita' alle indicazioni  di  cui  all'Allegato  1  alla  parte terza del presente decreto. Tali  programmi  devono  essere  integrati  con  quelli gia' esistenti  per  gli  obiettivi  a specifica destinazione stabiliti in conformita'  all'Allegato  2  alla  parte terza del presente decreto, nonche'  con  quelli  delle  acque  inserite  nel registro delle aree protette. Le  risultanze  delle  attivita'  di  cui  al  comma 1 sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ed al  Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).
 
 3. Al  fine  di  evitare  sovrapposizioni e di garantire il flusso delle  informazioni  raccolte e la loro compatibilita' con il Sistema informativo   nazionale  dell'ambiente  (SINA),  le  regioni  possono promuovere,  nell'esercizio  delle  rispettive competenze, accordi di programma  con  l'Agenzia  per  la  protezione  dell'ambiente e per i servizi  tecnici  (APAT),  le  Agenzie  regionali  per  la protezione dell'ambiente  di  cui  al  decreto-legge  4  dicembre  1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province,  le  Autorita'  d'ambito,  i  consorzi  di  bonifica  e  di irrigazione  e  gli  altri  enti  pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresi' le modalita' di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.
 
 
 
 Nota all'art. 120:
 - Il  decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito
 con  modificazioni,  dalla  legge  21 gennaio  1994,  n. 61
 recante  «Disposizioni  urgenti  sulla riorganizzazione dei
 controlli ambientali e istituzionali dell'agenzia nazionale
 per   la  protezione  dell'ambiente,  e'  pubblicato  nella
 Gazzetta Ufficiale 4 dicembre 1993, n. 285.
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 121 Piani di tutela delle acque
 
 1.  Il  Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed e' articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo,  nonche'  secondo  le  specifiche  indicate  nella  parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
 2.  Entro  il 31 dicembre 2006 le Autorita' di bacino, nel contesto delle  attivita'  di  pianificazione  o  mediante  appositi  atti  di indirizzo  e  coordinamento,  sentite  le  province  e  le  Autorita' d'ambito,  definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi  i  piani di tutela delle acque, nonche' le priorita' degli interventi.  Entro  il  31  dicembre  2007,  le  regioni,  sentite le province  e  previa  adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acque e lo trasmettono al Ministero dell'ambiente  e  della tutela del territorio nonche' alle competenti Autorita' di bacino, per le verifiche di competenza.
 3.  Il  Piano  di  tutela  contiene,  oltre agli interventi volti a garantire  il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla  parte  terza  del  presente  decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
 4.  Per  le finalita' di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare: a) i risultati dell'attivita' conoscitiva; b) l'individuazione  degli  obiettivi  di  qualita'  ambientale e per
 specifica destinazione; c) l'elenco  dei  corpi  idrici a specifica destinazione e delle aree
 richiedenti  specifiche  misure di prevenzione dall'inquinamento e
 di risanamento; d) le  misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate
 e coordinate per bacino idrografico; e) l'indicazione  della  cadenza  temporale  degli interventi e delle
 relative priorita'; f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti; g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici; h) l'analisi  economica  di  cui all'Allegato 10 alla parte terza del
 presente  decreto  e le misure previste al fine di dare attuazione
 alle  disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero
 dei costi dei servizi idrici; i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
 5.  Entro  centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le  Autorita' di bacino verificano la conformita' del piano agli atti di  pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma  2,  esprimendo  parere  vincolante.  Il  Piano  di  tutela  e' approvato  dalle  regioni  entro i successivi sei mesi e comunque non oltre   il   31   dicembre   2008.  Le  successive  revisioni  e  gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.
 |  |  |  | ART. 122 (informazione e consultazione pubblica)
 
 1. Le  regioni  promuovono  la  partecipazione  attiva di tutte le parti  interessate  all'attuazione  della  parte  terza  del presente decreto,    in    particolare    all'elaborazione,   al   riesame   e all'aggiornamento  dei  Piani  di  tutela. Su  richiesta motivata, le regioni  autorizzano  l'accesso  ai  documenti  di riferimento e alle informazioni  in  base  ai  quali  e' stato elaborato il progetto del Piano  di  tutela. Le regioni provvedono affinche', per il territorio di  competenza  ricadente  nel distretto idrografico di appartenenza, siano  pubblicati  e  resi  disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:
 
 a) il  calendario  e  il programma di lavoro per la presentazione del  Piano,  inclusa  una  dichiarazione  delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
 b) una  valutazione  globale  provvisoria dei problemi prioritari per  la  gestione  delle  acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza,  almeno  due  anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
 c) copia  del  progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
 
 2. Per  garantire  l'attiva  partecipazione e la consultazione, le regioni  concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.
 
 3. I  commi  1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.
 |  |  |  | Art. 123 (trasmissione delle informazioni e delle relazioni)
 
 1. Contestualmente  alla  pubblicazione  dei  Piani  di  tutela le regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi  al  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio al fine del successivo inoltro alla Commissione europea.
 
 2. Le  regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate,  in  materia di modalita' di trasmissione delle informazioni sullo  stato  di  qualita'  dei  corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:
 
 a) l'attivita'  conoscitiva  di cui all'articolo 118 entro dodici mesi  dalla  data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I  successivi  aggiornamenti  sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;
 b) i   programmi   di   monitoraggio   secondo   quanto  previsto all'articolo  120  entro  dodici mesi dalla data di entrata in vigore della  parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza annuale.
 
 3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio una relazione sui  progressi  realizzati  nell'attuazione  delle  misure  di base o supplementari di cui all'articolo 116.
 |  |  |  | ART. 124 (criteri generali)
 
 1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
 
 2.  L'autorizzazione  e'  rilasciata al titolare dell'attivita' da cui  origina  lo scarico. Ove uno o piu' stabilimenti conferiscano ad un  terzo  soggetto,  titolare  dello scarico finale, le acque reflue provenienti   dalle   loro   attivita',   oppure   qualora  tra  piu' stabilimenti  sia  costituito  un  consorzio  per  l'effettuazione in comune  dello  scarico delle acque reflue provenienti dalle attivita' dei  consorziati,  l'autorizzazione e' rilasciata in capo al titolare dello  scarico  finale  o  al  consorzio  medesimo, ferme restando le responsabilita'  dei  singoli titolari delle attivita' suddette e del gestore  del  relativo  impianto di depurazione in caso di violazione delle  disposizioni della parte terza del presente decreto. Ove uno o piu'   stabilimenti  effettuino  scarichi  in  comune  senza  essersi costituiti  in consorzio, l'autorizzazione allo scarico e' rilasciata al  titolare dello scarico finale, fermo restando che il rilascio del provvedimento   di   autorizzazione   o   il  relativo  rinnovo  sono subordinati  all'approvazione  di  idoneo  progetto  comp  rovante la possibilita' tecnica di parzializzazione dei singoli scarichi.
 
 3.  Il  regime  autorizzatorio  degli  scarichi  di  acque  reflue domestiche  e  di  reti  fognarie,  servite  o  meno  da  impianti di depurazione  delle  acque  reflue  urbane,  e' definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.
 
 4.  In  deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in  reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati  dal  gestore  del  servizio  idrico  integrato  ed approvati dall'Autorita' d'ambito.
 
 5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali e'  definito  dalle  regioni;  tali  scarichi  sono  ammessi  in reti fognarie  nell'osservanza  dei  regolamenti  emanati  dal gestore del servizio   idrico  integrato  ed  in  conformita'  all'autorizzazione rilasciata dall'Autorita' di ambito.
 
 6.  Le  regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.
 
 7.   Salvo   diversa   disciplina   regionale,   la   domanda   di autorizzazione  e'  presentata  alla  provincia  ovvero all'Autorita' d'ambito   se  lo  scarico  e'  in  pubblica  fognatura.  L'autorita' competente  provvede  entro  sessanta  giorni  dalla  ricezione della domanda.  Qualora  detta  autorita'  risulti inadempiente nei termini sopra  indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni, salvo revoca.
 
 8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n.  59,  l'autorizzazione  e' valida per quattro anni dal momento del rilascio.  Un  anno  prima  della  scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo.   Lo  scarico  puo'  essere  provvisoriamente  mantenuto  in funzione  nel  rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione,  fino  all'adozione  di un nuovo provvedimento, se la domanda  di  rinnovo  e'  stata  tempestivamente  presentata. Per gli scarichi  contenenti  sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo  deve  essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi  dalla  data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovra' cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al  comma  3  puo'  prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque  reflue  domestiche,  ove  soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.
 
 9.  Per  gli  scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata una  portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in  un  corpo  idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del  periodo  di  portata  nulla  e della capacita' di diluizione del corpo  idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al  fine di garantire le capacita' autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.
 
 10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua   localizzazione   e   alle   condizioni   locali   dell'ambiente interessato,  l'autorizzazione  contiene  le  ulteriori  prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad   esso   funzionalmente  connesse,  avvenga  in  conformita'  alle disposizioni  della  parte  terza  del  presente  decreto e senza che consegua  alcun  pregiudizio  per  il  corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.
 
 11.   Le   spese   occorrenti   per  l'effettuazione  di  rilievi, accertamenti,  controlli  e  sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle  domande  di  autorizzazione  allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorita' competente   determina,  preliminarmente  all'istruttoria  e  in  via provvisoria,  la  somma  che  il  richiedente  e' tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilita' della domanda. La   medesima  Autorita',  completata  l'istruttoria,  provvede  alla liquidazione  definitiva  delle  spese  sostenute  sulla  base  di un tariffario dalla stessa approntato.
 
 12.  Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attivita' sia trasferita  in  altro  luogo,  ovvero  per  quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno    scarico    avente    caratteristiche    qualitativamente   e/o quantitativamente  diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere   richiesta   una   nuova  autorizzazione  allo  scarico,  ove quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data  comunicazione all'autorita' competente, la quale, verificata la compatibilita'  dello  scarico  con  il  corpo  recettore,  adotta  i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.
 
 
 
 Nota all'art. 124:
 - Il   decreto  legislativo  18 febbraio  2005,  n.  59
 recante  "Attuazione  integrale  della  direttiva  96/61/CE
 relativa    alla    prevenzione   e   riduzione   integrate
 dell'inquinamento"  e'  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
 22 aprile 2005, n. 93, S.O.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 125 (domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali) 
 1. La  domanda  di  autorizzazione  agli  scarichi di acque reflue industriali    deve    essere    corredata   dall'indicazione   delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo  di  acqua  da  scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione  del  punto  previsto  per  effettuare  i  prelievi di controllo,  dalla  descrizione  del sistema complessivo dello scarico ivi   comprese   le   operazioni  ad  esso  funzionalmente  connesse, dall'eventuale  sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto,  e  dalla  indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo  produttivo  e nei sistemi di scarico nonche' dei sistemi di depurazione  utilizzati  per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.
 
 2. Nel  caso  di  scarichi  di  sostanze  di  cui alla tabella 3/A dell'Allegato  5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli  produttivi  indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresi' indicare:
 
 a) la   capacita'   di   produzione   del   singolo  stabilimento industriale   che  comporta  la  produzione  o  la  trasformazione  o l'utilizzazione  delle  sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la   presenza   di  tali  sostanze  nello  scarico. La  capacita'  di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacita' oraria   moltiplicata   per  il  numero  massimo  di  ore  lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
 b) il  fabbisogno  orario  di  acque  per ogni specifico processo produttivo.
 |  |  |  | ART. 126 (approvazione dei progetti degli impianti
 di trattamento delle acque reflue urbane)
 
 1. Le  regioni  disciplinano  le  modalita'  di  approvazione  dei progetti   degli   impianti   di   trattamento   delle  acque  reflue urbane. Tale   disciplina  deve  tenere  conto  dei  criteri  di  cui all'Allegato  5  alla  parte  terza  del  presente  decreto  e  della corrispondenza  tra  la  capacita'  di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonche' delle modalita' della gestione che  deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni   disciplinano   altresi'   le  modalita'  di  autorizzazione provvisoria  necessaria  all'avvio  dell'impianto  anche  in  caso di realizzazione per lotti funzionali.
 |  |  |  | ART. 127 (fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue)
 
 1.  Ferma  restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio  1992,  n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue  sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile. I  fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.
 
 2.  E'  vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.
 
 
 
 Nota all'art. 127:
 - Il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 recante
 "Attuazione   della  direttiva  86/278/CEE  concernente  la
 protezione   dell'ambiente,   in   particolare  del  suolo,
 nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura
 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 febbraio 1992, n.
 38, S.O.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 128 (soggetti tenuti al controllo)
 
 1. L'autorita'  competente  effettua  il  controllo degli scarichi sulla  base  di  un  programma  che  assicuri  un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli.
 
 2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalita' previste nella convenzione di gestione.
 |  |  |  | ART. 129 (accessi ed ispezioni)
 
 1. L'autorita' competente al controllo e' autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei  provvedimenti  autorizzatori  o regolamentari e delle condizioni che  danno  luogo  alla  formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico  e' tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.
 |  |  |  | ART. 130 (inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico)
 
 1. Ferma  restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al  titolo  V  della  parte  terza  del  presente decreto, in caso di inosservanza  delle  prescrizioni  dell'autorizzazione  allo  scarico l'autorita' competente procede, secondo la gravita' dell'infrazione:
 
 a) alla  diffida,  stabilendo  un  termine  entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
 b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un  tempo  determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
 c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle  prescrizioni  imposte  con  la  diffida  e in caso di reiterate violazioni  che  determinino  situazione  di  pericolo  per la salute pubblica e per l'ambiente.
 |  |  |  | ART. 131 (controllo degli scarichi di sostanze pericolose)
 
 1. Per  gli  scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell'Allegato  5  alla  parte terza del presente decreto, l'autorita' competente al rilascio dell'autorizzazione puo' prescrivere, a carico del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in  automatico,  nonche'  le  modalita' di gestione degli stessi e di conservazione   dei   relativi   risultati,  che  devono  rimanere  a disposizione  dell'autorita'  competente  al controllo per un periodo non  inferiore  a  tre  anni  dalla data di effettuazione dei singoli controlli.
 |  |  |  | ART. 132 (interventi sostitutivi)
 
 1. Nel  caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte  terza  del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  diffida  la  regione  a  provvedere entro il termine  massimo  di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto  dalle  esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza  provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio,  previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.
 
 2. Nell'esercizio  dei  poteri  sostitutivi  di cui al comma 1, il Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  nomina un commissario  "ad  acta"  che  pone  in essere gli atti necessari agli adempimenti  previsti  dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.
 |  |  |  | ART. 133 (sanzioni amministrative)
 
 1. Chiunque,    salvo    che    il    fatto   costituisca   reato, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati  nelle  tabelle  di  cui  all'Allegato 5 alla parte terza del presente  decreto,  oppure  i  diversi  valori limite stabiliti dalle regioni  a  norma  dell'articolo  101,  comma  2,  o  quelli  fissati dall'autorita'  competente  a  norma  dell'articolo  107,  comma 1, o dell'articolo  108, comma 1, e' punito con la sanzione amministrativa da  tremila  euro  a  trentamila  euro. Se  l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse  idriche  destinate  al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure  in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa,  si  applica  la  sanzione  amministrativa non inferiore a ventimila euro.
 
 2. Chiunque  apra  o  comunque  effettui  scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione,  senza  l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui   ad   effettuare   o  mantenere  detti  scarichi  dopo  che l'autorizzazione  sia  stata  sospesa  o  revocata,  e' punito con la sanzione    amministrativa    da    seimila   euro   a   sessantamila euro. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione e' da seicento euro a tremila euro.
 
 3. Chiunque,  salvo  che  il  fatto costituisca reato, al di fuori delle  ipotesi  di  cui  al  comma 1, effettui o mantenga uno scarico senza   osservare  le  prescrizioni  indicate  nel  provvedimento  di autorizzazione  o  fissate  ai  sensi  dell'articolo 107, comma 1, e' punito  con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.
 
 4. Chiunque,  salvo  che  il  fatto  costituisca  reato,  effettui l'immersione  in  mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1,  lettere a) e b), ovvero svolga l'attivita' di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, e' punito con la sanzione   amministrativa   pecuniaria  da  millecinquecento  euro  a quindicimila euro.
 
 5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina  regionale  di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi  le  disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, e' punito con  la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.
 
 6. Chiunque,  salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto  di  smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2,  e'  punito  con  la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.
 
 7. Salvo che il fatto costituisca reato, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:
 
 a) nell'effettuazione  delle  operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento  delle  dighe,  superi  i  limiti  o non osservi le altre prescrizioni   contenute   nello   specifico   progetto  di  gestione dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2;
 b) effettui  le  medesime  operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione.
 
 8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione  dei  dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi,   oppure   l'obbligo  di  trasmissione  dei  risultati  delle misurazioni  di  cui  all'articolo  95,  comma  3,  e'  punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila euro. Nei  casi  di particolare tenuita' la sanzione e' ridotta ad un quinto.
 
 9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi  dell'articolo  113,  comma  1,  lettera  b),  e' punito con la sanzione   amministrativa   pecuniaria  da  millecinquecento  euro  a quindicimila euro.
 |  |  |  | ART. 134 (sanzioni in materia di aree di salvaguardia)
 
 1. L'inosservanza  delle  disposizioni  relative  alle attivita' e destinazioni  vietate  nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94  e'  punita  con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.
 |  |  |  | ART. 135 (competenza e giurisdizione)
 
 1. In  materia  di  accertamento  degli  illeciti  amministrativi, all'irrogazione  delle  sanzioni  amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge  24  novembre  1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel  cui  territorio  e'  stata  commessa la violazione, ad eccezione delle  sanzioni  previste dall'articolo 133, comma 8, per le quali e' competente  il  comune,  fatte  salve  le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorita'.
 
 2. Fatto  salvo  quanto  previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998,  n. 112,  ai  fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti  in  violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento  provvede  il  Comando  carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.);  puo' altresi' intervenire il Corpo forestale dello Stato e  possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo  delle  capitanerie  di  porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza  e  all'accertamento  delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero.
 
 3. Per  i  procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in vigore   della   parte   terza   del  presente  decreto,  l'autorita' giudiziaria,  se  non  deve  pronunziare  decreto  di archiviazione o sentenza  di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti  indicati  al  comma  1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.
 
 4. Alle  sanzioni  amministrative  pecuniarie previste dalla parte terza  del  presente  decreto  non  si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
 
 
 
 Note all'art. 135:
 - La  legge 24 novembre 1981, n. 689 recante «Modifiche
 al  sistema  penale» e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 30 novembre 1981, n. 329, S.O.
 - Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante
 «Conferimento  di  funzioni  e compiti amministrativi dello
 Stato  alle  regioni ed agli enti locali, in attuazione del
 capo  I  della  legge  15 marzo  1997, n. 59, e' pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale del 21 aprile 1998, n. 92, S.O.
 - L'art. 16, della legge 24 novembre 1981, n. 689 e' il
 seguente:
 «Art. 16 (Pagamento in misura ridotta). - E' ammesso il
 pagamento  di  una  somma in misura ridotta pari alla terza
 parte del massimo della sanzione prevista per la violazione
 commessa,  o, se piu' favorevole e qualora sia stabilito il
 minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo
 importo,  oltre  alle  spese  del  procedimento,  entro  il
 termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o,
 se  questa  non  vi  e'  stata,  dalla  notificazione degli
 estremi della violazione. Nei casi di violazione [del testo
 unico  delle  norme  sulla  circolazione  stradale  e]  dei
 regolamenti    comunali   e   provinciali   continuano   ad
 applicarsi,  [rispettivamente  l'art.  138  del testo unico
 approvato  con  d.P.R.  15 giugno  1959,  n.  393,  con  le
 modifiche  apportate  dall'art.  11 della legge 14 febbraio
 1974,  n.  62,  e]  l'art.  107 del testo unico delle leggi
 comunali  e provinciali approvato con regio decreto 3 marzo
 1934,  n.  383.  Il  pagamento in misura ridotta e' ammesso
 anche  nei  casi in cui le norme antecedenti all'entrata in
 vigore    del    la   presente   legge   non   consentivano
 l'oblazione.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 136 (proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)
 
 1. Le  somme  derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste   dalla  parte  terza  del  presente  decreto  sono  versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unita' previsionali  di  base  destinate  alle  opere  di  risanamento  e di riduzione  dell'inquinamento  dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla   ripartizione  delle  somme  riscosse  fra  gli  interventi  di prevenzione e di risanamento.
 |  |  |  | ART. 137 (sanzioni penali)
 
 1.  Chiunque  apra  o  comunque  effettui  nuovi scarichi di acque reflue   industriali,   senza   autorizzazione,  oppure  continui  ad effettuare  o  mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata  sospesa  o revocata, e' punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro.
 
 2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di   acque  reflue  industriali  contenenti  le  sostanze  pericolose comprese  nelle  famiglie  e  nei  gruppi  di sostanze indicate nelle tabelle  5  e  3/A  dell'Allegato  5  alla  parte  terza del presente decreto, la pena e' dell'arresto da tre mesi a tre anni.
 
 3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno  scarico  di  acque  reflue  industriali  contenenti  le sostanze pericolose  comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle  tabelle  5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto  senza  osservare  le  prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre  prescrizioni  dell'autorita' competente a norma degli articoli 107,  comma  1,  e  108,  comma 4, e' punito con l'arresto fino a due anni.
 
 4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati  degli stessi di cui all'articolo 131 e' punito con la pena di cui al comma 3.
 
 5.  Chiunque,  nell'effettuazione  di  uno scarico di acque reflue industriali,  superi  i  valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza  del  presente decreto, oppure superi i limiti piu' restrittivi fissati  dalle  regioni  o  dalle  province autonome o dall'Autorita' competente  a  norma  dell'articolo  107,  comma 1, in relazione alle sostanze  indicate  nella  tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del  presente  decreto, e' punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo  Allegato  5,  si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da seimila euro a centoventimila euro.
 
 6.  Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresi' al gestore di   impianti   di   trattamento   delle   acque  reflue  urbane  che nell'effettuazione  dello  scarico  supera  i  valori-limite previsti dallo stesso comma.
 
 7.  Al  gestore  del  servizio  idrico integrato che non ottempera all'obbligo  di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si  applica  la  pena  dell'arresto  da  tre  mesi  ad  un anno o con l'ammenda  da  tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non  pericolosi  e  con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con  l'ammenda  da  tremila  euro  a  trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
 
 8.  Il  titolare  di  uno  scarico che non consente l'accesso agli insediamenti  da  parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di  cui  all'articolo  101,  commi  3  e  4,  salvo  che il fatto non costituisca piu' grave reato, e' punito con la pena dell'arresto fino a  due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati  del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n.  689  del  1981  e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.
 
 9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi  dell'articolo  113,  comma 3, e' punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.
 
 10.    Chiunque    non   ottempera   al   provvedimento   adottato dall'autorita'  competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo   85,   comma   2,   e'   punito   con   l'ammenda   da millecinquecento euro a quindicimila euro.
 
 11.  Chiunque  non  osservi  i  divieti  di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 e' punito con l'arresto sino a tre anni.
 
 12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo   88,   commi   1   e   2,  dirette  ad  assicurare  il raggiungimento  o  il  ripristino  degli  obiettivi di qualita' delle acque  designate  ai  sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti    adottati    dall'autorita'   competente   ai   sensi dell'articolo  87, comma 3, e' punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.
 
 13.  Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se  lo  scarico  nelle  acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene  sostanze  o  materiali  per  i  quali e' imposto il divieto assoluto  di  sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni   internazionali   vigenti   in   materia   e  ratificate dall'Italia,  salvo  che  siano  in  quantita'  tali  da  essere resi rapidamente  innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano  naturalmente  in mare e purche' in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorita' competente.
 
 14.  Chiunque  effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento,  di  acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonche' di acque  reflue  provenienti  da  aziende  agricole  e  piccole aziende agroalimentari  di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure  ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attivita' impartito a norma di detto articolo, e' punito  con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto  fino  ad  un  anno.  La  stessa pena si applica a chiunque effettui  l'utilizzazione  agronomica  al  di  fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.
 
 
 
 Note all'art. 137:
 - L'art. 13, della legge 24 novembre 1981, n. 689 e' il
 seguente:
 «Art.  13  (Atti di accertamento). - Gli organi addetti
 al  controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui
 violazione  e'  prevista  la  sanzione  amministrativa  del
 pagamento   di   una   somma   di   denaro   possono,   per
 l'accertamento  delle  violazioni di rispettiva competenza,
 assumere  informazioni e procedere a ispezioni di cose e di
 luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici,
 descrittivi  e  fotografici  e  ad  ogni  altra  operazione
 tecnica.  Possono altresi' procedere al sequestro cautelare
 delle   cose   che  possono  formare  oggetto  di  confisca
 amministrativa,  nei  modi e con i limiti con cui il codice
 di  procedura  penale  consente  il  sequestro alla polizia
 giudiziaria.  E' sempre disposto il sequestro del veicolo a
 motore  o  del  natante  posto in circolazione senza essere
 coperto dall'assicurazione obbligatoria e del veicolo posto
 in   circolazione   senza  che  per  lo  stesso  sia  stato
 rilasciato  il  documento di circolazione. All'accertamento
 delle  violazioni punite con la sanzione amministrativa del
 pagamento  di  un a somma di denaro possono procedere anche
 gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali,
 oltre  che  esercitare  i  poteri  indicati  nei precedenti
 commi,   possono   procedere,   quando  non  sia  possibile
 acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni
 in    luoghi   diversi   dalla   privata   dimora,   previa
 autorizzazione  motivata  del  pretore  del  luogo  ove  le
 perquisizioni   stesse   dovranno   essere  effettuate.  Si
 applicano  le  disposizioni del primo comma dell'art. 333 e
 del  primo  e  secondo  comma  dell'art.  334 del codice di
 procedura   penale.   E'   fatto  salvo  l'esercizio  degli
 specifici  poteri  di  accertamento  previsti  dalle  leggi
 vigenti.».
 - L'art.  55  del  codice  di  procedura  penale  e' il
 seguente:
 «Art.  55 (Funzioni della polizia giudiziaria). - 1. La
 polizia  giudiziaria  deve,  anche  di  propria iniziativa,
 prendere  notizia dei reati, impedire che vengano portati a
 conseguenze  ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli
 atti   necessari   per  assicurare  le  fonti  di  prova  e
 raccogliere  quant'altro  possa  servire per l'applicazione
 della legge penale.
 2. Svolge ogni indagine e attivita' disposta o delegata
 dall'autorita' giudiziaria.
 3.  Le  funzioni  indicate  nei commi 1 e 2 sono svolte
 dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria».
 - L'art.  354  del  codice  di  procedura  penale e' il
 seguente:
 «Art.  354 (Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose
 e  sulle  persone.  Sequestro).  -  1.  Gli ufficiali e gli
 agenti  di  polizia  giudiziaria  curano che le tracce e le
 cose  pertinenti  al  reato siano conservate e che lo stato
 dei   luoghi   e   delle   cose   non  venga  mutato  prima
 dell'intervento del pubblico ministero.
 2.  Se vi e' pericolo che le cose, le tracce e i luoghi
 indicati nel comma 1 si alterino o si disperdano o comunque
 si modifichino e il pubblico ministero non puo' intervenire
 tempestivamente,  ovvero non ha ancora assunto la direzione
 delle   indagini,  gli  ufficiali  di  polizia  giudiziaria
 compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei
 luoghi  e delle cose. Se del caso, sequestrano il corpo del
 reato e le cose a questo pertinenti.
 3. Se ricorrono i presupposti previsti dal comma 2, gli
 ufficiali  di  polizia  giudiziaria  compiono  i  necessari
 accertamenti   e   rilievi   sulle  persone  diversi  dalla
 ispezione  personale.  Se  gli  accertamenti  comportano il
 prelievo   di   materiale   biologico,   si   osservano  le
 disposizioni del comma 2-bis dell'art. 349.»
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 138 (ulteriori provvedimenti sanzionatori
 per l'attivita' di molluschicoltura)
 
 1. Nei  casi  previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro della   salute,   il   Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio, nonche' la regione e la provincia autonoma competente, ai quali  e' inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto  di  competenza  e  indipendentemente  dall'esito del giudizio penale,   la   sospensione   in   via   cautelare  dell'attivita'  di molluschicoltura;  a  seguito  di sentenza di condanna o di decisione emessa  ai  sensi  dell'articolo  444  del codice di procedura penale divenute  definitive,  possono inoltre disporre, valutata la gravita' dei fatti, la chiusura degli impianti.
 
 
 
 Nota all'art. 138:
 - L'art.  444  del  codice  di  procedura  penale e' il
 seguente:
 «Art.  444 (Applicazione della pena su richiesta). - 1.
 L'imputato  e  il  pubblico  ministero  possono chiedere al
 giudice   l'applicazione,   nella  specie  e  nella  misura
 indicata,  di  una  sanzione  sostitutiva  o  di  una  pena
 pecuniaria,  diminuita  fino a un terzo, ovvero di una pena
 detentiva  quando  questa, tenuto conto delle circostanze e
 diminuita  fino  a  un terzo, non supera cinque anni soli o
 congiunti a pena pecuniaria.
 1-bis.  Sono  esclusi  dall'applicazione  del comma 1 i
 procedimenti  per i delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis
 e  3-quater,  nonche'  quelli contro coloro che siano stati
 dichiarati   delinquenti   abituali,  professionali  e  per
 tendenza,  o  recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma,
 del  codice  penale, qualora la pena superi due anni soli o
 congiunti a pena pecuniaria.
 2.  Se  vi  e' il consenso anche della parte che non ha
 formulato  la  richiesta  e  non  deve  essere  pronunciata
 sentenza  di  proscioglimento  a  norma  dell'art.  129, il
 giudice,  sulla  base  degli  atti,  se ritiene corrette la
 qualificazione  giuridica  del  fatto,  l'applicazione e la
 comparazione  delle  circostanze  prospettate  dalle parti,
 nonche'  congrua  la pena indicata, ne dispone con sentenza
 l'applicazione  enunciando  nel dispositivo che vi e' stata
 la  richiesta  delle  parti. Se vi e' costituzione di parte
 civile,  il  giudice  non  decide  sulla  relativa domanda;
 l'imputato  e' tuttavia condannato al pagamento delle spese
 sostenute  dalla  parte  civile, salvo che ricorrano giusti
 motivi  per  la  compensazione  totale  o  parziale. Non si
 applica la disposizione dell'art. 75, comma 3.
 3.   La   parte,   nel  formulare  la  richiesta,  puo'
 subordinarne    l'efficacia,    alla    concessione   della
 sospensione  condizionale  della  pena.  In  questo caso il
 giudice,  se  ritiene  che  la sospensione condizionale non
 puo' essere concessa, rigetta la richiesta».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 139 (obblighi del condannato)
 
 1. Con  la  sentenza  di condanna per i reati previsti nella parte terza  del  presente  decreto,  o  con  la  decisione emessa ai sensi dell'articolo  444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione  condizionale  della  pena  puo'  essere  subordinato  al risarcimento  del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.
 
 
 
 Nota all'art. 139:
 - L'art.   444   del  codice  di  procedura  penale  e'
 riportato alle note dell'art. 138.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 140 (circostanza attenuante)
 
 1. Nei   confronti   di   chi,   prima   del   giudizio  penale  o dell'ordinanza-ingiunzione,  ha  riparato  interamente  il  danno, le sanzioni  penali  e  amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla meta' a due terzi.
 |  |  |  | ART. 141 (ambito di applicazione)
 
 1. Oggetto  delle disposizioni contenute nella presente sezione e' la  disciplina  della  gestione  delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e  della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  del  servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane.
 
 2. Il  servizio  idrico  integrato  e' costituito dall'insieme dei servizi  pubblici  +di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad  usi  civili  di  fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve  essere  gestito  secondo  principi  di efficienza, efficacia ed economicita',  nel  rispetto  delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti  disposizioni  si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.
 |  |  |  | ART. 142 (competenze)
 
 1. Nel    quadro    delle    competenze   definite   dalle   norme costituzionali,   e  fatte  salve  le  competenze  dell'Autorita'  di vigilanza   sulle   risorse   idriche  e  sui  rifiuti,  il  Ministro dell'ambiente  e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti   spettanti  allo  Stato  nelle  materie  disciplinate  dalla presente sezione.
 
 2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel  quadro  delle  competenze  costituzionalmente  determinate e nel rispetto  delle  attribuzioni  statali  di  cui  al  comma  1,  ed in particolare  provvedono  a  disciplinare  il  governo  del rispettivo territorio.
 
 3. Gli   enti  locali,  attraverso  l'Autorita'  d'ambito  di  cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio  idrico  integrato,  di  scelta  della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della  gestione  e  relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto.
 |  |  |  | ART. 143 (proprieta' delle infrastrutture)
 
 1. Gli  acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprieta' pubblica, fino al punto di consegna  e/o  misurazione,  fanno  parte  del demanio ai sensi degli articoli  822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.
 
 2. Spetta  anche  all'Autorita' d'ambito la tutela dei beni di cui al  comma  1,  ai  sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.
 
 
 
 Note all'art. 143:
 - L'art. 822 del codice civile e' il seguente:
 «Art. 822 (Demanio pubblico). - Appartengono allo Stato
 e  fanno  parte  del  demanio pubblico il lido del mare, la
 spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e
 le  altre  acque definite pubbliche dalle leggi in materia;
 le  opere  destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti
 parte  del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le
 strade,  le  autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi;
 gli   acquedotti;  gli  immobili  riconosciuti  d'interesse
 storico,  archeologico  e  artistico a norma delle leggi in
 materia,  le  raccolte  dei  musei, delle pinacoteche degli
 archivi,  delle  biblioteche;  e  infine gli altri beni che
 sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio
 pubblico.».
 -  L'art.  823,  secondo comma, del codice civile e' il
 seguente:
 «Spetta all'autorita' amministrativa la tutela dei beni
 che  fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facolta' sia
 di  procedere  in  via  amministrativa,  sia di valersi dei
 mezzi  ordinari  a  difesa  della proprieta' e del possesso
 regolati dal presente codice.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 144 (tutela e uso delle risorse idriche)
 
 1. Tutte  le  acque  superficiali  e  sotterranee,  ancorche'  non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.
 
 2. Le   acque   costituiscono  una  risorsa  che  va  tutelata  ed utilizzata  secondo  criteri  di  solidarieta'; qualsiasi loro uso e' effettuato   salvaguardando   le   aspettative  ed  i  diritti  delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.
 
 3. La  disciplina  degli  usi delle acque e' finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo  delle  risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilita' dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la  flora  acquatiche,  i  processi  geomorfologici  e  gli equilibri idrologici. br;
 
 4. Gli  usi  diversi  dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualita'.
 
 5. Le   acque   termali,   minerali  e  per  uso  geotermico  sono disciplinate  da  norme  specifiche,  nel  rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.
 |  |  |  | ART. 145 (equilibrio del bilancio idrico)
 
 1. L'Autorita'   di   bacino   competente  definisce  ed  aggiorna periodicamente  il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilita' di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento  ed  i  fabbisogni  per  i  diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144.
 
 2. Per   assicurare   l'equilibrio   tra   risorse  e  fabbisogni, l'Autorita' di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure  per  la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.
 
 3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da  trasferimenti,  sia  a  valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario  alla  vita  negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.
 |  |  |  | ART. 146 (risparmio idrico)
 
 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del  presente  decreto,  le regioni, sentita l'Autorita' di vigilanza sulle  risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei principi della legislazione  statale, adottano norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:
 
 a) migliorare  la  manutenzione  delle  reti  di  adduzione  e di distribuzione  di  acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
 b) prevedere,  nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di  trasporto  e  distribuzione  dell'acqua  sia interni che esterni, l'obbligo  di  utilizzo  di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;
 c) realizzare,  in  particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali  e  produttivi  di  rilevanti  dimensioni,  reti duali di adduzione  al  fine  dell'utilizzo  di  acque  meno  pregiate per usi compatibili;
 d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
 e) adottare   sistemi   di   irrigazione   ad   alta   efficienza accompagnati  da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;
 f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unita'  abitativa  nonche'  contatori  differenziati per le attivita' produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
 g) realizzare  nei  nuovi  insediamenti,  quando economicamente e tecnicamente  conveniente  anche  in  relazione  ai  recapiti finali, sistemi  di  collegamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;
 h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione  e  gestione  atte  a  garantire  un  processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo.
 
 2. Gli   strumenti   urbanistici,  compatibilmente  con  l'assetto urbanistico  e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono  prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni  di  acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di   costruire   e'   subordinato   alla  previsione,  nel  progetto, dell'installazione  di  contatori  per ogni singola unita' abitativa, nonche' del collegamento a reti duali, ove gia' disponibili.
 
 3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del  presente  decreto,  il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,  sentita l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui  rifiuti  e  il  Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia  per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT),  adotta  un  regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi  in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro  il  mese  di  febbraio  di ciascun anno, i soggetti gestori  dei  servizi  idrici  trasmettono all'Autorita' di vigilanza sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  ed  all'Autorita'  d'ambito competente  i  risultati  delle  rilevazioni  eseguite con i predetti metodi. br;
 |  |  |  | ART. 147 (organizzazione territoriale del servizio idrico integrato)
 
 1.  I  servizi  idrici  sono  organizzati  sulla base degli ambiti territoriali  ottimali  definiti  dalle  regioni  in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
 
 2.  Le  regioni  possono  modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali  ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato,  assicurandone  comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza,  efficacia ed economicita', nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:
 
 a)  unita'  del  bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonche' della localizzazione  delle  risorse  e  dei  loro vincoli di destinazione, anche  derivanti  da  consuetudine,  in  favore  dei  centri  abitati interessati;
 b)   unicita'  della  gestione  e,  comunque,  superamento  della frammentazione verticale delle gestioni;
 c)  adeguatezza  delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.
 
 3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per   il   controllo  degli  scarichi  degli  insediamenti  civili  e produttivi  allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalita' degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
 |  |  |  | ART. 148 (autorita' d'ambito territoriale ottimale)
 
 1.  L'Autorita'  d'ambito  e' una struttura dotata di personalita' giuridica   costituita   in   ciascun  ambito  territoriale  ottimale delimitato  dalla  competente  regione,  alla  quale  gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale e' trasferito l'esercizio delle  competenze  ad  essi  spettanti  in  materia di gestione delle risorse  idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.
 
 2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed  i  modi  della  cooperazione  tra  gli  enti locali ricadenti nel medesimo  ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorita'   d'ambito   di   cui   al   comma   1,  cui  e'  demandata l'organizzazione,  l'affidamento  e  il  controllo della gestione del servizio idrico integrato.
 
 3.  I  bilanci  preventivi  e consuntivi dell'Autorita' d'ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorita' di vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  e  al  Ministero dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio entro quindici giorni dall'adozione delle relative delibere.
 
 4.   I   costi   di   funzionamento   della   struttura  operativa dell'Autorita'  d'ambito,  determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all'Autorita' d'ambito.
 
 5.  Ferma  restando  la  partecipazione obbligatoria all'Autorita' d'ambito  di  tutti  gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla  gestione unica del servizio idrico integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle  comunita'  montane,  a condizione che la gestione del servizio idrico  sia operata direttamente dall'amministrazione comunale ovvero tramite  una  societa'  a capitale interamente pubblico e controllata dallo  stesso  comune.  Sulle  gestioni  di  cui  al  presente  comma l'Autorita'  d'ambito  esercita funzioni di regolazione generale e di controllo.   Con   apposito   contratto  di  servizio  stipulato  con l'Autorita'  d'ambito,  previo  accordo  di  programma, sono definiti criteri  e  modalita'  per  l'eventuale  partecipazione ad iniziative promosse dall'Autorita' d'ambito medesima.
 |  |  |  | ART. 149 (piano d'ambito)
 
 1. Entro  dodici  mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza  del  presente  decreto,  l'Autorita'  d'ambito  provvede  alla predisposizione   e/o  aggiornamento  del  piano  d'ambito. Il  piano d'ambito e' costituito dai seguenti atti:
 
 a) ricognizione delle infrastrutture;
 b) programma degli interventi;
 c) modello gestionale ed organizzativo;
 d) piano economico finanziario.
 
 2. La  ricognizione,  anche  sulla base di informazioni asseverate dagli   enti  locali  ricadenti  nell'ambito  territoriale  ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore  del  servizio  idrico  integrato,  precisandone  lo stato di funzionamento.
 
 3. Il   programma   degli   interventi   individua   le  opere  di manutenzione  straordinaria  e le nuove opere da realizzare, compresi gli  interventi  di  adeguamento  di  infrastrutture  gia' esistenti, necessarie  al  raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonche'  al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza. Il programma   degli   interventi,   commisurato   all'intera  gestione, specifica  gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione.
 
 4. Il   piano   economico   finanziario,  articolato  nello  stato patrimoniale,  nel  conto  economico  e  nel  rendiconto finanziario, prevede,  con cadenza annuale, l'andamento dei costi di gestione e di investimento  al  netto  di  eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso  e'  integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa,  estesa  a  tutto il periodo di affidamento. Il piano, cosi' come  redatto,  dovra'  garantire  il  raggiungimento dell'equilibrio economico  finanziario  e,  in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia,  efficienza  ed  economicita'  della  gestione,  anche  in relazione agli investimenti programmati.
 
 5. Il  modello  gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa   mediante   la  quale  il  gestore  assicura  il  servizio all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi.
 
 6. Il  piano  d'ambito  e'  trasmesso  entro  dieci  giorni  dalla delibera  di  approvazione  alla regione competente, all'Autorita' di vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  e  al  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. L'Autorita' di vigilanza sulle  risorse  idriche  e  sui rifiuti puo' notificare all'Autorita' d'ambito,  entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i   propri   rilievi   od  osservazioni,  dettando,  ove  necessario, prescrizioni   concernenti:   il   programma  degli  interventi,  con particolare    riferimento    all'adeguatezza    degli   investimenti programmati  in  relazione  ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento  alla  capacita'  dell'evoluzione tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.
 |  |  |  | ART. 150 (scelta della forma di gestione e procedure di affidamento)
 
 1.  L'Autorita'  d'ambito,  nel  rispetto del piano d'ambito e del principio  di unicita' della gestione per ciascun ambito, delibera la forma  di  gestione  fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
 
 2.  L'Autorita' d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato   mediante   gara   disciplinata   dai   principi  e  dalle disposizioni   comunitarie,   in   conformita'   ai  criteri  di  cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,  secondo  modalita' e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  nel  rispetto delle competenze regionali in materia.
 
 3.   La   gestione   puo'  essere  altresi'  affidata  a  societa' partecipate  esclusivamente  e  direttamente  da  comuni o altri enti locali  compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive  ragioni  tecniche od economiche, secondo la previsione del comma  5,  lettera  c),  dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto  2000,  n.  267, o a societa' solo parzialmente partecipate da tali   enti,   secondo   la  previsione  del  comma  5,  lettera  b), dell'articolo  113  del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purche'  il  socio  privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalita' di cui al comma 2.
 
 4.  I  soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico  integrato  su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito    territoriale    ottimale,    salvo   quanto   previsto dall'articolo 148, comma 5.
 
 
 
 Nota all'art. 150:
 -  L'art.  113,  commi  5  e 7, del decreto legislativo
 18 agosto  2000  n.  267  recante  "Testo unico delle leggi
 sull'ordinamento   degli  enti  locali""  pubblicato  nella
 Gazzetta  Ufficiale  del 28 settembre 2000, n. 227, S.O, e'
 il seguente:
 "5.   L'erogazione  del  servizio  avviene  secondo  le
 discipline  di  settore  e  nel  rispetto  della  normativa
 dell'Unione europea, con conferimento della titolarita' del
 servizio:
 a)  a  societa'  di  capitali  individuate attraverso
 l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
 b) a societa' a capitale misto pubblico privato nelle
 quali    il   socio   privato   venga   scelto   attraverso
 l'espletamento  di  gare con procedure ad evidenza pubblica
 che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e
 comunitarie  in  materia di concorrenza secondo le linee di
 indirizzo  emanate  dalle  autorita'  competenti attraverso
 provvedimenti o circolari specifiche;
 c) a  societa'  a  capitale  interamente  pubblico  a
 condizione  che  l'ente  o  gli  enti pubblici titolari del
 capitale  sociale  esercitino  sulla  societa' un controllo
 analogo  a  quello  esercitato  sui propri servizi e che la
 societa'  realizzi  la  parte piu' importante della propria
 attivita'   con   l'ente   o   gli  enti  pubblici  che  la
 controllano.
 6. (Omissis).
 La gara di cui al comma 5 e' indetta nel rispetto degli
 standard  qualitativi,  quantitativi,  ambientali,  di equa
 distribuzione  sul territorio e di sicurezza definiti dalla
 competente  Autorita'  di  settore  o, in mancanza di essa,
 dagli  enti  locali.  La gara e' aggiudicata sulla base del
 migliore livello di qualita' e sicurezza e delle condizioni
 economiche  e  di  prestazione  del  servizio, dei piani di
 investimento  per lo sviluppo e il potenziamento delle reti
 e  degli  impianti,  per  il  loro  rinnovo e manutenzione,
 nonche'   dei   contenuti   di  innovazione  tecnologica  e
 gestionale.   Tali  elementi  fanno  parte  integrante  del
 contratto  di  servizio.  Le  previsioni di cui al presente
 comma  devono  considerarsi integrative delle discipline di
 settore".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 151 (rapporti tra autorita' d'ambito e soggetti gestori
 del servizio idrico integrato)
 
 1. I rapporti fra Autorita' d'ambito e gestori del servizio idrico integrato  sono  regolati  da  convenzioni predisposte dall'Autorita' d'ambito.
 
 2. A  tal  fine,  le  regioni  e  le  province  autonome  adottano convenzioni  tipo, con relativi disciplinari, che devono prevedere in particolare:
 
 a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
 b) la  durata  dell'affidamento,  non superiore comunque a trenta anni;
 c) l'obbligo       del       raggiungimento       dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
 d) il  livello  di  efficienza e di affidabilita' del servizio da assicurare  all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
 e) i  criteri  e  le  modalita'  di  applicazione  delle  tariffe determinate dall'Autorita' d'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;
 f) l'obbligo  di  adottare  la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo vigenti;
 g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;
 h) le  modalita' di controllo del corretto esercizio del servizio e  l'obbligo  di  predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall'articolo 165;
 i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e  l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'Autorita' d'ambito  ha  facolta'  di  disporre  durante  tutto  il  periodo  di affidamento;
 l) l'obbligo   di  dare  tempestiva  comunicazione  all'Autorita' d'ambito  del  verificarsi  di  eventi  che comportino o che facciano prevedere   irregolarita'   nell'erogazione   del  servizio,  nonche' l'obbligo  di  assumere  ogni  iniziativa  per  l'eliminazione  delle irregolarita',  in  conformita'  con  le  prescrizioni dell'Autorita' medesima;
 m) l'obbligo  di  restituzione,  alla  scadenza dell'affidamento, delle  opere,  degli  impianti  e  delle  canalizzazioni del servizio idrico  integrato  in  condizioni  di efficienza ed in buono stato di conservazione;
 n) l'obbligo   di   prestare   idonee   garanzie   finanziarie  e assicurative;
 o) le   penali,  le  sanzioni  in  caso  di  inadempimento  e  le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;
 p) le modalita' di rendicontazione delle attivita' del gestore.
 
 3. Sulla  base  della  convenzione  di cui al comma 2, l'Autorita' d'ambito   predispone   uno   schema   di  convenzione  con  relativo disciplinare,  da allegare ai capitolati di gara. Ove la regione o la provincia   autonoma   non   abbiano  provveduto  all'adozione  delle convenzioni  e  dei  disciplinari tipo di cui al comma 2, l'Autorita' predispone   lo   schema   sulla  base  della  normativa  vigente. Le convenzioni  esistenti  devono  essere  integrate in conformita' alle previsioni di cui al comma 2.
 
 4. Nel  Disciplinare  allegato alla Convenzione di gestione devono essere  anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonche' il programma temporale e finanziario di esecuzione.
 
 5. L'affidamento  del  servizio e' subordinato alla prestazione da parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire  gli  interventi  da  realizzare  nei  primi  cinque  anni di gestione  e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio.
 
 6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.
 
 7. L'affidatario  del  servizio  idrico integrato, previo consenso dell'Autorita' d'ambito, puo' gestire altri servizi pubblici, oltre a quello  idrico,  ma  con  questo  compatibili,  anche  se  non estesi all'intero ambito territoriale ottimale.
 
 8. Le  societa'  concessionarie  del  servizio  idrico  integrato, nonche'  le  societa'  miste costituite a seguito dell'individuazione del  socio  privato  mediante  gara  europea affidatarie del servizio medesimo,  possono  emettere  prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente  dagli  utenti  con  facolta' di conversione in azioni semplici  o  di  risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una   quota   non   inferiore  al  dieci  per  cento  e'  offerta  in sottoscrizione agli utenti del servizio.
 |  |  |  | ART. 152 (poteri di controllo e sostitutivi)
 
 1. L'Autorita'  d'ambito  ha  facolta'  di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.
 
 2. Nell'ipotesi  di  inadempienze  del  gestore  agli obblighi che derivano  dalla  legge  o  dalla  convenzione, e che compromettano la risorsa  o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli   minimi   di   servizio,   l'Autorita'  d'ambito  interviene tempestivamente  per  garantire  l'adempimento  da parte del gestore, esercitando  tutti  i  poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge  e  dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme  restando  le  conseguenti  penalita'  a suo carico, nonche' il potere  di  risoluzione  e  di  revoca,  l'Autorita' d'ambito, previa diffida,  puo' sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le  opere,  nel  rispetto  delle  vigenti  disposizioni in materia di appalti pubblici.
 
 3. Qualora l'Autorita' d'ambito non intervenga, o comunque ritardi il   proprio   intervento,  la  regione,  previa  diffida  e  sentita l'Autorita'  di  vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti, esercita  i  necessari  poteri  sostitutivi,  mediante  nomina  di un commissario   "ad   acta". Qualora   la  regione  non  adempia  entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente  e  della  tutela del territorio, mediante nomina di un commissario "ad acta".
 
 4. L'Autorita'  d'ambito  con cadenza annuale comunica al Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  ed all'Autorita' di vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui  rifiuti  i  risultati dei controlli della gestione.
 |  |  |  | ART. 153 (dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato)
 
 1. Le  infrastrutture  idriche  di proprieta' degli enti locali ai sensi  dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per  tutta  la  durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato,  il  quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare.
 
 2. Le  immobilizzazioni,  le attivita' e le passivita' relative al servizio   idrico   integrato,   ivi   compresi  gli  oneri  connessi all'ammortamento  dei  mutui  oppure  i  mutui stessi, al netto degli eventuali  contributi  a fondo perduto in conto capitale e/o in conto interessi,  sono  trasferite  al  soggetto  gestore, che subentra nei relativi   obblighi. Di  tale  trasferimento  si  tiene  conto  nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica.
 |  |  |  | ART. 154 (tariffa del servizio idrico integrato)
 
 1. La  tariffa  costituisce  il  corrispettivo del servizio idrico integrato  ed  e'  determinata  tenendo  conto  della  qualita' della risorsa   idrica   e  del  servizio  fornito,  delle  opere  e  degli adeguamenti  necessari,  dell'entita'  dei  costi  di  gestione delle opere,  dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei  costi  di  gestione  delle  aree di salvaguardia, nonche' di una quota  parte  dei  costi di funzionamento dell'Autorita' d'ambito, in modo   che  sia  assicurata  la  copertura  integrale  dei  costi  di investimento  e  di  esercizio  secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.
 
 2. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, su proposta  dell'Autorita'  di  vigilanza  sulle  risorse idriche e sui rifiuti,   tenuto  conto  della  necessita'  di  recuperare  i  costi ambientali  anche  secondo il principio "chi inquina paga", definisce con  decreto  le  componenti  di  costo  per  la determinazione della tariffa  relativa  ai  servizi  idrici  per i vari settori di impiego dell'acqua.
 
 3. Al  fine  di  assicurare  un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sono  stabiliti  i  criteri  generali per la determinazione, da parte delle  regioni,  dei  canoni  di  concessione  per  l'utenza di acqua pubblica,  tenendo  conto  dei  costi  ambientali  e  dei costi della risorsa  e  prevedendo  altresi' riduzioni del canone nell'ipotesi in cui  il  concessionario  attui  un  riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso  o,  ancora,  restituisca  le acque di scarico con le medesime caratteristiche  qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.
 
 4. L'Autorita'  d'ambito,  al fine della predisposizione del Piano finanziario  di  cui all'articolo 149, comma 1, lettera c), determina la  tariffa di base, nell'osservanza delle disposizioni contenute nel decreto  di  cui al comma 2, comunicandola all'Autorita' di vigilanza sulle  risorse  idriche  e sui rifiuti ed al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
 
 5. La  tariffa  e'  applicata  dai  soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.
 
 6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni  per  altri  tipi  di  consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonche' per i consumi di determinate categorie, secondo  prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa  redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per  le  residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonche' per le aziende artigianali, commerciali e industriali.
 
 7. L'eventuale  modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli  investimenti  pro  capite  per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.
 |  |  |  | ART. 155 (tariffa del servizio di fognatura e depurazione)
 
 1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di  depurazione  sono  dovute  dagli  utenti  anche  nel  caso in cui manchino  impianti  di  depurazione  o  questi  siano temporaneamente inattivi.  Il  gestore  e'  tenuto  a  versare  i  relativi proventi, risultanti   dalla   formulazione   tariffaria   definita   ai  sensi dell'articolo  154,  a  un  fondo  vincolato  intestato all'Autorita' d'ambito,  che  lo  mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli  interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione  previsti dal piano d'ambito. La tariffa non e' dovuta se l'utente  e'  dotato  di  sistemi  di  collettamento e di depurazione propri,   sempre   che   tali   sistemi  abbiano  ricevuto  specifica approvazione da parte dell'Autorita' d'ambito.
 
 2.  In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici locali  al  gestore  del  servizio  idrico  integrato,  i comuni gia' provvisti  di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in  condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di  depurazione  e fognatura prioritariamente alla manutenzione degli impianti medesimi.
 
 3.  Gli  utenti  tenuti  al  versamento  della tariffa riferita al servizio  di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento  di  qualsivoglia  altra  tariffa  eventualmente  dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici.
 
 4.  Al  fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente  articolo,  il volume dell'acqua scaricata e' determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.
 
 5.  Per  le  utenze  industriali  la  quota  tariffaria  di cui al presente  articolo  e'  determinata sulla base della qualita' e della quantita'  delle  acque  reflue  scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga". E' fatta salva la possibilita' di determinare una quota  tariffaria  ridotta  per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi   sistemi   di   depurazione   abbiano   ricevuto  specifica approvazione da parte dell'Autorita' d'ambito.
 
 6.  Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o gia' usata  nel  ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali e' ridotta  in  funzione  dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua  o  gia'  usata.  La  riduzione  si  determina applicando alla tariffa  un  correttivo,  che  tiene  conto  della quantita' di acqua riutilizzata e della quantita' delle acque primarie impiegate.
 |  |  |  | ART. 156 (riscossione della tariffa)
 
 1.  La  tariffa  e'  riscossa  dal  gestore  del  servizio  idrico integrato.  Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa e' riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al  successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione.
 
 2.   Con  apposita  convenzione,  sottoposta  al  controllo  della regione,  sono  definiti  i  rapporti  tra  i  diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione.
 
 3.  La riscossione volontaria e coattiva della tariffa puo' essere effettuata  secondo  le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica  29  settembre  1973,  n.  602,  mediante  convenzione con l'Agenzia delle entrate.
 
 
 
 Nota all'art. 156:
 -   Il   decreto   del   Presidente   della  Repubblica
 29 settembre  1973,  n.  602  recante  " Disposizioni sulla
 riscossione  delle imposte sul reddito" e' pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale del 16 ottobre, n. 268 (S.O.).
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 157 (opere di adeguamento del servizio idrico)
 
 1. Gli   enti   locali  hanno  facolta'  di  realizzare  le  opere necessarie  per  provvedere  all'adeguamento  del  servizio idrico in relazione  ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone  gia'  urbanizzate, previo parere di compatibilita' con il piano d'ambito  reso dall'Autorita' d'ambito e a seguito di convenzione con il  soggetto  gestore  del  servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione.
 |  |  |  | ART. 158 (opere e interventi per il trasferimento di acqua)
 
 1. Ai  fini  di  pianificare  l'utilizzo  delle  risorse  idriche, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua  tra  regioni  diverse  e  cio'  travalichi  i  comprensori  di riferimento  dei  distretti  idrografici,  le  Autorita'  di  bacino, sentite  le  regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le   regioni   medesime,   ai  sensi  dell'articolo  34  del  decreto legislativo  18  agosto  2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalita' di cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio e il Ministro delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  ciascuno  per  la parte di propria  competenza,  assumono  di  concerto  le opportune iniziative anche  su  richiesta  di  una  Autorita'  di  bacino o di una regione interessata  od  anche  in  presenza  di  istanza presentata da altri soggetti  pubblici  o  da  soggetti  privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi.
 
 2. In  caso  di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo delle  risorse  idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso, provvede  in  via  sostitutiva,  previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
 
 3. Le  opere  e  gli impianti necessari per le finalita' di cui al presente  articolo  sono  dichiarati  di interesse nazionale. La loro realizzazione  e  gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste  anche  a  totale  carico  dello Stato mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta  dei  Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  ciascuno  per  la parte di rispettiva  competenza. Il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  esperisce  le  procedure  per  la concessione d'uso delle acque  ai  soggetti  utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo;  al  Ministro  delle  infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione  dei  criteri  e delle modalita' per l'esecuzione e la gestione degli interventi, nonche' l'affidamento per la realizzazione e la gestione degli impianti.
 
 
 
 Nota all'art. 158:
 -  L'art.  34 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n.
 267 recante «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
 enti   locali»  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  del
 28 settembre 2000, n. 227, S.0. e' il seguente:
 «Art.   34   (Accordi   di  programma).  -  1.  Per  la
 definizione  e  l'attuazione  di  opere, di interventi o di
 programmi   di  intervento  che  richiedono,  per  la  loro
 completa  realizzazione, l'azione integrata e coordinata di
 comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e
 di  altri soggetti pubblici, o comunque di due o piu' tra i
 soggetti   predetti,  il  presidente  della  Regione  o  il
 presidente  della provincia o il sindaco, in relazione alla
 competenza   primaria   o  prevalente  sull'opera  o  sugli
 interventi  o  sui  programmi  di  intervento,  promuove la
 conclusione  di un accordo di programma, anche su richiesta
 di  uno  o piu' dei soggetti interessati, per assicurare il
 coordinamento  delle  azioni e per determinarne i tempi, le
 modalita',   il   finanziamento   ed  ogni  altro  connesso
 adempimento.
 2.  L'accordo  puo'  prevedere altresi' procedimenti di
 arbitrato,  nonche'  interventi  surrogatori  di  eventuali
 inadempienze dei soggetti partecipanti.
 3.   Per   verificare  la  possibilita'  di  concordare
 l'accordo  di  programma,  il presidente della Regione o il
 presidente   della  provincia  o  il  sindaco  convoca  una
 conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni
 interessate.
 4.  L'accordo,  consistente  nel  consenso  unanime del
 presidente  della  Regione, del presidente della provincia,
 dei  sindaci  e delle altre amministrazioni interessate, e'
 approvato  con  atto formale del presidente della Regione o
 del   presidente  della  provincia  o  del  sindaco  ed  e'
 pubblicato   nel   bollettino   ufficiale   della  Regione.
 L'accordo,  qualora  adottato  con  decreto  del presidente
 della  Regione,  produce  gli  effetti  della intesa di cui
 all'art.  81  del  decreto  del Presidente della Repubblica
 24 luglio   1977,  n.  616,  determinando  le  eventuali  e
 conseguenti   variazioni   degli  strumenti  urbanistici  e
 sostituendo  le  concessioni  edilizie,  sempre  che vi sia
 l'assenso del comune interessato.
 5.  Ove  l'accordo  comporti variazione degli strumenti
 urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere
 ratificata  dal  consiglio  comunale  entro trenta giorni a
 pena di decadenza.
 6.  Per  l'approvazione  di progetti di opere pubbliche
 comprese  nei programmi dell'amministrazione e per le quali
 siano  immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti
 si  procede  a  norma  dei precedenti commi. L'approvazione
 dell'accordo  di  programma  comporta  la  dichiarazione di
 pubblica   utilita',   indifferibilita'  ed  urgenza  delle
 medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia
 se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni.
 7.   La   vigilanza   sull'esecuzione  dell'accordo  di
 programma  e  gli  eventuali  interventi  sostitutivi  sono
 svolti  da  un  collegio  presieduto  dal  presidente della
 Regione  o  dal  presidente della provincia o dal sindaco e
 composto  da  rappresentanti degli enti locali interessati,
 nonche'  dal  Commissario  del  Governo nella Regione o dal
 prefetto   nella   provincia   interessata  se  all'accordo
 partecipano   amministrazioni   statali   o  enti  pubblici
 nazionali.
 8.  Allorche' l'intervento o il programma di intervento
 comporti  il  concorso  di  due o piu' regioni finitime, la
 conclusione  dell'accordo  di  programma  e' promossa dalla
 Presidenza   del  Consiglio  dei  Ministri,  a  cui  spetta
 convocare  la  conferenza di cui al comma 3. Il collegio di
 vigilanza di cui al comma 7 e' in tal caso presieduto da un
 rappresentante  della Presidenza del Consiglio dei Ministri
 ed  e'  composto dai rappresentanti di tutte le regioni che
 hanno  partecipato all'accordo. La Presidenza del Consiglio
 dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 7 al
 Commissario del Governo ed al prefetto.».
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 159 Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti
 
 1.  Alla  data  di entrata in vigore della parte terza del presente decreto,  il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche istituito  dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la denominazione di  Autorita'  di  vigilanza  sulle risorse idriche e sui rifiuti, di seguito   denominata   "Autorita'",  con  il  compito  di  assicurare l'osservanza,  da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi  e  delle  disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto.
 2.  Sono organi dell'Autorita' il presidente, il comitato esecutivo ed  il  consiglio, che si articola in due sezioni denominate "Sezione per  la  vigilanza sulle risorse idriche" e "Sezione per la vigilanza sui   rifiuti";   ciascuna   sezione   e'   composta  dal  presidente dell'Autorita',  dal  coordinatore  di sezione e da cinque componenti per  la  "Sezione  per  la  vigilanza sulle risorse idriche" e da sei componenti per la "Sezione per la vigilanza sui rifiuti". Il comitato esecutivo   e'   composto   dal   presidente   dell'Autorita'  e  dai coordinatori  di  sezione. Il consiglio dell'Autorita' e' composto da tredici  membri e dal presidente, nominati con decreto del Presidente della  Repubblica,  su  deliberazione  del Consiglio dei Ministri. Il presidente  dell'Autorita'  e  quattro  componenti del consiglio, dei quali  due  con funzioni di coordinatore di sezione, sono nominati su proposta  del  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio, due  su  proposta  del Ministro dell'economia e delle finanze, due su proposta  del Ministro per la funzione pu bblica, uno su proposta del Ministro  delle  attivita' produttive relativamente alla "Sezione per la  vigilanza  sui rifiuti", quattro su designazione della Conferenza dei  presidenti  delle regioni e delle province autonome. Le proposte sono  previamente  sottoposte  al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
 3.  Il  Presidente  dell'Autorita'  e'  il  legale  rappresentante, presiede il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso  si  articola.  Il  comitato  esecutivo  e' l'organo deliberante dell'Autorita'  e  provvede  ad  assumere le relative decisioni sulla base  dell'istruttoria  e  delle  proposte  formulate dal consiglio o dalle sue sezioni.
 4.   L'organizzazione   e   il   funzionamento,   anche  contabile, dell'Autorita' sono disciplinati, in conformita' alle disposizioni di cui alla parte terza e quarta del presente decreto, da un regolamento deliberato  dal  Consiglio  dell'Autorita' ed emanato con decreto del Presidente  del Consiglio dei Ministri secondo il procedimento di cui al comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
 5.  I  componenti  dell'Autorita' sono scelti fra persone dotate di alta  e  riconosciuta  competenza nel settore, durano in carica sette anni  e  non  possono essere confermati. A pena di decadenza essi non possono  esercitare,  direttamente o indirettamente, alcuna attivita' professionale  o  di  consulenza  attinente  al settore di competenza dell'Autorita';  essi  non  possono  essere  dipendenti  di  soggetti privati,  ne'  ricoprire  incarichi  elettivi o di rappresentanza nei partiti  politici,  ne'  avere  interessi  diretti  o indiretti nelle imprese  operanti  nel  settore  di  competenza  della  Autorita'.  I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per  l'intera  durata dell'incarico o, se professori universitari, in aspettativa,  senza  assegni,  per  l'intera  durata del mandato. Per almeno   due   anni   dalla  cessazione  dell'incarico  i  componenti dell'Autorita'    non    possono    intrattenere,    direttamente   o indirettamente,  rapporti  di  collaborazione,  di  consulenza  o  di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza.
 6.  In  fase  di  prima  attuazione,  e  nel rispetto del principio dell'invarianza  degli  oneri  a carico della finanza pubblica di cui all'articolo 1, comma 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308,  il  Presidente  ed  i  componenti del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche rimangono in carica fino al compimento del    primo    mandato   settennale   dell'Autorita'   ed   assumono rispettivamente le funzioni di Presidente dell'Autorita' di vigilanza sulle  risorse  idriche  e sui rifiuti e di componenti della "Sezione per  la  vigilanza  sulle  risorse  idriche", tra i quali il Ministro dell'ambiente  e  della tutela del territorio nomina il coordinatore. Analogamente,   il   Presidente  ed  i  componenti  dell'Osservatorio nazionale  sui  rifiuti  istituito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale  dell'Autorita' ed assumono rispettivamente le funzioni di coordinatore  e  di  componenti  della  "Sezione per la vigilanza sui rifiuti".
 7.  L'Autorita'  si  avvale  di una segreteria tecnica, composta da esperti   di   elevata   qualificazione,  nominati  con  decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dell'Autorita'. Per essi  valgono  le  incompatibilita' di cui al comma 5 con le relative conseguenze   previste.   L'Autorita'   puo'   richiedere   ad  altre amministrazioni  pubbliche  di  avvalersi  di  loro  prestazioni  per funzioni  di  ispezione  e  di  verifica. La dotazione organica della segreteria  tecnica,  cui  e'  preposto  un  dirigente, e le spese di funzionamento   sono  determinate  con  decreto  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica.
 8.   I   componenti  dell'Autorita'  e  della  segreteria  tecnica, nell'esercizio  delle funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al   segreto   d'ufficio.   Si  applicano  le  norme  in  materia  di pubblicita', partecipazione e accesso.
 9.  Con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto   con   il   Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  e' determinato    il   trattamento   economico   spettante   ai   membri dell'Autorita' e ai componenti della segreteria tecnica.
 10.  Il  bilancio  preventivo  e  il rendiconto della gestione sono soggetti  al  controllo  della  Corte  dei  conti  ed  alle  forme di pubblicita'  indicate  nel  regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione   e'   dato   avviso  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica italiana.
 11.  L'Autorita' definisce annualmente e con proiezione triennale i programmi  di  attivita'  e le iniziative che intende porre in essere per il perseguimento delle finalita' di cui al comma 1, ed a garanzia degli  interessi  degli  utenti,  dandone  comunicazione  al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
 12.  L'Autorita' e' rappresentata in giudizio dall'Avvocatura dello Stato.
 
 
 
 Note all'art. 159:
 -  La  legge 5 gennaio 1994 n. 37 recante "Norme per la
 tutela  ambientale  delle  aree  demaniali  dei  fiumi, dei
 torrenti,  dei  laghi  e  delle  altre  acque  pubbliche e'
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 1994, n.
 14, S.O.
 -  Il  comma 3 dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988,
 n. 400 e' il seguente:
 "3.  Con  decreto  ministeriale possono essere adottati
 regolamenti  nelle  materie di competenza del Ministro o di
 autorita'   sottordinate   al  Ministro,  quando  la  legge
 espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
 materie  di  competenza  di  piu'  ministri, possono essere
 adottati  con  decreti interministeriali, ferma restando la
 necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
 I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
 dettare  norme  contrarie  a quelle dei regolamenti emanati
 dal  Governo.  Essi debbono essere comunicati al Presidente
 del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.".
 -  Il  decreto  legislativo  5  febbraio  1997,  n. 22,
 recante "Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti,
 della  direttiva  91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della
 direttiva  94/62/CE  sugli  imballaggi  e  sui  rifiuti  di
 imballaggio",  e' pubblicato nel supplemento ordinario alla
 Gazzetta Ufficiale n. 38 del 15 febbraio 1997.
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 160 Compiti e funzioni dell'Autorita' di vigilanza
 
 1.  Nell'esercizio delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1 dell'articolo  159,  l'Autorita'  vigila  sulle risorse idriche e sui rifiuti  e  controlla  il  rispetto della disciplina vigente a tutela delle  risorse e della salvaguardia ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.
 2. L'Autorita' in particolare: a) assicura   l'osservanza   dei   principi   e  delle  regole  della
 concorrenza e della trasparenza nelle procedure di affidamento dei
 servizi; b) tutela   e   garantisce   i   diritti   degli   utenti   e  vigila
 sull'integrita' delle reti e degli impianti; c) esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al comma 3; d) promuove  e  svolge studi e ricerche sull'evoluzione dei settori e
 dei  rispettivi  servizi,  avvalendosi  dell'Osservatorio  di  cui
 all'articolo 161; e) propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle
 convenzioni in base all'andamento del mercato e laddove siano resi
 necessari  dalle esigenze degli utenti o dalle finalita' di tutela
 e salvaguardia dell'ambiente; f) specifica  i  livelli  generali di qualita' riferiti ai servizi da
 prestare nel rispetto dei regolamenti del Ministro dell'ambiente e
 della tutela del territorio che disciplinano la materia; g) controlla  che  i  gestori adottino una carta di servizio pubblico
 con  indicazione  di standard dei singoli servizi e ne verifica il
 rispetto; h) propone  davanti  al  giudice  amministrativo i ricorsi contro gli
 atti  e  provvedimenti  ed  eventualmente i comportamenti posti in
 essere  in violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta
 del presente decreto; esercita l'azione in sede civile avverso gli
 stessi  comportamenti, richiedendo anche il risarcimento del danno
 in  forma  specifica  o  per  equivalente;  denuncia all'autorita'
 giudiziaria  le violazioni perseguibili in sede penale delle norme
 di  cui  alle parti terza e quarta del presente decreto; sollecita
 l'esercizio  dell'azione  di  responsabilita' per i danni erariali
 derivanti dalla violazione delle norme medesime; i) formula  al  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio
 proposte  di  revisione  della  disciplina vigente, segnalandone i
 casi di grave inosservanza e di non corretta applicazione; l) predispone  ed  invia  al  Governo  e  al Parlamento una relazione
 annuale  sull'attivita'  svolta,  con particolare riferimento allo
 stato  e  all'uso delle risorse idriche, all'andamento dei servizi
 di  raccolta  e  smaltimento dei rifiuti, nonche' all'utilizzo dei
 medesimi nella produzione di energia; m) definisce,  d'intesa  con il Ministro dell'ambiente e della tutela
 del  territorio e con la Conferenza delle regioni e delle province
 autonome,  i  programmi  di  attivita' e le iniziative da porre in
 essere  a garanzia degli interessi degli utenti, anche mediante la
 cooperazione   con   analoghi  organi  di  garanzia  eventualmente
 istituiti dalle regioni e dalle province autonome competenti; n) esercita   le   funzioni   gia'  di  competenza  dell'Osservatorio
 nazionale  sui  rifiuti  istituito  dall'articolo  26  del decreto
 legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; o) puo'  svolgere attivita' di consultazione nelle materie di propria
 competenza  a  favore  delle  Autorita' d'ambito e delle pubbliche
 amministrazioni,  previa adozione di apposito decreto da parte del
 Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto
 con  il  Ministro dell'economia e delle finanze, per la disciplina
 delle  modalita', anche contabili, e delle tariffe relative a tali
 attivita'.
 3. Nell'esercizio delle proprie competenze, l'Autorita': a) richiede  informazioni  e  documentazioni  ai gestori operanti nei
 settori  idrico  e  dei  rifiuti  e  a tutti i soggetti pubblici e
 privati  tenuti  all'applicazione  delle  disposizioni di cui alle
 parti  terza  e  quarta  del  presente decreto; esercita poteri di
 acquisizione,   accesso   ed   ispezione  alle  documentazioni  in
 conformita'  ad  apposito  regolamento  emanato  con  decreto  del
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ai  sensi  del  comma 3
 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400; b) irroga  la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino
 a  trentamila  euro,  ai  soggetti che, senza giustificato motivo,
 rifiutano  od  omettono  di fornire le informazioni o di esibire i
 documenti  richiesti  ai  sensi  della  lettera  a)  o intralciano
 l'accesso  o  le  ispezioni; irroga la sanzione amministrativa del
 pagamento  di  una  somma fino a sessantamila euro ai soggetti che
 forniscono  informazioni od esibiscono documenti non veritieri; le
 stesse  sanzioni  sono  irrogate  nel  caso  di  violazione  degli
 obblighi di informazione all'Osservatorio di cui all'articolo 161; c) comunica,   alle  autorita'  competenti  ad  adottare  i  relativi
 provvedimenti,   le   violazioni,  da  parte  dei  gestori,  delle
 Autorita'  d'ambito  e  dei consorzi di bonifica e di irrigazione,
 dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta
 del   presente   decreto,   in  particolare  quelle  lesive  della
 concorrenza,  della tutela dell'ambiente, dei diritti degli utenti
 e  dei legittimi usi delle acque; adotta i necessari provvedimenti
 temporanei   ed  urgenti,  ordinatori  ed  inibitori,  assicurando
 tuttavia la continuita' dei servizi; d) puo'  intervenire,  su istanza dei gestori, in caso di omissioni o
 inadempimenti delle Autorita' d'ambito.
 4.  Il  ricorso  contro  gli  atti e i provvedimenti dell'Autorita' spetta  alla giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del TAR del Lazio.
 
 
 
 Note all'art. 160:
 - L'art. 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
 22,  recante  "Attuazione  della  direttiva  91/156/CEE sui
 rifiuti,  della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi
 e  della  direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti
 di  imballaggio", pubblicato nel supplemento ordinario alla
 Gazzetta  Ufficiale  n.  38  del  15  febbraio  1997, e' il
 seguente:
 "Art.  26. - 1. Al fine di garantire l'attuazione delle
 norme   di   cui   al  presente  decreto  legislativo,  con
 particolare  riferimento  alla prevenzione della produzione
 della  quantita'  e  della  pericolosita'  dei  rifiuti  ed
 all'efficacia,  all'efficienza  ed  all'economicita'  della
 gestione  dei  rifiuti,  degli  imballaggi e dei rifiuti di
 imballaggio,  nonche'  alla  tutela della salute pubblica e
 dell'ambiente,    e'   istituito,   presso   il   Ministero
 dell'ambiente,  l'Osservatorio  nazionale  sui  rifiuti, in
 appresso denominato Osservatorio. L'Osservatorio svolge, in
 particolare, le seguenti funzioni:
 a) vigila   sulla   gestione   dei   rifiuti,   degli
 imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
 b) provvede   all'elaborazione  ed  all'aggiornamento
 permanente  di  criteri  e  specifici  obiettivi  d'azione,
 nonche' alla definizione ed all'aggiornamento permanente di
 un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione
 dei rifiuti;
 c) esprime  il  proprio parere sul Programma generale
 di  prevenzione  di  cui  all'art.  42  e  lo trasmette per
 l'adozione  definitiva  al  Ministro  dell'ambiente  ed  al
 Ministro  dell'industria,  del commercio e dell'artigianato
 ed alla Conferenza Stato-regioni;
 d) predispone il Programma generale di prevenzione di
 cui  all'art.  42 qualora il Consorzio nazionale imballaggi
 non provveda nei termini previsti;
 e) verifica  l'attuazione  del  Programma Generale di
 cui  all'art.  42  ed  il raggiungimento degli obiettivi di
 recupero e di riciclaggio;
 f) verifica i costi di recupero e smaltimento;
 g) elabora il metodo normalizzato di cui all'art. 49,
 comma  5,  e  lo  trasmette  per l'approvazione al Ministro
 dell'ambiente  ed al Ministro dell'industria, del commercio
 e dell'artigianato;
 h) verifica livelli di qualita' dei servizi erogati;
 i) predispone  un rapporto annuale sulla gestione dei
 rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio e ne
 cura    la    trasmissione   ai   Ministri   dell'ambiente,
 dell'industria,  del  commercio  e dell'artigianato e della
 sanita'.
 2.   L'Osservatorio   e'  costituito  con  decreto  del
 Ministro   dell'ambiente,   di  concerto  con  il  Ministro
 dell'industria  del  commercio  e  dell'artigianato,  ed e'
 composto  da  nove  membri,  scelti  tra persone esperte in
 materia, di cui:
 a) tre  designati  dal Ministro dell'ambiente, di cui
 uno con funzioni di Presidente;
 b)  due designati dal Ministro dell'industria, di cui
 uno con funzioni di vice-presidente;".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 161 (osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti)
 
 1.  L'Autorita',  per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale di  un Osservatorio sui settori di propria competenza. L'Osservatorio svolge  funzioni  di  raccolta,  elaborazione  e restituzione di dati statistici  e  conoscitivi  formando  una  banca  dati connessa con i sistemi  informativi  del  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio,  delle  regioni  e delle province autonome di Trento e di Bolzano,  delle  Autorita'  di  bacino  e  dei  soggetti pubblici che detengono  informazioni  nel  settore. In particolare, l'Osservatorio raccoglie ed elabora dati inerenti:
 
 a) al censimento dei partecipanti alle gare per l'affidamento dei servizi,   nonche'   dei   soggetti  gestori  relativamente  ai  dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;
 b)  alle  condizioni  generali  di  contratto  e  convenzioni per l'esercizio dei servizi;
 c)  ai  modelli  adottati  di  organizzazione,  di  gestione,  di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;
 d) ai livelli di qualita' dei servizi erogati;
 e) alle tariffe applicate;
 f) ai piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.
 
 2.  I  gestori  dei servizi idrici e di raccolta e smaltimento dei rifiuti  trasmettono  ogni  dodici  mesi all'Osservatorio i dati e le informazioni  di  cui  al  comma  1  e  comunque  tutti  i  dati  che l'Osservatorio richieda loro in qualsiasi momento.
 
 3.  Sulla  base  dei  dati  acquisiti, l'Osservatorio effettua, su richiesta dell'Autorita', elaborazioni al fine, tra l'altro, di:
 
 a)  definire  indici  di  produttivita'  per la valutazione della economicita' delle gestioni a fronte dei servizi resi;
 b)   individuare  livelli  tecnologici  e  modelli  organizzativi ottimali dei servizi;
 c)  definire  parametri  di  valutazione  per  il controllo delle politiche   tariffarie  praticate,  anche  a  supporto  degli  organi decisionali   in   materia  di  fissazione  di  tariffe  e  dei  loro adeguamenti,  verificando  il rispetto dei criteri fissati in materia dai competenti organi statali;
 d)  individuare  situazioni  di  criticita'  e  di  irregolarita' funzionale dei servizi o di inosservanza delle prescrizioni normative vigenti in materia;
 e)  promuovere  la  sperimentazione  e  l'adozione  di tecnologie innovative;
 f)  verificare  la  fattibilita' e la congruita' dei programmi di investimento  in  relazione  alle risorse finanziarie e alla politica tariffaria;
 g) realizzare quadri conoscitivi di sintesi.
 
 4.  L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via informatica,  ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate secondo deliberazione   dell'Autorita'  e  nel  rispetto  delle  disposizioni generali.
 
 5.  Con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, sono determinate, nel rispetto del principio   dell'invarianza   degli  oneri  a  carico  della  finanza pubblica, la dotazione organica dell'Osservatorio, cui e' preposto un dirigente, e le spese di funzionamento. Per l'espletamento dei propri compiti,   l'Osservatorio,   su   indicazione   dell'Autorita',  puo' avvalersi  della  consulenza  di  esperti  nel  settore  e  stipulare convenzioni   con   enti   pubblici   di   ricerca   e  con  societa' specializzate.
 |  |  |  | ART. 162 (partecipazione, garanzia e informazione degli utenti)
 
 1. Il    gestore    del   servizio   idrico   integrato   assicura l'informazione  agli  utenti,  promuove  iniziative per la diffusione della  cultura  dell'acqua  e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni  inerenti  ai  servizi  gestiti nell'ambito territoriale ottimale   di  propria  competenza,  alle  tecnologie  impiegate,  al funzionamento  degli  impianti, alla quantita' e qualita' delle acque fornite e trattate.
 
 2. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, le regioni   e   le  province  autonome,  nell'ambito  delle  rispettive competenze,  assicurano la pubblicita' dei progetti concernenti opere idrauliche   che   comportano   o   presuppongono  grandi  e  piccole derivazioni,  opere  di  sbarramento  o di canalizzazione, nonche' la perforazione  di  pozzi. A  tal  fine,  le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio   del   procedimento,   oltre   che  nelle  forme  previste dall'articolo  7  del  testo  unico delle disposizioni di legge sulle acque  e  sugli  impianti  elettrici,  approvato con regio decreto 11 dicembre   1933,  n. 1775,  su  almeno  un  quotidiano  a  diffusione nazionale  e  su  un  quotidiano  a  diffusione  locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.
 
 3. Chiunque  puo'  prendere visione presso i competenti uffici del Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio, delle regioni e  delle  province  autonome  di  tutti  i  documenti,  atti, studi e progetti  inerenti  alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente  articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicita' degli atti delle amministrazioni pubbliche.
 
 
 
 Nota all'art. 162:
 - L'art. 7 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
 e' il seguente:
 «Art.   7.   -  Le  domande  per  nuove  concessioni  e
 utilizzazioni corredate dei progetti di massima delle opere
 da  eseguire  per  la  raccolta,  regolazione,  estrazione,
 derivazione,  condotta,  uso,  restituzione  e  scolo delle
 acque  sono  dirette  al  Ministro  dei  lavori  pubblici e
 presentate   all'Ufficio   del   Genio   civile   alla  cui
 circoscrizione appartengono le opere di presa.
 Le  domande  di  cui  al  primo comma relative sia alle
 grandi sia alle piccole derivazioni sono altresi' trasmesse
 alle  Autorita' di bacino territorialmente interessate che,
 nel  termine  massimo  di  quaranta giorni dalla ricezione,
 comunicano  il  proprio  parere  all'ufficio  istruttore in
 ordine  alla  compatibilita'  della  utilizzazione  con  le
 previsioni  del  piano  di  tutela  e,  anche  in attesa di
 approvazione   dello   stesso,   ai   fini   del  controllo
 sull'equilibrio  del  bilancio idrico o idrologico. Decorso
 il  predetto  termine  senza  che  sia  intervenuta  alcuna
 pronuncia,   il   parere   si  intende  espresso  in  senso
 favorevole.  (Comma cosi' sostituito dall'art. 23, comma 1,
 decreto legislativo n. 152 del 1999).
 Ogni  richiedente di nuove concessioni deve depositare,
 con  la  domanda,  una  somma  pari  ad un quarantesimo del
 canone annuo e in ogni caso non inferiore a lire cinquanta.
 Le  somme cosi' raccolte sono versate in tesoreria in conto
 entrate dello Stato.
 L'Ufficio  del  Genio  civile  ordina  la pubblicazione
 della  domanda  mediante  avviso  nel  Foglio degli annunzi
 legali  delle province nel cui territorio ricadono le opere
 di presa e di restituzione delle acque.
 Nell'avviso  sono  indicati il nome del richiedente e i
 dati principali della richiesta derivazione, e cioe': luogo
 di  presa, quantita' di acqua, luogo di restituzione ed uso
 della derivazione.
 L'avviso  e'  pubblicato anche nella Gazzetta Ufficiale
 del Regno.
 Nei  territori  che  ricadono  nella circoscrizione del
 Magistrato  alle acque per le province venete e di Mantova,
 questo   deve   essere  sentito  sull'ammissibilita'  delle
 istanze prima della loro istruttoria.
 Se  il  Ministro  ritiene  senz'altro inammissibile una
 domanda  perche'  inattuabile  o  contraria  al buon regime
 delle  acque o ad altri interessi generali, la respinge con
 suo  decreto  sentito il parere del Consiglio superiore dei
 lavori pubblici.
 Le  domande  che  riguardano  derivazioni  tecnicamente
 incompatibili  con  quelle  previste  da una o piu' domande
 anteriori,  sono  accettate  e  dichiarate  concorrenti con
 queste,  se  presentate non oltre trenta giorni dall'avviso
 nella  Gazzetta Ufficiale relativo alla prima delle domande
 pubblicate  incompatibili con la nuova. Di tutte le domande
 accettate si da' pubblico avviso nei modi sopra indicati.
 Dopo   trenta  giorni  dall'avviso,  la  domanda  viene
 pubblicata,  col  relativo progetto, mediante ordinanza del
 Genio civile.
 In  ogni  caso  l'ordinanza  stabilisce il termine, non
 inferiore a quindici e non superiore a trenta giorni, entro
 il   quale   possono   presentarsi  le  osservazioni  e  le
 opposizioni scritte avverso la derivazione richiesta.
 Se    le    opere   di   derivazione   interessano   la
 circoscrizione di piu' Uffici del Genio civile, l'ordinanza
 di istruttoria e' emessa dal Ministro dei lavori pubblici.
 Nel  caso  di  domande  concorrenti  la  istruttoria e'
 estesa  a tutte le domande se esse sono tutte incompatibili
 con  la  prima; se invece alcune furono accettate al di la'
 dei termini relativi alla prima, per essere compatibili con
 questa  e  non  con le successive, l'istruttoria e' intanto
 limitata  a  quelle  che sono state presentate ed accettate
 entro  novanta  giorni  dalla  pubblicazione nella Gazzetta
 Ufficiale dell'avviso relativo alla prima domanda.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 163 (gestione delle aree di salvaguardia)
 
 1. Per  assicurare  la  tutela  delle  aree  di salvaguardia delle risorse  idriche  destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato puo' stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le universita' agrarie titolari di demani  collettivi,  per  la  gestione  diretta dei demani pubblici o collettivi  ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della  protezione  della  natura  e  tenuto  conto dei diritti di uso civico esercitati.
 
 2. La  quota  di  tariffa  riferita ai costi per la gestione delle aree  di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale  ottimale  all'altro, e' versata alla comunita' montana, ove  costituita,  o  agli  enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.
 |  |  |  | ART. 164 (disciplina delle acque nelle aree protette)
 
 1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente  gestore  dell'area  protetta,  sentita l'Autorita' di bacino, definisce  le  acque  sorgive,  fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.
 
 2. Il  riconoscimento  e  la concessione preferenziale delle acque superficiali  o  sorgentizie  che  hanno  assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonche' le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area  naturale  protetta. Gli  enti  gestori  di  aree  protette verificano  le captazioni e le derivazioni gia' assentite all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorita' competente la modifica delle  quantita'  di  rilascio  qualora riconoscano alterazioni degli equilibri  biologici  dei  corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che  cio' possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.
 |  |  |  | ART. 165 (controlli)
 
 1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualita' e per il controllo  degli  scarichi  nei  corpi  ricettori, ciascun gestore di servizio  idrico  si  dota  di  un  adeguato  servizio  di  controllo territoriale  e  di  un  laboratorio  di  analisi  per i controlli di qualita'  delle  acque  alla  presa,  nelle  reti  di  adduzione e di distribuzione,  nei  potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita   convenzione   con   altri   soggetti  gestori  di  servizi idrici. Restano  ferme  le competenze amministrative e le funzioni di controllo  sulla  qualita'  delle  acque  e  sugli scarichi nei corpi idrici  stabilite  dalla  normativa  vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.
 
 2. Coloro  che  si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti  diverse  dal  pubblico  acquedotto  sono  tenuti  a denunciare annualmente  al  soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalita' previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.
 
 3. Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio  2001,  n. 31,  si  applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto  soltanto  nel  caso  in  cui,  dopo la comunicazione dell'esito  delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure  idonee  ad  adeguare  la qualita' dell'acqua o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.
 
 
 
 Nota all'art. 165:
 - L'art. 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.
 31,  recante  «Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa
 alla  qualita'  delle  acque  destinate  al consumo umano»,
 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 3 marzo 2001
 e' il seguente:
 «Art.  19  (Sanzioni).  -  1.  Chiunque  fornisce acqua
 destinata   al   consumo   umano,   in   violazione   delle
 disposizioni  di  cui all'art. 4, comma 2, e' punito con la
 sanzione  amministrativa pecuniaria da lire venti milioni a
 lire centoventi milioni.
 2.  La violazione delle disposizioni di cui all'art. 5,
 comma  2,  secondo  periodo,  e'  punita  con  la  sanzione
 amministrativa  pecuniaria  da  lire  dieci  milioni a lire
 sessanta milioni.
 3.  Si applica la stessa sanzione prevista al comma 2 a
 chiunque   utilizza,   in   imprese   alimentari,  mediante
 incorporazione   o   contatto   per  la  fabbricazione,  il
 trattamento,  la conservazione, l'immissione sul mercato di
 prodotti  o sostanze destinate al consumo umano, acqua che,
 pur  conforme al punto di consegna alle disposizioni di cui
 all'art.  4,  comma  2,  non  lo  sia  al punto in cui essa
 fuoriesce   dal   rubinetto,   se   l'acqua  utilizzata  ha
 conseguenze  per  la  salubrita'  del  prodotto  alimentare
 finale.
 4.  L'inosservanza delle prescrizioni imposte, ai sensi
 degli  articoli 5,  comma  3,  o  10,  commi  1  e 2, con i
 provvedimenti   adottati   dalle  competenti  autorita'  e'
 punita:
 a) con  la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
 cinquecentomila  a  lire  tre  milioni  se  i provvedimenti
 riguardano  edifici  o  strutture  in  cui  l'acqua  non e'
 fornita al pubblico;
 b) con  la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
 dieci  milioni  a  lire sessanta milioni se i provvedimenti
 riguardano edifici o strutture in cui l'acqua e' fornita al
 pubblico;
 c) con  la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
 venti  milioni a lire centoventi milioni se i provvedimenti
 riguardano  la  fornitura  di  acqua  destinata  al consumo
 umano.
 5.  La  violazione delle disposizioni di cui all'art. 9
 e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
 venti milioni a lire centoventi milioni.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 166 (usi delle acque irrigue e di bonifica)
 
 1. I  consorzi  di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze,  hanno  facolta'  di  realizzare  e  gestire  le  reti  a prevalente   scopo  irriguo,  gli  impianti  per  l'utilizzazione  in agricoltura  di  acque  reflue,  gli  acquedotti  rurali  e gli altri impianti  funzionali  ai  sistemi  irrigui  e  di  bonifica e, previa domanda  alle competenti autorita' corredata dal progetto delle opere da  realizzare,  hanno  facolta'  di  utilizzare le acque fluenti nei canali  e  nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle  acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi     la     produzione    di    energia    idroelettrica    e l'approvvigionamento  di  imprese  produttive. L'Autorita'  di bacino esprime  entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale  termine,  la  domanda  si  intende  accettata. Per  tali  usi i consorzi  sono  obbligati  al  pagamento  dei  relativi canoni per le quantita' di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le  disposizioni  di cui al secondo comma dell'articolo 36 del te sto unico  delle  disposizioni  di  legge  sulle  acque  e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
 
 2. I  rapporti  tra  i  consorzi  di  bonifica ed irrigazione ed i soggetti  che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni  di  cui  al  capo  I  del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.
 
 3. Fermo  restando  il  rispetto  della  disciplina sulla qualita' delle acque e degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto,   chiunque,   non  associato  ai  consorzi  di  bonifica  ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di  scarichi,  anche  se  depurati  e  compatibili con l'uso irriguo, provenienti  da  insediamenti  di  qualsiasi natura, deve contribuire alle  spese  sostenute  dal  consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.
 
 4. Il  contributo  di  cui al comma 3 e' determinato dal consorzio interessato  e  comunicato  al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalita' di versamento.
 
 
 
 Nota all'art. 166:
 - L'art.  36  del  regio  decreto  11 dicembre 1933, n.
 1775,  recante  «Testi  unico  delle  disposizioni di legge
 sulle   acque   e  impianti  elettrici»,  pubblicato  nella
 Gazzetta   Ufficiale   n.  5  dell'8 gennaio  1934,  e'  il
 seguente:
 «Art. 36. - Per le concessioni di derivazioni d'acqua a
 uso  promiscuo di irrigazione e di bonificazione, il canone
 e'   ridotto   alla   meta'  di  quello  stabilito  per  la
 irrigazione  senza obbligo di restituzione delle colature o
 residui  di acqua, ed al quinto per quelle aventi per unico
 scopo la bonificazione per colmata.
 Alle  concessioni  di  derivazione  ad uso promiscuo di
 irrigazione  e  di  forza motrice si applica il canone piu'
 elevato.  Se  l'uso promiscuo riguarda una parte dell'acqua
 derivata,  il canone piu' elevato si applica a questa parte
 soltanto e all'altra il canone normale.
 Per  le  concessioni a scopo di irrigazione delle acque
 jemali,  il cui uso e' limitato dall'equinozio di autunno a
 quello di primavera, il canone e' ridotto alla meta'.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 167 (usi agricoli delle acque)
 
 1. Nei  periodi  di  siccita'  e comunque nei casi di scarsita' di risorse  idriche,  durante  i quali si procede alla regolazione delle derivazioni  in  atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la   priorita'   dell'uso   agricolo   ivi  compresa  l'attivita'  di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.
 
 2. Nell'ipotesi  in  cui,  ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si proceda   alla   regolazione   delle  derivazioni,  l'amministrazione competente,   sentiti   i  soggetti  titolari  delle  concessioni  di derivazione, assume i relativi provvedimenti.
 
 3. La  raccolta  di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici e' libera.
 
 4. La   raccolta  di  cui  al  comma  3  non  richiede  licenza  o concessione  di  derivazione  di acque; la realizzazione dei relativi manufatti  e'  regolata  dalle  leggi  in  materia  di  edilizia,  di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.
 
 5. L'utilizzazione  delle acque sotterranee per gli usi domestici, come  definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni  di  legge  sulle  acque  e  sugli  impianti  elettrici, approvato   con  regio  decreto  11  dicembre  1933,  n. 1775,  resta disciplinata  dalla  medesima  disposizione,  purche' non comprometta l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente decreto.
 
 
 
 Note all'art. 167:
 - La  legge  5  febbraio  1992,  n. 102, recante «Norme
 concernenti  l'attivita'  di  acquicoltura»,  e' pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1992.
 -  L'art.  93  del  regio  decreto 11 dicembre 1933, n.
 1775,  recante  «Testo  unico  delle  disposizioni di legge
 sulle   acque   e  impianti  elettrici»,  pubblicato  nella
 Gazzetta   Ufficiale   n.  5  dell'8 gennaio  1934,  e'  il
 seguente:
 «Art.  93.  -  Il proprietario di un fondo, anche nelle
 zone  soggette  a  tutela della pubblica amministrazione, a
 norma  degli  articoli seguenti,  ha  facolta', per gli usi
 domestici, di estrarre ed utilizzare liberamente. anche con
 mezzi  meccanici,  le  acque  sotterranee  nel  suo  fondo,
 purche'  osservi  le distanze e le cautele prescritte dalla
 legge.
 Sono  compresi  negli  usi domestici l'innaffiamento di
 giardini  ed  orti inservienti direttamente al proprietario
 ed alla sua famiglia e l'abbeveraggio del bestiame.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 168 (utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico)
 
 1. Tenuto  conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale, nonche' degli indirizzi per gli  usi  plurimi  delle risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  di  concerto  con  il Ministro delle attivita'  produttive,  sentite  le  Autorita'  di bacino, nonche' le regioni e le province autonome, disciplina, senza che cio' possa dare luogo  alla  corresponsione  di  indennizzi  da  parte della pubblica amministrazione,  fatta  salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:
 
 a)la  produzione  al  fine  della  cessione  di  acqua  dissalata conseguita   nei   cicli  di  produzione  delle  centrali  elettriche costiere;
 b)l'utilizzazione  dell'acqua  invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;
 c)la  difesa  e la bonifica per la salvaguardia della quantita' e della qualita' delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.
 |  |  |  | ART. 169 (piani, studi e ricerche)
 
 1. I   piani,   gli   studi   e   le   ricerche  realizzati  dalle Amministrazioni  dello  Stato  e  da  enti pubblici aventi competenza nelle  materie  disciplinate  dalla  parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorita' di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.
 |  |  |  | Art. 170 Norme transitorie
 
 1.  Ai  fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure  di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data  di  entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.
 2.  Ai  fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre  2000,  n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1 del   decreto-legge   11   giugno   1998,  n.  180,  convertito,  con modificazioni,  dalla  legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti  all'articolo  66  del  presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.
 3.  Ai  fini  dell'applicazione  della  parte  terza  del  presente decreto: a) fino  all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e
 5, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004; b) fino  all'emanazione  del decreto di cui all'articolo 99, comma 1,
 continua  ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n.
 185; c) fino  all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4,
 si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994; d) fino  all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2,
 si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005; e) fino  all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4,
 continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004; f) fino  all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2,
 continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002
 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003; g) fino  all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2,
 continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003; h) fino  all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3,
 continua  ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n.
 99; i) fino  all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2,
 all'affidamento  della concessione di gestione del servizio idrico
 integrato  nonche'  all'affidamento a societa' miste continuano ad
 applicarsi  il  decreto  ministeriale 22 novembre 2001, nonche' le
 circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
 del 6 dicembre 2004; l) fino  all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2,
 continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.
 4.  La  parte  terza  del  presente  decreto  contiene  le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie: a) direttiva   75/440/CEE   relativa   alla   qualita'   delle  acque
 superficiali destinate alla produzione di acqua potabile; b) direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe
 sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico; c) direttiva  78/659/CEE relativa alla qualita' delle acque dolci che
 richiedono  protezione o miglioramento per essere idonee alla vita
 dei pesci; d) direttiva  79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza
 dei   campionamenti  e  delle  analisi  delle  acque  superficiali
 destinate alla produzione di acqua potabile; e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualita' delle acque
 destinate alla molluschicoltura; f) direttiva   80/68/CEE   relativa   alla   protezione  delle  acque
 sotterranee   dall'inquinamento   provocato   da   certe  sostanze
 pericolose; g) direttiva  82/176/CEE  relativa  ai  valori limite ed obiettivi di
 qualita' per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi
 dei cloruri alcalini; h) direttiva  83/513/CEE  relativa  ai  valori limite ed obiettivi di
 qualita' per gli scarichi di cadmio; i) direttiva  84/  156/CEE  relativa ai valori limite ed obiettivi di
 qualita'  per  gli  scarichi  di  mercurio  provenienti da settori
 diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini; l) direttiva  84/491/CEE  relativa  ai  valori  limite e obiettivi di
 qualita' per gli scarichi di esaclorocicloesano; m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11 della
 direttiva  86/280/CEE  concernente i valori limite e gli obiettivi
 di  qualita'  per  gli  scarichi di talune sostanze pericolose che
 figurano nell'elenco 1 dell'Allegato della direttiva 76/464/CEE; n) direttiva   90/415/CEE  relativa  alla  modifica  della  direttiva
 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualita'
 per  gli  scarichi  di  talune  sostanze  pericolose  che figurano
 nell'elenco 1 della direttiva 76/464/CEE; o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue
 urbane; p) direttiva  91/676/CEE  relativa  alla  protezione  delle  acque da
 inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole; q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per
 quanto riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1; r) direttiva  2000/60/CE,  che  istituisce  un  quadro  per  l'azione
 comunitaria in materia di acque.
 5.  Le  regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi  di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai  sensi  dell'articolo  101,  comma 2, contenute nella legislazione regionale  attuativa  della  parte  terza  del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo 121.
 6.  Resta  fermo  quanto  disposto  dall'articolo 36 della legge 24 aprile  1998,  n.  128, e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.
 7.   Fino   all'emanazione   della   disciplina  regionale  di  cui all'articolo  112,  le  attivita'  di  utilizzazione  agronomica sono effettuate  secondo  le  disposizioni  regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
 8.  Dall'attuazione  della  parte  terza  del  presente decreto non devono  derivare  nuovi  o  maggiori  oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.
 9.  Una  quota  non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici  per  cento  degli  stanziamenti  previsti  da  disposizioni statali  di finanziamento e' riservata alle attivita' di monitoraggio e  studio  destinati  all'attuazione  della  parte terza del presente decreto.  10.  Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.
 11.   Fino   all'emanazione  di  corrispondenti  atti  adottati  in attuazione  della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci  i  provvedimenti  e  gli  atti  emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.
 12.  All'onere  derivante  dalla  costituzione  e dal funzionamento della  Sezione  per  la  vigilanza  sulle risorse idriche si provvede mediante  utilizzo  delle  risorse  di  cui all'articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
 13.  All'onere  derivante  dalla  costituzione  e dal funzionamento della    Sezione    per   la   vigilanza   sui   rifiuti,   pari   ad unmilioneduecentoquarantamila   euro,   aggiornato   annualmente   in relazione  al  tasso  d'inflazione,  provvede  il Consorzio nazionale imballaggi  di cui all'articolo 224 con un contributo di pari importo a  carico  dei  consorziati.  Dette  somme sono versate dal Consorzio nazionale  imballaggi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito   capitolo   dello   stato   di   previsione  del  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
 14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di  cui  all'articolo  112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
 
 
 
 Note all'art. 170:
 - La  legge  18 maggio 1989, n. 183, recante "Norme per
 il  riassetto  organizzativo  e funzionale della difesa del
 suolo",   e'  pubblicata  nel  supplemento  ordinario  alla
 Gazzetta Ufficiale n. 120 del 25 maggio 1989.
 -  L'art.  1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279,
 recante   "Interventi   urgenti   per  le  aree  a  rischio
 idrogeologico  molto  elevato  e  in  materia di protezione
 civile,  nonche'  a  favore  di  zone  colpite da calamita'
 naturali",  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 239 del
 12 ottobre  2000, e convertito in legge, con modificazioni,
 dall'art.  1,  legge  11 dicembre  2000,  n.  365 (Gazzetta
 Ufficiale n. 288 dell'11 dicembre 2000), e' il seguente:
 "Art. 1 (Procedura per l'adozione dei progetti di piani
 stralcio).  - 1. I progetti di piano stralcio per la tutela
 dal  rischio  idrogeologico di cui all'art. 1, comma 1, del
 decreto-legge  n.  180  del  1998,  sono  adottati entro il
 termine  perentorio  del  30 aprile  2001,  per i bacini di
 rilievo  nazionale  con  le  modalita'  di cui all'art. 18,
 comma 1, della legge 18 maggio 1989, n. 183, per i restanti
 bacini  con  le modalita' di cui all'art. 20 della medesima
 legge, e successive modificazioni.
 2.   L'adozione   dei   piani  stralcio  per  l'assetto
 idrogeologico  e'  effettuata,  sulla base degli atti e dei
 pareri  disponibili,  entro e non oltre sei mesi dalla data
 di  adozione del relativo progetto di piano, ovvero entro e
 non  oltre  il  termine perentorio del 30 aprile 2001 per i
 progetti  di  piano  adottati antecedentemente alla data di
 entrata  in  vigore della legge di conversione del presente
 decreto.
 3.  Ai  fini  dell'adozione  ed  attuazione  dei  piani
 stralcio  e della necessaria coerenza tra pianificazione di
 bacino  e pianificazione territoriale, le regioni convocano
 una   conferenza   programmatica,  articolata  per  sezioni
 provinciali,  o  per  altro  ambito territoriale deliberato
 dalle regioni stesse, alle quali partecipano le province ed
 i  comuni  interessati,  unitamente  alla  regione  e ad un
 rappresentante dell'Autorita' di bacino.
 4.  La  conferenza  di cui al comma 3 esprime un parere
 sul  progetto  di  piano  con  particolare riferimento alla
 integrazione  a  scala provinciale e comunale dei contenuti
 del    piano,   prevedendo   le   necessarie   prescrizioni
 idrogeologiche  ed  urbanistiche.  Il parere tiene luogo di
 quello  di  cui all'art. 18, comma 9, della legge 18 maggio
 1989,  n.  183.  Il comitato istituzionale, di cui all'art.
 12,  comma  2,  lettera a),  della legge 18 maggio 1989, n.
 183,  sulla  base  dell'unitarieta' della pianificazione di
 bacino,  tiene conto delle determinazioni della Conferenza,
 in sede di adozione del piano.
 5.  Le  determinazioni  assunte  in  sede  di  comitato
 istituzionale,   a   seguito   di  esame  nella  conferenza
 programmatica,   costituiscono   variante   agli  strumenti
 urbanistici.".
 -  L'art.  1  del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180,
 recante  "Misure  urgenti  per  la  prevenzione del rischio
 idrogeologico  ed  a  favore delle zone colpite da disastri
 franosi  nella regione Campania", pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale  n.  134  dell'11 giugno  1998,  e  convertito in
 legge, con modificazioni, dall'art. 1, legge 3 agosto 1998,
 n.  267  (Gazzetta  Ufficiale  n. 183 7 agosto 1998), e' il
 seguente:
 "Art.  1  (Piani  stralcio  per  la  tutela dai rischio
 idrogeologico  e  misure  di  prevenzione  per  le  aree  a
 rischio).  -  1.  Entro il termine perentorio del 30 giugno
 2001,  le  autorita'  di  bacino  di  rilievo  nazionale  e
 interregionale   e   le  regioni  per  i  restanti  bacini,
 adottano, ove non si sia gia' provveduto, piani stralcio di
 bacino  per  l'assetto  idrogeologico  redatti ai sensi del
 comma  6-ter  dell'art.  17  della legge 18 maggio 1989, n.
 183,   e   successive   modificazioni,  che  contengano  in
 particolare   l'individuazione   delle   aree   a   rischio
 idrogeologico  e la perimetrazione delle aree da sottoporre
 a misure di salvaguardia, nonche' le misure medesime.".
 - Il decreto ministeriale 28 luglio 2004 recante "Linee
 guida per la predisposizione del bilancio idrico di bacino,
 comprensive   dei   criteri   per   il   censimento   delle
 utilizzazioni  in  atto  e  per  la  definizione del minimo
 deflusso  vitale,  di cui all'art. 22, comma 4, del decreto
 legislativo  11 maggio  1999,  n.  152, e' pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale n. 268 del 15 novembre 2004.
 -  Il  decreto  ministeriale  12 giugno  2003,  n. 185,
 recante   "Regolamento   recante   norme  tecniche  per  il
 riutilizzo  delle  acque reflue in attuazione dell'art. 26,
 comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e'
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale n. 169 del 23 luglio
 2003.
 -   Il   decreto  ministeriale  6 luglio  2005  recante
 "Criteri  e  norme  tecniche  generali  per  la  disciplina
 regionale  dell'utilizzazione  agronomica  delle  acque  di
 vegetazione  e  degli  scarichi  dei frantoi oleari, di cui
 all'art.  38  del  decreto  legislativo  11 maggio 1999, n.
 152",  e'  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 166 del
 19 luglio 2005.
 -   Il  decreto  ministeriale  30 giugno  2004  recante
 "Criteri  per  la  redazione del progetto di gestione degli
 invasi,  ai  sensi  dell'art.  40,  comma  2,  del  decreto
 legislativo  11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche
 ed  integrazioni,  nel rispetto degli obiettivi di qualita'
 fissati  dal  medesimo  decreto legislativo", e' pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004.
 -  Il  decreto  ministeriale  18 settembre 2002 recante
 "Modalita'  di  informazione  sullo stato di qualita' delle
 acque,   ai   sensi  dell'art.  3,  comma  7,  del  decreto
 legislativo  11 maggio  1999,  n.  152",  e' pubblicato nel
 supplemento  ordinario  alla  Gazzetta Ufficiale n. 245 del
 18 ottobre 2002.
 -   Il  decreto  ministeriale  19 agosto  2003  recante
 "Modalita'  di  trasmissione delle informazioni sullo stato
 di  qualita' dei corpi idrici e sulla classificazione delle
 acque",   e'  pubblicato  nel  supplemento  ordinario  alla
 Gazzetta Ufficiale n. 218 del 19 settembre 2003.
 -  Il  decreto  ministeriale  8 gennaio  1997,  n.  99,
 recante  "Regolamento  sui  criteri e sul metodo in base ai
 quali   valutare   le  perdite  degli  acquedotti  e  delle
 fognature",  e'  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 90
 del 18 aprile 1997.
 -  Il  decreto  ministeriale  22 novembre  2001 recante
 "Modalita'  di  affidamento  in  concessione  a terzi della
 gestione  del  servizio idrico integrato, a norma dell'art.
 20,  comma  1,  della  legge  5 gennaio  1994,  n.  36", e'
 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1° dicembre
 2001.
 -  Le  Circolari  del  Ministro  dell'ambiente  e della
 tutela   del   territorio   del   6 dicembre  2004  recanti
 "Affidamento  in  house  del  servizio  idrico integrato" e
 "Affidamento  del  servizio  idrico  integrato a societa' a
 capitale  misto  pubblico-privato"  sono  pubblicate  nella
 Gazzetta Ufficiale n. 291 del 13 dicembre 2004.
 -   Il  decreto  ministeriale  1° agosto  1996  recante
 "Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di
 costo  e la determinazione della tariffa di riferimento del
 servizio  idrico  integrato",  e' pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale n. 243 del 16 ottobre 1996.
 -  La Direttiva 75/440/CEE del Consiglio, del 16 giugno
 1975,   concernente   "Qualita'  delle  acque  superficiali
 destinate  alla  produzione  di  acqua potabile negli Stati
 membri",   e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  n.  L  194  del
 25 luglio 1975.
 -  La  Direttiva 76/464/CEE del Consiglio, del 4 maggio
 1976,   concernente   "L'inquinamento  provocato  da  certe
 sostanze  pericolose  scaricate  nell'ambiente idrico della
 Comunita",  e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  n.  L  129 del
 18 maggio 1976.
 -  La Direttiva 78/659/CEE del Consiglio, del 18 luglio
 1978,   concernente   "Qualita'   delle   acque  dolci  che
 richiedono  protezione  o  miglioramento  per essere idonee
 alla vita dei pesci", e' pubblicata nella G.U.C.E. n. L 222
 del 14 agosto 1978.
 -  La Direttiva 79/869/CEE del Consiglio, del 9 ottobre
 1979,  relativa  ai  "Metodi  di misura, alla frequenza dei
 campionamenti  e  delle  analisi  delle  acque superficiali
 destinate  alla  produzione  di  acqua potabile negli Stati
 membri",   e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  n.  L  271  del
 29 ottobre 1979.
 - La Direttiva 79/923/CEE del Consiglio, del 30 ottobre
 1979,  concernente  "I  requisiti  di  qualita' delle acque
 destinate   alla  molluschicoltura",  e'  pubblicata  nella
 G.U.C.E. n. L 281 del 10 novembre 1979.
 -   La   Direttiva  80/68/CEE,  del  17 dicembre  1979,
 concernente   "La   protezione   delle   acque  sotterranee
 dall'inquinamento  provocato da certe sostanze pericolose",
 e' pubblicata nella G.U.C.E. n. L 020 del 26 gennaio 1980.
 -  La Direttiva 82/176/CEE, del Consiglio, del 22 marzo
 1982,  concernente  "I  valori  limite  e  gli obiettivi di
 qualita'   per   gli   scarichi  di  mercurio  del  settore
 dell'elettrolisi dei cloruri alcalini", e' pubblicata nella
 G.U.C.E. n. L 81 del 27 marzo 1982.
 -   La   Direttiva   83/513/CEE   del   Consiglio,  del
 26 settembre  1983,  concernente  "I  valori  limite  e gli
 obiettivi  di  qualita'  per  gli  scarichi  di cadmio", e'
 pubblicata nella G.U.C.E. n. L 291 del 24 ottobre 1983.
 -  La  Direttiva 84/156/CEE del Consiglio, dell'8 marzo
 1984,  concernente  "I  valori  limite  e  gli obiettivi di
 qualita'  per  gli  scarichi  di  mercurio  provenienti  da
 settori  diversi  da  quello  dell'elettrolisi  dei cloruri
 alcalini",   e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  n.  L 74  del
 17 marzo 1984.
 -  La Direttiva 84/491/CEE del Consiglio, del 9 ottobre
 1984,  concernente  "I  valori  limite  e  gli obiettivi di
 qualita'   per  gli  scarichi  di  esaclorocicloesano",  e'
 pubblicata nella G.U.C.E. n. L 274 del 17 ottobre 1984.
 -  La Direttiva 88/347/CEE del Consiglio, del 16 giugno
 1988   che   "Modifica   l'allegato   II   della  direttiva
 86/280/CEE,  concernente i valori limite e gli obiettivi di
 qualita' per gli scarichi di talune sostanze pericolose che
 figurano   nell'elenco   I  dell'allegato  della  direttiva
 76/464/CEE",  e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  n. L 158 del
 25 giugno 1988.
 -  La Direttiva 86/280/CEE del Consiglio, del 12 giugno
 1986,  concernente  "I  valori  limite  e  gli obiettivi di
 qualita' per gli scarichi di talune sostanze pericolose che
 figurano   nell'elenco   I  dell'allegato  della  direttiva
 76/464/CEE",  e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  n. L 181 del
 4 luglio 1986.
 -  La  Direttiva 76/464/CEE del Consiglio, del 4 maggio
 1976,   concernente   "L'inquinamento  provocato  da  certe
 sostanze  pericolose  scaricate  nell'ambiente idrico della
 Comunita",  e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  n.  L  129 del
 18 maggio 1976.
 -  La Direttiva 90/415/CEE del Consiglio, del 27 luglio
 1990 che "Modifica l'allegato II della direttiva 86/280/CEE
 concernente i valori limite e gli obiettivi di qualita' per
 gli  scarichi  di  talune  sostanze pericolose che figurano
 nell'elenco I dell'allegato della direttiva 76/464/CEE", e'
 pubblicata nella G.U.C.E. n. L 219 14 agosto 1990.
 -  La Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio
 1991,   concernente  "Il  trattamento  delle  acque  reflue
 urbane",   e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  n.  L  135  del
 30 maggio 1991.
 -   La   Direttiva   91/676/CEE   del   Consiglio,  del
 12 dicembre  1991,  concernente  "La protezione delle acque
 dall'inquinamento  provocato  dai  nitrati  provenienti  da
 fonti  agricole", e' pubblicata nella G.U.C.E. n. L 375 del
 31 dicembre 1991.
 -   La   Direttiva   98/15/CE  della  Commissione,  del
 27 febbraio   1998,   recante   "Modifica  della  direttiva
 91/271/CEE   del   Consiglio  per  quanto  riguarda  alcuni
 requisiti dell'allegato I", e' pubblicata nella G.U.C.E. n.
 L 67 del 7 marzo 1998.
 -  La Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio,  del 23 ottobre 2000, concernente "Un quadro per
 l'azione  comunitaria  in  materia di acque", e' pubblicata
 nella G.U.C.E. n. L 327 del 22 dicembre 2000.
 - L'art. 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, recante
 "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dalla
 appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee. (Legge
 comunitaria   1995-1997),   e  pubblicata  nel  supplemento
 ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7 maggio 1998,
 e' il seguente:
 "Art. 36 (Norme per il mercato dell'energia elettrica).
 -  1. Al fine di promuovere la liberalizzazione del settore
 energetico,  il  Governo  e'  delegato ad emanare, entro un
 anno  dalla data di entrata in vigore della presente legge,
 uno  o  piu'  decreti legislativi, per dare attuazione alla
 direttiva  96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
 recante  norme  comuni per il mercato interno per l'energia
 elettrica,  e ridefinire conseguentemente tutti gli aspetti
 rilevanti del sistema elettrico nazionale, nel rispetto dei
 seguenti principi e criteri direttivi:
 a) prevedere  che  la  liberalizzazione  del  mercato
 avvenga   nel   quadro   di   regole  che  garantiscano  lo
 svolgimento  del  servizio  pubblico,  l'universalita',  la
 qualita'  e  la  sicurezza del medesimo, in particolare con
 l'applicazione  al  mercato  dei  clienti  vincolati di una
 tariffa  unica  nazionale  e  l'istituzione dell'acquirente
 unico   al   fine  di  garantire  la  disponibilita'  della
 capacita' produttiva necessaria, la gestione dei contratti,
 la fornitura e la tariffa unica;
 b) prevedere   che   il   gestore   della   rete   di
 trasmissione  sia anche il dispacciatore, garantendo sia la
 funzione  pubblicistica sia la neutralita' di tale servizio
 al  fine  di  assicurare  l'accesso  paritario  a tutti gli
 utilizzatori;
 c) attribuire   al   Ministro   dell'industria,   del
 commercio  e  dell'artigianato,  sentiti  il  Ministro  del
 commercio   con   l'estero   e  l'Autorita'  per  l'energia
 elettrica ed il gas, la responsabilita' di salvaguardare la
 sicurezza  e  l'economicita'  del  sistema  di  generazione
 elettrica   nazionale  per  quanto  riguarda  l'utilizzo  e
 l'approvvigionamento   delle  fonti  energetiche  primarie,
 operando  per  ridurre  la  vulnerabilita'  complessiva del
 sistema  stesso;  a  tal  fine  individuare  gli  strumenti
 operativi  atti  ad  influenzare  l'evoluzione coerente del
 sistema di generazione nazionale;
 d) favorire  nell'ambito della distribuzione, laddove
 sono  attualmente  presenti  piu'  soggetti  operanti nello
 stesso  territorio,  iniziative  che,  in base a criteri di
 massima  trasparenza,  attraverso normali regole di mercato
 portino  alla  loro  aggregazione,  valorizzando le imprese
 degli enti locali;
 e) incentivare,  attraverso  un'adeguata  politica di
 sostegno e di stimolo, l'uso delle energie rinnovabili e il
 risparmio   energetico,   anche   con  l'obiettivo  di  una
 riduzione delle emissioni di C02;
 f)  definire  le  misure per assicurare condizioni di
 reciprocita'  nei  confronti degli Stati membri dell'Unione
 europea,  in  relazione  al  grado  di  apertura  dei  loro
 mercati, anche al fine di assicurare la parita' competitiva
 sul  mercato  europeo  delle  aziende elettriche italiane e
 dell'industria dell'indotto;
 g) collocare    la   liberalizzazione   del   mercato
 elettrico  nazionale  nell'ottica dell'integrazione europea
 dei mercati nazionali dell'energia elettrica prevista dalla
 direttiva  comunitaria,  finalizzando i decreti legislativi
 anche    all'obiettivo   di   facilitare   la   transizione
 dell'industria nazionale ai nuovi assetti europei.".
 -  L'art.  22,  comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n.
 36,  recante  "Disposizioni in materia di risorse idriche",
 pubblicata   nel   supplemento   ordinario   alla  Gazzetta
 Ufficiale n. 14 del 19 gennaio 1994, e' il seguente:
 "6.   All'onere  derivante  dalla  costituzione  e  dal
 funzionamento del Comitato e dell'Osservatorio, pari a lire
 700  milioni  per  il  1993  e a lire 1.750 milioni annue a
 decorrere  dal  1994,  si provvede mediante riduzione dello
 stanziamento  iscritto  al  capitolo  1124  dello  stato di
 previsione  del  Ministero  dei  lavori pubblici per l'anno
 1993   e   corrispondenti   capitoli   per   gli   esercizi
 successivi.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 171 (canoni per le utenze di acqua pubblica)
 
 1. Nelle  more  del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico,  per  le  grandi  derivazioni  in  corso  di sanatoria di cui all'articolo  96,  comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si  applicano  retroattivamente,  a  decorrere  dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:
 
 a) per  ogni  modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro,  ridotte  alla  meta' se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;
 b) per  ogni  ettaro  del  comprensorio  irriguo  assentito,  con derivazione  non  suscettibile  di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;
 c) per  ogni  modulo  di  acqua  assentito  per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;
 d) per  ogni  modulo  di  acqua  assentito  ad  uso  industriale, 12.600,00  euro,  minimo  1.750,00  euro. Il  canone  e'  ridotto del cinquanta  per  cento se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una  parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con  le  medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni  di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile  1990,  n. 90,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si applicano per l'uso industriale;
 e) per  ogni  modulo  di  acqua  assentito  per  la piscicoltura, l'irrigazione  di  attrezzature  sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;
 f) per  ogni  kilowatt  di  potenza  nominale  assentita,  per le concessioni  di  derivazione  ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;
 g) per  ogni  modulo  di  acqua  assentita  ad  uso  igienico  ed assimilati,  concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi   antincendio,  ivi  compreso  quello  relativo  ad  impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo  tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque  per  tutti  gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.
 
 2. Gli  importi  dei  canoni  di cui al comma 1 non possono essere inferiori  a  250,00  euro  per  derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.
 |  |  |  | ART. 172 (gestioni esistenti)
 
 1. Le  Autorita' d'ambito che alla data di entrata in vigore della parte  terza  del  presente  decreto  abbiano  gia'  provveduto  alla redazione  del piano d'ambito, senza aver scelto la forma di gestione ed  avviato  la  procedura  di affidamento, sono tenute, nei sei mesi decorrenti da tale data, a deliberare i predetti provvedimenti.
 
 2. In  relazione  alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo  113  del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorita'  d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto della parte terza del presente decreto, entro i sessanta giorni antecedenti tale scadenza.
 
 3. Qualora  l'Autorita'  d'ambito non provveda agli adempimenti di cui  ai  commi  1  e  2  nei termini ivi stabiliti, la regione, entro trenta   giorni,   esercita,   dandone   comunicazione   al  Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  all'Autorita' di vigilanza  sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando  un  commissario  "ad  acta",  le  cui  spese sono a carico dell'ente inadempiente, che avvia entro trenta giorni le procedure di affidamento,   determinando   le  scadenze  dei  singoli  adempimenti procedimentali. Qualora  il  commissario  regionale  non provveda nei termini  cosi'  stabiliti,  spettano  al Presidente del Consiglio dei Ministri,  su  proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,  i  poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento.
 
 4. Qualora  gli enti locali non aderiscano alle Autorita' d'ambito ai  sensi  dell'articolo  148  entro  sessanta  giorni  dalla data di entrata  in vigore della parte terza del presente decreto, la regione esercita,  previa  diffida  all'ente  locale  ad  adempiere  entro il termine  di  trenta  giorni  e dandone comunicazione all'Autorita' di vigilanza  sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando  un  commissario  "ad  acta",  le  cui  spese sono a carico dell'ente inadempiente.
 
 5. Alla   scadenza,  ovvero  alla  anticipata  risoluzione,  delle gestioni  in essere ai sensi del comma 2, i beni e gli impianti delle imprese  gia'  concessionarie  sono  trasferiti direttamente all'ente locale  concedente  nei  limiti e secondo le modalita' previsti dalla convenzione.
 
 6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi  per  le  aree  ed  i  nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo  50  del  testo  unico  delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno,  approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo  1978,  n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell'unita' di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione   d'uso   al   gestore   del  servizio  idrico  integrato dell'Ambito  territoriale  ottimale nel quale ricadono in tutto o per la  maggior  parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.
 
 
 
 Note all'art. 172:
 - Il comma 15-bis dell'art. 113 del decreto legislativo
 18 agosto  2000,  n.  267  recante «Testo unico delle leggi
 sull'ordinamento   degli  enti  locali»,  pubblicato  nella
 Gazzetta  Ufficiale  28 settembre 2000, n. 227, S.O., e' il
 seguente:
 «15-bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per i
 singoli  settori  non  stabiliscano  un  congruo periodo di
 transizione,  ai  fini  dell'attuazione  delle disposizioni
 previste  nel  presente articolo, le concessioni rilasciate
 con   procedure   diverse  dall'evidenza  pubblica  cessano
 comunque  entro  e  non oltre la data del 31 dicembre 2006,
 senza   necessita'   di  apposita  deliberazione  dell'ente
 affidante.  Sono  escluse  dalla  cessazione le concessioni
 affidate a societa' a capitale misto pubblico privato nelle
 quali  il socio privato sia stato scelto mediante procedure
 ad  evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto
 delle   norme   interne   e   comunitarie   in  materia  di
 concorrenza,  nonche' quelle affidate a societa' a capitale
 interamente  pubblico  a  condizione  che gli enti pubblici
 titolari  del capitale sociale esercitino sulla societa' un
 controllo  analogo a quello esercitato sui propri servizi e
 che  la  societa'  realizzi  la parte piu' importante della
 propria  attivita'  con  l'ente  o gli enti pubblici che la
 controllano.  Sono  altresi'  escluse  dalla  cessazione le
 concessioni  affidate  alla  data  del  1° ottobre  2003  a
 societa'   gia'  quotate  in  borsa  e  a  quelle  da  esse
 direttamente partecipate a tale data a condizione che siano
 concessionarie  esclusive  del servizio, nonche' a societa'
 originariamente  a  capitale interamente pubblico che entro
 la  stessa  data abbiano provveduto a collocare sul mercato
 quote   di   capitale   attraverso  procedure  ad  evidenza
 pubblica,   ma,   in   entrambe  le  ipotesi  indicate,  le
 concessioni  cessano  comunque  allo  spirare  del  termine
 equivalente  a  quello della durata media delle concessioni
 aggiudicate  nello stesso settore a seguito di procedure di
 evidenza  pubblica,  salva  la  possibilita' di determinare
 caso  per caso la cessazione in una data successiva qualora
 la  stessa  risulti  proporzionata  ai tempi di recupero di
 particolari investimenti effettuati da parte del gestore.».
 - Il decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del
 6 marzo  1978,  recante  «Testo  unico  delle  leggi  sugli
 interventi  nel  Mezzogiorno»  e' pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale n. 146 del 29 maggio 1978.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 173 (personale)
 
 1. Fatta   salva  la  legislazione  regionale  adottata  ai  sensi dell'articolo  12,  comma  3,  della  legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale  che,  alla  data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima  dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private,  anche  cooperative,  che  operano  nel  settore dei servizi idrici  sara' soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro,  al  passaggio  diretto  ed  immediato  al  nuovo gestore del servizio  idrico  integrato,  con  la  salvaguardia  delle condizioni contrattuali,   collettive   e  individuali,  in  atto. Nel  caso  di passaggio   di   dipendenti   di   enti  pubblici  e  di  ex  aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al  gestore  del  servizio  idrico  integrato,  si  applica, ai sensi dell'articolo  31  del  decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina  del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.
 
 
 
 Note all'art. 173:
 - L'art.  12,  comma  3, della legge 5 gennaio 1994, n.
 36, e' il seguente:
 «3.  Le  regioni e, compatibilmente con le attribuzioni
 previste  dai  rispettivi statuti e dalle relative norme di
 attuazione,  le  regioni  a  statuto speciale e le province
 autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  disciplinano  forme e
 modalita'  per  il  trasferimento  ai  soggetti gestori del
 servizio  idrico  integrato del personale appartenente alle
 amministrazioni   comunali,  dei  consorzi,  delle  aziende
 speciali  e  di altri enti pubblici gia' adibito ai servizi
 di  cui  all'art.  4,  comma 1,  lettera f), della presente
 legge,  alla  data  del  31 dicembre  1992. Le regioni e le
 province  autonome  di  Trento  e di Bolzano provvedono con
 legge  al  trasferimento del personale ai nuovi gestori del
 servizio idrico integrato; tale trasferimento avviene nella
 posizione  giuridica  rivestita dal personale stesso presso
 l'ente  di provenienza. Nel caso di passaggio di dipendenti
 di  enti pubblici e di aziende municipalizzate o consortili
 a  societa' private che esercitano le medesime funzioni, si
 applica,  ai sensi dell'art. 62 del decreto legislativo 3 f
 ebbraio  1993,  n.  29,  la disciplina del trasferimento di
 azienda di cui all'art. 2112 del codice civile.».
 - L'art.  31  del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
 165, e' il seguente:
 «Art.  31  (Passaggio  di  dipendenti  per  effetto  di
 trasferimento   di   attivita).   (Art.   34   del  decreto
 legislativo  n.  29  del 1993, come sostituito dall'art. 19
 del  decreto  legislativo n. 80 del 1998). - 1. Fatte salve
 le  disposizioni  speciali,  nel  caso  di  trasferimento o
 conferimento    di    attivita',    svolte   da   pubbliche
 amministrazioni,  enti pubblici o loro aziende o strutture,
 ad  altri  soggetti,  pubblici  o privati, al personale che
 passa  alle dipendenze di tali soggetti si applicano l'art.
 2112  del  codice  civile  e  si  osservano le procedure di
 informazione  e  di consultazione di cui all'art. 47, commi
 da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.».
 - L'art. 2112 del codice civile e' il seguente:
 «Art.  2112 (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in
 caso   di   trasferimento   d'azienda).   -   In   caso  di
 trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con
 il  cessionario  ed  il lavoratore conserva tutti i diritti
 che ne derivano.
 Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido,
 per  tutti  i  crediti che il lavoratore aveva al tempo del
 trasferimento.  Con le procedure di cui agli articoli 410 e
 411  del  codice  di  procedura  civile  il lavoratore puo'
 consentire  la  liberazione  del cedente dalle obbligazioni
 derivanti dal rapporto di lavoro.
 Il  cessionario  e'  tenuto  ad applicare i trattamenti
 economici  e  normativi  previsti  dai contratti collettivi
 nazionali,  territoriali ed aziendali vigenti alla data del
 trasferimento,  fino  alla  loro  scadenza, salvo che siano
 sostituiti   da   altri  contratti  collettivi  applicabili
 all'impresa  del  cessionario. L'effetto di sostituzione si
 produce   esclusivamente   fra   contratti  collettivi  del
 medesimo livello.
 Ferma  restando la facolta' di esercitare il recesso ai
 sensi  della  normativa  in  materia  di  licenziamenti, il
 trasferimento  d'azienda  non costituisce di per se' motivo
 di  licenziamento.  Il  lavoratore,  le  cui  condizioni di
 lavoro  subiscono  una  sostanziale  modifica  nei tre mesi
 successivi  al  trasferimento d'azienda, puo' rassegnare le
 proprie  dimissioni  con  gli effetti di cui all'art. 2119,
 primo comma.
 Ai  fini  e per gli effetti di cui al presente articolo
 si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione
 che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti
 il  mutamento  nella  titolarita' di un'attivita' economica
 organizzata,  con  o  senza scopo di lucro, preesistente al
 trasferimento  e  che conserva nel trasferimento la propria
 identita'  a  prescindere  dalla  tipologia negoziale o dal
 provvedimento  sulla  base  del  quale  il trasferimento e'
 attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Le
 disposizioni del presente articolo si applicano altresi' al
 trasferimento    di   parte   dell'azienda,   intesa   come
 articolazione   funzionalmente   autonoma  di  un'attivita'
 economica organizzata, identificata come tale dal cedente e
 dal cessionario al momento del suo trasferimento.
 Nel caso in cui l'alienante stipuli con l'acquirente un
 contratto  di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando
 il  ramo  d'azienda  oggetto  di cessione, tra appaltante e
 appaltatore opera un regime di solidarieta' di cui all'art.
 29,  comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
 276.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 174 (disposizioni di attuazione e di esecuzione)
 
 1. Sino  all'adozione  da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio di nuove disposizioni attuative della sezione terza  della  parte terza del presente decreto, si applica il decreto del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.
 
 2. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio, sentita  l'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e  la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di  entrata  in  vigore  della  parte  terza  del  presente  decreto, nell'ambito   di   apposite   intese  istituzionali,  predispone  uno specifico  programma  per  il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei livelli di depurazione, cosi' come definiti dalla  direttiva  91/271/CEE,  attivando  i poteri sostitutivi di cui all'articolo  152  negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati  a  carico  dei quali pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva.
 |  |  |  | ART. 175 (abrogazione di norme)
 
 1. A  decorrere  dalla data di entrata in vigore della parte terza del  presente  decreto  sono  o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:
 
 a) l'articolo  42,  comma  terzo,  del  regio decreto 11 dicembre 1933,   n. 1775,   come   modificato   dall'articolo  8  del  decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
 b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;
 c) la   legge   8  ottobre  1976,  n. 690,  di  conversione,  con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
 d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;
 e) la   legge   5   marzo   1982,   n. 62,  di  conversione,  con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
 f) il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;
 g) la   legge   25  luglio  1984,  n. 381,  di  conversione,  con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;
 h) gli  articoli  5,  6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione,  con  modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;
 i) gli  articoli  4,  5,  6  e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236;
 l) la legge 18 maggio 1989, n. 183;
 m) gli  articoli  4  e  5  della  legge  5 aprile 1990, n. 71, di conversione,  con  modificazioni,  del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;
 n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
 o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;
 p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;
 q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;
 r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;
 s) l'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
 t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione,  con  modificazioni,  del  decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;
 u) la  legge  5  gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo 22, comma 6;
 v) l'articolo  9-bis  della  legge  20  dicembre 1996, n. 642, di conversione,  con  modificazioni,  del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
 z) la   legge   17  maggio  1995,  n. 172,  di  conversione,  con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;
 aa) l'articolo  1  del  decreto-legge  11  giugno  1998,  n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;
 bb) il  decreto  legislativo  11  maggio 1999, n. 152, cosi' come modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;
 cc) l'articolo  1-bis  del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.
 |  |  |  | ART. 176 (norma finale)
 
 1. Le  disposizioni  di  cui alla parte terza del presente decreto che  concernono  materie  di  legislazione  concorrente costituiscono principi  fondamentali  ai  sensi  dell'articolo  117, comma 3, della Costituzione.
 
 2. Le  disposizioni  di  cui alla parte terza del presente decreto sono  applicabili  nelle  regioni a statuto speciale e nelle province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
 
 3. Per  le  acque  appartenenti  al  demanio idrico delle province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  restano  ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche    previste   dallo   statuto   speciale   della   regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.
 |  |  |  | ART. 177 (campo di applicazione)
 
 1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti  e  la  bonifica dei siti inquinati anche in attuazione delle direttive  comunitarie sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli oli usati,  sulle  batterie  esauste,  sui  rifiuti  di  imballaggio, sui policlorobifenili  (PCB),  sulle  discariche, sugli inceneritoti, sui rifiuti  elettrici  ed elettronici, sui rifiuti portuali, sui veicoli fuori  uso,  sui  rifiuti  sanitari e sui rifiuti contenenti amianto. Sono    fatte    salve   disposizioni   specifiche,   particolari   o complementari,  conformi  ai  principi  di  cui alla parte quarta del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.
 
 2.  Le  regioni  e  le  province  autonome  adeguano  i rispettivi ordinamenti    alle    disposizioni   di   tutela   dell'ambiente   e dell'ecosistema  contenute  nella  parte  quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso.
 |  |  |  | ART. 178 (finalita)
 
 1.  La  gestione  dei  rifiuti  costituisce  attivita' di pubblico interesse  ed e' disciplinata dalla parte quarta del presente decreto al fine di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificita' dei rifiuti pericolosi.
 2.  I  rifiuti  devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per  la  salute  dell'uomo  e  senza  usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
 
 a)  senza  determinare  rischi  per  l'acqua,  l'aria,  il suolo, nonche' per la fauna e la flora;
 b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
 c)  senza  danneggiare  il  paesaggio  e  i  siti  di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
 
 3. La gestione dei rifiuti e' effettuata conformemente ai principi di    precauzione,    di   prevenzione,   di   proporzionalita',   di responsabilizzazione  e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni   da   cui  originano  i  rifiuti,  nel  rispetto  dei  principi dell'ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al  principio  comunitario "chi inquina paga". A tal fine la gestione dei  rifiuti  e' effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicita' e trasparenza.
 
 4.  Per conseguire le finalita' e gli obiettivi della parte quarta del  presente  decreto,  lo Stato, le regioni, le province autonome e gli  enti  locali  esercitano  i  poteri  e le funzioni di rispettiva competenza  in  materia  di  gestione dei rifiuti in conformita' alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni   opportuna  azione  ed  avvalendosi,  ove  opportuno,  mediante accordi,   contratti   di   programma  o  protocolli  d'intesa  anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati.
 
 5.  I  soggetti  di  cui  al  comma  4 costituiscono, altresi', un sistema  compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente  agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche,  i  sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti  direttamente  o  indirettamente le materie ambientali, con particolare  riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e  con  le  modalita' di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), e nel  rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della societa'  dell'informazione,  previste  dalle direttive comunitarie e relative  norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.
 
 
 
 Nota all'art. 178:
 - La  legge  21  giugno  1986, n. 317, pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale 2 luglio 1986, n. 151, reca:
 "Procedura  d'informazione  nel  settore  delle norme e
 regolamentazioni   tecniche  e  delle  regole  relative  ai
 servizi  della  societa'  dell'informazione  in  attuazione
 della  direttiva  n.  98/34/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio del 22 giugno 1998, modificata dalla direttiva n.
 98/48/CE   del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  del
 20 luglio 1998".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 179 (criteri di priorita' nella gestione dei rifiuti)
 
 1.  Le  pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire prioritariamente la  prevenzione e la riduzione della produzione e della nocivita' dei rifiuti, in particolare mediante:
 
 a)  lo  sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso piu' razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;
 b)  la  messa  a  punto  tecnica  e  l'immissione  sul mercato di prodotti  concepiti  in  modo  da non contribuire o da contribuire il meno  possibile,  per  la  loro  fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento,  ad incrementare la quantita' o la nocivita' dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
 c)  lo  sviluppo  di  tecniche  appropriate per l'eliminazione di sostanze  pericolose  contenute  nei  rifiuti al fine di favorirne il recupero.
 
 2.  Nel  rispetto  delle  misure prioritarie di cui al comma 1, le pubbliche   amministrazioni  adottano,  inoltre,  misure  dirette  al recupero  dei  rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra  azione  intesa  a  ottenere  materie prime secondarie, nonche' all'uso di rifiuti come fonte di energia.
 |  |  |  | ART. 180 (prevenzione della produzione di rifiuti)
 
 1. Al  fine  di  promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione   della  produzione  e  della  nocivita'  dei  rifiuti,  le iniziative di cui all'articolo 179 riguardano in particolare:
 
 a) la  promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione  ambientale,  analisi  del ciclo di vita dei prodotti, azioni  di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l'uso di  sistemi  di  qualita', nonche' lo sviluppo del sistema di marchio ecologico  ai  fini  della  corretta  valutazione dell'impatto di uno specifico  prodotto  sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita del prodotto medesimo;
 b) la previsione di clausole di gare d'appalto che valorizzino le capacita'  e  le  competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;
 c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d'intesa  anche  sperimentali  finalizzati, con effetti migliorativi, alla   prevenzione   ed   alla  riduzione  della  quantita'  e  della pericolosita' dei rifiuti;
 d) l'attuazione  del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e  degli  altri  decreti  di  recepimento della direttiva 96/61/CE in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.
 |  |  |  | ART. 181 (recupero dei rifiuti)
 
 1.  Ai  fini  di  una  corretta  gestione dei rifiuti le pubbliche amministrazioni favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso:
 
 a) il riutilizzo, il reimpiego ed il riciclaggio;
 b)  le  altre  forme  di  recupero  per  ottenere  materia  prima secondaria dai rifiuti;
 c)  l'adozione di misure economiche e la previsione di condizioni di  appalto  che  prescrivano  l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato di tali materiali;
 d) l'utilizzazione dei rifiuti come mezzo per produrre energia.
 
 2.  Al fine di favorire e incrementare le attivita' di riutilizzo, di  reimpiego  e  di  riciclaggio  e  l'adozione delle altre forme di recupero  dei  rifiuti,  le pubbliche amministrazioni ed i produttori promuovono  analisi  dei  cicli  di  vita  dei  prodotti, ecobilanci, campagne di informazione e tutte le altre iniziative utili.
 
 3. Alle imprese che intendono modificare i propri cicli produttivi al  fine  di  ridurre  la  quantita'  e  la pericolosita' dei rifiuti prodotti ovvero di favorire il recupero di materiali sono concesse in via  prioritaria le agevolazioni gravanti sul Fondo speciale rotativo per  l'innovazione tecnologica, previste dagli articoli 14 e seguenti della  legge  17  febbraio  1982,  n.  46. Le modalita', i tempi e le procedure  per  la  concessione  e  l'erogazione  delle  agevolazioni predette  sono  stabilite  con  decreto  del Ministro delle attivita' produttive,  di  concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, dell'economia e delle finanze e della salute.
 
 4.  Le  pubbliche amministrazioni promuovono e stipulano accordi e contratti  di programma con i soggetti economici interessati o con le associazioni di categoria rappresentative dei settori interessati, al fine  di  favorire  il  riutilizzo, il reimpiego, il riciclaggio e le altre  forme  di  recupero dei rifiuti, nonche' l'utilizzo di materie prime secondarie, di combustibili o di prodotti ottenuti dal recupero dei  rifiuti  provenienti  dalla raccolta differenziata. Nel rispetto dei  principi  e dei criteri previsti dalle norme comunitarie e delle norme   nazionali  di  recepimento,  detti  accordi  e  contratti  di programma  attuano  le  disposizioni  previste dalla parte quarta del presente  decreto,  oltre  a  stabilire semplificazioni in materia di adempimenti amministrativi nel rispetto delle norme comunitarie e con l'eventuale ricorso a strumenti economici.
 
 5.  Gli  accordi e i contratti di programma di cui al comma 4 sono pubblicati  nella  Gazzetta  Ufficiale e sono aperti all'adesione dei soggetti   interessati,   in  conformita'  alla  comunicazione  della Commissione  al  Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato delle regioni,  Com  (2002) 412 definitivo del 17 luglio 2002, in base alla quale  la  Commissione  potra'  anche  utilizzarli  nell'ambito della autoregolamentazione,  intesa  come  incoraggiamento o riconoscimento degli   accordi   medesimi,   o   coregolamentazione,   intesa   come proposizione   al  legislatore  di  utilizzare  gli  accordi,  quando opportuno.
 
 6.  I  metodi  di  recupero  dei  rifiuti  utilizzati per ottenere materia  prima  secondaria,  combustibili o prodotti devono garantire l'ottenimento  di  materiali  con caratteristiche fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con  il  Ministro  delle attivita' produttive, ai sensi dell'articolo 17,  comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Sino all'emanazione del  predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al  decreto  ministeriale  5 febbraio 1998 ed al decreto del Ministro dell'ambiente  e  della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161. Le  predette  caratteristiche  possono  essere altresi' conformi alle autorizzazioni  rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 210 del presente decreto.
 
 7.  Nel rispetto di quanto previsto ai commi 4, 5 e 6 del presente articolo,  i  soggetti  economici  interessati  o  le associazioni di categoria   rappresentative   dei   settori  interessati,  anche  con riferimento   ad  interi  settori  economici  e  produttivi,  possono stipulare   con   il   Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio,  di concerto con il Ministro delle attivita' produttive e sentito  il parere del Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali  (CESPA), appositi accordi di programma ai sensi del comma 4  e  dell'articolo 206 per definire i metodi di recupero dei rifiuti destinati   all'ottenimento   di   materie   prime   secondarie,   di combustibili  o  di  prodotti. Gli accordi fissano le modalita' e gli adempimenti  amministrativi per la raccolta, per la messa in riserva, per  il trasporto dei rifiuti, per la loro commercializzazione, anche tramite  il  mercato telematico, con particolare riferimento a quello del  recupero realizzato dalle Camere di commercio, e per i controlli delle  caratteristiche  e  i  relativi  meto  di di prova; i medesimi accordi  fissano  altresi'  le  caratteristiche  delle  materie prime secondarie,  dei  combustibili  o  dei  prodotti ottenuti, nonche' le modalita'  per  assicurare  in  ogni caso la loro tracciabilita' fino all'ingresso nell'impianto di effettivo impiego.
 
 8.  La  proposta  di  accordo  di programma, con indicazione anche delle  modalita' usate per il trasporto e per l'impiego delle materie prime  secondarie,  o  la  domanda  di adesione ad un accordo gia' in vigore  deve  essere  presentata  al  Ministro  dell'ambiente e della tutela  del  territorio, che si avvale per l'istruttoria del Comitato nazionale  dell'Albo  di  cui  all'articolo 212 e dell'Agenzia per la protezione  dell'ambiente  e  per  i  servizi  tecnici (APAT), che si avvale  delle  Agenzie  regionali  per  la  protezione  dell'ambiente (ARPA).  Sulla  proposta  di  accordo e' acquisito altresi' il parere dell'Autorita' di cui all'articolo 207.
 
 9.  Gli  accordi  di  cui al comma 7 devono contenere inoltre, per ciascun  tipo di attivita', le norme generali che fissano i tipi e le quantita'  di  rifiuti  e  le  condizioni  alle  quali l'attivita' di recupero  dei rifiuti e' dispensata dall'autorizzazione, nel rispetto delle condizioni fissate dall'articolo 178, comma 2.
 
 10.  I  soggetti  firmatari  degli  accordi  previsti dal presente articolo  sono  iscritti  presso  un'apposita  sezione  da costituire presso  l'Albo  di  cui  all'articolo  212,  a  seguito  di  semplice richiesta   scritta,   e   senza   essere  sottoposti  alle  garanzie finanziarie di cui ai commi 7 e 9 del citato articolo 212.
 
 11.  Gli accordi di programma di cui al comma 7 sono approvati, ai fini  della  loro efficacia, con decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  di  concerto  con  il  Ministro delle attivita'   produttive  e  con  il  Ministro  della  salute,  e  sono successivamente  pubblicati  nella  Gazzetta  Ufficiale. Tali accordi sono aperti all'adesione di tutti i soggetti interessati.
 
 12.  La  disciplina  in materia di gestione dei rifiuti si applica fino  al  completamento delle operazioni di recupero, che si realizza quando  non sono necessari ulteriori trattamenti perche' le sostanze, i  materiali  e  gli  oggetti  ottenuti  possono  essere  usati in un processo   industriale   o   commercializzati   come   materia  prima secondaria,  combustibile  o come prodotto da collocare, a condizione che  il  detentore  non  se  ne disfi o non abbia deciso, o non abbia l'obbligo, di disfarsene.
 
 13.  La  disciplina  in  materia  di  gestione  dei rifiuti non si applica  ai  materiali,  alle  sostanze  o  agli  oggetti  che, senza necessita'  di  operazioni  di  trasformazione,  gia'  presentino  le caratteristiche  delle  materie  prime secondarie, dei combustibili o dei  prodotti  individuati ai sensi del presente articolo, a meno che il  detentore  se  ne  disfi  o  abbia  deciso, o abbia l'obbligo, di disfarsene.
 
 14.   I  soggetti  che  trasportano  o  utilizzano  materie  prime secondarie,  combustibili o prodotti, nel rispetto di quanto previsto dal  presente  articolo,  non  sono  sottoposti  alla  normativa  sui rifiuti,  a  meno  che  se  ne  disfino  o  abbiano deciso, o abbiano l'obbligo, di disfarsene.
 
 
 
 Note all'art. 181:
 - L'art.  14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, e' il
 seguente:
 "Art.  14.  -  Presso  il Ministero dell'industria, del
 commercio e dell'artigianato e' istituito il Fondo speciale
 rotativo   per   l'innovazione  tecnologica.  Il  Fondo  e'
 amministrato con gestione fuori bilancio ai sensi dell'art.
 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041.
 Gli interventi del Fondo hanno per oggetto programmi di
 imprese   destinati  ad  introdurre  rilevanti  avanzamenti
 tecnologici   finalizzati   a  nuovi  prodotti  o  processi
 produttivi  o  al  miglioramento  di  prodotti  o  processi
 produttivi  gia'  esistenti.  Tali  programmi riguardano le
 attivita'  di  progettazione,  sperimentazione,  sviluppo e
 preindustrializzazione, unitariamente considerate.
 Il  Ministro  delle  attivita'  produttive provvede con
 proprio  decreto,  adottato  previo  parere  delle  regioni
 interessate,  a  stabilire annualmente la percentuale delle
 risorse  riservate  in  via  prioritaria  ai  programmi  di
 sviluppo  precompetitivo  presentati  dalle piccole e medie
 imprese.  Tale  quota  non  puo' essere inferiore al 25 per
 cento delle riserve annuali disponibili.".
 - Il  decreto  ministeriale 5 febbraio 1998, pubblicato
 nella  Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1998, n. 88, S.O. reca:
 "Individuazione  dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle
 procedure  semplificate di recupero ai sensi degli articoli
 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22".
 - Il  decreto  ministeriale  12  giugno  2002,  n. 161,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 luglio 2002, n. 177,
 reca:  "Regolamento  attuativo degli articoli 31 del 33 del
 decreto   legislativo  5 febbraio  1997,  n.  22,  relativo
 all'individuazione  dei rifiuti pericolosi che e' possibile
 ammettere alle procedure semplificate.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 181-bis ((Materie, sostanze e prodotti secondari))
 ((1. Non rientrano nella definizione di cui all'articolo 183, comma 1,  lettera  a),  le  materie,  le  sostanze  e  i prodotti secondari definiti dal decreto ministeriale di cui al comma 2, nel rispetto dei seguenti criteri, requisiti e condizioni:
 a) siano prodotti da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti;
 b)   siano   individuate   la  provenienza,  la  tipologia  e  le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre;
 c) siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producono, con particolare riferimento alle modalita' ed alle condizioni di esercizio delle stesse;
 d)  siano precisati i criteri di qualita' ambientale, i requisiti merceologici  e  le  altre  condizioni necessarie per l'immissione in commercio,  quali  norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo  conto  del  possibile  rischio  di danni all'ambiente e alla salute  derivanti  dall'utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto secondario;
 e) abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato.
 2.  I  metodi  di  recupero  dei  rifiuti  utilizzati  per ottenere materie, sostanze e prodotti secondari devono garantire l'ottenimento di  materiali  con  caratteristiche  fissate con decreto del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio e del mare, ai sensi dell'articolo  17,  comma  3,  della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto  con  il  Ministro  della  salute  e  con  il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro il 31 dicembre 2008.
 3.  Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 2 continuano ad applicarsi  le disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.
 4. Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 181-bis del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,  comma  2, continua ad applicarsi  la  circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN.
 5.  In  caso  di mancata adozione del decreto di cui al comma 2 nel termine  previsto, il Consiglio dei Ministri provvede in sostituzione nei  successivi  novanta  giorni,  ferma  restando l'applicazione del regime transitorio di cui al comma 4 del presente articolo.))
 |  |  |  | ART. 182 (smaltimento dei rifiuti)
 
 1.  Lo  smaltimento  dei  rifiuti  e'  effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa   verifica,   da   parte  della  competente  autorita',  della impossibilita'  tecnica  ed  economica  di  esperire le operazioni di recupero  di  cui  all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilita' di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta  l'applicazione  in condizioni economicamente e tecnicamente valide  nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione  i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano  o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purche' vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.
 
 2.  I  rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il piu'  possibile  ridotti  sia  in massa che in volume, potenziando la prevenzione  e  le  attivita'  di  riutilizzo,  di  riciclaggio  e di recupero.
 
 3.  Lo  smaltimento  dei  rifiuti e' attuato con il ricorso ad una rete  integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, attraverso le migliori tecniche disponibili e tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
 
 a)  realizzare  l'autosufficienza  nello  smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali;
 b)  permettere  lo  smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati  piu'  vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico   o   della   necessita'  di  impianti  specializzati  per determinati tipi di rifiuti;
 c) utilizzare i metodi e le tecnologie piu' idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
 
 4.   Nel   rispetto   delle  prescrizioni  contenute  nel  decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi  impianti  possono  essere  autorizzate  solo  se  il  relativo processo  di  combustione  e' accompagnato da recupero energetico con una  quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in  energia  utile, calcolata su base annuale, stabilita con apposite norme  tecniche  approvate  con  decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  di  concerto  con  il  Ministro delle attivita'  produttive,  tenendo  conto di eventuali norme tecniche di settore esistenti, anche a livello comunitario.
 
 5.  E' vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse  da  quelle  dove  gli  stessi  sono  prodotti,  fatti  salvi eventuali  accordi  regionali  o  internazionali, qualora gli aspetti territoriali   e   l'opportunita'  tecnico-economica  di  raggiungere livelli  ottimali  di  utenza servita lo richiedano. Sono esclusi dal divieto   le   frazioni   di   rifiuti  urbani  oggetto  di  raccolta differenziata  destinate  al recupero per le quali e' sempre permessa la  libera  circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire quanto  piu' possibile il loro recupero, privilegiando il concetto di prossimita' agli impianti di recupero.
 
 6.  Lo  smaltimento  dei  rifiuti  in  fognatura  e'  disciplinato dall'articolo 107, comma 3.
 
 7.  Le  attivita'  di  smaltimento  in  discarica dei rifiuti sono disciplinate  secondo  le  disposizioni  del  decreto  legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.
 
 8.   E'  ammesso  lo  smaltimento  della  frazione  biodegradabile ottenuta  da trattamento di separazione fisica della frazione residua dei  rifiuti  solidi urbani nell'ambito degli impianti di depurazione delle  acque  reflue  previa verifica tecnica degli impianti da parte dell'ente gestore.
 
 
 
 Nota all'art. 182:
 - Il  decreto  legislativo  11  maggio  2005,  n.  133,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 luglio 2005, n. 163,
 S.O.,  reca:  "Attuazione  della  direttiva  2000/76/CE, in
 materia di incenerimento dei rifiuti".
 -  Il  decreto  legislativo  13  gennaio  2003,  n. 36,
 pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale 12 marzo 2003, n. 59,
 S.O.,   reca:   "Attuazione   della  direttiva  1999/31/CE,
 relativa alle discariche di rifiuti".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 183 (definizioni)
 
 1.  Ai  fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le  ulteriori  definizioni  contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:
 
 a)  rifiuto:  qualsiasi  sostanza  od  oggetto  che rientra nelle categorie  riportate  nell'Allegato  A alla parte quarta del presente decreto  e  di  cui  il  detentore  si  disfi  o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi;
 b)  produttore:  la  persona la cui attivita' ha prodotto rifiuti cioe'   il  produttore  iniziale  e  la  persona  che  ha  effettuato operazioni  di  pretrattamento,  di  miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;
 c)  detentore:  il  produttore  dei  rifiuti o il soggetto che li detiene;
 d)  gestione:  la  raccolta,  il  trasporto,  il  recupero  e  lo smaltimento  dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonche' il controllo delle discariche dopo la chiusura;
 e)   raccolta:   l'operazione   di  prelievo,  di  cernita  o  di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto;
 f) raccolta differenziata: la raccolta idonea, secondo criteri di economicita',  efficacia,  trasparenza ed efficienza, a raggruppare i rifiuti  urbani  in frazioni merceologiche omogenee, al momento della raccolta  o,  per  la  frazione  organica umida, anche al momento del trattamento,   nonche'   a   raggruppare  i  rifiuti  di  imballaggio separatamente  dagli  altri  rifiuti urbani, a condizione che tutti i rifiuti sopra indicati siano effettivamente destinati al recupero;
 g)   smaltimento:   ogni   operazione   finalizzata  a  sottrarre definitivamente  una sostanza, un materiale o un oggetto dal circuito economico  e/o  di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto;
 h)  recupero:  le  operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie   prime   secondarie,  combustibili  o  prodotti,  attraverso trattamenti  meccanici,  termici,  chimici  o  biologici,  incluse la cernita  o  la  selezione,  e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto;
 i)  luogo  di  produzione  dei  rifiuti:  uno  o  piu'  edifici o stabilimenti  o  siti infrastrutturali collegati tra loro all'interno di  un'area  delimitata in cui si svolgono le attivita' di produzione dalle quali sono originati i rifiuti;
 l)  stoccaggio:  le  attivita'  di  smaltimento consistenti nelle operazioni  di  deposito  preliminare  di rifiuti di cui al punto D15 dell'Allegato  B  alla  parte quarta del presente decreto, nonche' le attivita'  di  recupero  consistenti  nelle  operazioni  di  messa in riserva  di  materiali  di  cui  al  punto  R13  dell'Allegato C alla medesima parte quarta;
 m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:
 
 1)     i     rifiuti     depositati     non    devono    contenere policlorodibenzodiossine,                     policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantita' superiore a 2,5 parti per milione (ppm),   ne'  policlorobifenile  e  policlorotrifenili  in  quantita' superiore a 25 parti per milione (ppm);
 
 2)  i  rifiuti  pericolosi  devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalita' alternative, a scelta del produttore:
 
 oppure
 
 2.1)  con  cadenza  almeno  bimestrale,  indipendentemente  dalle quantita' in deposito;
 
 oppure
 
 2.2)  quando  il  quantitativo  di rifiuti pericolosi in deposito raggiunga i 10 metri cubi. In ogni caso, allorche' il quantitativo di rifiuti non superi i 10 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non puo' avere durata superiore ad un anno;
 
 oppure
 
 2.3)   limitatamente   al   deposito   temporaneo  effettuato  in stabilimenti  localizzati  nelle  isole  minori,  entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantita';
 
 3) i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalita' alternative, a scelta del produttore:
 
 3.1)  con  cadenza  almeno  trimestrale,  indipendentemente dalle quantita' in deposito;
 
 oppure
 
 3.2) quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunga i 20 metri cubi. In ogni caso, allorche' il quantitativo di rifiuti non superi i 20 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non puo' avere durata superiore ad un anno;
 
 oppure
 
 3.3)   limitatamente   al   deposito   temporaneo  effettuato  in stabilimenti  localizzati  nelle  isole  minori,  entro il termine di durata massima di un anno, indipendentemente dalle quantita';
 
 4)  il  deposito  temporaneo  deve essere effettuato per categorie omogenee  di  rifiuti  e  nel rispetto delle relative norme tecniche, nonche',  per  i  rifiuti  pericolosi,  nel  rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
 
 5)   devono   essere   rispettate   le   norme   che  disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura dei rifiuti pericolosi;
 
 n) sottoprodotto: i prodotti dell'attivita' dell'impresa che, pur non  costituendo l'oggetto dell'attivita' principale, scaturiscono in via  continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono destinati  ad  un  ulteriore  impiego o al consumo. Non sono soggetti alle  disposizioni  di  cui  alla parte quarta del presente decreto i sottoprodotti  di  cui  l'impresa  non  si disfi, non sia obbligata a disfarsi  e  non  abbia  deciso  di  disfarsi  ed  in  particolare  i sottoprodotti  impiegati  direttamente  dall'impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l'impresa stessa  direttamente  per  il  consumo  o  per  l'impiego,  senza  la necessita'  di  operare  trasformazioni  preliminari in un successivo processo   produttivo;   a   quest'ultimo  fine,  per  trasformazione preliminare  s'intende  qualsiasi  operazione  che  faccia perdere al sottoprodotto    la   sua   identita',   ossia   le   caratteristiche merceologiche  di  qualita' e le proprieta' che esso gia' possiede, e che  si  rende  necessaria  per il successivo impiego in u n processo produttivo  o  per il consumo. L'utilizzazione del sottoprodotto deve essere  certa e non eventuale. Rientrano altresi' tra i sottoprodotti non  soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto  le ceneri di pirite, polveri di ossido di ferro, provenienti dal  processo di arrostimento del minerale noto come pirite o solfuro di  ferro  per  la  produzione  di acido solforico e ossido di ferro, depositate   presso   stabilimenti   di   produzione  dismessi,  aree industriali  e  non, anche se sottoposte a procedimento di bonifica o di  ripristino  ambientale. Al fine di garantire un impiego certo del sottoprodotto,  deve  essere  verificata la rispondenza agli standard merceologici,  nonche' alle norme tecniche, di sicurezza e di settore e   deve  essere  attestata  la  destinazione  del  sottoprodotto  ad effettivo  utilizzo  in  base  a  tali  standard  e norme tramite una dichiarazione  del produttore o detentore, controfirmata dal titolare dell'impianto  dove  avviene  l'effettivo  utilizzo.  L'utilizzo  del sottoprodotto   non  deve  comportare  per  l'ambiente  o  la  salute condizioni  peggiorative  rispetto  a  quelle delle normali attivita' produttive;
 o)  frazione  umida: rifiuto organico putrescibile ad alto tenore di  umidita',  proveniente  da  raccolta  differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani;
 p)  frazione  secca:  rifiuto  a  bassa putrescibilita' e a basso tenore  di umidita' proveniente da raccolta differenziata o selezione o  trattamento  dei  rifiuti  urbani,  avente  un rilevante contenuto energetico;
 q)  materia  prima  secondaria:  sostanza  o  materia  avente  le caratteristiche stabilite ai sensi dell'articolo 181;
 r) combustibile da rifiuti (CDR): il combustibile classificabile, sulla  base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni,  come  RDF  di  qualita' normale, che e' recuperato dai rifiuti   urbani  e  speciali  non  pericolosi  mediante  trattamenti finalizzati   a  garantire  un  potere  calorifico  adeguato  al  suo utilizzo, nonche' a ridurre e controllare:
 
 1) il rischio ambientale e sanitario;
 2)  la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile e il contenuto di umidita';
 3)  la  presenza  di sostanze pericolose, in particolare ai fini della combustione;
 
 s)  combustibile  da  rifiuti  di  qualita'  elevata  (CDR-Q): il combustibile  classificabile,  sulla  base  delle  norme tecniche UNI 9903-1  e  successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualita' elevata, cui si applica l'articolo 229;
 t)  compost  da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione  organica  dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche  finalizzate  a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela  ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualita';
 u)   materia   prima  secondaria  per  attivita'  siderurgiche  e metallurgiche la cui utilizzazione e' certa e non eventuale:
 
 1)  rottami  ferrosi  e  non  ferrosi derivanti da operazioni di recupero  completo  e rispondenti a specifiche Ceca, Aisi, Caef, Uni, Euro  o  ad  altre specifiche nazionali e internazionali, individuate entro  centottanta  giorni  dall'entrata in vigore della parte quarta del  presente  decreto con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro delle attivita' produttive, non avente natura regolamentare;
 2) i rottami o scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti  da  cicli  produttivi  o di consumo, esclusa la raccolta differenziata,  che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate  nelle  specifiche  di  cui  al  numero  1).  I fornitori e produttori  di  materia  prima  secondaria per attivita' siderurgiche appartenenti a Paesi esteri presentano domanda di iscrizione all'Albo nazionale  gestori  ambientali, ai sensi dell'articolo 212, comma 12, entro  sessanta  giorni  dalla  data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al numero 1);
 
 v) gestore del servizio di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti:  l'impresa  che  effettua  il servizio di gestione dei rifiuti, prodotti anche da terzi, e di bonifica dei siti inquinati ricorrendo, coordinandole,  anche  ad altre imprese, in possesso dei requisiti di legge,  per  lo  svolgimento  di singole parti del servizio medesimo. L'impresa  che intende svolgere l'attivita' di gestione dei rifiuti e di  bonifica  dei  siti  deve  essere  iscritta  nelle  categorie  di intermediazione  dei  rifiuti  e  bonifica  dei siti dell'Albo di cui all'articolo  212  nonche'  nella  categoria  delle opere generali di bonifica e protezione ambientale stabilite dall'Allegato A annesso al regolamento  di  cui  al  decreto  del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34;
 
 z)  emissioni:  qualsiasi  sostanza  solida,  liquida  o  gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico;
 
 aa)  scarichi  idrici:  qualsiasi  immissione  di acque reflue in acque  superficiali,  sul  suolo,  nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente  dalla  loro  natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione;
 bb)  inquinamento  atmosferico:  ogni modifica atmosferica dovuta all'introduzione  nell'aria di una o piu' sostanze in quantita' e con caratteristiche tali da ledere o costituire un pericolo per la salute umana  o  per  la qualita' dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente;
 cc)  gestione integrata dei rifiuti: il complesso delle attivita' volte   ad   ottimizzare   la  gestione  dei  rifiuti,  ivi  compresa l'attivita'  di  spazzamento delle strade, come definita alla lettera d);
 dd)  spazzamento delle strade: modalita' di raccolta dei rifiuti su strada.
 
 
 
 Nota all'art. 183:
 - Il decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio
 2000, n. 34 (Regolamento recante istituzione del sistema di
 qualificazione  per  gli  esecutori  di lavori pubblici, ai
 sensi  dell'art.  8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e
 successive  modificazioni)  e'  pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale del 29 febbraio 2000, n. 49, S.O.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 184 (classificazione)
 
 1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i  rifiuti  sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti  speciali  e, secondo le caratteristiche di pericolosita', in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.
 
 2. Sono rifiuti urbani:
 
 a)  i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;
 b)  i  rifiuti  non  pericolosi  provenienti  da  locali e luoghi adibiti  ad  usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai  rifiuti  urbani  per qualita' e quantita', ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g);
 c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
 d)  i  rifiuti  di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade  ed  aree  pubbliche  o  sulle strade ed aree private comunque soggette  ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;
 e)  i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;
 f)  i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonche' gli  altri  rifiuti  provenienti  da attivita' cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e).
 
 3. Sono rifiuti speciali:
 
 a) i rifiuti da attivita' agricole e agro-industriali;
 b)   i   rifiuti   derivanti   dalle  attivita'  di  demolizione, costruzione, nonche' i rifiuti pericolosi che derivano dalle
 attivita'  di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo
 186; c) i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, comma 1, lettera i);
 d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
 e) i rifiuti da attivita' commerciali;
 f) i rifiuti da attivita' di servizio;
 g)  i rifiuti derivanti dalla attivita' di recupero e smaltimento di  rifiuti,  i  fanghi  prodotti  dalla  potabilizzazione e da altri trattamenti  delle  acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
 h) i rifiuti derivanti da attivita' sanitarie;
 i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
 l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;
 m) il combustibile derivato da rifiuti;
 n)  i rifiuti derivati dalle attivita' di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani.
 
 4.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio  di concerto con il Ministro delle attivita' produttive si provvede   ad   istituire   l'elenco   dei   rifiuti,   conformemente all'articolo  1,  comma  1,  lettera a), della direttiva 75/442/CE ed all'articolo  1,  paragrafo 4, della direttiva 91/689/CE, di cui alla Decisione  della  Commissione  2000/532/CE  del  3  maggio 2000. Sino all'emanazione  del  predetto  decreto  continuano  ad  applicarsi le disposizioni di cui alla direttiva del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio del 9 aprile 2002, pubblicata nel Supplemento ordinario  alla  Gazzetta  Ufficiale  n.  108  del  10  maggio 2002 e riportata nell'Allegato D alla parte quarta del presente decreto.
 5. Sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come  tali, con apposito asterisco, nell'elenco di cui all'Allegato D alla  parte quarta del presente decreto, sulla base degli Allegati G, H e I alla medesima parte quarta.
 |  |  |  | ART. 185 (limiti al campo di applicazione)
 
 1.  Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del
 presente decreto:
 
 a)   le   emissioni   costituite   da  effluenti  gassosi  emessi
 nell'atmosfera di cui all'articolo 183, comma 1, lettera z);
 b)  gli  scarichi idrici, esclusi i rifiuti liquidi costituiti da
 acque reflue;
 c) i rifiuti radioattivi;
 d)  i  rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal
 trattamento,   dall'ammasso   di   risorse   minerali   o   dallo
 sfruttamento delle cave;
 e)  le  carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed
 altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nelle attivita'
 agricole  ed  in  particolare i materiali litoidi o vegetali e le
 terre  da  coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti
 dalla  pulizia  e dal lavaggio dei prodotti vegetali riutilizzati
 nelle  normali  pratiche  agricole  e  di  conduzione  dei  fondi
 rustici,   anche   dopo  trattamento  in  impianti  aziendali  ed
 interaziendali  agricoli  che  riducano  i  carichi  inquinanti e
 potenzialmente patogeni dei materiali di partenza;
 f)  le  eccedenze  derivanti  dalle  preparazioni nelle cucine di
 qualsiasi  tipo  di  cibi  solidi, cotti e crudi, non entrati nel
 circuito   distributivo   di   somministrazione,  destinati  alle
 strutture  di  ricovero di animali di affezione di cui alla legge
 14 agosto 1991, n. 281, nel rispetto della vigente normativa;
 g) i materiali esplosivi in disuso;
 h) i materiali vegetali non contaminati da inquinanti provenienti
 da  alvei  di  scolo  ed  irrigui,  utilizzabili  tal  quale come
 prodotto, in misura superiore ai limiti stabiliti con decreto del
 Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio da emanarsi
 entro  novanta  giorni  dall'entrata in vigore della parte quarta
 del  presente  decreto.  Sino all'emanazione del predetto decreto
 continuano  ad applicarsi i limiti di cui al decreto del Ministro
 dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471;
 i)  il  coke  da  petrolio  utilizzato  come combustibile per uso
 produttivo;
 l) materiale litoide estratto da corsi d'acqua, bacini idrici ed
 alvei,   a  seguito  di  manutenzione  disposta  dalle  autorita'
 competenti; m) i sistemi d'arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente   destinati  alla  difesa  militare  ed  alla  sicurezza nazionale  individuati con decreto del Ministro della difesa, nonche' la  gestione  dei  materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove vengono  immagazzinati i citati materiali, che rimangono disciplinati dalle  speciali  norme di settore nel rispetto dei principi di tutela dell'ambiente  previsti  dalla  parte  quarta del presente decreto. I magazzini,  i  depositi  e  i  siti  di  stoccaggio nei quali vengono custoditi   i   medesimi  materiali  e  rifiuti  costituiscono  opere destinate  alla  difesa  militare  non soggette alle autorizzazioni e nulla osta previsti dalla parte quarta del presente decreto;
 n)  i  materiali  e  le infrastrutture non ricompresi nel decreto ministeriale  di  cui  alla  lettera  m),  finche'  non e' emanato il provvedimento  di  dichiarazione  di rifiuto ai sensi del decreto del Presidente  della  Repubblica  5  giugno  1976,  n.  1076, recante il regolamento  per  l'amministrazione e la contabilita' degli organismi dell'esercito, della marina e dell'areonautica.
 
 2.  Resta  ferma  la  disciplina  di  cui  al  regolamento (CE) n. 1774/2002  del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 ottobre 2002, recante  norme  sanitarie relative a sottoprodotti di origine animale non  destinate al consumo umano, che costituisce disciplina esaustiva ed autonoma nell'ambito del campo di applicazione ivi indicato.
 
 
 
 Note all'art. 185:
 - La  legge  14  agosto  1991, n. 281, pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  30  agosto  1991, n. 203, reca: "Legge
 quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del
 randagismo".
 - Il  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  25 ottobre
 1999,  n.  471,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  15
 dicembre  1999,  n.  293,  S.O., reca: "Regolamento recante
 criteri,  procedure  e modalita' per la messa in sicurezza,
 la  bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati,
 ai  sensi  dell'art.  17 del decreto legislativo 5 febbraio
 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni.".
 - Il  decreto  del Presidente della Repubblica 5 giugno
 1976,  n.  1076,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  2
 settembre  1977,  n.  239,  S.O.,  reca:  "Approvazione del
 regolamento  per  l'amministrazione e le contabilita' degli
 organismi dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 186 (terre e rocce da scavo)
 
 1.  Le  terre  e  rocce  da scavo, anche di gallerie, ed i residui della  lavorazione  della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non costituiscono rifiuti e  sono,  percio',  esclusi  dall'ambito  di applicazione della parte quarta  del  presente  decreto  solo  nel  caso  in cui, anche quando contaminati,  durante  il  ciclo  produttivo,  da sostanze inquinanti derivanti  dalle attivita' di escavazione, perforazione e costruzione siano   utilizzati,  senza  trasformazioni  preliminari,  secondo  le modalita'  previste  nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale   ovvero,   qualora  il  progetto  non  sia  sottoposto  a valutazione  di impatto ambientale, secondo le modalita' previste nel progetto approvato dall'autorita' amministrativa competente, ove cio' sia  espressamente  previsto, previo parere delle Agenzie regionali e delle  province  autonome per la protezione dell'ambiente, sempreche' la   composizione   media   dell'intera   massa   non   presenti  una concentrazione  di  inquinanti  superiore ai limi ti massimi previsti dalle norme vigenti e dal decreto di cui al comma 3.
 
 2.  Ai  fini  del  presente  articolo, le opere il cui progetto e' sottoposto  a  valutazione  di impatto ambientale costituiscono unico ciclo  produttivo,  anche qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti utilizzi, a condizione che tali utilizzi siano tutti progettualmente previsti.
 
 3.  Il  rispetto  dei  limiti  di  cui  al  comma  1  puo'  essere verificato,  in alternativa agli accertamenti sul sito di produzione, anche  mediante  accertamenti  sui  siti  di  deposito,  in  caso  di impossibilita'  di  immediato  utilizzo. I limiti massimi accettabili nonche'  le  modalita'  di  analisi  dei materiali ai fini della loro caratterizzazione,  da eseguire secondo i criteri di cui all'Allegato 2  del  titolo  V  della  parte  quarta  del  presente  decreto, sono determinati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  da  emanarsi  entro novanta giorni dall'entrata in vigore della  parte  quarta  del  presente  decreto,  salvo limiti inferiori previsti  da  disposizioni speciali. Sino all'emanazione del predetto decreto  continuano  ad  applicarsi i valori di concentrazione limite accettabili  di cui all'Allegato 1, tabella 1, colonna B, del decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471.
 
 4.  Il rispetto dei limiti massimi di concentrazione di inquinanti di  cui  al  comma  3  deve  essere  verificato mediante attivita' di caratterizzazione  dei materiali di cui al comma 1, da ripetersi ogni qual  volta  si verifichino variazioni del processo di produzione che origina tali materiali.
 
 5.  Per  i  materiali  di  cui al comma 1 si intende per effettivo utilizzo  per  reinterri,  riempimenti,  rilevati e macinati anche la destinazione   progettualmente   prevista   a   differenti  cicli  di produzione  industriale, nonche' il riempimento delle cave coltivate, oppure   la   ricollocazione   in  altro  sito,  a  qualsiasi  titolo autorizzata  dall'autorita'  amministrativa  competente, qualora cio' sia  espressamente previsto, previo, ove il relativo progetto non sia sottoposto  a valutazione di impatto ambientale, parere delle Agenzie regionali  e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, a  condizione  che  siano  rispettati i limiti di cui al comma 3 e la ricollocazione   sia  effettuata  secondo  modalita'  progettuali  di rimodellazione ambientale del territorio interessato.
 
 6.  Qualora  i  materiali  di  cui  al  comma  1 siano destinati a differenti    cicli   di   produzione   industriale,   le   autorita' amministrative  competenti  ad  esercitare le funzioni di vigilanza e controllo  sui  medesimi  cicli  provvedono a verificare, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, anche mediante l'effettuazione di controlli periodici, l'effettiva destinazione all'uso autorizzato dei materiali;  a  tal  fine  l'utilizzatore  e'  tenuto  a  documentarne provenienza, quantita' e specifica destinazione.
 
 7.  Ai  fini  del  parere delle Agenzie regionali e delle province autonome  per la protezione dell'ambiente, di cui ai commi 1 e 5, per i  progetti  non sottoposti a valutazione di impatto ambientale, alla richiesta  di  riutilizzo ai sensi dei commi da 1 a 6 e' allegata una dichiarazione   del   soggetto   che   esegue  i  lavori  ovvero  del committente,   resa   ai  sensi  dell'articolo  47  del  decreto  del Presidente  della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale si attesta  che  nell'esecuzione  dei  lavori  non sono state utilizzate sostanze  inquinanti,  che il riutilizzo avviene senza trasformazioni preliminari,  che il riutilizzo avviene per una delle opere di cui ai commi  1  e  5 del presente articolo, come autorizzata dall'autorita' competente,  ove cio' sia espressamente previsto, e che nel materiale da  scavo  la concentrazione di inquinanti non e' superiore ai limiti vigenti con riferimento anche al sito di destinazione.
 
 8.  Nel  caso  in cui non sia possibile l'immediato riutilizzo del materiale  di scavo, dovra' anche essere indicato il sito di deposito del  materiale,  il  quantitativo,  la  tipologia  del  materiale  ed all'atto  del  riutilizzo  la  richiesta  dovra' essere integrata con quanto  previsto  ai commi 6 e 7. Il riutilizzo dovra' avvenire entro sei  mesi  dall'avvenuto  deposito, salvo proroga su istanza motivata dell'interessato.
 
 9.  Il  parere  di  cui  al  comma  5 deve essere reso nel termine perentorio  di  trenta  giorni,  decorsi  i  quali  provvede  in  via sostitutiva la regione su istanza dell'interessato.
 
 10. Non sono in ogni caso assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti derivanti dalle lavorazioni di minerali e di materiali da cava.
 
 
 
 Note all'art. 186:
 - L'allegato  1,  tabella 1, colonna B, del decreto del
 Ministero  dell'ambiente  25  ottobre  1999,  n. 471, e' il
 seguente:
 "Tabella 1: Valori di concentrazione limite accettabili nel
 suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione
 d'uso di siti da bonificare
 
 =====================================================================
 |                     |          A          |          B =====================================================================
 |                     |    Siti ad uso Verde|           Siti ad uso
 |                     |  pubblico, privato e|         Commerciale e
 |                     |residenziale (mg kg-1|  Industriale (mg kg-1
 |                     |    espressi come ss)|     espressi come ss) ---------------------------------------------------------------------
 |Composti inorganici  |                     | ---------------------------------------------------------------------
 1|Antimonio            |                   10|                    30 ---------------------------------------------------------------------
 2|Arsenico             |                   20|                    50 ---------------------------------------------------------------------
 3|Berillio             |                    2|                    10 ---------------------------------------------------------------------
 4|Cadmio               |                    2|                    15 ---------------------------------------------------------------------
 5|Cobalto              |                   20|                   250 ---------------------------------------------------------------------
 6|Cromo totale         |                  150|                   800 ---------------------------------------------------------------------
 7|Cromo VI             |                    2|                    15 ---------------------------------------------------------------------
 8|Mercurio             |                    1|                     5 ---------------------------------------------------------------------
 9|Nichel               |                  120|                   500 --------------------------------------------------------------------- 10|Piombo               |                  100|                  1000 --------------------------------------------------------------------- 11|Rame                 |                  120|                   600 --------------------------------------------------------------------- 12|Selenio              |                    3|                    15 --------------------------------------------------------------------- 13|Stagno               |                    1|                   350 --------------------------------------------------------------------- 14|Tallio               |                    1|                    10 --------------------------------------------------------------------- 15|Vanadio              |                   90|                   250 --------------------------------------------------------------------- 16|Zinco                |                  150|                  1500 --------------------------------------------------------------------- 17|Cianuri (liberi)     |                    1|                   100 --------------------------------------------------------------------- 18|Fluoruri             |                  100|                  2000 ---------------------------------------------------------------------
 |Aromatici            |                     | --------------------------------------------------------------------- 19|Benzene              |                  0.1|                     2 --------------------------------------------------------------------- 20|Etilbenzene          |                  0.5|                    50 --------------------------------------------------------------------- 21|Stirene              |                  0.5|                    50 --------------------------------------------------------------------- 22|Toluene              |                  0.5|                    50 --------------------------------------------------------------------- 23|Xilene               |                  0.5|                    50 ---------------------------------------------------------------------
 |Sommatoria organici  |                     |
 |aromatici (da 20 a   |                     | 24|23)                  |                    1|                   100 ---------------------------------------------------------------------
 |Aromatici policiclici|                     |
 |1                    |                     | --------------------------------------------------------------------- 25|Benzo(a) antracene   |                  0.5|                    10 --------------------------------------------------------------------- 26|Benzo(a) pirene      |                  0.1|                    10 --------------------------------------------------------------------- 27|Benzo(b) fluorantene |                  0.5|                    10 --------------------------------------------------------------------- 28|Benzo(k,) fluorantene|                  0.5|                    10 ---------------------------------------------------------------------
 |Benzo(g, h, i)       |                     | 29|perilene             |                  0.1|                    10 --------------------------------------------------------------------- 30|Crisene              |                    5|                    50 --------------------------------------------------------------------- 31|Dibenzo(a) pirene    |                  0.1|                    10 ---------------------------------------------------------------------
 |Dibenzo(a, h)        |                     | 32|antracene            |                  0.1|                    10 --------------------------------------------------------------------- 33|Indenopirene         |                  0.1|                     5 --------------------------------------------------------------------- 34|Pirene               |                    5|                    50 ---------------------------------------------------------------------
 |Sommatoria policlici |                     |
 |aromatici (da 25 a   |                     | 35|34)                  |                   10|                   100 ---------------------------------------------------------------------
 |Alifatici clorurati  |                     |
 |cancerogeni [1]      |                     | --------------------------------------------------------------------- 36|Clorometano          |                  0.1|                     5 --------------------------------------------------------------------- 37|Diclorometano        |                  0.1|                     5 --------------------------------------------------------------------- 38|Triclorometano       |                  0.1|                     5 --------------------------------------------------------------------- 39|Cloruro di Vinile    |                 0.01|                   0.1 --------------------------------------------------------------------- 40|1,2-Dicloroetano     |                  0.2|                     5 --------------------------------------------------------------------- 41|1,1-Dicloroetilene   |                  0.1|                     1 --------------------------------------------------------------------- 42|1,2-Dicloropropano   |                  0.3|                     5 --------------------------------------------------------------------- 43|1,1,2-Tricloroetano  |                  0.5|                    15 --------------------------------------------------------------------- 44|Tricloroetilene      |                    1|                    10 ---------------------------------------------------------------------
 |1,2,3 -              |                     | 45|Tricloropropano      |                  0.1|                     1 ---------------------------------------------------------------------
 |1,1,2,2 -            |                     | 46|Tetracloroetano      |                  0.5|                    10 ---------------------------------------------------------------------
 |Tetracloretilene     |                     | 47|(PCE)                |                  0.5|                    20 ---------------------------------------------------------------------
 |Alifatici clorurati  |                     |
 |non cancerogeni [1]  |                     | --------------------------------------------------------------------- 48|1,1-Dicloroetano     |                  0.5|                    30 --------------------------------------------------------------------- 49|1,2-Dicloroetilene   |                  0.3|                    15 --------------------------------------------------------------------- 50|1,1,1-Tricloroetano  |                  0.5|                    50 ---------------------------------------------------------------------
 |Alifatici alogenati  |                     |
 |cancerogeni [1]      |                     | ---------------------------------------------------------------------
 |Tribromometano       |                     | 51|(bromoformio)        |                  0.5|                    10 --------------------------------------------------------------------- 52|1,2-Dibromoetano     |                 0.01|                   0.1 --------------------------------------------------------------------- 53|Dibromoclorometano   |                  0.5|                    10 --------------------------------------------------------------------- 54|Bromodiclorometano   |                  0.5|                    10 ---------------------------------------------------------------------
 |Nitrobenzeni         |                     | --------------------------------------------------------------------- 55|Nitrobenzene         |                  0.5|                    30 --------------------------------------------------------------------- 56|1,2-Dinitrobenzene   |                  0.1|                    25 --------------------------------------------------------------------- 57|1,3-Dinitrobenzene   |                  0.1|                    25 --------------------------------------------------------------------- 58|Cloronitrobenzeni    |                  0.1|                    10 ---------------------------------------------------------------------
 |Clorobenzeni [1]     |                     | --------------------------------------------------------------------- 59|Monoclorobenzene     |                  0.5|                    50 ---------------------------------------------------------------------
 |Diclorobenzeni non   |                     |
 |cancerogeni (1,2 -   |                     | 60|diclorobenzene)      |                    1|                    50 ---------------------------------------------------------------------
 |Diclorobenzeni       |                     |
 |cancerogeni (1,4 -   |                     | 61|diclorobenzene)      |                  0.1|                    10 ---------------------------------------------------------------------
 |1,2,4 -              |                     | 62|triclorobenzene      |                    1|                    50 ---------------------------------------------------------------------
 |1,2,4,5 -            |                     | 63|tetraclorobenzene    |                    1|                    25 --------------------------------------------------------------------- 64|Pentaclorobenzene    |                  0.1|                    50 --------------------------------------------------------------------- 65|Esaclorobenzene      |                 0.05|                     5 ---------------------------------------------------------------------
 |Fenoli non clorurati |                     | 66|[1]                  |                     | ---------------------------------------------------------------------
 |Metilfenolo (o-, m-, |                     | 67|p-)                  |                  0.1|                    25 --------------------------------------------------------------------- 68|Fenolo               |                    1|                    60 ---------------------------------------------------------------------
 |Fenoli clorurati [1] |                     | --------------------------------------------------------------------- 69|2-clorofenolo        |                  0.5|                    25 --------------------------------------------------------------------- 70|2,4-diclorofenolo    |                  0.5|                    50 --------------------------------------------------------------------- 71|2,4,6-Triclorofenolo |                 0.01|                     5 --------------------------------------------------------------------- 72|Pentaclorofenolo     |                 0.01|                     5 ---------------------------------------------------------------------
 |Ammine Aromatiche [1]|                     | --------------------------------------------------------------------- 73|Anilina              |                 0.05|                     5 --------------------------------------------------------------------- 74|o-Anisidina          |                  0.1|                    10 --------------------------------------------------------------------- 75|m,p-Anisidina        |                  0.1|                    10 --------------------------------------------------------------------- 76|Difenilamina         |                  0.1|                    10 --------------------------------------------------------------------- 77|p-Toulidina          |                  0.1|                     5 ---------------------------------------------------------------------
 |Sommatoria Ammine    |                     |
 |Aromatiche (da 73 a  |                     | 78|77)                  |                  0.5|                    25 ---------------------------------------------------------------------
 |Fitofarmaci          |                     | --------------------------------------------------------------------- 79|Alaclor              |                 0.01|                     1 --------------------------------------------------------------------- 80|Aldrin               |                 0.01|                   0.1 --------------------------------------------------------------------- 81|Atrazina             |                 0.01|                     1 --------------------------------------------------------------------- 82|alfa-esacloroesano   |                 0.01|                   0.1 --------------------------------------------------------------------- 83|beta-esacloroesano   |                 0.01|                   0.5 ---------------------------------------------------------------------
 |gamma-esacloroesano  |                     | 84|(Lindano)            |                 0.01|                   0.5 --------------------------------------------------------------------- 85|Clordano             |                 0.01|                   0.1 --------------------------------------------------------------------- 86|DDD, DDT, DDE        |                 0.01|                   0.1 --------------------------------------------------------------------- 87|Dieldrin             |                 0.01|                   0.1 --------------------------------------------------------------------- 88|Endrin               |                 0.01|                     2 ---------------------------------------------------------------------
 |Diossine e furani    |                     | ---------------------------------------------------------------------
 |Sommatoria PCDD, PCDF|                     | 89|(conversione T.E.)   |              1x 10-5|               1x 10-4 --------------------------------------------------------------------- 90|PCB                  |                0.001|                     5 ---------------------------------------------------------------------
 |Idrocarburi          |                     | ---------------------------------------------------------------------
 |Idrocarburi Leggeri C|                     | 91|" 12                 |                   10|                   250 ---------------------------------------------------------------------
 |Idrocarburi pesanti C|                     | 92|" 12                 |                   50|                   750 ---------------------------------------------------------------------
 |Altre sostanze       |                     | ---------------------------------------------------------------------
 |Amianto (fibre       |                     | 93|libere)              |                1000*|                 1000* ---------------------------------------------------------------------
 |Esteri dell'acido    |                     | 94|ftalico (ognuno)     |                   10|                    60
 
 [1]  In  Tabella  sono  selezionate, per ogni categoria
 chimica,  alcune  sostanze frequentemente rilevate nei siti
 contaminati. Per le sostanze non esplicitamente indicate in
 Tabella  i valori di concentrazione limite accettabili sono
 ricavati   adottando   quelli   indicati  per  la  sostanza
 tossicologicamente piu' affine.
 *  Corrisponde al limite di rilevabilita' della tecnica
 analitica (difrattometria a raggi X oppure I.R.-Trasformata
 di Fourier).".
 - L'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica
 28 dicembre  2000,  n.  445 (Testo unico delle disposizioni
 legislative  e  regolamentari  in materia di documentazione
 amministrativa),   pubblicato   nella   Gazzetta  Ufficiale
 20 febbraio  2001,  n.  42,  supplemento  ordinario,  e' il
 seguente:
 "Art.  47  (R)  (Dichiarazioni sostitutive dell'atto di
 notorieta).  -  1. L'atto  di notorieta' concernente stati,
 qualita'   personali  o  fatti  che  a  diretta  conoscenza
 dell'interessato  e'  sostituito  da  dichiarazione  resa e
 sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalita'
 di cui all'art. 38. (R)
 2.  La  dichiarazione  resa  nell'interesse proprio del
 dichiarante puo' riguardare anche stati, qualita' personali
 e  fatti  relativi  ad  altri  soggetti  di  cui egli abbia
 diretta conoscenza. (R)
 3.  Fatte salve le eccezioni espressamente previste per
 legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i
 concessionari  di  pubblici  servizi,  tutti  gli stati, le
 qualita'  personali  e  i  fatti non espressamente indicati
 nell'art.  46  sono comprovati dall'interessato mediante la
 dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta'. (R)
 4.  Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente
 che  la  denuncia  all'Autorita'  di Polizia Giudiziaria e'
 presupposto   necessario   per   attivare  il  procedimento
 amministrativo  di  rilascio  del duplicato di documenti di
 riconoscimento  o  comunque  attestanti  stati  e  qualita'
 personali  dell'interessato,  lo  smarrimento dei documenti
 medesimi  e'  comprovato  da  chi  ne richiede il duplicato
 mediante dichiarazione sostitutiva. (R)".
 - Il   decreto-legge   9   settembre   1988,   n.   397
 (Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti
 industriali),    pubblicato    nella   Gazzetta   Ufficiale
 10 settembre  1988,  n.  213,  e'  convertito in legge, con
 modificazioni, con legge 9 novembre 1988, n. 475.
 - Il  decreto  ministeriale  4  agosto  1998,  n.  372,
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  28 ottobre 1998, n.
 252,  supplemento  ordinario,  reca:  "Regolamento  recante
 norme sulla riorganizzazione del catasto dei rifiuti.".
 - Si  riporta l'art. 2, comma 2, della legge 25 gennaio
 1994, n. 70, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 gennaio
 1994, n. 24 (Norme per la semplificazione degli adempimenti
 in  materia  ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica,
 nonche'  per  l'attuazione  del sistema di ecogestione e di
 audit ambientale):
 "2.  La  camera  di commercio, industria, artigianato e
 agricoltura  entro trenta giorni dal ricevimento provvede a
 trasmettere  il modello unico di dichiarazione alle diverse
 amministrazioni,  per  le parti di rispettiva competenza, e
 all'Unione  italiana  delle camere di commercio, industria,
 artigianato e agricoltura (Unioncamere).".
 - La   Decisione   94/3/CE   del  20 dicembre  1993  e'
 pubblicata nella G.U.C.E. 7 gennaio 1994, n. L 5.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 187 (divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi)
 
 1. E' vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi di cui  all'Allegato  G  alla  parte  quarta del presente decreto ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.
 
 2. In  deroga  al  divieto  di  cui al comma 1, la miscelazione di rifiuti pericolosi tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali puo'  essere  autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209, 210 e 211 qualora siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 178, comma 2,  e al fine di rendere piu' sicuro il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.
 
 3. Fatta  salva  l'applicazione  delle  sanzioni  specifiche ed in particolare  di  quelle  di  cui  all'articolo 256, comma 5, chiunque viola  il  divieto  di cui al comma 1 e' tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati qualora sia tecnicamente ed  economicamente  possibile  e  per soddisfare le condizioni di cui all'articolo 178, comma 2.
 |  |  |  | ART. 188 (oneri dei produttori e dei detentori)
 
 1. Gli  oneri relativi alle attivita' di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonche' dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti.
 
 2. Il produttore o detentore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorita':
 
 a) autosmaltimento dei rifiuti;
 b) conferimento  dei  rifiuti  a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti;
 c) conferimento   dei  rifiuti  ai  soggetti  che  gestiscono  il servizio  pubblico  di  raccolta  dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione;
 d) utilizzazione  del trasporto ferroviario di rifiuti pericolosi per  distanze  superiori  a  trecentocinquanta chilometri e quantita' eccedenti le venticinque tonnellate;
 e) esportazione   dei   rifiuti   con   le   modalita'   previste dall'articolo 194.
 
 3. La  responsabilita'  del  detentore  per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti e' esclusa:
 
 a) in  caso  di  conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;
 b) in  caso  di  conferimento  dei rifiuti a soggetti autorizzati alle  attivita'  di  recupero  o  di smaltimento, a condizione che il detentore  abbia  ricevuto  il  formulario  di  cui  all'articolo 193 controfirmato  e  datato  in  arrivo  dal destinatario entro tre mesi dalla  data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza  del  predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla   provincia  della  mancata  ricezione  del  formulario. Per  le spedizioni  transfrontaliere di rifiuti tale termine e' elevato a sei mesi e la comunicazione e' effettuata alla regione.
 
 4. Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni    di   raggruppamento,   ricondizionamento   e   deposito preliminare,  indicate  rispettivamente  ai  punti  D  13, D 14, D 15 dell'Allegato   B   alla   parte  quarta  del  presente  decreto,  la responsabilita'   dei   produttori   dei   rifiuti  per  il  corretto smaltimento  e'  esclusa  a  condizione  che  questi ultimi, oltre al formulario  di  trasporto  di  cui  al  comma  3, lettera b), abbiano ricevuto  il  certificato  di  avvenuto  smaltimento  rilasciato  dal titolare  dell'impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D 1 a D 12 del citato Allegato B. Le relative modalita' di attuazione sono  definite  con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  che  dovra'  anche determinare le responsabilita' da attribuire all'intermediario dei rifiuti.
 |  |  |  | ART. 189 (catasto dei rifiuti)
 
 1.   Il   Catasto  dei  rifiuti,  istituito  dall'articolo  3  del decreto-legge   9   settembre   1988,   n.   397,   convertito,   con modificazioni,  dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e' articolato in una  Sezione  nazionale,  che ha sede in Roma presso l'Agenzia per la protezione  dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e in Sezioni regionali  o delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti  Agenzie  regionali  e  delle province autonome per la protezione  dell'ambiente  e,  ove  tali  Agenzie  non  siano  ancora costituite, presso la regione. Le norme di organizzazione del Catasto sono  emanate  ed aggiornate con decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  di  concerto  con  il Ministro delle attivita'  produttive,  entro  sessanta giorni dall'entrata in vigore della  parte  quarta  del  presente  decreto. Sino all'emanazione del predetto  decreto  continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto   del   Ministro   dell'ambiente   4  agosto  1998,  n.  372. Dall'attuazione  del  presente  articolo non devono der ivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
 
 2.   Il   Catasto   assicura  un  quadro  conoscitivo  completo  e costantemente  aggiornato,  anche  ai fini della pianificazione delle attivita'  di  gestione dei rifiuti, dei dati raccolti ai sensi della legge  25  gennaio  1994, n. 70, utilizzando la nomenclatura prevista nel  Catalogo  europeo dei rifiuti, di cui alla decisione 20 dicembre 1993, 94/3/CE.
 
 3.  Chiunque effettua a titolo professionale attivita' di raccolta e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di  rifiuti senza detenzione, ovvero svolge le operazioni di recupero e  di  smaltimento  dei  rifiuti,  nonche'  le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi ed i consorzi istituiti con le finalita' di recuperare particolari tipologie di rifiuto comunicano annualmente alle  Camere  di  commercio,  industria,  artigianato  e  agricoltura territorialmente competenti, con le modalita' previste dalla legge 25 gennaio  1994,  n.  70, le quantita' e le caratteristiche qualitative dei  rifiuti oggetto delle predette attivita'. Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila.
 
 4. Nel caso in cui i produttori di rifiuti pericolosi conferiscano i medesimi al servizio pubblico di raccolta competente per territorio e  previa  apposita  convenzione,  la comunicazione e' effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantita' conferita.
 
 5.  I soggetti istituzionali responsabili del servizio di gestione integrata  dei  rifiuti  urbani  e assimilati comunicano annualmente, secondo  le  modalita' previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente:
 
 a)   la   quantita'  dei  rifiuti  urbani  raccolti  nel  proprio territorio;
 b)  la  quantita'  dei  rifiuti  speciali  raccolti  nel  proprio territorio  a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;
 c)  i  soggetti  che  hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando  le  operazioni  svolte, le tipologie e la quantita' dei rifiuti gestiti da ciascuno;
 d)  i  costi  di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli  investimenti per le attivita' di gestione dei rifiuti, nonche' i  proventi  della  tariffa  di  cui  all'articolo  238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;
 e) i dati relativi alla raccolta differenziata;
 f)  le quantita' raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.
 
 6.  Le  Sezioni  regionali e provinciali e delle province autonome del Catasto, sulla base dei dati trasmessi dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, provvedono all'elaborazione dei dati  ed  alla  successiva  trasmissione alla Sezione nazionale entro trenta  giorni  dal  ricevimento,  ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della  legge  25  gennaio  1994,  n. 70, delle informazioni di cui ai commi  3  e  4.  L'  Agenzia  per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) elabora i dati, evidenziando le tipologie e le quantita'  dei  rifiuti prodotti, raccolti, trasportati, recuperati e smaltiti,  nonche'  gli  impianti  di  smaltimento  e  di recupero in esercizio e ne assicura la pubblicita'.
 
 7.  Per  le  comunicazioni  relative  ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall'articolo 220, comma 2.
 |  |  |  | ART. 190 (registri di carico e scarico)
 
 1.  I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3 hanno l'obbligo di tenere  un  registro  di  carico  e scarico su cui devono annotare le informazioni  sulle  caratteristiche  qualitative  e quantitative dei rifiuti,  da  utilizzare  ai  fini  della  comunicazione  annuale  al Catasto.  I  soggetti  che  producono  rifiuti  non pericolosi di cui all'articolo  184,  comma  3, lettere c), d) e g), hanno l'obbligo di tenere  un  registro  di  carico  e scarico su cui devono annotare le informazioni  sulle  caratteristiche  qualitative  e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate:
 
 a)  per  i produttori, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo;
 b)  per  i  soggetti  che  effettuano la raccolta e il trasporto, almeno   entro   dieci  giorni  lavorativi  dalla  effettuazione  del trasporto;
 c)  per  i  commercianti,  gli  intermediari e i consorzi, almeno entro  dieci  giorni lavorativi dalla effettuazione della transazione relativa;
 d)  per  i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento,  entro  due  giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.
 
 2.  Il  registro  tenuto  dagli  stabilimenti  e dalle imprese che svolgono  attivita'  di  smaltimento  e  di recupero di rifiuti deve, inoltre, contenere:
 
 a)  l'origine, la quantita', le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti;
 b)  la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato;
 c) il metodo di trattamento impiegato.
 
 3.  I  registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio,  di  recupero e di smaltimento di rifiuti, nonche' presso la  sede  delle  imprese  che  effettuano  attivita'  di  raccolta  e trasporto,   nonche'   presso   la  sede  dei  commercianti  e  degli intermediari.   I   registri   integrati   con  i  formulari  di  cui all'articolo  193  relativi  al trasporto dei rifiuti sono conservati per  cinque  anni  dalla data dell'ultima registrazione, ad eccezione dei  registri  relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica,  che  devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine  dell'attivita' devono essere consegnati all'autorita' che ha rilasciato l'autorizzazione.
 
 4.  I  soggetti  la  cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci  tonnellate  di  rifiuti  non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti  pericolosi  possono  adempiere  all'obbligo della tenuta dei registri   di   carico   e  scarico  dei  rifiuti  anche  tramite  le organizzazioni  di  categoria  interessate o loro societa' di servizi che  provvedono  ad  annotare  i  dati  previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.
 
 5. Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all'autorita' di controllo che ne faccia richiesta.
 
 6. I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le  modalita'  fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi  alla  tenuta  dei registri di carico e scarico si intendono correttamente  adempiuti  anche  qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata.
 
 7.  La  disciplina  di  carattere  nazionale  relativa al presente articolo  e'  definita con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della  parte  quarta  del  presente  decreto. Sino all'emanazione del predetto  decreto  continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto  del  Ministro  dell'ambiente  1°  aprile  1998, n. 148, come modificato  dal  comma  9,  e  di  cui  alla  circolare  del Ministro dell'ambiente del 4 agosto 1998.
 
 8. Sono esonerati dall'obbligo di cui al comma 1 le organizzazioni di  cui  agli  articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233,  234,  235  e  236,  a  condizione  che  dispongano  di evidenze documentali  o  contabili  con analoghe funzioni e fermi restando gli adempimenti  documentali  e  contabili previsti a carico dei predetti soggetti dalle vigenti normative.
 
 9.  Nell'Allegato  6.C1,  sezione III, lettera c), del decreto del Ministro  dll'ambiente  1°  aprile  1998, n. 148, dopo le parole: "in litri" la congiunzione: "e" e' sostituita dalla disgiunzione: "o".
 
 
 
 Nota all'art. 190:
 - Si  riporta  l'Allegato 6.C1, sezione III, lettera c)
 del decreto ministeriale 1° aprile 1998, n. 148, pubblicato
 nella  Gazzetta Ufficiale 14 maggio 1998, n. 110, e recante
 "Regolamento  recante approvazione del modello dei registri
 di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli articoli 12,
 18,  comma  2,  lettera  m),  e  18,  comma  4, del decreto
 legislativo 5 febbraio 1997, n. 22":
 "c)  Nella  terza  colonna devono essere trascritti i
 dati   relativi   alla   quantita'   di   rifiuti  prodotti
 all'interno  dell'unita'  locale o presi in carico (in kg o
 in litri e in metri cubi).".
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 191 Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi
 
 1.  Ferme  restando  le  disposizioni  vigenti in materia di tutela ambientale,  sanitaria  e  di  pubblica  sicurezza,  con  particolare riferimento   alle  disposizioni  sul  potere  di  ordinanza  di  cui all'articolo  5  della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio  nazionale  della  protezione civile, qualora si verifichino situazioni  di  eccezionale  ed  urgente  necessita'  di tutela della salute   pubblica   e   dell'ambiente,  e  non  si  possa  altrimenti provvedere,  il  Presidente  della  Giunta  regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive   competenze,   ordinanze   contingibili  ed  urgenti  per consentire  il  ricorso  temporaneo  a speciali forme di gestione dei rifiuti,  anche  in  deroga  alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato  livello  di  tutela  della  salute  e  dell'ambiente.  Dette ordinanze  sono  comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della  salute,  al Ministro delle attivita' produttive, al Presidente della  regione e all'autorita' d'ambito di cui all'articolo 201 entro tre  giorni  dall'emissione  ed  hanno  efficacia  per un periodo non superiore a sei mesi.
 2.  Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma  1,  il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative  necessarie  per  garantire  la raccolta differenziata, il riutilizzo,  il  riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile  decorso  del termine e di accertata inattivita', il Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio diffida il Presidente della  Giunta  regionale  a provvedere entro un congruo termine e, in caso  di  protrazione  dell'inerzia, puo' adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini.
 3.  Le  ordinanze  di  cui  al  comma  1 indicano le norme a cui si intende  derogare  e  sono  adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari  locali,  che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.
 4.  Le ordinanze di cui al comma 1 non possono essere reiterate per piu'  di  due  volte.  Qualora  ricorrano  comprovate  necessita', il Presidente  della  regione  d'intesa  con il Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  puo'  adottare,  dettando  specifiche prescrizioni,  le  ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini.
 5.  Le  ordinanze  di  cui  al  comma  1  che consentono il ricorso temporaneo  a  speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate  dal  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio alla Commissione dell'Unione europea.
 
 
 
 Nota all'art. 191:
 - L'art.  5  della  legge  24  febbraio  1992,  n. 225,
 pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale 17 marzo 1992, n. 64,
 supplemento  ordinario  (Istituzione del Servizio nazionale
 della protezione civile), e' il seguente:
 "Art.  5  (Stato di emergenza e potere di ordinanza). -
 1.  Al verificarsi degli eventi di cui all'art. 2, comma 1,
 lettera  c),  il  Consiglio  dei  Ministri, su proposta del
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  ovvero, per sua
 delega  ai  sensi dell'art. 1, comma 2, del Ministro per il
 coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di
 emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale
 in  stretto  riferimento alla qualita' ed alla natura degli
 eventi. Con le medesime modalita' si procede alla eventuale
 revoca  dello stato di emergenza al venir meno dei relativi
 presupposti.
 2.  Per  l'attuazione  degli  interventi  di  emergenza
 conseguenti  alla  dichiarazione  di  cui  al  comma  1, si
 provvede,  nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12,
 13,  14,  15  e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad
 ogni  disposizione  vigente,  e  nel  rispetto dei principi
 generali dell'ordinamento giuridico.
 3.  Il  Presidente  del Consiglio dei Ministri, ovvero,
 per  sua  delega ai sensi dell'art. 1, comma 2, il Ministro
 per  il coordinamento della protezione civile, puo' emanare
 altresi'  ordinanze  finalizzate  ad  evitare situazioni di
 pericolo  o  maggiori danni a persone o a cose. Le predette
 ordinanze  sono  comunicate al Presidente del Consiglio dei
 Ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione.
 4.  Il  Presidente  del Consiglio dei Ministri, ovvero,
 per  sua  delega ai sensi dell'art. 1, comma 2, il Ministro
 per   il   coordinamento   della   protezione  civile,  per
 l'attuazione  degli  interventi  di  cui ai commi 2 e 3 del
 presente  articolo,  puo' avvalersi di commissari delegati.
 Il  relativo  provvedimento  di  delega  deve  indicare  il
 contenuto   della   delega  dell'incarico,  i  tempi  e  le
 modalita' del suo esercizio.
 5.  Le  ordinanze  emanate in deroga alle leggi vigenti
 devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui
 si intende derogare e devono essere motivate.
 6.  Le ordinanze emanate ai sensi del presente articolo
 sono  pubblicate  nella  GazzettaUfficiale della Repubblica
 italiana,   nonche'   trasmesse   ai   sindaci  interessati
 affinche'  vengano  pubblicate ai sensi dell'art. 47, comma
 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 192 (divieto di abbandono)
 
 1. L'abbandono  e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
 
 2. a'  altresi'  vietata  l'immissione  di  rifiuti  di  qualsiasi genere,  allo  stato  solido  o  liquido,  nelle acque superficiali e sotterranee.
 
 3. Fatta  salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 e' tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti  ed  al  ripristino  dello  stato dei luoghi in solido con il proprietario  e  con  i  titolari  di  diritti  reali  o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di   dolo   o   colpa,  in  base  agli  accertamenti  effettuati,  in contraddittorio  con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il  Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie  ed  il  termine  entro  cui  provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
 
 4. Qualora la responsabilita' del fatto illecito sia imputabile ad amministratori  o  rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli  effetti  del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed  i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo  le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in   materia   di   responsabilita'   amministrativa   delle  persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni.
 
 
 
 Nota all'art. 192:
 - Il   decreto   legislativo  8 giugno  2001,  n.  231,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 19 giugno 2001, n. 140,
 reca:   «Disciplina  della  responsabilita'  amministrativa
 delle   persone   giuridiche,   delle   societa'   e  delle
 associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma
 dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 193 (trasporto dei rifiuti)
 
 1.  Durante  il  trasporto  effettuato da enti o imprese i rifiuti sono  accompagnati  da  un  formulario  di  identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati:
 
 a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore;
 b) origine, tipologia e quantita' del rifiuto;
 c) impianto di destinazione;
 d) data e percorso dell'istradamento;
 e) nome ed indirizzo del destinatario.
 
 2.  Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto  in  quattro  esemplari,  compilato,  datato  e  firmato  dal produttore   o   dal   detentore  dei  rifiuti  e  controfirmato  dal trasportatore.  Una  copia  del  formulario  deve  rimanere presso il produttore  o  il detentore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo  dal  destinatario,  sono acquisite una dal destinatario e due dal  trasportatore,  che provvede a trasmetterne una al detentore. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.
 
 3. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere  imballati ed etichettati in conformita' alle norme vigenti in materia.
 
 4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di  rifiuti  urbani  effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico  ne'  ai  trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore  dei  rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantita' di trenta chilogrammi o di trenta litri.
 
 5.  La  disciplina  di  carattere  nazionale  relativa al presente articolo  e'  definita con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del territorio da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in   vigore   della   parte   quarta   del   presente  decreto.  Sino all'emanazione  del  predetto  decreto  continuano  ad  applicarsi le disposizioni  di  cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145.
 
 6.  La  definizione  del modello e dei contenuti del formulario di identificazione  e  le  modalita' di numerazione, di vidimazione e di gestione  dei  formulari  di  identificazione,  nonche' la disciplina delle  specifiche  responsabilita'  del  produttore  o detentore, del trasportatore  e  del  destinatario  sono  fissati  con  decreto  del Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio tenendo conto delle  specifiche modalita' delle singole tipologie di trasporto, con particolare  riferimento  ai  trasporti intermodali, ai trasporti per ferrovia  e  alla  microraccolta.  Sino  all'emanazione  del predetto decreto continuano ad applicarsi le seguenti disposizioni:
 
 a) relativamente alla definizione del modello e dei contenuti del formulario  di  identificazione,  si  applica il decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145;
 b)  relativamente  alla numerazione e vidimazione, i formulari di identificazione  devono  essere  numerati  e  vidimati  dagli  uffici dell'Agenzia  delle  entrate  o dalle Camere di commercio, industria, artigianato  e  agricoltura  o  dagli  uffici regionali e provinciali competenti  in  materia  di  rifiuti  e  devono  essere  annotati sul registro  IVA  acquisti.  La  vidimazione  dei  predetti formulari di identificazione  e'  gratuita  e  non  e' soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.
 
 7.  Il  formulario  di  cui  al  presente  articolo e' validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti  previsti  dalla  normativa comunitaria di cui all'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.
 
 8.  Le  disposizioni  del  presente articolo non si applicano alle fattispecie  disciplinate dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99,  relativo  ai  fanghi  in  agricoltura,  compatibilmente  con  la disciplina  di  cui  al regolamento (CEE) n. 259/1993 del 1° febbraio 1993.
 
 9.  La  movimentazione  dei  rifiuti esclusivamente all'interno di aree  private non e' considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.
 
 10.   Il   documento   commerciale,  di  cui  all'articolo  7  del regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, per  gli  operatori soggetti all'obbligo della tenuta dei registri di carico  e  scarico  di  cui all'articolo 190, sostituisce a tutti gli effetti il formulario di identificazione di cui al comma 1.
 
 11.  La  microraccolta  dei  rifiuti,  intesa  come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso piu' produttori  o  detentori  svolta  con lo stesso automezzo, dev'essere effettuata nel piu' breve tempo tecnicamente possibile. Nei formulari di  identificazione  dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui  il  percorso  dovesse  subire  delle  variazioni,  nello  spazio relativo   alle   annotazioni   dev'essere   indicato   a   cura  del trasportatore il percorso realmente effettuato.
 
 12.  La  sosta  durante  il  trasporto dei rifiuti caricati per la spedizione  all'interno  dei  porti  e  degli scali ferroviari, delle stazioni  di  partenza, di smistamento e di arrivo, gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonche' le soste tecniche per  le  operazioni  di  trasbordo  non  rientrano nelle attivita' di stoccaggio  di  cui all'articolo 183, comma 1, lettera l), purche' le stesse  siano  dettate  da  esigenze  di  trasporto e non superino le quarantotto  ore,  escludendo  dal  computo  i giorni interdetti alla circolazione.
 
 13. Il formulario di identificazione dei rifiuti di cui al comma 1 sostituisce  a  tutti  gli  effetti  il  modello  F di cui al decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392.
 
 
 
 Note all'art. 193:
 - Il  decreto  ministeriale  1° aprile  1998,  n.  145,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 maggio 1998, n. 109,
 reca: "Regolamento recante la definizione del modello e dei
 contenuti  del formulario di accompagnamento dei rifiuti ai
 sensi  degli  articoli 15, 18, comma 2, lettera e), e comma
 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22".
 - Il  decreto  ministeriale  16 maggio  1996,  n.  392,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 luglio 1996, n. 173,
 reca:  "Regolamento  recante  norme  tecniche relative alla
 eliminazione degli olii usati".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 194 (spedizioni transfrontaliere)
 
 1. Le  spedizioni  transfrontaliere  dei rifiuti sono disciplinate dai  regolamenti  comunitari  che  regolano la materia, dagli accordi bilaterali  di  cui all'articolo 19 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, e dal decreto di cui al comma 3.
 
 2. Sono  fatti  salvi,  ai  sensi  dell'articolo  19  del predetto regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, gli accordi in vigore tra lo  Stato della Citta' del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica  italiana. Alle  importazioni  di  rifiuti solidi urbani e assimilati  provenienti dallo Stato della citta' del Vaticano e dalla Repubblica  di  San  Marino  non  si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20 del predetto regolamento.
 
 3. Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio,  di  concerto  con i Ministri delle attivita' produttive, della  salute,  dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei  trasporti, nel rispetto delle norme del regolamento (CEE) n. 259 del 1° febbraio 1993 sono disciplinati:
 
 a) i  criteri  per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie  da  prestare  per  le  spedizioni  dei  rifiuti,  di cui all'articolo  27 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del  cinquanta  per  cento  per  le  imprese  registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del  19  marzo  2001  (Emas),  e  del  quaranta per cento nel caso di imprese  in  possesso  della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;
 b) le  spese  amministrative  poste  a carico dei notificatori ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 1, del regolamento;
 c) le  specifiche  modalita'  per  il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2;
 d) le  modalita'  di  verifica dell'applicazione del principio di prossimita' per i rifiuti destinati a smaltimento.
 
 4. Sino   all'emanazione   del   predetto  decreto  continuano  ad applicarsi  le  disposizioni  di  cui  al decreto interministeriale 3 settembre 1998, n. 370.
 
 5. Ai  sensi e per gli effetti del regolamento (CEE) n. 259 del 1° febbraio 1993:
 
 a) le  autorita'  competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome;
 b) l'autorita'  di transito e' il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;
 c) corrispondente  e'  il  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
 
 6. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all'articolo 38 del regolamento (CEE) n. 259 del 1° febbraio 1993 al  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio per il successivo  inoltro  alla  Commissione  dell'Unione europea, nonche', entro  il  30  settembre  di  ogni  anno,  i  dati, riferiti all'anno precedente,  previsti dall'articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340.
 
 7. Ai rottami ferrosi e non ferrosi di cui all'articolo 183, comma 1,  lettera u), si applicano le disposizioni di cui all'articolo 212, comma 12.
 
 
 
 Nota all'art. 194:
 - Il  regolamento  (CEE)  1° febbraio  1993,  n. 259 e'
 pubblicato nella G.U.C.E. 6 febbraio 1993, n. L 30.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 195 (competenze dello Stato)
 
 1.  Ferme  restando  le  ulteriori  competenze statali previste da speciali   disposizioni,  anche  contenute  nella  parte  quarta  del presente decreto, spettano allo Stato:
 
 a)   le   funzioni   di   indirizzo  e  coordinamento  necessarie all'attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di  quanto  stabilito  dall'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;
 b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione   integrata   dei   rifiuti,  nonche'  l'individuazione  dei fabbisogni  per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione;
 c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e  limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui  beni  immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonche' per ridurne la pericolosita';
 d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con  piu'  elevato  impatto  ambientale,  che  presentano le maggiori difficolta' di smaltimento o particolari possibilita' di recupero sia per  le  sostanze  impiegate  nei  prodotti base sia per la quantita' complessiva dei rifiuti medesimi;
 e)  l'adozione  di  criteri generali per la redazione di piani di settore   per   la   riduzione,   il   riciclaggio,   il  recupero  e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
 f)    l'individuazione,    nel    rispetto   delle   attribuzioni costituzionali  delle  regioni,  degli  impianti  di  recupero  e  di smaltimento  di  preminente  interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione e' operata, sentita  la  Conferenza  unificata  di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio, e inserito nel Documento  di  programmazione  economico-finanziaria, con indicazione degli    stanziamenti    necessari   per   la   loro   realizzazione. Nell'individuare  le  infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui  al  presente  comma  il  Governo  procede  secondo  finalita' di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo   indica   nel   disegno   di   legge  finanziaria  ai  sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n.  468,  le  risorse  necessarie, anche ai fini del l'erogazione dei contributi  compensativi  a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili;
 g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale.   La   definizione  e'  operata,  sentita  la  Conferenza unificata  di  cui  all'articolo  8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,  n.  281,  a  mezzo  di un Programma, formulato con decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  su  proposta del Ministro dell'ambiente  e  della tutela del territorio, inserito nel Documento di   programmazione   economico-finanziaria,  con  indicazione  degli stanziamenti necessari per la realizzazione;
 h)   l'indicazione   delle   tipologie   delle   misure  atte  ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;
 i)  l'individuazione  delle  iniziative  e  delle  azioni,  anche economiche,  per  favorire  il  riciclaggio  e il recupero di materia prima  secondaria  dai rifiuti, nonche' per promuovere il mercato dei materiali  recuperati  dai  rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche  amministrazioni  e  dei soggetti economici, anche ai sensi dell'articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n.  448,  e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 8 maggio 2003, n. 203;
 l)  l'individuazione  di  obiettivi  di  qualita'  dei servizi di gestione dei rifiuti;
 m)  la  determinazione  di  criteri generali, differenziati per i rifiuti  urbani  e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei   piani   regionali  di  cui  all'articolo  199  con  particolare riferimento  alla  determinazione,  d'intesa  con la Conferenza Stato regioni,  delle  linee  guida  per  la  individuazione  degli  Ambiti territoriali  ottimali,  da costituirsi ai sensi dell'articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi;
 n)   la   determinazione,  relativamente  all'assegnazione  della concessione  del  servizio  per  la  gestione  integrata dei rifiuti, d'intesa  con  la  Conferenza Stato-regioni, delle linee guida per la definizione  delle gare d'appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati, anche con
 riferimento   agli  elementi  economici  relativi  agli  impianti
 esistenti; o) la determinazione, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle  linee guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui   rifiuti  urbani  ricadenti  nel  medesimo  ambito  territoriale ottimale,  secondo  criteri  di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicita';
 p)    l'indicazione    dei   criteri   generali   relativi   alle caratteristiche  delle  aree  non  idonee  alla  localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;
 q)  l'indicazione  dei  criteri  generali  per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
 r)  la  determinazione, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle  linee guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei  siti  inquinati,  nonche'  la  determinazione  dei  criteri  per individuare  gli  interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell'impatto    sull'ambiente   connesso   all'estensione   dell'area interessata,   alla   quantita'   e  pericolosita'  degli  inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale;
 s)   la   determinazione   delle  metodologie  di  calcolo  e  la definizione  di  materiale  riciclato  per l'attuazione dell'articolo 196, comma 1, lettera p);
 t)  l'adeguamento  della  parte  quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea.
 
 2. Sono inoltre di competenza dello Stato:
 
 a)  l'indicazione  dei  criteri  e  delle  modalita' di adozione, secondo  principi  di unitarieta', compiutezza e coordinamento, delle norme  tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi  di accreditamento e di certificazione ai sensi dell'articolo 178, comma 5;
 b)  l'adozione  delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese  le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;
 c)  la  determinazione  dei  limiti  di  accettabilita'  e  delle caratteristiche  chimiche,  fisiche  e  biologiche di talune sostanze contenute  nei  rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;
 d)  la determinazione e la disciplina delle attivita' di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio,  di  concerto  con  il  Ministro  della  salute  e con il Ministro delle attivita' produttive;
 e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per  l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti  speciali  ai  rifiuti  urbani,  derivanti  da enti e imprese esercitate  su  aree con superficie non superiore ai 150 metri quadri nei  comuni  con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie   non   superiore  a  250  metri  quadri  nei  comuni  con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti. Non possono essere di  norma assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree  produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti,  salvo  i  rifiuti  prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci,  nei  bar  e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico;
 f)  l'adozione di un modello uniforme del certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impianto che dovra' indicare per  ogni carico e/o conferimento la quota smaltita in relazione alla capacita' autorizzata annuale dello stesso impianto;
 g)  la  definizione  dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti;
 h)  la  determinazione dei requisiti e delle capacita' tecniche e finanziarie  per l'esercizio delle attivita' di gestione dei rifiuti, ivi  compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie  a  favore  delle  regioni, con particolare riferimento a quelle   dei  soggetti  sottoposti  all'iscrizione  all'Albo  di  cui all'articolo 212, secondo la modalita' di cui al comma 9 dello stesso articolo;
 i)  la  riorganizzazione  e  la  tenuta del Catasto nazionale dei rifiuti;
 l)  la  definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all'articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti, ivi  inclusa  l'individuazione  delle  tipologie  di  rifiuti che per comprovate  ragioni  tecniche, ambientali ed economiche devono essere trasportati con modalita' ferroviaria;
 m) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni  tecniche,  ambientali  ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica;
 n)  l'adozione  di  un  modello  uniforme  del  registro  di  cui all'articolo  190  e  la  definizione delle modalita' di tenuta dello stesso,    nonche'   l'individuazione   degli   eventuali   documenti sostitutivi del registro stesso;
 o)  l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a);
 p)  l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto;
 q)  l'adozione  delle  norme  tecniche,  delle  modalita' e delle condizioni  di  utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con    particolare    riferimento    all'utilizzo   agronomico   come fertilizzante,  ai  sensi  della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e del prodotto  di  qualita'  ottenuto  mediante  compostaggio  da  rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata;
 r)  l'autorizzazione  allo  smaltimento  di  rifiuti  nelle acque marine,  in  conformita'  alle  disposizioni  stabilite  dalle  norme comunitarie  e  dalle  convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata  dal  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio su  proposta dell'autorita' marittima nella cui zona di competenza si trova  il  porto  piu' vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento  ovvero  si  trova  il  porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire;
 s)  l'individuazione  della  misura  delle  sostanze assorbenti e neutralizzanti,   previamente   testate  da  Universita'  o  Istituti specializzati,  di  cui  devono  dotarsi  gli impianti destinati allo stoccaggio,   ricarica,  manutenzione,  deposito  e  sostituzione  di accumulatori  al  fine  di  prevenire  l'inquinamento  del suolo, del sottosuolo  e  di  evitare danni alla salute e all'ambiente derivanti dalla  fuoriuscita  di  acido,  tenuto  conto  della dimensione degli impianti,  del numero degli accumulatoti e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell'attivita' esercitata.
 
 3.  Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente  decreto,  le  funzioni di cui al comma 1 sono esercitate ai sensi  della  legge  23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio,  di  concerto con i Ministri  delle  attivita'  produttive,  della salute e dell'interno, sentite  la  Conferenza  Stato-regioni,  le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di Bolzano.
 
 4.  Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono  adottate,  ai  sensi  dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto  1988,  n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio,  di  concerto con i Ministri delle attivita' produttive,  della salute e dell'interno, nonche', quando le predette norme  riguardino  i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto,  rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti.
 
 5.  Fatto  salvo  quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998,  n.  112,  ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti  in violazione della normativa in materia di rifiuti nonche' della  repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei   rifiuti  provvedono  il  Comando  carabinieri  tutela  ambiente (C.C.T.A.)  e  il  Corpo  delle  Capitanerie  di porto; puo' altresi' intervenire  il  Corpo  forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato.
 
 
 
 Note all'art. 195:
 - L'art.  8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al
 Governo  per  il  conferimento  di  funzioni e compiti alle
 regioni  ed  enti  locali,  per  la  riforma della pubblica
 amministrazione  e  per la semplificazione amministrativa),
 pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale 17 marzo 1997, n. 63,
 supplemento ordinario, e' il seguente:
 "Art.  8.  -  1.  Gli atti di indirizzo e coordinamento
 delle   funzioni  amministrative  regionali,  gli  atti  di
 coordinamento   tecnico,   nonche'  le  direttive  relative
 all'esercizio delle funzioni delegate, sono adottati previa
 intesa  con  la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
 Stato,  le  regioni  e  le province autonome di Trento e di
 Bolzano, o con la singola regione interessata.
 2.  Qualora  nel termine di quarantacinque giorni dalla
 prima  consultazione  l'intesa non sia stata raggiunta, gli
 atti  di cui al comma 1 sono adottati con deliberazione del
 Consiglio  dei  Ministri,  previo  parere della Commissione
 parlamentare  per le questioni regionali da esprimere entro
 trenta giorni dalla richiesta.
 3.  In  caso  di urgenza il Consiglio dei Ministri puo'
 provvedere  senza  l'osservanza  delle  procedure di cui ai
 commi  1  e  2.  I  provvedimenti in tal modo adottati sono
 sottoposti  all'esame  degli  organi  di cui ai commi 1 e 2
 entro  i  successivi  quindici  giorni.  Il  Consiglio  dei
 Ministri  e' tenuto a riesaminare i provvedimenti in ordine
 ai quali siano stati espressi pareri negativi.
 4.  Gli  atti di indirizzo e coordinamento, gli atti di
 coordinamento  tecnico,  nonche'  le direttive adottate con
 deliberazione  del  Consiglio  dei Ministri, sono trasmessi
 alle competenti Commissioni parlamentari.
 5.  Sono  abrogate le seguenti disposizioni concernenti
 funzioni di indirizzo e coordinamento dello Stato:
 a) l'art. 3, legge 22 luglio 1975, n. 382;
 b) l'art.   4,   secondo   comma,   del  decreto  del
 Presidente  della  Repubblica  24 luglio  1977,  n. 616, il
 primo comma del medesimo articolo limitatamente alle parole
 da:  "nonche'  la funzione di indirizzo" fino a: "n. 382" e
 alle parole "e con la Comunita' economica europea", nonche'
 il  terzo  comma  del medesimo articolo, limitatamente alle
 parole:   "impartisce   direttive   per  l'esercizio  delle
 funzioni  amministrative  delegate  alle  regioni, che sono
 tenute ad osservarle, ed";
 c) l'art.   2,  comma  3,  lettera  d),  della  legge
 23 agosto  1988,  n.  400,  limitatamente alle parole: "gli
 atti    di   indirizzo   e   coordinamento   dell'attivita'
 amministrativa   delle   regioni   e,  nel  rispetto  delle
 disposizioni statutarie, delle regioni a statuto speciale e
 delle province autonome di Trento e Bolzano";
 d) l'art.  13,  comma  1,  lettera  e),  della  legge
 23 agosto  1988,  n. 400, limitatamente alle parole: "anche
 per  quanto  concerne  le  funzioni  statali di indirizzo e
 coordinamento";
 e) l'art.  1,  comma  1,  lettera  hh),  della  legge
 12 gennaio 1991, n. 13.
 6.  E'  soppresso l'ultimo periodo della lettera a) del
 primo  comma  dell'art.  17  della legge 16 maggio 1970, n.
 281.".
 - L'art.  8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131
 (Disposizioni   per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della
 Repubblica  alla  legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n.
 3),  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 10 giugno 2003, n.
 132, e' il seguente:
 "6.  Il Governo puo' promuovere la stipula di intese in
 sede di Conferenza Stato-regioni o di Conferenza unificata,
 dirette   a   favorire  l'armonizzazione  delle  rispettive
 legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il
 conseguimento  di obiettivi comuni; in tale caso e' esclusa
 l'applicazione  dei  commi  3  e  4 dell'art. 3 del decreto
 legislativo  28  agosto  1997, n. 281. Nelle materie di cui
 all'art.  117, terzo e quarto comma, della Costituzione non
 possono   essere  adottati  gli  atti  di  indirizzo  e  di
 coordinamento  di cui all'art. 8 della legge 15 marzo 1997,
 n.  59  e all'art. 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998,
 n. 112.".
 - L'art.  11 della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma
 di  alcune  norme  di  contabilita' generale dello Stato in
 materia  di  bilancio), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 22 agosto 1978, n. 233, e' il seguente:
 "Art.  11  (Legge  finanziaria).  -  1. Il Ministro del
 tesoro,  di  concerto  con il Ministro del bilancio e della
 programmazione  economica  e con il Ministro delle finanze,
 presenta  al  Parlamento,  entro  il  mese di settembre, il
 disegno di legge finanziaria.
 2.  La legge finanziaria, in coerenza con gli obiettivi
 di  cui  al  comma  2  dell'art.  3, dispone annualmente il
 quadro  di  riferimento finanziario per il periodo compreso
 nel  bilancio  pluriennale  e  provvede,  per  il  medesimo
 periodo,  alla regolazione annuale delle grandezze previste
 dalla legislazione vigente al fine di adeguarne gli effetti
 finanziari agli obiettivi.
 3.  La  legge  finanziaria  non puo' contenere norme di
 delega  o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio.
 Essa   contiene  esclusivamente  norme  tese  a  realizzare
 effetti   finanziari   con   decorrenza   dal   primo  anno
 considerato nel bilancio pluriennale e in particolare:
 a) il   livello   massimo   del  ricorso  al  mercato
 finanziario  e  del saldo netto da finanziare in termini di
 competenza,   per   ciascuno  degli  anni  considerati  dal
 bilancio  pluriennale  comprese  le  eventuali  regolazioni
 contabili pregresse specificamente indicate;
 b) le  variazioni  delle aliquote, delle detrazioni e
 degli   scaglioni,  le  altre  misure  che  incidono  sulla
 determinazione  del  quantum  della  prestazione, afferenti
 imposte  indirette,  tasse, canoni, tariffe e contributi in
 vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui
 essa  si  riferisce,  nonche'  le  correzioni delle imposte
 conseguenti all'andamento dell'inflazione;
 c) la  determinazione,  in  apposita  tabella, per le
 leggi  che  dispongono spese a carattere pluriennale, delle
 quote   destinate   a   gravare   su  ciascuno  degli  anni
 considerati;
 d) la  determinazione,  in  apposita  tabella,  della
 quota  da  iscrivere  nel  bilancio  di ciascuno degli anni
 considerati  dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa
 permanente,  di natura corrente e in conto capitale, la cui
 quantificazione e' rinviata alla legge finanziaria;
 e) la  determinazione,  in  apposita  tabella,  delle
 riduzioni, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio
 pluriennale, di autorizzazioni legislative di spesa;
 f) gli  stanziamenti  di  spesa, in apposita tabella,
 per  il  rifinanziamento, per non piu' di un anno, di norme
 vigenti  classificate  tra le spese in conto capitale e per
 le   quali   nell'ultimo   esercizio   sia   previsto   uno
 stanziamento di competenza, nonche' per il rifinanziamento,
 qualora  la  legge  lo  preveda,  per uno o piu' degli anni
 considerati  dal bilancia pluriennale, di norme vigenti che
 prevedono interventi di sostegno dell'economia classificati
 tra le spese in conto capitale;
 g) gli  importi dei fondi speciali previsti dall'art.
 11-bis e le corrispondenti tabelle;
 h) l'importo   complessivo   massimo   destinato,  in
 ciascuno  degli  anni compresi nel bilancio pluriennale, al
 rinnovo   dei  contratti  del  pubblico  impiego,  a  norma
 dell'art.  15  della  legge  29 marzo  1983, n. 93, ed alle
 modifiche   del   trattamento  economico  e  normativo  del
 personale   dipendente  da  pubbliche  amministrazioni  non
 compreso nel regime contrattuale;
 i) altre  regolazioni meramente quantitative rinviate
 alla legge finanziaria dalle leggi vigenti;
 i-bis) norme  che  comportano  aumenti  di  entrata o
 riduzioni  di  spesa,  restando  escluse quelle a carattere
 ordinamentale  ovvero  organizzatorio,  salvo  che  esse si
 caratterizzino  per un rilevante contenuto di miglioramento
 dei saldi di cui alla lettera a);
 i-ter) norme   che  comportano  aumenti  di  spesa  o
 riduzioni  di  entrata  ed il cui contenuto sia finalizzato
 direttamente  al  sostegno o al rilancio dell'economia, con
 esclusione   di   interventi  di  carattere  localistico  o
 microsettoriale;
 i-quater) norme   recanti   misure  correttive  degli
 effetti  finanziari  delle  leggi  di  cui all'art. 11-ter,
 comma 7.".
 - La  legge 28 dicembre 2001, n. 448, (Disposizioni per
 la  formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello
 Stato  -  legge  finanziaria  2002),  e'  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  29  dicembre 2001, n. 301, supplemento
 ordinario.
 - Il  decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela
 del  territorio  8 maggio  2003,  n.  203, pubblicato nella
 Gazzetta  Ufficiale  5 agosto  2003,  n.  180, reca: "Norme
 affinche'  gli  uffici  pubblici e le societa' a prevalente
 capitale   pubblico   coprano   il  fabbisogno  annuale  di
 manufatti  e  beni  con  una  quota di prodotti ottenuti da
 materiale  riciclato  nella misura non inferiore al 30% del
 fabbisogno medesimo".
 - La  legge  19  ottobre 1984, n. 748, pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  6  novembre  1984, n. 305, supplemento
 ordinario,   reca:  "Nuove  norme  per  la  disciplina  dei
 fertilizzanti".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 196 (competenze delle regioni)
 
 1. Sono  di  competenza  delle  regioni, nel rispetto dei principi previsti  dalla  normativa  vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all'articolo 195:
 
 a) la  predisposizione,  l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province,  i  comuni  e le Autorita' d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199;
 b) la  regolamentazione  delle attivita' di gestione dei rifiuti, ivi  compresa  la  raccolta  differenziata  dei rifiuti urbani, anche pericolosi,  secondo  un criterio generale di separazione dei rifiuti di  provenienza  alimentare  e  degli  scarti  di prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidita' dai restanti rifiuti;
 c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate di propria competenza;
 d) l'approvazione  dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei  rifiuti,  anche  pericolosi,  e  l'autorizzazione alle modifiche degli  impianti  esistenti,  fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera f);
 e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi;
 f) le  attivita'  in  materia  di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti  che  il  regolamento  (CEE) n. 259/93  del  1° febbraio 1993 attribuisce   alle   autorita'   competenti   di   spedizione   e  di destinazione;
 g) la  delimitazione,  nel rispetto delle linee guida generali di cui  all'articolo 195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
 h) la   redazione   di   linee   guida   ed   i  criteri  per  la predisposizione  e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in  sicurezza,  nonche'  l'individuazione delle tipologie di progetti non  soggetti  ad  autorizzazione,  nel  rispetto  di quanto previsto all'articolo 195, comma 1, lettera r);
 i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;
 l) l'incentivazione  alla  riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;
 m) la  specificazione  dei  contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215, e 216, nel rispetto di linee guida elaborate ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera b);
 n) la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento  e  di  recupero  dei  rifiuti,  nel rispetto dei criteri generali indicati nell'articolo 195, comma 1, lettera p);
 o) la  definizione  dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti  idonei  allo  smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
 p) l'adozione,  sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti  da  apposito  decreto  del  Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio,  di  concerto con i Ministri delle attivita' produttive  e  della  salute,  sentito  il  Ministro  per  gli affari regionali, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore  della  parte  quarta del presente decreto, delle disposizioni occorrenti  affinche'  gli  enti  pubblici e le societa' a prevalente capitale  pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno  annuale  di  manufatti  e  beni,  indicati  nel  medesimo decreto,  con  una  quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non  inferiore  al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A tal fine i predetti  soggetti  inseriscono  nei bandi di gara o di selezione per l'aggiudicazione  apposite  clausole  di  preferenza, a parita' degli altri   requisiti  e  condizioni. Sino  all'emanazione  del  predetto decreto  continuano  ad  applicarsi le disposizioni di cui al decreto del  Ministro  dell'ambiente  e della tu tela del territorio 8 maggio 2003,  n. 203,  e  successive circolari di attuazione. Restano ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali esistenti.
 
 2. Per  l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono   anche   delle   Agenzie   regionali   per  la  protezione dell'ambiente.
 
 3. Le   regioni  privilegiano  la  realizzazione  di  impianti  di smaltimento   e   recupero   dei   rifiuti   in   aree   industriali, compatibilmente   con   le   caratteristiche   delle  aree  medesime, incentivando  le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche.
 |  |  |  | ART. 197 (competenze delle province)
 
 1.  In  attuazione  dell'articolo  19  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle province competono:
 
 a)  il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;
 b)  il  controllo periodico su tutte le attivita' di gestione, di intermediazione   e   di   commercio   dei   rifiuti,   ivi  compreso l'accertamento  delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
 c)  la  verifica  ed  il  controllo  dei  requisiti  previsti per l'applicazione  delle procedure semplificate, con le modalita' di cui agli articoli 214, 215, e 216;
 d)  l'individuazione,  sulla  base  delle  previsioni  del  piano territoriale  di  coordinamento  di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto  legislativo  18  agosto  2000,  n. 267, ove gia' adottato, e delle  previsioni  di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonche'  sentiti  l'Autorita' d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla  localizzazione  degli  impianti  di  smaltimento  dei  rifiuti, nonche'  delle  zone  non  idonee  alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.
 
 2.  A+i  fini  dell'esercizio  delle  proprie funzioni le province possono   avvalersi,  mediante  apposite  convenzioni,  di  organismi pubblici,   ivi  incluse  le  Agenzie  regionali  per  la  protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche in  materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e 216 in tema di procedure semplificate.
 
 3.  Gli  addetti  al  controllo  sono  autorizzati  ad  effettuare ispezioni,   verifiche   e   prelievi   di  campioni  all'interno  di stabilimenti,  impianti  o  imprese  che  producono  o  che  svolgono attivita'  di  gestione  dei rifiuti. Il segreto industriale non puo' essere  opposto  agli  addetti  al controllo, che sono, a loro volta, tenuti  all'obbligo  della  riservatezza  ai  sensi  della  normativa vigente.
 
 4.   Il  personale  appartenente  al  Comando  carabinieri  tutela ambiente  (C.C.T.A.)  e'  autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche  necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo  8  della  legge  8  luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente.
 
 5.  Nell'ambito  delle  competenze  di cui al comma 1, le province sottopongono  ad  adeguati  controlli periodici gli stabilimenti e le imprese   che   smaltiscono   o   recuperano   rifiuti,  curando,  in particolare,  che  vengano  effettuati  adeguati  controlli periodici sulle  attivita'  sottoposte  alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il  trasporto  di  rifiuti  pericolosi  riguardino,  in  primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti.
 
 6.  Restano  ferme  le  altre  disposizioni  vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali.
 
 
 
 Note all'art. 197:
 - L'art.  19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
 267  (Testo  unico  delle leggi sull'ordinamento degli enti
 locali),  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale 28 settembre
 2000, n. 227, supplemento ordinario, e' il seguente:
 "Art.  19  (Funzioni).  - 1. Spettano alla provincia le
 funzioni   amministrative   di  interesse  provinciale  che
 riguardino  vaste  zone intercomunali o l'intero territorio
 provinciale nei seguenti settori:
 a) difesa   del   suolo,   tutela   e  valorizzazione
 dell'ambiente e prevenzione delle calamita';
 b) tutela  e  valorizzazione delle risorse idriche ed
 energetiche;
 c) valorizzazione dei beni culturali;
 d) viabilita' e trasporti;
 e) protezione  della  flora  e  della  fauna parchi e
 riserve naturali;
 f) caccia e pesca nelle acque interne;
 g) organizzazione  dello  smaltimento  dei  rifiuti a
 livello  provinciale,  rilevamento,  disciplina e controllo
 degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e
 sonore;
 h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica,
 attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
 i) compiti  connessi  alla  istruzione  secondaria di
 secondo    grado    ed   artistica   ed   alla   formazione
 professionale,  compresa  l'edilizia scolastica, attribuiti
 dalla legislazione statale e regionale;
 l) raccolta    ed   elaborazione   dati,   assistenza
 tecnico-amministrativa agli enti locali.
 2. La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla
 base  di  programmi  da  essa proposti, promuove e coordina
 attivita',  nonche'  realizza  opere di rilevante interesse
 provinciale   sia   nel   settore   economico,  produttivo,
 commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e
 sportivo.
 3.  La  gestione  di  tali  attivita'  ed opere avviene
 attraverso  le  forme previste dal presente testo unico per
 la gestione dei servizi pubblici locali.".
 - L'art.  20 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
 267, e' il seguente:
 "Art.   20   (Compiti   di  programmazione).  -  1.  La
 provincia:
 a) raccoglie  e  coordina  le  proposte  avanzate dai
 comuni,    ai    fini   della   programmazione   economica,
 territoriale ed ambientale della regione;
 b) concorre   alla   determinazione   del   programma
 regionale  di  sviluppo  e  degli  altri  programmi e piani
 regionali secondo norme dettate dalla legge regionale;
 c) formula  e adotta, con riferimento alle previsioni
 e  agli  obiettivi  del  programma  regionale  di sviluppo,
 propri  programmi pluriennali sia di carattere generale che
 settoriale   e  promuove  il  coordinamento  dell'attivita'
 programmatoria dei comuni.
 2.  La provincia, inoltre, ferme restando le competenze
 dei  comuni  ed  in  attuazione  della  legislazione  e dei
 programmi   regionali,   predispone   ed  adotta  il  piano
 territoriale  di  coordinamento che determina gli indirizzi
 generali  di  assetto  del  territorio  e,  in particolare,
 indica:
 a) le   diverse   destinazioni   del   territorio  in
 relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;
 b) la   localizzazione   di  massima  delle  maggiori
 infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;
 c) le linee di intervento per la sistemazione idrica,
 idrogeologica  ed  idraulico-forestale  ed in genere per il
 consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;
 d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi
 o riserve naturali.
 3.  I  programmi pluriennali e il piano territoriale di
 coordinamento  sono  trasmessi  alla  regione  ai  fini  di
 accertarne  la  conformita'  agli indirizzi regionali della
 programmazione socio-economica e territoriale.
 4.   La   legge   regionale   detta   le  procedure  di
 approvazione,  nonche' norme che assicurino il concorso dei
 comuni  alla  formazione  dei  programmi  pluriennali e dei
 piani territoriali di coordinamento.
 5.  Ai fini del coordinamento e dell'approvazione degli
 strumenti  di  pianificazione  territoriale predisposti dai
 comuni,   la   provincia   esercita  le  funzioni  ad  essa
 attribuite dalla regione ed ha, in ogni caso, il compito di
 accertare  la  compatibilita'  di  detti  strumenti  con le
 previsioni del piano territoriale di coordinamento.
 6.   Gli   enti   e   le   amministrazioni   pubbliche,
 nell'esercizio  delle  rispettive competenze, si conformano
 ai  piani  territoriali  di  coordinamento delle province e
 tengono conto dei loro programmi pluriennali.".
 - L'art.   8   della  legge  8  luglio  1986,  n.  349,
 istitutiva  del  Ministero  dell'ambiente  (Istituzione del
 Ministero   dell'ambiente  e  norme  in  materia  di  danno
 ambientale),  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 15 luglio
 1986, n. 162, S.O., e' il seguente:
 "Art.  8.  - 1. Per l'esercizio delle funzioni previste
 dalla  presente  legge  il Ministro dell'ambiente si avvale
 dei  servizi  tecnici  dello  Stato  previa  intesa  con  i
 Ministri  competenti,  e  di  quelli delle unita' sanitarie
 locali   previa   intesa  con  la  regione,  nonche'  della
 collaborazione  degli  istituti  superiori, degli organi di
 consulenza  tecnico-scientifica  dello  Stato,  degli  enti
 pubblici specializzati operanti a livello nazionale e degli
 istituti  e  dei dipartimenti universitari con i quali puo'
 stipulare apposite convenzioni.
 2.  Il  Ministro  dell'ambiente puo' disporre verifiche
 tecniche  sullo stato di inquinamento dell'atmosfera, delle
 acque  e  del  suolo  e  sullo  stato  di  conservazione di
 ambienti  naturali.  Per  l'accesso nei luoghi dei soggetti
 incaricati  si  applica  l'art. 7, comma primo, della legge
 25 giugno 1865, n. 2359.
 3.  In  caso di mancata attuazione o di inosservanza da
 parte  delle  regioni,  delle  province o dei comuni, delle
 disposizioni  di legge relative alla tutela dell'ambiente e
 qualora  possa  derivarne  un  grave  danno  ecologico,  il
 Ministro  dell'ambiente,  previa diffida ad adempiere entro
 congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta
 con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di
 salvaguardia,  anche  a  carattere  inibitorio di opere, di
 lavoro  o  di  attivita'  antropiche, dandone comunicazione
 preventiva  alle  amministrazioni competenti. Se la mancata
 attuazione  o  l'inosservanza  di  cui al presente comma e'
 imputabile   ad  un  ufficio  periferico  dello  Stato,  il
 Ministro  dell'ambiente  informa  senza indugio il Ministro
 competente  da  cui  l'ufficio  dipende, il quale assume le
 misure  necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane
 la  necessita'  di  un  intervento cautelare per evitare un
 grave danno ecologico, l'ordinanza di cui al presente comma
 e'  adottata dal Ministro competente, di concerto con il Mi
 nistro dell'ambiente.
 4.  Per  la  vigilanza, la prevenzione e la repressione
 delle   violazioni  compiute  in  danno  dell'ambiente,  il
 Ministro  dell'ambiente  si  avvale  del  nucleo  operativo
 ecologico  dell'Arma  dei carabinieri, che viene posto alla
 dipendenza  funzionale  del Ministro dell'ambiente, nonche'
 del  Corpo  forestale dello Stato, con particolare riguardo
 alla  tutela  del patrimonio naturalistico nazionale, degli
 appositi  reparti della Guardia di finanza e delle forze di
 polizia,  previa  intesa con i Ministri competenti, e delle
 capitanerie  di  porto, previa intesa con il Ministro della
 marina mercantile.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 198 (competenze dei comuni)
 
 1. I  comuni  concorrono,  nell'ambito  delle  attivita'  svolte a livello  degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 e con  le  modalita'  ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino    all'inizio    delle    attivita'   del   soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorita' d'ambito  ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione dei  rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui al l'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
 
 2. I  comuni  concorrono  a  disciplinare  la gestione dei rifiuti urbani  con  appositi  regolamenti  che, nel rispetto dei principi di trasparenza,  efficienza, efficacia ed economicita' e in coerenza con i  piani  d'ambito  adottati  ai  sensi  dell'articolo  201, comma 3, stabiliscono in particolare:
 
 a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
 b) le  modalita' del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
 c) le  modalita' del conferimento, della raccolta differenziata e del  trasporto  dei rifiuti urbani ed assimilati al fine di garantire una  distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
 d) le  norme  atte  a garantire una distinta ed adeguata gestione dei  rifiuti  urbani  pericolosi  e  dei  rifiuti  da  esumazione  ed estumulazione di cui all'articolo 184, comma 2, lettera f);
 e) le  misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta  e  trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con   altre  frazioni  merceologiche,  fissando  standard  minimi  da rispettare;
 f) le  modalita'  di  esecuzione  della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
 g) l'assimilazione,   per   qualita'  e  quantita',  dei  rifiuti speciali  non  pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo  195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d).
 
 3. I  comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provincia ed alle  Autorita'  d'ambito  tutte  le  informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani da esse richieste.
 
 4. I comuni sono altresi' tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine  all'approvazione  dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni.
 
 
 
 Nota all'art. 198:
 - L'art.  113,  comma  5,  del  decreto  legislativo 18
 agosto    2000,   n.   267   (Testo   unico   delle   leggi
 sull'ordinamento   degli   enti  locali)  pubblicato  nella
 Gazzetta  Ufficiale  28 settembre 2000, n. 227, S.O., e' il
 seguente:
 «5.   L'erogazione  del  servizio  avviene  secondo  le
 discipline  di  settore  e  nel  rispetto  della  normativa
 dell'Unione europea, con conferimento della titolarita' del
 servizio:
 a) a  societa'  di  capitali  individuate  attraverso
 l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
 b) a societa' a capitale misto pubblico privato nelle
 quali    il   socio   privato   venga   scelto   attraverso
 l'espletamento  di  gare con procedure ad evidenza pubblica
 che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e
 comunitarie  in  materia di concorrenza secondo le linee di
 indirizzo  emanate  dalle  autorita'  competenti attraverso
 provvedimenti o circolari specifiche;
 c) a  societa'  a  capitale  interamente  pubblico  a
 condizione  che  l'ente  o  gli  enti pubblici titolari del
 capitale  sociale  esercitino  sulla  societa' un controllo
 analogo  a  quello  esercitato  sui propri servizi e che la
 societa'  realizzi  la  parte piu' importante della propria
 attivita'   con   l'ente   o   gli  enti  pubblici  che  la
 controllano.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 199 (piani regionali)
 
 1.  Le  regioni,  sentite  le  province,  i  comuni  e, per quanto riguarda  i rifiuti urbani, le Autorita' d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalita' di cui agli articoli 177,  178,  179, 180, 181 e 182 ed in conformita' ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m) ed a quelli previsti dal  presente articolo, predispongono piani regionali di gestione dei rifiuti  assicurando adeguata pubblicita' e la massima partecipazione dei cittadini, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
 
 2. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono misure tese alla  riduzione delle quantita', dei volumi e della pericolosita' dei rifiuti.
 
 3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:
 
 a)  le  condizioni  ed  i  criteri  tecnici in base ai quali, nel rispetto  delle  disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione  dei  rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi;
 b)  la  tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di  recupero  dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi  all'interno  degli  ambiti  territoriali  ottimali di cui all'articolo  200,  nonche' dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale;
 c)  la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul  territorio  regionale,  nel  rispetto  delle  linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m);
 d)  il  complesso delle attivita' e dei fabbisogni degli impianti necessari  a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicita' e autosufficienza della  gestione  dei  rifiuti  urbani  non  pericolosi all'interno di ciascuno  degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonche'  ad  assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi  a  quelli  di  produzione  al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;
 e)   la   promozione   della  gestione  dei  rifiuti  per  ambiti territoriali   ottimali  attraverso  una  adeguata  disciplina  delle incentivazioni,  prevedendo  per  gli  ambiti piu' meritevoli, tenuto conto   delle   risorse   disponibili  a  legislazione  vigente,  una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;
 f)   le  prescrizioni  contro  l'inquinamento  del  suolo  ed  il versamento nel terreno di discariche di rifiuti civili ed industriali che  comunque  possano  incidere  sulla  qualita'  dei  corpi  idrici superficiali  e  sotterranei, nel rispetto delle prescrizioni dettate ai sensi dell'articolo 65, comma 3, lettera f);
 g)  la  stima  dei  costi  delle  operazioni  di  recupero  e  di smaltimento dei rifiuti urbani;
 h) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree  non  idonee  alla  localizzazione  degli impianti di recupero e smaltimento  dei  rifiuti  nonche'  per l'individuazione dei luoghi o impianti  adatti  allo  smaltimento  dei  rifiuti,  nel  rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p);
 i)  le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti;
 l)  le  iniziative  dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali e di energia;
 m)  le  misure  atte  a  promuovere  la  regionalizzazione  della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;
 n)  i  tipi, le quantita' e l'origine dei rifiuti da recuperare o da  smaltire,  suddivisi per singolo ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani;
 o)  la  determinazione,  nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo  195,  comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare, comprese quelle di cui all'articolo 225, comma 6;
 p)  i  requisiti  tecnici  generali  relativi  alle  attivita' di gestione  dei  rifiuti  nel  rispetto  della  normativa  nazionale  e comunitaria.
 
 4.  Il  piano  regionale di gestione dei rifiuti e' coordinato con gli   altri  strumenti  di  pianificazione  di  competenza  regionale previsti dalla normativa vigente, ove adottati.
 
 5.  Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:
 
 a)  l'ordine di priorita' degli interventi, basato su un criterio di  valutazione  del rischio elaborato dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);
 b)    l'individuazione   dei   siti   da   bonificare   e   delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;
 c)  le  modalita'  degli  interventi  di  bonifica  e risanamento ambientale,  che  privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attivita' di recupero di rifiuti urbani;
 d) la stima degli oneri finanziari;
 e) le modalita' di smaltimento dei materiali da asportare.
 
 6.  L'approvazione  del  piano  regionale  o il suo adeguamento e' requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.
 
 7.  La regione approva o adegua il piano entro due anni dalla data di  entrata  in  vigore  della parte quarta del presente decreto; nel frattempo, restano in vigore i piani regionali vigenti.
 
 8.  In  caso di inutile decorso del termine di cui al comma 7 e di accertata   inattivita',  il  Ministro  dell'ambiente  e  tutela  del territorio diffida gli organi regionali competenti ad adempiere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell'inerzia, adotta, in via  sostitutiva,  i  provvedimenti  necessari  alla  elaborazione  e approvazione del piano regionale.
 
 9.  Qualora  le autorita' competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale nei termini e con le modalita' stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all'attuazione del piano medesimo, il Ministro dell'ambiente e tutela del territorio diffida  le  autorita' inadempienti a provvedere entro un termine non inferiore a centottanta giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Ministro  puo'  adottare,  in  via sostitutiva, tutti i provvedimenti necessari  e  idonei  per l'attuazione degli interventi contenuti nel piano. A tal fine puo' avvalersi anche di commissari"ad acta".
 
 10.   I  provvedimenti  di  cui  al  comma  9  possono  riguardare interventi finalizzati a:
 
 a) attuare la raccolta differenziata dei rifiuti;
 b)  provvedere  al  reimpiego, al recupero e al riciclaggio degli imballaggi conferiti al servizio pubblico;
 c)  favorire operazioni di trattamento dei rifiuti urbani ai fini del riciclaggio e recupero degli stessi;
 d)  favorire  la  realizzazione  e  l'utilizzo di impianti per il recupero dei rifiuti solidi urbani.
 
 11. Le regioni, sentite le province interessate, d'intesa tra loro o  singolarmente,  per  le  finalita'  di  cui  alla parte quarta del presente  decreto provvedono all'aggiornamento del piano nonche' alla programmazione  degli  interventi attuativi occorrenti in conformita' alle  procedure  e  nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.
 
 12.  Sulla  base di appositi accordi di programma stipulati con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il  Ministro  delle  attivita'  produttive,  d'intesa  con la regione interessata,  possono essere autorizzati, ai sensi degli articoli 214 e  216,  la  costruzione  e  l'esercizio,  oppure  il solo esercizio, all'interno di insediamenti industriali esistenti, di impianti per il recupero  di rifiuti urbani non previsti dal piano regionale, qualora ricorrano le seguenti condizioni:
 
 a)  siano  riciclati  e  recuperati  come  materia  prima rifiuti provenienti  da  raccolta  differenziata,  sia  prodotto  compost  da rifiuti oppure sia utilizzato combustibile da rifiuti;
 b)  siano rispettate le norme tecniche di cui agli articoli 214 e 216;
 c)   siano   utilizzate   le   migliori   tecnologie   di  tutela dell'ambiente;
 d) sia garantita una diminuzione delle emissioni inquinanti.
 |  |  |  | ART. 200 (organizzazione territoriale del servizio
 di gestione integrata dei rifiuti urbani)
 
 1. La  gestione  dei  rifiuti  urbani e' organizzata sulla base di ambiti  territoriali  ottimali,  di  seguito  anche  denominati  ATO, delimitati  dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:
 
 a) superamento  della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;
 b) conseguimento  di  adeguate  dimensioni  gestionali,  definite sulla  base  di  parametri  fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;
 c) adeguata  valutazione  del  sistema  stradale e ferroviario di comunicazione   al   fine  di  ottimizzare  i  trasporti  all'interno dell'ATO;
 d) valorizzazione di esigenze comuni e affinita' nella produzione e gestione dei rifiuti;
 e) ricognizione   di   impianti   di  gestione  di  rifiuti  gia' realizzati e funzionanti;
 f) considerazione  delle  precedenti  delimitazioni  affinche'  i nuovi  ATO  si  discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicita'.
 2. Le  regioni,  sentite  le  province  ed  i comuni interessati, nell'ambito  delle attivita' di programmazione e di pianificazione di loro  competenza,  entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in  vigore  della  parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione  degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee  guida  di  cui  all'articolo  195,  comma  1,  lettera  m). Il provvedimento e' comunicato alle province ed ai comuni interessati.
 
 3. Le  regioni  interessate, d'intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o piu' regioni.
 
 4. Le   regioni   disciplinano   il   controllo,  anche  in  forma sostitutiva,   delle   operazioni  di  gestione  dei  rifiuti,  della funzionalita' dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
 
 5. Le  citta'  o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di  quelle  medie  di  un  singolo  ambito,  possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.
 
 6. I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al  comma  2  possono  presentare motivate e documentate richieste di modifica  all'assegnazione  ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento  in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione.
 
 7. Le  regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello  degli  Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano  regionale  dei  rifiuti  che  dimostri  la propria adeguatezza rispetto  agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con  particolare  riferimento  ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195.
 |  |  |  | ART. 201 (disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani)
 
 1.  Al fine dell'organizzazione del servizio di gestione integrata dei  rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della  parte  quarta  del presente decreto, disciplinano le forme e i modi  della  cooperazione  tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorita' d'ambito di cui al comma 2, alle quali e' demandata, nel rispetto del principio   di   coordinamento   con   le   competenze   delle  altre amministrazioni   pubbliche,  l'organizzazione,  l'affidamento  e  il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti.
 
 2.  L'Autorita'  d'ambito  e' una struttura dotata di personalita' giuridica   costituita   in   ciascun  ambito  territoriale  ottimale delimitato  dalla  competente  regione,  alla  quale  gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale e' trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.
 
 3.  L'Autorita'  d'ambito  organizza  il  servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza,  di  efficacia,  di  economicita' e di trasparenza; a tal fine  adotta  un  apposito  piano  d'ambito  in  conformita' a quanto previsto dall'articolo 203, comma 3.
 
 4.  Per  la  gestione  ed  erogazione  del  servizio  di  gestione integrata   e   per  il  perseguimento  degli  obiettivi  determinati dall'Autorita'  d'ambito, sono affidate, ai sensi dell'articolo 202 e nel  rispetto  della  normativa comunitaria e nazionale sull'evidenza pubblica, le seguenti attivita':
 
 a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell'intero servizio, comprensivo   delle  attivita'  di  gestione  e  realizzazione  degli impianti;
 b)  la  raccolta,  raccolta  differenziata, commercializzazione e smaltimento  completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all'interno dell'ATO.
 
 5. In ogni ambito:
 
 a) e' raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza  di  smaltimento  anche,  ove opportuno, attraverso forme  di  cooperazione  e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;
 b)  e' garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio.
 
 6.  La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore  a  quindici anni, e' disciplinata dalle regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicita'.
 |  |  |  | ART. 202 (affidamento del servizio)
 
 1.   L'Autorita'   d'ambito  aggiudica  il  servizio  di  gestione integrata  dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e  dalle  disposizioni  comunitarie, in conformita' ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,  nonche'  con riferimento all'ammontare del corrispettivo per la gestione  svolta,  tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle  precedenti  esperienze  specifiche  dei  concorrenti,  secondo modalita' e termini definiti con decreto dal Ministro dell'ambiente e della  tutela  del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia.
 
 2.  I  soggetti  partecipanti  alla  gara  devono  formulare,  con apposita   relazione   tecnico-illustrativa   allegata   all'offerta, proposte   di   miglioramento  della  gestione,  di  riduzione  delle quantita'  di  rifiuti  da  smaltire  e  di miglioramento dei fattori ambientali,   proponendo   un   proprio   piano   di   riduzione  dei corrispettivi   per   la  gestione  al  raggiungimento  di  obiettivi autonomamente definiti.
 
 3.   Nella   valutazione   delle  proposte  si  terra'  conto,  in particolare,  del  peso  che  gravera'  sull'utente  sia  in  termini economici, sia di complessita' delle operazioni a suo carico.
 
 4.  Gli  impianti  e le altre dotazioni patrimoniali di proprieta' degli  enti  locali  gia'  esistenti al momento dell'assegnazione del servizio  sono  conferiti  in  comodato  ai  soggetti  affidatari del medesimo servizio.
 
 5.  I  nuovi  impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, ai sensi dell'articolo 113, comma 5-ter, del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei  requisiti  prescritti  dalla  normativa  vigente,  o mediante il ricorso  alle  procedure  di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, ovvero  secondo  lo  schema  della  finanza  di  progetto di cui agli articoli 37 bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994.
 
 6.  Il  personale  che,  alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto  mesi  prima  dell'affidamento  del  servizio,  appartenga  alle amministrazioni   comunali,   alle   aziende   ex  municipalizzate  o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore  dei  servizi  comunali  per  la  gestione  dei rifiuti sara' soggetto,  ferma  restando  la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio   diretto  ed  immediato  al  nuovo  gestore  del  servizio integrato   dei   rifiuti,   con  la  salvaguardia  delle  condizioni contrattuali,   collettive  e  individuali,  in  atto.  Nel  caso  di passaggio   di   dipendenti   di   enti  pubblici  e  di  ex  aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al  gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la   disciplina   del  trasferimento  del  ramo  di  azienda  di  cui all'articolo 2112 del codice civile.
 
 
 
 Note all'art. 202:
 - Il   testo   dell'art.  113,  comma  7,  del  decreto
 legislativo  18  agosto  2000,  n.  267,  pubblicato  nella
 Gazzetta  Ufficiale  28 settembre 2000, n. 227, S.O. (Testo
 unico  delle  leggi sull'ordinamento degli enti locali), e'
 il seguente:
 "7.  La  gara di cui al comma 5 e' indetta nel rispetto
 degli  standard  qualitativi,  quantitativi, ambientali, di
 equa  distribuzione  sul territorio e di sicurezza definiti
 dalla  competente  Autorita'  di  settore o, in mancanza di
 essa,  dagli enti locali. La gara e' aggiudicata sulla base
 del  migliore  livello  di  qualita'  e  sicurezza  e delle
 condizioni  economiche  e  di prestazione del servizio, dei
 piani  di  investimento  per lo sviluppo e il potenziamento
 delle  reti  e  degli  impianti,  per  il  loro  rinnovo  e
 manutenzione,   nonche'   dei   contenuti   di  innovazione
 tecnologica   e   gestionale.  Tali  elementi  fanno  parte
 integrante  del contratto di servizio. Le previsioni di cui
 al  presente  comma  devono  considerarsi integrative delle
 discipline di settore.".
 - Si  riporta  l'art.  113,  comma  5-ter, del predetto
 decreto n. 267/2000:
 "5-ter.  In  ogni  caso  in cui la gestione della rete,
 separata  o integrata con l'erogazione dei servizi, non sia
 stata  affidata  con  gara ad evidenza pubblica, i soggetti
 gestori    di    cui   ai   precedenti   commi   provvedono
 all'esecuzione  dei  lavori comunque connessi alla gestione
 della  rete  esclusivamente mediante contratti di appalto o
 di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di
 procedure  di  evidenza  pubblica,  ovvero  in economia nei
 limiti  di cui all'art. 24 della legge 11 febbraio 1994, n.
 109,  e  all'art. 143 del regolamento di cui al decreto del
 Presidente  della  Repubblica  21 dicembre  1999,  n.  554.
 Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la
 gestione  dei  servizi, sia stata affidata con procedure di
 gara,  il  soggetto  gestore puo' realizzare direttamente i
 lavori   connessi   alla   gestione   della  rete,  purche'
 qualificato  ai  sensi della normativa vigente e purche' la
 gara  espletata  abbia avuto ad oggetto sia la gestione del
 servizio  relativo  alla  rete, sia l'esecuzione dei lavori
 connessi.  Qualora,  invece, la gara abbia avuto ad oggetto
 esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete,
 il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le procedure
 ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente.".
 -  Si  riporta  il  testo  dell'art. 37-bis della legge
 11 febbraio 1994, n. 109:
 "Art.  37-bis  (Promotore).  -  1. I soggetti di cui al
 comma   2,   di  seguito  denominati  "promotori",  possono
 presentare  alle  amministrazioni  aggiudicatrici  proposte
 relative  alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori
 di   pubblica   utilita',   inseriti  nella  programmazione
 triennale  di  cui  all'art.  14,  comma  2,  ovvero  negli
 strumenti    di    programmazione   formalmente   approvati
 dall'amministrazione   aggiudicatrice   sulla   base  della
 normativa vigente, tramite contratti di concessione, di cui
 all'art. 19, comma 2, con risorse totalmente o parzialmente
 a  carico dei promotori stessi. Le proposte sono presentate
 entro  il  30 giugno  di  ogni anno oppure, nel caso in cui
 entro tale scadenza non siano state presentate proposte per
 il  medesimo  intervento, entro il 31 dicembre. Le proposte
 devono contenere uno studio di inquadramento territoriale e
 ambientale,   uno   studio  di  fattibilita',  un  progetto
 preliminare,   una   bozza   di   convenzione,   un   piano
 economico-finanziario  asseverato da un istituto di credito
 o  da  societa'  di  servizi  costituite  dall'istituto  di
 credito  stesso  ed  iscritte  nell'elenco  generale  degli
 intermediari  finanziari,  ai sensi dell'art. 106 del testo
 unico  delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui
 al  decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una
 societa'  di  revisione  ai  sensi  dell'art. 1 della legge
 23 novembre   1939,   n.  1966,  una  specificazione  delle
 caratteristiche  del  servizio  e  della  gestione  nonche'
 l'indicazione  degli  elementi di cui all'art. 21, comma 2,
 lettera   b),   e  delle  garanzie  offerte  dal  promotore
 all'amministrazione  aggiudicatrice;  il  regolamento detta
 indicazioni  per  chiarire  ed  agevolare  le  attivita' di
 asseverazione.   Le   proposte   devono   inoltre  indicare
 l'importo delle spese sostenute per la loro predisposizione
 comprensivo  anche dei diritti sulle opere d'ingegno di cui
 all'art.  2578  del  codice  civile. Tale importo, soggetto
 all'accettazione    da    parte    della    amministrazione
 aggiudicatrice,  non  puo'  superare  il  2,5 per cento del
 valore   dell'investimento,   come   desumibile  dal  piano
 economic  o-finanziario.  I  soggetti  pubblici  e  privati
 possono  presentare  alle  amministrazioni  aggiudicatrici,
 nell'ambito della fase di programmazione di cui all'art. 14
 della  presente  legge, proposte d'intervento relative alla
 realizzazione  di  opere pubbliche o di pubblica utilita' e
 studi di fattibilita'. Tale presentazione non determina, in
 capo   alle  amministrazioni,  alcun  obbligo  di  esame  e
 valutazione.    Le    amministrazioni   possono   adottare,
 nell'ambito dei propri programmi, le proposte di intervento
 e  gli studi ritenuti di pubblico interesse; l'adozione non
 determina  alcun  diritto del proponente al compenso per le
 prestazioni  compiute o alla realizzazione degli interventi
 proposti.".
 - L'art.  31  del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
 165,  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 maggio 2001, n.
 106,  S.O. (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
 dipendenze   delle   amministrazioni   pubbliche),   e'  il
 seguente:
 "Art.  31  (Passaggio  di  dipendenti  per  effetto  di
 trasferimento   di   attivita).  -  (Art.  34  del  decreto
 legislativo  n.  29  del 1993, come sostituito dall'art. 19
 del  decreto  legislativo n. 80 del 1998). - 1. Fatte salve
 le  disposizioni  speciali,  nel  caso  di  trasferimento o
 conferimento    di    attivita',    svolte   da   pubbliche
 amministrazioni,  enti pubblici o loro aziende o strutture,
 ad  altri  soggetti,  pubblici  o privati, al personale che
 passa  alle dipendenze di tali soggetti si applicano l'art.
 2112  del  codice  civile  e  si  osservano le procedure di
 informazione  e  di consultazione di cui all'art. 47, commi
 da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.".
 - Si riporta il testo dell'art. 2112 del codice civile:
 "Art.  2112 (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in
 caso   di   trasferimento   d'azienda).   -   In   caso  di
 trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con
 il  cessionario  ed  il lavoratore conserva tutti i diritti
 che ne derivano.
 Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido,
 per  tutti  i  crediti che il lavoratore aveva al tempo del
 trasferimento.  Con le procedure di cui agli articoli 410 e
 411  del  codice  di  procedura  civile  il lavoratore puo'
 consentire  la  liberazione  del cedente dalle obbligazioni
 derivanti dal rapporto di lavoro.
 Il  cessionario  e'  tenuto  ad applicare i trattamenti
 economici  e  normativi  previsti  dai contratti collettivi
 nazionali,  territoriali ed aziendali vigenti alla data del
 trasferimento,  fino  alla  loro  scadenza, salvo che siano
 sostituiti   da   altri  contratti  collettivi  applicabili
 all'impresa  del  cessionario. L'effetto di sostituzione si
 produce   esclusivamente   fra   contratti  collettivi  del
 medesimo livello.
 Ferma  restando la facolta' di esercitare il recesso ai
 sensi  della  normativa  in  materia  di  licenziamenti, il
 trasferimento  d'azienda  non costituisce di per se' motivo
 di  licenziamento.  Il  lavoratore,  le  cui  condizioni di
 lavoro  subiscono  una  sostanziale  modifica  nei tre mesi
 successivi  al  trasferimento d'azienda, puo' rassegnare le
 proprie  dimissioni  con  gli effetti di cui all'art. 2119,
 primo comma.
 Ai  fini  e per gli effetti di cui al presente articolo
 si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione
 che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti
 il  mutamento  nella  titolarita' di un'attivita' economica
 organizzata,  con  o  senza scopo di lucro, preesistente al
 trasferimento  e  che conserva nel trasferimento la propria
 identita'  a  prescindere  dalla  tipologia negoziale o dal
 provvedimento  sulla  base  del  quale  il trasferimento e'
 attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Le
 disposizioni del presente articolo si applicano altresi' al
 trasferimento    di   parte   dell'azienda,   intesa   come
 articolazione   funzionalmente   autonoma  di  un'attivita'
 economica organizzata, identificata come tale dal cedente e
 dal cessionario al momento del suo trasferimento.
 Nel caso in cui l'alienante stipuli con l'acquirente un
 contratto  di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando
 il  ramo  d'azienda  oggetto  di cessione, tra appaltante e
 appaltatore opera un regime di solidarieta' di cui all'art.
 29,  comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
 276.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 203 (schema tipo di contratto di servizio)
 
 1.  I  rapporti  tra le Autorita' d'ambito e i soggetti affidatari del  servizio  integrato  sono  regolati da contratti di servizio, da allegare  ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle  regioni  in  conformita'  ai  criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o).
 
 2. Lo schema tipo prevede:
 a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
 b)      l'obbligo      del     raggiungimento     dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
 c)  la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a quindici anni;
 d)  i  criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;
 e) le modalita' di controllo del corretto esercizio del servizio;
 f) i principi e le regole generali relativi alle attivita' ed alle  tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al  corrispettivo,  le  modalita',  i  termini  e le procedure per lo svolgimento  del  controllo  e  le  caratteristiche  delle  strutture organizzative all'uopo preposte;
 g)   gli  obblighi  di  comunicazione  e  trasmissione  di  dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni;
 h)  le  penali,  le  sanzioni  in  caso  di  inadempimento  e  le condizioni  di  risoluzione  secondo  i  principi  del codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo;
 i)  il  livello  di efficienza e di affidabilita' del servizio da assicurare  all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
 l) la facolta' di riscatto secondo i principi di cui al titolo I, capo  II,  del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;
 m)  l'obbligo  di  riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre  dotazioni patrimoniali strumentali all'erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
 n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
 o)  i  criteri  e  le  modalita'  di  applicazione  delle tariffe determinate  dagli  enti  locali  e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze.
 
 3.  Ai  fini  della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui  al  comma 2, le Autorita' d'ambito operano la ricognizione delle opere  ed  impianti  esistenti,  trasmettendo alla regione i relativi dati. Le Autorita' d'ambito inoltre, ai medesimi fini, definiscono le procedure   e  le  modalita',  anche  su  base  pluriennale,  per  il conseguimento   degli  obiettivi  previsti  dalla  parte  quarta  del presente  decreto  ed  elaborano,  sulla  base  dei  criteri  e degli indirizzi  fissati dalle regioni, un piano d'ambito comprensivo di un programma  degli  interventi  necessari,  accompagnato  da  un  piano finanziario  e  dal  connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano  finanziario  indica,  in  particolare, le risorse disponibili, quelle  da  reperire,  nonche' i proventi derivanti dall'applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato.
 
 
 
 Nota all'art. 203:
 -  Il  titolo  I,  capo  II, del decreto del Presidente
 della  Repubblica  4 ottobre 1986, n. 902, pubblicato nella
 Gazzetta   Ufficiale   27   dicembre  1986,  n.  299,  S.O.
 (Approvazione   del  nuovo  regolamento  delle  aziende  di
 servizi  dipendenti  dagli  enti  locali)  e'  il seguente:
 "Riscatto dei servizi affidati in concessione".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 204 (gestioni esistenti)
 
 1.  I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data  di  entrata  in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano  a  gestirlo  fino  alla  istituzione e organizzazione del servizio  di  gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorita' d'ambito.
 
 2.  In  relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo  113  del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorita'  d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni  di  cui  alla  parte quarta del presente decreto, entro nove mesi dall'entrata in vigore della medesima parte quarta.
 
 3.  Qualora  l'Autorita' d'ambito non provveda agli adempimenti di cui  ai  commi  1  e 2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della Giunta   regionale   esercita,   dandone  comunicazione  al  Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  all'Autorita' di vigilanza  sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando  un  commissario  "ad  acta" che avvia entro quarantacinque giorni  le  procedure  di  affidamento,  determinando le scadenze dei singoli  adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non  provveda  nei  termini  cosi'  stabiliti,  spettano  al Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento.
 
 4.  Alla  scadenza,  ovvero  alla  anticipata  risoluzione,  delle gestioni  di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle imprese gia' concessionarie   sono   trasferiti   direttamente   all'ente   locale concedente   nei   limiti  e  secondo  le  modalita'  previste  dalle rispettive convenzioni di affidamento.
 
 
 
 Nota all'art. 204:
 - Il  testo  dell'art.  113,  comma  15-bis, del citato
 decreto n. 267/2000, e' il seguente:
 "15-bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per i
 singoli  settori  non  stabiliscano  un  congruo periodo di
 transizione,  ai  fini  dell'attuazione  delle disposizioni
 previste  nel  presente articolo, le concessioni rilasciate
 con   procedure   diverse  dall'evidenza  pubblica  cessano
 comunque  entro  e  non oltre la data del 31 dicembre 2006,
 senza   necessita'   di  apposita  deliberazione  dell'ente
 affidante.  Sono  escluse  dalla  cessazione le concessioni
 affidate a societa' a capitale misto pubblico privato nelle
 quali  il socio privato sia stato scelto mediante procedure
 ad  evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto
 delle   norme   interne   e   comunitarie   in  materia  di
 concorrenza,  nonche' quelle affidate a societa' a capitale
 interamente  pubblico  a  condizione  che gli enti pubblici
 titolari  del capitale sociale esercitino sulla societa' un
 controllo  analogo a quello esercitato sui propri servizi e
 che  la  societa'  realizzi  la parte piu' importante della
 propria  attivita'  con  l'ente  o gli enti pubblici che la
 controllano.  Sono  altresi'  escluse  dalla  cessazione le
 concessioni  affidate  alla  data  del  1° ottobre  2003  a
 societa'   gia'  quotate  in  borsa  e  a  quelle  da  esse
 direttamente partecipate a tale data a condizione che siano
 concessionarie  esclusive  del servizio, nonche' a societa'
 originariamente  a  capitale interamente pubblico che entro
 la  stessa  data abbiano provveduto a collocare sul mercato
 quote   di   capitale   attraverso  procedure  ad  evidenza
 pubblica,   ma,   in   entrambe  le  ipotesi  indicate,  le
 concessioni  cessano  comunque  allo  spirare  del  termine
 equivalente  a  quello della durata media delle concessioni
 aggiudicate  nello stesso settore a seguito di procedure di
 evidenza  pubblica,  salva  la  possibilita' di determinare
 caso  per caso la cessazione in una data successiva qualora
 la  stessa  risulti  proporzionata  ai tempi di recupero di
 particolari investimenti effettuati da parte del gestore."
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 205 (misure per incrementare la raccolta differenziata)
 
 1.  In ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta   differenziata   dei  rifiuti  urbani  pari  alle  seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:
 a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
 b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
 c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012.
 2. La frazione organica umida separata fisicamente dopo la raccolta e finalizzata al recupero complessivo tra materia ed energia, secondo i  criteri dell'economicita', dell'efficacia' dell'efficienza e della trasparenza   del   sistema,  contribuisce  al  raggiungimento  degli obiettivi di cui al comma 1.
 3.  Nel  caso  in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, e'  applicata  un'addizionale  del  venti  per  cento  al  tributo di conferimento   dei  rifiuti  in  discarica  a  carico  dell'Autorita' d'ambito,  istituito  dall'articolo  3,  comma  24,  della  legge  28 dicembre  1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del proprio  territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal  comma  1  sulla  base  delle  quote  di  raccolta  differenziata raggiunte nei singoli comuni.
 4.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio  di  concerto  con  il Ministro delle attivita' produttive d'intesa  con  la  Conferenza  unificata  di  cui  all'articolo 8 del decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n. 281, vengono stabilite la metodologia  e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonche' la nuova determinazione del coefficiente di correzione di  cui  all'articolo  3,  comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549,  in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2.
 5.  Sino  all'emanazione  del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la disciplina attuativa di cui all'articolo 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
 6.  Le  regioni  tramite  apposita  legge,  e  previa intesa con il Ministro   dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio,  possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e recupero.
 
 
 
 Note all'art. 205:
 - Si  riportano  i  commi  da  24  a  40 della legge 28
 dicembre  1995, n. 549, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 29 dicembre 1995, n. 302, S.O. (Misure di razionalizzazione
 della finanza pubblica).
 "24.  Al  fine  di  favorire  la  minore  produzione di
 rifiuti  e  il  recupero dagli stessi di materia prima e di
 energia,  a  decorrere  dal 1° gennaio 1996 e' istituito il
 tributo  speciale  per il deposito in discarica dei rifiuti
 solidi,  cosi' come definiti e disciplinati dall'art. 2 del
 decreto  del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982,
 n. 915.
 25.   Presupposto   dell'imposta   e'  il  deposito  in
 discarica dei rifiuti solidi, compresi i fanghi palabili.
 26.   Soggetto   passivo  dell'imposta  e'  il  gestore
 dell'impresa   di  stoccaggio  definitivo  con  obbligo  di
 rivalsa   nei   confronti   di   colui   che   effettua  il
 conferimento.
 27. Il tributo e' dovuto alle regioni; una quota del 10
 per cento di esso spetta alle province. Il 20 per cento del
 gettito  derivante  dall'applicazione del tributo, al netto
 della  quota  spettante  alle  province,  affluisce  in  un
 apposito fondo della regione destinato a favorire la minore
 produzione  di rifiuti, le attivita' di recupero di materie
 prime  e  di  energia,  con  priorita'  per  i soggetti che
 realizzano   sistemi   di   smaltimento   alternativi  alle
 discariche,  nonche'  a  realizzare  la  bonifica dei suoli
 inquinati,  ivi  comprese  le aree industriali dismesse, il
 recupero   delle   aree   degradate   per   l'avvio  ed  il
 finanziamento  delle  agenzie regionali per l'ambiente e la
 istituzione  e  manutenzione  delle aree naturali protette.
 L'impiego   delle   risorse   e'  disposto  dalla  regione,
 nell'ambito  delle destinazioni sopra indicate, con propria
 deliberazione,  ad  eccezione  di  quelle  derivanti  dalla
 tassazione  dei  fanghi  di  risulta  che sono destinate ad
 investimenti  di  tipo ambientale riferibili ai rifiuti del
 settore produttivo sogg etto al predetto tributo.
 28.  La  base  imponibile e' costituita dalla quantita'
 dei   rifiuti  conferiti  in  discarica  sulla  base  delle
 annotazioni   nei   registri  tenuti  in  attuazione  degli
 articoli 11   e   19   del  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica 10 settembre 1982, n. 915.
 29.  L'ammontare  dell'imposta  e'  fissato,  con legge
 della  regione  entro  il 31 luglio di ogni anno per l'anno
 successivo, per chilogrammo di rifiuti conferiti: in misura
 non  inferiore  ad  euro 0,001 e non superiore ad euro 0,01
 per  i rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per
 i   rifiuti   inerti  ai  sensi  dell'art.  2  del  decreto
 ministeriale  13 marzo  2003  del  Ministro dell'ambiente e
 della  tutela  del  territorio,  pubblicato  nella Gazzetta
 Ufficiale  n. 67 del 21 marzo 2003; in misura non inferiore
 ad  euro  0,00517  e  non  superiore  ad euro 0,02582 per i
 rifiuti   ammissibili  al  conferimento  in  discarica  per
 rifiuti   non   pericolosi  e  pericolosi  ai  sensi  degli
 articoli 3  e  4  del  medesimo decreto. In caso di mancata
 determinazione dell'importo da parte delle regioni entro il
 31 luglio  di  ogni  anno per l'anno successivo, si intende
 prorogata  la  misura  vigente.  Il  tributo e' determinato
 moltiplicando l'ammontare dell'imposta per il quantitativo,
 espresso   in   chilogrammi,   dei   rifiuti  conferiti  in
 discarica,  nonche'  per  un coefficiente di correzione che
 tenga  conto  del  peso  specifico,  della qualita' e delle
 condizioni  di  conferimento  dei  rifiuti  ai  fini  della
 commisurazione   dell'incidenza  sul  costo  ambientale  da
 stabilire   con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente,  di
 concerto  con  i  Ministri  dell'industria, del commercio e
 dell'artigianato e della sanita', entro sei mesi dalla data
 di entrata in vigore della presente legge.
 30.  Il  tributo  e'  versato  alla regione in apposito
 capitolo  di  bilancio dal gestore della discarica entro il
 mese  successivo  alla scadenza del trimestre solare in cui
 sono  state  effettuate  le operazioni di deposito. Entro i
 termini  previsti  per  il  versamento  relativo all'ultimo
 trimestre  dell'anno  il  gestore e' tenuto a produrre alla
 regione  in  cui  e' ubicata la discarica una dichiarazione
 contenente  l'indicazione  delle  quantita' complessive dei
 rifiuti   conferiti   nell'anno   nonche'   dei  versamenti
 effettuati.  La  regione  trasmette  copia  della  predetta
 dichiarazione  alla provincia nel cui territorio e' ubicata
 la  discarica.  Con  legge  della regione sono stabilite le
 modalita'  di  versamento  del  tributo  e di presentazione
 della  dichiarazione.  Per  l'anno  1996  il termine per il
 versamento   del   tributo   alle  regioni,  relativo  alle
 operazioni  di  deposito effettuate nel primo trimestre, e'
 differito al 31 luglio 1996.
 31.   Per   l'omessa  o  infedele  registrazione  delle
 operazioni  di conferimento in discarica, ferme restando le
 sanzioni  stabilite  per  le  violazioni di altre norme, si
 applica   la   sanzione   amministrativa  dal  duecento  al
 quattrocento per cento del tributo relativo all'operazione.
 Per   l'omessa  o  infedele  dichiarazione  si  applica  la
 sanzione  da  lire  duecentomila  a  lire  un  milione.  Le
 sanzioni sono ridotte ad un quarto se, entro il termine per
 ricorrere  alle commissioni tributarie, interviene adesione
 del  contribuente  e  contestuale pagamento del tributo, se
 dovuto, e della sanzione
 32.  Fermi  restando  l'applicazione  della  disciplina
 sanzionatoria  per  la  violazione  della  normativa  sullo
 smaltimento  dei  rifiuti  di cui al decreto del Presidente
 della  Repubblica  10 settembre  1982.  n. 915 e successive
 modificazioni,  e  l'obbligo  di  procedere alla bonifica e
 alla  rimessa  in  pristino  dell'area,  chiunque esercita,
 ancorche'  in  via  non esclusiva, l'attivita' di discarica
 abusiva  e  chiunque abbandona, scarica o effettua deposito
 incontrollato  di  rifiuti,  e'  soggetto  al pagamento del
 tributo  determinato ai sensi della presente legge e di una
 sanzione  amministrativa  pari  a tre volte l'ammontare del
 tributo  medesimo.  Si  applicano  a carico di chi esercita
 l'attivita'  le sanzioni di cui al comma 31. L'utilizzatore
 a  qualsiasi  titolo  o,  in  mancanza, il proprietario dei
 terreni  sui quali' insiste la discarica abusiva, e' tenuto
 in solido agli oneri di bonifica, al risarcimento del danno
 ambientale  e  al  pagamento  del  tributo e delle sanzioni
 pecuniarie  ai sensi della presente legge, ove non dimostri
 di   aver  presentato  denuncia  di  discarica  abusiva  ai
 competenti  organi  della regione, prima della costatazione
 delle  violazioni  di  legge.  Le  discariche  abusive  non
 possono  essere  oggetto  di  autorizzazione  regionale, ai
 sensi   dell'art.   6  del  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica 10 settembre 1982, n. 915.
 33.  Le  violazioni  ai  commi  da 24 a 41 del presente
 articolo   sono   constatate   con   processo  verbale  dai
 funzionari   provinciali  addetti  ai  controlli  ai  sensi
 dell'art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e dell'art.
 7  del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
 1982,  n.  915 muniti di speciale tessera di riconoscimento
 rilasciata    dal    presidente    della   provincia.   Per
 l'assolvimento   dei  loro  compiti  i  funzionari  possono
 accedere,   muniti  di  apposita  autorizzazione  del  capo
 dell'ufficio,     nei    luoghi    adibiti    all'esercizio
 dell'attivita'  e  negli  altri  luoghi  ove  devono essere
 custoditi   i   registri   e   la  documentazione  inerente
 l'attivita', al fine di procedere alla ispezione dei luoghi
 ed alla verifica della relativa documentazione. Qualora nel
 corso dell'ispezione o della verifica emergano inosservanze
 di  obblighi  regolati da disposizioni di leggi concernenti
 tributi diversi da quelli previsti dai commi da 24 a 41 del
 presente articolo, i funzionari predetti devono comunicarle
 alla  Guardia  di  finanza  secon  do le modalita' previste
 dall'ultimo  comma  dell'art. 36 del decreto del Presidente
 della  Repubblica  29 settembre  1973,  n.  600, introdotto
 dall'art.  19, comma 1, lettera d), della legge 30 dicembre
 1991 n. 413. La Guardia di finanza coopera con i funzionari
 provinciali  per  l'acquisizione  ed  il  reperimento degli
 elementi utili ai fini dell'accertamento dell'imposta e per
 la  repressione  delle  connesse  violazioni, procedendo di
 propria  iniziativa o su richiesta delle regioni o province
 nei  modi  e con le facolta' di cui all'art. 63 del decreto
 del  Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e
 successive modificazioni.
 34.  L'accertamento,  la  riscossione,  i  rimborsi, il
 contenzioso  amministrativo e quanto non previsto dai commi
 da  24  a  41  del  presente articolo sono disciplinati con
 legge della regione.
 35.  Le  disposizioni dei commi da 24 a 41 del presente
 articolo   costituiscono  principi  fondamentali  ai  sensi
 dell'art.  119  della  Costituzione.  Le  regioni a statuto
 speciale  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano
 provvedono  con  propria  legge secondo le disposizioni dei
 rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
 36-37 (Omissis).
 38.  Per  l'anno 1996 il tributo e' dovuto nella misura
 minima,   esclusi   i   rifiuti   dei   settori  minerario,
 estrattivo,  edilizio,  lapideo e metallurgico, per i quali
 la  misura  minima  del tributo e' determinata tra lire 2 e
 lire  5  con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto
 con   il   Ministro   dell'industria,   del   commercio   e
 dell'artigianato,  da  emanare entro tre mesi dalla data di
 entrata  in  vigore  della presente legge in relazione alla
 possibilita'  di recupero e riutilizzo e alle incidenze del
 tributo   sui   costi  di  produzione.  In  sede  di  prima
 applicazione delle disposizioni del comma 32 l'utilizzatore
 o,  in mancanza, il proprietario del terreno su cui insiste
 la   discarica  abusiva  e'  esente  dalla  responsabilita'
 relativamente,  alle  sanzioni  amministrative  previste al
 comma  32  qualora  provveda  entro  il 30 giugno 1996 alla
 relativa denuncia agli organi della regione.
 39.   A  decorrere  dell'anno  1996  i  proventi  delle
 addizionali   erariali   di   cui  al  regio  decreto-legge
 30 novembre 1937, n. 2145, convertito dalla legge 25 aprile
 1938,  n.  614  e  alla  legge  10 dicembre  1961, n. 1346,
 applicate  alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi
 urbani  interni, comprese le riscossioni relativa agli anni
 precedenti   sono   devoluti  direttamente  ai  comuni  dal
 concessionario  della  riscossione.  La  maggiore spesa del
 servizio  di  nettezza  urbana  derivante dal pagamento del
 tributo  di  cui  al  comma  24  costituisce costo ai sensi
 dell'art.  61  del decreto legislativo 15 novembre 1993, n.
 507  e  successive  modificazioni. Con decreto del Ministro
 delle  finanze,  di  concerto con i Ministri dell'interno e
 del tesoro, sono stabilite le modalita' di attuazione delle
 disposizioni del presente comma.
 40.  Per  i  rifiuti  smaltiti tal quali in impianti di
 incenerimento  senza recupero di energia, per gli scarti ed
 i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio
 e  compostaggio,  nonche'  per  i  fanghi anche palabili si
 applicano le disposizioni dei commi da 24 a 41 del presente
 articolo.  Il  tributo  e'  dovuto  nella misura del 20 per
 cento  dell'ammontare  determinato  ai sensi dei commi 29 e
 38.".
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 206 (Accordi, contratti di programma, incentivi)
 1. Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle  disposizioni  di cui alla parte quarta del presente decreto al fine  di  perseguire  la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure,  con  particolare  riferimento  alle  piccole  imprese, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attivita' produttive, e d'intesa con le regioni, le province autonome e gli enti locali puo' stipulare appositi accordi e contratti  di  programma  con  enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto:
 a)  l'attuazione  di  specifici  piani  di  settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
 b)  la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di  processi  produttivi  e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre  la  produzione  dei  rifiuti  e  la  loro pericolosita' e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;
 c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili;
 d)  le  modifiche  del  ciclo  produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo;
 e)  la  sperimentazione,  la  promozione  e la produzione di beni progettati,  confezionati  e messi in commercio in modo da ridurre la quantita' e la pericolosita' dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
 f)  la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attivita' di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti;
 g)  l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto di produzione;
 h)  lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per  l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti;
 i)  l'impiego  da  parte  dei  soggetti  economici e dei soggetti pubblici  dei  materiali  recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
 l)  l'impiego  di  sistemi  di  controllo  del  recupero  e della riduzione di rifiuti.
 2.  Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, di concerto  con  il  Ministro delle attivita' produttive, puo' altresi' stipulare  appositi  accordi  e  contratti  di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per:
 a) promuovere e favorire l'utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale  di  cui  al  regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001;
 b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro  ciclo di utilita' ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero  di  materia  prima  secondaria,  anche  mediante  procedure semplificate  per  la  raccolta ed il trasporto dei rifiuti, le quali devono   comunque   garantire   un   elevato  livello  di  protezione dell'ambiente.
 3.  I  predetti  accordi sono stipulati di concerto con il Ministro delle  politiche  agricole  e  forestali qualora riguardino attivita' collegate alla produzione agricola.
 4.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio,  di  concerto  con il Ministro delle ativita' produttive, sono  individuate le risorse finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite  disposizioni  legislative di finanziamento, agli accordi ed ai  contratti  di  programma  di cui ai commi 1 e 2 e sono fissate le modalita' di stipula dei medesimi.
 5.  Ai  sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della Commissione  delle  Comunita' europee e' inoltre possibile concludere accordi  ambientali  che  la  Commissione puo' utilizzare nell'ambito della    autoregolamentazione,    intesa   come   incoraggiamento   o riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della coregolamentazione, intesa  come  proposizione  al legislatore di utilizzare gli accordi, quando opportuno.
 
 
 
 Note all'art. 206:
 - Il   regolamento  (CE)  n.  761/2001  del  Parlamento
 europeo del Consiglio del 19 marzo 2001 e' pubblicato nella
 GUCE n. L 114/1 del 24 aprile 2001.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 206-bis (10) ((Osservatorio nazionale sui rifiuti)) ((1.  Al fine di garantire l'attuazione delle norme di cui alla parte quarta   del   presente  decreto  con  particolare  riferimento  alla prevenzione  della  produzione  della quantita' e della pericolosita' dei  rifiuti  ed  all'efficacia,  all'efficienza  ed all'economicita' della  gestione  dei  rifiuti,  degli  imballaggi  e  dei  rifiuti di imballaggio,   nonche'   alla   tutela   della   salute   pubblica  e dell'ambiente,  e'  istituito,  presso  il  Ministero dell'ambiente e della  tutela del territorio e del mare, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti,  in appresso denominato Osservatorio. L'Osservatorio svolge, in particolare, le seguenti funzioni:
 a)  vigila  sulla  gestione  dei  rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
 b)  provvede  all'elaborazione ed all'aggiornamento permanente di criteri  e  specifici obiettivi d'azione, nonche' alla definizione ed all'aggiornamento  permanente  di  un  quadro  di  riferimento  sulla prevenzione   e   sulla   gestione   dei  rifiuti,  anche  attraverso l'elaborazione di linee guida sulle modalita' di gestione dei rifiuti per  migliorarne  efficacia, efficienza e qualita', per promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per  la  prevenzione,  le  raccolte  differenziate,  il  riciclo e lo smaltimento dei rifiuti;
 c)  predispone  il  Programma  generale  di  prevenzione  di  cui all'articolo  225  qualora  il  Consorzio  nazionale  imballaggi  non provveda nei termini previsti;
 d)   verifica   l'attuazione   del   Programma  generale  di  cui all'articolo  225  ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio;
 e)  verifica  i  costi  di  gestione  dei  rifiuti, delle diverse componenti  dei  costi  medesimi  e  delle  modalita'  di gestione ed effettua  analisi  comparative  tra  i  diversi  ambiti  di gestione, evidenziando eventuali anomalie;
 f) verifica livelli di qualita' dei servizi erogati;
 g)  predispone,  un  rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli   imballaggi  e  dei  rifiuti  di  imballaggio  e  ne  cura  la trasmissione  al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
 2. L'Osservatorio nazionale sui rifiuti e' composto da nove membri, scelti  tra  persone,  esperte  in  materia  di  rifiuti,  di elevata qualificazione  giuridico/amministrativa  e  tecnico/scientifica  nel settore  pubblico  e  privato,  nominati,  nel rispetto del principio dell'equilibrio  di  genere, con decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, di cui:
 a)  tre  designati  dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzione di Presidente;
 b)  due  designati  dal Ministro dello sviluppo economico, di cui uno con funzioni di vice-presidente;
 c) uno designato dal Ministro della salute;
 d) uno designato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
 e) uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze;
 f) uno designato dalla Conferenza Stato-regioni.
 3.   La  durata  in  carica  dei  componenti  dell'Osservatorio  e' disciplinata  dal  decreto  del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007,    n.    90.    Il   trattamento   economico   dei   componenti dell'Osservatorio   e'   determinato   con   decreto   del   Ministro dell'economia   e   delle   finanze,  di  concerto  con  il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
 4. Per l'espletamento dei propri compiti e funzioni, l'Osservatorio si  avvale  di  una  segreteria  tecnica,  costituita con decreto del Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio e del mare, utilizzando  allo  scopo  le  risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
 5.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio  e  del  mare  da  emanarsi  entro  sei mesi dalla data di entrata  in  vigore  del presente decreto, sono definite le modalita' organizzative  e di funzionamento dell'Osservatorio, nonche' gli enti e le agenzie di cui esso puo' avvalersi.
 6.  All'onere  derivante  dalla  costituzione  e  dal funzionamento dell'Osservatorio  nazionale  sui rifiuti e della Segreteria tecnica, pari  a  due  milioni  di  euro,  aggiornato  annualmente al tasso di inflazione,   provvedono,   tramite   contributi   di   pari  importo complessivo,  il  Consorzio  Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 224, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e i Consorzi  di  cui  agli  articoli  233,  234, 235, 236 nonche' quelli istituiti   ai   sensi   degli   articoli  227  e  228.  Il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto da emanarsi  entro  novanta  giorni  dall'entrata in vigore del presente provvedimento  e  successivamente  entro  il 31 gennaio di ogni anno, determina l'entita' del predetto onere da porre in capo ai Consorzi e soggetti  predetti.  Dette somme sono versate dal Consorzio Nazionale Imballaggi e dagli altri soggetti e Consorzi all'entrata del bilancio dello   Stato  per  essere  riassegnate,  con  decreto  del  Ministro dell'economia  e  della  finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione  del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.))
 |  |  |  | Art. 207 Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti
 
 1.  L'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti di cui all'articolo 159, di seguito denominata "Autorita'", garantisce e vigila  in  merito  all'osservanza  dei  principi ed al perseguimento delle  finalita'  di  cui alla parte quarta del presente decreto, con particolare      riferimento      all'efficienza,      all'efficacia, all'economicita' ed alla trasparenza del servizio.
 2.  L'Autorita',  oltre  alle attribuzioni individuate dal presente articolo,  subentra  in  tutte  le  altre  competenze  gia' assegnate dall'articolo  26  del  decreto  legislativo  5 febbraio 1997, n. 22, all'Osservatorio  nazionale sui rifiuti, il quale continua ad operare sino  all'entrata  in  vigore  del  regolamento  di  cui  al  comma 4 dell'articolo 159 del presente decreto.
 3.  La struttura e la composizione dell'Autorita' sono disciplinate dall'articolo 159.
 4. L'autorita' svolge le funzioni previste dall'articolo 160.
 5.  Per l'espletamento dei propri compiti ed al fine di migliorare, incrementare   ed  adeguare  agli  standard  europei,  alle  migliori tecnologie  disponibili  ed  alle  migliori  pratiche  ambientali gli interventi  in materia di tutela delle acque interne, di rifiuti e di bonifica  dei  siti  inquinati,  nonche' di aumentare l'efficienza di detti interventi anche sotto il profilo della capacita' di utilizzare le  risorse derivanti da cofinanziamenti, l'Autorita' si avvale della Segreteria  tecnica  di  cui all'articolo 1, comma 42, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie  previste  a  legislazione  vigente. Essa puo' avvalersi, altresi',  di  organi  ed  uffici  ispettivi  e  di verifica di altre amministrazioni pubbliche.
 
 
 
 Note all'art. 207:
 - L'art. 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
 22 e' il seguente:
 "Art.  26 (Osservatorio nazionale sui rifiuti). - 1. Al
 fine  di  garantire  l'attuazione  delle  norme  di  cui al
 presente  decreto  legislativo, con particolare riferimento
 alla  prevenzione  della produzione della quantita' e della
 pericolosita'  dei rifiuti ed all'efficacia, all'efficienza
 ed  all'economicita'  della  gestione  dei  rifiuti,  degli
 imballaggi  e  dei  rifiuti  di  imballaggio,  nonche' alla
 tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e' istituito,
 presso il Ministero dell'ambiente, l'Osservatorio nazionale
 sui   rifiuti,   in   appresso   denominato   Osservatorio.
 L'Osservatorio   svolge,   in   particolare,   le  seguenti
 funzioni:
 a)   vigila   sulla   gestione   dei  rifiuti,  degli
 imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
 b) provvede   all'elaborazione  ed  all'aggiornamento
 permanente  di  criteri  e  specifici  obiettivi  d'azione,
 nonche' alla definizione ed all'aggiornamento permanente di
 un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione
 dei rifiuti;
 c) esprime  il  proprio parere sul Programma generale
 di  prevenzione  di  cui  all'art.  42  e  lo trasmette per
 l'adozione  definitiva  al  Ministro  dell'ambiente  ed  al
 Ministro  dell'industria,  del commercio e dell'artigianato
 ed alla Conferenza Stato-regioni;
 d) predispone il Programma generale di prevenzione di
 cui  all'art.  42 qualora il Consorzio nazionale imballaggi
 non provveda nei termini previsti;
 e) verifica  l'attuazione  del Programma generale, di
 cui  all'art.  42  ed  il raggiungimento degli obiettivi di
 recupero e di riciclaggio;
 f) verifica i costi di recupero e smaltimento;
 g) elabora il metodo normalizzato di cui all'art. 49,
 comma  5,  e  lo  trasmette  per l'approvazione al Ministro
 dell'ambiente  ed al Ministro dell'industria, del commercio
 e dell'artigianato;
 h) verifica livelli di qualita' dei servizi erogati;
 i) predispone  un rapporto annuale sulla gestione dei
 rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio e ne
 cura    la    trasmissione   ai   Ministri   dell'ambiente,
 dell'industria,  del  commercio  e dell'artigianato e della
 sanita'.
 2.   L'Osservatorio   e'  costituito  con  decreto  del
 Ministro   dell'ambiente,   di  concerto  con  il  Ministro
 dell'industria  del  commercio  e  dell'artigianato,  ed e'
 composto  da  nove  membri,  scelti  tra persone esperte in
 materia, di cui:
 a) tre  designati  dal Ministro dell'ambiente, di cui
 uno con funzioni di Presidente;
 b) due  designati dal Ministro dell'industria, di cui
 uno con funzioni di vicepresidente;
 c) uno designato dal Ministro della sanita';
 d) uno designato dal Ministro delle risorse agricole,
 alimentari e forestali;
 d-bis) uno designato dal Ministro del tesoro;
 d-ter) uno designato dalla Conferenza Stato regioni.
 3.   I   membri   durano  in  carica  cinque  anni.  Il
 trattamento economico spettante ai membri dell'Osservatorio
 e  della  segreteria tecnica e' determinato con decreto del
 Ministro   del   tesoro,   di   concerto  con  il  Ministro
 dell'ambiente  ed il Ministro dell'industria, del commercio
 e dell'artigianato.
 4.  Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto
 con    i   Ministri   dell'industria,   del   commercio   e
 dell'artigianato  e della sanita', e del tesoro da emanarsi
 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente
 decreto,  sono  definite  le  modalita'  organizzative e di
 funzionamento dell'Osservatorio e della Segreteria tecnica.
 5.   All'onere   derivante  dalla  costituzione  e  dal
 funzionamento  dell'Osservatorio e della segreteria tecnica
 pari   a  lire  due  miliardi,  aggiornate  annualmente  in
 relazione  al  tasso  di  inflazione, provvede il Consorzio
 nazionale  imballaggi  di cui all'art. 41 con un contributo
 di  pari importo a carico dei consorziati. Dette somme sono
 versate  dal  Comitato nazionale imballaggi all'entrata del
 bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del
 Ministro  del  tesoro  ad  apposito capitolo dello stato di
 previsione  del  Ministero  dell'ambiente.  Le spese per il
 funzionamento  del  predetto  Osservatorio sono subordinate
 alle entrate.
 5-bis.   Al  fine  di  consentire  l'avviamento  ed  il
 funzionamento  dell'attivita'  dell'Osservatorio  nazionale
 sui  rifiuti,  in attesa dell'attuazione di quanto disposto
 al  comma  5, e' autorizzata la spesa di lire 1.000 milioni
 per   l'anno   1998   da   iscrivere   in  apposita  unita'
 previsionale   di   base  dello  stato  di  previsione  del
 Ministero dell'ambiente.".
 - L'art.  1, norma 42, della legge 15 dicembre 2004, n.
 308 e' il seguente:
 "42.  Al fine di migliorare, incrementare ed adeguare
 agli standard europei, alle migliori tecnologie disponibili
 ed  alle  migliori  pratiche  ambientali  gli interventi in
 materia  di  tutela  delle  acque  interne, di rifiuti e di
 bonifica   dei   siti   inquinati,   nonche'  di  aumentare
 l'efficienza  di  detti  interventi  anche sotto il profilo
 della  capacita'  di  utilizzare  le  risorse  derivanti da
 cofinanziamenti  dell'Unione  europea, e' istituita, presso
 il  Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio,
 una  segreteria  tecnica  composta  da  non piu' di ventuno
 esperti di elevata qualificazione, nominati con decreto del
 Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, di
 concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con
 il  quale  ne  e'  stabilito  anche  il funzionamento della
 predetta segreteria e' autorizzata la spesa di 450.000 euro
 per  l'anno  2004,  di 500.000 euro per l'anno 2005 e di un
 milione di euro a decorrere dall'anno 2006.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 208 (autorizzazione unica per i nuovi impianti
 di smaltimento e di recupero dei rifiuti)
 
 1.  I  soggetti  che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento  o  di  recupero  di  rifiuti,  anche  pericolosi, devono presentare  apposita  domanda alla regione competente per territorio, allegando  il  progetto  definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica  prevista  per  la  realizzazione  del  progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute  di  sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba  essere  sottoposto  alla  procedura  di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda e' altresi' allegata  la  comunicazione  del progetto all'autorita' competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione  della  pronuncia sulla compatibilita' ambientale ai
 sensi della parte seconda del presente decreto.
 
 2.   Resta  ferma  l'applicazione  della  normativa  nazionale  di attuazione  della  direttiva  96/61/CE  relativa  alla  prevenzione e riduzione  integrate  dell'inquinamento,  per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
 
 3.  Entro  trenta  giorni  dal ricevimento della domanda di cui al comma  1,  la  regione  individua  il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi cui partecipano i responsabili degli  uffici regionali competenti e i rappresentanti delle Autorita' d'ambito e degli enti locali interessati. Alla conferenza e' invitato a  partecipare,  con  preavviso  di  almeno  venti  giorni,  anche il richiedente  l'autorizzazione  o  un  suo  rappresentante  al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. La documentazione di cui  al  comma 1 e' inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la riunione; in caso di  decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
 
 4.  Entro  novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:
 
 a) procede alla valutazione dei progetti;
 b)   acquisisce   e  valuta  tutti  gli  elementi  relativi  alla compatibilita'   del   progetto   con   le   esigenze   ambientali  e territoriali;
 c)   acquisisce,   ove   previsto  dalla  normativa  vigente,  la valutazione di compatibilita' ambientale;
 d)  trasmette  le  proprie  conclusioni  con i relativi atti alla regione.
 
 5.  Per  l'istruttoria  tecnica  della  domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
 
 6.  Entro  trenta  giorni  dal ricevimento delle conclusioni della conferenza  di servizi e sulla base delle risultanze della stessa, la regione,  in  caso  di  valutazione  positiva,  approva il progetto e autorizza    la    realizzazione   e   la   gestione   dell'impianto. L'approvazione   sostituisce   ad   ogni   effetto   visti,   pareri, autorizzazioni  e  concessioni  di  organi  regionali,  provinciali e comunali,   costituisce,   ove   occorra,   variante  allo  strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilita', urgenza ed indifferibilita' dei lavori.
 
 7.  Nel  caso  in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del  decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n. 42, si applicano le disposizioni   dell'articolo  146  di  tale  decreto  in  materia  di autorizzazione.
 
 8.  L'istruttoria  si  conclude  entro centocinquanta giorni dalla presentazione  della  domanda  di  cui  al  comma  1  con il rilascio dell'autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.
 
 9.  I  termini  di  cui  al  comma 8 sono interrotti, per una sola volta,  da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento  al  soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.
 
 10.  Ove  l'autorita'  competente  non  provveda  a  concludere il procedimento  di  rilascio  dell'autorizzazione unica entro i termini previsti  al  comma  8,  si  applica  il  potere  sostitutivo  di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
 
 11.  L'autorizzazione  individua  le  condizioni e le prescrizioni necessarie   per   garantire   l'attuazione   dei   principi  di  cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:
 
 a)  i  tipi  ed  i  quantitativi  di  rifiuti  da  smaltire  o da recuperare;
 b)   i   requisiti   tecnici  con  particolare  riferimento  alla compatibilita'  del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi  massimi di rifiuti ed alla conformita' dell'impianto al progetto approvato;
 c)  le  precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;
 d) la localizzazione dell'impianto da autorizzare;
 e) il metodo di trattamento e di recupero;
 f)  le  prescrizioni  per  le  operazioni  di messa in sicurezza, chiusura dell'impianto e ripristino del sito;
 g)  le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo  al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; a tal  fine,  le  garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche  per  la  fase  successiva  alla  sua chiusura, dovranno essere prestate  conformemente a quanto diposto dall'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
 h)  la  data  di scadenza dell'autorizzazione, in conformita' con quanto previsto al comma 12;
 i)  i  limiti  di  emissione  in  atmosfera  per  i  processi  di trattamento  termico  dei  rifiuti,  anche  accompagnati  da recupero energetico.
 
 12.  L'autorizzazione di cui al comma 1 e' concessa per un periodo di  dieci  anni  ed  e'  rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni   prima   della   scadenza  dell'autorizzazione,  deve  essere presentata  apposita  domanda  alla  regione  che  decide prima della scadenza  dell'autorizzazione  stessa.  In ogni caso l'attivita' puo' essere  proseguita  fino  alla  decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate.
 
 13. Quando, a seguito di controlli successivi all'avviamento degli impianti,  questi non risultino conformi all'autorizzazione di cui al presente  articolo,  ovvero  non siano soddisfatte le condizioni e le prescrizioni  contenute  nella stessa autorizzazione, quest'ultima e' sospesa,  previa  diffida,  per  un  periodo  massimo di dodici mesi. Decorso  tale  termine senza che il titolare abbia adempiuto a quanto disposto nell'atto di diffida, l'autorizzazione e' revocata.
 
 14.  Il  controllo  e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico,  trasbordo,  deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono  disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio  1994,  n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n.  182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle  navi  e  dalle  altre  disposizioni  previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l'autorizzazione  delle  operazioni  di  imbarco e di sbarco non puo' essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 194 del presente decreto.
 
 15.  Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti  mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo   presso  il  quale  operano,  ad  esclusione  della  sola riduzione  volumetrica  e  separazione  delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l'interessato ha la sede  legale o la societa' straniera proprietaria dell'impianto ha la sede  di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attivita'  sul  territorio  nazionale, l'interessato, almeno sessanta giorni  prima  dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione  nel  cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate   relative   alla   campagna   di   attivita',  allegando l'autorizzazione  di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale gestori  ambientali, nonche' l'ulteriore documentazione richiesta. La regione  puo'  adottare  prescrizioni integrative oppure puo' vietare l'attivita'  con provvedi mento motivato qualora lo svolgimento della stessa  nello  specifico  sito  non  sia  compatibile  con  la tutela dell'ambiente o della salute pubblica.
 
 16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai  procedimenti  in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta   del  presente  decreto,  eccetto  quelli  per  i  quali  sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.
 
 17.  Fatti  salvi  l'obbligo  di  tenuta  dei registri di carico e scarico  da  parte dei soggetti di cui all'articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all'articolo 187, le disposizioni del presente articolo  non  si  applicano  al  deposito  temporaneo effettuato nel rispetto  delle  condizioni  stabilite  dall'articolo  183,  comma 1, lettera  m). La medesima esclusione opera anche quando l'attivita' di deposito   temporaneo  nel  luogo  di  produzione  sia  affidata  dal produttore ad altro soggetto autorizzato alla gestione di rifiuti. Il conferimento  di  rifiuti da parte del produttore all'affidatario del deposito  temporaneo  costituisce  adempimento  agli  obblighi di cui all'articolo  188,  comma  3. In tal caso le annotazioni sia da parte del  produttore  che dell'affidatario del deposito temporaneo debbono essere effettuate entro ventiquattro ore.
 18.  L'autorizzazione  di  cui  al  presente  articolo deve essere comunicata,  a cura dell'amministrazione che la rilascia, all'Albo di cui  all'articolo  212,  comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale,  accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui  all'articolo  212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
 
 19.  In  caso di eventi incidenti sull'autorizzazione, questi sono comunicati,  previo  avviso  all'interessato,  oltre che allo stesso, anche all'Albo.
 
 20.  Le  procedure  di cui al presente articolo si applicano anche per  la  realizzazione  di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono piu' conformi all'autorizzazione rilasciata.
 
 
 
 Note all'art. 208:
 - L'art.  146  del decreto legislativo 22 gennaio 2004,
 n.  42,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 24 febbraio
 2004,  n.  45,  S.O.  (codice  dei  beni  culturali  e  del
 paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002,
 n. 137) e' il seguente:
 "Art.   146   (Autorizzazione).  -  1.  I  proprietari,
 possessori  o  detentori  a  qualsiasi titolo di immobili e
 aree  oggetto  dei  provvedimenti  elencati  all'art.  157,
 oggetto di proposta formulata ai sensi degli articoli 138 e
 141,  tutelati  ai sensi dell'art. 142, ovvero sottoposti a
 tutela  dalle  disposizioni  del  piano  paesaggistico, non
 possono  distruggerli,  ne'  introdurvi  modificazioni  che
 rechino  pregiudizio  ai  valori  paesaggistici  oggetto di
 protezione.
 2.  I  proprietari,  possessori o detentori a qualsiasi
 titolo  dei  beni  indicati  al comma 1, hanno l'obbligo di
 sottoporre  alla  regione  o  all'ente  locale  al quale la
 regione ha affidato la relativa competenza i progetti delle
 opere    che    intendano    eseguire,    corredati   della
 documentazione  prevista, al fine di ottenere la preventiva
 autorizzazione.
 3.  Entro  sei mesi dall'entrata in vigore del presente
 decreto   legislativo,   con  decreto  del  Presidente  del
 Consiglio   dei   Ministri,   d'intesa  con  la  Conferenza
 Stato-regioni,  e' individuata la documentazione necessaria
 alla   verifica   di   compatibilita'  paesaggistica  degli
 interventi proposti.
 4.  La domanda di autorizzazione dell'intervento indica
 lo  stato  attuale  del  bene  interessato, gli elementi di
 valore  paesaggistico  presenti,  gli impatti sul paesaggio
 delle trasformazioni proposte e gli elementi di mitigazione
 e di compensazione necessari.
 5.   L'amministrazione  competente,  nell'esaminare  la
 domanda   di   autorizzazione,   verifica   la  conformita'
 dell'intervento   alle  prescrizioni  contenute  nei  piani
 paesaggistici e ne accerta:
 a) la compatibilita' rispetto ai valori paesaggistici
 riconosciuti dal vincolo;
 b)   la   congruita'   con   i  criteri  di  gestione
 dell'immobile o dell'area;
 c)   la   coerenza  con  gli  obiettivi  di  qualita'
 paesaggistica.
 6.   L'amministrazione,   accertata  la  compatibilita'
 paesaggistica  dell'intervento ed acquisito il parere della
 commissione  per il paesaggio, entro il termine di quaranta
 giorni  dalla ricezione dell'istanza, trasmette la proposta
 di  autorizzazione, corredata dal progetto e dalla relativa
 documentazione,  alla  competente  soprintendenza,  dandone
 notizia   agli   interessati.   Tale  ultima  comunicazione
 costituisce  avviso di inizio del relativo procedimento, ai
 sensi  e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241.
 Qualora  l'amministrazione  verifichi che la documentazione
 allegata  non  corrisponde  a  quella  prevista al comma 3,
 chiede le necessarie integrazioni; in tal caso, il predetto
 termine e' sospeso dalla data della richiesta fino a quella
 di      ricezione     della     documentazione.     Qualora
 l'amministrazione      ritenga     necessario     acquisire
 documentazione  ulteriore  rispetto  a  quella  prevista al
 comma  3,  ovvero  effettuare  accertamenti,  il termine e'
 sospeso,  per  una  sola  volta, dalla data della richiesta
 fino  a  quella  di ricez ione della documentazione, ovvero
 dalla   data   di   comunicazione   della   necessita'   di
 accertamenti  fino  a quella di effettuazione degli stessi,
 per un periodo comunque non superiore a trenta giorni.
 7.  La  soprintendenza  comunica  il  parere  entro  il
 termine perentorio di sessanta giorni dalla ricezione della
 proposta  di cui al comma 6. Decorso inutilmente il termine
 per  l'acquisizione  del  parere,  l'amministrazione assume
 comunque  le  determinazioni  in  merito  alla  domanda  di
 autorizzazione.
 8.    L'autorizzazione    e'    rilasciata   o   negata
 dall'amministrazione  competente  entro il termine di venti
 giorni  dalla  ricezione  del parere della soprintendenza e
 costituisce atto distinto e presupposto della concessione o
 degli  altri  titoli  legittimanti l'intervento edilizio. I
 lavori non possono essere iniziati in difetto di essa.
 9.  Decorso inutilmente il termine indicato al comma 8,
 e'   data   facolta'   agli   interessati   di   richiedere
 l'autorizzazione  alla regione, che provvede anche mediante
 un  commissario ad acta entro il termine di sessanta giorni
 dalla  data  di  ricevimento della richiesta. Qualora venga
 ritenuto  necessario  acquisire  documentazione ulteriore o
 effettuare accertamenti, il termine e' sospeso per una sola
 volta  fino  alla  data  di  ricezione della documentazione
 richiesta  ovvero  fino  alla  data  di effettuazione degli
 accertamenti.  Laddove  la  regione non abbia affidato agli
 enti  locali  la competenza al rilascio dell'autorizzazione
 paesaggistica,  la richiesta di rilascio in via sostitutiva
 e' presentata alla competente soprintendenza.
 10. L'autorizzazione paesaggistica:
 a)  diventa  efficace dopo il decorso di venti giorni
 dalla sua emanazione;
 b)   e'  trasmessa  in  copia,  senza  indugio,  alla
 soprintendenza  che  ha  emesso  il  parere  nel  corso del
 procedimento,  nonche',  unitamente al parere, alla regione
 ed  alla provincia e, ove esistenti, alla comunita' montana
 e  all'ente  parco nel cui territorio si trova l'immobile o
 l'area sottoposti al vincolo;
 c)   non   puo'   essere   rilasciata   in  sanatoria
 successivamente  alla  realizzazione,  anche parziale degli
 interventi.
 11.  L'autorizzazione  paesaggistica e' impugnabile con
 ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso
 straordinario   al   Presidente   della  Repubblica,  dalle
 associazioni  ambientaliste portatrici di interessi diffusi
 individuate  ai  sensi  dell'art.  13  della legge 8 luglio
 1986,  n.  349  e  da  qualsiasi  altro soggetto pubblico o
 privato  che ne abbia interesse. Il ricorso e' deciso anche
 se, dopo la sua proposizione ovvero in grado di appello, il
 ricorrente  dichiari  di  rinunciare  o  di non avervi piu'
 interesse.   Le  sentenze  e  le  ordinanze  del  Tribunale
 amministrativo  regionale  possono  essere impugnate da chi
 sia   legittimato   a  ricorrere  avverso  l'autorizzazione
 paesaggistica,  anche  se  non abbia proposto il ricorso di
 primo grado.
 12.   Presso   ogni  comune  e'  istituito  un  elenco,
 aggiornato   almeno   ogni   sette   giorni  e  liberamente
 consultabile,  in  cui  e'  indicata la data di rilascio di
 ciascuna  autorizzazione  paesaggistica, con la annotazione
 sintetica  del  relativo  oggetto  e con la precisazione se
 essa  sia  stata rilasciata in difformita' dal parere della
 Soprintendenza.     Copia    dell'elenco    e'    trasmessa
 trimestralmente alla regione e alla soprintendenza, ai fini
 dell'esercizio  delle funzioni di vigilanza di cui all'art.
 155.
 13.  Le  disposizioni dei precedenti commi si applicano
 anche  alle  istanze  concernenti le attivita' minerarie di
 ricerca ed estrazione.
 14.  Le  disposizioni  del  presente  articolo  non  si
 applicano   alle   autorizzazioni   per   le  attivita'  di
 coltivazione di cave e torbiere. Per tali attivita' restano
 ferme  le  potesta'  del  Ministero  dell'ambiente  e della
 tutela  del territorio ai sensi della normativa in materia,
 che   sono   esercitate  tenendo  conto  delle  valutazioni
 espresse,  per  quanto  attiene  ai  profili paesaggistici,
 dalla competente soprintendenza.".
 L'art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,
 e' il seguente:
 "Art. 5 (Poteri sostitutivi). - 1. Con riferimento alle
 funzioni  e  ai  compiti spettanti alle regioni e agli enti
 locali,  in  caso  di  accertata  inattivita'  che comporti
 inadempimento  agli  obblighi  derivanti  dall'appartenenza
 alla  Unione  europea  o pericolo di grave pregiudizio agli
 interessi   nazionali,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  su proposta del Ministro competente per materia,
 assegna   all'ente  inadempiente  un  congruo  termine  per
 provvedere.
 2.  Decorso  inutilmente tale termine, il Consiglio dei
 Ministri,  sentito  il  soggetto  inadempiente,  nomina  un
 commissario che provvede in via sostitutiva.
 3.  In  casi  di  assoluta  urgenza,  non si applica la
 procedura  di  cui  al  comma 1 e il Consiglio dei Ministri
 puo'  adottare  il  provvedimento  di  cui  al  comma 2, su
 proposta  del  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri, di
 concerto  con  il  Ministro competente. Il provvedimento in
 tal   modo   adottato   ha   immediata   esecuzione  ed  e'
 immediatamente  comunicato  rispettivamente alla Conferenza
 permanente  per  i  rapporti  tra lo Stato, le regioni e le
 province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  di seguito
 denominata  "Conferenza  Stato-regioni"  e  alla Conferenza
 Stato-Citta' e autonomie locali allargata ai rappresentanti
 delle   comunita'  montane,  che  ne  possono  chiedere  il
 riesame,  nei  termini e con gli effetti previsti dall'art.
 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997. n. 59.
 4.  Restano  ferme le disposizioni in materia di poteri
 sostitutivi previste dalla legislazione vigente.".
 - L'art. 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n.
 36, e' il seguente:
 "Art.  14  (Garanzie finanziarie). - 1. La garanzia per
 l'attivazione  e  la  gestione  operativa  della discarica,
 comprese  le  procedure di chiusura, assicura l'adempimento
 delle  prescrizioni  contenute  nell'autorizzazione  e deve
 essere  prestata  per  una somma commisurata alla capacita'
 autorizzata  della  discarica ed alla classificazione della
 stessa  ai sensi dell'art. 4. In caso di autorizzazione per
 lotti della discarica, come previsto dall'art. 10, comma 3,
 la garanzia puo' essere prestata per lotti.
 2. La garanzia per la gestione successiva alla chiusura
 della  discarica  assicura che le procedure di cui all'art.
 13  siano  eseguite  ed e' commisurata al costo complessivo
 della  gestione  post-operativa.  In caso di autorizzazione
 della  discarica per lotti la garanzia per la post-chiusura
 puo' essere prestata per lotti.
 3.  Fermo  restando che le garanzie di cui ai commi 1 e
 2,  nel  loro complesso, devono essere trattenute per tutto
 il tempo necessario alle operazioni di gestione operativa e
 di  gestione  successiva  alla  chiusura  della discarica e
 salvo  che  l'autorita'  competente  non preveda un termine
 maggiore   qualora   ritenga   che  sussistano  rischi  per
 l'ambiente:
 a)  la  garanzia  di cui al comma 1 e' trattenuta per
 almeno  due  anni  dalla  data  della  comunicazione di cui
 all'art. 12, comma 3;
 b)  la  garanzia  di cui al comma 2 e' trattenuta per
 almeno  trenta  anni  dalla data della comunicazione di cui
 all'art. 12, comma 3.
 4. Le garanzie di cui ai commi 1 e 2 sono costituite ai
 sensi  dell'art.  1  della  legge 10 giugno 1982, n. 348, e
 devono  essere  prestate  in  misura  tale  da garantire la
 realizzazione degli obiettivi indicati nei citati commi.
 5.   Nel   caso   di   impianti  di  discarica  la  cui
 coltivazione  ha  raggiunto, alla data di entrata in vigore
 del  presente  decreto, l'80 % della capacita' autorizzata,
 il  massimale  da garantire secondo i parametri previsti e'
 ridotto nella misura del 40 %.
 6.  Le  Regioni  possono  prevedere,  per  gli impianti
 realizzati  e  gestiti  secondo  le  modalita' previste dal
 presente  decreto,  che  la  garanzia finanziaria di cui al
 comma 2 non si applichi alle discariche per rifiuti inerti.
 7.  Gli  oneri  afferenti  alle  garanzie  previste dal
 presente articolo, allorquando le regioni e gli enti di cui
 all'art.  2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
 gestiscono  direttamente  la  discarica, sono coperti dalla
 tariffa con le modalita' di cui all'art. 15.".
 - La  legge  28  gennaio  1994, n. 84, pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  4  febbraio 1994, n. 28, S.O., reca il
 riordino della legislazione in materia portuale.
 - Il  decreto  legislativo  24  giugno  2003,  n.  182,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 luglio 2003, n. 168,
 reca:  Attuazione  della direttiva 2000/59/CE relativa agli
 impianti  portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle
 navi ed i residui del carico.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 209 (rinnovo delle autorizzazioni alle imprese
 in possesso di certificazione ambientale)
 
 1. Nel   rispetto   delle   normative   comunitarie,  in  sede  di espletamento   delle   procedure   previste   per  il  rinnovo  delle autorizzazioni  all'esercizio  di  un impianto, ovvero per il rinnovo dell'iscrizione  all'Albo  di  cui  all'articolo  212, le imprese che risultino  registrate  ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  del  19 marzo 2001 (Emas) ed operino  nell'ambito  del  sistema  Ecolabel di cui al regolamento 17 luglio   2000,  n. 1980,  o  certificati  UNI-EN  ISO  14001  possono sostituire  tali  autorizzazioni o il nuovo certificato di iscrizione al   suddetto   Albo   con  autocertificazione  resa  alle  autorita' competenti,  ai  sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
 
 2. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da  una  copia  conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma  1,  nonche'  da  una denuncia di prosecuzione delle attivita', attestante  la  conformita'  dell'impresa, dei mezzi e degli impianti alle  prescrizioni  legislative  e  regolamentari,  con  allegata una certificazione  dell'esperimento  di  prove  a  cio'  destinate,  ove previste.
 
 3. L'autocertificazione  e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e   2,  sostituiscono  a  tutti  gli  effetti  l'autorizzazione  alla prosecuzione,  ovvero  all'esercizio  delle  attivita' previste dalle norme  di  cui  al  comma  1  e  ad  essi  si  applicano,  in  quanto compatibili,  le  disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica   26  aprile  1992,  n. 300. Si  applicano,  altresi',  le disposizioni  sanzionatorie  di  cui  all'articolo  21  della legge 7 agosto 1990, n. 241.
 
 4. L'autocertificazione   e   i   relativi   documenti  mantengono l'efficacia  sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di   centottanta   giorni   successivi  alla  data  di  comunicazione all'interessato  della  decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione  ottenuta  ai  sensi  dei  regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1.
 
 5. Salva  l'applicazione  delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto  costituisca  piu'  grave  reato, in caso di accertata falsita' delle  attestazioni  contenute nell'autocertificazione e dei relativi documenti,  si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti di  chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2.
 
 6. Resta   ferma   l'applicazione  della  normativa  nazionale  di attuazione  della  direttiva  96/61/CE  relativa  alla  prevenzione e riduzione  integrate  dell'inquinamento,  per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
 
 7. I  titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati,  a cura dell'amministrazione che li rilascia, all'Albo di cui  all'articolo  212,  comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale,  accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui  all'articolo  212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
 
 
 
 Note all'art. 209:
 -  Il decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile
 1992, n. 300, Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 maggio
 1992,  n.  123, reca: «Regolamento concernente le attivita'
 private  sottoposte  alla disciplina degli articoli 19 e 20
 della legge 7 agosto 1990, n. 241.».
 -  L'art.  21  della legge 7 agosto 1990, n. 241, e' il
 seguente:
 «Art.  21  (Disposizioni  sanzionatorie).  -  1. Con la
 denuncia  o  con  la  domanda  di cui agli articoli 19 e 20
 l'interessato    deve   dichiarare   la   sussistenza   dei
 presupposti  e dei requisiti di legge richiesti. In caso di
 dichiarazioni  mendaci  o  di  false  attestazioni  non  e'
 ammessa  la conformazione dell'attivita' e dei suoi effetti
 a  legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi ed
 il dichiarante e' punito con la sanzione prevista dall'art.
 483  del codice penale, salvo che il fatto costituisca piu'
 grave reato.
 2.   Le   sanzioni  attualmente  previste  in  caso  di
 svolgimento  dell'attivita' in carenza dell'atto di assenso
 dell'amministrazione  o in difformita' di esso si applicano
 anche   nei   riguardi  di  coloro  i  quali  diano  inizio
 all'attivita'  ai  sensi degli articoli 19 e 20 in mancanza
 dei  requisiti  richiesti  o, comunque, in contrasto con la
 normativa vigente.
 2-bis.  Restano  ferme  le  attribuzioni  di vigilanza,
 prevenzione  e  controllo  su attivita' soggette ad atti di
 assenso  da  parte di pubbliche amministrazioni previste da
 leggi  vigenti, anche se e' stato dato inizio all'attivita'
 ai sensi degli articoli 19 e 20.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 210 (autorizzazioni in ipotesi particolari)
 
 1. Coloro che alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente  decreto  non  abbiano ancora ottenuto l'autorizzazione alla gestione  dell'impianto,  ovvero  intendano, comunque, richiedere una modifica  dell'autorizzazione  alla gestione di cui sono in possesso, ovvero  ne  richiedano  il  rinnovo  presentano  domanda alla regione competente  per  territorio,  che  si  pronuncia entro novanta giorni dall'istanza.  La procedura di cui al presente comma si applica anche a  chi  intende avviare una attivita' di recupero o di smaltimento di rifiuti  in  un impianto gia' esistente, precedentemente utilizzato o adibito  ad  altre attivita'. Ove la nuova attivita' di recupero o di smaltimento  sia  sottoposta  a valutazione di impatto ambientale, si applicano  le  disposizioni previste dalla parte seconda del presente decreto per le modifiche sostanziali.
 2.   Resta   ferma  l'applicazione  della  normativa  nazionale  di attuazione  della  direttiva  96/61/CE  relativa  alla  prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento per gli impianti rientranti nel campo  di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
 3.  L'autorizzazione  individua  le  condizioni  e  le prescrizioni necessarie   per   garantire   l'attuazione   dei   principi  di  cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:
 a)  i  tipi  ed  i  quantitativi  di  rifiuti  da  smaltire  o da recuperare;
 b)   i   requisiti  tecnici,  con  particolare  riferimento  alla compatibilita'  del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi  massimi  di  rifiuti  ed alla conformita' dell'impianto alla nuova forma di gestione richiesta;
 c)  le  precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;
 d) la localizzazione dell'impianto da autorizzare;
 e) il metodo di trattamento e di recupero;
 f)  i  limiti  di  emissione  in  atmosfera  per  i  processi  di trattamento  termico  dei  rifiuti,  anche  accompagnati  da recupero energetico;
 g)  le  prescrizioni  per  le  operazioni  di messa in sicurezza, chiusura dell'impianto e ripristino del sito;
 h) le garanzie finanziarie, ove previste dalla normativa vigente, o  altre  equivalenti;  tali  garanzie  sono in ogni caso ridotte del cinquanta   per   cento  per  le  imprese  registrate  ai  sensi  del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del  19  marzo  2001  (Emas),  e  del  quaranta per cento nel caso di imprese  in  possesso  della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;
 i)  la  data  di  scadenza  dell'autorizzazione, in conformita' a quanto previsto dall'articolo 208, comma 12.
 4.  Quando  a  seguito di controlli successivi all'avviamento degli impianti,  la  cui  costruzione  e'  stata  autorizzata,  questi  non risultino  conformi  all'autorizzazione  predetta,  ovvero  non siano soddisfatte    le    condizioni    e    le   prescrizioni   contenute nell'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di cui al comma 1, quest'ultima  e'  sospesa,  previa diffida, per un periodo massimo di dodici  mesi.  Decorso  tale  temine  senza  che  il  titolare  abbia adempiuto  a  quanto  disposto nell'atto di diffida, l'autorizzazione stessa e' revocata.
 5.  Le  disposizioni  del  presente  articolo  non  si applicano al deposito  temporaneo  effettuato nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo  183,  comma  1,  lettera m), che e' soggetto unicamente agli  adempimenti  relativi  al  registro  di carico e scarico di cui all'articolo  190  ed  al divieto di miscelazione di cui all'articolo 187.  La  medesima  esclusione  opera  anche  quando  l'attivita'  di deposito   temporaneo  nel  luogo  di  produzione  sia  affidata  dal produttore ad altro soggetto autorizzato alla gestione di rifiuti. Il conferimento  di  rifiuti da parte del produttore all'affidatario del deposito  temporaneo  costituisce  adempimento  agli  obblighi di cui all'articolo  188,  comma  3. In tal caso le annotazioni sia da parte del  produttore  che dell'affidatario del deposito temporaneo debbono essere effettuate entro ventiquattro ore.
 6.  Per i rifiuti in aree portuali e per le operazioni di imbarco e sbarco  in  caso  di trasporto transfrontaliero di rifiuti si applica quanto previsto dall'articolo 208, comma 14.
 7.  Per  gli impianti mobili, di cui all'articolo 208, comma 15, si applicano le disposizioni ivi previste.
 8.   Ove  l'autorita'  competente  non  provveda  a  concludere  il procedimento relativo al rilascio dell'autorizzazione entro i termini previsti  dal  comma  1,  si  applica  il  potere  sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
 9.  Le  autorizzazioni  di  cui  al presente articolo devono essere comunicate,  a cura dell'amministrazione che li rilascia, all'Albo di cui  all'articolo  212,  comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale,  accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui  all'articolo  212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
 
 
 
 Note all'art. 210:
 - L'art.  5  del  decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
 112, e' il seguente:
 "Art. 5 (Poteri sostitutivi). - 1. Con riferimento alle
 funzioni  e  ai  compiti spettanti alle regioni e agli enti
 locali,  in  caso  di  accertata  inattivita'  che comporti
 inadempimento  agli  obblighi  derivanti  dall'appartenenza
 alla  Unione  europea  o pericolo di grave pregiudizio agli
 interessi   nazionali,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  su proposta del Ministro competente per materia,
 assegna   all'ente  inadempiente  un  congruo  termine  per
 provvedere.
 2.  Decorso  inutilmente tale termine, il Consiglio dei
 Ministri,  sentito  il  soggetto  inadempiente,  nomina  un
 commissario che provvede in via sostitutiva.
 3.  In  casi  di  assoluta  urgenza,  non si applica la
 procedura  di  cui  al  comma 1 e il Consiglio dei Ministri
 puo'  adottare  il  provvedimento  di  cui  al  comma 2, su
 proposta  del  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri, di
 concerto  con  il  Ministro competente. Il provvedimento in
 tal   modo   adottato   ha   immediata   esecuzione  ed  e'
 immediatamente  comunicato  rispettivamente alla Conferenza
 permanente  per  i  rapporti  tra lo Stato, le regioni e le
 province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  di seguito
 denominata  "Conferenza  Stato-regioni"  e  alla Conferenza
 Stato-Citta' e autonomie locali allargata ai rappresentanti
 delle   comunita'  montane,  che  ne  possono  chiedere  il
 riesame,  nei  termini e con gli effetti previsti dall'art.
 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
 4.  Restano  ferme le disposizioni in materia di poteri
 sostitutivi previste dalla legislazione vigente.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 211 (autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione)
 
 1. I  termini  di  cui  agli  articoli 208 e 210 sono ridotti alla meta'  per  l'autorizzazione  alla  realizzazione ed all'esercizio di impianti  di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
 
 a) le  attivita'  di gestione degli impianti non comportino utile economico;
 b) gli  impianti  abbiano  una  potenzialita'  non  superiore a 5 tonnellate  al  giorno,  salvo  deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare  prove  di  impianti  caratterizzati  da  innovazioni, che devono pero' essere limitate alla durata di tali prove.
 
 2. La durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 e' di due anni, salvo  proroga  che  puo' essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non puo' comunque superare altri due anni.
 
 3. Qualora  il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati  approvati  e  autorizzati  entro il termine di cui al comma 1, l'interessato  puo'  presentare  istanza  al Ministro dell'ambiente e della  tutela  del territorio, che si esprime nei successivi sessanta giorni  di  concerto  con  i  Ministri  delle  attivita' produttive e dell'istruzione,   dell'universita'   e  della  ricerca. La  garanzia finanziaria in tal caso e' prestata a favore dello Stato.
 
 4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario, l'autorizzazione di cui al comma  1  e' rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,  che  si  esprime  nei  successivi  sessanta  giorni,  di concerto  con  i  Ministri delle attivita' produttive, della salute e dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca.
 
 5. L'autorizzazione  di  cui  al  presente  articolo  deve  essere comunicata,  a cura dell'amministrazione che la rilascia, all'Albo di cui  all'articolo  212,  comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale,  accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui  all'articolo  212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
 |  |  |  | ART. 212 (Albo nazionale gestori ambientali)
 
 1.  E'  costituito, presso il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio,   l'Albo   nazionale   gestori   ambientali,  di  seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il  medesimo  Ministero,  ed  in  Sezioni  regionali  e  provinciali, istituite  presso  le  Camere  di commercio, industria, artigianato e agricoltura  dei  capoluoghi  di regione e delle province autonome di Trento  e  di  Bolzano.  I  componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni.
 
 2.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attivita' soggetta ad iscrizione all'Albo, senza nuovi o maggiori  oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione  e competenze. Il Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante  ed  e'  composto  da  diciannove  membri di comprovata e documentata  esperienza  tecnico-economica  o giuridica nelle materie ambientali  nominati  con  decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:
 
 a)  due dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di cui uno con funzioni di Presidente;
 b)  uno  dal Ministro delle attivita' produttive, con funzioni di vice-Presidente;
 c) uno dal Ministro della salute;
 d) uno dal Ministro dell'economia e delle finanze;
 e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
 f) uno dal Ministro dell'interno;
 g) tre dalle regioni;
 h)  uno dall'Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;
 i)  sei  dalle  organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie  economiche  interessate,  di  cui due dalle organizzazioni rappresentative  della  categoria degli autotrasportatori e due dalle associazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti;
 l)    due    dalle    organizzazioni    sindacali    maggiormente rappresentative.
 
 3. Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con decreto  del  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e sono composte:
 
 a)   dal   Presidente   della  Camera  di  commercio,  industria, artigianato  e  agricoltura  o  da  un  membro del Consiglio camerale all'uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;
 b)  da  un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia   ambientale   designato  dalla  regione  o  dalla  provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;
 c)  da  un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia  ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;
 d)   da   un  esperto  di  comprovata  esperienza  nella  materia ambientale,  designato  dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio;
 e)  da  due  esperti  designati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie economiche;
 f)  da  due  esperti  designati  dalle  organizzazioni  sindacali maggiormente rappresentative.
 
 4.  Le  funzioni  del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell'Albo   sono   svolte,  sino  alla  scadenza  del  loro  mandato, rispettivamente  dal  Comitato  nazionale  e  dalle Sezioni regionali dell'Albo  nazionale  delle  imprese  che  effettuano la gestione dei rifiuti  gia'  previsti  all'articolo  30  del  decreto legislativo 5 febbraio  1997, n. 22, integrati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza   pubblica,   dai  nuovi  componenti  individuati  ai  sensi, rispettivamente,  del  comma 2, lettera 1), e del comma 3, lettere e) ed f), nel rispetto di quanto previsto dal comma 16.
 
 5.  L'iscrizione  all'Albo  e'  requisito per lo svolgimento delle attivita'  di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da  terzi, di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica dei  siti,  di  bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione  dei  rifiuti  senza  detenzione  dei rifiuti stessi, nonche'  di  gestione  di  impianti  di  smaltimento e di recupero di titolarita'  di terzi e di gestione di impianti mobili di smaltimento e  di  recupero di rifiuti, nei limiti di cui all'articolo 208, comma 15.   Sono  esonerati  dall'obbligo  di  cui  al  presente  comma  le organizzazioni  di  cui  agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223,  224,  228,  233, 234, 235 e 236, a condizione che dispongano di evidenze  documentali  o  contabili  che  svolgano funzioni analoghe, fermi  restando  gli  adempimenti  documentali e contabili previsti a carico dei predetti soggetti dalle vigenti normative.
 
 6.   L'iscrizione   deve  essere  rinnovata  ogni  cinque  anni  e costituisce  titolo  per  l'esercizio delle attivita' di raccolta, di trasporto,  di  commercio  e  di  intermediazione dei rifiuti; per le altre  attivita' l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti il cui   esercizio  sia  stato  autorizzato  o  allo  svolgimento  delle attivita' soggette ad iscrizione.
 7. Le imprese che effettuano attivita' di raccolta e trasporto dei rifiuti,  le imprese che effettuano attivita' di intermediazione e di commercio  dei  rifiuti,  senza detenzione dei medesimi, e le imprese che   effettuano  l'attivita'  di  gestione  di  impianti  mobili  di smaltimento  e  recupero  dei rifiuti devono prestare idonee garanzie finanziarie  a  favore  dello  Stato.  Tali garanzie sono ridotte del cinquanta   per   cento  per  le  imprese  registrate  ai  sensi  del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del  19  marzo  2001  (Emas),  e  del  quaranta per cento nel caso di imprese  in  possesso  della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001.
 
 8. Le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attivita' ordinaria e regolare nonche' le imprese  che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantita' che non  eccedano  trenta  chilogrammi al giorno o trenta litri al giorno non  sono  sottoposte  alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui  al comma 7 e sono iscritte all'Albo nazionale gestori ambientali a  seguito  di  semplice  richiesta  scritta  alla  sezione dell'Albo regionale  territorialmente  competente senza che la richiesta stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacita' finanziaria e alla idoneita'  tecnica  e  senza  che  vi  sia  l'obbligo  di  nomina del responsabile tecnico. Tali imprese sono tenute alla corresponsione di un  diritto  annuale  di iscrizione pari a 50 euro rideterminabile ai sensi  dell'articolo  21  del  decreto  del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406.
 
 9.  Le  imprese  che  effettuano attivita' di gestione di impianti fissi  di  smaltimento  e  di  recupero  di  titolarita' di terzi, le imprese  che  effettuano  le  attivita'  di  bonifica  dei  siti e di bonifica  dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie  a  favore della regione territorialmente competente, nel rispetto  dei  criteri  generali  di  cui  all'articolo 195, comma 2, lettera h). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese  registrate  ai  sensi  del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento  europeo  e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta   per   cento   nel   caso  di  imprese  in  possesso  della certificazione  ambientale  ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Le garanzie di cui al presente comma devono essere in ogni caso prestate in base alla seguente distinzione:
 
 a)  le imprese che effettuano l'attivita' di gestione di impianti fissi  di  smaltimento  e  di recupero di titolarita' di terzi devono prestare  le  garanzie  finanziarie  a  favore della regione per ogni impianto che viene gestito;
 b)  le  imprese che effettuano l'attivita' di bonifica dei siti e dei beni contenenti amianto devono prestare le garanzie finanziarie a favore della regione per ogni intervento di bonifica.
 10.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio,  di  concerto  con i Ministri delle attivita' produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, sentito  il  parere  del Comitato nazionale, da emanare entro novanta giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  parte quarta del presente  decreto,  sono  definite  le  attribuzioni  e  le modalita' organizzative  dell'Albo,  i  requisiti,  i termini e le modalita' di iscrizione,  i  diritti  annuali d'iscrizione, nonche' le modalita' e gli  importi  delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore   dello  Stato.  Fino  all'emanazione  del  predetto  decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principI:
 
 a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;
 b)  coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, in coerenza con la finalita' di cui alla lettera a);
 c)  trattamento  uniforme dei componenti delle Sezioni regionali, per garantire l'efficienza operativa;
 d)  effettiva  copertura  delle  spese  attraverso  i  diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione.
 
 11.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio,  sentita  la  Conferenza  Stato  regioni,  sono fissati i criteri  generali  per  la  definizione delle garanzie finanziarie da prestare a favore delle regioni.
 
 12.  E' istituita, presso l'Albo, una Sezione speciale, alla quale sono  iscritte  le  imprese  di  paesi  europei  ed  extraeuropei che effettuano  operazioni  di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi, elencate nell'articolo 183, comma 1, lettera u), per la produzione di materie  prime secondarie per l'industria siderurgica e metallurgica, nel  rispetto  delle  condizioni  e  delle  norme tecniche nazionali, comunitarie  e  internazionali  individuate  con decreto del Ministro dell'ambiente  e della tutela del territorio. Sino all'emanazione del predetto  decreto  continuano  ad applicarsi le condizioni e le norme tecniche   riportate   nell'Allegato   1   al  decreto  del  Ministro dell'ambiente  5  febbraio 1998. L'iscrizione e' effettuata a seguito di  comunicazione  all'albo da parte dell'azienda estera interessata, accompagnata  dall'attestazione  di  conformita'  a tali condizioni e norme  tecniche  rilasciata  dall'autorita'  pubblica  competente nel Paese  di  appartenenza.  Le modalita' di funzionamento della sezione speciale sono stabilite dal Comitat o nazionale dell'Albo; nelle more di  tale  definizione  l'iscrizione e' sostituita a tutti gli effetti dalla   comunicazione   corredata  dall'attestazione  di  conformita' dell'autorita' competente.
 
 13.  L'iscrizione  all'Albo  ed i provvedimenti di sospensione, di revoca,  di  decadenza  e  di  annullamento  dell'iscrizione, nonche' l'accettazione,  la  revoca  e lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione   regionale  dell'Albo  della  regione  ove  ha  sede  legale l'impresa  interessata,  in  base  alla  normativa  vigente  ed  alle direttive emesse dal Comitato nazionale.
 
 14.  Fino  all'emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano  ad applicarsi le disposizioni gia' in vigore alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto.
 
 15.  Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli interessati  possono  proporre,  nel  termine  di decadenza di trenta giorni  dalla  notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo.
 
 16. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni  regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le  previsioni,  anche  relative  alle  modalita'  di versamento e di utilizzo,   che   saranno   determinate   con  decreto  del  Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro  dell'economia  e delle finanze. L'integrazione del Comitato nazionale   e   delle   Sezioni   regionali   e   provinciali  con  i rappresentanti  di cui ai commi 2, lettera 1), e 3, lettere e) ed f), e'  subordinata  all'entrata  in  vigore  del  predetto decreto. Sino all'emanazione  del  citato  decreto, si applicano le disposizioni di cui  al  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  20 dicembre 1993 e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 13 dicembre 1995.
 
 17.  La  disciplina  regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli  19  e  20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio di un'attivita' privata puo' essere intrapreso sulla base della denuncia di  inizio dell'attivita' non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell'Albo.
 
 18.  Le  imprese  che effettuano attivita' di raccolta e trasporto dei   rifiuti   sottoposti   a   procedure   semplificate   ai  sensi dell'articolo  216,  ed  effettivamente  avviati al riciclaggio ed al recupero, e le imprese che trasportano i rifiuti indicati nella lista verde  di  cui  al  regolamento (CEE) 259/93 del 1° febbraio 1993 non sono  sottoposte  alle  garanzie finanziarie di cui al comma 8 e sono iscritte  all'Albo  mediante  l'invio  di  comunicazione di inizio di attivita'  alla  Sezione  regionale  o  provinciale  territorialmente competente.  Detta  comunicazione  deve  essere rinnovata ogni cinque anni  e deve essere corredata da idonea documentazione predisposta ai sensi  dell'articolo  13  del decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406,  nonche'  delle deliberazioni del Comitato nazionale dalla quale risultino i seguenti elementi:
 
 a)  la  quantita',  la  natura,  l'origine  e la destinazione dei rifiuti;
 b)   la   rispondenza  delle  caratteristiche  tecniche  e  della tipologia  del  mezzo  utilizzato ai requisiti stabiliti dall'Albo in relazione ai tipi di rifiuti da trasportare;
 c)  il  rispetto  delle  condizioni  ed il possesso dei requisiti soggettivi, di idoneita' tecnica e di capacita' finanziaria.
 
 19.  Entro  dieci  giorni  dal  ricevimento della comunicazione di inizio  di attivita' le Sezioni regionali e provinciali prendono atto dell'awenta iscrizione e inseriscono le imprese di cui al comma 18 in appositi  elenchi  dandone  comunicazione al Comitato nazionale, alla provincia territorialmente competente ed all'interessato.
 
 20.  Le imprese iscritte all'Albo con procedura ordinaria ai sensi del  comma 5 sono esentate dall'obbligo della comunicazione di cui al comma 18 se lo svolgimento dell'attivita' di raccolta e trasporto dei rifiuti  sottoposti  a  procedure semplificate ai sensi dell'articolo 216  ed  effettivamente  avviati  al  riciclaggio  e  al recupero non comporta  variazioni  della categoria, della classe e della tipologia di rifiuti per le quali tali imprese sono iscritte.
 
 21.  Alla  comunicazione  di  cui  al  comma  18  si  applicano le disposizioni  di  cui  all'articolo  21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.  Alle  imprese  che  svolgono  le attivita' di cui al comma 18 a seguito  di  comunicazione  corredata  da documentazione incompleta o inidonea, si applica il disposto di cui all'articolo 256, comma 1.
 
 22.  I  soggetti  firmatari degli accordi e contratti di programma previsti  dall'articolo  181 e dall'articolo 206 sono iscritti presso un'apposita  sezione  dell'Albo,  a  seguito  di  semplice  richiesta scritta e senza essere sottoposti alle garanzie finanziarie di cui ai commi 8 e 9.
 
 23.  Sono  istituiti presso il Comitato nazionale i registri delle imprese  autorizzate alla gestione di rifiuti, aggiornati ogni trenta giorni,   nei   quali   sono   inseriti,   a  domanda,  gli  elementi identificativi  dell'impresa  consultabili dagli operatori secondo le procedure  fissate  con  decreto  del  Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio,  nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I registri sono pubblici e, entro dodici  mesi  dall'entrata  in vigore della parte quarta del presente decreto,  sono  resi  disponibili al pubblico, senza oneri, anche per via  telematica,  secondo  i criteri fissati dal predetto decreto. Le Amministrazioni autorizzanti comunicano al Comitato nazionale, subito dopo il rilascio dell'autorizzazione, la ragione sociale dell'impresa autorizzata,    l'attivita'    per    la   quale   viene   rilasciata l'autorizzazione,  i  rifiuti  oggetto dell'attivita' di gestione, la scadenza   dell'autorizzazione   e   successivamente  segnalano  ogni variazione  delle  predette  informazioni  c  he intervenga nel corso della  validita'  dell'autorizzazione  stessa.  Nel  caso  di ritardo dell'Amministrazione   superiore   a   trenta   giorni  dal  rilascio dell'autorizzazione,   l'impresa  interessata  puo'  inoltrare  copia autentica  del  provvedimento,  anche per via telematica, al Comitato nazionale, che ne dispone l'inserimento nei registri.
 
 24. Le imprese che effettuano attivita' di smaltimento dei rifiuti non  pericolosi  nel  luogo di produzione dei rifiuti stessi ai sensi dell'articolo  215  sono  iscritte  in  un  apposito  registro con le modalita' previste dal medesimo articolo.
 
 25.  Le imprese che svolgono operazioni di recupero dei rifiuti ai sensi  dell'articolo 216 sono iscritte in un apposito registro con le modalita' previste dal medesimo articolo.
 
 26. Per la tenuta dei registri di cui ai commi 22, 23, 24 e 25 gli interessati  sono tenuti alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione,   per  ogni  tipologia  di  registro,  pari  a  50  curo, rideterminabile  ai  sensi  dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. I diritti di cui al commi 8, 24 e  25  sono  versati,  secondo  le modalita' di cui al comma 16, alla competente Sezione regionale dell'Albo, che procede a contabilizzarli separatamente  e  ad  utilizzarli  integralmente per l'attuazione dei medesimi commi.
 
 27.  La  tenuta  dei  registri  di  cui  ai  commi 22 e 23 decorre dall'entrata in vigore del decreto di cui al comma 16.
 
 28.  Dall'attuazione  del  presente  articolo  non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
 
 
 
 Note all'art. 212:
 - L'art. 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
 22, e' il seguente:
 "Art.  30  (Imprese  sottoposte  ad  iscrizione).  - 1.
 L'Albo   nazionale   delle  imprese  esercenti  servizi  di
 smaltimento dei rifiuti istituito ai sensi dell'art. 10 del
 decreto-legge  31 agosto  1987,  n.  361,  convertito,  con
 modificazioni,  dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, assume
 la  denominazione  di  Albo  nazionale  delle  imprese  che
 effettuano  la  gestione dei rifiuti, di seguito denominato
 Albo,  ed  e' articolato in un comitato nazionale, con sede
 presso il Ministero dell'ambiente, ed in Sezioni regionali,
 istituite   presso   le  Camere  di  commercio,  industria,
 artigianato  e  agricoltura  dei  capoluoghi  di regione. I
 componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali
 durano in carica cinque anni.
 2.   Il   Comitato   nazionale   dell'Albo   ha  potere
 deliberante  ed  e'  composto  da  15  membri esperti nella
 materia nominati con decreto del Ministro dell'ambiente, di
 concerto  con  il  Ministro dell'industria, del commercio e
 dell'artigianato, e designati rispettivamente:
 a) due  dal  Ministro  dell'ambiente,  di cui uno con
 funzioni di Presidente;
 b) uno  dal  Ministro dell'industria, del commercio e
 dell'artigianato, con funzioni di vicepresidente;
 c) uno dal Ministro della sanita';
 d) uno   dal   Ministro   dei   trasporti   e   della
 navigazione;
 e) tre dalle Regioni;
 j) uno   dell'Unione   italiana   delle   Camere   di
 commercio;
 g) sei  dalle  categorie economiche, di cui due delle
 categorie degli autotrasportatori.
 3.  Le  Sezioni  regionali dell'Albo sono istituite con
 decreto   del  Ministro  dell'ambiente  da  emanarsi  entro
 centoventi  giorni  dalla  data  di  entrata  in vigore del
 presente decreto e sono composte:
 a)  dal  Presidente della Camera di commercio o da un
 membro  del  Consiglio  camerale  all'uopo  designato,  con
 funzioni di presidente;
 b) da   un   funzionario   o   dirigente  esperto  in
 rappresentanza  della  giunta  regionale  con  funzioni  di
 vicepresidente;
 c) da   un   funzionario   o   dirigente  esperto  in
 rappresentanza   delle   province   designato   dall'Unione
 regionale delle Province;
 d)    da    un   esperto   designato   dal   Ministro
 dell'ambiente.
 4.  Le  imprese  che  svolgono  attivita' di raccolta e
 trasporto  di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le
 imprese  che  raccolgono  e trasportano rifiuti pericolosi,
 esclusi  i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano
 la  quantita'  di  trenta chilogrammi al giorno o di trenta
 litri  al  giorno  effettuati  dal  produttore degli stessi
 rifiuti,   nonche'  le  imprese  che  intendono  effettuare
 attivita'  di  bonifica  dei  siti,  di  bonifica  dei beni
 contenenti  amianto,  di  commercio  ed intermediazione dei
 rifiuti,  di  gestione  di  impianti  di  smaltimento  e di
 recupero di titolarita' di terzi, e di gestione di impianti
 mobili  di  smaltimento  e  di  recupero di rifiuti, devono
 essere   iscritte   all'Albo.   L'iscrizione   deve  essere
 rinnovata  ogni  cinque anni e sostituisce l'autorizzazione
 all'esercizio delle attivita' di raccolta, di trasporto, di
 commercio  e  di  intermediazione dei rifiuti; per le altre
 attivita' l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti
 il  cui  esercizio  sia  stato  autorizzato  ai  sensi  del
 presente decreto.
 5. L'iscrizione di cui al comma 4 ed i provvedimenti di
 sospensione,  di  revoca,  di  decadenza  e di annullamento
 dell'iscrizione,    nonche',    dal    1°   gennaio   1998,
 l'accettazione  delle  garanzie finanziarie sono deliberati
 dalla sezione regionale dell'Albo della regione ove ha sede
 legale l'interessato, in conformita' alla normativa vigente
 ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale.
 6.  Con decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto
 con    i   Ministri   dell'industria,   del   commercio   e
 dell'artigianato,  dei  trasporti e della navigazione e del
 tesoro,  da  adottarsi  entro  novanta giorni dalla data di
 entrata  in  vigore  del presente decreto, sono definite le
 attribuzioni   e   le  modalita'  organizzative  dell'Albo,
 nonche'  i  requisiti, i termini, le modalita' ed i diritti
 d'iscrizione,  le  modalita'  e  gli importi delle garanzie
 finanziarie,  che  devono  essere  prestate  a favore dello
 Stato  dalle  imprese  di cui al comma 4, in conformita' ai
 seguenti principi:
 a) individuazione    di    requisiti    univoci   per
 l'iscrizione, al fine di semplificare le procedure;
 b)    coordinamento    con   la   vigente   normativa
 sull'autotrasporto,  in  coerenza  con  la finalita' di cui
 alla lettera a);
 c) trattamento  uniforme dei componenti delle Sezioni
 regionali, per garantire l'efficienza operativa;
 d)  effettiva  copertura  delle  spese  attraverso  i
 diritti di segreteria e i diritti annuali d'iscrizione.
 7.  In  attesa  dell'emanazione  dei decreti, di cui ai
 commi  2  e  3  continuano  ad operare, rispettivamente, il
 Comitato   nazionale   e  le  Sezioni  regionali  dell'Albo
 nazionale  delle  imprese  esercenti servizi di smaltimento
 dei  rifiuti  di cui all'art. 1 del decreto-legge 31 agosto
 1987,  n.  361,  convertito, con modificazioni, dalla legge
 29 ottobre   1987,   n.   441.   L'iscrizione  all'Albo  e'
 deliberata ai sensi della legge 11 novembre 1996, n. 575.
 8.  Fino  all'emanazione  dei decreti di cui al comma 6
 continuano   ad  applicarsi  le  disposizioni  vigenti.  Le
 imprese  che intendono effettuare attivita' di bonifica dei
 siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio
 ed  intermediazione  dei rifiuti devono iscriversi all'albo
 entro sessanta giorni dall'entrata in vigore delle relative
 norme tecniche.
 9.  Restano valide ed efficaci le iscrizioni effettuate
 e  le  domande  d'iscrizione  presentate all'Albo nazionale
 delle  imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti
 di  cui  all'art.  10  del decreto-legge 31 agosto 1987, n.
 361,  convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre
 1987,  n. 441, e successive modificazioni ed integrazioni e
 delle  relative  disposizioni  di  attuazione, alla data di
 entrata in vigore del presente decreto.
 10. Il possesso dei requisiti di idoneita' tecnica e di
 capacita'   finanziaria  per  l'iscrizione  all'Albo  delle
 aziende  speciali,  dei  consorzi  e  delle societa' di cui
 all'art.   22  della  legge  8 giugno  1990,  n.  142,  che
 esercitano  i servizi di gestione dei rifiuti, e' garantito
 dal comune o dal consorzio di comuni. L'iscrizione all'Albo
 e'  effettuata  sulla  base  di  apposita  comunicazione di
 inizio  di  attivita'  del comune o del consorzio di comuni
 alla    sezione    regionale   dell'Albo   territorialmente
 competente  ed  e'  efficace  solo  per le attivita' svolte
 nell'interesse  del comune medesimo o dei consorzi ai quali
 il comune stesso partecipa.
 11.  Avverso  i  provvedimenti  delle sezioni regionali
 dell'Albo  gli interessati possono promuovere, entro trenta
 giorni  dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al
 Comitato nazionale dell'Albo.
 12.  Alla  segreteria  dell'Albo e' destinato personale
 comandato  da amministrazioni dello Stato ed enti pubblici,
 secondo   criteri   stabiliti   con  decreto  del  Ministro
 dell'ambiente, di concerto con il Ministro del tesoro.
 13.  Agli  oneri  per  il  funzionamento  del  Comitato
 nazionale  e  delle  Sezioni  regionali  si provvede con le
 entrate  derivanti  dai diritti di segreteria e dai diritti
 annuali  d'iscrizione,  secondo  le  modalita' previste dal
 decreto  del  Ministro  dell'ambiente  20 dicembre  1993  e
 successive modifiche.
 14. Il decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio
 1994,  n.  407, non si applica alle domande di iscrizione e
 agli atti di competenza dell'Albo.
 15.   Per   le   attivita'   di  cui  al  comma  4,  le
 autorizzazioni   rilasciate   ai   sensi  del  decreto  del
 Presidente  della  Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, in
 scadenza,  sono prorogate, a cura delle amministrazioni che
 le   hanno   rilasciate,   fino   alla  data  di  efficacia
 dell'iscrizione   all'Albo   o  a  quella  della  decisione
 definitiva  sul  provvedimento di diniego di iscrizione. Le
 stesse amministrazioni adottano i provvedimenti di diffida,
 di  variazione,  di  sospensione o di revoca delle predette
 autorizzazioni.
 16.  Le  imprese che effettuano attivita' di raccolta e
 trasporto  dei  rifiuti sottoposti a procedure semplificate
 ai   sensi  dell'art.  33,  ed  effettivamente  avviati  al
 riciclaggio  ed  al  recupero,  non  sono  sottoposte  alle
 garanzie  finanziarie  di  cui  al  comma 6 e sono iscritte
 all'Albo  previa  comunicazione di inizio di attivita' alla
 sezione   regionale   territorialmente   competente.  Detta
 comunicazione  deve  essere  rinnovata ogni due anni e deve
 essere  corredata  da  idonea documentazione predisposta ai
 sensi  del  decreto  ministeriale 21 giugno 1991, n. 324, e
 successive   modifiche   ed   integrazioni,  nonche'  delle
 deliberazioni  del Comitato nazionale dalla quale risultino
 i seguenti elementi:
 a) la   quantita',   la   natura,   l'origine   e  la
 destinazione dei rifiuti;
 b) la frequenza media della raccolta;
 c) la  rispondenza  delle  caratteristiche tecniche e
 della tipologia del mezzo utilizzato ai requisiti stabiliti
 dall'Albo in relazione ai tipi di rifiuti da trasportare;
 d)  il  rispetto  delle condizioni ed il possesso dei
 requisiti  soggettivi,  di idoneita' tecnica e di capacita'
 finanziaria.
 16-bis.   Entro  dieci  giorni  dal  ricevimento  della
 comunicazione di inizio di attivita' le sezioni regionali e
 provinciali  iscrivono  le  imprese  di  cui  al comma 1 in
 appositi   elenchi   dandone   comunicazione   al  Comitato
 nazionale,  alla  provincia  territorialmente competente ed
 all'interessato.  Le  imprese  che  svolgono  attivita'  di
 raccolta  e  trasporto  di  rifiuti  sottoposti a procedure
 semplificate  ai sensi dell'art. 33 devono conformarsi alle
 disposizioni di cui al comma 16 entro il 15 gennaio 1998.
 17.  Alla comunicazione di cui al comma 16 si applicano
 le  disposizioni  di  cui  all'art. 21 della legge 7 agosto
 1990, n. 241.
 17-bis.  Sono  esonerati dall'obbligo di cui al comma 4
 consorzi  di cui agli articoli 40, 41, 47 e 48 del presente
 decreto  e  i  consorzi  di  cui  all'art.  9-quinquies del
 decreto-legge  9 settembre  1988,  n.  397, convertito, con
 modificazioni,  dalla  legge  9  novembre  1988,  n. 475, e
 all'art. 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95.
 - L'art.  21  del  decreto  del  Ministro dell'ambiente
 28 aprile 1998, n. 406, e' il seguente:
 "Art.   21  (Risorse  finanziarie).  -  1.  Le  domande
 d'iscrizione,  variazione  o  cancellazione  dall'Albo sono
 assoggettate  all'assolvimento di un diritto di segreteria.
 Tale  diritto  e'  fissato  nella  misura  prevista  per le
 denunce   del   registro  delle  imprese  delle  camere  di
 commercio.
 2.    Successivamente   all'assegnazione   del   numero
 d'iscrizione all'Albo, le imprese possono richiedere presso
 qualsiasi  camera  di  commercio il rilascio di certificati
 d'iscrizione  o  visure.  Tali  documenti  sono soggetti al
 pagamento  degli  importi  previsti  per  il rilascio della
 certificazione  del  registro delle imprese della camera di
 commercio.
 3. Il pagamento di tutti i diritti di segreteria dovra'
 essere  effettuato  tramite  versamento  su  conto corrente
 postale  intestato  alla  sezione  regionale o direttamente
 presso  gli  sportelli della sezione regionale in cui viene
 richiesto il servizio.
 4.  Le  imprese  iscritte  all'Albo  sono  tenute  alla
 corresponsione di un diritto annuale d'iscrizione secondo i
 seguenti ammontari:
 a)  imprese  che  effettuano attivita' di gestione di
 rifiuti  di  cui  all'art.  8,  comma  1,  lettera  a) (per
 popolazione servita):
 superiore   o   uguale  a  500.000  abitanti,  lire
 3.500.000;
 inferiore a 500.000 abitanti e superiore o uguale a
 100.000 abitanti, L. 2.500.000;
 inferiore a 100.000 abitanti e superiore o uguale a
 50.000 abitanti, L. 2.000.000;
 inferiore  a 50.000 abitanti e superiore o uguale a
 20.000 abitanti, L. 1.500.000;
 inferiore  a 20.000 abitanti e superiore o uguale a
 5.000 abitanti, L. 700.000;
 inferiore a 5.000 abitanti, L. 300.000;
 b) le  imprese  che  effettuano attivita' di gestione
 dei rifiuti di cui all'art. 8, comma 1, lettere b), c), d),
 e),  f),  g) ed h), sono suddivise nelle seguenti classi in
 funzione delle tonnellate annue di rifiuti trattati:
 quantita' annua complessivamente trattata superiore
 o uguale a 200.000 tonnellate, L. 3.500.000;
 quantita' annua complessivamente trattata superiore
 o   uguale  a  60.000  tonnellate  e  inferiore  a  200.000
 tonnellate, L. 2.500.000;
 quantita' annua complessivamente trattata superiore
 o   uguale   a  15.000  tonnellate  e  inferiore  a  60.000
 tonnellate, L. 2.000.000;
 quantita' annua complessivamente trattata superiore
 o   uguale   a   6.000  tonnellate  e  inferiore  a  15.000
 tonnellate, L. 1.500.000;
 quantita' anima complessivamente trattata superiore
 o uguale a 3.000 tonnellate e inferiore a 6.000 tonnellate,
 L. 700.000;
 quantita' annua complessivamente trattata inferiore
 a 3.000 tonnellate, L. 300.000;
 c) le  imprese  che  effettuano attivita' di gestione
 dei  rifiuti  di  cui all'art. 8, comma 1, lettere i) ed l)
 (importi dei lavori cantierabili):
 oltre lire quindici miliardi, L. 6.000.000;
 fino a lire quindici miliardi, L. 4.000.000;
 fino a lire tre miliardi, L. 2.500.000;
 fino a lire ottocento milioni, L. 1.300.000;
 fino a lire cento milioni, L. 600.000.
 5.  Il diritto annuale deve essere riscosso da ciascuna
 sezione  regionale  mediante  appositi  bollettini di conto
 corrente  postale,  approvati  dal  comitato  nazionale  ed
 emessi  su  moduli  e  con scadenze uniformi sul territorio
 nazionale.
 6.  Al  fine  di  garantire l'effettiva copertura delle
 spese  di  funzionamento  dell'Albo, i diritti d'iscrizione
 sono  rideterminati  e  aggiornati con decreto del Ministro
 dell'ambiente,  di  concerto con i Ministri dell'industria,
 del  commercio  e  dell'artigianato,  dei trasporti e della
 navigazione   e   del   tesoro.   A  tali  fini  i  diritti
 d'iscrizione  sono  rideterminati  trascorsi due anni dalla
 data   di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  e,
 successivamente,  ogniqualvolta  si  renda  necessario.  Ai
 medesimi  fini  si procede all'aggiornamento dei diritti di
 segreteria  simultaneamente e conformemente all'adeguamento
 dei diritti del registro delle imprese.
 7.  L'omissione  del  pagamento  del  diritto annuo nei
 termini   previsti   comporta   la   sospensione  d'ufficio
 dall'Albo,  che  permane fino a quando non venga effettuato
 il pagamento.
 8.  Con decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto
 con    i   Ministri   dell'industria,   del   commercio   e
 dell'artigianato,  dei  trasporti e della navigazione e del
 tesoro  sono stabiliti la quota del diritto d'iscrizione da
 destinare   alle   spese   di  funzionamento  del  Comitato
 nazionale  e  delle  sezioni  regionali  e  provinciali,  e
 potranno essere apportate modifiche al decreto del Ministro
 dell'ambiente  20 dicembre  1993, di cui all'art. 30, comma
 13,  del  decreto  legislativo  5 febbraio 1997, n. 22, che
 disciplina  le  modalita'  di gestione e di rendicontazione
 delle  quote  dei  diritti  di iscrizione da destinare alle
 spese  di  funzionamento  del  Comitato  nazionale  e delle
 sezioni dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la
 gestione dei rifiuti.".
 -  Il  decreto  del  Ministro  dell'ambiente 5 febbraio
 1998, (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti
 alle  procedure  semplificate  di  recupero  ai sensi degli
 articoli 31  e  33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997,
 n.  22),  e'  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 aprile
 1998, n. 88, S.O.
 -  Il decreto ministeriale 13 dicembre 1995, pubblicato
 nella  Gazzetta  Ufficiale  1° marzo  1996,  n.  51,  reca:
 "Modalita' di versamento dei diritti di iscrizione all'Albo
 nazionale  delle  imprese  esercenti servizi di smaltimento
 dei rifiuti".
 -  Gli  articoli 19  e 20 della legge 7 agosto 1990, n.
 241, sono i seguenti:
 "Art.  19 (Dichiarazione di inizio attivita). - 1. Ogni
 atto    di   autorizzazione,   licenza,   concessione   non
 costitutiva,  permesso  o  nulla  osta comunque denominato,
 comprese  le  domande  per  le  iscrizioni  in albi o ruoli
 richieste  per  l'esercizio  di  attivita' imprenditoriale,
 commerciale   o   artigianale   il   cui  rilascio  dipenda
 esclusivamente    dall'accertamento    dei    requisiti   e
 presupposti  di  legge o di atti amministrativi a contenuto
 generale  e  non  sia  previsto  alcun limite o contingente
 complessivo   o   specifici   strumenti  di  programmazione
 settoriale  per  il rilascio degli atti stessi, con la sola
 esclusione  degli  atti  rilasciati  dalle  amministrazioni
 preposte  alla  difesa  nazionale, alla pubblica sicurezza,
 all'immigrazione, all'amministrazione della giustizia, alla
 amministrazione   delle  finanze,  ivi  compresi  gli  atti
 concernenti  le  reti  di  acquisizione  del gettito, anche
 derivante  dal  gioco,  alla  tutela  della  salute e della
 pubblica    incolumita',   del   patrimonio   culturale   e
 paesaggistico  e dell'ambiente, nonche' degli att i imposti
 dalla   normativa   comunitaria,   e'   sostituito  da  una
 dichiarazione  dell'interessato  corredata, anche per mezzo
 di   autocertificazioni,   delle   certificazioni  e  delle
 attestazioni  normativamente  richieste.  L'amministrazione
 competente  puo'  richiedere  informazioni o certificazioni
 relative  a  fatti,  stati  o qualita' soltanto qualora non
 siano    attestati    in   documenti   gia'   in   possesso
 dell'amministrazione   stessa   o  non  siano  direttamente
 acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.
 2.  L'attivita' oggetto della dichiarazione puo' essere
 iniziata  decorsi trenta giorni dalla data di presentazione
 della    dichiarazione    all'amministrazione   competente.
 Contestualmente all'inizio dell'attivita', l'interessato ne
 da' comunicazione all'amministrazione competente.
 3.  L'amministrazione  competente, in caso di accertata
 carenza  delle  condizioni, modalita' e fatti legittimanti,
 nel   termine   di  trenta  giorni  dal  ricevimento  della
 comunicazione   di   cui   al   comma  2,  adotta  motivati
 provvedimenti  di  divieto di prosecuzione dell'attivita' e
 di  rimozione  dei  suoi  effetti,  salvo che, ove cio' sia
 possibile,   l'interessato   provveda   a  conformare  alla
 normativa  vigente  detta attivita' ed i suoi effetti entro
 un  termine  fissato dall'amministrazione, in ogni caso non
 inferiore  a  trenta  giorni.  E'  fatto  comunque salvo il
 potere    dell'amministrazione   competente   di   assumere
 determinazioni   in  via  di  autotutela,  ai  sensi  degli
 articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge
 prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi,
 il  termine  per l'adozione dei provvedimenti di divieto di
 prosecuzione dell'attivita' e di rimozione dei suoi effetti
 sono  sospesi,  fino all'acquisizione dei pareri, fino a un
 massimo di trenta giorni, scaduti i quali l'amministrazione
 puo'  adottare  i  propr  i provvedimenti indipendentemente
 dall'acquisizione  del  parere.  Della  sospensione e' data
 comunicazione all'interessato.
 4.  Restano  ferme le disposizioni di legge vigenti che
 prevedono  termini  diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3
 per  l'inizio  dell'attivita'  e  per  l'adozione  da parte
 dell'amministrazione competente di provvedimenti di divieto
 di  prosecuzione  dell'attivita'  e  di  rimozione dei suoi
 effetti.
 5.  Ogni  controversia  relativa  all'applicazione  dei
 commi 1, 2 e 3 e' devoluta alla giurisdizione esclusiva del
 giudice amministrativo.".
 "Art.   20   (Silenzio   assenso)   -  1.  Fatta  salva
 l'applicazione dell'art. 19, nei procedimenti ad istanza di
 parte  per  il  rilascio di provvedimenti amministrativi il
 silenzio   dell'amministrazione   competente   equivale   a
 provvedimento   di   accoglimento   della   domanda,  senza
 necessita'  di  ulteriori istanze o diffide, se la medesima
 amministrazione  non  comunica all'interessato, nel termine
 di  cui  all'art.  2,  commi  2  o  3,  il provvedimento di
 diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.
 2.  L'amministrazione  competente  puo'  indire,  entro
 trenta  giorni  dalla  presentazione dell'istanza di cui al
 comma  1,  una  conferenza di servizi ai sensi del capo IV,
 anche  tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive
 dei controinteressati.
 3.  Nei  casi  in  cui il silenzio dell'amministrazione
 equivale  ad  accoglimento della domanda, l'amministrazione
 competente   puo'   assumere   determinazioni   in  via  di
 autotutela,   ai   sensi   degli   articoli 21-quinquies  e
 21-nonies.
 4.   Le  disposizioni  del  presente  articolo  non  si
 applicano   agli   atti   e   procedimenti  riguardanti  il
 patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa
 nazionale,  la  pubblica  sicurezza  e  l'immigrazione,  la
 salute  e  la  pubblica  incolumita',  ai  casi  in  cui la
 normativa  comunitaria  impone  l'adozione di provvedimenti
 amministrativi  formali,  ai casi in cui la legge qualifica
 il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza,
 nonche' agli atti e procedimenti individuati con uno o piu'
 decreti  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, su
 proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
 con i Ministri competenti.
 5. Si applicano gli articoli 2, comma 4, e 10-bis.".
 -  L'art.  13  del  decreto  del Ministro dell'ambiente
 28 aprile 1998, n. 406, recita:
 "Art.  13 (Procedure semplificate) - 1. I seguenti enti
 ed  imprese  sono  iscritti  all'Albo  sulla  base  di  una
 comunicazione   di  inizio  di  attivita'  presentata  alla
 sezione regionale o provinciale territorialmente competente
 ai sensi dell'art. 12, comma 1:
 a) aziende  speciali,  consorzi  e  societa'  di  cui
 all'art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che svolgono
 attivita'  di  gestione  di  rifiuti  urbani  e  assimilati
 nell'interesse di comuni o consorzi di comuni;
 b) imprese  che  effettuano  attivita'  di raccolta e
 trasporto  dei  rifiuti  individuati ai sensi dell'art. 33,
 del   decreto   legislativo   5 febbraio  1997,  n.  22  ed
 effettivamente avviati al riciclaggio e al recupero.
 2.   La   comunicazione   d'inizio   di  attivita'  per
 l'iscrizione  degli enti e delle imprese di cui al comma 1,
 lettera  a)  e' effettuata dal comune o da uno dei comuni o
 dal  consorzio  di  comuni  nel  cui  interesse  e'  svolta
 l'attivita',  il quale garantisce il possesso dei requisiti
 di  idoneita'  tecnica e di capacita' finanziaria richiesti
 ai  sensi  dell'art.  11.  Tale  comunicazione  deve essere
 corredata dalla seguente documentazione:
 a)   dichiarazione   di   accettazione,   con   firma
 autenticata, del responsabile tecnico;
 b)  foglio  notizie fornito dalla sezione regionale o
 provinciale;
 c) attestazione  comprovante il pagamento del diritto
 di segreteria e del diritto di iscrizione.
 3.  Le  imprese  di  cui al comma 1, lettera b), devono
 corredare  la  comunicazione  di inizio di attivita' con la
 seguente documentazione:
 a) dichiarazione,  resa dal soggetto interessato, che
 attesti  sotto  la  propria responsabilita' il possesso dei
 requisiti di cui all'art. 10;
 b) nominativo  e  dichiarazione  di accettazione, con
 firma autenticata, del responsabile tecnico;
 c) un  foglio  notizie  per ogni categoria per cui si
 chiede  l'iscrizione,  fornito  dalla  sezione  regionale o
 provinciale   competente,   nel   quale  sono  indicati  la
 quantita',   la  natura,  l'origine,  la  destinazione  dei
 rifiuti,  la  frequenza  media  della  raccolta  e  i mezzi
 utilizzati;
 d) documentazione di cui all'art. 12, comma 3;
 e) attestazione  comprovante il pagamento del diritto
 di segreteria e del diritto di iscrizione;
 f) certificazioni    comprovanti   i   requisiti   di
 idoneita'   tecnica  e  di  capacita'  finanziaria  di  cui
 all'art. 11.
 4.   Entro   dieci   giorni   dal   ricevimento   della
 comunicazione   di  inizio  di  attivita',  completa  della
 documentazione  richiesta  ai  sensi  dei  commi  2 e 3, le
 sezioni regionali e provinciali iscrivono le imprese di cui
 al  comma 1  in  appositi  elenchi dandone comunicazione al
 Comitato   nazionale,   alla   provincia   territorialmente
 competente ed all'interessato.
 5.  L'iscrizione  delle imprese ed enti di cui al comma
 1,  lettera  a),  e'  efficace solo per le attivita' svolte
 nell'interesse del comune o dei consorzi al quale il comune
 partecipa.
 6.  Le  sezioni  regionali  e  provinciali  procedono a
 verificare  la  sussistenza dei presupposti e dei requisiti
 richiesti  per  l'esercizio  dell'attivita'  da parte delle
 imprese e delle aziende iscritte ai sensi del comma 4.
 7. Qualora le sezioni regionali e provinciali accertino
 il   mancato  rispetto  dei  presupposti  o  dei  requisiti
 richiesti  dispongono con provvedimento motivato il divieto
 di prosecuzione dell'attivita', salvo che l'interessato non
 provveda  a  conformarsi  alla  normativa  vigente entro il
 termine prefissato dalle sezioni medesime.
 8.   Alla  comunicazione  di  inizio  di  attivita'  si
 applicano  le  disposizioni  di cui all'art. 21 della legge
 7 agosto 1990, n. 241.".
 -  Il  decreto  legislativo  30 giugno  2003,  n.  196,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 29 luglio 2003, n. 174,
 S.O.,  reca:  "Codice  in  materia  di  protezione dei dati
 personali.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 213 (autorizzazioni integrate ambientali)
 
 1. Le  autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto  legislativo  18  febbraio 2005, n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalita' ivi previste:
 
 a) le autorizzazioni di cui al presente capo;
 b) la  comunicazione  di cui all'articolo 216, limitatamente alle attivita' non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del decreto legislativo  18  febbraio  2005,  n. 59,  che, se svolte in procedura semplificata,  sono escluse dall'autorizzazione ambientale integrata, ferma  restando  la  possibilita'  di  utilizzare  successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.
 
 2. Al   trasporto   dei  rifiuti  di  cui  alla  lista  verde  del regolamento  (CEE) 1°  febbraio 1993, n. 259, destinati agli impianti di  cui al comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto.
 
 
 
 Note all'art. 213:
 - Si riporta la categoria 5 dell'Allegato 1 del decreto
 legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.
 «5. Gestione dei rifiuti.
 Salvi  l'art.  11 della direttiva 75/442/CEE e l'art. 3
 della   direttiva  91/689/CEE,  del  12 dicembre  1991  del
 Consiglio, relativa ai rifiuti pericolosi.
 5.1.  Impianti  per  l'eliminazione  o  il  ricupero di
 rifiuti   pericolosi,   della  lista  di  cui  all'art.  1,
 paragrafo 4,  della  direttiva  91/689/CEE  quali  definiti
 negli allegati II A e II B (operazioni R 1, R 5, R 6, R 8 e
 R   9)   della   direttiva  75/442/CEE  e  nella  direttiva
 75/439/CEE  del  16 giugno  1975 del Consiglio, concernente
 l'eliminazione  degli  oli usati, con capacita' di oltre 10
 tonnellate al giorno.
 5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani quali
 definiti  nella direttiva 89/369/CEE dell'8 giugno 1989 del
 Consiglio,  concernente  la  prevenzione  dell'inquinamento
 atmosferico  provocato  dai nuovi impianti di incenerimento
 dei  rifiuti  urbani,  e  nella  direttiva  89/429/CEE  del
 21 giugno  1989  del  Consiglio,  concernente  la riduzione
 dell'inquinamento  atmosferico  provocato dagli impianti di
 incenerimento   dei   rifiuti  urbani,  con  una  capacita'
 superiore a 3 tonnellate all'ora.
 5.3.   Impianti  per  l'eliminazione  dei  rifiuti  non
 pericolosi   quali   definiti   nell'allegato  11  A  della
 direttiva  75/442/CEE  ai  punti  D  8,  D 9  con capacita'
 superiore a 50 tonnellate al giorno.
 5.4.  Discariche  che ricevono piu' di 10 tonnellate al
 giorno   o   con  una  capacita'  totale  di  oltre  25.000
 tonnellate,  ad  esclusione  delle discariche per i rifiuti
 inerti.)».
 -  Il  regolamento (CEE) n. 259/93 del 1° febbraio 1993
 e'  stato  pubblicato nella G.U.C.E. 6 febbraio 1993, n. L.
 30.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 214 (determinazione delle attivita' e delle caratteristiche
 dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate)
 
 1.  Le  procedure  semplificate  di  cui  al  presente Capo devono garantire  in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci.
 
 2.  Con  decreti  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio  di  concerto  con  i Ministri delle attivita' produttive, della  salute e, per i rifiuti agricoli e le attivita' che danno vita ai   fertilizzanti,  con  il  Ministro  delle  politiche  agricole  e forestali,  sono adottate per ciascun tipo di attivita' le norme, che fissano  i  tipi  e  le quantita' di rifiuti, e le condizioni in base alle  quali  le  attivita'  di  smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate  dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attivita'  di  recupero  di  cui all'Allegato C alla parte quarta del presente  decreto  sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli  articoli  215  e  216.  Con  la  medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.
 
 3.  Il  comma  2  puo'  essere attuato anche secondo la disciplina vigente per gli accordi di programma di cui agli articoli 181 e 206 e nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia.
 
 4.  Le  norme  e  le  condizioni  di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantita' di rifiuti ed i  procedimenti  e  metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non  costituire  un  pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio   all'ambiente.   In   particolare,   ferma  restando  la disciplina  del  decreto  legislativo  11  maggio  2005,  n. 133, per accedere  alle  procedure  semplificate,  le attivita' di trattamento termico  e  di  recupero  energetico  devono,  inoltre, rispettare le seguenti condizioni:
 
 a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;
 b)  i  limiti di emissione non siano inferiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
 c)   sia   garantita   la  produzione  di  una  quota  minima  di trasformazione  del  potere  calorifico  dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;
 d)  siano  rispettate  le  condizioni,  le  norme  tecniche  e le prescrizioni  specifiche  di  cui  agli articoli 215, comma 2, e 216, commi 1, 2 e 3.
 
 5. Sino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle  attivita'  di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di  cui  ai  decreti  del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n. 161.
 
 6.  La emanazione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di  cui  all'Allegato  II  del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259.
 
 7. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216,   comma  3,  e  per  l'effettuazione  dei  controlli  periodici, l'interessato e' tenuto a versare alla Sezione regionale dell'Albo il diritto di iscrizione annuale di cui all'articolo 212, comma 26.
 
 8.  La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi  2  e 3 e' disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in  materia  di  qualita'  dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti  industriali.  L'autorizzazione  all'esercizio  nei predetti impianti  di  operazioni  di  recupero  di rifiuti non individuati ai sensi   del   presente   articolo   resta  comunque  sottoposta  alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211.
 
 9.  Alle  denunce,  alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal   presente   Capo   si   applicano,  in  quanto  compatibili,  le disposizioni   relative   alle   attivita'  private  sottoposte  alla disciplina  degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si  applicano, altresi', le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge  7  agosto  1990,  n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni,  le  norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai  sensi  dei  commi  1,  2 e 3 dell'articolo 216, l'esercizio delle operazioni  di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi novanta  giorni  dalla  comunicazione  di  inizio  di  attivita' alla sezione competente dell'Albo di cui all'articolo 212.
 
 
 
 Note all'art. 214:
 Il   decreto   legislativo   11 maggio  2005,  n.  133,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 luglio 2005, n. 163,
 S.O.  reca:  "Attuazione  della  direttiva  2000/76/CE,  in
 materia di incenerimento dei rifiuti.".
 -   Il  regolamento  (CEE)  1° febbraio  1993,  n.  259
 relativo  alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni
 di  rifiuti all'interno della Comunita' europea, nonche' in
 entrata  e in uscita dal suo territorio e' pubblicato nella
 GUCE n. 30 del 6 febbraio 1993, serie L.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 215 (autosmaltimento)
 
 1.  A  condizione  che  siano  rispettate  le  norme tecniche e le prescrizioni  specifiche  di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, le attivita'  di  smaltimento  di  rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo  di  produzione  dei  rifiuti  stessi possono essere intraprese decorsi  novanta  giorni  dalla  comunicazione di inizio di attivita' alla competente Sezione regionale dell'Albo, di cui all'articolo 212, che  ne da' notizia alla provincia territorialmente competente, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa.
 
 2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:
 
 a)  il  tipo,  la  quantita'  e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;
 b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;
 c)  le  condizioni  per  la  realizzazione  e  l'esercizio  degli impianti;
 d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;
 e)   la   qualita'   delle  emissioni  e  degli  scarichi  idrici nell'ambiente.
 
 3.  La Sezione regionale dell'Albo iscrive in un apposito registro le  imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attivita' ed entro  il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei   presupposti  e  dei  requisiti  richiesti.  A  tal  fine,  alla comunicazione   di   inizio   di   attivita',   a  firma  del  legale rappresentante  dell'impresa,  e'  allegata una relazione dalla quale deve risultare:
 
 a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;
 b)  il  rispetto  delle  norme  tecniche  di  sicurezza  e  delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.
 
 4.  Qualora  la  Sezione  regionale  dell'Albo  accerti il mancato rispetto  delle  norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la   medesima   Sezione   propone  alla  provincia  di  disporre  con provvedimento  motivato  il  divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attivita',  salvo  che  l'interessato  non provveda a conformare alla  normativa  vigente  detta  attivita' ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
 5.  La  comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque  anni  e,  comunque,  in  caso  di  modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.
 
 6.  Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209,  210 e 211 le attivita' di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti.
 |  |  |  | ART. 216 (operazioni di recupero)
 
 1.  A  condizione  che  siano  rispettate  le  norme tecniche e le prescrizioni  specifiche  di  cui  all'articolo  214, commi 1, 2 e 3, l'esercizio  delle  operazioni  di  recupero  dei rifiuti puo' essere intrapreso  decorsi  novanta  giorni dalla comunicazione di inizio di attivita'   alla  competente  Sezione  Regionale  dell'Albo,  di  cui all'articolo 212, che ne (la' notizia alla provincia territorialmente competente,  entro  dieci  giorni dal ricevimento della comunicazione stessa.  Nelle  ipotesi  di  rifiuti  elettrici ed elettronici di cui all'articolo  227,  comma  1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo   227,   comma   1,   lettera   c),  e  di  impianti  di coincenerimento,    l'avvio    delle    attivita'    e'   subordinato all'effettuazione  di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione.
 
 2.  Le  condizioni  e  le  norme  tecniche  di  cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attivita', prevedono in particolare:
 
 a) per i rifiuti non pericolosi:
 
 1) le quantita' massime impiegabili;
 2)  la  provenienza,  i  tipi  e  le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonche' le condizioni specifiche alle quali le attivita' medesime  sono  sottoposte  alla  disciplina  prevista  dal  presente articolo;
 3)  le  prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai  tipi  o  alle  quantita'  dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti   stessi  siano  recuperati  senza  pericolo  per  la  salute dell'uomo  e  senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
 
 b) per i rifiuti pericolosi:
 
 1) le quantita' massime impiegabili;
 2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;
 3)  le  condizioni  specifiche  riferite  ai  valori  limite  di sostanze  pericolose  contenute  nei  rifiuti,  ai  valori  limite di emissione  per  ogni  tipo  di  rifiuto  ed al tipo di attivita' e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;
 4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;
 5)  le  prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al  tipo  ed  alle  quantita'  di  sostanze  pericolose contenute nei rifiuti  ed  ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza  pericolo  per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.
 
 3.  La sezione regionale dell'Albo iscrive in un apposito registro le  imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attivita' e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei   presupposti  e  dei  requisiti  richiesti.  A  tal  fine,  alla comunicazione   di   inizio   di   attivita',   a  firma  del  legale rappresentante  dell'impresa,  e'  allegata una relazione dalla quale risulti:
 
 a) il rispetto delle nonne tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;
 b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;
 c) le attivita' di recupero che si intendono svolgere;
 d)  lo  stabilimento,  la  capacita'  di  recupero  e il ciclo di trattamento  o  di  combustione  nel  quale  i  rifiuti  stessi  sono destinati  ad  essere  recuperati,  nonche'  l'utilizzo  di eventuali impianti mobili;
 e)  le  caratteristiche  merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.
 
 4.  Qualora  la  competente Sezione regionale dell'Albo accerti il mancato  rispetto  delle  norme tecniche e delle condizioni di cui al comma  1, la medesima sezione propone alla provincia di disporre, con provvedimento  motivato,  il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attivita',  salvo  che  l'interessato  non provveda a conformare alla  normativa  vigente  detta  attivita' ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.
 
 5.  La  comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque  anni  e  comunque  in  caso  di  modifica  sostanziale  delle operazioni di recupero.
 
 6.   La   procedura  semplificata  di  cui  al  presente  articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle  emissioni  determinate  dai  rifiuti  individuati  dalle norme tecniche  di cui al comma 1 che gia' fissano i limiti di emissione in relazione  alle  attivita' di recupero degli stessi, l'autorizzazione di   cui   all'articolo   269   in   caso   di  modifica  sostanziale dell'impianto.
 
 7.  Le  disposizioni  semplificate  del  presente  articolo non si applicano   alle   attivita'  di  recupero  dei  rifiuti  urbani,  ad eccezione:
 
 a)  delle  attivita'  per  il  riciclaggio  e  per il recupero di materia  prima  secondaria e di produzione di compost di qualita' dai rifiuti provenienti da raccolta differenziata;
 b) delle attivita' di trattamento dei rifiuti urbani per ottenere combustibile  da rifiuto effettuate nel rispetto delle norme tecniche di cui al comma 1.
 
 8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di  cui  all'articolo  214,  comma  4, lettera b), e dei limiti delle altre  emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva  l'osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e  ambientali,  entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della  parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  di  concerto  con  il Ministro delle attivita'   produttive,  determina  modalita',  condizioni  e  misure relative   alla  concessione  di  incentivi  finanziari  previsti  da disposizioni  legislative  vigenti  a  favore  dell'utilizzazione dei rifiuti  come  combustibile  per  produrre  energia elettrica, tenuto anche  conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle  centrali  elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da  rifiuti  e  nel  rispetto  di  quanto  previsto  dalla  direttiva 2001/77/CE  del  27 settembre 2001 e dal relativo decreto legislativo di attuazione 29 dicembre 2003, n. 387.
 
 9.  Con  apposite norme tecniche adottate ai sensi del comma 1, da pubblicare  entro  sessanta  giorni  dalla  data di entrata in vigore della  parte quarta del presente decreto, e' individuata una lista di rifiuti  non  pericolosi  maggiormente  utilizzati  nei  processi dei settori produttivi nell'osservanza dei seguenti criteri:
 
 a)  diffusione dell'impiego nel settore manifatturiero sulla base di  dati  di  contabilita'  nazionale  o  di  studi  di  settore o di programmi  specifici di gestione dei rifiuti approvati ai sensi delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
 b)  utilizzazione  coerente  con le migliori tecniche disponibili senza  pericolo  per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
 c) impiego in impianti autorizzati.
 
 10.  I  rifiuti  individuati  ai sensi del comma 9 sono sottoposti unicamente  alle disposizioni di cui agli articoli 188, comma 3, 189, 190  e  193 nonche' alle relative norme sanzionatorie contenute nella parte  quarta  del presente decreto. Sulla base delle informazioni di cui  all'articolo  189  il  Catasto  redige per ciascuna provincia un elenco degli impianti di cui al comma 9.
 
 11.  Alle  attivita'  di  cui  al  presente  articolo si applicano integralmente  le  norme  ordinarie  per il recupero e lo smaltimento qualora  i  rifiuti  non  vengano  destinati  in  modo  effettivo  ed oggettivo al recupero.
 
 12.  Le  condizioni  e  le  norme  tecniche  relative  ai  rifiuti pericolosi  di  cui  al  comma  1  sono  comunicate  alla Commissione dell'Unione europea tre mesi prima della loro entrata in vigore.
 
 13.  Le  operazioni  di  messa  in  riserva dei rifiuti pericolosi individuati  ai  sensi  del  presente  articolo  sono sottoposte alle procedure  semplificate  di comunicazione di inizio di attivita' solo se  effettuate  presso  l'impianto  dove  avvengono  le operazioni di riciclaggio  e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto.
 
 14. Fatto salvo quanto previsto dal comma 13, le norme tecniche di cui  ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei  centri  di  messa  in  riserva  di  rifiuti  non  pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio   e   di  recupero  individuate  ai  punti  da  R1  a  R9 dell'Allegato  C  alla  parte quarta del presente decreto, nonche' le modalita'  di  stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.
 
 15.  Le  comunicazioni  gia'  effettuate  alla  data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto ai sensi dell'articolo 33,  comma  1,  del  decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e le conseguenti  iscrizioni  nei  registri  tenuti dalle Province restano valide  ed efficaci fino alla scadenza di cui al comma 5 del medesimo articolo 33.
 
 
 
 Note all'art. 216:
 L'art.  33, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio
 1997, n. 22 e' il seguente:
 "Art. 33 (Operazioni di recupero) - 1. A condizione che
 siano  rispettate  le  norme  tecniche  e  le  prescrizioni
 specifiche  adottate  ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'art.
 31,  l'esercizio  delle  operazioni di recupero dei rifiuti
 possono  essere  intraprese  decorsi  novanta  giorni dalla
 comunicazione   di   inizio  di  attivita'  alla  Provincia
 territorialmente competente.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 217 (ambito di applicazione)
 
 1. Il  presente  titolo  disciplina la gestione degli imballaggi e dei  rifiuti  di  imballaggio  sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente   ed   assicurare   un   elevato   livello   di  tutela dell'ambiente,  sia  per  garantire  il  funzionamento  del  mercato, nonche'  per  evitare  discriminazioni  nei  confronti  dei  prodotti importati,   prevenire   l'insorgere   di   ostacoli  agli  scambi  e distorsioni  della  concorrenza  e  garantire  il  massimo rendimento possibile   degli   imballaggi  e  dei  rifiuti  di  imballaggio,  in conformita'  alla  direttiva  94/62/CE  del  Parlamento europeo e del Consiglio  del  20  dicembre  1994, come integrata e modificata dalla direttiva  2004/12/CE  del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la   parte   quarta  del  presente  decreto  costituisce  recepimento nell'ordinamento  interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati.
 
 2. La  disciplina  di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli  imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio  derivanti  dal  loro  impiego,  utilizzati o prodotti da industrie,  esercizi  commerciali,  uffici,  negozi,  servizi, nuclei domestici,  a  qualsiasi  titolo,  qualunque siano i materiali che li compongono. Gli  operatori  delle rispettive filiere degli imballaggi nel   loro   complesso   garantiscono,   secondo   i  principi  della "responsabilita'   condivisa",   che   l'impatto   ambientale   degli imballaggi  e  dei  rifiuti  di  imballaggio  sia  ridotto  al minimo possibile per tutto il ciclo di vita.
 
 3. Restano  fermi i vigenti requisiti in materia di qualita' degli imballaggi,  come  quelli  relativi  alla  sicurezza, alla protezione della  salute e all'igiene dei prodotti imballati, nonche' le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.
 |  |  |  | ART. 218 (definizioni)
 
 1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:
 
 a) imballaggio:  il  prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti  finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare  la  loro  presentazione,  nonche'  gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;
 b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito  in  modo da costituire, nel punto di vendita, un'unita' di vendita per l'utente finale o per il consumatore;
 c) imballaggio  multiplo  o  imballaggio  secondario: imballaggio concepito   in   modo   da  costituire,  nel  punto  di  vendita,  il raggruppamento   di   un   certo   numero   di   unita'  di  vendita, indipendentemente  dal  fatto  che  sia  venduto come tale all'utente finale  o  al  consumatore,  o  che  serva  soltanto  a facilitare il rifornimento  degli  scaffali  nel punto di vendita. Esso puo' essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
 d) imballaggio   per   il   trasporto  o  imballaggio  terziario: imballaggio  concepito  in  modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto  di  merci,  dalle  materie prime ai prodotti finiti, di un certo  numero  di unita' di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare  la  loro  manipolazione  ed  i  danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;
 e) imballaggio   riutilizzabile:   imballaggio  o  componente  di imballaggio  che  e'  stato concepito e progettato per sopportare nel corso  del  suo  ciclo di vita un numero minimo di viaggi o rotazioni all'interno di un circuito di riutilizzo;
 f) rifiuto  di  imballaggio:  ogni  imballaggio  o  materiale  di imballaggio,   rientrante   nella   definizione  di  rifiuto  di  cui all'articolo  183,  comma  1,  lettera  a),  esclusi  i residui della produzione;
 g) gestione  dei rifiuti di imballaggio: le attivita' di gestione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera d);
 h) prevenzione:  riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di  prodotti  e di tecnologie non inquinanti, della quantita' e della nocivita'   per   l'ambiente  sia  delle  materie  e  delle  sostanze utilizzate  negli  imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi  e  rifiuti  di  imballaggio  nella  fase  del processo di produzione,   nonche'  in  quella  della  commercializzazione,  della distribuzione, dell'utilizzazione e della gestione post-consumo;
 i) riutilizzo:  qualsiasi  operazione  nella  quale l'imballaggio concepito  e  progettato  per poter compiere, durante il suo ciclo di vita,  un  numero  minimo  di  spostamenti o rotazioni e' riempito di nuovo  o  reimpiegato  per  un  uso identico a quello per il quale e' stato  concepito,  con  o  senza  il  supporto  di prodotti ausiliari presenti  sul  mercato che consentano il riempimento dell'imballaggio stesso;  tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato;
 l) riciclaggio:  ritrattamento  in  un processo di produzione dei rifiuti  di  imballaggio  per la loro funzione originaria o per altri fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia;
 m) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano   rifiuti   di  imballaggio  per  generare  materie  prime secondarie,   prodotti   o   combustibili,   attraverso   trattamenti meccanici,  termici,  chimici  o biologici, inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto;
 n) recupero di energia: l'utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili    quale    mezzo    per   produrre   energia   mediante termovalorizzazione  con  o  senza  altri  rifiuti ma con recupero di calore;
 o) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico   (biometanazione),   ad   opera  di  microrganismi  e  in condizioni  controllate,  delle  parti  biodegradabili dei rifiuti di imballaggio,  con  produzione  di residui organici stabilizzanti o di biogas  con  recupero  energetico, ad esclusione dell'interramento in discarica,  che  non puo' essere considerato una forma di riciclaggio organico;
 p) smaltimento:   ogni   operazione   finalizzata   a   sottrarre definitivamente  un  imballaggio  o  un  rifiuto  di  imballaggio dal circuito  economico  e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto;
 q) operatori   economici:   i  produttori,  gli  utilizzatori,  i recuperatori,   i   riciclatori,  gli  utenti  finali,  le  pubbliche amministrazioni e i gestori;
 r) produttori:   i  fornitori  di  materiali  di  imballaggio,  i fabbricanti,  i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;
 s) utilizzatori:  i  commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni;
 t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono  alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta,  trasporto,  recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme   di  cui  alla  parte  quarta  del  presente  decreto  o  loro concessionari;
 u) utente  finale:  il  soggetto  che  nell'esercizio  della  sua attivita'  professionale  acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate;
 v) consumatore:  il  soggetto  che  fuori  dall'esercizio  di una attivita'   professionale   acquista   o   importa  per  proprio  uso imballaggi, articoli o merci imballate;
 z) accordo   volontario:  accordo  formalmente  concluso  tra  le pubbliche   amministrazioni   competenti   e   i   settori  economici interessati,  aperto a tutti i soggetti interessati, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all'articolo 220;
 aa) filiera:  organizzazione economica e produttiva che svolge la propria  attivita',  dall'inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito di imballaggio, nonche' svolge attivita' di recupero e riciclo a fine vita dell'imballaggio stesso;
 bb) ritiro:  l'operazione  di  ripresa dei rifiuti di imballaggio primari  o  comunque  conferiti  al  servizio  pubblico,  nonche' dei rifiuti  speciali  assimilati, gestita dagli operatori dei servizi di igiene urbana o simili;
 cc) ripresa:  l'operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari  e  terziari  dall'utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore,  al  fornitore  della merce o distributore e, a ritroso, lungo  la  catena  logistica  di  fornitura  fino al produttore dell' imballaggio stesso;
 dd) imballaggio  usato:  imballaggio  secondario o terziario gia' utilizzato e destinato ad essere ritirato o ripreso.
 
 2. La  definizione  di  imballaggio  di  cui alle lettere da a) ad e) del  comma 1 e' inoltre basata sui criteri interpretativi indicati nell'articolo  3  della  direttiva  94/62/CEE,  cosi' come modificata dalla  direttiva  2004/12/CE  e  sugli  esempi illustrativi riportati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
 |  |  |  | ART. 219 (criteri informatori dell'attivita' di gestione
 dei rifiuti di imballaggio)
 
 1. L'attivita'  di  gestione  degli  imballaggi  e  dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti principi generali:
 
 a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantita'  e della pericolosita' nella fabbricazione degli imballaggi e  dei  rifiuti  di  imballaggio,  soprattutto attraverso iniziative, anche  di  natura  economica  in  conformita' ai principi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre  a  monte  la  produzione e l'utilizzazione degli imballaggi, nonche'  a  favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il loro concreto riutilizzo;
 b) incentivazione  del  riciclaggio  e  del  recupero  di materia prima,   sviluppo   della   raccolta   differenziata  di  rifiuti  di imballaggio  e promozione di opportunita' di mercato per incoraggiare l'utilizzazione  dei  materiali  ottenuti  da  imballaggi riciclati e recuperati;
 c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero;
 d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali  o  azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati.
 
 2. Al  fine  di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici  conformemente  al  principio "chi inquina paga" nonche' la cooperazione  degli  stessi secondo i principi della "responsabilita' condivisa",  l'attivita'  di  gestione  dei rifiuti di imballaggio si ispira, inoltre, ai seguenti principi:
 
 a) individuazione  degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo   che   il   costo  della  raccolta  differenziata,  della valorizzazione  e  dell'eliminazione  dei  rifiuti di imballaggio sia sostenuto  dai  produttori  e  dagli utilizzatori in proporzione alle quantita'  di  imballaggi  immessi  sul  mercato  nazionale  e che la pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata;
 b) promozione  di forme di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;
 c) informazione agli utenti degli imballaggi ed in particolare ai consumatori secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005,  n. 195,  di  attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale;
 d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento  dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore.
 
 3. Le  informazioni  di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare:
 
 a) i   sistemi   di  restituzione,  di  raccolta  e  di  recupero disponibili;
 b) il  ruolo  degli  utenti  di  imballaggi e dei consumatori nel processo  di  riutilizzazione,  di  recupero  e  di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
 c) il  significato  dei  marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;
 d) gli  elementi  significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi  ed  i  rifiuti  di  imballaggio, di cui all'articolo 225, comma  1,  e  gli  elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell'articolo 225, comma 6.
 
 4. In  conformita'  alle determinazioni assunte dalla Commissione dell'Unione  europea,  con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro delle attivita' produttive,   sono   adottate   le  misure  tecniche  necessarie  per l'applicazione   delle   disposizioni   del   presente   titolo,  con particolare  riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonche' agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici,   ai   piccoli   imballaggi   ed   agli  imballaggi  di lusso. Qualora  siano coinvolti aspetti sanitari, il predetto decreto e' adottato di concerto con il Ministro della salute.
 
 5. Tutti  gli  imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro delle attivita'  produttive  in  conformita'  alle  determinazioni adottate dalla Commissione dell'Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo,  il  recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonche' per  dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali   degli   imballaggi. Il   predetto  decreto  dovra'  altresi' prescrivere  l'obbligo  di  indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell'imballaggio da parte dell'industria interessata, la  natura  dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione.
 
 
 
 Note all'art. 219:
 -   La  decisione  97/129/CE  del  28 gennaio  1997  e'
 pubblica nella GUCE 20 febbraio 1997, n. 50.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 220 (obiettivi di recupero e di riciclaggio)
 
 1.  Per  conformarsi  ai  principi  di  cui  all'articolo  219,  i produttori  e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di   riciclaggio   e  di  recupero  dei  rifiuti  di  imballaggio  in conformita' alla disciplina comunitaria indicati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
 
 2.  Per  garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di  cui  all'articolo 224 comunica annualmente alla Sezione nazionale del   Catasto   dei   rifiuti,   utilizzando   il  modello  unico  di dichiarazione  di  cui all'articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70,   i  dati,  riferiti  all'anno  solare  precedente,  relativi  al quantitativo  degli  imballaggi  per  ciascun materiale e per tipo di imballaggio  immesso  sul mercato, nonche', per ciascun materiale, la quantita'  degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni   possono   essere   presentate  dai  soggetti  di  cui all'articolo  221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla  Comunita' ai sensi del regolamento (CEE) del l° febbraio 1993, n.  259, del Consiglio, del regolamento (CE) 29 aprile 1999, n. 1420, del  Consiglio  e del regolamento (CE) 12 luglio 1999, n. 1547, della Commissione  sono  presi  in considerazione, ai fini dell'adempimento degli obblighi e del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, solo  se  sussiste idonea documentazione comprovante che l'operazione di  recupero  e/o  di  riciclaggio  e' stata effettuata con modalita' equivalenti   a   quelle  previste  al  riguardo  dalla  legislazione comunitaria.  L'Autorita'  di  cui all'articolo 207, entro centoventi giorni   dalla   sua   istituzione,   redige   un  elenco  dei  Paesi extracomunitari  in  cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio sono  considerate  equivalenti  a  quelle  previste al riguardo dalla legislazione  comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni e orientamenti dell'Unione europea in materia.
 
 3.  Le  pubbliche  amministrazioni  e  i gestori incoraggiano, per motivi ambientali o in considerazione del rapporto costi-benefici, il recupero  energetico ove esso sia preferibile al riciclaggio, purche' non  si  determini  uno scostamento rilevante rispetto agli obiettivi nazionali di recupero e di riciclaggio.
 
 4.  Le  pubbliche  amministrazioni  e  i gestori incoraggiano, ove opportuno,  l'uso  di  materiali  ottenuti  da rifiuti di imballaggio riciclati  per  la  fabbricazione  di  imballaggi  e  altri  prodotti mediante:
 
 a)   il  miglioramento  delle  condizioni  di  mercato  per  tali materiali;
 b)  la  revisione  delle norme esistenti che impediscono l'uso di tali materiali.
 
 5.  Fermo  restando  quanto  stabilito dall'articolo 224, comma 3, lettera  e),  qualora  gli  obiettivi complessivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti  alla  scadenza  prevista,  con  decreto del Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  previa  deliberazione  del  Consiglio  dei Ministri,  su  proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del  Ministro delle attivita' produttive, alle diverse tipologie  di  materiali  di  imballaggi  sono  applicate  misure  di carattere  economico,  proporzionate  al  mancato  raggiungimento  di singoli  obiettivi,  il  cui  introito  e'  versato  all'entrata  del bilancio  dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro dell'economia  e  delle  finanze  ad  apposito capitolo del Ministero dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio. Dette somme saranno utilizzate  per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio.
 
 6.  Gli  obiettivi  di  cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggio  generati  sul  territorio  nazionale,  nonche' a tutti i sistemi  di  riciclaggio  e  di recupero al netto degli scarti e sono adottati  ed aggiornati in conformita' alla normativa comunitaria con decreto  del  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attivita' produttive.
 
 7.  Il  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministro  delle  attivita'  produttive  notificano  alla  Commissione dell'Unione  europea,  ai  sensi  e  secondo le modalita' di cui agli articoli  12, 16 e 17 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e  del  Consiglio  del 20 dicembre 1994, la relazione sull'attuazione delle   disposizioni   del  presente  titolo  accompagnata  dai  dati acquisiti  ai  sensi  del  comma  2  e i progetti delle misure che si intendono adottare nell'ambito del titolo medesimo.
 
 8.  Il  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministro   delle   attivita'   produttive  forniscono  periodicamente all'Unione  europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla  Commissione  dell'Unione  europea con la decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005.
 
 
 
 Note all'art. 220:
 -  L'art.  1  della legge 25 gennaio 1994, n. 70, e' il
 seguente:
 "Art.  1  (Modello  unico  di  dichiarazione)  - 1. Con
 decreto  del  Presidente  della Repubblica emanato ai sensi
 dell'art.  17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
 previa   deliberazione   del  Consiglio  dei  Ministri,  su
 proposta  del  Ministro  dell'industria,  del  commercio  e
 dell'artigianato,    di    concerto    con    il   Ministro
 dell'ambiente,  sentiti  il  Ministro  della  sanita'  e il
 Ministro  dell'interno, entro centottanta giorni dalla data
 di  entrata  in vigore della presente legge, sono stabilite
 norme finalizzate a:
 a) individuare,  ai  fini della predisposizione di un
 modello  unico di dichiarazione, le disposizioni di legge e
 le  relative  norme di attuazione che stabiliscono obblighi
 di  dichiarazione,  di  comunicazione,  di  denuncia  o  di
 notificazione   in   materia  ambientale,  sanitaria  e  di
 sicurezza pubblica;
 b) fissare   un  termine  per  la  presentazione  del
 modello  unico  di  dichiarazione  di  cui  al comma 2, che
 sostituisce  ogni  altro  diverso  termine  previsto  dalle
 disposizioni  di legge e dalle relative norme di attuazione
 di cui alla lettera a).
 2.  Il Presidente del Consiglio dei Ministri adotta con
 proprio   decreto,   da   emanare  entro  i  trenta  giorni
 successivi  al  termine di cui al comma 1, il modello unico
 di dichiarazione.
 3. Il Presidente del Consiglio dei Ministri dispone con
 proprio  decreto  gli  aggiornamenti  del  modello unico di
 dichiarazione,  anche  in  relazione  a  nuove disposizioni
 individuate con la medesima procedura di cui al comma 1.".
 -   La  decisione  2005/270/CE  della  Commissione  del
 22 marzo  2005  e' pubblicata nella GUCE del 5 aprile 2005,
 n. L 86/6.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 221 (obblighi dei produttori e degli utilizzatori)
 
 1.  I  produttori  e  gli  utilizzatori  sono  responsabili  della corretta  ed  efficace  gestione  ambientale  degli  imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti.
 
 2.  Nell'ambito  degli  obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del   Programma   di   cui  all'articolo  225,  i  produttori  e  gli utilizzatori,  su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto  dall'accordo di programma di cui all'articolo 224, comma 5, adempiono all'obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque  conferiti  al  servizio  pubblico  della  stessa  natura  e raccolti  in  modo  differenziato.  A  tal  fine,  per  garantire  il necessario   raccordo   con  l'attivita'  di  raccolta  differenziata organizzata  dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalita' indicate   nell'articolo   224,   i  produttori  e  gli  utilizzatori partecipano  al  Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo.
 
 3.  Per  adempiere  agli  obblighi  di  riciclaggio  e di recupero nonche'  agli  obblighi  della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all'obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio  nazionale  imballaggi di cui all'articolo 224, dei rifiuti di  imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:
 
 a)  organizzare  autonomamente,  anche  in  forma  associata,  la gestione  dei  propri  rifiuti  di imballaggio su tutto il territorio nazionale;
 b) aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223;
 c)  attestare sotto la propria responsabilita' che e' stato messo in  atto  un  sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalita' di cui ai commi 5 e 6.
 
 4.  Ai  fini  di  cui  al  comma  3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare  gli  imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio  secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai  produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia  conferire  al  servizio  pubblico  i  suddetti imballaggi e rifiuti  di  imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai  sensi  dell'articolo  195, comma 2, lettera e). Fino all'adozione dei  criteri  di  cui  all'articolo  195,  comma  2,  lettera  e), il conferimento  degli  imballaggi  usati  secondari  e  terziari  e dei rifiuti  di  imballaggio secondari e terziari al servizio pubblico e' ammesso  per  superfici  private non superiori a 150 metri quadri nei comuni  con  popolazione  residente  inferiore  a diecimila abitanti, ovvero  a  250  metri  quadri  nei  comuni  con popolazione residente superiore a diecimila abitanti.
 
 5.   I  produttori  che  non  aderiscono  al  Consorzio  nazionale imballaggi e a un consorzio di cui all'articolo 223 devono richiedere all'Autorita'  di  cui  all'articolo  207, previa idonea ed esaustiva documentazione,  il  riconoscimento del sistema adottato ai sensi del comma  3, lettere a) o c), entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica  di produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r)  o dal recesso anche solo da uno dei suddetti consorzi; il recesso e'  efficace  decorsi dodici mesi dalla relativa comunicazione. A tal fine  i  produttori  devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo  criteri  di  efficienza,  efficacia  ed economicita', che il sistema  e'  effettivamente  ed autonomamente funzionante e che e' in grado   di   conseguire,  nell'ambito  delle  attivita'  svolte,  gli obiettivi  di  recupero  e  di riciclaggio di cui all'articolo 220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali  degli  imballaggi siano informati sulle modalita' del sistema adottato.  L'Autorita',  dopo ave r acquisito i necessari elementi di valutazione  da  parte del Consorzio nazionale imballaggi, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine    sopra   indicato,   l'interessato   chiede   al   Ministro dell'ambiente  e  della tutela del territorio l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorita'  e'  tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa  a  tutte  le  istruttorie  esperite.  Sono  fatti  salvi  i riconoscimenti gia' operati ai sensi della previgente normativa.
 
 6.  I  produttori  di  cui  al  comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio  nazionale  imballaggi  di  cui all'articolo 224 un proprio Programma  specifico  di  prevenzione  che  costituisce  la  base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 225.
 
 7. Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5  presentano all'Autorita' prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale  imballaggi  un  piano  specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sara' inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all'articolo 225.
 
 8. Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all'Autorita' prevista dall'articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa  all'anno  solare  precedente,  comprensiva dell'indicazione nominativa  degli  utilizzatori  che, fino al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei  risultati  conseguiti  nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio;  nella  stessa  relazione  possono  essere evidenziati i problemi  inerenti  il  raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa.
 
 9.  Il  mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la  revoca  disposta  dall'Autorita',  previo avviso all'interessato, qualora  i  risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi  di  cui  all'articolo  220  ovvero siano stati violati gli obblighi  previsti  dai  commi  6  e  7,  comportano per i produttori l'obbligo  di partecipare ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al consorzio  previsto dall'articolo 224. I provvedimenti dell'Autorita' sono  comunicati  ai  produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi.   L'adesione   obbligatoria   ai   consorzi  disposta  in applicazione  del  presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo ambientale previsto dall'articolo 224,  comma  3,  lettera  h),  e  dei  relativi interessi di mora. Ai produttori   e  agli  utilizzatori  che,  entro  novanta  giorni  dal ricevimento  della  comunicazione  dell'Autorita',  non provvedano ad aderire  ai consorzi e a versare le so mme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste dall'articolo 261.
 
 10. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i costi per:
 
 a)  il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari;
 b)  gli oneri aggiuntivi relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti  di  imballaggio  conferiti  al servizio pubblico per i quali l'Autorita' d'ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi o per esso ai soggetti di cui al comma 3 di procedere al ritiro;
 c) il riutilizzo degli imballaggi usati;
 d) il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio;
 e)   lo  smaltimento  dei  rifiuti  di  imballaggio  secondari  e terziari.
 
 11.   La   restituzione  di  imballaggi  usati  o  di  rifiuti  di imballaggio,  ivi  compreso  il  conferimento  di rifiuti in raccolta differenziata,   non   deve   comportare   oneri   economici  per  il consumatore.
 |  |  |  | ART. 222 (raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione)
 
 1.  La  pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di  raccolta  differenziata  in  modo da permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti  domestici  e  da  altri  tipi  di rifiuti di imballaggio. In particolare:
 
 a)  deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun  ambito  territoriale  ottimale,  tenuto  conto  del contesto geografico;
 b)   la   gestione   della  raccolta  differenziata  deve  essere effettuata  secondo criteri che privilegino l'efficacia, l'efficienza e  l'economicita'  del  servizio,  nonche'  il  coordinamento  con la gestione di altri rifiuti.
 
 2. Nel caso in cui l'Autorita' di cui all'articolo 207 accerti che le pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta  differenziata  dei  rifiuti  di  imballaggio,  anche per il raggiungimento  degli  obiettivi  di  cui  all'articolo  205,  ed  in particolare  di  quelli di recupero e riciclaggio di cui all'articolo 220, puo' richiedere al Consorzio nazionale imballaggi di sostituirsi ai  gestori  dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di  soggetti  pubblici  o privati individuati dal Consorzio nazionale imballaggi  medesimo  mediante  procedure trasparenti e selettive, in via  temporanea  e d'urgenza, comunque per un periodo non superiore a ventiquattro  mesi,  sempre  che  cio'  avvenga all'interno di ambiti ottimali   opportunamente   identificati,  per  l'organizzazione  e/o integrazione   del   servizio   ritenuto  insufficiente.  Qualora  il Consorzio  nazionale  imballaggi,  per  raggiungere  gli obiettivi di recupero  e riciclaggio previsti dall'articolo 220, decida di aderire alla  richiesta,  verra'  al  medesimo  corrisposto  il  valore della tariffa  applicata per la raccolta dei rifiuti urbani corrispondente, al  netto  dei  ricavi  conseguiti  dalla vendita dei materiali e del corrispettivo  dovuto  sul  ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni   merceologiche   omogenee.   Ove   il  Consorzio  nazionale imballaggi  non  dichiari  di  accettare  entro quindici giorni dalla richiesta,  l'Autorita',  nei  successivi quindici giorni, individua, mediante procedure trasparenti e selettive, un soggetto di comprovata e  documentata  affidabilita'  e capacita' a cui affidare la raccolta differenziata  e conferire i rifiuti di imballaggio in via temporanea e  d'urgenza,  fino  all'espletamento  delle  procedure  ordinarie di aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici  mesi,  prorogabili  di  ulteriori  dodici  mesi  in  caso  di impossibilita' oggettiva e documentata di aggiudicazione.
 
 3.  Le  pubbliche  amministrazioni  incoraggiano,  ove  opportuno, l'utilizzazione  di  materiali  provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti.
 
 4.  Il  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministro  delle  attivita'  produttive  curano la pubblicazione delle misure  e  degli  obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all'articolo 224, comma 3, lettera g).
 
 5.  Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio di concerto   con   il  Ministro  delle  attivita'  produttive  cura  la pubblicazione   delle   norme  nazionali  che  recepiscono  le  norme armonizzate  di cui all'articolo 226, comma 3, e ne da' comunicazione alla Commissione dell'Unione europea.
 |  |  |  | ART. 223 (consorzi)
 
 1.  Al  fine  di  razionalizzare  ed  organizzare la ripresa degli imballaggi  usati,  la raccolta dei rifiuti di imballaggi secondari e terziari  su  superfici  private  e  il  ritiro,  su  indicazione del Consorzio  nazionale  imballaggi di cui all'articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico, nonche' il riciclaggio ed  il  recupero  dei  rifiuti  di  imballaggio  secondo  criteri  di efficacia,  efficienza,  economicita' e trasparenza, i produttori che non  provvedono ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono   uno   o   piu'  consorzi  per  ciascun  materiale  di imballaggio operanti su tutto il territorio nazionale. Ai consorzi di cui  al  presente  comma  possono  partecipare  i  recuperatori  e  i riciclatori  che  non  corrispondono  alla  categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi.
 
 2.  I  consorzi  di cui al comma 1 hanno personalita' giuridica di diritto  privato  senza  fine  di  lucro  e sono retti da uno statuto adottato  in  conformita'  ad  uno  schema tipo, redatto dal Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro  delle  attivita'  produttive,  da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale  entro  centottatta  giorni dalla data di entrata in vigore della  parte  quarta  del presente decreto, conformemente ai principi del  presente  decreto  e,  in  particolare,  a quelli di efficienza, efficacia,  economicita' e trasparenza, nonche' di libera concorrenza nelle  attivita' di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio e'  trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con  suo  provvedimento  adottato  di  concerto con il Ministro delle attivita'  produttive.  Ove  il  Ministro ritenga di non approvare lo statuto  trasmesso,  per  motivi  di  legittimita'  o  di  merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le r elative osservazioni. I consorzi  gia'  riconosciuti ai sensi della previgente normativa sono tenuti  ad  adeguare  il  loro statuto in conformita' al nuovo schema tipo  entro  centoventi giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.  Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
 
 3.  I  consorzi  di  cui  al  comma  1  sono  tenuti  a  garantire l'equilibrio  della  propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi finanziari  per  il  funzionamento dei predetti consorzi derivano dai contributi  dei consorziati e dai versamenti effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell'articolo 224, comma 3, lettera h), secondo  le  modalita'  indicate  dall'articolo  224,  comma  8,  dai proventi  della cessione, nel rispetto dei principi della concorrenza e  della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di  imballaggio  ripresi,  raccolti  o  ritirati,  nonche'  da  altri eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi.
 
 4.  Ciascun  consorzio  mette  a  punto  e  trasmette al Consorzio nazionale  imballaggi  ed  all'Autorita'  di  cui all'articolo 207 un proprio  Programma  specifico  di prevenzione che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 225.
 
 5.  Entro  il  30  settembre  di  ogni  anno  i consorzi di cui al presente articolo presentano all'Autorita' prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e  gestione  relativo  all'anno solare successivo, che sara' inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.
 
 6.  Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo  sono  inoltre  tenuti  a  presentare  all'Autorita'  di cui all'articolo  207  ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla   gestione  relativa  all'anno  precedente,  con  l'indicazione nominativa  dei  consorziati,  il  programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio.
 |  |  |  | Art. 224 Consorzio nazionale imballaggi
 
 1.  Per  il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio    e    per   garantire   il   necessario   coordinamento dell'attivita'   di   raccolta  differenziata,  i  produttori  e  gli utilizzatori,  nel  rispetto  di  quanto  previsto dall'articolo 221, comma  2,  partecipano  in  forma  paritaria  al  Consorzio nazionale imballaggi,   in   seguito  denominato  CONAI,  che  ha  personalita' giuridica  di  diritto privato senza fine di lucro ed e' retto da uno statuto  approvato  con  decreto  del  Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro delle attivita' produttive.
 2.  Entro  centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il CONAI adegua il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di  trasparenza,  efficacia,  efficienza  ed economicita', nonche' di libera concorrenza nelle attivita' di settore, ai sensi dell'articolo 221,  comma 2. Lo statuto adottato e' trasmesso entro quindici giorni al  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio che lo approva di concerto con il Ministro delle attivita' produttive, salvo motivate  osservazioni  cui  il  CONAI  e'  tenuto  ad  adeguarsi nei successivi  sessanta  giorni.  Qualora  il  CONAI  non  ottemperi nei termini  prescritti,  le  modifiche  allo  statuto sono apportate con decreto  del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attivita' produttive.
 3. Il CONAI svolge le seguenti funzioni: a) definisce,   in   accordo  con  le  regioni  e  con  le  pubbliche
 amministrazioni   interessate,  gli  ambiti  territoriali  in  cui
 rendere  operante  un sistema integrato che comprenda la raccolta,
 la  selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di
 raccolta o di smistamento; b) definisce,   con  le  pubbliche  amministrazioni  appartenenti  ai
 singoli  sistemi  integrati  di cui alla lettera a), le condizioni
 generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati
 provenienti dalla raccolta differenziata; c) elabora  ed  aggiorna,  sulla  base  dei  programmi  specifici  di
 prevenzione  di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il
 Programma   generale  per  la  prevenzione  e  la  gestione  degli
 imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225; d) promuove  accordi  di  programma  con  gli operatori economici per
 favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e
 ne garantisce l'attuazione; e) assicura   la  necessaria  cooperazione  tra  i  consorzi  di  cui
 all'articolo  223,  i  soggetti  di cui all'articolo 221, comma 3,
 lettere   a)   e   c)  e  gli  altri  operatori  economici,  anche
 eventualmente  destinando  una  quota  del  contributo  ambientale
 CONAI,  di  cui  alla  lettera  h),  ai  consorzi  che  realizzano
 percentuali  di  recupero  o  di riciclo superiori a quelle minime
 indicate  nel  Programma generale, al fine del conseguimento degli
 obiettivi  globali  di  cui  all'Allegato  E alla parte quarta del
 presente  decreto.  Nella  medesima misura e' ridotta la quota del
 contributo  spettante  ai  consorzi  che non raggiungono i singoli
 obiettivi di recupero; f) garantisce   il   necessario   raccordo   tra  le  amministrazioni
 pubbliche, i consorzi e gli altri operatori economici; g) organizza,   in  accordo  con  le  pubbliche  amministrazioni,  le
 campagne  di  informazione  ritenute utili ai fini dell'attuazione
 del Programma generale; h) ripartisce  tra  i  produttori e gli utilizzatori i maggiori oneri
 per  la  raccolta differenziata di cui all'articolo 221, comma 10,
 lettera b), nonche' gli oneri per il riciclaggio e per il recupero
 dei  rifiuti  di  imballaggio  conferiti  al  servizio di raccolta
 differenziata,  in  proporzione  alla quantita' totale, al peso ed
 alla  tipologia  del  materiale di imballaggio immessi sul mercato
 nazionale,   al   netto   delle   quantita'  di  imballaggi  usati
 riutilizzati   nell'anno  precedente  per  ciascuna  tipologia  di
 materiale.  A  tal fine determina e pone a carico dei consorziati,
 con  le  modalita'  individuate  dallo statuto, anche in base alle
 utilizzazioni  e  ai  criteri  di  cui  al  comma 8, il contributo
 denominato contributo ambientale CONAI; i) promuove  il  coordinamento  con  la  gestione  di  altri  rifiuti
 previsto dall'articolo 222, comma 1, lettera b), anche definendone
 gli ambiti di applicazione; l) promuove  la  conclusione,  su  base  volontaria, di accordi tra i
 consorzi  di cui all'articolo 223 e i soggetti di cui all'articolo
 221,  comma  3,  lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati.
 Tali accordi sono relativi alla gestione ambientale della medesima
 tipologia  di  materiale  oggetto dell'intervento dei consorzi con
 riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l'utilizzazione del
 contributo ambientale CONAI; m) fornisce  i dati e le informazioni richieste dall'Autorita' di cui
 all'articolo 207 e assicura l'osservanza degli indirizzi da questa
 tracciati.
 4.  Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e
 riciclaggio,  gli  eventuali  avanzi  di  gestione accantonati dal
 CONAI  e  dai  consorzi  di  cui  all'articolo  223  nelle riserve
 costituenti   il   loro   patrimonio  netto  non  concorrono  alla
 formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto
 di  distribuzione,  sotto  qualsiasi forma, ai consorziati ed agli
 aderenti  di  tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento
 dei predetti sistemi gestionali, dei consorzi e del CONAI.
 5.  Il  CONAI puo' stipulare un accordo di programma quadro su base
 nazionale con l'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), con
 l'Unione delle province italiane (UPI) o con le Autorita' d'ambito
 al    fine    di   garantire   l'attuazione   del   principio   di
 corresponsabilita'   gestionale  tra  produttori,  utilizzatori  e
 pubbliche    amministrazioni.   In   particolare,   tale   accordo
 stabilisce: a) l'entita'  dei  maggiori  oneri  per la raccolta differenziata dei
 rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 221, comma 10, lettera
 b),   da   versare   alle  competenti  pubbliche  amministrazioni,
 determinati secondo criteri di efficienza, efficacia, economicita'
 e  trasparenza  di  gestione  del servizio medesimo, nonche' sulla
 base  della tariffa di cui all'articolo 238, dalla data di entrata
 in vigore della stessa; b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti; c) le  modalita'  di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione
 alle esigenze delle attivita' di riciclaggio e di recupero.
 6.   L'accordo  di  programma  di  cui  al  comma  5  e'  trasmesso all'Autorita'  di cui all'articolo 207, che puo' richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni.
 7.  Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h),  sono  esclusi  dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione.
 8.  Il contributo ambientale CONAI e' utilizzato in via prioritaria per  il  ritiro  degli  imballaggi  primari  o  comunque conferiti al servizio  pubblico ed e' attribuito dal CONAI, sulla base di apposite convenzioni,  ai  soggetti  di  cui  all'articolo  223 in proporzione diretta   alla  quantita'  e  qualita'  dei  rifiuti  da  imballaggio recuperati  oppure  riciclati  e  tenendo  conto  della  quantita'  e tipologia  degli imballaggi immessi sul territorio nazionale. Al fine della ulteriore utilizzazione del contributo, il CONAI stipula, con i soggetti  di  cui  all'articolo 223, accordi per l'organizzazione dei sistemi   di   raccolta,   recupero  e  riciclaggio  dei  rifiuti  di imballaggio  secondari  e  terziari.  E' fatto obbligo al CONAI ed ai soggetti  di  cui  all'articolo 223 di adottare uno specifico sistema contabile  che  distingua  la  quota  del contributo ambientale CONAI utilizzata  per il ritiro, il riciclo ed il recupero degli imballaggi primari,  o  comunque  conferiti  al  servizio  pubblico,  da  quella utilizzata per imballaggi secondari e terziari ri tirati, riciclati o recuperati   da  superficie  privata.  Il  CONAI  provvede  ai  mezzi finanziari  necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i proventi  dell'attivita',  con i contributi dei consorziati e con una quota  del  contributo  ambientale  CONAI,  determinata  nella misura necessaria  a  far fronte alle spese derivanti dall'espletamento, nel rispetto  dei criteri di contenimento dei costi e di efficienza della gestione, delle funzioni conferitegli dal presente titolo.
 9.   L'applicazione   del   contributo   ambientale  CONAI  esclude l'assoggettamento  del  medesimo  bene  e  delle materie prime che lo costituiscono  ad  altri contributi con finalita' ambientali previsti dalla  parte  quarta  del  presente  decreto  o comunque istituiti in applicazione del presente decreto.
 10. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di  voto  un  rappresentante  dei  consumatori  indicato dal Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio e dal Ministro delle attivita' produttive.
 11.   Al   Consiglio  di  amministrazione  del  CONAI  non  possono partecipare  gli  amministratori  ai  quali  siano attribuite deleghe operative  ed  i titolari di cariche direttive degli organismi di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), e 223.
 12. In caso di mancata stipula degli accordi di cui ai commi 3 e 5, il  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con  il  Ministro  delle  attivita'  produttive  puo' determinare con proprio   decreto  l'entita'  dei  maggiori  oneri  per  la  raccolta differenziata  dei  rifiuti  di imballaggio, di cui all'articolo 221, comma  10,  lettera b), a carico dei produttori e degli utilizzatori, nonche'  le condizioni e le modalita' di ritiro dei rifiuti stessi da parte dei produttori. Qualora tali accordi siano conclusi dal CONAI e uno  o piu' dei soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), o uno o piu' consorzi di cui all'articolo 223 non vi aderiscano o  non concludano con le competenti amministrazioni pubbliche, che lo richiedano,  le  convenzioni  locali  per  il  ritiro  dei rifiuti di imballaggio  alle  condizioni  stabilite dall'accordo concluso con il CONAI,  il  CONAI  medesimo  puo'  subentrare  a  tali soggetti nella conclusione  delle  convenzioni locali, se necessario per raggiungere gli  obiettivi  di  recupero  e di riciclaggio previsti dall'articolo 220.
 13.  Nel  caso  siano  superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali  di  riciclaggio  e  di  recupero  dei  rifiuti di imballaggio indicati  nel  programma  generale  di  prevenzione  e gestione degli imballaggi  di  cui  all'articolo  225,  il CONAI adotta, nell'ambito delle   proprie  disponibilita'  finanziarie,  forme  particolari  di incentivo  per  il  ritiro  dei  rifiuti  di  imballaggi  nelle  aree geografiche  che  non  abbiano  ancora  raggiunto  gli  obiettivi  di raccolta  differenziata  di  cui  all'articolo  205, comma 1, entro i limiti  massimi  di  riciclaggio  previsti dall'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.
 |  |  |  | ART. 225 (programma generale di prevenzione e di gestione
 degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio)
 
 1.  Sulla  base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli  221,  comma 6, e 223, comma 4, il CONAI elabora annualmente un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei  rifiuti  di  imballaggio  che  individua,  con  riferimento alle singole   tipologie  di  materiale  di  imballaggio,  le  misure  per conseguire i seguenti obiettivi:
 
 a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;
 b)  accrescimento della proporzione della quantita' di rifiuti di imballaggio  riciclabili  rispetto  alla  quantita' di imballaggi non riciclabili;
 c)  accrescimento della proporzione della quantita' di rifiuti di imballaggio  riutilizzabili rispetto alla quantita' di imballaggi non riutilizzabili;
 d)  miglioramento  delle  caratteristiche  dell'imballaggio  allo scopo  di  permettere ad esso di sopportare piu' tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;
 e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio.
 
 2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:
 
 a)  la  percentuale  in  peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio  da  recuperare ogni cinque anni e, nell'ambito di questo obiettivo  globale,  sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di
 imballaggio,  con  un  minimo  percentuale  in  peso  per ciascun
 materiale; b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a).
 
 3.   Entro  il  30  novembre  di  ogni  anno  il  CONAI  trasmette all'Autorita'   di   cui  all'articolo  207  un  piano  specifico  di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sara' inserito nel programma generale di prevenzione e gestione.
 
 4.  La  relazione  generale  consuntiva  relativa  all'anno solare precedente   e'   trasmessa   per  il  parere  all'Autorita'  di  cui all'articolo  207,  entro  il 30 giugno di ogni anno. Con decreto del Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio e del Ministro delle attivita' produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i  rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'ANCI si provvede alla approvazione ed alle eventuali modificazioni  e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.
 
 5.  Nel  caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo stesso   e'  elaborato  in  via  sostitutiva  dall'Autorita'  di  cui all'articolo 207. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono  quelli  massimi  previsti dall'allegato E alla parte quarta del presente decreto.
 
 6.  I  piani  regionali di cui all'articolo 199 sono integrati con specifiche  previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo.
 |  |  |  | ART. 226 (divieti)
 
 1. E'  vietato  lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori  recuperati,  ad  eccezione  degli scarti derivanti dalle operazioni   di   selezione,   riciclo  e  recupero  dei  rifiuti  di imballaggio.
 
 2. Fermo  restando  quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, e' vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi   terziari   di   qualsiasi  natura. Eventuali  imballaggi secondari   non   restituiti  all'utilizzatore  dal  commerciante  al dettaglio  possono  essere  conferiti  al  servizio  pubblico solo in raccolta  differenziata,  ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.
 
 3. Possono  essere  commercializzati  solo  imballaggi rispondenti agli standard europei fissati dal Comitato europeo normalizzazione in conformita'  ai  requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 9 della direttiva  94/62/CE  del  Parlamento  europeo  e del Consiglio del 20 dicembre  1994. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del   territorio,   di  concerto  con  il  Ministro  delle  attivita' produttive  sono  aggiornati  i predetti standard, tenuto conto della comunicazione    della   Commissione   europea   2005/C44/   13. Sino all'emanazione  del  predetto  decreto  si  applica l'Allegato F alla parte quarta del presente decreto.
 
 4. E'  vietato  immettere  sul  mercato imballaggi o componenti di imballaggio,  ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo,  con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio  e cromo esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/CE del  19  febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la decisione 1999/177/CE del 8 febbraio 1999.
 
 5. Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio,  di  concerto  con il Ministro delle attivita' produttive sono determinate, in conformita' alle decisioni dell'Unione europea:
 
 a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma  4  non  si  applicano  ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata;
 b) le  tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4.
 
 
 
 Note all'art. 226:
 -  La  decisione  2001/171/CE  del  19 febbraio 2001 e'
 pubblicata nella GUCE 2 marzo 2001, n. L 62.
 -  La  decisione  1999/177/CE  dell'8 febbraio  1999 e'
 pubblicata nella GUCE 4 marzo 1999, n. L 56.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 227 (rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti sanitari,
 veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto)
 
 1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative  alle  altre  tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:
 
 a) rifiuti   elettrici   ed  elettronici:  direttiva  2000/53/CE, direttiva  2002/95/CE  e  direttiva  2003/108/CE  e  relativo decreto legislativo  di attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente alla data  di  entrata  in  vigore  delle  singole disposizioni del citato provvedimento,   nelle   more   dell'entrata   in   vigore   di  tali disposizioni,   continua   ad   applicarsi   la   disciplina  di  cui all'articolo 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
 b) rifiuti  sanitari:  decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254;
 c) veicoli  fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a carico  degli  operatori  economici,  per il ritiro e trattamento dei veicoli  fuori  uso in conformita' a quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, della citata direttiva 2000/53/CE;
 d) recupero  dei  rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248.
 
 
 
 Note all'art. 227:
 - L'art. 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
 22, e' il seguente:
 «Art.  44 (Beni durevoli). - 1. I beni durevoli per uso
 domestico  che  hanno  esaurito  la  loro  durata operativa
 devono  essere consegnati ad un rivenditore contestualmente
 all'acquisto  di  un bene durevole di tipologia equivalente
 ovvero  devono  essere  conferiti  alle imprese pubbliche o
 private  che  gestiscono  la  raccolta e lo smaltimento dei
 rifiuti   urbani   o   agli  appositi  centri  di  raccolta
 individuati  ai sensi del comma 2, a cura del detentore. Ai
 fini  della  corretta  attuazione  degli  obiettivi e delle
 priorita'  stabilite  dal  presente decreto, i produttori e
 gli  importatori devono provvedere al ritiro, al recupero e
 allo smaltimento dei beni durevoli consegnati dal detentore
 al rivenditore, sulla base di appositi accordi di programma
 stipulati ai sensi dell'art. 25.
 2.  Il  Ministro  dell'ambiente,  di  concerto  con  il
 Ministro  dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
 promuove  accordi di programma tra le imprese che producono
 i  beni  di  cui  al  comma  1,  quelle che li immettono al
 consumo,  anche  in qualita' di importatori, ed i soggetti,
 pubblici  e  privati,  che  ne  gestiscono  la raccolta, il
 recupero,  il  riciclaggio  e  lo  smaltimento. Gli accordi
 prevedono:
 a) la  messa a punto dei prodotti per le finalita' di
 cui agli articoli 3 e 4;
 b) l'individuazione di centri di raccolta, diffusi su
 tutto il territorio nazionale;
 c) il   recupero   ed   il   riciclo   dei  materiali
 costituenti i beni;
 d) lo smaltimento di quanto non recuperabile da parte
 dei soggetti che gestiscono il servizio pubblico.
 3.  Al fine di favorire la restituzione dei beni di cui
 al comma 1 ai rivenditori, i produttori, gli importatori ed
 i  distributori,  e  le  loro  associazioni  di  categoria,
 possono altresi' stipulare accordi e contratti di programma
 ai sensi dell'art. 25, comma 2. Ai medesimi fini il ritiro,
 il trasporto e lo stoccaggio dei beni durevoli da parte dei
 rivenditori  firmatari,  tramite le proprie associazioni di
 categoria,  dei citati accordi e contratti di programma non
 sono  sottoposti  agli obblighi della comunicazione annuale
 al  catasto, della tenuta dei registri di carico e scarico,
 della compilazione e tenuta dei formulari, della preventiva
 autorizzazione  e  della  iscrizione  all'Albo  di cui agli
 articoli 11, 12, 15, 28 e 30 del presente decreto.
 4. Decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore del
 presente  decreto,  nel  caso  si  manifestino  particolari
 necessita'  di tutela della salute pubblica e dell'ambiente
 relativamente  allo  smaltimento dei rifiuti costituiti dai
 beni  oggetto  del  presente articolo al termine della loro
 vita  operativa,  puo'  essere  introdotto, con decreto del
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  su proposta del
 Ministro   dell'ambiente,   di  concerto  con  il  Ministro
 dell'industria,   del   commercio  e  dell'artigianato,  un
 sistema  di  cauzionamento  obbligatorio.  La  cauzione, in
 misura  pari  al  10%  del  prezzo effettivo di vendita del
 prodotto  e  con il limite massimo di lire duecentomila, e'
 svincolata   all'atto   della   restituzione,   debitamente
 documentata,  di  un  bene oggetto del presente articolo ai
 centri  di raccolta, ai servizi pubblici di nettezza urbana
 o ad un rivenditore contestualmente all'acquisto di un bene
 durevole  di  tipologia  equivalente.  Non  sono  tenuti  a
 versare  la  cauzione  gli  acquirenti che, contestualmente
 all'acquisto, prov vedano alla restituzione al venditore di
 un  bene  durevole  di  tipologia equivalente o documentino
 l'avvenuta  restituzione  dello  stesso  alle  imprese o ai
 centri di raccolta di cui al comma 1.
 5. In fase di prima applicazione i beni durevoli di cui
 al  comma  1,  sottoposti  alle  disposizioni  del presente
 articolo, sono:
 a) frigoriferi, surgelatori e congelatori;
 b) televisori;
 c) computer;
 d) lavatrici e lavastoviglie;
 e) condizionatori d'aria.».
 Note all'art. 227:
 -  Il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio
 2003,  n.  254,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  11
 settembre   2003,   n.   211,  reca:  «Regolamento  recante
 disciplina  della  gestione  dei  rifiuti  sanitari a norma
 dell'art. 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179.».
 - Il  decreto  ministeriale  29 luglio 2004, n. 248, e'
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale n. 234 del 5 ottobre
 2004.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 228 (pneumatici fuori uso)
 
 1. Fermo  restando  il  disposto  di cui al decreto legislativo 24 giugno  2003,  n. 209, nonche' il disposto di cui agli articoli 179 e 180  del  presente  decreto,  al  fine di ottimizzare il recupero dei pneumatici  fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione  e'  fatto  obbligo  ai  produttori  e  importatori  di pneumatici  di  provvedere,  singolarmente o in forma associata e con periodicita'   almeno  annuale,  alla  gestione  di  quantitativi  di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale.
 
 2. Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio,  d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,  le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni centoventi dalla data di entrata in vigore  della  parte quarta del presente decreto, sono disciplinati i tempi  e  le  modalita'  attuative dell'obbligo di cui al comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici e' indicato in fattura  il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in  relazione  alle  diverse  tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall'obbligo di cui al comma 1.
 
 3. Il  trasferimento  all'eventuale struttura operativa associata, da  parte  dei  produttori  e  importatori di pneumatici che ne fanno parte,  delle  somme  corrispondenti  al  contributo per il recupero, calcolato   sul   quantitativo  di  pneumatici  immessi  sul  mercato nell'anno  precedente  costituisce adempimento dell'obbligo di cui al comma  1  con esenzione del produttore o importatore da ogni relativa responsabilita'.
 
 4. I  produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi  di  cui  al  comma  1  sono  assoggettati  ad  una sanzione amministrativa     pecuniaria     proporzionata     alla     gravita' dell'inadempimento,  comunque  non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato.
 
 
 
 Note all'art. 228:
 -  Il  decreto  legislativo  24 giugno  2003,  n.  209,
 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale 7 agosto 2003, n. 182,
 S.O.,  reca  attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa
 ai veicoli fuori uso.
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 229 Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti
 di qualita' elevata - cdr e cdr-q
 
 1.  Ai  sensi  e  per  gli  effetti della parte quarta del presente decreto,  il  combustibile  da  rifiuti  (CDR),  di seguito CDR, come definito dall'articolo 183, comma 1, lettera r), e' classificato come rifiuto speciale.
 2.  Ferma  restando  l'applicazione  della  disciplina  di  cui  al presente articolo, e' escluso dall'ambito di applicazione della parte quarta  del  presente  decreto il combustibile da rifiuti di qualita' elevata  (CDR-Q),  di seguito CDR-Q, come definito dall'articolo 183, comma  1,  lettera s), prodotto nell'ambito di un processo produttivo che  adotta  un  sistema  di  gestione  per  la qualita' basato sullo standard  UNI-EN  ISO  9001  e  destinato  all'effettivo  utilizzo in co-combustione,  come  definita dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del   decreto   del   Ministro   dell'industria,   del   commercio  e dell'artigianato   11   novembre   1999,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale  n.  292 del 14 dicembre 1999, in impianti di produzione di energia  elettrica e in cementifici, come specificato nel decreto del presidente  del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2002. Il Governo e' autorizzato ad   apportare   le  conseguenti  modifiche  al  citato  decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2 002.
 3.  La  produzione  del  CDR e del CDR-Q deve avvenire nel rispetto della  gerarchia  del  trattamento  dei  rifiuti  e  rimane  comunque subordinata  al  rilascio  delle  autorizzazioni  alla  costruzione e all'esercizio  dell'impianto previste dalla parte quarta del presente decreto.  Nella  produzione  del  CDR  e del CDR-Q e' ammesso per una percentuale  massima  del  cinquanta  per  cento in peso l'impiego di rifiuti  speciali  non  pericolosi. Per la produzione e l'impiego del CDR  e'  ammesso  il  ricorso alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216.
 4.  Ai  fini  della  costruzione e dell'esercizio degli impianti di incenerimento o coincenerimento che utilizzano il CDR si applicano le specifiche  disposizioni,  comunitarie  e  nazionali,  in  materia di autorizzazione  integrata  ambientale e di incenerimento dei rifiuti. Per  la costruzione e per l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica e per i cementifici che utilizzano CDR-Q si applica la  specifica  normativa  di settore. Le modalita' per l'utilizzo del CDR-Q  sono  definite dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002.
 5.  Il  CDR-Q e' fonte rinnovabile, ai sensi dell'articolo 2, comma 1,  lettera  a), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in misura proporzionale alla frazione biodegradabile in esso contenuta.
 6.  Il  CDR  e il CDR-Q beneficiano del regime di incentivazione di cui  all'articolo  17,  comma  1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.
 
 
 
 Note all'art. 229:
 -  Si  riportano  gli articoli 2, comma 1, lettera a, e
 17,  comma  1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.
 387:
 "Art.  2  (Definizioni).  -  1.  Ai  fini  del presente
 decreto si intende per:
 a) fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili:
 le  fonti  energetiche  rinnovabili  non  fossili  (eolica,
 solare,   geotermica,   del   moto   ondoso,   maremotrice,
 idraulica,  biomasse,  gas  di discarica, gas residuati dai
 processi  di  depurazione  e  biogas).  In particolare, per
 biomasse  si intende: la parte biodegradabile dei prodotti,
 rifiuti     e    residui    provenienti    dall'agricoltura
 (comprendente   sostanze   vegetali   e  animali)  e  dalla
 silvicoltura  e  dalle industrie connesse, nonche' la parte
 biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;".
 "Art.   17   (Inclusione   dei  rifiuti  tra  le  fonti
 energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle
 fonti  rinnovabili).  -  1.  Ai  sensi  di  quanto previsto
 dall'art.  43,  comma  1,  lettera e), della legge 1° marzo
 2002,  n. 39, e nel rispetto della gerarchia di trattamento
 dei  rifiuti di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997,
 n. 22, sono ammessi a beneficiare del regime riservato alle
 fonti  energetiche  rinnovabili  i  rifiuti,  ivi compresa,
 anche tramite il ricorso a misure promozionali, la frazione
 non  biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti,
 di  cui  ai  decreti  previsti  dagli  articoli 31 e 33 del
 decreto  legislativo  5 febbraio  1997,  n. 92 e alle norme
 tecniche  UNI  9903-1. Pertanto, agli impianti, ivi incluse
 le  centrali  ibride,  alimentati  dai  suddetti  rifiuti e
 combustibili,  si  applicano  le  disposizioni del presente
 decreto,  fatta  eccezione, limitatamente alla frazione non
 biodegradabile,  di quanto previsto all'art. 11. Sono fatti
 salvi  i diritti acquisiti a seguito dell'applicazione dell
 e disposizioni di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999,
 n. 79, e successivi provvedimenti attuativi.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 230 (rifiuti derivanti da attivita' di manutenzione delle infrastrutture) 
 1.  Il  luogo  di produzione dei rifiuti derivanti da attivita' di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura  a  rete  e  degli  impianti  per l'erogazione di forniture  e  servizi  di  interesse  pubblico  o tramite terzi, puo' coincidere   con  la  sede  del  cantiere  che  gestisce  l'attivita' manutentiva  o  con  la  sede locale del gestore della infrastruttura nelle  cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il  materiale  tolto  d'opera  viene  trasportato  per  la successiva valutazione  tecnica,  finalizzata  all'individuazione  del materiale effettivamente,  direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.
 
 2.  La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al  comma  1  e'  eseguita  non  oltre  sessanta giorni dalla data di ultimazione  dei  lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica  e'  conservata,  unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni.
 
 3.  Le  disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti   da  attivita'  manutentiva,  effettuata  direttamente  da gestori  erogatori  di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1.
 
 4.  Fermo  restando  quanto previsto nell'articolo 190, comma 3, i registri  di  carico  e  scarico  relativi  ai  rifiuti  prodotti dai soggetti e dalle attivita' di cui al presente articolo possono essere tenuti  nel  luogo  di produzione dei rifiuti cosi' come definito nel comma 1.
 
 5.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio,  di  concerto  con i Ministri delle attivita' produttive, della  salute  e  delle infrastrutture, sono definite le modalita' di gestione   dei   rifiuti   provenienti  dalle  attivita'  di  pulizia manutentiva delle fognature, sulla base del criterio secondo il quale tali  rifiuti  si  considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge l'attivita' di pulizia manutentiva.
 |  |  |  | ART. 231 (veicoli fuori uso non disciplinati dal
 decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209)
 
 1. Il  proprietario  di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione  di  quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2002,  n. 209,  che  intenda  procedere alla demolizione dello stesso deve  consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la   demolizione,  il  recupero  dei  materiali  e  la  rottamazione, autorizzato  ai  sensi  degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta  possono  ricevere  anche  rifiuti  costituiti  da  parti di veicoli a motore.
 
 2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al  comma  1  destinato alla demolizione puo' altresi' consegnarlo ai concessionari  o  alle  succursali  delle  case  costruttrici  per la consegna  successiva  ai  centri  di  cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro.
 
 3. I  veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi  pubblici  o  non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per  occupazione  ai  sensi  degli  articoli  927, 928, 929 e 923 del codice  civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei  casi  e  con  le  procedure determinate con decreto del Ministro dell'interno,  di  concerto  con  i  Ministri  dell'economia  e delle finanze,   dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  delle infrastrutture  e  dei  trasporti. Fino all'adozione di tale decreto, trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460.
 
 4. I  centri  di  raccolta  ovvero i concessionari o le succursali delle  case costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi dell'autorizzazione del centro,   le   generalita'   del   proprietario   e  gli  estremi  di identificazione  del  veicolo,  nonche'  l'assunzione,  da  parte del gestore  del  centro  stesso ovvero del concessionario o del titolare della   succursale,   dell'impegno  a  provvedere  direttamente  alle pratiche  di  cancellazione  dal  Pubblico  registro  automobilistico (PRA).
 
 5. La  cancellazione  dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione  avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta  o  del concessionario o del titolare della succursale senza oneri  di  agenzia  a  carico  del  proprietario  del  veicolo  o del rimorchio. A  tal  fine,  entro  novanta  giorni  dalla  consegna del veicolo  o  del  rimorchio  da parte del proprietario, il gestore del centro  di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale deve  comunicare l'avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare  il  certificato di proprieta', la carta di circolazione e le  targhe  al competente Ufficio del PRA che provvede ai sensi e per gli  effetti  dell'articolo  103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
 
 6. Il  possesso  del  certificato  di  cui  al  comma  4 libera il proprietario  del  veicolo  dalla  responsabilita'  civile,  penale e amministrativa connessa con la proprieta' dello stesso.
 
 7. I  gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle  succursali  delle  case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono  alienare,  smontare  o  distruggere  i  veicoli a motore e i rimorchi  da  avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5.
 
 8. Gli  estremi  della  ricevuta dell'avvenuta denuncia e consegna delle  targhe  e  dei  documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull'apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi   secondo   le  norme  del  regolamento  di  cui  al  decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
 
 9. Agli  stessi  obblighi  di  cui  ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili  dei  centri  di  raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell'articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile  1992,  n. 285,  nel  caso di demolizione del veicolo ai sensi dell'articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
 
 10. E'  consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla  demolizione  dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione di    quelle   che   abbiano   attinenza   con   la   sicurezza   dei veicoli. L'origine  delle parti di ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente.
 
 11. Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l'attivita' di autoriparazione di cui alla legge  5  febbraio  1992,  n. 122,  e,  per  poter essere utilizzate, ciascuna   impresa   di  autoriparazione  e'  tenuta  a  certificarne l'idoneita' e la funzionalita'.
 
 12. L'utilizzazione  delle  parti di ricambio di cui ai commi 10 e 11 da parte delle imprese esercenti attivita' di autoriparazione deve risultare dalle fatture rilasciate al cliente.
 
 13. Entro  sei  mesi  dalla  data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attivita' produttive e  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  emana le norme tecniche relative  alle  caratteristiche  degli  impianti di demolizione, alle operazioni  di messa in sicurezza e all'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11. Fino all'adozione di  tale  decreto,  si  applicano  i  requisiti relativi ai centri di raccolta   e   le   modalita'  di  trattamento  dei  veicoli  di  cui all'Allegato I del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.
 
 
 
 Note all'art. 231:
 -  Il  decreto  ministeriale  22 ottobre  1999, n. 460,
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  7 dicembre 1999, n.
 287, reca: «regolamento recante disciplina dei casi e delle
 procedure di conferimento ai centri di raccolta dei veicoli
 a  motore  o  rimorchi  rinvenuti  da organi pubblici o non
 reclamati  dai  proprietari  e di quelli acquisiti ai sensi
 degli articoli 927-929 e 923 del codice civile.».
 -  Si  riportano  gli articoli 103, comma 1, 159 e 215,
 comma  4,  del  decreto  legislativo 30 aprile 1992, n. 285
 (Nuovo Codice della Strada):
 «Art.  103  (Obblighi conseguenti alla cessazione della
 circolazione  dei veicoli a motore e dei rimorchi). - 1. La
 parte   interessata,   intestataria   di   un  autoveicolo,
 motoveicolo  o rimorchio, o l'avente titolo deve comunicare
 al competente ufficio del P.R.A., entro sessanta giorni, la
 cessazione  della  circolazione  di  veicoli  a motore e di
 rimorchi  non  avviati  alla  demolizione  o  la definitiva
 esportazione  all'estero del veicolo stesso, restituendo il
 certificato  di  proprieta',  la carta di circolazione e le
 targhe. L'ufficio del P.R.A. ne da' immediata comunicazione
 all'ufficio  competente  del  Dipartimento  per i trasporti
 terrestri   provvedendo   altresi'   alla  restituzione  al
 medesimo  ufficio  della  carta  di  circolazione  e  delle
 targhe.  Con il regolamento di esecuzione sono stabilite le
 modalita' per lo scambio delle informazioni tra il P.R.A. e
 il Dipartimento per i trasporti terrestri.».
 «Art.  159  (Rimozione  e blocco dei veicoli). - 1. Gli
 organi  di  polizia,  di  cui  all'art.  12,  dispongono la
 rimozione dei veicoli:
 a) nelle  strade  e  nei  tratti  di  esse in cui con
 ordinanza dell'ente proprietario della strada sia stabilito
 che  la  sosta  dei  veicoli  costituisce grave intralcio o
 pericolo  per  la  circolazione  stradale  e  il segnale di
 divieto  di  sosta  sia  integrato  dall'apposito  pannello
 aggiuntivo;
 b) nei  casi di cui agli articoli 157, comma 4 e 158,
 commi 1, 2 e 3;
 c) in  tutti  gli  altri  casi  in  cui  la sosta sia
 vietata  e  costituisca  pericolo  o  grave  intralcio alla
 circolazione;
 d) quando   il  veicolo  sia  lasciato  in  sosta  in
 violazione alle disposizioni emanate dall'ente proprietario
 della  strada  per  motivi  di manutenzione o pulizia delle
 strade e del relativo arredo.
 2. Gli enti proprietari della strada sono autorizzati a
 concedere   il   servizio   della   rimozione  dei  veicoli
 stabilendone   le   modalita'   nel  rispetto  delle  norme
 regolamentari.  I  veicoli  adibiti  alla  rimozione devono
 avere  le  caratteristiche  prescritte nel regolamento. Con
 decreto  del  Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
 puo'  provvedersi  all'aggiornamento  delle caratteristiche
 costruttive  funzionali dei veicoli adibiti alla rimozione,
 in  relazione ad esigenze determinate dall'evoluzione della
 tecnica  di  realizzazione dei veicoli o di sicurezza della
 circolazione.
 3.  In  alternativa alla rimozione e' consentito, anche
 previo  spostamento del veicolo, il blocco dello stesso con
 attrezzo  a  chiave  applicato  alle  ruote, senza onere di
 custodia,  le  cui  caratteristiche tecniche e modalita' di
 applicazione    saranno    stabilite    nel    regolamento.
 L'applicazione  di  detto  attrezzo  non e' consentita ogni
 qual  volta  il veicolo in posizione irregolare costituisca
 intralcio o pericolo alla circolazione.
 4.  La  rimozione  dei veicoli o il blocco degli stessi
 costituiscono   sanzione   amministrativa  accessoria  alle
 sanzioni   amministrative   pecuniarie   previste   per  la
 violazione  dei  comportamenti  di cui al comma 1, ai sensi
 delle norme del capo I, sezione II, del titolo VI.
 5.  Gli  organi di polizia possono, altresi', procedere
 alla  rimozione dei veicoli in sosta, ove per il loro stato
 o  per  altro  fondato  motivo  si possa ritenere che siano
 stati  abbandonati.  Alla  rimozione  puo' provvedere anche
 l'ente  proprietario  della strada, sentiti preventivamente
 gli organi di polizia. Si applica in tal caso l'art. 15 del
 decreto  del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982,
 n. 915.
 5-bis.  Nelle  aree  portuali e marittime come definite
 dalla  legge  28 gennaio  1994,  n.  84,  e' autorizzato il
 sequestro conservativo degli automezzi in sosta vietata che
 ostacolano  la regolare circolazione viaria e ferroviaria o
 l'operativita' delle strutture portuali.».
 «Art. 215 (Sanzione accessoria della rimozione o blocco
 del  veicolo).  -  4. Trascorsi  centottanta  giorni  dalla
 notificazione del verbale contenente la contestazione della
 violazione  e  l'indicazione  della  effettuata rimozione o
 blocco,  senza  che  il  proprietario  o l'intestatario del
 documento di circolazione si siano presentati all'ufficio o
 comando  da  cui  dipende  l'organo  che  ha  effettuato la
 rimozione  o  il  blocco, il veicolo puo' essere alienato o
 demolito  secondo  le  modalita' stabilite dal regolamento.
 Nell'ipotesi   di   alienazione,  il  ricavato  serve  alla
 soddisfazione  della  sanzione  pecuniaria  se non versata,
 nonche'  delle spese di rimozione, di custodia e di blocco.
 L'eventuale residuo viene restituito all'avente diritto.».
 -  La  legge  5 febbraio  1992, n. 122 (Disposizioni in
 materia   di   sicurezza   della  circolazione  stradale  e
 disciplina dell'attivita' di autoriparazione) e' pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale 19 febbraio 1992, n. 41.
 -  Si  riporta  l'allegato  I  del  decreto legislativo
 24 giugno 2003, n. 209.
 «Allegato I (art. 6, commi 1 e 2)
 REQUISITI  RELATIVI AL CENTRO DI RACCOLTA E ALL'IMPIANTO DI
 TRATTAMENTO DEI VEICOLI FUORI USO
 1. Ubicazione dell'impianto di trattamento.
 1.1.  Al  fine  del  rilascio  dell'autorizzazione agli
 impianti  di trattamento disciplinati dal presente decreto,
 l'autorita'  competente  tiene  conto dei seguenti principi
 generali   relativi   alla   localizzazione   degli  stessi
 impianti:
 1.1.1.   Il   centro  di  raccolta  e  l'impianto  di
 trattamento non devono ricadere:
 a) in  aree  individuate  nei  piani  di bacino, ai
 sensi  dell'art.  17,  comma  3,  lettera  m),  della legge
 18 maggio 1989. n. 183, e successive modifiche;
 b) in  aree  individuate  ai  sensi dell'art. 3 del
 decreto  del  Presidente della Repubblica 8 settembre 1997,
 n.  357, e successive modificazioni, fatto salvo il caso in
 cui   la  localizzazione  e'  consentita  a  seguito  della
 valutazione  di  impatto  ambientale o della valutazione di
 incidenza,  effettuate  ai  sensi  dell'art. 5 del medesimo
 decreto;
 c) in aree naturali protette sottoposte a misure di
 salvaguardia  ai  sensi  dell'art.  6, comma 3, della legge
 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modifiche;
 d) in  aree  site  nelle  zone  di  rispetto di cui
 all'art.  21,  comma 1,  del  decreto legislativo 11 maggio
 1999, n. 152, e successive modifiche;
 e) nei territori sottoposti a vincolo paesaggistico
 ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e
 successive   modifiche,   salvo   specifica  autorizzazione
 regionale, ai sensi dell'art. 151 del citato decreto.
 1.1.2.   Il   centro  di  raccolta  e  l'impianto  di
 trattamento  non  devono essere ubicati in aree esondabili,
 instabili  e  alluvionabili  comprese  nelle  fasce  A  e B
 individuate  nei piani di assetto idrogeologico di cui alla
 legge n. 183 del 1989.
 1.1.3.  Per  ciascun sito di ubicazione sono valutate
 le  condizioni  locali  di  accettabilita' dell'impianto in
 relazione ai seguenti parametri:
 a) distanza  dai  centri  abitati;  a tal fine, per
 centro abitato si intende un insieme di edifici costituenti
 un   raggruppamento  continuo,  ancorche'  intervallato  da
 strade,  piazze,  giardini o simili, costituito da non meno
 di  venticinque  fabbricati  e  da aree di uso pubblico con
 accessi veicolari o pedonali sulla strada;
 b) presenza    di    beni    storici,    artistici,
 archeologici e paleontologici.
 1.1.4.   Nell'individuazione  dei  siti  idonei  alla
 localizzazione sono da privilegiare:
 1) le aree industriali dismesse;
 2) le aree per servizi e impianti tecnologici;
 3)   le   aree   per  insediamenti  industriali  ed
 artigianali.
 1.2. Le regioni devono favorire la rilocalizzazione del
 centro  di  raccolta e dell'impianto di trattamento ubicati
 in  aree  non  idonee,  individuando,  a tal fine, appositi
 strumenti di agevolazione.
 1.3.  L'area prescelta per la localizzazione del centro
 di  raccolta  e  dell'impianto  di  trattamento deve essere
 servita  dalla  rete viaria di scorrimento urbano ed essere
 facilmente accessibile da parte di automezzi pesanti.
 2. Requisiti  del centro di raccolta e dell'impianto di
 trattamento.
 2.1.  Il centro di raccolta e l'impianto di trattamento
 sono dotati di:
 a) area adeguata, dotata di superficie impermeabile e
 di  sistemi di raccolta dello spillaggio, di decantazione e
 di sgrassaggio;
 b) adeguata   viabilita'   interna   per   un'agevole
 movimentazione, anche in caso di incidenti;
 c) sistemi  di  convogliamento delle acque meteoriche
 dotati  di  pozzetti per il drenaggio, vasche di raccolta e
 di    decantazione,   muniti   di   separatori   per   oli,
 adeguatamente dimensionati;
 d) adeguato  sistema di raccolta e di trattamento dei
 reflui,  conformemente  a  quanto  previsto dalla normativa
 vigente in materia ambientale e sanitaria;
 e) deposito   per   le  sostanze  da  utilizzare  per
 l'assorbimento   dei   liquidi   in   caso  di  sversamenti
 accidentali  e  per  la neutralizzazione di soluzioni acide
 fuoriuscite dagli accumulatori;
 f) idonea recinzione lungo tutto il loro perimetro.
 2.2.  Il  centro  di raccolta e' strutturato in modo da
 garantire:
 a) l'adeguato  stoccaggio  dei  pezzi  smontati  e lo
 stoccaggio su superficie impermeabile dei pezzi contaminati
 da oli;
 b) lo   stoccaggio  degli  accumulatori  in  appositi
 contenitori,   effettuando,   sul   posto   o  altrove,  la
 neutralizzazione  elettrolitica  dei filtri dell'olio e dei
 condensatori       contenenti      policlorobifenili      o
 policlorotrifenili;
 c) lo  stoccaggio separato, in appositi serbatoi, dei
 liquidi e dei fluidi derivanti dal veicolo fuori uso, quali
 carburante,  olio  motore,  olio  del  cambio,  olio  della
 trasmissione,  olio  idraulico,  liquido di raffreddamento,
 antigelo,  liquido  dei  freni,  acidi  degli accumulatori,
 fluidi  dei  sistemi  di  condizionamento  e altri fluidi o
 liquidi contenuti nel veicolo fuori uso;
 d) l'adeguato stoccaggio dei pneumatici fuori uso.
 2.3.   Al   fine   di   minimizzare   l'impatto  visivo
 dell'impianto  e  la rumorosita' verso l'esterno, il centro
 di  raccolta  e'  dotato  di  adeguata  barriera esterna di
 protezione  ambientale, realizzata con siepi o alberature o
 schermi mobili.
 2.4.  Il  titolare del centro di raccolta garantisce la
 manutenzione   nel   tempo  della  barriera  di  protezione
 ambientale.
 3. Organizzazione del centro di raccolta.
 3.1. Il centro di raccolta e' organizzato, in relazione
 alle  attivita'  di  gestione poste in essere, nei seguenti
 specifici  settori  corrispondenti,  per  quanto possibile,
 alle diverse fasi di gestione del veicolo fuori uso:
 a) settore   di  conferimento  e  di  stoccaggio  del
 veicolo fuori uso prima del trattamento;
 b) settore di trattamento del veicolo fuori uso;
 c) settore di deposito delle parti di ricambio;
 d) settore  di  rottamazione per eventuali operazioni
 di riduzione volumetrica;
 e) settore di stoccaggio dei rifiuti pericolosi;
 f) settore di stoccaggio dei rifiuti recuperabili;
 g) settore di deposito dei veicoli trattati.
 3.2.  I  settori  di raccolta dei veicoli trattati e di
 stoccaggio  dei  veicoli  fuori  uso  prima del trattamento
 possono essere utilizzati indifferentemente per entrambe le
 categorie di veicoli alle seguenti condizioni:
 a) i veicoli devono essere tenuti separati;
 b) entrambi   i   settori  devono  presentare  idonee
 caratteristiche di impermeabilita' e di resistenza.
 3.3.  Qualora, in un impianto in esercizio alla data di
 entrata   in   vigore  del  presente  decreto,  il  settore
 destinato  al  deposito  dei  veicoli trattati non presenti
 idonee  caratteristiche  di impermeabilita' e di resistenza
 non  puo'  essere  utilizzato,  nelle more dell'adeguamento
 dell'impianto  ai  sensi  dell'art.  15,  comma  1,  per il
 deposito dei veicoli ancora da trattare.
 3.4. I settori di cui al punto 3.1 devono avere un'area
 adeguata allo svolgimento delle operazioni da effettuarvi e
 devono   avere   superfici   impermeabili,   costruite  con
 materiali  resistenti  alle  sostanze liquide contenute nei
 veicoli.  Detti  settori  devono  essere dotati di apposita
 rete  di  drenaggio  e  di  raccolta  dei reflui, munita di
 decantatori con separatori per oli.
 3.5.  I settori di trattamento, di deposito di parti di
 ricambio  e  di  stoccaggio  dei  rifiuti pericolosi devono
 essere dotati di apposita copertura.
 4. Criteri per lo stoccaggio.
 4.1.  I  contenitori  o  i  serbatoi  fissi  o  mobili,
 compresi le vasche ed i bacini utilizzati per lo stoccaggio
 dei   rifiuti,   devono  possedere  adeguati  requisiti  di
 resistenza, in relazione alle proprieta' chimico-fisiche ed
 alle caratteristiche di pericolosita' dei rifiuti stessi.
 4.2.  I  contenitori o i serbatoi fissi o mobili devono
 essere  provvisti di sistemi di chiusura, di accessori e di
 dispositivi atti ad effettuare, in condizioni di sicurezza,
 le operazioni di riempimento, di travaso e di svuotamento.
 4.3.  Le  manichette  ed i raccordi dei tubi utilizzati
 per  il  carico  e lo scarico dei rifiuti liquidi contenuti
 nelle  cisterne  sono  mantenuti in perfetta efficienza, al
 fine di evitare dispersioni nell'ambiente.
 4.4.  Il  serbatoio  fisso  o  mobile deve riservare un
 volume residuo di sicurezza pari al 10% ed essere dotato di
 dispositivo  antitraboccamento  o  di  tubazioni  di troppo
 pieno e di indicatore di livello.
 4.5.   Qualora   lo   stoccaggio  dei  rifiuti  liquidi
 pericolosi  e'  effettuato in un bacino fuori terra, questo
 deve   essere  dotato  di  un  bacino  di  contenimento  di
 capacita'  pari  al  serbatoio stesso, oppure, nel caso che
 nello stesso bacino di contenimento vi siano piu' serbatoi,
 pari  ad  almeno  1/3  del volume totale dei serbatoi e, in
 ogni  caso,  non  inferiore  al  volume  del  serbatoio  di
 maggiore  capacita'.  Sui  recipienti  fissi  e mobili deve
 essere  apposta  apposita  etichettatura, con l'indicazione
 del  rifiuto  stoccato  conformemente alle norme vigenti in
 materia di etichettatura di sostanze pericolose.
 4.6.  Lo stoccaggio degli accumulatori e' effettuato in
 appositi  contenitori  stagni dotati di sistemi di raccolta
 di eventuali liquidi che possono fuoriuscire dalle batterie
 stesse e che devono essere neutralizzati in loco.
 4.7.  La  gestione  del  CFC  e  degli  HCF  avviene in
 conformita'  a  quanto  previsto  dal  decreto ministeriale
 20 settembre  2002,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica italiana del 2 ottobre 2002, n. 231.
 4.8.   Per   i   rifiuti   pericolosi  sono,  altresi',
 rispettate  le  norme  che  disciplinano  il deposito delle
 sostanze pericolose in essi contenute.
 4.9.  Qualora  lo  stoccaggio  avvenga in cumuli, detti
 cumuli  devono  essere realizzati su basamenti impermeabili
 resistenti  all'attacco chimico dei rifiuti, che permettono
 la  separazione  dei  rifiuti dal suolo sottostante. L'area
 deve  avere  una pendenza tale da convogliare gli eventuali
 liquidi in apposite canalette e in pozzetti di raccolta. Lo
 stoccaggio  in  cumuli  di  rifiuti  deve  avvenire in aree
 confinate e i rifiuti pulvirulenti devono essere protetti a
 mezzo di appositi sistemi di copertura.
 4.10. Lo  stoccaggio  degli oli usati e' realizzato nel
 rispetto  delle  disposizioni di cui al decreto legislativo
 27 gennaio  1992,  n.  95, e successive modificazioni, e al
 decreto  ministeriale  16 maggio  1996,  n.  392.  I  pezzi
 smontati  contaminati  da  oli  devono  essere  stoccati su
 basamenti impermeabili.
 4.11. I   recipienti,   fissi   o   mobili,  utilizzati
 all'interno dell'impianto di trattamento e non destinati ad
 essere reimpiegati per le stesse tipologie di rifiuti, sono
 sottoposti a trattamenti di bonifica idonei a consentire le
 nuove  utilizzazioni.  Detti  trattamenti  sono  effettuati
 presso  idonea area dell'impianto appositamente allestita o
 presso centri autorizzati.
 5.  Operazioni  per  la  messa in sicurezza del veicolo
 fuori uso.
 5.1.  Le  operazioni  per  la  messa  in  sicurezza del
 veicolo  fuori  uso  sono  effettuate  secondo  le seguenti
 modalita' e prescrizioni:
 a) rimozione   degli  accumulatori,  neutralizzazione
 delle   soluzioni   acide   eventualmente   fuoriuscite   e
 stoccaggio in appositi contenitori stagni dotati di sistemi
 di  raccolta  di  eventuali liquidi che possono fuoriuscire
 dalle  batterie  stesse;  la neutralizzazione elettrolitica
 puo' essere effettuata sul posto o in altro luogo;
 b) rimozione   dei   serbatoi  di  gas  compresso  ed
 estrazione,  stoccaggio e combustione dei gas ivi contenuti
 nel   rispetto  della  normativa  vigente  per  gli  stessi
 combustibili;
 c)  rimozione  o  neutralizzazione dei componenti che
 possono esplodere, quali airbag;
 d) prelievo del carburante e avvio a riuso;
 e) rimozione,  con  raccolta  e  deposito separati in
 appositi   contenitori,   secondo   le   modalita'   e   le
 prescrizioni   fissate   per   lo  stoccaggio  dei  rifiuti
 pericolosi,  di olio motore, di olio della trasmissione, di
 olio  del  cambio,  di  olio  del  circuito  idraulico,  di
 antigelo, di liquido refrigerante, di liquido dei freni, di
 fluidi  refrigeranti  dei  sistemi  di condizionamento e di
 altri  liquidi  e fluidi contenuti nel veicolo fuori uso, a
 meno  che  non siano necessari per il reimpiego delle parti
 interessate.  Durante  l'asportazione devono essere evitati
 sversamenti  e adottati opportuni accorgimenti e utilizzate
 idonee  attrezzature  al  fine  di  evitare  rischi per gli
 operatori addetti al prelievo;
 f) rimozione  del filtro-olio che deve essere privato
 dell'olio,  previa  scolatura; l'olio prelevato deve essere
 stoccato  con  gli  oli lubrificanti; il filtro deve essere
 depositato  in  apposito  contenitore,  salvo che il filtro
 stesso   non   faccia  parte  di  un  motore  destinato  al
 reimpiego;
 g) rimozione e stoccaggio dei condensatori contenenti
 PCB;
 h) rimozione,   per  quanto  fattibile,  di  tutti  i
 componenti identificati come contenenti mercurio.
 6. Attivita' di demolizione.
 6.1.   L'attivita'  di  demolizione  si  compone  delle
 seguenti fasi:
 a) smontaggio dei componenti del veicolo fuori uso od
 altre operazioni equivalenti, volte a ridurre gli eventuali
 effetti nocivi sull'ambiente;
 b) rimozione,  separazione e deposito dei materiali e
 dei  componenti  pericolosi in modo selettivo, cosi' da non
 contaminare   i   successivi  residui  della  frantumazione
 provenienti dal veicolo fuori uso;
 c) eventuale  smontaggio  e  deposito  dei  pezzi  di
 ricambio  commercializzabili,  nonche'  dei materiali e dei
 componenti  recuperabili,  in  modo da non compromettere le
 successive  possibilita'  di reimpiego, di riciclaggio e di
 recupero.
 7.  Operazioni  di  trattamento  per  la promozione del
 riciclaggio.
 7.1. Le operazioni di trattamento per la promozione del
 riciclaggio consistono:
 a) nella  rimozione  del catalizzatore e nel deposito
 del medesimo in apposito contenitore, adottando i necessari
 provvedimenti per evitare la fuoriuscita di materiali e per
 garantire la sicurezza degli operatori;
 b)   nella   rimozione   dei   componenti   metallici
 contenenti rame, alluminio e magnesio, qualora tali metalli
 non sono separati nel processo di frantumazione;
 c) nella   rimozione  dei  pneumatici,  qualora  tali
 materiali    non   vengono   separati   nel   processo   di
 frantumazione,  in modo tale da poter essere effettivamente
 riciclati come materiali;
 d) nella rimozione dei grandi componenti in plastica,
 quali   paraurti,   cruscotto  e  serbatoi  contenitori  di
 liquidi,   se  tali  materiali  non  vengono  separati  nel
 processo  di  frantumazione,  in  modo tale da poter essere
 effettivamente riciclati come materiali;
 e) nella rimozione dei componenti in vetro.
 8. Criteri di gestione.
 8.1.   Nell'area  di  conferimento  non  e'  consentito
 l'accatastamento dei veicoli.
 8.2. Per lo stoccaggio del veicolo messo in sicurezza e
 non  ancora  sottoposto  a  trattamento  e'  consentita  la
 sovrapposizione  massima  di  tre  veicoli, previa verifica
 delle condizioni di stabilita' e valutazione dei rischi per
 la sicurezza dei lavoratori.
 8.3.  L'accatastamento  delle  carcasse gia' sottoposte
 alle operazioni di messa in sicurezza ed il cui trattamento
 e'  stato  completato  non  deve essere superiore ai cinque
 metri di altezza.
 8.4.    Le    parti    di   ricambio   destinate   alla
 commercializzazione  sono  stoccate prendendo gli opportuni
 accorgimenti,  per  evitare  il loro deterioramento ai fini
 del successivo reimpiego.
 8.5.   Lo   stoccaggio   dei  rifiuti  recuperabili  e'
 realizzato    in   modo   tale   da   non   modificare   le
 caratteristiche  del  rifiuto  e  da  non comprometterne il
 successivo recupero.
 8.6.   Le  operazioni  di  stoccaggio  sono  effettuate
 evitando  danni  ai  componenti  che  contengono  liquidi e
 fluidi.
 8.7.  I pezzi smontati sono stoccati in luoghi adeguati
 ed  i  pezzi  contaminati da oli sono stoccati su basamenti
 impermeabili.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 232 (rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico)
 
 1. La  disciplina  di  carattere  nazionale  relativa  ai  rifiuti prodotti  dalle navi ed ai residui di carico e' contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003 n. 182.
 
 2. Gli impianti che ricevono acque di sentina gia' sottoposte a un trattamento  preliminare  in  impianti  autorizzati  ai  sensi  della legislazione  vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui  al  decreto  17  novembre  2005,  n. 269,  fermo restando che le materie   prime   e   i   prodotti   ottenuti   devono  possedere  le caratteristiche  indicate al punto 6.6.4 dell'Allegato 3 del predetto decreto, come modificato dal comma 3 del presente articolo.
 
 3. Ai  punti  2.4  dell'allegato  1  e  6.6.4  dell'Allegato 3 del decreto  17  novembre  2005, n. 269 la congiunzione: "e" e' sosituita dalla disgiunzione: "o".
 
 
 
 Note all'art. 232:
 - Il   decreto  legislativo  24 giugno  2003,  n.  182,
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 luglio 2003, n. 168,
 reca  attuazione  della  direttiva 2000/59/CE relativa agli
 impianti  portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle
 navi ed i residui del carico.
 - Si  riportano  i  punti  2.4  dell'allegato 1 e 6.6.4
 dell'allegato  3  del  decreto  17 novembre  2005,  n. 269,
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 29 dicembre 2005, n.
 302,  reca regolamento attuativo degli articoli 31 e 33 del
 decreto   legislativo  5 febbraio  1997,  n.  22,  relativo
 all'individuazione dei rifiuti pericolosi provenienti dalle
 navi,   che   e'   possibile   ammettere   alle   procedure
 semplificate:
 «2.4.  Caratteristiche  delle  materie  prime  e/o  dei
 prodotti   ottenuti:   combustibili   con   caratteristiche
 conformi   alla   norma  UNI-CTI  6579  e  al  decreto  del
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  8 marzo  2002  e
 successive modifiche.»
 «6.6.4.  Caratteristiche  delle  materie  prime e/o dei
 prodotti   ottenuti:   combustibili   con   caratteristiche
 conformi   alla   norma  UNI-CTI  6579  e  al  decreto  del
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  8 marzo  2002  e
 successive modifiche.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 233 (consorzi nazionali di raccolta e trattamento
 degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti)
 
 1.  Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e  dei  grassi  vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera  costituiscono  uno  o  piu'  consorzi. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.
 
 2.  I  consorzi  di cui al comma 1 hanno personalita' giuridica di diritto  privato  senza  scopo  di  lucro e sono retti da uno statuto adottato  in  conformita'  ad  uno  schema  tipo redatto dal Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro  delle  attivita'  produttive,  da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale  entro  centottanta  giorni dalla data di entrata in vigore della  parte  quarta  del presente decreto, conformemente ai principi del  presente  decreto  e,  in  particolare,  a quelli di efficienza, efficacia,  economicita' e trasparenza, nonche' di libera concorrenza nelle  attivita' di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio e'  trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con  suo  provvedimento  adottato  di  concerto con il Ministro delle attivita'  produttive.  Ove  il  Ministro ritenga di non approvare lo statuto  trasmesso,  per  motivi  di  legittimita'  o  di  merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le r elative osservazioni. I consorzi  gia'  riconosciuti ai sensi della previgente normativa sono tenuti  ad  adeguare  il  loro statuto in conformita' al nuovo schema tipo  entro  centoventi giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.  Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
 
 3.  I  consorzi  svolgono  per  tutto  il  territorio  nazionale i seguenti compiti:
 
 a)  assicurano  la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;
 b) assicurano, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di  inquinamento,  lo  smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti  raccolti  dei  quali  non  sia  possibile  o  conveniente la rigenerazione;
 c) promuovono lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore  al  fine  di  migliorare,  economicamente e tecnicamente, il ciclo  di  raccolta,  trasporto,  stoccaggio,  trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti.
 
 4.  Le  deliberazioni  degli  organi  dei  consorzi,  adottate  in relazione alle finalita' della parte quarta del presente decreto ed a norma   dello   statuto,   sono   vincolanti  per  tutte  le  imprese partecipanti.
 
 5. Partecipano ai consorzi:
 
 a)  le  imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti;
 b)  le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti;
 c)  le  imprese  che  effettuano  la  raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti;
 d)  eventualmente,  le  imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma 10, lettera d).
 
 6. Le quote di partecipazione ai consorzi sono determinate in base al  rapporto  tra la capacita' produttiva di ciascun consorziato e la capacita'   produttiva   complessivamente   sviluppata   da  tutti  i consorziati appartenenti alla medesima categoria.
 
 7.  La  determinazione  e  l'assegnazione  delle  quote compete al consiglio di amministrazione dei consorzi che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto.
 
 8.  Nel  caso di incapacita' o di impossibilita' di adempiere, per mezzo  delle  stesse  imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto,  stoccaggio,  trattamento  e  riutilizzo  degli  oli e dei grassi  vegetali  e  animali esausti stabiliti dalla parte quarta del presente   decreto,   il  consorzio  puo',  nei  limiti  e  nei  modi determinati  dallo  statuto,  stipulare  con  le  imprese pubbliche e private contratti per l'assolvimento degli obblighi medesimi.
 
 9.  Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro  centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello  Statuto  tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente, anche  in  forma associata, la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli operatori  stessi devono richiedere all'Autorita' di cui all'articolo 207,  previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del  sistema  adottato.  A  tal  fine  i  predetti  operatori  devono dimostrare   di  aver  organizzato  il  sistema  secondo  criteri  di efficienza,   efficacia   ed   economicita',   che   il   sistema  e' effettivamente  ed  autonomamente  funzionante  e  che e' in grado di conseguire, nell'ambito delle attivita' svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori  e gli utenti finali siano informati sulle modalita' del sistema  adottato.  L'Autorita',  dopo  aver  acquisito  i  necessari elementi  di  valutazione,  si  esprime  entro  novanta  giorni dalla richiesta.  In  caso  di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato  chiede  al  Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio  l'adozione  dei  relativi  provvedimenti  sostitutivi  da emanarsi  nei  successivi  sessanta  giorni.  L'Autorita' e' tenuta a presentare  una  relazione  annuale  di  sintesi  relativa a tutte le istruttorie esperite.
 
 10.  I consorzi sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione  finanziaria.  Le  risorse  finanziarie  dei  consorzi  sono costituite:
 
 a) dai proventi delle attivita' svolte dai consorzi;
 b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
 c) dalle quote consortili;
 d) da eventuali contributi di riciclaggio a carico dei produttori e  degli  importatori  di  oli  e  grassi  vegetali e animali per uso alimentare  destinati  al mercato interno e ricadenti nelle finalita' consortili di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il   Ministro  delle  attivita'  produttive,  al  fine  di  garantire l'equilibrio di gestione dei consorzi.
 
 11.  I  consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmettono  annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  ed  al  Ministro  delle  attivita'  produttive  i bilanci preventivo   e   consuntivo   entro   sessanta   giorni   dalla  loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano  agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attivita' complessiva  sviluppata  dagli  stessi  e  dai  loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
 
 12.  Decorsi  novanta  giorni  dalla  data  di pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale  del decreto di approvazione dello Statuto di cui al   comma   2,   chiunque,   in   ragione  della  propria  attivita' professionale,  detiene  oli  e  grassi vegetali e animali esausti e' obbligato a conferirli ai consorzi direttamente o mediante consegna a soggetti  incaricati  dai consorzi, fermo restando quanto previsto al comma  9.  L'obbligo  di  conferimento non esclude la facolta' per il detentore  di  cedere  oli  e  grassi  vegetali  e animali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunita' europea.
 
 13.  Chiunque, in ragione della propria attivita' professionale ed in  attesa del conferimento ai consorzi, detenga oli e grassi animali e  vegetali  esausti  e'  obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore   conforme   alle  disposizioni  vigenti  in  materia  di smaltimento.
 
 14.  Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.
 
 15.  I  soggetti  giuridici  appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attivita' proprie  delle  categorie  medesime  successivamente  all'entrata  in vigore  della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi  di  cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 9, entro  sessanta  giorni  dalla data di costituzione o di inizio della propria attivita'. Resta altresi' consentita per i soggetti di cui al comma  5,  aderenti  ad  uno  dei  consorzi  di  cui  al  comma 1, la costituzione,  successiva  al  termine  di  cui  al comma 9, di nuovi consorzi o l'adozione del sistema di cui al medesimo comma 9, decorso almeno  un  biennio  dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto  salvo  l'obbligo  di  corrispondere  i contributi maturati nel periodo.
 |  |  |  | ART. 234 (consorzi nazionali per il riciclaggio
 di rifiuti di beni in polietilene)
 
 1.  Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il  trattamento  dei  rifiuti  di  beni in polietilene destinati allo smaltimento,  sono  istituiti  uno o piu' consorzi per il riciclaggio dei  rifiuti  di  beni  in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo  218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b)  e  c),  e  231,  nonche',  in quanto considerati beni durevoli, i materiali  e le tubazioni in polietilene destinati all'edilizia, alle fognature  e  al  trasporto  di  gas  e  acque. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237.
 
 2.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio,  di  concerto con il Ministro delle attivita' produttive, da  emanarsi  entro  sessanta  giorni dalla data di entrata in vigore della   parte  quarta  del  presente  decreto,  sono  individuate  le tipologie di beni in polietilene di cui al comma 1.
 
 3.  I  consorzi  di cui al comma 1 hanno personalita' giuridica di diritto  privato  senza  scopo  di  lucro e sono retti da uno statuto adottato  in  conformita'  ad  uno  schema  tipo redatto dal Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  di  concerto con il Ministro  delle  attivita'  produttive,  da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale  entro  centottanta  giorni dalla data di entrata in vigore della  parte  quarta  del presente decreto, conformemente ai principi del  presente  decreto  e,  in  particolare,  a quelli di efficienza, efficacia,  economicita' e trasparenza, nonche' di libera concorrenza nelle  attivita' di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio e'  trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con  suo  provvedimento  adottato  di  concerto  con il Ministro dele attivita'  produttive.  Ove  il  Ministro ritenga di non approvare lo statuto  trasmesso,  per  motivi  di  legittimita'  o  di  merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le re lative osservazioni. I consorzi  gia'  riconosciuti ai sensi della previgente normativa sono tenuti  ad  adeguare  il  loro statuto in conformita' al nuovo schema tipo  entro  centoventi giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.  Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
 
 4. Ai consorzi partecipano:
 
 a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;
 b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;
 c)  i  riciclatori  e  i  recuperatori  di  rifiuti  di  beni  in polietilene.
 
 5.  Ai consorzi possono partecipare in qualita' di soci aggiunti i produttori  ed  importatori  di  materie  prime in polietilene per la produzione  di  beni  in  polietilene  e le imprese che effettuano la raccolta,  il  trasporto  e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalita'   di  partecipazione  vengono  definite  nell'ambito  dello statuto di cui al comma 3.
 
 6.  I  soggetti  giuridici  appartenenti  alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attivita' proprie  delle  categorie  medesime  successivamente  all'entrata  in vigore  della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi  di  cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 7, entro  sessanta  giorni  dalla data di costituzione o di inizio della propria attivita'. Resta altresi' consentita per i soggetti di cui ai commi  4  e  5,  aderenti  ad  uno dei consorzi di cui al comma 1, la costituzione,  successiva  al  termine  di  cui  al comma 7, di nuovi consorzi o l'adozione del sistema di cui al medesimo comma 7, decorso almeno  un  biennio  dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto  salvo  l'obbligo  di  corrispondere  i contributi maturati nel periodo.
 
 7.  Gli  operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro  centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:
 
 a)  organizzare  autonomamente,  anche  in  forma  associata,  la gestione  dei  rifiuti  di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale;
 b)  mettere  in  atto  un  sistema  di  restituzione  dei beni in polietilene  al  termine  del  ciclo  di  utilita'  per  avviarli  ad attivita' di riciclaggio e di recupero.
 
 Nelle  predette  ipotesi  gli  operatori  stessi devono richiedere all'Autorita'  di cui all'articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione,  il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti  operatori  devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo  criteri  di  efficienza,  efficacia  ed economicita', che il sistema  e'  effettivamente  ed autonomamente funzionante e che e' in grado   di   conseguire,  nell'ambito  delle  attivita'  svolte,  gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire  che  gli  utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle   modalita'   del  sistema  adottato.  L'Autorita',  dopo  aver acquisito  i  necessari  elementi  di  valutazione,  si esprime entro novanta  giorni  dalla  richiesta.  In  caso  di mancata risposta nel termine    sopra   indicato,   l'interessato   chiede   al   Ministro dell'ambiente  e  della tutela del territorio l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorita'  presenta  una  relazione  annuale di sint esi relativa a tutte le istruttorie esperite.
 
 8.  I  consorzi  di  cui  al  comma 1 si propongono come obiettivo primario  di  favorire  il  ritiro  dei beni a base di polietilene al termine   del   ciclo  di  utilita'  per  avviarli  ad  attivita'  di riciclaggio  e  di recupero. A tal fine i consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:
 a)  promuovono  la  gestione  del  flusso  dei  beni  a  base  di polietilene;
 b)  assicurano  la  raccolta,  il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene;
 c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;
 d)  promuovono  l'informazione  degli utenti, intesa a ridurre il consumo  dei  materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;
 e)  assicurano  l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel  caso  in  cui  non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.
 
 9.  Nella  distribuzione  dei prodotti dei consorziati, i consorzi possono ricorrere a forme di deposito cauzionale.
 10.  I  consorzi sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione  finanziaria.  I  mezzi  finanziari per il funzionamento del consorzi sono costituiti:
 
 a) dai proventi delle attivita' svolte dai consorzi;
 b) dai contributi dei soggetti partecipanti;
 c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
 d) dall'eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13.
 
 11.  Le  deliberazioni  degli  organi  dei  consorzi,  adottate in relazione alle finalita' della parte quarta del presente decreto ed a norma   dello   statuto,   sono   vincolanti  per  tutti  i  soggetti partecipanti.
 
 12.  I  consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono  annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  ed  al  Ministro  delle  attivita' produttive il bilancio preventivo   e   consuntivo   entro   sessanta   giorni   dalla  loro approvazione.  I  consorzi  di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma  7,  entro  il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull'attivita' complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
 
 13.  Il  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio di concerto  con  il  Ministro delle attivita' produttive determina ogni due  anni  con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in  caso  di  mancato  raggiungimento  dei  predetti  obiettivi, puo' stabilire  un  contributo  percentuale  di  riciclaggio da applicarsi sull'importo  netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici  di  beni  di  polietilene  per  il  mercato interno. Il Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il  Ministro  delle  attivita'  produttive determina gli obiettivi di riciclaggio  a valere per il primo biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto.
 
 14.  Decorsi  novanta  giorni  dalla  pubblicazione nella Gazzetta ufficiale  del  decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 3,  chiunque,  in ragione della propria attivita', detiene rifiuti di beni  in  polietilene  e'  obbligato  a conferirli a uno dei consorzi riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai  consorzi  stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma 7. L'obbligo di conferimento non esclude la facolta' per il detentore di  cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato membro della Comunita' europea.
 |  |  |  | Art. 235 Consorzi nazionali per la raccolta e trattamento
 delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi
 
 1.  Al  fine  di  razionalizzare  ed  organizzare la gestione delle batterie  al  piombo esauste e dei rifiuti piombosi, tutte le imprese di  cui  all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n.  397,  convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n.  475,  come modificato dal comma 15 del presente articolo, che non aderiscono  al  consorzio  di  cui  al  medesimo articolo 9-quinquies costituiscono uno o piu' consorzi, i quali devono adottare sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237.
 2.  I  consorzi  di  cui al comma 1 hanno personalita' giuridica di diritto  privato  senza  scopo  di lucro e, salvo quanto previsto dal comma  17,  sono  retti da uno statuto adottato in conformita' ad uno schema  tipo  redatto  dal  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attivita' produttive, da pubblicare  nella  Gazzetta  Ufficiale entro centottanta giorni dalla data  di  entrata  in vigore della parte quarta del presente decreto, conformemente  ai  principi del presente decreto e, in particolare, a quelli  di  efficienza, efficacia, economicita' e trasparenza nonche' di libera concorrenza nelle attivita' di settore. Lo statuto adottato da  ciascun  consorzio e' trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  che  lo approva nei successivi  novanta  giorni. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo  statuto  trasmesso,  per  motivi  di legittimita' o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. Il decreto  ministeriale  di a pprovazione dello statuto dei consorzi e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
 3. I consorzi di cui al comma 1, contestualmente alla comunicazione di  cui  all'articolo  189,  comma  3, devono trasmettere copia della comunicazione  stessa  al  consorzio di cui all'articolo 9-quinquies, del   decreto-legge   9  settembre  1988,  n.  397,  convertito,  con modificazioni,  dalla  legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal  presente  decreto.  Alla violazione dell'obbligo si applicano le medesime  sanzioni  previste  per  la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189, comma 3.
 4. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti: a) assicurare  la  gestione  delle  batterie  al piombo esauste e dei
 rifiuti piombosi; b) cedere  le  batterie  al  piombo esauste e i rifiuti piombosi alle
 imprese che ne effettuano il recupero; c) assicurare  il  loro  smaltimento,  nel  caso  non sia possibile o
 economicamente   conveniente   il  recupero,  nel  rispetto  delle
 disposizioni contro l'inquinamento; d) promuovere  lo  svolgimento  di  indagini  di  mercato e azioni di
 ricerca  tecnico-scientifica  per il miglioramento tecnologico del
 ciclo di produzione, recupero e smaltimento; e) promuovere  la  sensibilizzazione  dell'opinione  pubblica  e  dei
 consumatori  sulle  tematiche  della  raccolta e dell'eliminazione
 delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi.
 5. Ai consorzi di cui al comma 1 partecipano: a) le  imprese  che  effettuano  il  riciclo delle batterie al piombo
 esauste  e  dei  rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo
 secondario raffinato od in lega; b) le  imprese  che  svolgono  attivita'  di  fabbricazione oppure di
 importazione di batterie al piombo; c) le  imprese  che  effettuano  la raccolta delle batterie al piombo
 esauste e dei rifiuti piombosi; d) le  imprese  che  effettuano  la  sostituzione  e la vendita delle
 batterie al piombo.
 6.  Le  quote di partecipazione dei consorziati sono determinate di anno  in  anno  con  i  criteri  di  cui al comma 3-bis dell'articolo 9-quinquies,  del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  9  novembre  1988,  n.  475,  come modificato dal comma 16 del presente articolo.
 7.  Le  deliberazioni  degli organi dei consorzi di cui al presente articolo, adottate in relazione alle finalita' della parte quarta del presente  decreto  ed  a  norma  dello statuto, sono obbligatorie per tutte le imprese partecipanti.
 8. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5  che  vengano  costituiti  o  inizino  comunque una delle attivita' proprie  delle  categorie  medesime  successivamente  all'entrata  in vigore  della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi  di  cui  al  comma  1  entro  sessanta giorni dalla data di costituzione  o  di  inizio  della  propria attivita'. Resta altresi' consentita  per  gli stessi soggetti, aderenti ad uno dei consorzi di cui  al comma 1, la costituzione di nuovi consorzi, decorso almeno un biennio  dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo.
 9.  Decorsi  novanta  giorni  dalla  data  di  pubblicazione  nella Gazzetta  Ufficiale  del  decreto  ministeriale di approvazione dello statuto  di  cui  al  comma  2,  chiunque  detiene batterie al piombo esauste  o  rifiuti  piombosi  e'  obbligato  al loro conferimento ai consorzi,  direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le  attivita'  di  gestione  di  tali  rifiuti, fermo restando quanto previsto  al  comma  3.  L'obbligo  di  conferimento  non  esclude la facolta'  per il detentore di cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunita' europea.
 10.  Al  fine di assicurare, ai consorzi, i mezzi finanziari per lo svolgimento  dei  propri  compiti  e'  istituito  un  sovrapprezzo di vendita  delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte dei produttori e degli importatori delle batterie stesse,   con  diritto  di  rivalsa  sugli  acquirenti  in  tutte  le successive   fasi  della  commercializzazione.  I  produttori  e  gli importatori  verseranno  direttamente  ai  consorzi  i  proventi  del sovrapprezzo.
 11.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio,  di  concerto con il Ministro delle attivita' produttive, sono  determinati: il sovrapprezzo di cui al comma 10, la percentuale dei costi da coprirsi con l'applicazione di tale sovrapprezzo.
 12.  Chiunque,  in ragione della propria attivita' ed in attesa del conferimento  ai  sensi  del  comma  9,  detenga  batterie esauste e' obbligato  a  stoccare  le  batterie  stesse  in apposito contenitore conforme  alle  disposizioni  vigenti  in  materia di smaltimento dei rifiuti.
 13.  I  consorzi  di  cui  al  comma  1  trasmettono annualmente al Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio ed al Ministro delle  attivita'  produttive  i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta  giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di  ogni  anno,  tali  soggetti  presentano  agli stessi Ministri una relazione  tecnica sull'attivita' complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
 14.  Al  comma  2  dell'articolo  9-quinquies  del  decreto-legge 9 settembre  1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre  1988,  n.  475,  e'  aggiunta  la  seguente lettera: d-bis) promuovere   la   sensibilizzazione   dell'opinione  pubblica  e  dei consumatori  sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi".
 15.  Il  comma  3  dell'articolo  9-quinquies,  del decreto-legge 9 settembre  1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e' sostituito dal seguente: "Al  Consorzio,  che  e'  dotato di personalita' giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano: a) le  imprese  che  effettuano  il  riciclo delle batterie al piombo
 esauste  e  dei  rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo
 secondario raffinato od in lega; b) le  imprese  che  svolgono  attivita'  di  fabbricazione oppure di
 importazione di batterie al piombo; c) le  imprese  che  effettuano  la raccolta delle batterie al piombo
 esauste e dei rifiuti piombosi; d) le  imprese  che  effettuano  la  sostituzione  e la vendita delle
 batterie al piombo.".
 16. Dopo il comma 3, dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre  1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre  1988,  n. 475, e' inserito il seguente: "3-bis: Nell'ambito di  ciascuna  categoria,  le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue: a) per  le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono
 determinate  in  base  al  rapporto fra la capacita' produttiva di
 piombo  secondario  del  singolo  soggetto  consorziato  e  quella
 complessiva  di  tutti  i  consorziati  appartenenti  alla  stessa
 categoria; b) per  le  imprese  che  svolgono attivita' di fabbricazione, oppure
 d'importazione delle batterie al piombo di cui alla lettera b) del
 comma  3,  sono determinate sulla base del sovrapprezzo versato al
 netto dei rimborsi; c) le  quote  di  partecipazione delle imprese e loro associazioni di
 cui  alle  lettere  c) e d) del comma 3 del presente articolo sono
 attribuite   alle   associazioni  nazionali  dei  raccoglitori  di
 batterie   al  piombo  esauste,  in  proporzione  ai  quantitativi
 conferiti   al   Consorzio   dai   rispettivi  associati,  e  alle
 associazioni   dell'artigianato  che  installano  le  batterie  di
 avviamento al piombo.".
 17.  Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte  quarta del presente decreto, il Consorzio di cui dell'articolo 9-quinquies  del  decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  9 novembre 1988, n. 475, adegua il proprio  statuto  ai  principi  contenuti  nel presente decreto ed in particolare   a  quelli  di  trasparenza,  efficacia,  efficienza  ed economicita',  nonche'  di  libera  concorrenza  nelle  attivita'  di settore.  Lo  statuto  adottato e' trasmesso entro quindici giorni al Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva, di  concerto con il Ministro delle attivita' produttive, nei successi i novanta giorni, salvo motivate osservazioni cui il citato Consorzio e'  tenuto  ad  adeguarsi  nei successivi sessanta giorni. Qualora il citato  Consorzio  non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo  statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  di  concerto  con  il Ministro delle attivita' produttive.
 18. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio,   gli  eventuali  avanzi  di  gestione  accantonati  dai consorzi nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla  formazione  del  reddito,  a  condizione  che sia rispettato il divieto  di  distribuzione,  sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali  avanzi  e  riserve,  anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.
 
 
 
 Note all'art. 235:
 - Si   riporta  l'art.  9-quinquies  del  decreto-legge
 9 settembre  1988,  n.  397, convertito, con modificazioni,
 dalla  legge  9 novembre  1988, n. 475, come modificato dal
 presente decreto legislativo:
 "Art.   9-quinquies   (Raccolta   e  riciclaggio  delle
 batterie  esauste).  -  1. E' obbligatoria la raccolta e lo
 smaltimento  mediante  riciclaggio delle batterie al piombo
 esauste.
 2.   E'   istituito  il  consorzio  obbligatorio  delle
 batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, al quale
 e'  attribuita  la  personalita'  giuridica.  Il  consorzio
 svolge   per  tutto  il  territorio  nazionale  i  seguenti
 compiti:
 a) assicurare  la  raccolta  delle batterie al piombo
 esauste e dei rifiuti piombosi e organizzare lo stoccaggio;
 b) cedere  i  prodotti  di  cui  alla lettera a) alle
 imprese   che  ne  effettuano  lo  smaltimento  tramite  il
 riciclaggio;
 c) assicurare l'eliminazione dei prodotti stessi, nel
 caso  non  sia  possibile  o  economicamente conveniente il
 riciclaggio,   nel   rispetto   delle  disposizioni  contro
 l'inquinamento;
 d) promuovere lo svolgimento di indagini di mercato e
 azioni  di ricerca tecnico-scientifica per il miglioramento
 tecnologico del ciclo di smaltimento;
 d-bis)  promuovere la sensibilizzazione dell'opinione
 pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e
 dell'eliminazione  delle  batterie  al piombo esauste e dei
 rifiuti piombosi.
 3.   Al   Consorzio,  che  e'  dotato  di  personalita'
 giuridica   di   diritto  privato  senza  scopo  di  lucro,
 partecipano:
 a) le   imprese   che  effettuano  il  riciclo  delle
 batterie  al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante
 la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;
 b) le imprese che svolgono attivita' di fabbricazione
 oppure di importazione di batterie al piombo;
 c) le   imprese  che  effettuano  la  raccolta  delle
 batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;
 d) le  imprese  che  effettuano  la sostituzione e la
 vendita delle batterie al piombo.
 3-bis.  Nell'ambito  di ciascuna categoria, le quote di
 partecipazione   da   attribuire   ai   singoli  soci  sono
 determinate come segue:
 a) per  le  imprese di riciclo di cui alla lettera a)
 del  comma  3  sono  determinate in base al rapporto fra la
 capacita'  produttiva  di  piombo  secondario  del  singolo
 soggetto  consorziato  e  quella  complessiva  di  tutti  i
 consorziati appartenenti alla stessa categoria;
 b) per   le   imprese   che   svolgono  attivita'  di
 fabbricazione,  oppure  d'importazione  delle  batterie  al
 piombo di cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate
 sulla base del sovrapprezzo versato al netto dei rimborsi;
 c) le  quote  di  partecipazione delle imprese e loro
 associazioni  di  cui  alle lettere c) e d) del comma 3 del
 presente   articolo   sono   attribuite  alle  associazioni
 nazionali  dei  raccoglitori di batterie al piombo esauste,
 in  proporzione  ai quantitativi conferiti al Consorzio dai
 rispettivi  associati, e alle associazioni dell'artigianato
 che installano le batterie di avviamento al piombo.
 4. Il consorzio non ha fini di lucro ed e' retto da uno
 statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente.
 5.   Le   deliberazioni  degli  organi  del  consorzio,
 adottate  in relazione agli scopi del presente decreto ed a
 norma dello statuto, sono obbligatorie per tutte le imprese
 partecipanti.
 6.  A  decorrere  dalla scadenza del termine di novanta
 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
 del  decreto ministeriale di approvazione dello statuto del
 consorzio,  chiunque  detiene  batterie al piombo esauste o
 rifiuti  piombosi  e'  obbligato  al  loro  conferimento al
 consorzio  direttamente  o  mediante  consegna  a  soggetti
 incaricati  del  consorzio  o  autorizzati,  in  base  alla
 normativa vigente, a esercitare le attivita' di gestione di
 tali  rifiuti.  L'obbligo  di  conferimento  non esclude la
 facolta'  per il detentore di cedere le batterie esauste ed
 i  rifiuti  piombosi ad imprese di altro Stato membro della
 Comunita' europea.
 6-bis.  I  soggetti  non  incaricati  dal consorzio che
 effettuano  attivita'  di raccolta di batterie esauste o di
 rifiuti   piombosi,   devono   trasmettere   al  consorzio,
 contestualmente  alla  comunicazione  di  cui  all'art. 11,
 comma  3, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e
 successive modificazioni, copia della comunicazione stessa.
 Alla  violazione  dell'obbligo  si  applicano  le  medesime
 sanzioni  previste  per  la mancata comunicazione di cui al
 citato art. 11, comma 3.
 7.   Al   fine  di  assicurare  al  consorzio  i  mezzi
 finanziari   per  lo  svolgimento  dei  propri  compiti  e'
 istituito  un  sovrapprezzo  di  vendita  delle batterie in
 relazione  al  contenuto  a peso di piombo da applicarsi da
 parte  dei  produttori  e  degli importatori delle batterie
 stesse, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le
 successive  fasi  della commercializzazione. I produttori e
 gli  importatori  verseranno  direttamente  al  consorzio i
 proventi del sovrapprezzo.
 8.  Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto
 con   il   Ministro   dell'industria,   del   commercio   e
 dell'artigianato,  sono  determinati:  il  sovrapprezzo; la
 percentuale  dei  costi  da coprirsi con l'applicazione del
 sovrapprezzo:   le   capacita'   produttive  delle  singole
 imprese, ed e' approvato lo statuto del consorzio.
 9.   Restano   comunque   applicabili  le  disposizioni
 nazionali  e  regionali  che  disciplinano  la  materia dei
 rifiuti.
 10.  Chiunque, in ragione della propria attivita' ed in
 attesa  del  conferimento  al  consorzio,  detenga batterie
 esauste,  e'  obbligato  a  stoccare  le batterie stesse in
 apposito  contenitore conforme alle disposizioni vigenti in
 materia di smaltimento dei rifiuti.".
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 236 Consorzi nazionali per la gestione,
 raccolta e trattamento degli oli minerali usati
 
 1.  Al  fine  di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali  usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla  produzione  di  oli  base,  le  imprese di cui al comma 4, sono tenute  a  partecipare all'assolvimento dei compiti previsti al comma 12  tramite  adesione al consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo  27  gennaio  1992,  n.  95,  o  ad  uno  dei consorzi da costituirsi  ai  sensi  del  comma  2. I consorzi adottano sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237.
 2.  Entro  centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte  quarta  del presente decreto, il consorzio di cui all'articolo 11  del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, adegua il proprio statuto  ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a  quelli  di  trasparenza,  efficacia,  efficienza  ed economicita', nonche'  di libera concorrenza nelle attivita' di settore. Lo statuto adottato e' trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio  che  lo approva di concerto con il Ministro  delle  attivita'  produttive nei successivi novanta giorni, salvo  motivate  osservazioni cui il Consorzio e' tenuto ad adeguarsi nei  successivi  sessanta  giorni. Qualora il Consorzio non ottemperi nei  termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto  del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto  con  il  Ministro delle attivita' produttive. I Consorzi di cui  al comma 1 hanno personalita' giuridica di diritto privato senza scopo  di lucro e quelli diversi dal Consorzio di cui all'articolo 11 del  decreto  legislativo  27  gennaio 1992, n. 95, sono retti da uno statuto  adottato  in  conformita'  ad  uno  schema  tipo redatto dal Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il  Ministro delle attivita' produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale  entro  centottanta  giorni dalla data di entrata in vigore della  parte  quarta  del presente decreto, conformemente ai principi del  presente  decreto  e,  in  particolare,  a quelli di efficienza, efficacia,  economicita' e trasparenza, nonche' di libera concorrenza nelle  attivita' di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio e'  trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio che lo approva nei successivi novanta giorni, con  suo  provvedimento  adottato  di  concerto con il Ministro delle attivita'  produttive.  Ove  il  Ministro ritenga di non approvare lo statuto  trasmesso,  per  motivi  di  legittimita'  o  di  merito, lo ritrasmette  al  Consorzio richiedente con le rel ative osservazioni. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei Consorzi e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
 3.  I Consorzi di cui al comma 2 devono trasmettere al Consorzio di cui  all'articolo  11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, contestualmente  alla comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3, copia  della  comunicazione  stessa.  Alla violazione dell'obbligo si applicano  le  sanzioni  di  cui  all'articolo  258  per  la  mancata comunicazione  di  cui  all'articolo  189,  comma  3.  Le imprese che eliminano  gli  oli  minerali usati tramite co-combustione e all'uopo debitamente  autorizzate  e  gli  altri  consorzi  di cui al presente articolo  sono  tenute  a fornire al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al   comma   12,  lettera  h),  affinche'  tale  consorzio  comunichi annualmente  tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa.
 4. Ai Consorzi partecipano tutte le imprese che: a) producono oli base vergini; b) producono oli base provenienti dal processo di rigenerazione; c) immettono al consumo oli lubrificanti.
 5.  Le quote di partecipazione ai Consorzi sono determinate di anno in  anno in proporzione alle quantita' di oli lubrificanti finiti che ciascun consorziato immette al consumo nell'anno precedente, rispetto al  totale dei lubrificanti immessi al consumo, nel medesimo anno, da tutti i partecipanti al Consorzio stesso.
 6.   Le  deliberazioni  degli  organi  dei  Consorzi,  adottate  in relazione alle finalita' della parte quarta del presente decreto ed a norma  dello  statuto,  sono  vincolanti  per tutti i consorziati. La rappresentanza  negli  organi  elettivi dei Consorzi e' attribuita in misura pari all'ottanta per cento alle imprese che producono oli base vergini  e  immettono sul mercato oli lubrificanti finiti e in misura pari  al  venti  per  cento alle imprese che producono e immettono al consumo oli lubrificanti rigenerati.
 7.  I  consorzi  determinano  annualmente, con riferimento ai costi sopportati  nell'anno  al  netto  dei ricavi per l'assolvimento degli obblighi  di  cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo dell'olio   lubrificante   che   sara'   messo  a  consumo  nell'anno successivo.  Ai  fini  della  parte  quarta  del  presente decreto si considerano  immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti all'atto del pagamento dell'imposta di consumo.
 8.  Le  imprese  partecipanti  sono tenute a versare al consorzio i contributi  dovuti  da  ciascuna  di  esse  secondo le modalita' ed i termini fissati ai sensi del comma 9.
 9.  Le  modalita'  e  i  termini  di  accertamento,  riscossione  e versamento  dei  contributi  di  cui  al  comma 8, sono stabiliti con decreto  del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con i  Ministri  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio e delle attivita'  produttive,  da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro un mese dall'approvazione dello statuto del consorzio.
 10.  I  consorzi  di  cui  al  comma  1  trasmettono annualmente al Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio ed al Ministro delle  attivita'  produttive  i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta  giorni  dalla loro approvazione. I Consorzi di cui al comma 1,   entro  il  31  maggio  di  ogni  anno,  presentano  al  Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio ed al Ministro delle attivita' produttive una relazione tecnica sull'attivita' complessiva sviluppata  dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.
 11.  Lo  statuto  di  cui  al comma 2, prevede, in particolare, gli organi dei consorzi e le relative modalita' di nomina.
 12.  I  consorzi  svolgono  per  tutto  il  territorio  nazionale i seguenti compiti: a) promuovere   la  sensibilizzazione  dell'opinione  pubblica  sulle
 tematiche della raccolta; b) assicurare  ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli
 dai detentori e dalle imprese autorizzate; c) espletare  direttamente  la  attivita' di raccolta degli oli usati
 dai  detentori  che  ne  facciano  richiesta  nelle aree in cui la
 raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa; d) selezionare  gli  oli  usati  raccolti  ai fmi della loro corretta
 eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento; e) cedere gli oli usati raccolti:
 1)  in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di
 oli base;
 2) in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico
 e organizzativo, alla combustione o coincenerimento;
 3)  in difetto dei requisiti per l'avvio agli usi di cui ai numeri
 precedenti,  allo  smaltimento  tramite  incenerimento  o deposito
 permanente; f) perseguire  ed  incentivare  lo  studio,  la  sperimentazione e la
 realizzazione  di  nuovi  processi  di  trattamento  e  di impiego
 alternativi; g) operare  nel  rispetto  dei  principi  di  concorrenza,  di libera
 circolazione  dei  beni,  di  economicita' della gestione, nonche'
 della  tutela  della  salute  e dell'ambiente da ogni inquinamento
 dell'aria, delle acque e del suolo; h) annotare  ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta
 ed  eliminazione  degli  oli  usati  e  comunicarli annualmente al
 Consorzio  di  cui  all'articolo  11  del  decreto  legislativo 27
 gennaio  1992,  n.  95,  affinche'  tale Consorzio li trasmetta ai
 Ministeri  che esercitano il controllo, corredati da una relazione
 illustrativa; i) garantire ai rigeneratori, nei limiti degli oli usati rigenerabili
 raccolti  e  della produzione dell'impianto, i quantitativi di oli
 usati  richiesti a prezzo equo e, comunque, non superiore al costo
 diretto della raccolta; l) assicurare  lo  smaltimento  degli  oli  usati  nel  caso  non sia
 possibile  o  economicamente conveniente il recupero, nel rispetto
 delle disposizioni contro l'inquinamento.
 13.   I   consorzi   possono   svolgere  le  proprie  funzioni  sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati e  limitati  settori  di  attivita'  o determinate aree territoriali. L'attivita'   dei  mandatari  e'  svolta  sotto  la  direzione  e  la responsabilita' dei consorzi stessi.
 14.  I  soggetti  giuridici  appartenenti  alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attivita' proprie  delle  categorie  medesime  successivamente  all'entrata  in vigore  della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei Consorzi  di  cui  al  comma  1,  entro sessanta giorni dalla data di costituzione  o  di  inizio  della  propria attivita'. Resta altresi' consentita  per  i predetti soggetti, aderenti ad uno dei Consorzi di cui  al comma 1, la costituzione di nuovi Consorzi, decorso almeno un biennio  dalla data di adesione al precedente Consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo.
 15.  Decorsi  novanta  giorni  dalla  data  di  pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale  del decreto di approvazione dello statuto di cui al  comma  2,  chiunque  detiene oli minerali esausti e' obbligato al loro  conferimento  ai  Consorzi  di  cui  al comma 1, direttamente o mediante  consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attivita' di gestione di  tali  rifiuti.  L'obbligo di conferimento non esclude la facolta' per  il  detentore  di  cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunita' europea.
 16. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio,   gli  eventuali  avanzi  di  gestione  accantonati  dai consorzi  di  cui  al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio netto  non  concorrono  alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati  di  tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.
 
 
 
 Note all'art. 236:
 - L'art. 11 del decreto-legislativo 27 gennaio 1992, n.
 95  (Attuazione  delle  direttive  75/439/CEE  e 87/101/CEE
 relative  alla  eliminazione  degli  olii usati) pubblicato
 nella  Gazzetta Ufficiale 15 febbraio 1992, n. 38, S.O., e'
 il seguente:
 "Art.  11  (Consorzio  obbligatorio degli oli usati). -
 1. Al  Consorzio  obbligatorio  degli oli usati partecipano
 tutte  le imprese che immettono al consumo oli lubrificanti
 di   base   e  finiti.  Le  quote  di  partecipazione  sono
 determinate  di  anno in anno in proporzione alle quantita'
 di basi lubrificanti immesse al consumo nel corso dell'anno
 precedente.
 2. Il Consorzio non ha fini di lucro ed e' retto da uno
 statuto  approvato  con decreto del Ministro dell'ambiente,
 di  concerto con il Ministro dell'industria del commercio e
 dell'artigianato.
 3. Le deliberazioni degli organi del Consorzio adottate
 in  relazione  agli  scopi  del presente decreto e da norma
 dello  statuto  sono  obbligatorie  per  tutte  le  imprese
 partecipanti.
 4.  Il Consorzio determina annualmente, con riferimento
 ai  costi  sopportati  nell'anno  al  netto  dei ricavi per
 l'assolvimento  degli  obblighi  di cui al successivo comma
 10,  il  contributo  per chilogrammo dell'olio lubrificante
 che sara' messo a consumo nell'anno successivo. Ai fini del
 presente  decreto si considerano immessi al consumo gli oli
 lubrificanti  di  base  e  finiti  all'atto  del  pagamento
 dell'imposta   di   fabbricazione  o  della  corrispondente
 sovraimposta di confine.
 5.  Le  imprese  partecipanti  sono tenute a versare al
 Consorzio  i  contributi dovuti da ciascuna di esse secondo
 le modalita' ed i termini fissati ai sensi del comma 6.
 6.   Le   modalita'   e   i  termini  di  accertamento,
 riscossione  e versamento dei contributi di cui al comma 5,
 sono  stabiliti  con decreto del Ministro delle finanze, di
 concerto  con  i  Ministri  dell'industria, del commercio e
 dell'artigianato,    dell'ambiente   e   del   tesoro,   da
 pubblicarsi   nella   Gazzetta   Ufficiale  entro  un  mese
 dall'approvazione dello statuto del Consorzio.
 7.  Entro  sessanta  giorni  dall'entrata in vigore del
 presente  decreto  il  Consorzio provvede ad apportare allo
 statuto  vigente  tutte  le  modificazioni  necessarie  per
 adeguano  alle  disposizioni  del  presente decreto. Con il
 decreto   che   approva   il   nuovo  statuto  il  Ministro
 dell'ambiente,  di  concerto con quello dell'industria, del
 commercio  e  dell'artigianato, puo' apportare le modifiche
 eventualmente necessarie al previsto adeguamento e fissa la
 data  della  prima  riunione  dell'assemblea per il rinnovo
 degli  organi  consortili. Nel caso di mancata adozione del
 nuovo  statuto da parte del Consorzio nei termini previsti,
 il  Ministro  dell'ambiente,  previa  diffida  a provvedere
 entro  l'ulteriore  termine  massimo  di  giorni  quindici,
 adotta   con   decreto,   di   concerto   con  il  Ministro
 dell'industria,  del commercio e dell'artigianato, il nuovo
 statuto e fissa la data della prima riunione dell'assemblea
 per il rinnovo degli organi consortili.
 8.  Lo statuto prevede, in particolare, che sono organi
 del Consorzio, nominati dall'assemblea dei consorziati:
 il presidente e il vicepresidente;
 il consiglio di amministrazione;
 il collegio sindacale.
 Il  consiglio  di amministrazione e' composto di sedici
 membri.   Di   esso   fanno   parte   il   presidente,   il
 vicepresidente, quattro membri nominati, ai sensi dell'art.
 2459    codice    civile,   uno   ciascuno   dai   Ministri
 dell'ambiente,     dell'industria,    del    commercio    e
 dell'artigianato, della sanita' e delle finanze, nonche' da
 due  espressi  esclusivamente  dai  soci  che  immettono in
 consumo oli rigenerati.
 Il collegio sindacale e' composto di cinque membri, dei
 quali  tre, nominati ai sensi dell'art. 2459 codice civile,
 uno  ciascuno  dai  Ministri  del  tesoro,  delle finanze e
 dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
 9.   Il   Consorzio   deve   trasmettere  ai  Ministeri
 dell'industria,   del   commercio   e   dell'artigianato  e
 dell'ambiente, entro un mese dall'approvazione, il bilancio
 consuntivo delle gestioni annuali sottoposto a revisione da
 parte  di  societa'  a  cio' autorizzata ai sensi e per gli
 effetti   del   decreto  del  Presidente  della  Repubblica
 31 marzo 1975, n. 136.
 10.  Il  Consorzio  esplica le sue funzioni su tutto il
 territorio nazionale. Esso e' tenuto a:
 a) promuovere   la   sensibilizzazione  dell'opinione
 pubblica sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione
 degli oli usati;
 b) assicurare  ed  incentivare  la raccolta degli oli
 usati   ritirandoli   dai   detentori   e   dalle   imprese
 autorizzate;
 c) espletare  direttamente  le  attivita' di raccolta
 degli  oli usati dai detentori che ne facciano direttamente
 richiesta,    nelle   province   ove   manchi   o   risulti
 insufficiente  o  economicamente  difficoltosa  la raccolta
 rispetto  alla  quantita'  di  oli  lubrificanti immessi al
 consumo;
 d)  selezionare  gli oli usati raccolti ai fini della
 loro corretta eliminazione;
 e) cedere gli oli usati alle imprese autorizzate alla
 loro   eliminazione,   osservando   le  priorita'  previste
 dall'art. 3, comma 3;
 f) proseguire    ed   incentivare   lo   studio,   la
 sperimentazione  e  la  realizzazione  di nuovi processi di
 trattamento e di impiego alternativi;
 g) operare  nel rispetto dei principi di concorrenza,
 di  libera  circolazione  di  beni,  di  economicita' della
 gestione, nonche' della tutela della salute e dell'ambiente
 da ogni inquinamento dell'aria, delle acque e del suolo;
 h) annotare   ed   elaborare  tutti  i  dati  tecnici
 relativi  alla  raccolta  ed eliminazione degli oli usati e
 comunicarli  annualmente  ai  Ministeri  che  esercitano il
 controllo, corredati da una relazione illustrativa;
 i) garantire  ai  rigeneratori,  nei limiti degli oli
 usati    rigenerabili    raccolti    e   della   produzione
 dell'impianto  i  quantitativi  di  oli  usati  richiesti a
 prezzo  equo  e,  comunque,  non superiore al costo diretto
 della raccolta.
 11.  Il  Consorzio  obbligatorio  degli  oli usati puo'
 svolgere  le  proprie funzioni sia direttamente che tramite
 mandati  conferiti  ad  imprese  per determinati e limitati
 settori  di  attivita'  o  determinate  aree  territoriali.
 L'attivita' dei mandatari e' svolta sotto la direzione e la
 responsabilita' del Consorzio stesso.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 237 (criteri direttivi dei sistemi di gestione)
 
 1. I  sistemi  di  gestione  adottati devono, in ogni caso, essere aperti alla partecipazione di tutti gli operatori e concepiti in modo da assicurare il principio di trasparenza, di non discriminazione, di non  distorsione della concorrenza, di libera circolazione nonche' il massimo rendimento possibile.
 |  |  |  | Art. 238 Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
 
 1.  Chiunque  possegga  o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte  ad  uso  privato  o  pubblico  non costituenti accessorio o pertinenza  dei  locali  medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle  zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, e' tenuto  al  pagamento  di  una  tariffa.  La  tariffa  costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento  dei  rifiuti  solidi  urbani e ricomprende anche i costi indicati dall'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.  La  tariffa  di  cui  all'articolo  49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e' soppressa a decorrere dall'entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.
 2.  La  tariffa  per  la  gestione  dei rifiuti e' commisurata alle quantita'  e  qualita' medie ordinarie di rifiuti prodotti per unita' di  superficie,  in  relazione agli usi e alla tipologia di attivita' svolte,  sulla  base  di parametri, determinati con il regolamento di cui  al  comma  6,  che  tengano  anche  conto  di  indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.
 3.  La tariffa e' determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in  vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorita' d'ambito ed e'  applicata  e  riscossa  dai  soggetti  affidatari del servizio di gestione  integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui  al  comma  6.  Nella determinazione della tariffa e' prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani  quali,  ad  esempio,  le  spese  di spazzamento delle strade. Qualora  detti  costi vengano coperti con la tariffa cio' deve essere evidenziato   nei   piani  finanziari  e  nei  bilanci  dei  soggetti affidatari del servizio.
 4.  La  tariffa  e'  composta da una quota determinata in relazione alle  componenti  essenziali  del  costo  del  servizio,  riferite in particolare   agli   investimenti   per   le  opere  ed  ai  relativi ammortamenti,  nonche'  da  una  quota  rapportata  alle quantita' di rifiuti  conferiti,  al  servizio  fornito e all'entita' dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
 5.  Le  Autorita'  d'ambito approvano e presentano all'Autorita' di cui  all'articolo  207  il  piano finanziario e la relativa relazione redatta  dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui  al  comma  6,  dovra' essere gradualmente assicurata l'integrale copertura dei costi.
 6.  Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, di concerto  con  il  Ministro  delle  attivita'  produttive, sentiti la Conferenza  Stato  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e di Bolzano,  le  rappresentanze  qualificate degli interessi economici e sociali  presenti  nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento  da  emanarsi  entro  sei  mesi  dalla data di entrata in vigore  della  parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni  di  cui  al presente articolo, i criteri generali sulla base  dei  quali  vengono  definite  le  componenti dei costi e viene determinata  la  tariffa,  anche con riferimento alle agevolazioni di cui  al  comma  7,  garantendo  comunque  l'assenza  di  oneri per le autorita' interessate.
 7.  Nella  determinazione  della  tariffa  possono  essere previste agevolazioni  per  le  utenze  domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale  o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che  tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza  e  territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere  indicate  le  risorse  necessarie  per  garantire l'integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.
 8.  Il  regolamento  di  cui  al  comma  6  tiene conto anche degli obiettivi  di  miglioramento della produttivita' e della qualita' del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.
 9.   L'eventuale   modulazione  della  tariffa  tiene  conto  degli investimenti  effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio.
 10.   Alla  tariffa  e'  applicato  un  coefficiente  di  riduzione proporzionale  alle quantita' di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attivita' di recupero dei rifiuti stessi.
 11.  Sino  alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al  compimento  degli  adempimenti  per  l'applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.
 12.  La riscossione volontaria e coattiva della tariffa puo' essere effettuata  secondo  le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica  29  settembre  1973,  n.  602,  mediante  convenzione con l'Agenzia delle entrate.
 
 
 
 Note all'art. 238:
 - L'art. 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n.
 36  (Attuazione  della  direttiva  1999/31/CE relativa alle
 discariche di rifiuti), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
 12 marzo 2003, n. 59, S.O. e' il seguente:
 "Art.  15  (Costi  dello  smaltimento dei rifiuti nelle
 discariche).   -   1.   Il   prezzo  corrispettivo  per  lo
 smaltimento   in   discarica   deve   coprire  i  costi  di
 realizzazione   e   di  esercizio  dell'impianto,  i  costi
 sostenuti  per la prestazione della garanzia finanziaria ed
 i  costi  stimati  di chiusura, nonche' i costi di gestione
 successiva  alla  chiusura  per  un  periodo  pari a quello
 indicato dall'art. 10, comma 1, lettera i).".
 - L'art.  49  del citato decreto legislativo 5 febbraio
 1997, n. 22, e' il seguente:
 "Art. 49 (Istituzione della tariffa). - 1. La tassa per
 lo  smaltimento dei rifiuti di cui alla sezione II dal Capo
 XVIII  del titolo III del testo unico della finanza locale,
 approvato  con  regio  decreto  14 settembre 1931, n. 1175,
 come  sostituito  dall'art.  21  del decreto del Presidente
 della  Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, ed al capo III
 del  decreto  legislativo  15 novembre  1993,  n.  507,  e'
 soppressa  a  decorrere  dai  termini  previsti  dal regime
 transitorio,  disciplinato  dal regolamento di cui al comma
 5,  entro i quali i comuni devono provvedere alla integrale
 copertura  dei  costi  del servizio di gestione dei rifiuti
 urbani attraverso la tariffa di cui al comma 2.
 1-bis.  Resta,  comunque, ferma la possibilita', in via
 sperimentale,  per  i  comuni  di deliberare l'applicazione
 della tariffa ai sensi del comma 16.
 2.  I  costi  per  i servizi relativi alla gestione dei
 rifiuti   urbani  e  dei  rifiuti  di  qualunque  natura  o
 provenienza  giacenti  sulle  strade  ed  aree  pubbliche e
 soggette  ad uso pubblico, sono coperti dai comuni mediante
 l'istituzione di una tariffa.
 3.  La  tariffa  deve essere applicata nei confronti di
 chiunque  occupi  oppure conduca locali, o aree scoperte ad
 uso  privato  non  costituenti  accessorio o pertinenza dei
 locali  medesimi,  a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle
 zone del territorio comunale.
 4.  La  tariffa e' composta da una quota determinata in
 relazione   alle   componenti   essenziali  del  costo  del
 servizio,  riferite in particolare agli investimenti per le
 opere   e   dai  relativi  ammortamenti,  e  da  una  quota
 rapportata alle quantita' di rifiuti conferiti, al servizio
 fornito,  e  all'entita' dei costi di gestione, in modo che
 sia   assicurata   la  copertura  integrale  dei  costi  di
 investimento e di esercizio.
 4-bis.   A  decorrere  dall'esercizio  finanziario  che
 precede  i due anni dall'entrata in vigore della tariffa, i
 comuni   sono   tenuti   ad   approvare   e   a  presentare
 all'Osservatorio nazionale sui rifiuti il piano finanziario
 e la relazione di cui all'art. 8 del decreto del Presidente
 della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158.
 5.   Il  Ministro  dell'ambiente  di  concerto  con  il
 Ministro  dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
 sentita  la  Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo
 Stato,  le  regioni  e  le  province  autonome  di Trento e
 Bolzano  elabora  un  metodo  normalizzato  per definire le
 componenti   dei   costi   e   determinare  la  tariffa  di
 riferimento,   prevedendo   disposizioni   transitorie  per
 garantire  la graduale applicazione del metodo normalizzato
 e    della    tariffa   ed   il   graduale   raggiungimento
 dell'integrale copertura dei costi del servizio di gestione
 dei rifiuti urbani da parte dei comuni.
 6. La tariffa di riferimento e' articolata per fasce di
 utenza e territoriali.
 7. La tariffa di riferimento costituisce la base per la
 determinazione   della  tariffa  nonche'  per  orientare  e
 graduare  nel  tempo  gli  adeguamenti  tariffari derivanti
 dall'applicazione del presente decreto.
 8.  La  tariffa e' determinata dagli enti locali, anche
 in relazione al piano finanziario degli interventi relativi
 al servizio.
 9.  La  tariffa  e'  applicata dai soggetti gestori nel
 rispetto della convenzione e del relativo disciplinare.
 10.  Nella  modulazione  della  tariffa sono assicurate
 agevolazioni  per  le  utenze  domestiche e per la raccolta
 differenziata  delle frazioni umide e delle altre frazioni,
 ad  eccezione  della  raccolta differenziata dei rifiuti di
 imballaggio  che  resta  a  carico  dei  produttori e degli
 utilizzatori.  E'  altresi' assicurata la gradualita' degli
 adeguamenti   derivanti  dalla  applicazione  del  presente
 decreto.
 11.  Per  le successive determinazioni della tariffa si
 tiene   conto   degli   obiettivi  di  miglioramento  della
 produttivita'  e  della qualita' del servizio fornito e del
 tasso di inflazione programmato.
 12.  L'eventuale  modulazione della tariffa tiene conto
 degli  investimenti  effettuati  dai  comuni  che risultino
 utili ai fini dell'organizzazione del servizio.
 13. La tariffa e' riscossa dal soggetto che gestisce il
 servizio.
 14.  Sulla  tariffa  e'  applicato  un  coefficiente di
 riduzione   proporzionale   alle   quantita'   di   rifiuti
 assimilati  che  il  produttore dimostri di aver avviato al
 recupero  mediante attestazione rilasciata dal soggetto che
 effettua l'attivita' di recupero dei rifiuti stessi.
 15.  La riscossione volontaria e coattiva della tariffa
 puo'  essere  effettuata con l'obbligo del non riscosso per
 riscosso, tramite ruolo secondo le disposizioni del decreto
 del  Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602,
 e  del  decreto  del Presidente della Repubblica 28 gennaio
 1988, n. 43.
 16.  In  via  sperimentale i comuni possono attivare il
 sistema  tariffario anche prima del termine di cui al comma
 1.
 17.   E'   fatta   salva   l'applicazione  del  tributo
 ambientale  di  cui  all'art.  19  del  decreto legislativo
 30 dicembre 1992, n. 504.".
 -   Il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  29
 settembre 1973, n. 602, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
 16  ottobre  1973,  n.  268, S.O. n. 2, reca: "Disposizioni
 sulla riscossione delle imposte sul reddito".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 239 (principi e campo di applicazione)
 
 1. Il  presente  titolo  disciplina  gli  interventi di bonifica e ripristino  ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i  criteri  e  le  modalita'  per  lo  svolgimento  delle  operazioni necessarie  per  l'eliminazione  delle  sorgenti  dell'inquinamento e comunque   per   la   riduzione   delle  concentrazioni  di  sostanze inquinanti,  in  armonia  con  i  principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio "chi inquina paga".
 
 2. Ferma  restando  la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta  del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:
 
 a) all'abbandono  dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente  decreto. In  tal  caso  qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo   incontrollato,   si  accerti  il  superamento  dei  valori  di attenzione,  si  dovra' procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini  degli  eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;
 b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non disciplinato.
 
 3. Gli  interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate   da  inquinamento  diffuso  sono  disciplinati  dalle regioni  con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste  per  i  siti  oggetto  di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.
 |  |  |  | ART. 240 (definizioni)
 
 1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo, si definiscono:
 
 a) sito:   l'area   o  porzione  di  territorio,  geograficamente definita  e  determinata,  intesa  nelle  diverse  matrici ambientali (suolo,   sottosuolo   ed   acque  sotterranee) e  comprensiva  delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti;
 b) concentrazioni  soglia  di  contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione  delle  matrici ambientali che costituiscono valori al di  sopra  dei  quali  e'  necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5 alla  parte  quarta  del  presente  decreto. Nel  caso in cui il sito potenzialmente  contaminato  sia  ubicato  in  un'area interessata da fenomeni  antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di  una o piu' concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si  assumono  pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati;
 c) concentrazioni   soglia   di   rischio  (CSR):  i  livelli  di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con  l'applicazione  della  procedura  di  analisi  di  rischio  sito specifica  secondo  i  principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte quarta  del  presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione,  il cui superamento richiede la messa in sicurezza e   la   bonifica. I   livelli   di   concentrazione  cosi'  definiti costituiscono i livelli di accettabilita' per il sito;
 d) sito  potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o piu' valori  di  concentrazione  delle  sostanze inquinanti rilevati nelle matrici  ambientali  risultino  superiori ai valori di concentrazione soglia  di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di  caratterizzazione  e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito  specifica,  che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione  sulla  base  delle  concentrazioni  soglia di rischio (CSR);
 e) sito   contaminato:   un   sito   nel  quale  i  valori  delle concentrazioni    soglia    di   rischio   (CSR),   determinati   con l'applicazione   della   procedura  di  analisi  di  rischio  di  cui all'Allegato  1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;
 f) sito  non  contaminato:  un  sito  nel quale la contaminazione rilevata  nelle  matrice  ambientali  risulti  inferiore ai valori di concentrazione  soglia  di contaminazione (CSC) oppure, se superiore, risulti  comunque  inferiore  ai  valori  di concentrazione soglia di rischio (CSR) determinate a seguito dell'analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica;
 g) sito  con  attivita' in esercizio: un sito nel quale risultano in  esercizio  attivita'  produttive  sia industriali che commerciali nonche'   le   aree  pertinenziali  e  quelle  adibite  ad  attivita' accessorie  economiche,  ivi  comprese le attivita' di mantenimento e tutela   del  patrimonio  ai  fini  della  successiva  ripresa  delle attivita';
 h) sito  dismesso:  un  sito  in  cui  sono  cessate le attivita' produttive;
 i) misure  di  prevenzione:  le  iniziative  per  contrastare  un evento,  un  atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per  la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile  che  si  verifichi  un  danno sotto il profilo sanitario o ambientale  in  un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;
 l) misure  di  riparazione:  qualsiasi  azione  o combinazione di azioni,  tra  cui  misure  di  attenuazione  o  provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati,  oppure  a  fornire  un'alternativa  equivalente  a tali risorse o servizi;
 m) messa  in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o a breve  termine,  da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui  alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi  natura,  atto  a  contenere  la  diffusione delle sorgenti primarie  di  contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti  nel  sito  e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi   di   bonifica  o  di  messa  in  sicurezza  operativa  o permanente;
 n) messa  in  sicurezza  operativa:  l'insieme  degli  interventi eseguiti  in  un  sito con attivita' in esercizio atti a garantire un adeguato  livello  di  sicurezza  per le persone e per l'ambiente, in attesa  di  ulteriori  interventi  di messa in sicurezza permanente o bonifica   da   realizzarsi   alla   cessazione  dell'attivita'. Essi comprendono   altresi'   gli   interventi   di   contenimento   della contaminazione   da   mettere   in   atto  in  via  transitoria  fino all'esecuzione  della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al  fine  di  evitare  la diffusione della contaminazione all'interno della  stessa  matrice  o tra matrici differenti. In tali casi devono essere  predisposti  idonei  piani  di  monitoraggio  e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate;
 o) messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti a  isolare  in  modo  definitivo  le  fonti  inquinanti rispetto alle matrici  ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello  di  sicurezza  per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono   essere   previsti   piani  di  monitoraggio  e  controllo  e limitazioni   d'uso   rispetto   alle   previsioni   degli  strumenti urbanistici;
 p) bonifica:  l'insieme  degli  interventi  atti  ad eliminare le fonti  di  inquinamento  e  le  sostanze  inquinanti  o  a ridurre le concentrazioni  delle  stesse  presenti  nel  suolo, nel sottosuolo e nelle  acque  sotterranee  ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
 q) ripristino   e   ripristino   ambientale:  gli  interventi  di riqualificazione   ambientale   e  paesaggistica,  anche  costituenti complemento  degli  interventi  di  bonifica  o  messa  in  sicurezza permanente,  che  consentono  di  recuperare il sito alla effettiva e definitiva  fruibilita'  per  la  destinazione  d'uso  conforme  agli strumenti urbanistici;
 r) inquinamento  diffuso:  la  contaminazione  o  le  alterazioni chimiche,  fisiche  o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine;
 s) analisi  di  rischio  sanitario  e  ambientale sito specifica: analisi  sito  specifica  degli  effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione  prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici  ambientali  contaminate,  condotta  con  i  criteri indicati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto;
 t) condizioni  di  emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali e'  necessaria  l'esecuzione  di  interventi  di  emergenza, quali ad esempio:
 
 1) concentrazioni  attuali  o  potenziali  dei  vapori  in spazi confinati  prossime  ai  livelli  di  esplosivita' o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;
 2) presenza  di  quantita'  significative  di  prodotto  in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda;
 3) contaminazione  di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;
 4) pericolo di incendi ed esplosioni.
 |  |  |  | ART. 241 (regolamento aree agricole)
 
 1. Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale   e  di  messa  in  sicurezza,  d'emergenza,  operativa  e permanente,   delle   aree   destinate  alla  produzione  agricola  e all'allevamento  e' adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  di  concerto  con  i  Ministri  delle attivita'  produttive,  della  salute  e  delle  politiche agricole e forestali.
 |  |  |  | ART. 242 (procedure operative ed amministrative)
 
 1.  Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro  ventiquattro  ore le misure necessarie di prevenzione e ne da' immediata   comunicazione   ai  sensi  e  con  le  modalita'  di  cui all'articolo  304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di  individuazione  di  contaminazioni  storiche  che  possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.
 
 2. Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di  prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine  preliminare  sui  parametri oggetto dell'inquinamento e, ove   accerti   che   il   livello  delle  concentrazioni  soglia  di contaminazione  (CSC)  non sia stato superato, provvede al ripristino della    zona    contaminata,    dandone    notizia,   con   apposita autocertificazione,  al  comune  ed  alla  provincia  competenti  per territorio     entro    quarantotto    ore    dalla    comunicazione. L'autocertificazione  conclude  il procedimento di notifica di cui al presente  articolo,  ferme  restando  le  attivita'  di verifica e di controllo  da  parte  dell'autorita'  competente  da  effettuarsi nei successivi  quindici  giorni.  Nel caso in cui l'inquinamento non sia riconducibile  ad  un  singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attivita' ivi svolte nel tempo.
 
 3.  Qualora  l'indagine  preliminare  di  cui  al  comma 2 accerti l'avvenuto  superamento  delle  CSC  anche  per un solo parametro, il responsabile  dell'inquinamento ne da' immediata notizia al comune ed alle  province  competenti  per  territorio  con la descrizione delle misure  di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonche'   alla   regione  territorialmente  competente  il  piano  di caratterizzazione  con  i  requisiti di cui all'Allegato 2 alla parte quarta  del  presente  decreto.  Entro  i trenta giorni successivi la regione,  convocata  la  conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione    con    eventuali    prescrizioni    integrative. L'autorizzazione  regionale  costituisce  assenso  per tutte le opere connesse   alla   caratterizzazione,   sostituendosi  ad  ogni  altra autorizzazione,  concessione,  concerto,  intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione.
 
 4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito e' applicata  la  procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione  delle  concentrazioni  soglia  di  rischio  (CSR).  I criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono riportati  nell'Allegato  1  alla  parte quarta del presente decreto. Entro  sei  mesi dall'approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto  responsabile presenta alla regione i risultati dell'analisi di  rischio.  La  conferenza  di  servizi  convocata dalla regione, a seguito  dell'istruttoria  svolta  in contraddittorio con il soggetto responsabile,  cui  e'  dato  un  preavviso  di  almeno venti giorni, approva  il  documento  di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento e' inviato ai componenti della  conferenza  di  servizi  almeno  venti giorni prima della data fissata  per  la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera  di  adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto  alle  opinioni  d  issenzienti  espresse  nel  corso  della conferenza.
 
 5  Qualora  gli  esiti  della  procedura  dell'analisi  di rischio dimostrino  che  la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito e' inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi,  con  l'approvazione del documento dell'analisi del rischio, dichiara  concluso  positivamente  il  procedimento.  In  tal caso la conferenza di servizi puo' prescrivere lo svolgimento di un programma di  monitoraggio  sul  sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata  in  relazione  agli  esiti  dell'analisi  di  rischio  e all'attuale  destinazione  d'uso  del  sito.  A tal fine, il soggetto responsabile,  entro  sessanta giorni dall'approvazione di cui sopra, invia  alla  provincia  ed  alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati:
 
 a) i parametri da sottoporre a controllo;
 b) la frequenza e la durata del monitoraggio.
 
 6   La   regione,  sentita  la  provincia,  approva  il  piano  di monitoraggio  entro  trenta  giorni  dal  ricevimento  dello  stesso. L'anzidetto  termine  puo'  essere  sospeso  una  sola volta, qualora l'autorita'  competente ravvisi la necessita' di richiedere, mediante atto    adeguatamente    motivato,    integrazioni    documentali   o approfondimenti  del  progetto,  assegnando  un  congruo  termine per l'adempimento.  In  questo caso il termine per l'approvazione decorre dalla  ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio  il  soggetto  responsabile  ne  da'  comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli  esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attivita' di monitoraggio   rilevino   il   superamento   di   uno  o  piu'  delle concentrazioni  soglia  di  rischio,  il soggetto responsabile dovra' avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7.
 
 7.  Qualora  gli  esiti  della  procedura  dell'analisi di rischio dimostrino  che  la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito e'  superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione  del  documento  di analisi di rischio, il progetto operativo  degli  interventi  di  bonifica  o  di messa in sicurezza, operativa  o  permanente,  e,  ove necessario, le ulteriori misure di riparazione  e  di  ripristino  ambientale,  al fine di minimizzare e ricondurre  ad  accettabilita'  il  rischio  derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. La regione, acquisito il parere del comune  e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi  e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali  prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine puo' essere sospeso una sola volta, qualora la  regione  ravvisi  la  necessita'  di  richiedere,  mediante  atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto,  assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questa ipotesi  il  termine  per  l'approvazione  del progetto decorre dalla presentazione   del   progetto   integrato.   Ai   soli   fini  della realizzazione  e  dell'esercizio  degli impianti e delle attrezzature necessarie  all'attuazione  del  progetto  operativo  e  per il tempo strettamente  necessario  all'attuazione  medesima,  l'autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni,  le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i  pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in   particolare,   quelli   relativi  alla  valutazione  di  impatto ambientale,  ove  necessaria,  alla  gestione  delle terre e rocce da scavo  all'interno  dell'area oggetto dell'intervento ed allo scarico delle   acque   emunte  dalle  falde.  L'autorizzazione  costituisce, altresi',  variante  urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilita',  di  urgenza  ed  indifferibilita'  dei  lavori.  Con il pr ovvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di   esecuzione,   indicando   altresi'   le  eventuali  prescrizioni necessarie  per l'esecuzione dei lavori ed e' fissata l'entita' delle garanzie  finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del  costo  stimato  dell'intervento,  che  devono essere prestate in favore  della  regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi.
 
 8.  I  criteri per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica  e  ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente,  nonche'  per l'individuazione delle migliori tecniche di intervento  a  costi  sostenibili  (B.A.T.N.E.E.C.  -  Best Available Technology  Not  Entailing  Excessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie  sono  riportati  nell'Allegato  3  alla parte quarta del presente decreto.
 
 9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati con   attivita'  in  esercizio,  garantisce  una  adeguata  sicurezza sanitaria  ed  ambientale  ed impedisce un'ulteriore propagazione dei contaminanti.  I  progetti  di  messa  in  sicurezza  operativa  sono accompagnati  da  accurati piani di monitoraggio dell'efficacia delle misure   adottate   ed   indicano   se   all'atto   della  cessazione dell'attivita'  si rendera' necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente.
 
 10.  Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attivita' in esercizio, la regione, fatto  salvo l'obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente,  in  sede  di approvazione del progetto assicura che i suddetti  interventi  siano  articolati  in  modo  tale  da risultare compatibili con la prosecuzione della attivita'.
 
 11.  Nel  caso  di  eventi  avvenuti  anteriormente all'entrata in vigore  della  parte  quarta  del presente decreto che si manifestino successivamente  a  tale  data  in  assenza  di rischio immediato per l'ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla  regione,  alla  provincia e al comune competenti l'esistenza di una    potenziale    contaminazione    unitamente    al    piano   di caratterizzazione  del  sito,  al  fine  di  determinarne l'entita' e l'estensione  con  riferimento  ai  parametri  indicati  nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti.
 
 12.  Le  indagini  ed  attivita'  istruttorie  sono  svolte  dalla provincia,  che  si  avvale  della  competenza  tecnica  dell'Agenzia regionale  per la protezione dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.
 
 13.  La  procedura  di  approvazione della caratterizzazione e del progetto  di  bonifica  si  svolge in Conferenza di servizi convocata dalla  regione  e  costituita  dalle  amministrazioni  ordinariamente competenti  a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la  realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto. La  relativa documentazione e' inviata ai componenti della conferenza di  servizi  almeno  venti  giorni  prima  della  data fissata per la discussione  e,  in  caso  di decisione a maggioranza, la delibera di adozione  deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle  opinioni  dissenzienti  espresse  nel  corso  della conferenza. Compete  alla  provincia  rilasciare  la  certificazione  di avvenuta bonifica.  Qualora  la  provincia  non  provveda  a  rilasciare  tale certificazione  entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione.
 |  |  |  | Art. 243 Acque di falda
 
 1.  Le  acque  di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli  interventi  di  bonifica di un sito, possono essere scaricate, direttamente  o  dopo  essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio  nel  sito  stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque  reflue  industriali  in  acque superficiali di cui al presente decreto.
 2.  In  deroga  a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli  fini della bonifica dell'acquifero, e' ammessa la reimmissione, previo  trattamento,  delle  acque  sotterranee  nella  stessa unita' geologica  da  cui  le  stesse  sono  state  estratte,  indicando  la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalita' di reimmissione e le misure di messa in sicurezza  della  porzione  di  acquifero  interessato dal sistema di estrazione/reimmissione.  Le  acque  reimmesse  devono  essere  state sottoposte ad un trattamento finalizzato alla bonifica dell'acquifero e  non  devono  contenere  altre  acque  di  scarico o altre sostanze pericolose  diverse,  per  qualita'  e  quantita', da quelle presenti nelle acque prelevate.
 |  |  |  | ART. 244 (ordinanze)
 
 1. Le  pubbliche  amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni  individuano  siti  nei  quali  accertino  che  i livelli di contaminazione  sono  superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.
 
 2. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver   svolto   le   opportune  indagini  volte  ad  identificare  il responsabile  dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con    ordinanza    motivata   il   responsabile   della   potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
 
 3. L'ordinanza  di  cui al comma 2 e' comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.
 
 4. Se  il  responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito ne' altro soggetto interessato, gli interventi  che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui  al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformita' a quanto disposto dall'articolo 250.
 |  |  |  | ART. 245 (obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti
 non responsabili della potenziale contaminazione)
 
 1. Le  procedure  per  gli  interventi  di  messa in sicurezza, di bonifica  e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono  essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili.
 
 2. Fatti  salvi  gli  obblighi  del  responsabile della potenziale contaminazione  di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area  che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del   superamento   delle  concentrazione  soglia  di  contaminazione (CSC) deve  darne  comunicazione  alla  regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per  l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. E' comunque riconosciuta al proprietario o  ad  altro  soggetto  interessato  la  facolta'  di  intervenire in qualunque   momento   volontariamente   per  la  realizzazione  degli interventi di bonifica necessari nell'ambito del sito in proprieta' o disponibilita'.
 
 3. Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e 2  entro  sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del  presente decreto, ovvero abbiano gia' provveduto in tal senso in precedenza, la decorrenza dell'obbligo di bonifica di siti per eventi anteriori  all'entrata  in  vigore  della  parte  quarta del presente decreto  verra' definita dalla regione territorialmente competente in base  alla  pericolosita' del sito, determinata in generale dal piano regionale  delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva in ogni caso la facolta' degli interessati di procedere agli interventi prima del suddetto termine.
 |  |  |  | ART. 246 (accordi di programma)
 
 1. I  soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed  i  soggetti  altrimenti  interessati  hanno  diritto  di definire modalita'  e  tempi  di esecuzione degli interventi mediante appositi accordi  di programma stipulati, entro sei mesi dall'approvazione del documento  di  analisi  di  rischio  di  cui all'articolo 242, con le amministrazioni  competenti  ai  sensi  delle  disposizioni di cui al presente titolo.
 
 2. Nel  caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a  provvedere alla contestuale bonifica di una pluralita' di siti che interessano  il territorio di piu' regioni, i tempi e le modalita' di intervento  possono essere definiti con appositi accordi di programma stipulati,  entro  dodici  mesi  dall'approvazione  del  documento di analisi   di   rischio  di  cui  all'articolo  242,  con  le  regioni interessate.
 
 3. Nel  caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a  provvedere  alla  contestuale  bonifica  di una pluralita' di siti dislocati  su  tutto il territorio nazionale o vi siano piu' soggetti interessati alla bonifica di un medesimo sito di interesse nazionale, i  tempi  e  le  modalita'  di intervento possono essere definiti con accordo   di   programma   da   stipularsi,   entro   diciotto   mesi dall'approvazione   del  documento  di  analisi  di  rischio  di  cui all'articolo  242,  con  il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  di concerto con i Ministri della salute e delle attivita' produttive, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
 |  |  |  | ART. 247 (siti soggetti a sequestro)
 
 1. Nel  caso  in  cui  il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorita' giudiziaria che lo ha disposto puo' autorizzare l'accesso al  sito  per  l'esecuzione  degli  interventi di messa in sicurezza, bonifica  e  ripristino  ambientale  delle  aree,  anche  al  fine di impedire  l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.
 |  |  |  | ART. 248 (controlli)
 
 1. La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito   e   al   progetto   operativo,  comprensiva  delle  misure  di riparazione, dei monitoraggi da effettuare, delle limitazioni d'uso e delle  prescrizioni eventualmente dettate ai sensi dell'articolo 242, comma  4,  e' trasmessa alla provincia e all'Agenzia regionale per la protezione  dell'ambiente  competenti  ai fini dell'effettuazione dei controlli sulla conformita' degli interventi ai progetti approvati.
 
 2. Il  completamento  degli  interventi  di  bonifica, di messa in sicurezza  permanente  e  di messa in sicurezza operativa, nonche' la conformita'  degli  stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia   mediante   apposita  certificazione  sulla  base  di  una relazione   tecnica   predisposta   dall'Agenzia   regionale  per  la protezione dell'ambiente territorialmente competente.
 
 3. La  certificazione  di cui al comma 2 costituisce titolo per lo svincolo delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 242, comma 7.
 |  |  |  | ART. 249 (aree contaminate di ridotte dimensioni)
 
 1. Per  le  aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le procedure  semplificate  di intervento riportate nell'Allegato 4 alla parte quarta del presente decreto.
 |  |  |  | ART. 250 (bonifica da parte dell'amministrazione)
 
 1. Qualora   i  soggetti  responsabili  della  contaminazione  non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero  non  siano individuabili e non provvedano ne' il proprietario del   sito  ne'  altri  soggetti  interessati,  le  procedure  e  gli interventi  di  cui  all'articolo  242  sono realizzati d'ufficio dal comune  territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione,  secondo  l'ordine  di priorita' fissati dal piano regionale per  la  bonifica  delle  aree  inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti  pubblici  o  privati,  individuati  ad  esito  di  apposite procedure  ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti  interventi  le  regioni  possono  istituire  appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilita' di bilancio.
 |  |  |  | ART. 251 (censimento ed anagrafe dei siti da bonificare)
 
 1. Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'Agenzia per la protezione   dell'ambiente   e   per   i   servizi   tecnici  (APAT), predispongono   l'anagrafe   dei  siti  oggetto  di  procedimento  di bonifica, la quale deve contenere:
 
 a) l'elenco  dei  siti  sottoposti  ad  intervento  di bonifica e ripristino  ambientale  nonche'  degli interventi realizzati nei siti medesimi;
 b) l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;
 c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di  inadempienza  dei  soggetti  obbligati,  ai  fini dell'esecuzione d'ufficio,   fermo  restando  l'affidamento  delle  opere  necessarie mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell'articolo 242.
 
 2. Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato  il  superamento  delle  concentrazioni  di  rischio,  tale situazione   viene   riportata   dal   certificato   di  destinazione urbanistica,  nonche'  dalla  cartografia  e  dalle norme tecniche di attuazione  dello  strumento  urbanistico generale del comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.
 
 3. Per  garantire  l'efficacia  della raccolta e del trasferimento dei   dati   e   delle  informazioni,  l'Agenzia  per  la  protezione dell'ambiente   e   per   i   servizi  tecnici  (APAT) definisce,  in collaborazione   con  le  regioni  e  le  agenzie  regionali  per  la protezione  dell'ambiente,  i  contenuti  e  la  struttura  dei  dati essenziali   dell'anagrafe,   nonche'   le   modalita'   della   loro trasposizione  in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA).
 |  |  |  | ART. 252 (siti di interesse nazionale)
 
 1.  I  siti  di  interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili  in  relazione  alle  caratteristiche  del  sito,  alle quantita'  e  pericolosita'  degli  inquinanti  presenti,  al rilievo dell'impatto   sull'ambiente   circostante   in  termini  di  rischio sanitario  ed  ecologico, nonche' di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.
 
 2.  All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa  con  le  regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
 
 a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale;
 b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
 c)  il  rischio  sanitario  ed ambientale che deriva dal rilevato superamento  delle  concentrazioni  soglia  di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densita' della popolazione o dell'estensione dell'area interessata;
 d)  l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante;
 e)  la  contaminazione  deve  costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale;
 f)  gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di piu' regioni.
 
 3. Ai fini della perimetrazione del sito sono sentiti i comuni, le province,  le  regioni  e  gli  altri  enti  locali,  assicurando  la partecipazione dei responsabili nonche' dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti responsabili.
 
 4.  La  procedura  di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse  nazionale  e'  attribuita  alla  competenza  del Ministero dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio, sentito il Ministero delle attivita' produttive. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio  puo'  avvalersi anche dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), delle Agenzie regionali per   la   protezione   dell'ambiente  delle  regioni  interessate  e dell'Istituto   superiore   di  sanita'  nonche'  di  altri  soggetti qualificati pubblici o privati.
 
 5.  Nel  caso  in  cui  il  responsabile  non  provveda  o non sia individuabile   oppure   non   provveda   il  proprietario  del  sito contaminato  ne'  altro  soggetto  interessato,  gli  interventi sono predisposti   dal   Ministero   dell'ambiente   e  della  tutela  del territorio,  avvalendosi dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e  per i servizi tecnici (APAT), dell'Istituto superiore di sanita' e dell'E.N.E.A.  nonche'  di  altri  soggetti  qualificati  pubblici  o privati.
 
 6.   L'autorizzazione  del  progetto  e  dei  relativi  interventi sostituisce  a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti,  le  intese,  i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla   legislazione  vigente,  ivi  compresi,  tra  l'altro,  quelli relativi  alla  realizzazione  e all'esercizio degli impianti e delle attrezzature   necessarie   alla  loro  attuazione.  L'autorizzazione costituisce,  altresi', variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilita', urgenza ed indifferibilita' dei lavori.
 
 7.  Se  il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura  di  valutazione  di impatto ambientale, l'approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale valutazione.
 
 8.   In   attesa   del   perfezionamento   del   provvedimento  di autorizzazione  di  cui ai commi precedenti, completata l'istruttoria tecnica, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio puo' autorizzare  in  via  provvisoria, su richiesta dell'interessato, ove ricorrano   motivi  d'urgenza  e  fatta  salva  l'acquisizione  della pronuncia  positiva  del  giudizio  di compatibilita' ambientale, ove prevista,  l'avvio  dei  lavori  per  la  realizzazione  dei relativi interventi  di  bonifica, secondo il progetto valutato positivamente, con eventuali prescrizioni, dalla conferenza di servizi convocata dal Ministro    dell'ambiente    e    della    tutela   del   territorio. L'autorizzazione  provvisoria produce gli effetti di cui all'articolo 242, comma 7.
 
 9.  E'  qualificato  sito  di  interesse  nazionale ai sensi della normativa   vigente   l'area  interessata  dalla  bonifica  della  ex discarica  delle  Strillaie  (Grosseto).  Con  successivo decreto del Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio si provvedera' alla perimetrazione della predetta area.
 
 
 
 Nota all'art. 252:
 - Il  decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42,
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 26 febbraio 2004, n.
 47,  reca:  "Codice  dei beni culturali e del paesaggio, ai
 sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 252-bis (10) ((Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione Industriale
 1.  Con  uno o piu' decreti del Ministro per lo sviluppo economico, di  concerto  con  il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio  e  del  mare e previa intesa con la Conferenza permanente per  i  rapporti  tra  lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento  e  Bolzano,  sono individuati i siti di interesse pubblico ai fini  dell'attuazione  di  programmi  ed  interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti  al  30  aprile  2006,  anche  non compresi nel Programma Nazionale  di  bonifica  di  cui al decreto ministeriale 18 settembre 2001,  n.  468  e  successive  modifiche  ed integrazioni, nonche' il termine,  compreso  fra  novanta  e  trecentosessanta  giorni, per la conclusione  delle  conferenze  di servizi di cui al comma 5. In tali siti  sono  attuati progetti di riparazione dei terreni e delle acque contaminate  assieme  ad  interventi  mirati  allo sviluppo economico produttivo.  Nei siti con aree demaniali e acque di falda contaminate tali   progetti  sono  elaborati  ed  approvati,  entro  dodici  mesi dall'adozione  del  decreto  di  cui  al presente comma, con appositi accordi di programma stipulati tra i soggetti interessati, i Ministri per   lo   sviluppo  economico,  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio  e  del  mare e della salute e il Presidente della Regione territorialmente  competente, sentiti il Presidente della Provincia e il  Sindaco del Comune territorialmente competenti. Gli interventi di riparazione  sono  approvati  in deroga alle procedure di bonifica di cui alla parte IV del titolo V del presente decreto.
 2.  Gli  oneri  connessi  alla  messa  in sicurezza e alla bonifica nonche'   quelli  conseguenti  all'accertamento  di  ulteriori  danni ambientali   sono   a   carico   del   soggetto   responsabile  della contaminazione,  qualora  sia  individuato, esistente e solvibile. Il proprietario  del  sito  contaminato  e' obbligato in via sussidiaria previa escussione del soggetto responsabile dell'inquinamento.
 3.  Gli  accordi  di  programma  assicurano  il coordinamento delle azioni  per  determinarne  i tempi, le modalita', il finanziamento ed ogni  altro  connesso  e funzio-nale adempimento per l'attuazione dei programmi di cui al comma 1 e disciplinano in particolare:
 a) gli obiettivi di reindustrializzazione e di sviluppo economico produttivo  e  il  piano  economico finanziario degli investimenti da parte  di  ciascuno  dei  proprietari  delle  aree  comprese nel sito contaminato al fine di conseguire detti obiettivi;
 b)  il  coordinamento  delle  risultanze  delle caratterizzazioni eseguite e di quelle che si intendono svolgere;
 c)  gli  obiettivi  degli interventi di bonifica e riparazione, i relativi   obblighi  dei  responsabili  della  contaminazione  e  del proprietario  del sito, l'eventuale costituzione di consorzi pubblici o a partecipazione mista per l'attuazione di tali obblighi nonche' le iniziative  e le azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano ad assumere ed a finanziare;
 d)  la  quantificazione  degli  effetti  temporanei in termini di perdita di risorse e servizi causati dall'inquinamento delle acque;
 e) le azioni idonee a compensare le perdite temporanee di risorse e  servizi, sulla base dell'Allegato II della direttiva 2004/35/CE; a tal   fine   sono   preferite   le   misure  di  miglioramento  della sostenibilita'  ambientale degli impianti esistenti, sotto il profilo del   miglioramento  tecnologico  produttivo  e  dell'implementazione dell'efficacia  dei  sistemi  di  depurazione  e  abbattimento  delle emissioni.
 f)  la  prestazione  di  idonee garanzie finanziarie da parte dei privati per assicurare l'adempimento degli impegni assunti;
 g)  l'eventuale  finanziamento  di  attivita'  di  ricerca  e  di sperimentazione  di tecniche e metodologie finalizzate al trattamento delle   matrici   ambientali  contaminate  e  all'abbattimento  delle concentrazioni di contaminazione, nonche' ai sistemi di misurazione e analisi  delle sostanze contaminanti e di monitoraggio della qualita' ecologica del sito;
 h) le modalita' di monitoraggio per il controllo dell'adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.
 4.  La stipula dell'accordo di programma costituisce riconoscimento dell'interesse  pubblico  generale alla realizzazione degli impianti, delle  opere  e  di  ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e produttivo.
 5.  I provvedimenti relativi agli interventi di cui al comma 3 sono approvati  ai  sensi del comma 6 previo svolgimento di due conferenze di   servizi,  aventi  ad  oggetto  rispettivamente  l'intervento  di bonifica  e  l'intervento  di reindustrializzazione. La conferenza di servizi  relativa all'intervento di bonifica e' indetta dal Ministero dell'ambiente   e  della  tutela  del  territorio  e  del  mare,  che costituisce  l'amministrazione  procedente.  La conferenza di servizi relativa  all'intervento  di  reindustrializzazione  e'  indetta  dal Ministero dello sviluppo economico, che costituisce l'amministrazione procedente.  Le  due  conferenze  di  servizi  sono  indette ai sensi dell'articolo  14  e  seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e ad esse  partecipano  i  soggetti  pubblici  coinvolti  nell'accordo  di programma  di cui al comma 1 e i soggetti privati proponenti le opere e  gli  interventi  nei  siti  di  cui al medesimo comma 1. L'assenso espresso  dai  rappresentanti  degli  enti  locali,  sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi competenti, sostituisce ogni atto  di  pertinenza degli enti medesimi. Alle conferenze dei servizi sono  ammessi gli enti, le associazioni e le organizzazioni sindacali interessati alla realizzazione del programma.
 6. Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione di  impatto  ambientale  e  di  autorizzazione  ambientale integrata, all'esito  delle  due conferenze di servizi, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello  sviluppo  economico,  d'intesa  con la regione interessata, si autorizzano  la bonifica e la eventuale messa in sicurezza nonche' la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere annesse.
 7.  In  considerazione  delle  finalita'  di  tutela  e  ripristino ambientale  perseguite  dal  presente articolo, l'attuazione da parte dei   privati  degli  impegni  assunti  con  l'accordo  di  programma costituisce  anche  attuazione  degli  obblighi di cui alla direttiva 2004/35/CE  e  delle  relative disposizioni di attuazione di cui alla parte VI del presente decreto.
 8. Gli obiettivi di bonifica dei suoli e delle acque sono stabiliti dalla  Tabella  I  dell'Allegato  5 al titolo V del presente decreto. Qualora  il progetto preliminare dimostri che tali limiti non possono essere  raggiunti nonostante l'applicazione, secondo i principi della normativa  comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili,   la   Conferenza  di  Servizi  indetta  dal  Ministero dell'Ambiente   e  della  Tutela  del  Territorio  e  del  Mare  puo' autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di  sicurezza  che  garantiscano,  comunque,  la  tutela ambientale e sanitaria  anche  se  i valori di concentrazione residui previsti nel sito   risultano   superiori  a  quelli  stabiliti  dalla  Tabella  I dell'Allegato  5  al  titolo  V  del presente decreto. Tali valori di concentrazione residui sono determinati in base ad una metodologia di analisi di rischio riconosciuta a livello internazionale.
 9.  In  caso  di mancata partecipazione all'accordo di programma di cui  al  comma 1 di uno o piu' responsabili della contaminazione, gli interventi    sono   progettati   ed   effettuati   d'ufficio   dalle amministrazioni  che  hanno  diritto  di  rivalsa  nei  confronti dei soggetti  che hanno determinato l'inquinamento, ciascuno per la parte di  competenza.  La presente disposizione si applica anche qualora il responsabile della contaminazione non adempia a tutte le obbligazioni assunte in base all'accordo di programma.
 10.  Restano ferme la titolarita' del procedimento di bonifica e le altre  competenze  attribuite alle Regioni per i siti contaminati che non  rientrano  fra quelli di interesse nazionale di cui all'articolo 252.))
 |  |  |  | ART. 253 (oneri reali e privilegi speciali)
 
 1. Gli  interventi  di  cui al presente titolo costituiscono onere reale    sui    siti   contaminati   qualora   effettuati   d'ufficio dall'autorita'  competente  ai sensi dell'articolo 250. L'onere reale viene  iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica.
 
 2. Le  spese  sostenute  per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite  da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto  privilegio si puo' esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.
 
 3. Il  privilegio  e  la  ripetizione  delle  spese possono essere esercitati,  nei  confronti  del  proprietario  del  sito incolpevole dell'inquinamento  o  del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorita' competente che giustifichi, tra l'altro,  l'impossibilita'  di  accertare  l'identita'  del  soggetto responsabile  ovvero  che  giustifichi l'impossibilita' di esercitare azioni  di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosita'.
 
 4. In    ogni    caso,    il    proprietario    non   responsabile dell'inquinamento  puo'  essere  tenuto  a  rimborsare, sulla base di provvedimento  motivato  e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla  legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorita'  competente  soltanto nei limiti del valore di mercato del  sito  determinato  a  seguito  dell'esecuzione  degli interventi medesimi. Nel   caso   in   cui   il  proprietario  non  responsabile dell'inquinamento  abbia  spontaneamente provveduto alla bonifica del sito   inquinato,   ha   diritto   di  rivalersi  nei  confronti  del responsabile   dell'inquinamento   per   le  spese  sostenute  e  per l'eventuale maggior danno subito.
 
 5. Gli  interventi  di  bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti,   sulla  base  di  apposita  disposizione  legislativa  di finanziamento,  da  contributi  pubblici  entro il limite massimo del cinquanta   per   cento   delle  relative  spese  qualora  sussistano preminenti   interessi   pubblici  connessi  ad  esigenze  di  tutela igienico-sanitaria   e   ambientale   o   occupazionali. Ai  predetti contributi  pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
 
 
 
 Note all'art. 253:
 - Si  riporta  l'art.  2748,  secondo comma, del codice
 civile: «I creditori che hanno privilegio sui beni immobili
 sono  preferiti  ai  creditori  ipotecari  se  la legge non
 dispone diversamente».
 - La  legge  7  agosto  1990,  n. 241, pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  18  agosto  1990, n. 192, reca: «Nuove
 norme  in  materia  di  procedimento  amministrativo  e  di
 diritto di accesso ai documenti amministrativi».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 254 (norme speciali)
 
 1. Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.
 |  |  |  | ART. 255 (abbandono di rifiuti)
 
 1. Fatto   salvo  quanto  disposto  dall'articolo  256,  comma  2, chiunque,  in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi  1  e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti  ovvero  li immette nelle acque superficiali o sotterranee e' punito  con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinque euro a  seicentoventi  euro. Se  l'abbandono di rifiuti sul suolo riguarda rifiuti  non  pericolosi  e  non  ingombranti  si applica la sanzione amministrativa  pecuniaria da venticinque euro a centocinquantacinque euro.
 
 2. Il  titolare  del  centro  di  raccolta, il concessionario o il titolare  della  succursale  della  casa  costruttrice  che  viola le disposizioni  di  cui  all'articolo  231,  comma  5, e' punito con la sanzione  amministrativa  pecuniaria  da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.
 
 3. Chiunque  non  ottempera  all'ordinanza  del  Sindaco,  di  cui all'articolo   192,  comma  3,  o  non  adempie  all'obbligo  di  cui all'articolo 187, comma 3, e' punito con la pena dell'arresto fino ad un  anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo  444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione  condizionale  della  pena  puo'  essere subordinato alla esecuzione  di  quanto  disposto  nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.
 |  |  |  | ART. 256 (attivita' di gestione di rifiuti non autorizzata)
 
 1. Chiunque   effettua   una  attivita'  di  raccolta,  trasporto, recupero,  smaltimento,  commercio  ed  intermediazione di rifiuti in mancanza  della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di  cui  agli  articoli  208,  209,  210, 211, 212, 214, 215 e 216 e' punito:
 
 a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da  duemilaseicento  euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
 b) con  la  pena  dell'arresto  da  sei  mesi  a  due  anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
 
 2. Le  pene  di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed  ai  responsabili  di  enti  che  abbandonano o depositano in modo incontrollato  i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o  sotterranee  in  violazione  del  divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.
 
 3. Chiunque  realizza  o gestisce una discarica non autorizzata e' punito  con  la  pena  dell'arresto  da  sei  mesi  a  due anni e con l'ammenda  da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena   dell'arresto  da  uno  a  tre  anni  e  dell'ammenda  da  euro cinquemiladuecento   a  euro  cinquantaduemila  se  la  discarica  e' destinata,    anche   in   parte,   allo   smaltimento   di   rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo  444  del  codice  di  procedura  penale,  consegue  la confisca  dell'area sulla quale e' realizzata la discarica abusiva se di  proprieta'  dell'autore  o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.
 
 4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della meta' nelle ipotesi  di  inosservanza  delle  prescrizioni contenute o richiamate nelle  autorizzazioni, nonche' nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.
 
 5. Chiunque,  in  violazione  del divieto di cui all'articolo 187, effettua  attivita'  non  consentite  di  miscelazione di rifiuti, e' punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).
 
 6. Chiunque  effettua  il  deposito  temporaneo presso il luogo di produzione  di  rifiuti  sanitari  pericolosi,  con  violazione delle disposizioni  di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), e' punito con  la  pena  dell'arresto  da  tre  mesi  ad  un anno o con la pena dell'ammenda  da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  duemilaseicento  euro a quindicimilacinquecento  euro  per  i  quantitativi  non  superiori a duecento litri o quantita' equivalenti.
 
 7. Chiunque  viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, e' punito con la sanzione amministrativa     pecuniaria     da    duecentosessanta    euro    a millecinquecentocinquanta euro.
 
 8. I  soggetti  di  cui  agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono  agli  obblighi  di partecipazione ivi previsti sono puniti con  una  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  ottomila  euro  a quarantacinquemila   euro,   fatto   comunque   salvo   l'obbligo  di corrispondere  i  contributi pregressi. Sino all'adozione del decreto di  cui  all'articolo  234,  comma  2, le sanzioni di cui al presente comma  non  sono  applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234.
 9  Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della meta' nel caso di  adesione  effettuata  entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del  termine  per  adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.
 
 
 
 Nota all'art. 256:
 - Si  riporta  il  testo  dell'art.  444  del codice di
 procedura penale.
 «Art.  444  (Applicazione  della  pena su richiesta). -
 1. L'imputato  e  il pubblico ministero possono chiedere al
 giudice   l'applicazione,   nella  specie  e  nella  misura
 indicata,  di  una  sanzione  sostitutiva  o  di  una  pena
 pecuniaria,  diminuita  fino a un terzo, ovvero di una pena
 detentiva  quando  questa, tenuto conto delle circostanze e
 diminuita  fino  a  un terzo, non supera cinque anni soli o
 congiunti a pena pecuniaria.
 1-bis.  Sono  esclusi  dall'applicazione  del comma 1 i
 procedimenti  per i delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis
 e  3-quater,  nonche'  quelli contro coloro che siano stati
 dichiarati   delinquenti   abituali,  professionali  e  per
 tendenza,  o  recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma,
 del  codice  penale, qualora la pena superi due anni soli o
 congiunti a pena pecuniaria.
 2.  Se  vi  e' il consenso anche della parte che non ha
 formulato  la  richiesta  e  non  deve  essere  pronunciata
 sentenza  di  proscioglimento  a  norma  dell'art.  129, il
 giudice,  sulla  base  degli  atti,  se ritiene corrette la
 qualificazione  giuridica  del  fatto,  l'applicazione e la
 comparazione  delle  circostanze  prospettate  dalle parti,
 nonche'  congrua  la pena indicata, ne dispone con sentenza
 l'applicazione  enunciando  nel dispositivo che vi e' stata
 la  richiesta  delle  parti. Se vi e' costituzione di parte
 civile,  il  giudice  non  decide  sulla  relativa domanda;
 l'imputato  e' tuttavia condannato al pagamento delle spese
 sostenute  dalla  parte  civile, salvo che ricorrano giusti
 motivi  per  la  compensazione  totale  o  parziale. Non si
 applica la disposizione dell'art. 75, comma 3.
 3.   La   parte,   nel  formulare  la  richiesta,  puo'
 subordinarne    l'efficacia,    alla    concessione   della
 sospensione  condizionale  della  pena.  In  questo caso il
 giudice,  se  ritiene  che  la sospensione condizionale non
 puo' essere concessa, rigetta la richiesta.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 257 (bonifica dei siti)
 
 1. Chiunque  cagiona  l'inquinamento  del  suolo,  del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle  concentrazioni  soglia  di  rischio  e'  punito  con  la  pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro   a   ventiseimila  euro,  se  non  provvede  alla  bonifica  in conformita'   al   progetto   approvato   dall'autorita'   competente nell'ambito  del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore e' punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da mille euro a ventiseimila euro.
 
 2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda  da  cinquemiladuecento  euro a cinquantaduemila euro se l'inquinamento e' provocato da sostanze pericolose.
 
 3. Nella  sentenza  di  condanna  per la contravvenzione di cui ai commi  1  e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice   di   procedura   penale,   il  beneficio  della  sospensione condizionale della pena puo' essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.
 
 4. L'osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e  seguenti  costituisce  condizione  di  non punibilita' per i reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1.
 |  |  |  | ART. 258 (violazione degli obblighi di comunicazione,
 di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari)
 
 1. I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, che non effettuino la   comunicazione  ivi  prescritta  ovvero  la  effettuino  in  modo incompleto  o  inesatto  sono  puniti  con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la  comunicazione  e'  effettuata  entro il sessantesimo giorno dalla scadenza  del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n.  70,  si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.
 
 2.  Chiunque  omette  di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro  di  carico  e  scarico di cui all'articolo 190, comma 1, e' punito  con  la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro  a  quindicimilacinquecento  euro.  Se il registro e' relativo a rifiuti  pericolosi  si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da  quindicimilacinquecento  euro  a  novantatremila euro, nonche' la sanzione  amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dalla carica di amministratore.
 
 3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unita' lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 2    sono   ridotte   rispettivamente   da   millequaranta   euro   a seimiladuecento   euro   per   i   rifiuti   non   pericolosi   e  da duemilasettanta  euro  a  dodicimilaquattrocento  euro  per i rifiuti pericolosi.   Il   numero  di  unita'  lavorative  e'  calcolato  con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante  un  anno,  mentre  i  lavoratori  a  tempo parziale e quelli stagionali  rappresentano  frazioni  di  unita'  lavorative annue; ai predetti   fini  l'anno  da  prendere  in  considerazione  e'  quello dell'ultimo  esercizio  contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione.
 
 4.  Chiunque  effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di  cui  all'articolo  193  ovvero  indica nel formulario stesso dati incompleti  o  inesatti  e'  punito  con  la  sanzione amministrativa pecuniaria  da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la  pena  di  cui  all'articolo  483  del  codice  penale nel caso di trasporto  di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi,  nella  predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce  false  indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche  chimico-fisiche  dei  rifiuti  e  a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.
 
 5.  Se  le  indicazioni  di  cui  ai  commi 1 e 2 sono formalmente incomplete  o  inesatte  ma  i  dati riportati nella comunicazione al catasto,   nei  registri  di  carico  e  scarico,  nei  formulari  di identificazione  dei  rifiuti  trasportati  e  nelle  altre scritture contabili  tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute,   si   applica   la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da duecentosessanta  euro  a  millecinquecentocinquanta  euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 43 sono formalmente incomplete   o   inesatte   ma  contengono  tutti  gli  elementi  per ricostruire  le  informazioni  dovute  per legge, nonche' nei casi di mancato  invio  alle  autorita' competenti e di mancata conservazione dei  registri  di  cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193.
 
 
 
 Nota all'art. 258:
 - Si riporta il testo dell'art. 483 del codice penale.
 "Art.  483 (Falsita' ideologica commessa dal privato in
 atto  pubblico).  - Chiunque attesta falsamente al pubblico
 ufficiale  in  un  atto pubblico, fatti dei quali l'atto e'
 destinato  a provare la verita, e' punito con la reclusione
 fino a due anni.
 Se  si tratta di false attestazioni in atti dello stato
 civile  la  reclusione  non  puo'  essere  inferiore  a tre
 mesi.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 259 (traffico illecito di rifiuti)
 
 1. Chiunque   effettua   una  spedizione  di  rifiuti  costituente traffico  illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio  1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato  II  del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso e' punito con   la   pena  dell'ammenda  da  millecinquecentocinquanta  euro  a ventiseimila  euro  e  con  l'arresto  fino  a  due  anni. La pena e' aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.
 
 2. Alla   sentenza  di  condanna,  o  a  quella  emessa  ai  sensi dell'articolo  444  del  codice  di  procedura  penale,  per  i reati relativi  al  traffico  illecito  di  cui  al  comma 1 o al trasporto illecito   di  cui  agli  articoli  256  e  258,  comma  4,  consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.
 
 
 
 Nota all'art. 259:
 - Il  regolamento  (CEE)  n.  259/93  del Consiglio del
 1° febbraio  1993,  e' pubblicato nella G.U.C.E. 6 febbraio
 1993, serie L n. 30.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 260 (attivita' organizzate per il traffico illecito di rifiuti)
 
 1. Chiunque,  al fine di conseguire un ingiusto profitto, con piu' operazioni   e   attraverso   l'allestimento  di  mezzi  e  attivita' continuative  organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o  comunque  gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti e' punito con la reclusione da uno a sei anni.
 
 2. Se  si  tratta  di rifiuti ad alta radioattivita' si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
 
 3. Alla  condanna  conseguono  le  pene  accessorie  di  cui  agli articoli   28,  30,  32-bis  e  32-ter  del  codice  penale,  con  la limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice.
 
 4. Il  giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi  dell'articolo  444  del  codice di procedura penale, ordina il ripristino   dello   stato   dell'ambiente   e  puo'  subordinare  la concessione     della    sospensione    condizionale    della    pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.
 |  |  |  | ART. 261 (imballaggi)
 
 1. I  produttori  e gli utilizzatori che non adempiano all'obbligo di  raccolta  di  cui  all'articolo  221, comma 2, o non adottino, in alternativa,  sistemi  gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma  3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria  pari a sei volte le somme dovute al CONAI, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi.
 
 2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema  per  l'adempimento  degli  obblighi di cui all'articolo 221, comma  3,  e  non aderiscono ai consorzi di cui all'articolo 223, ne' adottano  un  sistema  di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell'articolo  221,  comma  3,  lettere  a) e  c), sono puniti con la sanzione  amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a quarantaseimilacinquecento  euro. La  stessa  pena  si  applica  agli utilizzatori  che  non adempiono all'obbligo di cui ali' all'articolo 221, comma 4.
 
 3. La violazione dei divieti di cui all'articolo 226, commi 1 e 4, e'    punita   con   la   sanzione   amministrativa   pecuniaria   da cinquemiladuecento  euro  a  quarantamila  euro. La  stessa  pena  si applica  a  chiunque immette nel mercato interno imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 219, comma 5.
 
 4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, e' punita  con  la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.
 |  |  |  | ART. 262 (competenza e giurisdizione)
 
 1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689  in  materia  di  accertamento  degli illeciti amministrativi, all'irrogazione  delle  sanzioni  amministrative  pecuniarie previste dalla parte quarta del presente decreto provvede la provincia nel cui territorio  e'  stata  commessa  la  violazione,  ad  eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di  cui  all'articolo  226,  comma  1,  per le quali e' competente il comune.
 2. Avverso   le   ordinanze-ingiunzione   relative  alle  sanzioni amministrative  di  cui  al  comma  1  e'  esperibile  il giudizio di opposizione  di  cui  all'articolo  23  della legge 24 novembre 1981, n. 689.
 3. Per  i  procedimenti  penali  pendenti  alla data di entrata in vigore   della   parte   quarta   del  presente  decreto  l'autorita' giudiziaria,  se  non  deve  pronunziare  decreto  di archiviazione o sentenza  di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli Enti  indicati  al  comma  1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.
 
 
 
 Nota all'art. 262:
 - Si riporta l'art. 23 della legge 24 novembre 1981, n.
 689,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 30 novembre 1981,
 n. 329 supplemento ordinario (modifiche al sistema penale):
 «Art. 23 (Giudizio di opposizione). - Il giudice, se il
 ricorso  e'  proposto  oltre  il termine previsto dal primo
 comma  dell'art.  22,  ne  dichiara  l'inammissibilita' con
 ordinanza ricorribile per cassazione.
 Se  il  ricorso e' tempestivamente proposto, il giudice
 fissa l'udienza di comparizione con decreto, steso in calce
 al   ricorso  ordinando  all'autorita'  che  ha  emesso  il
 provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci
 giorni  prima della udienza fissata, copia del rapporto con
 gli    atti   relativi   all'accertamento,   nonche'   alla
 contestazione  o notificazione della violazione. Il ricorso
 ed  il  decreto  sono notificati, a cura della cancelleria,
 all'opponente  o,  nel  caso  sia  stato  indicato,  al suo
 procuratore, e all'autorita' che ha emesso l'ordinanza.
 Tra  il  giorno  della  notificazione  e  l'udienza  di
 comparizione   devono   intercorrere   i  termini  previsti
 dall'art. 163-bis del codice di procedura civile.
 L'opponente  e  l'autorita'  che  ha emesso l'ordinanza
 possono stare in giudizio personalmente, l'autorita' che ha
 emesso  l'ordinanza  puo'  avvalersi  anche  di  funzionari
 appositamente delegati.
 Se  alla prima udienza l'opponente o il suo procuratore
 non   si   presentano   senza   addurre   alcun   legittimo
 impedimento,  il  giudice,  con  ordinanza  ricorribile per
 cassazione,  convalida  il provvedimento opposto, ponendo a
 carico    dell'opponente    anche   le   spese   successive
 all'opposizione.
 Nel  corso  del  giudizio  il  giudice  dispone,  anche
 d'ufficio,  i  mezzi  di prova che ritiene necessari e puo'
 disporre   la   citazione   di  testimoni  anche  senza  la
 formulazione di capitoli.
 Appena  terminata  l'istruttoria  il  giudice invita le
 parti  a  precisare  le  conclusioni  ed  a procedere nella
 stessa  udienza  alla discussione della causa, pronunciando
 subito  dopo  la sentenza mediante lettura del dispositivo.
 Tuttavia,   dopo  la  precisazione  delle  conclusioni,  il
 giudice,  se  necessario, concede alle parti un termine non
 superiore  a dieci giorni per il deposito di note difensive
 e  rinvia  la  causa  all'udienza immediatamente successiva
 alla scadenza del termine per la discussione e la pronuncia
 della sentenza.
 Il giudice puo' anche redigere e leggere, unitamente al
 dispositivo,  la  motivazione della sentenza, che e' subito
 dopo depositata in cancelleria.
 A  tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti si
 provvede d'ufficio.
 Gli  atti  del  processo  e la decisione sono esenti da
 ogni tassa e imposta.
 Con    la    sentenza   il   giudice   puo'   rigettare
 l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente le spese del
 procedimento  o accoglierla, annullando in tutto o in parte
 l'ordinanza o modificandola anche limitatamente all'entita'
 della  sanzione  dovuta. Nel giudizio davanti al giudice di
 pace  non  si applica l'art. 113, secondo comma, del codice
 di procedura civile.
 Il  giudice  accoglie  l'opposizione quando non vi sono
 prove sufficienti della responsabilita' dell'opponente.
 La  sentenza  e'  inappellabile  ma  e' ricorribile per
 cassazione.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 263 (proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)
 
 1. I  proventi  delle  sanzioni  amministrative  pecuniarie per le violazioni  di  cui alle disposizioni della parte quarta del presente decreto  sono  devoluti  alle province e sono destinati all'esercizio delle  funzioni  di  controllo  in  materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 261,  comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma 1, che sono devoluti ai comuni.
 |  |  |  | ART. 264 (abrogazione di norme)
 
 1.  A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza:
 
 a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;
 b)  il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915;
 c)  il  decreto-legge  9  settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  9  novembre  1988, n. 475, ad eccezione dell'articolo  9  e  dell'articolo  9-quinquies  come riformulato dal presente  decreto.  Al  fine  di  assicurare  che  non  vi sia alcuna soluzione di continuita' nel passaggio dalla preesistente normativa a quella   prevista   dalla   parte  quarta  del  presente  decreto,  i provvedimenti  attuativi dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9  settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9  novembre  1988, n, 475, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
 d)  il  decreto-legge  31  agosto  1987,  n. 361, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  29  ottobre  1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, I-ter, 1-quater e 1-quinquies;
 e)  il  decreto-legge  14  dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45;
 f)  l'articolo  29-bis  del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
 g)  i  commi  3,  4  e  5, secondo periodo, dell'articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
 h)  l'articolo  5,  comma  1,  del  decreto  del Presidente della Repubblica  8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994;
 i)  il  decreto  legislativo  5  febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare  che  non  vi  sia  alcuna  soluzione  di  continuita' nel passaggio  dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta  del  presente  decreto,  i provvedimenti attuativi del citato decreto  legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino  alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
 l)  l'articolo  14  del  decreto-legge  8  luglio  2002,  n. 138, convertito,  con modificazioni, dall'articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178;
 m)  l'articolo  9,  comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342,  ultimo periodo, dalle parole: "i soggetti di cui all'artico 38, comma 3, lettera a)" sino alla parola: "CONAI";
 n)  l'articolo  19  del  decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504;
 o)  gli  articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio  1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati,  fino  al conseguimento o diniego di quelle richieste ai sensi del  presente  decreto  e per un periodo comunque non superiore ad un triennio   dalla   data   della  sua  entrata  in  vigore,  tutte  le autorizzazioni  concesse,  alla data di entrata in vigore della parte quarta  del  presente  decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi  il  decreto  legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo  27  gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996. Al  fine  di  assicurare  che non vi sia soluzione di continuita' nel passaggio  dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta  del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 11  del  decreto  legislativo  27  gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi  sino  alla  data  di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti  attuativi  p  revisti  dalla parte quarta del presente decreto;
 p) l'articolo 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93.
 
 2.  Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  adotta,  entro sessanta giorni dalla data di entrata  in  vigore  della  parte  quarta  del  presente  decreto, su proposta  del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto  con  il  Ministro delle attivita' produttive, previo parere delle  competenti  Commissioni  parlamentari,  che si esprimono entro trenta  giorni  dalla  trasmissione  del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli ulteriori atti normativi  incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del  presente  decreto,  che  sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.
 
 
 
 Note all'art. 264:
 - Si riportano gli articoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e
 1-quinquies  del  decreto-legge  31  agosto  1987,  n. 361,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987,
 n. 441:
 "Art.  1.  -  1.  I  comuni,  i consorzi di comuni e le
 comunita'   montane  sono  autorizzati  ad  assumere  mutui
 ventennali  con  la  Cassa  depositi e prestiti, fino ad un
 limite  massimo  complessivo  di  lire  1.350 miliardi, per
 l'adeguamento  alle disposizioni del decreto del Presidente
 della  Repubblica  10 settembre  1982,  n.  915,  e  per il
 potenziamento   degli  impianti  esistenti  alla  data  del
 31 dicembre  1986,  nonche'  per  la realizzazione di nuovi
 impianti  e  relative  attrezzature e infrastrutture per il
 trattamento  e  lo stoccaggio definitivo dei rifiuti solidi
 urbani.  Gli  oneri  di  ammortamento  sono a totale carico
 dello Stato.
 2. Il Ministro dell'ambiente, entro trenta giorni dalla
 data  di  entrata  in vigore della legge di conversione del
 presente  decreto,  inoltra  alla Cassa depositi e prestiti
 l'elenco  dei  progetti  che,  sulla base delle indicazioni
 tecniche gia' fornite dalla commissione tecnico-scientifica
 per la valutazione dei progetti di protezione o risanamento
 ambientale  di  cui  al  comma  7  dell'art. 14 della legge
 28 febbraio  1986,  n.  41,  risultano  da  finanziare  con
 priorita'.  La  Cassa  depositi  e  prestiti  provvede alla
 concessione del mutuo previa domanda dei soggetti di cui al
 comma 1, da presentarsi entro sessanta giorni dalla data di
 entrata  in  vigore della legge di conversione del presente
 decreto, fino ad un importo complessivo massimo di lire 275
 miliardi.".
 "Art.  1-bis.  - 1.  Entro  trenta giorni dalla data di
 entrata  in  vigore della legge di conversione del presente
 decreto,   i  soggetti  di  cui  al  comma  1  dell'art.  1
 presentano  alle regioni i progetti per l'adeguamento ed il
 potenziamento   degli  impianti  esistenti  alla  data  del
 31 dicembre  1986  con  l'indicazione  dei  tempi  e  delle
 modalita'  di  attuazione  dei  lavori  nonche'  dei  costi
 previsti,  accompagnati  dalla  relativa richiesta di mutuo
 indirizzata  alla Cassa depositi e prestiti e da uno studio
 di impatto ambientale.
 2.  Entro  i  successivi  novanta  giorni la regione, o
 altro  ente  delegato  a  tale  funzione  in  base  a leggi
 regionali,   approva   il   progetto,  previo  accertamento
 dell'idoneita'   delle  soluzioni  proposte  e  delle  loro
 compatibilita'    ambientali,   al   fine   di   assicurare
 l'osservanza    delle    disposizioni    vigenti    nonche'
 l'efficienza  della  gestione e la continuita' del servizio
 di smaltimento dei rifiuti.
 3. Entro ulteriori trenta giorni, la regione predispone
 e trasmette al Ministro dell'ambiente l'elenco dei progetti
 approvati  e  le  relative  richieste di mutuo in ordine di
 priorita'.
 4.   Il  Ministro  dell'ambiente,  entro  i  successivi
 quindici  giorni,  provvede  alla  ripartizione  dei  fondi
 disponibili  tra le regioni, fino ad un importo complessivo
 massimo  di  650 miliardi di lire, assicurando priorita' ai
 progetti che realizzano recupero di energia, di calore e di
 materie seconde, e trasmette alla Cassa depositi e prestiti
 le  domande  di  mutuo  relative  ai  progetti  ammessi  al
 finanziamento.".
 "Art.  1-ter.  -  1.  Entro trenta giorni dalla data di
 entrata  in  vigore della legge di conversione del presente
 decreto,  il  Ministro  dell'ambiente  definisce,  ai sensi
 dell'art.  4,  primo  comma,  lettera  a),  del decreto del
 Presidente  della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, per
 le   finalita'   del  presente  articolo,  criteri  per  la
 elaborazione   e   la  predisposizione  dei  piani  per  lo
 smaltimento   dei  rifiuti  solidi  urbani,  relativi  alla
 realizzazione    di   nuovi   impianti,   con   particolare
 riferimento alle soluzioni indicate all'art. 3, comma 1.
 2.  Le  regioni,  entro  i  successivi sessanta giorni,
 trasmettono  al  Ministro  dell'ambiente  i piani di cui al
 comma  1, ai fini della ripartizione dei fondi disponibili,
 che  e'  effettuata con decreto del medesimo Ministro entro
 gli ulteriori trenta giorni.
 3.   I  soggetti,  di  cui  al  comma  1  dell'art.  1,
 individuati dai piani regionali, predispongono i progetti e
 li  inoltrano, corredati dalle relative richieste di mutuo,
 alla  regione,  entro  centottanta  giorni  dalla  data  di
 entrata  in  vigore della legge di conversione del presente
 decreto,  per  l'approvazione  secondo  le procedure di cui
 all'art. 3-bis.
 4.  Entro i successivi centocinquanta giorni le regioni
 trasmettono  alla Cassa depositi e prestiti ed al Ministero
 dell'ambiente l'elenco dei progetti approvati e le relative
 richieste di mutuo in ordine di priorita'.".
 "Art.  1-quater.  -  1.  I  lavori di adeguamento degli
 impianti   o   di   realizzazione   di  nuovi  impianti  di
 smaltimento  devono  iniziare entro centoventi giorni dalla
 data di concessione del mutuo da parte della Cassa depositi
 e prestiti e devono essere ultimati entro diciotto mesi dal
 loro  inizio.  L'affidamento dei lavori puo' avvenire sulla
 base  di  gare  esplorative volte ad identificare l'offerta
 economicamente  e  tecnicamente piu' vantaggiosa in base ad
 una  pluralita' di elementi prefissati dall'amministrazione
 secondo  i criteri di cui all'art. 24, primo comma, lettera
 b), della legge 8 agosto 1977, n. 584.
 2.  La  provincia  territorialmente competente esercita
 funzioni di controllo sullo stato di avanzamento dei lavori
 e  sulla  rispondenza  dei  medesimi al progetto approvato,
 riferendo semestralmente alla regione.".
 "Art.    1-quinquies.    -   1.   All'onere   derivante
 dall'applicazione   dell'art.   1,  valutato  in  lire  150
 miliardi  a decorrere dall'anno 1988, si fa fronte mediante
 riduzione degli stanziamenti iscritti, ai fini del bilancio
 triennale  1987-1989,  al  capitolo  9001  dello  stato  di
 previsione  della  spesa  del  Ministero  del tesoro per il
 1987,  quanto a lire 100 miliardi, parzialmente utilizzando
 l'accantonamento  "Giacimenti  ambientali" e, quanto a lire
 50   miliardi,  parzialmente  utilizzando  l'accantonamento
 "Fondo   per   gli   interventi   destinati   alla   tutela
 ambientale"".
 - Si  riportano  i  commi  3,  4  e 5 dell'art. 103 del
 citato decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285:
 "3.  I  gestori  di  centri di raccolta e di vendita di
 motoveicoli,   autoveicoli   e  rimorchi  da  avviare  allo
 smontaggio  ed  alla  successiva  riduzione  in rottami non
 possono  alienare,  smontare o distruggere i suddetti mezzi
 senza  aver  prima adempiuto, qualora gli intestatari o gli
 aventi  titolo non lo abbiano gia' fatto, ai compiti di cui
 al  comma  1.  Gli  estremi  della  ricevuta della avvenuta
 denuncia  e  consegna  delle  targhe  e  dei documenti agli
 uffici   competenti  devono  essere  annotati  su  appositi
 registri  di  entrata  e  di  uscita dei veicoli, da tenere
 secondo le norme del regolamento.
 4. Agli stessi obblighi di cui al comma 3 sono soggetti
 i  responsabili  dei  centri  di raccolta o altri luoghi di
 custodia di veicoli rimossi ai sensi dell'art. 159 nel caso
 di demolizione del veicolo prevista dall'art. 215, comma 4.
 5.  Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 1 e'
 soggetto  alla sanzione amministrativa del pagamento di una
 somma  da euro 143 a euro 573. La sanzione e' da euro 357 a
 euro  1.433 se la violazione e' commessa ai sensi dei commi
 3 e 4.".
 - Si  riporta  l'art.  5,  comma  1,  del  decreto  del
 Presidente della Repubblica 8 agosto 1994:
 "Art.  5  (Armonizzazione  dei piani di smaltimento dei
 rifiuti  di  amianto  con  i  piani  di  organizzazione dei
 servizi  di  smaltimento  dei rifiuti di cui al decreto del
 Presidente  della  Repubblica 10 settembre 1982, n. 915). -
 1.  I  rifiuti  di  amianto  classificati  sia speciali che
 tossici e nocivi, ai sensi del decreto del Presidente della
 Repubblica   10 settembre   1982,  n.  915,  devono  essere
 destinati    esclusivamente   allo   smaltimento   mediante
 stoccaggio definitivo in discarica controllata.".
 -  Il  decreto-legge  8 luglio 2002, n. 138 (Interventi
 urgenti  in  materia  tributaria,  di  privatizzazioni,  di
 contenimento  della  spesa  farmaceutica  e per li sostegno
 dell'economia  anche  nelle aree svantaggiate.), pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale 8 luglio 2002, n. 158 e convertito
 in  legge,  con  modificazioni, dall'art. 1, legge 8 agosto
 2002, n. 178.
 - Si   riporta  l'art.  9,  comma  2-bis,  della  legge
 21 novembre  2000,  n.  342,  che  aggiunge  il comma 2-bis
 all'art. 41 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,
 come modificato dal presente decreto:
 "2-bis.   Per   il   raggiungimento   degli   obiettivi
 pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi
 di  gestione  accantonati  dal  CONAI e dai consorzi di cui
 all'art.  40  nelle  riserve costituenti il loro patrimonio
 netto   non   concorrono  alla  formazione  del  reddito  a
 condizione  che sia rispettato il divieto di distribuzione,
 sotto  qualsiasi  forma,  ai  consorziati  di tali avanzi e
 riserve,  anche  in caso di scioglimento dei consorzi e del
 CONAI.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 265 (disposizioni transitorie)
 
 1.  Le  vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino  all'adozione  delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione  della  parte  quarta  del  presente  decreto.  Al fine di assicurare  che  non  vi  sia  alcuna  soluzione  di  continuita' nel passaggio  dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta   del   presente   decreto,   le   pubbliche  amministrazioni, nell'esercizio  delle  rispettive  competenze, adeguano la previgente normativa  di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del  presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 264,  comma  1,  lettera  i).  Ogni  riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi.
 
 2.  In  attesa  delle specifiche norme regolamentari e tecniche in materia  di  trasporto dei rifiuti, di cui all'articolo 195, comma 2, lettera  1), e fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 24  giugno  2003,  n. 182 in materia di rifiuti prodotti dalle navi e residui  di  carico,  i rifiuti sono assimilati alle merci per quanto concerne  il  regime  normativo in materia di trasporti via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio  in  aree portuali. In particolare i rifiuti pericolosi sono assimilati alle merci pericolose.
 
 3.  Il  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio, di concerto  con  il  Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca  e  con il Ministro delle attivita' produttive, individua con apposito  decreto  le  forme di promozione e di incentivazione per la ricerca  e  per lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica presso le universita', nonche' presso le imprese e i loro consorzi.
 
 4.  Fatti  salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore  della  parte  quarta  del presente decreto, entro centottanta giorni  da tale data, puo' essere presentata all'autorita' competente adeguata  relazione  tecnica  al  fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica gia' autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta  del  presente  decreto.  L'autorita'  competente  esamina  la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie.
 
 5.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio  di  concerto  con  il Ministro delle attivita' produttive sono  disciplinati  modalita',  presupposti  ed effetti economici per l'ipotesi  in  cui i soggetti aderenti ai vigenti consorzi pongano in essere  o  aderiscano a nuovi consorzi o a forme ad essi alternative, in  conformita'  agli  schemi  tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri,  senza che da cio' derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
 
 6.  Le  aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata   in  vigore  della  parte  quarta  del  presente  decreto  e sottoposte  alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005,   n.   59,   sono   autorizzate   in  via  transitoria,  previa presentazione  della  relativa  domanda,  e  fino  al  rilascio  o al definitivo   diniego  dell'autorizzazione  medesima,  ad  utilizzare, impiegandoli   nel   proprio  ciclo  produttivo,  i  rottami  ferrosi individuati  dal  codice  GA  430  dell'Allegato  II (lista verde dei rifiuti)  del  regolamento  (CE) 1° febbraio 1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato.
 |  |  |  | ART. 266 (disposizioni finali)
 
 1.  Nelle  attrezzature  sanitarie di cui all'articolo 4, comma 2, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprese le opere,  le  costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio   o   alla  distruzione  dei  rifiuti  urbani,  speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.
 
 2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente  decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato.
 
 3.  Le  spese  per l'indennita' e per il trattamento economico del personale  di  cui all'articolo 9 del decreto-legge 9 settembre 1988, n.  397,  convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n.  475,  restano a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del  territorio,  salvo  quanto  previsto  dal  periodo  seguente. Il trattamento   economico   resta   a   carico   delle  istituzioni  di appartenenza,  previa  intesa  con  le  medesime,  nel caso in cui il personale svolga attivita' di comune interesse.
 
 4. I rifiuti provenienti da attivita' di manutenzione o assistenza sanitaria  si  considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attivita'.
 
 5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano   alle   attivita'  di  raccolta  e  trasporto  di  rifiuti effettuate  dai  soggetti  abilitati allo svolgimento delle attivita' medesime  in  forma  ambulante,  limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.
 
 6. Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto non  trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48, comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5  febbraio  1997,  n.  22,  nonche'  le  disposizioni  sanzionatorie previste  dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6-quinquies, anche  con  riferimento  a  fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo 2004.
 
 7.  Con  successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  di  concerto  con  i  Ministri  delle infrastrutture  e  dei  trasporti, delle attivita' produttive e della salute,   e'   dettata   la   disciplina   per   la   semplificazione amministrativa  delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre  e  le  rocce  da  scavo,  provenienti  da  cantieri di piccole dimensioni  la  cui  produzione  non  superi  i seimila metri cubi di materiale.
 
 
 
 Note all'art. 266:
 - L'art.  4,  secondo  comma,  lettera  g), della legge
 29 settembre  1964, n. 847 (Autorizzazione ai comuni e loro
 consorzi a contrarre mutui per l'acquisizione delle aree ai
 sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167), pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale 8 ottobre 1964, n. 248, e' il seguente:
 "Le  opere  di  cui  all'art.  1,  lettera  c), sono le
 seguenti:
 a - f) (Omissis);
 g)   centri   sociali   e  attrezzature  culturali  e
 sanitarie;".
 - L'art.  9  del citato decreto-legge 9 settembre 1988,
 n. 397, e' il seguente:
 "Art. 9 (Personale). - 1. Per le attivita' del Servizio
 di  prevenzione degli inquinamenti e risanamento ambientale
 nello  svolgimento  dei  compiti di natura tecnica connessi
 all'attuazione    del   presente   decreto,   il   Ministro
 dell'ambiente  puo'  attribuire, per un contingente massimo
 di  quindici  unita',  incarichi  a  tempo  determinato, di
 durata  non  superiore  a due anni e rinnovabili per eguale
 periodo,  a  personale  particolarmente  qualificato  nella
 materia,  appartenente ai ruoli delle amministrazioni dello
 Stato  o di enti pubblici, anche economici. Il personale in
 parola  e'  collocato  in  posizioni  di comando o di fuori
 ruolo  presso  il Ministero dell'ambiente. A tale personale
 e'  corrisposta, per la durata dell'incarico, una specifica
 indennita'   da   determinare   con  decreto  del  Ministro
 dell'ambiente, di concerto con il Ministro del tesoro.
 2.  Le  relative spese, che si quantificano in lire 105
 milioni  per l'anno 1988 e in lire 360 milioni per ciascuno
 degli  anni  1989  e  1990  sono imputate, nei limiti della
 capienza,  per  gli anni 1988-1990, sul capitolo 1062 dello
 stato di previsione del Ministero dell'ambiente.".
 - Si  riportano  gli  articoli 48, comma 2, e 51, commi
 6-bis,  6-ter e 6-quinquies, del citato decreto legislativo
 5 febbraio 1997, n. 22:
 "2. Al Consorzio partecipano:
 a) i   produttori   e  gli  importatori  di  beni  in
 polietilene;
 b) i trasformatori di beni in polietilene;
 c) le    associazioni    nazionali    di    categoria
 rappresentative  delle  imprese che effettuano la raccolta,
 il  trasporto  e  lo  stoccaggio  dei  rifiuti  di  beni in
 polietilene;
 d) le  imprese  che riciclano e recuperano rifiuti di
 beni in polietilene.".
 "6-bis.   Chiunque  viola  gli  obblighi  di  cui  agli
 articoli 46,  commi 6-bis, 6-ter e 6-quater, 47, commi 11 e
 12  e 48, comma 9, e' punito con la sanzione amministrativa
 pecuniaria da lire cinquecentomila a lire tremilioni.
 6-ter.  I soggetti di cui all'art. 48, comma 2, che non
 adempiono  all'obbligo di partecipazione ivi previsto entro
 novanta  giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore della
 presente disposizione sono puniti:
 a) nelle  ipotesi  di cui alla lettera a) del comma 2
 dell'art.  48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di
 lire   50  mila  per  tonnellata  di  beni  in  polietilene
 importati o prodotti ed immessi sul mercato interno;
 b) nelle  ipotesi  di cui alla lettera b) del comma 2
 dell'art.  48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di
 lire  diecimila  per  tonnellata  di  beni  in  polietilene
 importati o prodotti ed immessi sul mercato interno;
 c) nelle  ipotesi  di  cui  alle  lettere c) e d) del
 comma  2  dell'art.  48,  con  la  sanzione  amministrativa
 pecuniaria di lire 100 per tonnellata di rifiuti di beni in
 polietilene.".
 (Omissis).
 6-quinquies.  I  soggetti  di cui all'art. 48, comma 2,
 sono  tenuti a versare un contributo annuo superiore a lire
 centomila.  In caso di omesso versamento di tale contributo
 essi sono puniti:
 a) nelle  ipotesi  di cui alla lettera a) del comma 2
 dell'art.  48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di
 lire   50  mila  per  tonnellata  di  beni  in  polietilene
 importati o prodotti ed immessi sul mercato interno;
 b) nelle  ipotesi  di cui alla lettera b) del comma 2
 dell'art.  48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di
 lire   10  mila  per  tonnellata  di  beni  in  polietilene
 importati o prodotti ed immessi sul mercato interno;
 c) nelle  ipotesi  di  cui  alle  lettere c) e d) del
 comma  2  dell'art.  48,  con  la  sanzione  amministrativa
 pecuniaria di lire 100 per tonnellata di rifiuti di beni in
 polietilene.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 267 (campo di applicazione)
 
 1. Il   presente   titolo,  ai  fini  della  prevenzione  e  della limitazione  dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi  gli  impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attivita' che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori  di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi  delle  emissioni  ed  i  criteri  per  la  valutazione della conformita' dei valori misurati ai valori limite.
 
 2. Sono  esclusi  dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto gli impianti disciplinati dal decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, recante attuazione della direttiva 2000/76/CE in materia di incenerimento dei rifiuti.
 
 3. Resta  fermo,  per  gli  impianti  sottoposti ad autorizzazione integrata  ambientale,  quanto  previsto  dal  decreto legislativo 18 febbraio  2005,  n. 59;  per tali impianti l'autorizzazione integrata ambientale  sostituisce  l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente titolo.
 
 4. Al   fine  di  consentire  il  raggiungimento  degli  obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione delle  emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di cui  alla  parte  quinta  del  presente  decreto  intende determinare l'attuazione  di  tutte  le  piu' opportune azioni volte a promuovere l'impiego  dell'energia  elettrica prodotta da impianti di produzione alimentati  da fonti rinnovabili ai sensi della normativa comunitaria e  nazionale  vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e del  decreto  legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il dispacciamento prioritario. In particolare:
 
 a) potranno  essere  promosse  dal Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  di  concerto  con i Ministri delle attivita' produttive e per lo sviluppo e la coesione territoriale misure atte a favorire la produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed  al  contempo  sviluppare la base produttiva di tecnologie pulite, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
 b) con   decreto  del  Ministro  delle  attivita'  produttive  di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e dell'economia  e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data  di  entrata  in vigore della parte quinta del presente decreto, sono  determinati  i compensi dei componenti dell'Osservatorio di cui all'articolo  16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, da applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse di  cui  all'articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e senza  che  ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
 c) i  certificati  verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi  dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, possono   essere   utilizzati   per   assolvere  all'obbligo  di  cui all'articolo  11  del  decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che siano stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori  di  energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili cosi' come  definite  dall'articolo  2,  comma  1,  lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003;
 d) al  fine di prolungare il periodo di validita' dei certificati verdi,  all'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003,  n. 387,  le  parole  "otto  anni" sono sostituite dalle parole "dodici anni".
 
 
 
 Note all'art. 267:
 -  L'art.  16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003,
 n.  387,  recante  «Attuazione  della  direttiva 2001/77/CE
 relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da
 fonti   energetiche   rinnovabili   nel   mercato   interno
 dell'elettricita»,   pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale
 31 gennaio 2004, n. 25, SO., e' il seguente:
 «Art.    16   (Osservatorio   nazionale   sulle   fonti
 rinnovabili  e l'efficienza negli usi finali dell'energia).
 -  1.  E'  istituito  l'Osservatorio  nazionale sulle fonti
 rinnovabili  e  l'efficienza negli usi finali dell'energia.
 L'Osservatorio,   svolge   attivita'   di   monitoraggio  e
 consultazione  sulle  fonti  rinnovabili  e sull'efficienza
 negli usi finali dell'energia, allo scopo di:
 a) verificare  la coerenza tra le misure incentivanti
 e   normative  promosse  a  livello  statale  e  a  livello
 regionale;
 b) effettuare  il  monitoraggio  delle  iniziative di
 sviluppo del settore;
 c) valutare  gli  effetti  delle  misure di sostegno,
 nell'ambito  delle  politiche  e  misure  nazionali  per la
 riduzione delle emissioni dei gas serra;
 d) esaminare le prestazioni delle varie tecnologie;
 e) effettuare  periodiche  audizioni  degli operatori
 del settore;
 f) proporre  le  misure  e  iniziative  eventualmente
 necessarie per migliorare la previsione dei flussi di cassa
 dei  progetti  finalizzati alla costruzione e all'esercizio
 di  impianti  alimentati da fonti rinnovabili e di centrali
 ibride;
 g) proporre  le  misure  e  iniziative  eventualmente
 necessarie  per  salvaguardare  la  produzione  di  energia
 elettrica  degli  impianti alimentati a biomasse e rifiuti,
 degli   impianti   alimentati   da  fonti  rinnovabili  non
 programmabili   e   degli   impianti  alimentati  da  fonti
 rinnovabili   di  potenza  inferiore  a  10  MVA,  prodotta
 successivamente  alla scadenza delle convenzioni richiamate
 all'art. 13, commi 2 e 3, ovvero a seguito della cessazione
 del diritto ai certificati verdi.
 2.  L'Osservatorio di cui al comma 1 e' composto da non
 piu'   di   venti   esperti  della  materia  di  comprovata
 esperienza.
 3.  Con decreto del Ministro delle attivita' produttive
 e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
 di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e
 degli Affari regionali, sentita la Conferenza unificata, da
 emanarsi  entro  sessanta  giorni  dalla data di entrata in
 vigore  del  presente  decreto legislativo, sono nominati i
 membri l'Osservatorio e ne sono organizzate le attivita'.
 4.  Il  decreto  stabilisce  altresi'  le  modalita' di
 partecipazione   di   altre   amministrazioni   nonche'  le
 modalita'  con  le  quali  le  attivita' di consultazione e
 monitoraggio  sono  coordinate con quelle eseguite da altri
 organismi di consultazione operanti nel settore energetico.
 5.  I  membri dell'Osservatorio durano in carica cinque
 anni  dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al
 comma 3.
 6.  Le  spese  per  il funzionamento dell'Osservatorio,
 trovano  copertura,  nel  limite  massimo  di  750.000 Euro
 all'anno,  aggiornato  annualmente in relazione al tasso di
 inflazione,  sulle  tariffe  per  il trasporto dell'energia
 elettrica,  secondo  modalita' stabilite dall'Autorita' per
 l'energia  elettrica e il gas, fatta salva la remunerazione
 del  capitale  riconosciuta  al  Gestore  della  rete dalla
 regolazione  tariffaria  in  vigore,  entro  novanta giorni
 dalla  data  di  entrata  in  vigore  del  presente decreto
 legislativo.    L'esatta    quantificazione   degli   oneri
 finanziari   di   cui   al  presente  comma  e'  effettuata
 nell'ambito del decreto di cui al comma 3.
 7.  Dall'attuazione  del presente articolo non derivano
 nuovi  o  maggiori oneri per il bilancio dello Stato. Fermo
 restando  quanto  previsto  al  comma 6, le amministrazioni
 provvedono ai relativi adempimenti con le strutture fisiche
 disponibili.».
 - Il comma 71, dell'art. 1, della legge 23 agosto 2004,
 n.  239,  recante «Riordino del settore energetico, nonche'
 delega  al  Governo  per  il  riassetto  delle disposizioni
 vigenti  in  materia di energia», pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale 13 settembre 2004, n. 215, e' il seguente:
 «71. Hanno diritto alla emissione dei certificati verdi
 previsti  ai  sensi  dell'art.  11  del decreto legislativo
 16 marzo 1999, n. 79, e successive modificazioni, l'energia
 elettrica prodotta con l'utilizzo dell'idrogeno e l'energia
 prodotta  in  impianti statici con l'utilizzo dell'idrogeno
 ovvero  con celle a combustibile nonche' l'energia prodotta
 da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento,
 limitatamente  alla quota di energia termica effettivamente
 utilizzata per il teleriscaldamento.».
 -  L'art. 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n.
 79,  recante  «Attuazione  della direttiva 96/92/CE recante
 norme   comuni   per   il   mercato   interno  dell'energia
 elettrica»,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale 31 marzo
 1999, n. 75, e' il seguente:
 «Art. 11 (Energia elettrica da fonti rinnovabili). - 1.
 Al  fine di incentivare l'uso delle energie rinnovabili, il
 risparmio  energetico,  la  riduzione  delle  emissioni  di
 anidride  carbonica  e l'utilizzo delle risorse energetiche
 nazionali,  a  decorrere dall'anno 2001 gli importatori e i
 soggetti  responsabili degli impianti che, in ciascun anno,
 importano  o  producono  energia  elettrica  da  fonti  non
 rinnovabili   hanno  l'obbligo  di  immettere  nel  sistema
 elettrico   nazionale,   nell'anno  successivo,  una  quota
 prodotta  da  impianti  da  fonti  rinnovabili  entrati  in
 esercizio o ripotenziati, limitatamente alla producibilita'
 aggiuntiva,  in  data  successiva  a  quella  di entrata in
 vigore del presente decreto.
 2.  L'obbligo  di  cui  al  comma  1  si  applica  alle
 importazioni  e  alle  produzioni  di energia elettrica, al
 netto  della cogenerazione, degli autoconsumi di centrale e
 delle  esportazioni,  eccedenti i 100 GWh, nonche' al netto
 dell'energia    elettrica    prodotta    da   impianti   di
 gassificazione  che  utilizzino  anche  carbone  di origine
 nazionale,  l'uso  della  quale  fonte e' altresi' esentato
 dall'imposta  di  consumo  e  dall'accisa di cui all'art. 8
 della  legge  23 dicembre  1998, n. 488; la quota di cui al
 comma  1  e' inizialmente stabilita nel due per cento della
 suddetta energia eccedente i 100 GWh.
 3.  Gli  stessi  soggetti possono adempiere al suddetto
 obbligo   anche   acquistando,   in   tutto   o  in  parte,
 l'equivalente   quota   o   i  relativi  diritti  da  altri
 produttori,    purche'   immettano   l'energia   da   fonti
 rinnovabili  nel sistema elettrico nazionale, o dal gestore
 della  rete  di  trasmissione nazionale. I diritti relativi
 agli  impianti  di  cui  all'art.  3,  comma 7, della legge
 14 novembre  1995, n. 481, sono attribuiti al gestore della
 rete  di  trasmissione  nazionale. Il gestore della rete di
 trasmissione   nazionale,   al   fine   di   compensare  le
 fluttuazioni  produttive annuali o l'offerta insufficiente,
 puo'  acquistare  e  vendere diritti di produzione da fonti
 rinnovabili,  prescindendo  dalla effettiva disponibilita',
 con  l'obbligo di compensare su base triennale le eventuali
 emissioni di diritti in assenza di disponibilita'.
 4.  Il  gestore  della  rete  di trasmissione nazionale
 assicura  la  precedenza  all'energia elettrica prodotta da
 impianti  che  utilizzano,  nell'ordine,  fonti energetiche
 rinnovabili,   sistemi  di  cogenerazione,  sulla  base  di
 specifici  criteri  definiti  dall'Autorita'  per l'energia
 elettrica   e   il   gas,  e  fonti  nazionali  di  energia
 combustibile  primaria, queste ultime per una quota massima
 annuale  non  superiore  al  quindici  per  cento  di tutta
 l'energia   primaria   necessaria  per  generare  l'energia
 elettrica consumata.
 5.   Con   decreto  del  Ministro  dell'industria,  del
 commercio  e  dell'artigianato, di concerto con il Ministro
 dell'ambiente,  sono adottate le direttive per l'attuazione
 di  quanto  disposto  dai  commi  1,  2  e  3,  nonche' gli
 incrementi della percentuale di cui al comma 2 per gli anni
 successivi al 2002, tenendo conto delle variazioni connesse
 al   rispetto  delle  norme  volte  al  contenimento  delle
 emissioni  di  gas  inquinanti, con particolare riferimento
 agli  impegni  internazionali  previsti  dal  protocollo di
 Kyoto.
 6.  Al fine di promuovere l'uso delle diverse tipologie
 di  fonti rinnovabili, con deliberazione del CIPE, adottata
 su  proposta  del  Ministro dell'industria, del commercio e
 dell'artigianato,    sentita   la   Conferenza   unificata,
 istituita  ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997,
 n.  281,  sono determinati per ciascuna fonte gli obiettivi
 pluriennali ed e' effettuata la ripartizione tra le regioni
 e   le   province   autonome  delle  risorse  da  destinare
 all'incentivazione.  Le  regioni  e  le  province autonome,
 anche  con  proprie  risorse, favoriscono il coinvolgimento
 delle  comunita'  locali  nelle  iniziative  e  provvedono,
 attraverso  procedure  di  gara,  all'incentivazione  delle
 fonti rinnovabili.».
 -  La lettera a), del comma 1, dell'art. 2, del decreto
 legislativo  n.  387  del  2003  recante  «Attuazione della
 direttiva  2001/77/CE relativa alta promozione dell'energia
 elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche rinnovabili nel
 mercato   interno   dell'elettricita»,   pubblicato   nella
 Gazzetta  Ufficiale  31 gennaio  2004,  n.  25, supplemento
 ordinario, e' la seguente:
 «Art.  2  (Definizioni).  -  1.  Ai  fini  del presente
 decreto si intende per:
 a) fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili:
 le  fonti  energetiche  rinnovabili  non  fossili  (eolica,
 solare,   geotermica,   del   moto   ondoso,   maremotrice,
 idraulica,  biomasse,  gas  di discarica, gas residuati dai
 processi  di  depurazione  e  biogas).  In particolare, per
 biomasse  si intende: la parte biodegradabile dei prodotti,
 rifiuti     e    residui    provenienti    dall'agricoltura
 (comprendente   sostanze   vegetali   e  animali)  e  dalla
 silvicoltura  e  dalle industrie connesse, nonche' la parte
 biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;».
 - L'art.  20,  comma  5, del citato decreto legislativo
 29 dicembre  2003,  n.  387,  come  modificato dal presente
 decreto, e' il seguente:
 «5.  Il periodo di riconoscimento dei certificati verdi
 e'  fissato in dodici anni, al netto dei periodi di fermata
 degli impianti causati da eventi calamitosi dichiarati tali
 dalle autorita' competenti.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 268 (definizioni)
 
 1. Ai   fini   del   presente  titolo  si  applicano  le  seguenti definizioni:
 
 a) inquinamento   atmosferico:   ogni   modificazione   dell'aria atmosferica,  dovuta  all'introduzione  nella stessa di una o di piu' sostanze  in  quantita'  e  con  caratteristiche  tali da ledere o da costituire  un  pericolo  per  la  salute  umana  o  per  la qualita' dell'ambiente  oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente;
 b) emissione:   qualsiasi  sostanza  solida,  liquida  o  gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico;
 c) emissione  convogliata:  emissione  di  un  effluente  gassoso effettuata attraverso uno o piu' appositi punti;
 d) emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella lettera  c);  per  le  attivita' di cui all'articolo 275 le emissioni diffuse  includono  anche  i  solventi  contenuti nei prodotti, fatte salve  le diverse indicazioni contenute nella Parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto;
 e) emissione  tecnicamente  convogliabile:  emissione diffusa che deve   essere   convogliata   sulla   base  delle  migliori  tecniche disponibili  o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela;
 f) emissioni  totali:  la  somma  delle emissioni diffuse e delle emissioni convogliate;
 g) effluente  gassoso:  lo  scarico gassoso, contenente emissioni solide,  liquide  o  gassose;  la  relativa  portata  volumetrica  e' espressa  in  metri  cubi  all'ora  riportate  in  condizioni normali (Nm3/ora),  previa  detrazione  del  tenore  di vapore acqueo, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto;
 h) impianto:   il   macchinario  o  il  sistema  o  l'insieme  di macchinari o di sistemi costituito da una struttura fissa e dotato di autonomia  funzionale in quanto destinato ad una specifica attivita'; la  specifica attivita' a cui e' destinato l'impianto puo' costituire la fase di un ciclo produttivo piu' ampio;
 i) impianto  anteriore al 1988: un impianto che, alla data del 1° luglio  1988,  era  in  esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente;
 l) impianto  anteriore  al 2006: un impianto che non ricade nella definizione  di  cui  alla  lettera i) e che, alla data di entrata in vigore  della  parte  quinta  del presente decreto, e' autorizzato ai sensi  del  decreto  del  Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203,  purche'  in  funzione o messo in funzione entro i successivi ventiquattro  mesi;  si  considerano  anteriori  al  2006  anche  gli impianti  anteriori al 1988 la cui autorizzazione e' stata aggiornata ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;
 m) impianto  nuovo:  un impianto che non ricade nelle definizioni di cui alle lettere i) e l);
 n) gestore:  la  persona  fisica  o  giuridica  che  ha un potere decisionale  circa l'installazione o l'esercizio dell'impianto o, nei casi  previsti  dall'articolo 269, commi 10, 11 e 12, e dall'articolo 275, la persona fisica o giuridica che ha un potere decisionale circa l'esercizio dell'attivita';
 o) autorita'  competente: la regione o la provincia autonoma o la diversa  autorita'  indicata  dalla  legge  regionale quale autorita' competente   al   rilascio   dell'autorizzazione   alle  emissioni  e all'adozione  degli altri provvedimenti previsti dal presente titolo; per le piattaforme off-shore e per i terminali di rigassificazione di gas  naturale  liquefatto  off-shore,  l'autorita'  competente  e' il Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio;  per gli impianti  sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per gli adempimenti  a  questa connessi, l'autorita' competente e' quella che rilascia tale autorizzazione;
 p) autorita'  competente  per  il controllo: l'autorita' a cui la legge regionale attribuisce il compito di eseguire in via ordinaria i controlli  circa il rispetto dell'autorizzazione e delle disposizioni del  presente  titolo,  ferme  restando le competenze degli organi di polizia  giudiziaria;  per  gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per i controlli a questa connessi, l'autorita' competente  per  il  controllo e' quella prevista dalla normativa che disciplina tale autorizzazione;
 q) valore  limite  di  emissione:  il  fattore  di  emissione, la concentrazione,  la  percentuale  o  il  flusso  di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati;
 r) fattore   di   emissione:   rapporto  tra  massa  di  sostanza inquinante  emessa  e  unita'  di  misura  specifica di prodotto o di servizio;
 s) concentrazione:  rapporto  tra  massa  di  sostanza inquinante emessa   e   volume  dell'effluente  gassoso;  per  gli  impianti  di combustione  i  valori  di  emissione  espressi  come  concentrazione (mg/Nm3) sono  calcolati  considerando, se non diversamente stabilito dalla  parte  quinta  del  presente decreto, un tenore volumetrico di ossigeno  di  riferimento  del  3  per cento in volume dell'effluente gassoso  per  i  combustibili  liquidi  e gassosi, del 6 per cento in volume  per i combustibili solidi e del 15 per cento in volume per le turbine a gas;
 t) percentuale:  rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e  massa  della  stessa  sostanza utilizzata nel processo produttivo, moltiplicato per cento;
 u) flusso  di  massa:  massa  di  sostanza  inquinante emessa per unita' di tempo;
 v) soglia  di  rilevanza  dell'emissione:  flusso  di  massa, per singolo   inquinante,  misurato  a  monte  di  eventuali  sistemi  di abbattimento,   e   nelle   condizioni   di  esercizio  piu'  gravose dell'impianto, al di sotto del quale non si applicano i valori limite di emissione;
 z) condizioni  normali:  una  temperatura  di  273,15  K  ed  una pressione di 101,3 kPa;
 aa) migliori tecniche disponibili: la piu' efficiente ed avanzata fase  di  sviluppo  di  attivita'  e  relativi  metodi  di  esercizio indicanti  l'idoneita'  pratica  di  determinate  tecniche ad evitare ovvero,  se  cio'  risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si intende per:
 
 1) tecniche:  sia  le  tecniche  impiegate,  sia le modalita' di progettazione,   costruzione,   manutenzione,  esercizio  e  chiusura dell'impianto;
 2) disponibili:  le  tecniche  sviluppate  su  una  scala che ne consenta  l'applicazione  in condizioni economicamente e tecnicamente valide  nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione  i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano  o  meno  applicate  o prodotte in ambito nazionale, purche' il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
 3) migliori:  le  tecniche piu' efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso;
 
 bb) periodo    di    avviamento:   salva   diversa   disposizione autorizzativa,  il tempo in cui l'impianto, a seguito dell'erogazione di  energia,  combustibili  o materiali, e' portato da una condizione nella  quale  non  esercita  l'attivita'  a  cui  e'  destinato, o la esercita  in  situazione  di  carico  di processo inferiore al minimo tecnico,  ad  una condizione nella quale tale attivita' e' esercitata in  situazione  di  carico  di  processo  pari  o superiore al minimo tecnico;
 cc) periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il   tempo   in   cui   l'impianto,   a   seguito   dell'interruzione dell'erogazione  di  energia, combustibili o materiali, non dovuta ad un  guasto,  e'  portato  da  una  condizione  nella  quale  esercita l'attivita'  a  cui  e' destinato in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale funzione  e' esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico o non e' esercitata;
 dd) carico  di  processo:  il  livello  percentuale di produzione rispetto alla potenzialita' nominale dell'impianto;
 ee) minimo  tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l'esercizio dell'impianto in condizione di regime;
 ff) impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono  ossidati  combustibili  al  fine  di utilizzare il calore cosi' prodotto;
 gg) grande  impianto  di  combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale non inferiore a 50MW;
 hh) potenza   termica   nominale  dell'impianto  di  combustione: prodotto  del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e  della portata massima di combustibile bruciato al singolo impianto di  combustione,  cosi'  come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli;
 ii) composto   organico:  qualsiasi  composto  contenente  almeno l'elemento  carbonio  e uno o piu' degli elementi seguenti: idrogeno, alogeni,  ossigeno,  zolfo,  fosforo,  silicio  o azoto, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici;
 ll) composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure   che  abbia  una  volatilita'  corrispondente  in  condizioni particolari  di uso. Ai fini della parte quinta del presente decreto, e'  considerata come COV la frazione di creosoto che alla temperatura di 293,15 K ha una pressione di vapore superiore a 0,01 kPa;
 mm) solvente   organico:   qualsiasi  COV  usato  da  solo  o  in combinazione  con  altri  agenti al fine di dissolvere materie prime, prodotti  o  rifiuti,  senza  subire trasformazioni chimiche, o usato come  agente  di  pulizia  per  dissolvere  contaminanti  oppure come dissolvente,   mezzo   di   dispersione,  correttore  di  viscosita', correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante;
 nn) capacita'  nominale: la massa giornaliera massima di solventi organici  utilizzati per le attivita' di cui all'articolo 275, svolte in   condizioni   di  normale  funzionamento  ed  in  funzione  della potenzialita' di prodotto per cui le attivita' sono progettate;
 oo) consumo  di  solventi:  il  quantitativo  totale  di solventi organici utilizzato per le attivita' di cui all'articolo 275 per anno civile  ovvero  per  qualsiasi altro periodo di dodici mesi, detratto qualsiasi COV recuperato per riutilizzo;
 pp) consumo  massimo  teorico di solventi: il consumo di solventi calcolato  sulla  base  della  capacita'  nominale  riferita,  se non diversamente  stabilito  dall'autorizzazione, a trecentotrenta giorni all'anno  in  caso  di  attivita'  effettuate  a  ciclo continuo ed a duecentoventi giorni all'anno per le altre attivita';
 qq) riutilizzo  di  solventi  organici:  l'utilizzo  di  solventi organici  prodotti  da  una attivita' e successivamente recuperati al fine  di essere alla stessa destinati per qualsiasi finalita' tecnica o commerciale, ivi compreso l'uso come combustibile;
 rr) soglia  di  consumo:  il  consumo  di  solvente  espresso  in tonnellate/anno stabilito dalla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, per le attivita' ivi previste;
 ss) raffinerie:   raffinerie   di   oli  minerali  sottoposte  ad autorizzazione ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239;
 tt) impianti  di  distribuzione di carburante: impianti in cui il carburante viene erogato ai serbatoi dei veicoli a motore da impianti di deposito;
 uu) benzina:  ogni  derivato  del petrolio, con o senza additivi, corrispondente  ai seguenti codici doganali: NC 2710 1131 - 2710 1141 -  2710  1145  -  2710  1149  - 2710 1151 - 2710 1159 o che abbia una tensione  di  vapore  Reid pari o superiore a 27,6 kilopascal, pronto all'impiego  quale  carburante per veicoli a motore, ad eccezione del gas di petrolio liquefatto (GPL);
 vv) terminale:  ogni  struttura  adibita  al  caricamento  e allo scaricamento  di  benzina  in/da  veicolo-cisterna,  carro-cisterna o nave-cisterna,  ivi  compresi  gli  impianti di deposito presenti nel sito della struttura;
 zz) impianto  di  deposito:  ogni  serbatoio  fisso  adibito allo stoccaggio di combustibile;
 aaa) impianto  di  caricamento: ogni impianto di un terminale ove la  benzina  puo' essere caricata in cisterne mobili. Gli impianti di caricamento  per  i  veicoli-cisterna comprendono una o piu' torri di caricamento;
 bbb) torre   di  caricamento:  ogni  struttura  di  un  terminale mediante  la  quale  la  benzina  puo'  essere,  in  un dato momento, caricata in un singolo veicolo-cisterna;
 ccc) deposito  temporaneo  di  vapori:  il deposito temporaneo di vapori  in  un impianto di deposito a tetto fisso presso un terminale prima  del  trasferimento  e  del  successivo  recupero  in  un altro terminale. Il  trasferimento dei vapori da un impianto di deposito ad un   altro   nello  stesso  terminale  non  e'  considerato  deposito temporaneo  di  vapori  ai  sensi  della  parte  quinta  del presente decreto;
 ddd) cisterna  mobile:  una  cisterna di capacita' superiore ad 1 m3,  trasportata  su  strada,  per  ferrovia  o  per via navigabile e adibita  al trasferimento di benzina da un terminale ad un altro o da un terminale ad un impianto di distribuzione di carburanti;
 eee) veicolo-cisterna:  un veicolo adibito al trasporto su strada della benzina che comprenda una o piu' cisterne montate stabilmente o facenti   parte   integrante   del  telaio  o  una  o  piu'  cisterne rimuovibili.
 
 
 
 Note all'art. 268:
 - Il  decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
 1988,  n.  203,  recante  «Attuazione  delle  direttive CEE
 numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in
 materia  di  qualita'  dell'aria, relativamente a specifici
 agenti   inquinanti,   e  di  inquinamento  prodotto  dagli
 impianti  industriali,  ai  sensi  dell'art. 15 della legge
 16 aprile  1987,  n.  18»,  e'  pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale   del   16 giugno   1988,   n.  140,  supplemento
 ordinario.
 - L'art.  11  del  citato  decreto del Presidente della
 Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, e' il seguente:
 «Art.  11.  -  1.  Le  prescrizioni dell'autorizzazione
 possono  essere  modificate in seguito all'evoluzione della
 migliore  tecnologia  disponibile,  nonche' alla evoluzione
 della situazione ambientale.».
 -  La  legge  23 agosto 2004, n. 239, recante «Riordino
 del  settore  energetico,  nonche' delega al Governo per il
 riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia»
 e'  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale del 13 settembre
 2004, n. 215.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 269 (autorizzazione alle emissioni in atmosfera)
 
 1. Fatto  salvo  quanto  stabilito dall'articolo 267, comma 3, dai commi 14 e 16 del presente articolo e dall'articolo 272, comma 5, per tutti  gli impianti che producono emissioni deve essere richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto.
 
 2. Il   gestore   che  intende  installare  un  impianto  nuovo  o trasferire un impianto da un luogo ad un altro presenta all'autorita' competente una domanda di autorizzazione, accompagnata:
 
 a) dal  progetto dell'impianto in cui sono descritte la specifica attivita'  a  cui  l'impianto  e' destinato, le tecniche adottate per limitare le emissioni e la quantita' e la qualita' di tali emissioni, le   modalita'   di   esercizio   e   la  quantita',  il  tipo  e  le caratteristiche  merceologiche  dei  combustibili  di  cui si prevede l'utilizzo,  nonche', per gli impianti soggetti a tale condizione, il minimo  tecnico  definito  tramite  i  parametri  di  impianto che lo caratterizzano, e
 b) da  una  relazione  tecnica  che descrive il complessivo ciclo produttivo  in cui si inserisce la specifica attivita' cui l'impianto e' destinato ed indica il periodo previsto intercorrente tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto.
 
 3. Ai   fini   del   rilascio   dell'autorizzazione,   l'autorita' competente   indice,   entro  trenta  giorni  dalla  ricezione  della richiesta,  una  conferenza  di  servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti  della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel corso della quale si procede  anche,  in  via  istruttoria,  ad un contestuale esame degli interessi  coinvolti  in  altri  procedimenti  amministrativi  e,  in particolare,  nei procedimenti svolti dal comune ai sensi del decreto del  Presidente  della  Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Eventuali integrazioni della domanda devono  essere trasmesse all'autorita' competente entro trenta giorni dalla  richiesta;  se  l'autorita'  competente non si pronuncia in un termine  pari  a  centoventi  giorni o, in caso di integrazione della domanda   di  autorizzazione,  pari  a  centocinquanta  giorni  dalla ricezione  della  domanda stessa, il gestore puo', entro i successivi sessanta  giorni, richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  di  provvedere,  notificando  tale  richiesta  anche all'autorita'  competente. Il Ministro si esprime sulla richiesta, di concerto  con  i  Ministri della salute e delle attivita' produttive, sentito  il  comune  interessato,  entro  novanta  giorni o, nei casi previsti  dall'articolo  281,  comma  1,  entro centocinquanta giorni dalla  ricezione  della  stessa;  decorso  tale  termine,  si applica l'articolo 2, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
 
 4. L'autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271:
 
 a) per  le emissioni che risultano tecnicamente convogliabili, le modalita' di captazione e di convogliamento;
 b) per  le  emissioni  convogliate  o di cui e' stato disposto il convogliamento,  i  valori  limite  di  emissione, le prescrizioni, i metodi  di  campionamento  e di analisi, i criteri per la valutazione della   conformita'  dei  valori  misurati  ai  valori  limite  e  la periodicita' dei controlli di competenza del gestore;
 c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad assicurarne il contenimento.
 
 5. L'autorizzazione  stabilisce  il  periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa in  esercizio  deve essere comunicata all'autorita' competente con un anticipo  di  almeno  quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce la data  entro  cui  devono essere comunicati all'autorita' competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata di durata non inferiore a dieci giorni, decorrenti dalla  messa a regime, e la durata di tale periodo, nonche' il numero dei campionamenti da realizzare.
 
 6. L'autorita'  competente  per  il  controllo  effettua  il primo accertamento  circa  il  rispetto  dell'autorizzazione entro sei mesi dalla data di messa a regime dell'impianto.
 
 7. L'autorizzazione  rilasciata  ai sensi del presente articolo ha una  durata  di  quindici  anni. La  domanda  di  rinnovo deve essere presentata   almeno   un   anno   prima  della  scadenza. Nelle  more dell'adozione    del   provvedimento   sulla   domanda   di   rinnovo dell'autorizzazione   rilasciata  ai  sensi  del  presente  articolo, l'esercizio  dell'impianto  puo'  continuare  anche  dopo la scadenza dell'autorizzazione  in  caso  di  mancata  pronuncia  in termini del Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio a cui sia stato richiesto   di  provvedere  ai  sensi  del  comma  3. L'aggiornamento dell'autorizzazione  ai  sensi  del comma 8 comporta il decorso di un nuovo periodo di quindici anni solo nel caso di modifica sostanziale.
 
 8. Il  gestore che intende sottoporre un impianto ad una modifica, che  comporti  una variazione di quanto indicato nel progetto o nella relazione  tecnica  di cui al comma 2 o nell'autorizzazione di cui al comma  3  o  nell'autorizzazione  rilasciata ai sensi del decreto del Presidente  della  Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, o nei documenti previsti  dall'articolo  12  di  tale  decreto,  anche  relativa alle modalita'   di   esercizio  o  ai  combustibili  utilizzati,  ne  da' comunicazione   all'autorita'   competente   o,  se  la  modifica  e' sostanziale,  presenta  una  domanda  di  aggiornamento  ai sensi del presente articolo. Se la modifica per cui e' stata data comunicazione e'   sostanziale,   l'autorita'   competente  ordina  al  gestore  di presentare  una  domanda  di  aggiornamento dell'autorizzazione, alla quale  si  applicano  le  disposizioni  del  presente articolo. Se la modifica  non  e'  sostanziale,  l'autorita' competente provvede, ove necessario,  ad  aggiornare  l'autorizzazione in atto. Se l'autorita' competente  non  si  esprime  entro sessanta giorni, il gestor e puo' procedere  all'esecuzione  della modifica non sostanziale comunicata, fatto  salvo  il potere dell'autorita' competente di provvedere anche successivamente,  nel  termine  di  sei  mesi  dalla  ricezione della comunicazione. Per   modifica   sostanziale  si  intende  quella  che comporta  un  aumento  o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilita' tecnica delle stesse. Il presente  comma  si applica anche a chi intende sottoporre a modifica una  attivita'  autorizzata  ai  sensi  dei commi 10, 11, 12 e 13. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, comma 11.
 
 9. L'autorita'  competente  per  il  controllo  e'  autorizzata ad effettuare  presso  gli  impianti  tutte  le  ispezioni  che  ritenga necessarie per accertare il rispetto dell'autorizzazione.
 
 10. Fermo  restando quanto previsto dall'articolo 275, chi intende effettuare,  in modo non occasionale, attivita' di verniciatura in un luogo   a  cio'  adibito  ed  in  assenza  di  un  impianto  presenta all'autorita'  competente  apposita domanda, salvo l'attivita' ricada tra   quelle   previste   dall'articolo   272,  comma  1. L'autorita' competente  valuta  se,  ai  sensi dell'articolo 270, commi 1 e 2, le emissioni  prodotte  da  tali  attivita'  devono  essere  convogliate attraverso la realizzazione di un impianto.
 
 11. Nel caso in cui il convogliamento delle emissioni sia disposto ai sensi del comma 10, si applicano i valori limite e le prescrizioni di cui all'articolo 271, contenuti nelle autorizzazioni rilasciate in conformita'  al  presente articolo, oppure, se l'attivita' ricade tra quelle  previste  dall'articolo  272,  comma  2, i valori limite e le prescrizioni    contenuti    nelle    autorizzazioni   generali   ivi disciplinate. Nel  caso  in cui il convogliamento delle emissioni non sia   disposto,  l'autorizzazione  stabilisce  apposite  prescrizioni finalizzate  ad  assicurare  il  contenimento delle emissioni diffuse prodotte  dall'attivita';  a  tale  autorizzazione  si  applicano  le disposizioni  del presente articolo escluse quelle che possono essere riferite alle sole emissioni convogliate.
 
 12. Le  disposizioni dei commi 10 e 11 si applicano altresi' a chi intende  effettuare,  in  modo  non occasionale ed in un luogo a cio' adibito,  in  assenza  di  un  impianto,  attivita'  di  lavorazione, trasformazione  o  conservazione  di  materiali  agricoli,  le  quali producano   emissioni,  o  attivita'  di  produzione,  manipolazione, trasporto,  carico,  scarico  o stoccaggio di materiali polverulenti, salvo  tali attivita' ricadano tra quelle previste dall'articolo 272, comma  1. Per le attivita' aventi ad oggetto i materiali polverulenti si  applicano le norme di cui alla parte I dell'Allegato V alla parte quinta del presente decreto.
 
 13. Se  un  luogo  e'  adibito, in assenza di una struttura fissa, all'esercizio non occasionale delle attivita' previste dai commi 10 o 12,   ivi   effettuate   in   modo   occasionale  da  piu'  soggetti, l'autorizzazione  e'  richiesta dal gestore del luogo. Per gestore si intende,  ai  fini  del  presente  comma, il soggetto che esercita un potere  decisionale circa le modalita' e le condizioni di utilizzo di tale area da parte di chi esercita l'attivita'.
 
 14. Non sono sottoposti ad autorizzazione i seguenti impianti:
 a) impianti  di  combustione,  compresi  i  gruppi  elettrogeni a cogenerazione,   di  potenza  termica  nominale  inferiore  a  1  MW, alimentati  a  biomasse  di  cui all'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, a gasolio, come tale o in emulsione, o a biodiesel;
 b) impianti  di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW;
 c) impianti  di  combustione  alimentati  a  metano  o  a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW;
 d) impianti  di  combustione,  ubicati all'interno di impianti di smaltimento   dei  rifiuti,  alimentati  da  gas  di  discarica,  gas residuati  dai  processi  di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attivita' di recupero e' soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate;
 e) impianti   di   combustione   alimentati   a   biogas  di  cui all'Allegato  X  alla  parte  quinta del presente decreto, di potenza termica nominale complessiva inferiore o uguale a 3 MW;
 f) gruppi  elettrogeni  di  cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW;
 g) gruppi  elettrogeni  di  cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW;
 h) impianti  di combustione connessi alle attivita' di stoccaggio dei  prodotti  petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza  termica  nominale  inferiore a 5 MW se alimentati a metano o GPL ed inferiore a 2,5 MW se alimentati a gasolio;
 i) impianti  di emergenza e di sicurezza, laboratori di analisi e ricerca,   impianti  pilota  per  prove,  ricerche,  sperimentazioni, individuazione di prototipi. Tale esenzione non si applica in caso di emissione  di  sostanze  cancerogene,  tossiche per la riproduzione o mutagene  o di sostanze di tossicita' e cumulabilita' particolarmente elevate,  come  individuate dalla parte II dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto.
 
 15. L'autorita'    competente    puo'   prevedere,   con   proprio provvedimento  generale, che i gestori degli impianti di cui al comma 14  comunichino  alla  stessa, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attivita'.
 
 16. Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di  oli  minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le  medesime  finalita',  con  apposito  provvedimento dall'autorita' competente.
 
 
 
 Note all'art. 269:
 - La  legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme
 in  materia  di procedimento amministrativo e di diritto di
 accesso  ai  documenti  amministrativi»,  pubblicata  nella
 Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 1990, n. 192.
 - Il  decreto  del Presidente della Repubblica 6 giugno
 2001,  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle disposizioni
 legislative   e  regolamentari  in  materia  edilizia»,  e'
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 ottobre 2001, n.
 245, supplemento ordinario.
 - Il  regio  decreto  27 luglio  1934, n. 1265, recante
 «Approvazione  del  testo  unico delle leggi sanitarie», e'
 pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1934, n.
 186, supplemento ordinario.
 - L'art.  2, comma 5, della citata legge 7 agosto 1990,
 n. 241, e' il seguente:
 «5. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini
 di  cui  ai  commi  2  o  3, il ricorso avverso il silenzio
 dell'amministrazione, ai sensi dell'art. 21-bis della legge
 6 dicembre  1971, n. 1034, puo' essere proposto anche senza
 necessita'  di  diffida  all'amministrazione  inadempiente,
 fintanto  che  perdura l'inadempimento e comunque non oltre
 un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi
 2  o  3.  Il  giudice  amministrativo  puo' conoscere della
 fondatezza  dell'istanza. E fatta salva la riproponibilita'
 dell'istanza  di  avvio del procedimento ove ne ricorrano i
 presupposti».
 - Il  decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
 1988,  n.  203,  recante  «Attuazione  delle  direttive CEE
 numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in
 materia  di  qualita'  dell'aria, relativamente a specifici
 agenti   inquinanti,   e  di  inquinamento  prodotto  dagli
 impianti  industriali,  ai  sensi  dell'art. 15 della legge
 16 aprile  1987,  n.  18»,  e'  pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale 16 giugno 1988, n. 140, supplemento ordinario.
 - L'art.  12  del  citato  decreto del Presidente della
 Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, e' il seguente:
 «  Art. 12. - 1. Per gli impianti esistenti deve essere
 presentata  domanda  di  autorizzazione alla regione o alla
 provincia  autonoma competente entro dodici mesi dalla data
 di entrata in vigore del presente decreto, corredata da una
 relazione  tecnica  contenente  la  descrizione  del  ciclo
 produttivo,    le   tecnologie   adottate   per   prevenire
 l'inquinamento, la quantita' e la qualita' delle emissioni,
 nonche'  un progetto di adeguamento delle emissioni redatto
 sulla base dei parametri indicati nell'art. 13, comma 1».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 270 (convogliamento delle emissioni)
 
 1. In  sede  di autorizzazione, l'autorita' competente verifica se le  emissioni diffuse di un impianto o di un macchinario fisso dotato di  autonomia  funzionale  sono tecnicamente convogliabili sulla base delle  migliori  tecniche  disponibili  e sulla base delle pertinenti prescrizioni  dell'Allegato  I alla parte quinta del presente decreto e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento.
 
 2. In presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone  che  richiedono  una particolare tutela ambientale, l'autorita' competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse  ai  sensi  del  comma  1 anche se la tecnica individuata non soddisfa  il  requisito della disponibilita' di cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa), numero 2).
 
 3. Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio,  di  concerto con i Ministri delle attivita' produttive e della  salute, sono stabiliti i criteri da utilizzare per la verifica di cui ai commi 1 e 2.
 
 4. Se  piu'  impianti  con  caratteristiche tecniche e costruttive simili, aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee e   localizzati  nello  stesso  luogo  sono  destinati  a  specifiche attivita'  tra  loro identiche, l'autorita' competente, tenendo conto delle  condizioni tecniche ed economiche, puo' considerare gli stessi come un unico impianto.
 
 5. In  caso di emissioni convogliate o di cui e' stato disposto il convogliamento,  ciascun  impianto  o  macchinario  fisso  dotato  di autonomia  funzionale,  anche  individuato ai sensi del comma 4, deve avere  un  solo  punto  di emissione, fatto salvo quanto previsto nei commi 6 e 7. Salvo quanto diversamente previsto da altre disposizioni del  presente  titolo,  i  valori  limite di emissione si applicano a ciascun punto di emissione.
 
 6. Ove  non  sia tecnicamente possibile assicurare il rispetto del comma  5, l'autorita' competente puo' autorizzare un nuovo impianto o macchinario fisso dotato di autonomia funzionale avente piu' punti di emissione. In  tal  caso,  i valori limite di emissione espressi come flusso  di massa, fattore di emissione e percentuale sono riferiti al complesso  delle  emissioni  dell'impianto  o  del  macchinario fisso dotato  di autonomia funzionale e quelli espressi come concentrazione sono  riferiti alle emissioni dei singoli punti, salva l'applicazione dell'articolo 271, comma 10.
 
 7. Ove  non  sia tecnicamente possibile assicurare il rispetto del comma  5,  l'autorita'  competente puo' autorizzare il convogliamento delle  emissioni  di piu' nuovi impianti o macchinari fissi dotati di autonomia  funzionale  in uno o piu' punti di emissione comuni, anche appartenenti  ad  impianti  anteriori  al 2006 ed al 1988, purche' le emissioni  di tutti gli impianti o di tutti i macchinari fissi dotati di  autonomia  funzionale  presentino caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In  tal caso a ciascun punto di emissione comune si applica il   piu'  severo  dei  valori  limite  di  emissione  espressi  come concentrazione  previsti  per  i  singoli impianti o macchinari fissi dotati di autonomia funzionale.
 
 8. Gli  impianti anteriori al 2006 ed al 1988 si adeguano a quanto previsto  dal  comma  5 o, ove cio' non sia tecnicamente possibile, a quanto  previsto dai commi 6 e 7 entro i tre anni successivi al primo rinnovo  dell'autorizzazione  effettuato  ai sensi dell'articolo 281, comma  1. Ai fini dell'applicazione dei commi 4, 5, 6 e 7 l'autorita' competente  tiene  anche  conto  della documentazione elaborata dalla commissione di cui all'articolo 281, comma 9.
 |  |  |  | ART. 271 (valori limite di emissione e prescrizioni)
 
 1. L'Allegato  I alla parte quinta del presente decreto stabilisce i  valori limite di emissione, con l'indicazione di un valore massimo e  di  un  valore  minimo,  e  le  prescrizioni per l'esercizio degli impianti   anteriori   al  1988  e  di  tutti  gli  impianti  di  cui all'articolo  269,  comma  14,  eccettuati quelli di cui alla lettera d). I   valori  limite  di  emissione  e  le  prescrizioni  stabiliti nell'Allegato  I  si  applicano  agli  impianti nuovi e agli impianti anteriori  al  2006 esclusivamente nei casi espressamente previsti da tale  Allegato. L'Allegato  V  alla parte quinta del presente decreto stabilisce   apposite   prescrizioni  per  le  emissioni  di  polveri provenienti  da  attivita'  di  produzione, manipolazione, trasporto, carico,  scarico  o  stoccaggio  di  materiali  polverulenti e per le emissioni  in  forma  di  gas  o  vapore  derivanti  da  attivita' di lavorazione,  trasporto,  travaso  e stoccaggio di sostanze organiche liquide.
 
 2. Con  apposito  decreto,  adottato  ai  sensi dell'articolo 281, comma  5, si provvede ad integrare l'Allegato I alla parte quinta del presente  decreto  con  la fissazione di valori limite e prescrizioni per  l'esercizio  degli  impianti  nuovi  e  di  quelli  anteriori al 2006. Con  tale  decreto  si  provvede altresi' all'aggiornamento del medesimo  Allegato I. Fino all'adozione di tale decreto si applicano, per   gli   impianti   anteriori   al  1988  ed  al  2006,  i  metodi precedentemente  in uso e, per gli impianti nuovi, i metodi stabiliti dall'autorita'  competente sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN  o,  ove  queste  non  siano  disponibili, delle pertinenti norme tecniche  ISO, oppure, ove anche queste ultime non siano disponibili, sulla    base   delle   pertinenti   norme   tecniche   nazionali   o internazionali.
 
 3. La  regione o la provincia autonoma puo' stabilire, con legge o con  provvedimento  generale,  sulla  base  delle  migliori  tecniche disponibili,  valori limite di emissione compresi tra i valori minimi e  massimi  fissati  dall'Allegato  I  alla parte quinta del presente decreto. La  regione  o la provincia autonoma puo' inoltre stabilire, ai   fini  della  valutazione  dell'entita'  della  diluizione  delle emissioni,   portate   caratteristiche  di  specifiche  tipologie  di impianti.
 
 4. I  piani  e  i  programmi  previsti dall'articolo 8 del decreto legislativo  4  agosto  1999,  n. 351,  e dall'articolo 3 del decreto legislativo  21  maggio 2004, n. 183, possono stabilire valori limite di   emissione  e  prescrizioni,  anche  inerenti  le  condizioni  di costruzione  o  di  esercizio  dell'impianto,  piu'  severi di quelli fissati  dall'Allegato  I  alla  parte  quinta del presente decreto e dalla  normativa di cui al comma 3 purche' cio' risulti necessario al conseguimento  dei  valori  limite e dei valori bersaglio di qualita' dell'aria. Fino  all'emanazione di tali piani e programmi, continuano ad  applicarsi  i  valori  limite  di  emissione  e  le  prescrizioni contenuti nei piani adottati ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203.
 
 5. I  piani  e  i  programmi  di  cui al comma 4 possono stabilire valori  limite  di  emissione e prescrizioni per gli impianti nuovi o anteriori  al  2006  anche  prima dell'adozione del decreto di cui al comma 2.
 
 6. Per ciascuno degli impianti per cui e' presentata la domanda di cui  all'articolo 269, l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione   e   le   prescrizioni  sulla  base  dei  valori  e  delle prescrizioni  fissati  dall'Allegato I alla parte quinta del presente decreto,  dalla  normativa  di cui al comma 3 e dai piani e programmi relativi  alla  qualita'  dell'aria. Le  prescrizioni  finalizzate ad assicurare  il  contenimento  delle  emissioni diffuse sono stabilite sulla  base  delle  migliori  tecniche disponibili e sulla base delle pertinenti  disposizioni  degli  Allegati I e V alla parte quinta del presente  decreto. Per le sostanze per cui non sono fissati valori di emissione,  l'autorizzazione  stabilisce  appositi  valori limite con riferimento  a  quelli  previsti per sostanze simili sotto il profilo chimico e aventi effetti analoghi sulla salute e sull'ambiente.
 
 7. Nel  caso  in  cui  la  normativa di cui al comma 3 e i piani e programmi  relativi  alla  qualita' dell'aria non stabiliscano valori limite   di   emissione,   non   deve   comunque   essere   superato, nell'autorizzazione, il valore massimo stabilito dall'Allegato I alla parte quinta del presente decreto.
 
 8. Per  gli  impianti  nuovi o per gli impianti anteriori al 2006, fino  all'adozione  del  decreto  di cui al comma 2, l'autorizzazione stabilisce  i valori limite di emissione e le prescrizioni sulla base dei  valori e delle prescrizioni fissati nei piani e programmi di cui al    comma    5    e    sulla    base    delle   migliori   tecniche disponibili. Nell'autorizzazione  non devono comunque essere superati i  valori minimi di emissione che l'Allegato I fissa per gli impianti anteriori  al  1988. Le  prescrizioni  finalizzate  ad  assicurare il contenimento  delle emissioni diffuse sono stabilite sulla base delle migliori tecniche disponibili e dell'Allegato V alla parte quinta del presente decreto. Si applica l'ultimo periodo del comma 6.
 
 9. Fermo  restando  quanto  previsto dal comma 8, l'autorizzazione puo'  stabilire  valori  limite  di  emissione  piu' severi di quelli fissati dall'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, dalla normativa  di  cui  al  comma 3 e dai piani e programmi relativi alla qualita' dell'aria:
 
 a) in  sede  di  rinnovo,  sulla  base  delle  migliori  tecniche disponibili, anche tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi;
 b) per  zone  di  particolare  pregio  naturalistico, individuate all'interno  dei  piani  e  dei  programmi  adottati  ai  sensi degli articoli  8  e  9  del  decreto  legislativo 4 agosto 1999, n. 351, o dell'articolo  3  del  decreto  legislativo 21 maggio 2004, n. 183, o dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203.
 
 10. Nel caso previsto dall'articolo 270, comma 6, l'autorizzazione puo'  prevedere  che i valori limite di emissione si riferiscano alla media  ponderata  delle  emissioni  di  sostanze  inquinanti uguali o appartenenti  alla  stessa  classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee,    provenienti    dai    diversi    punti    di   emissione dell'impianto. Il  flusso di massa complessivo dell'impianto non puo' essere  superiore  a  quello  che  si  avrebbe  se i valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione.
 
 11. I   valori   limite  di  emissione  e  il  tenore  volumetrico dell'ossigeno  di  riferimento  si riferiscono al volume di effluente gassoso  rapportato alle condizioni normali, previa detrazione, salvo quanto  diversamente  indicato  nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, del tenore volumetrico di vapore acqueo.
 
 12. Salvo  quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta  del  presente decreto, il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento  e'  quello  derivante dal processo. Se nell'emissione il tenore  volumetrico  di ossigeno e' diverso da quello di riferimento, le   concentrazioni  misurate  devono  essere  corrette  mediante  la seguente formula:
 
 dove:
 
 ---->  Vedere formula a pag. 145  <----
 
 13. I  valori limite di emissione si riferiscono alla quantita' di emissione  diluita  nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista  tecnologico  e dell'esercizio. In caso di ulteriore diluizione dell'emissione  le  concentrazioni  misurate  devono  essere corrette mediante la seguente formula:
 
 dove:
 
 ---->  Vedere formula a pag. 145  <----
 
 14. Salvo  quanto  diversamente  stabilito  dalla parte quinta del presente  decreto,  i  valori  limite  di  emissione  si applicano ai periodi di normale funzionamento dell'impianto, intesi come i periodi in  cui  l'impianto  e'  in  funzione  con  esclusione dei periodi di avviamento  e  di  arresto  e dei periodi in cui si verificano guasti tali     da     non     permettere    il    rispetto    dei    valori stessi. L'autorizzazione  puo'  stabilire specifiche prescrizioni per tali  periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualita' di tali guasti  ed individuare gli ulteriori periodi transitori nei quali non si  applicano  i valori limite di emissione. Se si verifica un guasto tale  da  non  permettere  il rispetto di valori limite di emissione, l'autorita'  competente  deve  essere  informata  entro  le  otto ore successive  e  puo'  disporre  la  riduzione  o  la  cessazione delle attivita'  o altre prescrizioni, fermo restando l'obbligo del gestore di  procedere  al  ripristino funzionale dell'impianto nel piu' breve tempo  possibile. Il gestore e' comunque tenuto ad adottare t utte le precauzioni  opportune  per ridurre al minimo le emissioni durante le fasi  di  avviamento  e  di  arresto. Sono  fatte  salve  le  diverse disposizioni  contenute  nella  parte quinta del presente decreto per specifiche  tipologie  di  impianti. Non  costituiscono  in ogni caso periodi  di  avviamento o di arresto i periodi di oscillazione che si verificano    regolarmente    nello    svolgimento   della   funzione dell'impianto.
 
 15. Per i grandi impianti di combustione di cui all'articolo 273 e per  gli  impianti  di  cui all'articolo 275, il presente articolo si applica con riferimento ai valori limite di emissione ivi previsti.
 
 16. Per   gli  impianti  sottoposti  ad  autorizzazione  integrata ambientale  i  valori  limite  e  le  prescrizioni di cui al presente articolo  si  applicano  ai fini del rilascio di tale autorizzazione, fermo  restando  il  potere  dell'autorita'  competente  di stabilire valori limite e prescrizioni piu' severi.
 
 17. L'Allegato   VI   alla   parte  quinta  del  presente  decreto stabilisce  i criteri per la valutazione della conformita' dei valori misurati ai valori limite di emissione. Con apposito decreto ai sensi dell'articolo  281,  comma  5,  si  provvede ad integrare il suddetto Allegato VI, prevedendo appositi metodi di campionamento e di analisi delle  emissioni  nonche'  modalita' atte a garantire la qualita' dei sistemi   di   monitoraggio   in   continuo   delle   emissioni. Fino all'adozione di tale decreto si applicano, per gli impianti anteriori al  1988  ed  al  2006,  i  metodi  precedentemente in uso e, per gli impianti  nuovi,  i  metodi stabiliti dall'autorita' competente sulla base  delle  pertinenti  norme  tecniche  CEN o, ove queste non siano disponibili,  delle  pertinenti norme tecniche ISO, oppure, ove anche queste  ultime  non  siano  disponibili,  sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali o internazionali.
 
 
 
 Note all'art. 271:
 - L'art.  8,  del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
 351,   recante  «Attuazione  della  direttiva  96/62/CE  in
 materia   di  valutazione  e  di  gestione  della  qualita'
 dell'aria  ambiente»,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale
 del 13 ottobre 1999, n. 241, e' il seguente:
 «Art.  8  (Misure  da  applicare  nelle  zone  in cui i
 livelli  sono piu' alti dei valori limite). - 1. Le regioni
 provvedono, sulla base della valutazione preliminare di cui
 all'art.  5,  in  prima  applicazione,  e, successivamente,
 sulla  base  della  valutazione  di  cui  all'art.  6, alla
 definizione  di  una  lista  di  zone  e di agglomerati nei
 quali:
 a) i  livelli  di  uno  o piu' inquinanti eccedono il
 valore limite aumentato del margine di tolleranza;
 b) i  livelli  di uno o piu' inquinanti sono compresi
 tra  il  valore  limite  ed  il valore limite aumentato del
 margine di tolleranza.
 2.  Nel caso che nessun margine di tolleranza sia stato
 fissato  per  uno  specifico  inquinante,  le  zone  e  gli
 agglomerati  nei quali il livello di tale inquinante supera
 il  valore limite, sono equiparate alle zone ed agglomerati
 di cui al comma 1, lettera a).
 3. Nelle zone e negli agglomerati di cui al comma 1, le
 regioni   adottano   un   piano   o  un  programma  per  il
 raggiungimento  dei valori limite entro i termini stabiliti
 ai  sensi  dell'art.  4,  comma 1, lettera c). Nelle zone e
 negli  agglomerati  in  cui  il  livello di piu' inquinanti
 supera  i  valori limite, le regioni predispongono un piano
 integrato per tutti gli inquinanti in questione.
 4.  I piani e programmi, devono essere resi disponibili
 al pubblico e agli organismi di cui all'art. 11, comma 1, e
 riportare almeno le informazioni di cui all'allegato V.
 5.  Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto
 con  il  Ministro  della  sanita',  sentita  la  Conferenza
 unificata,  entro  dodici  mesi  dalla  data  di entrata in
 vigore  del  presente decreto, sono stabiliti i criteri per
 l'elaborazione dei piani e dei programmi di cui al comma 3.
 6. Allorche' il livello di un inquinante e' superiore o
 rischia  di essere superiore al valore limite aumentato del
 margine  di  tolleranza  o,  se  del  caso,  alla soglia di
 allarme, in seguito ad un inquinamento significativo avente
 origine  da  uno  Stato  dell'Unione  europea, il Ministero
 dell'ambiente,   sentite  le  regioni  e  gli  enti  locali
 interessati,  provvede  alla consultazione con le autorita'
 degli  Stati  dell'Unione  europea  coinvolti allo scopo di
 risolvere la situazione.
 7.  Qualora  le  zone di cui ai commi 1 e 2 interessino
 piu' regioni, la loro estensione viene individuata d'intesa
 fra  le  regioni  interessate  che  coordinano i rispettivi
 piani.».
 - L'art.  3  del decreto legislativo 21 maggio 2004, n.
 183,  recante «Attuazione della direttiva 202/3/CE relativa
 all'ozono  nell'aria»,  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
 del 23 luglio 2004, n. 171, S.O. e' il seguente:
 «Art.  3  (Valori  bersaglio). - 1. I valori bersaglio,
 per  i  livelli  di ozono nell'aria ambiente da conseguire,
 per  quanto  possibile,  a partire dal 2010, sono stabiliti
 all'allegato I, parte II.
 2.  Le regioni e le province autonome competenti, sulla
 base  delle  valutazioni  effettuate  ai sensi dell'art. 6,
 definiscono  un  elenco  delle zone e degli agglomerati nei
 quali  i  livelli  di  ozono  nell'aria  superano  i valori
 bersaglio di cui al comma 1.
 3.  Le regioni e le province autonome competenti, entro
 due  anni  dalla  data  di  entrata  in vigore del presente
 decreto, adottano, nelle zone e negli agglomerati di cui al
 comma  2,  un  piano  o  programma  coerente  con  il piano
 nazionale  delle  emissioni predisposto in attuazione della
 direttiva  2001/81/CE,  al  fine  di  raggiungere  i valori
 bersaglio previsti al comma 1, sempreche' il raggiungimento
 di  detti  valori  bersaglio  sia  realizzabile  attraverso
 misure proporzionate.
 4.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della
 tutela  del  territorio,  di concerto con il Ministro della
 salute,  sentito  il  Ministro delle attivita' produttive e
 sentita  la  Conferenza  unificata, entro dodici mesi dalla
 data  di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto, sono
 stabiliti  i  criteri  per  l'elaborazione  dei piani e dei
 programmi   di   cui   al   comma   3   ed  i  criteri  per
 l'individuazione  delle  misure proporzionate previste allo
 stesso comma.
 5.  Qualora le zone e gli agglomerati di cui al comma 2
 coincidono,  anche  in  parte,  con  zone e agglomerati nei
 quali  sono  adottati,  ai  sensi  dall'art.  8 del decreto
 legislativo  4 agosto  1999,  n. 351, piani o programmi per
 inquinanti  diversi  dall'ozono,  le  regioni e le province
 autonome  competenti,  se necessario, al fine di conseguire
 il  valore  bersaglio  di  cui al comma 1, adottano piani o
 programmi integrati per l'ozono e per detti inquinanti.
 6. I piani o programmi di cui ai commi 3 e 5 contengono
 almeno   le  informazioni  descritte  nell'allegato  V  del
 decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351.».
 - L'art.  4 del decreto del Presidente della Repubblica
 24 maggio 1988, n. 203, recante «Attuazione delle direttive
 CEE  numeri  80/779,  82/884,  84/360  e 85/203 concernenti
 norme  in  materia  di  qualita' dell'aria, relativamente a
 specifici  agenti  inquinanti,  e  di inquinamento prodotto
 dagli  impianti  industriali,  ai  sensi dell'art. 15 della
 legge  16 aprile  1987,  n.  18», pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale 16 giugno 1988, n. 140, S.O., e' il seguente:
 «Art. 4. - 1. Fatte salve le competenze dello Stato, la
 tutela  dell'ambiente  dall'inquinamento atmosferico spetta
 alle  regioni,  che  la esercitano nell'ambito dei principi
 contenuti  nel  presente  decreto e delle altre leggi dello
 Stato. In particolare e' di competenza delle regioni:
 a) la   formulazione   dei   piani   di  rilevamento,
 prevenzione,   conservazione   e  risanamento  del  proprio
 territorio,  nel  rispetto  dei  valori  limite di qualita'
 dell'aria;
 b) la   fissazione   di  valori  limite  di  qualita'
 dell'aria,  compresi  tra  i valori limite e i valori guida
 ove  determinati  dallo  Stato,  nell'ambito  dei  piani di
 conservazione  per  zone  specifiche  nelle quali ritengono
 necessario     limitare     o    prevenire    un    aumento
 dell'inquinamento  dell'aria derivante da sviluppi urbani o
 industriali;
 c) la  fissazione  dei  valori  di qualita' dell'aria
 coincidenti  o  compresi  nei  valori guida, ovvero ad essi
 inferiori,  nell'ambito  dei piani di protezione ambientale
 per  zone determinate, nelle quali e' necessario assicurare
 una speciale protezione dell'ambiente;
 d) la   fissazione  dei  valori  delle  emissioni  di
 impianti,  sulla base della migliore tecnologia disponibile
 e tenendo conto delle linee guida fissate dallo Stato e dei
 relativi  valori di emissione. In assenza di determinazioni
 regionali,  non  deve  comunque  essere  superato  il  piu'
 elevato dei valori di emissione definiti nelle linee guida,
 fatti salvi i poteri sostitutivi degli organi statali;
 e) la fissazione per zone particolarmente inquinate o
 per  specifiche  esigenze di tutela ambientale, nell'ambito
 dei  piani  di  cui  al  punto  a),  di valori limite delle
 emissioni  piu'  restrittivi dei valori minimi di emissione
 definiti nelle linee guida, nonche' per talune categorie di
 impianti  la  determinazione  di  particolari condizioni di
 costruzione o di esercizio;
 f)  l'indirizzo  ed  il  coordinamento dei sistemi di
 controllo  e  di rilevazione degli inquinanti atmosferici e
 l'organizzazione dell'inventario regionale delle emissioni;
 g) la  predisposizione  di  relazioni  annuali  sulla
 qualita'    dell'aria    da    trasmettere   ai   Ministeri
 dell'ambiente e della sanita', per i fini indicati all'art.
 3, comma 4, lettera d).».
 - L'art.  9  del  citato  decreto  legislativo 4 agosto
 1999, n. 351, e' il seguente:
 «Art.  9 (Requisiti applicabili alle zone con i livelli
 inferiori  ai  valori  limite). - 1. Le regioni provvedono,
 sulla base della valutazione preliminare di cui all'art. 5,
 in  prima  applicazione,  e,  successivamente,  sulla  base
 dell'art.   6,   alla   definizione   delle  zone  e  degli
 agglomerati   in   cui  i  livelli  degli  inquinanti  sono
 inferiori  ai  valori  limite  e  tali da non comportare il
 rischio di superamento degli stessi.
 2. Nelle zone e negli agglomerati di cui al comma 1, le
 regioni  adottano  un  piano di mantenimento della qualita'
 dell'aria  al fine di conservare i livelli degli inquinanti
 al  di  sotto  dei  valori limite e si adoperano al fine di
 preservare   la   migliore   qualita'   dell'aria  ambiente
 compatibile   con   lo   sviluppo  sostenibile  secondo  le
 direttive  emanate  con decreto del Ministro dell'ambiente,
 di  concerto  con  il  Ministro  della  sanita', sentita la
 Conferenza unificata.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 272 (impianti e attivita' in deroga)
 
 1. L'autorita'    competente    puo'    prevedere,   con   proprio provvedimento   generale,  che  i  gestori  degli  impianti  o  delle attivita'  elencati  nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del  presente  decreto  comunichino  alla  stessa di ricadere in tale elenco  nonche',  in  via  preventiva,  la data di messa in esercizio dell'impianto  o  di avvio dell'attivita', salvo diversa disposizione dello  stesso  Allegato. Il  suddetto  elenco, riferito ad impianti o attivita'  le  cui  emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento  atmosferico,  puo'  essere aggiornato ed integrato secondo quanto disposto dall'articolo 281, comma 5, anche su proposta delle   regioni,   delle   province  autonome  e  delle  associazioni rappresentative di categorie produttive.
 
 2. Per  specifiche categorie di impianti, individuate in relazione al  tipo  e alle modalita' di produzione, l'autorita' competente puo' adottare  apposite  autorizzazioni  di carattere generale, relative a ciascuna  singola categoria di impianti, nelle quali sono stabiliti i valori  limite di emissione, le prescrizioni, i tempi di adeguamento, i  metodi  di  campionamento  e  di  analisi  e  la  periodicita' dei controlli. I  valori  limite  di  emissione  e  le  prescrizioni sono stabiliti  in conformita' all'articolo 271, commi 6 e 8. All'adozione di  tali  autorizzazioni generali l'autorita' competente deve in ogni caso  procedere, entro due anni dalla data di entrata in vigore della parte  quinta  del  presente  decreto,  per  gli  impianti  e  per le attivita' di cui alla parte II dell'Allegato IV alla parte quinta del presente  decreto. In  caso  di  mancata adozione dell'autorizzazione generale,  nel  termine  prescritto,  la  stessa  e'  rilasciata  con apposito  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio  e  i  gestori  degli  impianti int eressati comunicano la propria  adesione  all'autorita' competente; e' fatto salvo il potere di tale autorita' di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere  generale,  l'adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato,   la   decadenza   di   quella   adottata  dal  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. I gestori degli impianti per  cui  e'  stata  adottata  una  autorizzazione  generale  possono comunque  presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269.
 
 3. Il  gestore  degli impianti o delle attivita' di cui al comma 2 presenta all'autorita' competente, almeno quarantacinque giorni prima dell'installazione  dell'impianto  o  dell'avvio  dell'attivita', una domanda    di   adesione   all'autorizzazione   generale. L'autorita' competente  puo',  con  proprio  provvedimento, negare l'adesione nel caso   in   cui   non   siano   rispettati   i   requisiti   previsti dall'autorizzazione  generale o in presenza di particolari situazioni di  rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale. L'autorizzazione  generale  stabilisce  i requisiti della domanda di adesione e puo' prevedere, per gli impianti e le attivita' di  cui alla parte II dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto,  appositi  modelli  semplificati  di  domanda,  nei quali le quantita'  e  le  qualita'  delle  emissioni  sono  deducibili  dalle quantita'  di  materie  prime  ed  ausiliarie utilizzate. L'autorita' competente   procede,   ogni   quindici   anni,   al   rinnovo  delle autorizzazioni generali adottate ai sensi del presente artico lo. Per le  autorizzazioni  generali  rilasciate  ai  sensi  del  decreto del Presidente  del  Consiglio  dei Ministri 21 luglio 1989 e del decreto del  Presidente  della Repubblica 25 luglio 1991, il primo rinnovo e' effettuato  entro quindici anni dalla data di entrata in vigore della parte  quinta del presente decreto oppure, se tali autorizzazioni non sono  conformi  alle  disposizioni del presente titolo, entro un anno dalla   stessa   data. In   tutti  i  casi  di  rinnovo,  l'esercizio dell'impianto  o  dell'attivita' puo' continuare se il gestore, entro sessanta  giorni  dall'adozione  della nuova autorizzazione generale, presenta  una  domanda  di  adesione corredata, ove necessario, da un progetto   di  adeguamento  e  se  l'autorita'  competente  non  nega l'adesione. In  caso  di  mancata  presentazione  della  domanda  nel termine previsto l'impianto o l'attivita' si considerano in esercizio senza autorizzazione alle emissioni.
 
 4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano:
 
 a) in  caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione  o  mutagene o di sostanze di tossicita' e cumulabilita' particolarmente    elevate,   come   individuate   dalla   parte   II dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, o
 b) nel   caso   in   cui   siano   utilizzate,   nell'impianto  o nell'attivita',  le  sostanze  o i preparati classificati dal decreto legislativo  3  febbraio  1997,  n. 52,  come cancerogeni, mutageni o tossici  per  la  riproduzione,  a causa del loro tenore di COV, e ai quali  sono  state  assegnate  etichette con le frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61.
 
 5. Il  presente  titolo, ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, non si applica agli impianti e alle attivita' elencati nella parte I  dell'Allegato  IV  alla  parte  quinta  del  presente  decreto. Il presente  titolo  non si applica inoltre agli impianti destinati alla difesa  nazionale  ne' alle emissioni provenienti da sfiati e ricambi d'aria  esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza degli ambienti  di lavoro. Agli impianti di distribuzione dei carburanti si applicano  esclusivamente  le  pertinenti disposizioni degli articoli 276 e 277.
 
 
 
 Note all'art. 272:
 - Il  decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
 21 luglio  1989, recante «Atto di indirizzo e coordinamento
 alle  regioni,  ai  sensi  dell'art. 9 della legge 8 luglio
 1986,  n.  349,  per  l'attuazione  e l'interpretazione del
 decreto  del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
 203   recante   norme  in  materia  di  qualita'  dell'aria
 relativamente   a   specifici   agenti   inquinanti   e  di
 inquinamento   prodotto   da   impianti   industriali»,  e'
 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 1989, n.
 171.
 - Il  decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio
 1991,   recante   «Modifiche   dell'atto   di  indirizzo  e
 coordinamento  in materia di emissioni poco significative e
 di  attivita'  a  ridotto inquinamento atmosferico, emanato
 con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri
 21 luglio 1989», e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
 27 luglio 1991, n. 175.
 - Il   decreto  legislativo  3 febbraio  1997,  n.  52,
 recante  «Attuazione  della direttiva 92/32/CEE concernente
 classificazione,   imballaggio   ed   etichettatura   delle
 sostanze   pericolose»,   e'   pubblicato   nella  Gazzetta
 Ufficiale dell'11 marzo 1997, n. 58, S.O.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 273 (grandi impianti di combustione)
 
 1. L'Allegato   Il   alla   parte   quinta  del  presente  decreto stabilisce,  in relazione ai grandi impianti di combustione, i valori limite di emissione, inclusi quelli degli impianti multicombustibili, le  modalita'  di  monitoraggio  e  di  controllo  delle emissioni, i criteri  per  la  verifica  della  conformita'  ai valori limite e le ipotesi di anomalo funzionamento o di guasto degli impianti.
 
 2. Ai  grandi  impianti di combustione nuovi si applicano i valori limite  di  emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B,  e  sezione  6  dell'Allegato  II  alla  parte quinta del presente decreto.
 
 3. Ai  grandi  impianti  di combustione anteriori al 2006 i valori limite  di  emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A,  e  sezione  6  dell'Allegato  II  alla  parte quinta del presente decreto  si applicano a partire dal 1° gennaio 2008. Fino a tale data si  applicano  gli  articoli  3,  comma 1, 6, comma 2, e 14, comma 3, nonche'   gli  Allegati  4,  5,  6  e  9  del  decreto  del  Ministro dell'ambiente  8  maggio  1989. Sono  fatti  salvi  i diversi termini previsti nel suddetto Allegato II.
 
 4. Ai  grandi  impianti  di combustione anteriori al 1988 i valori limite  di  emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 5, lettera A,  e  sezioni  6 e 7 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto  si applicano a partire dal 1° gennaio 2008. Fino a tale data si  applicano  i valori limite di emissione per il biossido di zolfo, gli  ossidi  di  azoto,  le  polveri  e per i metalli e loro composti previsti  dal  decreto  del  Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990, o contenuti  nelle  autorizzazioni  rilasciate ai sensi del decreto del Presidente  della  Repubblica  24  maggio  1988,  n. 203,  nonche' le prescrizioni  relative  alle  anomalie degli impianti di abbattimento stabilite  all'Allegato  II, parte A, lettera E, dello stesso decreto ministeriale. Fino  a  tale  data si applicano altresi' i massimali e gli  obiettivi  di  riduzione  delle emissioni, fissati nella parte V dell'Allegato  II  alla parte quinta del presente decreto. Sono fatti salvi i diversi termini previsti in tale Allegato II.
 
 5. I  gestori dei grandi impianti di combustione di cui al comma 4 possono  essere esentati dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione  previsti  dalla  parte  II, sezioni da 1 a 5, lettera A, e sezione  6  dell'Allegato  II alla parte quinta del presente decreto, sulla  base  della  procedura disciplinata dalla parte I dello stesso Allegato II.
 
 6. Ai  fini  dell'adeguamento degli impianti di cui ai commi 3 e 4 ai  valori  limite di emissione ivi previsti, il gestore, nell'ambito della  richiesta  di  autorizzazione  integrata  ambientale, presenta all'autorita'   competente   una   relazione  tecnica  contenente  la descrizione  dell'impianto,  delle  tecnologie adottate per prevenire l'inquinamento  e  della  qualita' e quantita' delle emissioni, dalla quale  risulti  il  rispetto  delle  prescrizioni  di cui al presente titolo,  oppure  un  progetto  di adeguamento finalizzato al rispetto delle medesime.
 
 7. Per  gli  impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW, la relazione  tecnica  o  il  progetto  di adeguamento di cui al comma 6 devono  essere  presentati  entro  il  1°agosto  2007  e,  in caso di approvazione, l'autorita' competente provvede, ai sensi dell'articolo 269, ad aggiornare le autorizzazioni in atto.
 
 8. In  aggiunta  a  quanto previsto dall'articolo 271, comma 14, i valori  limite  di  emissione  non si applicano ai grandi impianti di combustione  nei casi di anomalo funzionamento previsti dalla parte I dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, nel rispetto delle condizioni ivi previste.
 
 9. Nel  caso  in  cui  l'autorita' competente, in sede di rilascio dell'autorizzazione,  ritenga che due o piu' impianti di combustione, nuovi  o  anteriori  al  2006,  anche  di  potenza  termica  nominale inferiore a 50 MW, siano installati contestualmente e in maniera tale che  gli effluenti gassosi, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche,  possano  essere  convogliati  verso  un unico camino, la stessa  considera  l'insieme  di  tali  nuovi  impianti come un unico impianto  la  cui  potenza  termica nominale e' pari alla somma delle potenze  termiche  nominali  di  tali  impianti. Tale disposizione si applica  solamente  se  la somma delle potenze termiche e' maggiore o uguale a 50 MW.
 
 10. Se  un  impianto di combustione e' ampliato con la costruzione di  un impianto aggiuntivo avente una potenza termica nominale pari o superiore  a  50  MW,  a  tale  impianto  aggiuntivo,  esclusi i casi previsti  dalla  parte I, paragrafo 3, punti 3.3 e 3.4. dell'Allegato II  alla  parte  quinta  del  presente decreto, si applicano i valori limite  di emissione stabiliti nel medesimo Allegato II, sezioni da 1 a 5, lettera B, in funzione della potenza termica complessiva dei due impianti.
 
 11. Nel  caso  in  cui  un  grande  impianto  di  combustione  sia sottoposto   alle   modifiche   qualificate  come  sostanziali  dalla normativa  vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, si  applicano  i valori limite di emissione stabiliti nella parte II, sezioni  da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto.
 
 12. Fermo  restando  quanto  previsto  dalla  normativa vigente in materia  di  autorizzazione  integrata  ambientale,  per gli impianti nuovi  o  in  caso  di modifiche ai sensi del comma 11, la domanda di autorizzazione   deve   essere   corredata   da  un  apposito  studio concernente  la  fattibilita'  tecnica ed economica della generazione combinata   di  calore  e  di  elettricita'. Nel  caso  in  cui  tale fattibilita'  sia  accertata,  anche alla luce di elementi diversi da quelli  contenuti  nello studio, l'autorita' competente, tenuto conto della  situazione  del  mercato  e della distribuzione, condiziona il rilascio del provvedimento autorizzativo alla realizzazione immediata o differita di tale soluzione.
 
 13. Dopo  il  1°  gennaio  2008,  agli  impianti di combustione di potenza  termica  nominale  inferiore  a  50MW ed agli altri impianti esclusi  dal  campo  di  applicazione della parte quinta del presente decreto,  facenti  parte di una raffineria, continuano ad applicarsi, fatto  salvo  quanto  previsto  dalla normativa vigente in materia di autorizzazione  integrata ambientale, i valori limite di emissione di cui alla parte IV, paragrafo 1, dell'Allegato I alla parte quinta del presente  decreto,  calcolati  come  rapporto  ponderato tra la somma delle  masse  inquinanti emesse e la somma dei volumi delle emissioni di  tutti gli impianti della raffineria, inclusi quelli ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo.
 
 14. In caso di realizzazione di grandi impianti di combustione che potrebbero  arrecare  un significativo pregiudizio all'ambiente di un altro  Stato  della Comunita' europea, l'autorita' competente informa il   Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  per l'adempimento   degli   obblighi   di   cui  alla  convenzione  sulla valutazione  dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, stipulata  a  Espoo  il  25  febbraio 1991, ratificata con la legge 3 novembre 1994, n. 640.
 
 15. Le  disposizioni  del  presente  articolo  si  applicano  agli impianti  di  combustione  destinati  alla  produzione di energia, ad esclusione  di  quelli  che  utilizzano  direttamente  i  prodotti di combustione   in   procedimenti  di  fabbricazione. Sono  esclusi  in particolare:
 
 a) gli   impianti  in  cui  i  prodotti  della  combustione  sono utilizzati  per  il riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro  trattamento  degli  oggetti  o  dei materiali, come i forni di riscaldo o i forni di trattamento termico;
 b) gli  impianti  di postcombustione, cioe' qualsiasi dispositivo tecnico   per   la   depurazione   dell'effluente   gassoso  mediante combustione,  che  non  sia  gestito  come  impianto  indipendente di combustione;
 c) i  dispositivi  di  rigenerazione dei catalizzatori di craking catalitico;
 d) i dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;
 e) i reattori utilizzati nell'industria chimica;
 f) le batterie di forni per il coke;
 g) i cowpers degli altiforni;
 h) qualsiasi  dispositivo  tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile;
 i) le  turbine  a  gas  usate  su  piattaforme  off-shore e sugli impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore;
 l) le  turbine  a  gas  autorizzate  anteriormente  alla  data di entrata  in  vigore  della  parte  quinta del presente decreto, fatte salve le disposizioni alle stesse espressamente riferite;
 m) gli impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas.
 
 
 
 Note all'art. 273:
 - L'art.  3, comma 1, del decreto ministeriale ambiente
 8 maggio   1989,   recante   «Limitazione  delle  emissioni
 nell'atmosfera  di  taluni  inquinanti originati dai grandi
 impianti   di   combustione»,   pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale del 30 maggio 1989, n. 124, e' il seguente:
 «Art.  3  (Valori  limite  di emissione). - 1. I valori
 limite  di  emissione  per  il  biossido  di zolfo, per gli
 ossidi  di  azoto  e  per le polveri, dei nuovi impianti di
 combustione  sono  fissati,  in relazione a ciascun tipo di
 combustibile,  dagli  allegati  1,  2,  3,  4, 5, 6 e 7 del
 presente decreto.
 -  L'art.  6,  comma 2, del citato decreto ministeriale
 ambiente 8 maggio 1989, e' il seguente:
 «2.  Per  gli impianti nuovi che consumano combustibili
 solidi  indigeni,  qualora  non sia possibile rispettare il
 valore  limite  di  emissione  per  il  biossido  di zolfo,
 fissato  per  tali  impianti,  a  causa  delle  particolari
 caratteristiche  del combustibile, senza dover ricorrere ad
 una    tecnologia   eccessivamente   costosa,   l'autorita'
 competente  puo'  consentire  che i valori limite stabiliti
 nell'allegato  1  possano  essere  superati. Detti impianti
 devono   almeno   raggiungere  i  tassi  di  desolforazione
 stabiliti nell'allegato 9.».
 - L'art.  14,  comma 3, del citato decreto ministeriale
 ambiente 8 maggio 1989, e' il seguente:
 «Art. 14 (Rispetto valori limite). 1. - 2. (Omissis).
 3.  Nei  casi  di  cui  all'art. 6, comma 2, i tassi di
 desolforazione  si considerano rispettati se la valutazione
 delle misurazioni effettuate a norma dell'allegato 9 indica
 che  tutti  i  valori medi dei mesi civili o tutti i valori
 medi   calcolati   mensilmente   raggiungono   i  tassi  di
 desolforazione richiesti. Non si tiene conto dei periodi di
 cui  all'art.  8  ne'  dei  periodi  di  avvio e di arresto
 definiti   in   sede   di  autorizzazione  ai  sensi  degli
 articoli 6 e 17 del decreto del Presidente della Repubblica
 24 maggio 1988, n. 203.».
 - Il  decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
 1988,  n.  203,  recante  «Attuazione  delle  direttive CEE
 numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in
 materia  di  qualita'  dell'aria, relativamente a specifici
 agenti   inquinanti,   e  di  inquinamento  prodotto  dagli
 impianti  industriali,  ai  sensi  dell'art. 15 della legge
 16 aprile  1987,  n.  18»,  e'  pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale del 16 giugno 1988, n. 140, S.O.
 -  La  legge 3 novembre 1994, n. 640, recante «Ratifica
 ed   esecuzione   della   convenzione   sulla   valutazione
 dell'impatto  ambientale  in  un contesto transfrontaliero,
 con  annessi,  fatto  a  Espoo  il  25 febbraio  1991»,  e'
 pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale del 22 novembre 1994,
 n. 273, S.O.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 274 (raccolta e trasmissione dei dati
 sulle emissioni dei grandi impianti di combustione)
 
 1. Il  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio trasmette  alla  Commissione  europea,  ogni  tre anni, una relazione inerente le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di  tutti  i  grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del  presente  decreto,  nella  quale siano separatamente indicate le emissioni  delle raffinerie. Tale relazione e' trasmessa per la prima volta  entro  il 31 dicembre 2007 in relazione al periodo di tre anni che decorre dal 1°gennaio 2004 e, in seguito, entro dodici mesi dalla fine  di  ciascun  successivo  periodo di tre anni preso in esame. Il Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio trasmette inoltre  alla  Commissione  europea,  su  richiesta,  i  dati annuali relativi  alle  emissioni  di  biossido  di  zolfo, ossidi di azoto e polveri dei singoli impianti di combustione.
 
 2. A  partire  dal  1°  gennaio 2008, il Ministero dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  presenta  ogni  anno alla Commissione europea  una relazione concernente gli impianti anteriori al 1988 per i  quali  e'  stata  concessa l'esenzione prevista dall'articolo 273, comma  5, con l'indicazione dei tempi utilizzati e non utilizzati che sono stati autorizzati per il restante periodo di funzionamento degli impianti. A tal fine l'autorita' competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente   e  della  tutela  del  territorio,  comunica  a  tale Ministero  le  predette  esenzioni  contestualmente  alla concessione delle stesse.
 
 3. Il  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio presenta  ogni  anno  alla  Commissione europea una relazione circa i casi in cui sono applicate le deroghe di cui alla parte II, sezioni 1 e  4,  lettera A, paragrafo 2, dell'Allegato II alla parte quinta del presente  decreto  e  le deroghe di cui alle note delle lettere A e B del medesimo Allegato II, parte II, sezione 1. A tal fine l'autorita' competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio,   comunica   a   tale   Ministero   le  predette  deroghe contestualmente all'applicazione delle stesse.
 
 4. Entro  il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2006, i gestori dei  grandi  impianti  di  combustione  comunicano all'Agenzia per la protezione  dell'ambiente  e  per  i  servizi  tecnici (APAT), con le modalita' previste dalla parte III dell'Allegato II alla parte quinta del   presente   decreto,  le  emissioni  totali,  relative  all'anno precedente,  di  biossido  di  zolfo,  ossidi  di  azoto  e  polveri, determinate   conformemente   alle   prescrizioni   della   parte  IV dell'Allegato  II  alla parte quinta del presente decreto, nonche' la quantita'  annua  totale  di  energia  prodotta rispettivamente dalle biomasse,  dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal  gas  naturale  e  dagli altri gas, riferita al potere calorifico netto,  e  la  caratterizzazione  dei  sistemi  di abbattimento delle emissioni. In   caso  di  mancata  comunicazione  dei  dati  e  delle informazioni  di  cui al presente comma, il Ministero dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  anche  ai  fini  di  quanto previsto dall'articolo  650 del codice penale, ordina al gestore ina dempiente di provvedere.
 
 5. L'Agenzia  per  la  protezione  dell'ambiente  e  per i servizi tecnici  (APAT),  sulla  base  delle  informazioni di cui al comma 4, elabora  una relazione in cui sono riportate le emissioni di biossido di  zolfo,  ossidi  di  azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione  di  cui  alla  parte  quinta  del presente decreto. Tale relazione  deve  indicare  le  emissioni  totali annue di biossido di zolfo,  ossidi  di  azoto  e  polveri  e la quantita' annua totale di energia   prodotta   rispettivamente   dalle  biomasse,  dagli  altri combustibili  solidi,  dai  combustibili  liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere calorifico netto. Almeno due mesi prima  della  scadenza  prevista  dal comma 1 per la trasmissione dei dati   alla   Commissione   europea,   l'Agenzia  per  la  protezione dell'ambiente  e  per i servizi tecnici (APAT) trasmette al Ministero dell'ambiente  e  della  tutela del territorio la suddetta relazione, nonche' i dati disaggregati relativi a ciascun impianto.
 
 6. I  dati  di  cui  al comma 4 sono raccolti e inviati in formato elettronico. A tal fine debbono essere osservate, ove disponibili, le procedure  indicate  sul  sito internet del Ministero dell'ambiente e della  tutela del territorio. La relazione di cui al comma 5, nonche' i   dati   disaggregati   raccolti  dall'Agenzia  per  la  protezione dell'ambiente  e  per  i servizi tecnici (APAT) sono resi disponibili alle   autorita'   competenti   sul   sito   internet  del  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
 |  |  |  | ART. 275 (emissioni di cov)
 
 1. L'Allegato   III   alla   parte  quinta  del  presente  decreto stabilisce,   relativamente   alle  emissioni  di  composti  organici volatili,  i valori limite di emissione, le modalita' di monitoraggio e  di  controllo  delle emissioni, i criteri per la valutazione della conformita'  dei  valori  misurati ai valori limite e le modalita' di redazione del piano di gestione dei solventi.
 
 2. Se  nello  stesso  luogo  sono  esercitate, mediante uno o piu' impianti o macchinari e sistemi non fissi o operazioni manuali, una o piu'  attivita'  individuate  nella  parte  II dell'Allegato III alla parte  quinta del presente decreto le quali superano singolarmente le soglie  di  consumo  di  solvente  ivi  stabilite, a ciascuna di tali attivita' si applicano i valori limite per le emissioni convogliate e per  le emissioni diffuse di cui al medesimo Allegato III, parte III, oppure  i  valori  limite  di emissione totale di cui a tale Allegato III,  parti  III  e  IV,  nonche'  le prescrizioni ivi previste. Tale disposizione si applica anche alle attivita' che, nello stesso luogo, sono  direttamente  collegate  e tecnicamente connesse alle attivita' individuate  nel  suddetto  Allegato  III,  parte  II,  e che possono influire  sulle  emissioni  di  COV. Il  superamento  delle soglie di consumo  di  solvente  e' valutato con riferimento al consumo massimo teorico  di  solvente  autorizzato. Le attivita' di cui alla parte II dell'Allegato  III alla parte quinta del presente decreto comprendono la  pulizia  delle  apparecchiature  e non comprendono la pulizia dei prodotti, fatte salve le diverse disposizioni ivi previste.
 
 3. Ai  fini di quanto previsto dal comma 2, i valori limite per le emissioni  convogliate  si  applicano  a ciascun impianto che produce tali  emissioni  ed  i  valori  limite  per  le  emissioni diffuse si applicano  alla  somma  delle  emissioni non convogliate di tutti gli impianti,  di  tutti  i  macchinari e sistemi non fissi e di tutte le operazioni.
 
 4. Il  gestore che intende effettuare le attivita' di cui al comma 2  presenta  all'autorita'  competente  una domanda di autorizzazione conforme a quanto previsto nella parte I dell'Allegato III alla parte quinta  del presente decreto. Si applica, a tal fine, l'articolo 269, ad   eccezione  dei  commi  2  e  4. In  aggiunta  ai  casi  previsti dall'articolo  269, comma 8, la domanda di autorizzazione deve essere presentata  anche  dal  gestore delle attivita' che, a seguito di una modifica  del  consumo  massimo  teorico  di  solvente, rientrano tra quelle di cui al comma 2.
 
 5. L'autorizzazione  ha  ad  oggetto  gli impianti, i macchinari e sistemi non fissi e le operazioni manuali che effettuano le attivita' di  cui  al  comma 2 e stabilisce, sulla base di tale comma, i valori limite   che   devono  essere  rispettati. Per  la  captazione  e  il convogliamento  si  applica l'articolo 270. Per le emissioni prodotte da  macchinari  e  sistemi  non  fissi  o  da  operazioni  manuali si applicano i commi 10, 11 e 13 dell'articolo 269.
 
 6. L'autorizzazione  indica il consumo massimo teorico di solvente e  l'emissione  totale  annua conseguente all'applicazione dei valori limite  di  cui  al comma 2, individuata sulla base di detto consumo, nonche'  la  periodicita' dell'aggiornamento del piano di gestione di cui  alla  parte  V  dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.
 
 7. Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal comma 2 e'   assicurato   mediante  l'applicazione  delle  migliori  tecniche disponibili  e, in particolare, utilizzando materie prime a ridotto o nullo  tenore  di  solventi  organici,  ottimizzando l'esercizio e la gestione  delle  attivita'  e,  ove  necessario,  installando  idonei dispositivi  di  abbattimento, in modo da minimizzare le emissioni di composti organici volatili.
 
 8. Se le attivita' di cui al comma 2 sono effettuate da uno o piu' impianti  autorizzati  prima  del  13  marzo  2004 o da tali impianti congiuntamente a macchinari e sistemi non fissi o operazioni manuali, le  emissioni  devono  essere  adeguate  alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto e alle altre prescrizioni  del presente articolo entro il 31 ottobre 2007, ovvero, in  caso  di adeguamento a quanto previsto dal medesimo Allegato III, parte   IV,  entro  le  date  ivi  stabilite. Fermo  restando  quanto stabilito  dalla  normativa  vigente  in  materia  di  autorizzazione integrata  ambientale,  l'adeguamento  e'  effettuato  sulla base dei progetti  presentati  all'autorita'  competente  ai sensi del decreto ministeriale  14  gennaio  2004,  n. 44. Gli  impianti  in  tal  modo autorizzati  si  considerano  anteriori  al  2006. In caso di mancata presentazione del progetto o di diniego all'approvazione del progetto da  parte  dell'autorita'  competente, le attivita' si considerano in esercizio  senza  autorizzazione. I  term ini di adeguamento previsti dal  presente  comma  si  applicano  altresi' agli impianti di cui al comma  20,  in  esercizio  al 12 marzo 2004, i cui gestori aderiscano all'autorizzazione  generale ivi prevista entro sei mesi dall'entrata in   vigore  della  parte  quinta  del  presente  decreto  o  abbiano precedentemente  aderito  alle  autorizzazioni  generali  adottate ai sensi  dell'articolo 9 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 16 gennaio 2004, n. 44.
 
 9. Se   le   attivita'   di   cui   al  comma  2  sono  effettuate esclusivamente  da  macchinari  e  sistemi  non fissi o da operazioni manuali, in esercizio prima dell'entrata in vigore della parte quinta del  presente  decreto,  le  emissioni  devono  essere  adeguate alle pertinenti  prescrizioni  dell'Allegato  III  alla  parte  quinta del presente  decreto  e  alle  altre  prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007. A tal fine l'autorizzazione di cui al comma 4  deve  essere  richiesta  entro  sei  mesi dalla data di entrata in vigore  della  parte  quinta del presente decreto. In caso di mancata presentazione  della  richiesta  entro  tale  termine le attivita' si considerano in esercizio senza autorizzazione.
 
 10. Sono  fatte  salve  le  autorizzazioni rilasciate prima del 13 marzo 2004 che conseguono un maggiore contenimento delle emissioni di composti   organici   volatili   rispetto  a  quello  ottenibile  con l'applicazione   delle  indicazioni  di  cui  alle  parti  III  e  VI dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. In tal caso rimangono   validi   i   metodi   di   campionamento   e  di  analisi precedentemente  in  uso. E'  fatta  salva la facolta' del gestore di chiedere  all'autorita'  competente  di rivedere dette autorizzazioni sulla  base  delle  disposizioni  della  parte  quinta  del  presente decreto.
 
 11. La  domanda  di  autorizzazione  di cui al comma 4 deve essere presentata  anche  dal  gestore  delle  attivita'  di cui al comma 2, effettuate ai sensi dei commi 8 e 9, ove le stesse siano sottoposte a modifiche  sostanziali. L'autorizzazione  prescrive  che le emissioni degli impianti, dei sistemi e macchinari non fissi e delle operazioni manuali oggetto di modifica sostanziale:
 
 a) siano  immediatamente  adeguate alle prescrizioni del presente articolo o
 b) siano  adeguate  alle prescrizioni del presente articolo entro il  31  ottobre  2007  se  le  emissioni totali di tutte le attivita' svolte  dal  gestore  nello  stesso  luogo non superano quelle che si producono in caso di applicazione della lettera a).
 
 12. Se  il  gestore  comprova  all'autorita'  competente  che, pur utilizzando   la  migliore  tecnica  disponibile,  non  e'  possibile rispettare  il valore limite per le emissioni diffuse, tale autorita' puo'  autorizzare  deroghe  a  detto  valore limite, purche' cio' non comporti rischi per la salute umana o per l'ambiente.
 
 13. Nei casi previsti nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta  del presente decreto, l'autorita' competente puo' esentare il gestore  dall'applicazione  delle  prescrizioni  ivi  stabilite se le emissioni  non possono essere convogliate ai sensi dell'articolo 270, commi  1  e  2. In tal caso si applica quanto previsto dalla parte IV dell'Allegato  III  alla  parte quinta del presente decreto, salvo il gestore  comprovi  all'autorita'  competente che il rispetto di detto Allegato  non  e', nel caso di specie, tecnicamente ed economicamente fattibile e che l'impianto utilizza la migliore tecnica disponibile.
 
 14. L'autorita'  competente  comunica al Ministero dell'ambiente e della  tutela  del territorio, nella relazione di cui al comma 18, le deroghe autorizzate ai sensi dei commi 12 e 13.
 
 15. Se due o piu' attivita' effettuate nello stesso luogo superano singolarmente  le  soglie  di  cui al comma 2, l'autorita' competente puo':
 
 a) applicare  i  valori  limite previsti da tale comma a ciascuna singola attivita' o
 b) applicare  un  valore di emissione totale, riferito alla somma delle  emissioni  di  tali  attivita',  non superiore a quello che si avrebbe  applicando  quanto  previsto  dalla  lettera a); la presente opzione  non  si  estende  alle emissioni delle sostanze indicate nel comma 17.
 
 16. Il  gestore  che,  nei  casi previsti dal comma 8, utilizza un dispositivo  di  abbattimento  che  consente il rispetto di un valore limite di emissione pari a 50 mgC/Nm3, in caso di combustione, e pari a  150  mgC/Nm3,  in  tutti  gli altri casi, deve rispettare i valori limite   per   le   emissioni  convogliate  di  cui  alla  parte  III dell'Allegato  III alla parte quinta del presente decreto entro il 1° aprile  2013,  purche' le emissioni totali non superino quelle che si sarebbero  prodotte  in caso di applicazione delle prescrizioni della parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.
 
 17. La  parte  I  dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto  stabilisce  appositi  valori  limite  di  emissione  per  le sostanze  caratterizzate  da  particolari  rischi  per  la  salute  e l'ambiente.
 
 18. Le autorita' competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ogni tre anni ed entro il 30 aprile, a partire   dal  2005,  una  relazione  relativa  all'applicazione  del presente  articolo,  in conformita' a quanto previsto dalla decisione 2002/529/CE del 27 giugno 2002 della Commissione europea. Copia della relazione  e'  inviata dalle autorita' competenti alla regione o alla provincia  autonoma. Il  Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio invia tali informazioni alla Commissione europea.
 
 19. Alle  emissioni  di  COV  degli  impianti  anteriori  al 1988, disciplinati  dal  presente  articolo,  si  applicano, fino alle date previste  dai  commi  8  e  9  ovvero  fino  alla  data  di effettivo adeguamento  degli  impianti,  se  anteriore,  i  valori  limite e le prescrizioni  di  cui  all'Allegato  I alla parte quinta del presente decreto.
 
 20. I  gestori degli impianti a ciclo chiuso di pulizia a secco di tessuti    e    di    pellami,   escluse   le   pellicce,   e   delle pulitintolavanderie   a   ciclo   chiuso,  per  i  quali  l'autorita' competente  non  abbia adottato autorizzazioni di carattere generale, comunicano a tali autorita' di aderire all'autorizzazione di cui alla parte   VII   dell'Allegato   III  alla  parte  quinta  del  presente decreto. E'  fatto  salvo  il  potere  delle  medesime  autorita'  di adottare  successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai  sensi  dell'articolo  272, l'adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella prevista dalla parte VII dell'Allegato   III   alla   parte   quinta   del   presente  decreto relativamente  al  territorio  a  cui  tali  nuove  autorizzazioni si riferiscono. A  tali attivita' non si applicano le prescrizioni della parte  I,  paragrafo  3, punti 3.2, 3.3. e 3.4 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto.
 
 21. Costituisce   modifica  sostanziale,  ai  sensi  del  presente articolo:
 
 a) per  le  attivita'  di  ridotte  dimensioni,  una modifica del consumo  massimo  teorico  di  solventi che comporta un aumento delle emissioni  di composti organici volatili superiore al venticinque per cento;
 b) per tutte le altre attivita', una modifica del consumo massimo teorico  di  solventi  che  comporta  un  aumento  delle emissioni di composti organici volatili superiore al dieci per cento;
 c) qualsiasi  modifica che, a giudizio dell'autorita' competente, potrebbe  avere  effetti  negativi significativi sulla salute umana o sull'ambiente;
 d) qualsiasi modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporti la variazione dei valori limite applicabili;
 
 22. Per attivita' di ridotte dimensioni, ai sensi del comma 21, si intendono  le  attivita'  di cui alla parte III, punti 1, 3, 4, 5, 8, 10,  13,  16  o  17  dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto  aventi  un  consumo  massimo teorico di solventi inferiore o uguale alla piu' bassa tra le soglie di consumo ivi indicate in terza colonna  e  le  altre  attivita'  di  cui alla parte III del medesimo Allegato  III aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore a 10 tonnellate l'anno.
 
 
 
 Note all'art. 275:
 - Il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela
 del territorio 16 gennaio 2004, n. 44, recante «Recepimento
 della  direttiva 1999/13/CE relativa alla limitazione delle
 emissioni di composti organici volatili di talune attivita'
 industriali, ai sensi dell'art. 3, comma 2, del decreto del
 Presidente  della  Repubblica  24 maggio  1988, n. 203», e'
 pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale del 26 febbraio 2004,
 n. 47.
 - L'art.  9  del  citato  decreto ministeriale ambiente
 16 gennaio 2004, n. 44, e' il seguente:
 «Art.  9  (Disposizioni  transitorie  e finali) - 1. Il
 decreto   ministeriale   12 luglio  1990  si  applica  alle
 emissioni di COV degli impianti esistenti al 1° luglio 1988
 rientranti  nel  campo di applicazione del presente decreto
 fino  alle  date  previste all'art. 6, comma 2, ovvero fino
 alla  data  di effettivo adeguamento degli stessi impianti,
 se anteriore a quelle previste al citato art. 6, comma 2.
 2.  Entro  sei mesi dalla data di entrata in vigore del
 presente  decreto  le  autorita'  competenti  provvedono  a
 rilasciare  autorizzazioni  di  carattere  generale per gli
 impianti  a ciclo chiuso di pulizia a secco di tessuti e di
 pellami,  escluse le pellicce, e per le pulitintolavanderie
 a  ciclo chiuso. Per detti impianti nelle autorizzazioni di
 carattere  generale e' previsto che il gestore sia esentato
 dall'applicazione dell'art. 4, comma 2.
 3.  Le  disposizioni  di cui all'art. 2 del decreto del
 Presidente  della  Repubblica  25 luglio  1991,  pubblicato
 nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  175  del 27 luglio 1991, si
 applicano  agli  impianti e alle pulitintolavanderie di cui
 al  comma  2  fino  alla data in cui i gestori degli stessi
 impianti  comunicano  all'autorita' competente di avvalersi
 dell'autorizzazione  di carattere generale e, comunque, non
 oltre  il  dodicesimo  mese dalla data di entrata in vigore
 del presente decreto.
 4.  Al  fine  di valutare e di proporre revisioni della
 normativa  riguardante  le  emissioni  di composti organici
 volatili,   anche   nella  fase  di  predisposizione  delle
 normative  comunitarie,  e con l'obiettivo, in particolare,
 di  prevedere  la fissazione di limiti massimi di COV nelle
 materie prime e l'introduzione di sistemi di incentivazione
 alla  riduzione  delle  emissioni  di  COV,  e' costituito,
 nell'ambito  della  Conferenza unificata, un tavolo tecnico
 di coordinamento dai Ministeri dell'ambiente e della tutela
 del  territorio, della salute, delle attivita' produttive e
 dell'economia  e  delle finanze, dalle regioni, dall'Unione
 delle   province  d'Italia  e  dall'Associazione  nazionale
 comuni  italiani. Al tavolo tecnico possono essere invitate
 a partecipare le associazioni di impresa interessate.».
 - La  decisione n. 2002/529/CE del 27 giugno 2002 della
 Commissione  europea  recante  «Decisione della Commissione
 concernente  il  questionario relativo alle relazioni degli
 Stati membri sull'attuazione della direttiva 1999/13/CE del
 Consiglio  sulla  limitazione  delle  emissioni di composti
 organici  volatili  dovute  all'uso di solventi organici in
 talune attivita' e in taluni impianti», e' pubblicata nella
 G.U.C.E. del 2 luglio 2002, n. L 172.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 276 (controllo delle emissioni di cov derivanti
 dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione
 dai terminali agli impianti di distribuzione)
 
 1. L'Allegato   VII   alla   parte  quinta  del  presente  decreto stabilisce  le  prescrizioni che devono essere rispettate ai fini del controllo delle emissioni di COV relativamente:
 
 a) agli impianti di deposito presso i terminali;
 b) agli impianti di caricamento di benzina presso i terminali;
 c) agli  impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori presso i terminali;
 d) alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna;
 e) agli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti;
 f) alle  attrezzature  per  le  operazioni di trasferimento della benzina  presso  gli  impianti di distribuzione e presso terminali in cui e' consentito il deposito temporaneo di vapori.
 
 2. Per  impianti  di  deposito  ai  sensi del presente articolo si intendono  i  serbatoi  fissi adibiti allo stoccaggio di benzina. Per tali  impianti  di  deposito situati presso i terminali le pertinenti prescrizioni dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto costituiscono  le  misure  che  i  gestori  devono  adottare ai sensi dell'articolo  269,  comma 16. Con apposito provvedimento l'autorita' competente  puo'  disporre deroghe a tali prescrizioni, relativamente agli obblighi di rivestimento, ove necessario ai fini della tutela di aree di particolare pregio sotto il profilo paesaggistico.
 
 3. Per  impianti di distribuzione, ai sensi del presente articolo, si intendono gli impianti in cui la benzina viene erogata ai serbatoi di tutti i veicoli a motore da impianti di deposito.
 
 4. Nei   terminali   all'interno  dei  quali  e'  movimentata  una quantita'  di  benzina  inferiore  a  10.000 tonnellate/anno e la cui costruzione  e' stata autorizzata prima del 3 dicembre 1997, ai sensi della  normativa vigente al momento dell'autorizzazione, gli impianti di   caricamento  si  adeguano  alle  disposizioni  della  parte  II, paragrafo 2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto entro  il  17  maggio 2010. Fino alla data di adeguamento deve essere garantita  l'agibilita'  delle  operazioni di caricamento anche per i veicoli-cisterna con caricamento dall'alto. Per quantita' movimentata si  intende  la quantita' totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale nei tre anni precedenti il 17 maggio 2000.
 
 5. Le  prescrizioni di cui alla parte II, punto 3.2, dell'Allegato VII  alla  parte  quinta del presente decreto si applicano ai veicoli cisterna  collaudati  dopo  il  17  novembre 2000 e si estendono agli altri   veicoli   cisterna   a   partire  dal  17  maggio  2010. Tali prescrizioni non si applicano ai veicoli cisterna a scomparti tarati, collaudati  dopo  il  1° gennaio 1990 e attrezzati con un dispositivo che  garantisca  la  completa  tenuta  di  vapori  durante la fase di caricamento. A  tali  veicoli cisterna a scomparti tarati deve essere consentita  l'agibilita'  delle  operazioni di caricamento presso gli impianti di deposito dei terminali.
 |  |  |  | ART. 277 (recupero di cov prodotti durante le operazioni
 di rifornimento degli autoveicoli presso gli impianti
 di distribuzione carburanti)
 
 1. I  distributori  degli impianti di distribuzione dei carburanti devono  essere  attrezzati  con  sistemi  di  recupero  dei vapori di benzina  che si producono durante le operazioni di rifornimento degli autoveicoli. Gli  impianti  di  distribuzione e i sistemi di recupero dei  vapori  devono  essere  conformi  alle  pertinenti  prescrizioni dell'Allegato  VIII  alla parte quinta del presente decreto, relative ai requisiti di efficienza, ai requisiti costruttivi, ai requisiti di installazione,   ai   controlli   periodici   ed   agli  obblighi  di documentazione.
 
 2. Ai fini del presente articolo si intende per:
 
 a) impianti  di  distribuzione:  ogni  impianto in cui la benzina viene erogata ai serbatoi degli autoveicoli da impianti di deposito;
 b) impianti di deposito: i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina presso gli impianti di distribuzione;
 c) distributore:  ogni  apparecchio finalizzato all'erogazione di benzina;  il  distributore  deve  essere  dotato  di  idonea pompa di erogazione  in  grado  di  aspirare  dagli impianti di deposito o, in alternativa,   essere   collegato   a   un   sistema   di   pompaggio centralizzato;  se  inserito  in  un  impianto  di  distribuzione  di carburanti  in  rapporto con il pubblico, il distributore deve essere inoltre  dotato  di  un  idoneo  dispositivo  per l'indicazione ed il calcolo delle quantita' di benzina erogate;
 d) sistema di recupero dei vapori: l'insieme dei dispositivi atti a prevenire l'emissione in atmosfera di COV durante i rifornimenti di benzina di autoveicoli. Tale insieme di dispositivi comprende pistole di  erogazione  predisposte  per  il  recupero  dei vapori, tubazioni flessibili  coassiali  o  gemellate,  ripartitori  per la separazione della  linea  dei  vapori  dalla  linea di erogazione del carburante, collegamenti   interni   ai  distributori,  linee  interrate  per  il passaggio dei vapori verso i serbatoi, e tutte le apparecchiature e i dispositivi  atti  a  garantire  il  funzionamento  degli impianti in condizioni di sicurezza ed efficienza.
 
 3. I  dispositivi  componenti  i  sistemi  di  recupero dei vapori devono   essere  omologati  dal  Ministero  dell'interno,  a  cui  il costruttore  presenta apposita istanza corredata della documentazione necessaria  ad  identificare  i dispositivi e dalla certificazione di cui  al  paragrafo 2, punto 2.3, dell'Allegato VIII alla parte quinta del  presente  decreto. Ai  fini  del  rilascio dell'omologazione, il Ministero  dell'interno  verifica  la  rispondenza dei dispositivi ai requisiti  di  efficienza  di  cui  al  comma  1  ed  ai requisiti di sicurezza  antincendio  di  cui  al  decreto  ministeriale  31 luglio 1934. In caso di mancata pronuncia l'omologazione si intende negata.
 
 4. I  dispositivi  componenti i sistemi di recupero dei vapori che sono  stati  omologati  delle  competenti  autorita'  di  altri Paesi appartenenti   all'Unione   europea  possono  essere  utilizzati  per attrezzare  i  distributori  degli  impianti di distribuzione, previo riconoscimento   da  parte  del  Ministero  dell'interno,  a  cui  il costruttore presenta apposita istanza, corredata dalla documentazione necessaria  ad  identificare  i  dispositivi, dalle certificazioni di prova   rilasciate   dalle  competenti  autorita'  estere  e  da  una traduzione   giurata   in   lingua   italiana  di  tali  documenti  e certificazioni. Ai fini del riconoscimento, il Ministero dell'interno verifica  i  documenti e le certificazioni trasmessi e la rispondenza dei  dispositivi  ai  requisiti  di  sicurezza  antincendio di cui al decreto  ministeriale 31 luglio 1934. In caso di mancata pronuncia il riconoscimento si intende negato.
 
 5. Durante  le  operazioni  di  rifornimento  degli  autoveicoli i gestori  degli impianti di distribuzione devono mantenere in funzione i sistemi di recupero dei vapori di cui al comma 1.
 
 
 
 Nota all'art. 277:
 - Il   decreto  ministeriale  31 luglio  1934,  recante
 «Approvazione  delle norme di sicurezza per la lavorazione,
 l'immagazzinamento, l'impiego o la vendita di oli minerali,
 e  per  il  trasporto degli oli stessi» e' pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale del 28 settembre 1934, n. 228.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 278 (poteri di ordinanza)
 
 1. In   caso   di   inosservanza   delle   prescrizioni  contenute nell'autorizzazione,  ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorita' giudiziaria,  l'autorita'  competente  procede,  secondo  la gravita' dell'infrazione:
 
 a) alla  diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le irregolarita' devono essere eliminate;
 b) alla  diffida  ed  alla contestuale sospensione dell'attivita' autorizzata per un periodo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente;
 c) alla revoca dell'autorizzazione ed alla chiusura dell'impianto ovvero alla cessazione dell'attivita', in caso di mancato adeguamento alle  prescrizioni  imposte  con  la  diffida  o qualora la reiterata inosservanza   delle   prescrizioni   contenute   nell'autorizzazione determini  situazioni  di  pericolo  o  di  danno per la salute o per l'ambiente.
 |  |  |  | ART. 279 (sanzioni)
 
 1. Chi  inizia a installare o esercisce un impianto e chi esercita una  attivita'  in  assenza  della  prescritta  autorizzazione ovvero continua    l'esercizio    dell'impianto    o    dell'attivita'   con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa, revocata o dopo l'ordine di  chiusura  dell'impianto  o di cessazione dell'attivita' e' punito con  la  pena  dell'arresto  da due mesi a due anni o dell'ammenda da duecentocinquantotto  euro  a  milletrentadue  euro. Chi sottopone un impianto  a  modifica  sostanziale  senza  l'autorizzazione  prevista dall'articolo 269, comma 8, e' punito con la pena dell'arresto fino a sei  mesi o dell'ammenda fino a milletrentadue euro; chi sottopone un impianto   ad  una  modifica  non  sostanziale  senza  effettuare  la comunicazione  prevista  dal  citato articolo 269, comma 8, e' punito con la pena dell'ammenda fino a mille euro.
 
 2. Chi,  nell'esercizio di un impianto o di una attivita', viola i valori    limite   di   emissione   o   le   prescrizioni   stabiliti dall'autorizzazione,  dall'Allegato  I alla parte quinta del presente decreto,  dai  piani  e  dai  programmi  o  dalla  normativa  di  cui all'articolo  271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorita' competente  ai sensi del presente titolo e' punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a milletrentadue euro.
 
 3. Chi  mette  in  esercizio  un  impianto  o inizia ad esercitare un'attivita' senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai  sensi  dell'articolo  269,  comma  5  o  comma  15,  o  ai  sensi dell'articolo 272, comma 1, e' punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a milletrentadue euro.
 
 4. Chi  non comunica all'autorita' competente i dati relativi alle emissioni  ai  sensi  dell'articolo  269,  comma  5,  e'  punito  con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a milletrentadue euro.
 
 5. Nei  casi  previsti  dal  comma  2  si  applica  sempre la pena dell'arresto  fino  ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione  determina  anche  il  superamento  dei  valori  limite  di qualita' dell'aria previsti dalla vigente normativa.
 
 6. Chi,  nei  casi previsti dall'articolo 281, comma 1, non adotta tutte  le  misure  necessarie  ad evitare un aumento anche temporaneo delle  emissioni e' punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o dell'ammenda fino a milletrentadue euro.
 
 7. Per  la  violazione  delle  prescrizioni dell'articolo 276, nel caso  in  cui  la  stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai commi  da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 277   si   applica   una   sanzione   amministrativa   pecuniaria  da quindicimilaquattrocentonovantatre               euro               a centocinquantaquattromilanovecentotrentasette   euro. All'irrogazione di  tale  sanzione  provvede,  ai  sensi degli articoli 17 e seguenti della  legge  24  novembre  1981,  n. 689,  la  regione  o la diversa autorita'   indicata  dalla  legge  regionale. La  sospensione  delle autorizzazioni in essere e' sempre disposta in caso di recidiva.
 |  |  |  | ART. 280 (abrogazioni)
 
 1. Sono  abrogati,  escluse  le  disposizioni  di  cui il presente decreto preveda l'ulteriore vigenza e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 14 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351:
 
 a) il  decreto  del  Presidente  della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;
 b) l'articolo 4 della legge 4 novembre 1997, n. 413;
 c) l'articolo  12,  comma  8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;
 d) il decreto del Ministro dell'ambiente 10 marzo 1987, n. 105;
 e) il decreto del Ministro dell'ambiente 8 maggio 1989;
 f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989;
 g) il decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990;
 h) il decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991;
 i) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 dicembre 1995;
 l) il decreto del Ministro dell'ambiente del 16 maggio 1996;
 m) il decreto del Ministro dell'ambiente 20 gennaio 1999, n. 76;
 n) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 gennaio 2000, n. 107;
 o) il  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio 16 gennaio 2004, n. 44.
 
 
 
 Nota all'art. 280:
 - L'art.  14  del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
 351,   recante  «Attuazione  della  direttiva  96/62/CE  in
 materia   di  valutazione  e  di  gestione  della  qualita'
 dell'aria  ambiente»,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale
 del 13 ottobre 1999, n. 241, e' il seguente:
 «Art.  14  (Disposizioni  transitorie)  -  1.  Fino  al
 termine  stabilito  ai  sensi dell'art. 4, comma 1, lettera
 c),  restano  in vigore i valori limite fissati nel decreto
 del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203.
 2.  Fino  alla data di entrata in vigore dei pertinenti
 decreti  di  cui  all'art.  4, comma 1, restano in vigore i
 valori  guida,  i  livelli  di attenzione e di allarme, gli
 obiettivi  di  qualita',  i livelli per la protezione della
 salute   e   della  vegetazione,  nonche'  le  disposizioni
 sull'informazione della popolazione stabiliti:
 a) dal  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  28 marzo  1983  concernente  i  limiti massimi di
 accettabilita'   delle   concentrazioni  e  di  esposizione
 relativi  ad  inquinanti  dell'aria  nell'ambiente esterno,
 pubblicato   nel   supplemento   ordinario   alla  Gazzetta
 Ufficiale del 28 maggio 1983, n. 145;
 b)   dal  decreto  del  Presidente  della  Repubblica
 24 maggio  1988,  n.  203,  concernente norme in materia di
 qualita'   dell'aria   relativamente   a  specifici  agenti
 inquinanti,  e  di  inquinamento  prodotto  dagli  impianti
 industriali, e suoi decreti attuativi;
 c) dal  decreto  del Ministro dell'ambiente 15 aprile
 1994,  recante  «Norme  tecniche in materia di livelli e di
 stati  di  attenzione  e  di  allarme  per  gli  inquinanti
 atmosferici  nelle aree urbane, ai sensi degli articoli 3 e
 4  del  decreto  del  Presidente della Repubblica 24 maggio
 1988,  n.  203,  e  dell'art.  9  del  decreto del Ministro
 dell'ambiente  20 maggio  1991»,  pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale del 10 maggio 1994, n. 107;
 d) dal  decreto  del Ministro dell'ambiente 16 maggio
 1996  sull'attivazione  di  un  sistema  di sorveglianza di
 inquinamento  da ozono, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
 del 13 luglio 1996, n. 163;
 e) dal decreto del Ministro dell'ambiente 25 novembre
 1994,  recante  «l'aggiornamento  delle  norme  tecniche in
 materia  di  limiti  di  concentrazione  e  di  livelli  di
 attenzione  e  di  allarme  per  gli inquinanti atmosferici
 nelle  aree  urbane  e disposizioni per la misura di alcuni
 inquinanti  di cui al decreto ministeriale 15 aprile 1994»,
 pubblicato   nel   supplemento   ordinario   alla  Gazzetta
 Ufficiale del 13 dicembre 1994, n. 290.
 3.  A  decorrere  dalla  data  di entrata in vigore del
 presente  decreto  e per il periodo transitorio individuato
 dal  comma  1,  le  regioni,  entro  sei mesi dalla fine di
 ciascun  anno,  trasmettono al Ministero dell'ambiente e al
 Ministero  della  sanita',  per  il  tramite  dell'ANPA, le
 informazioni   indicate   in   allegato  VI  relative  agli
 inquinanti  per  i  quali  sono  fissati  valori  limite di
 qualita'   dell'aria   dal  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica 24 maggio 1988, n. 203.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 281 (disposizioni transitorie e finali)
 
 1.  I gestori degli impianti autorizzati, anche in via provvisoria o  in  forma  tacita,  ai  sensi  del  decreto  del  Presidente della Repubblica  24 maggio 1988, n. 203, ad esclusione di quelli dotati di autorizzazione  generale  che  sono sottoposti alla disciplina di cui all'articolo   272,   comma  3,  devono  presentare  una  domanda  di autorizzazione  ai sensi dell'articolo 269 entro i termini di seguito indicati. Le regioni e le province autonome adottano, nel rispetto di tali  termini, appositi calendari per la presentazione delle domande; in   caso   di   mancata   adozione  dei  calendari,  la  domanda  di autorizzazione  deve essere comunque presentata nei termini stabiliti dal  presente  comma.  La  mancata  presentazione  della  domanda nei termini,  inclusi quelli fissati dai calendari, comporta la decadenza della  precedente  autorizzazione.  Se  la  domanda e' presentata nei termini,  l'esercizio degli impianti puo' essere proseguito fino alla pronuncia  dell'autorita'  competente;  in  caso di mancata pronuncia entro i termini previsti dall'articolo 269, comma 3, l'esercizio puo' essere  proseguito  fino  alla  scadenza  del termine previsto per la pronuncia  del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi dello stesso articolo. In caso di impianti autorizzati in via provvisoria o in forma tacita, il   gestore   deve  adottare,  fino  alla  pronuncia  dell'autorita' competente,  tutte  le  misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo  delle  emissioni.  La domanda di autorizzazione di cui al presente comma deve essere presentata entro i seguenti termini:
 
 a)  tra  la  data  di  entrata  in  vigore della parte quinta del presente  decreto  ed  il 31 dicembre 2010, per impianti anteriori al 1988;
 b)  tra  il  1° gennaio 2011 ed il 31 dicembre 2014, per impianti anteriori  al 2006 che siano stati autorizzati in data anteriore al 1 ° gennaio 2000;
 c)  tra  il  1° gennaio 2015 ed il 31 dicembre 2018, per impianti anteriori  al  2006 che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999.
 
 2.  I  gestori  degli impianti e delle attivita' in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono  nel  campo  di  applicazione  del presente titolo e che non ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica  24 maggio 1988, n. 203, si adeguano alle disposizioni del presente  titolo entro tre anni da tale data e, nel caso in cui siano soggetti  all'autorizzazione  alle  emissioni, presentano la relativa domanda,  ai  sensi  dell'articolo  269 ovvero ai sensi dell'articolo 272,  commi  2  e  3,  almeno  diciotto  mesi  prima  del  termine di adeguamento.  In caso di mancata presentazione della domanda entro il termine   previsto,   l'impianto  o  l'attivita'  si  considerano  in esercizio  senza  autorizzazione  alle  emissioni.  Se  la domanda e' presentata  nel  termine previsto, l'esercizio puo' essere proseguito fino  alla  pronuncia  dell'autorita'  competente; in caso di mancata pronuncia  entro  i  termini  previsti  dall'articolo  269,  comma 3, l'esercizio  puo'  essere  proseguito  fino alla scadenza del termine previsto  per  la pronuncia del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi dello stesso  articolo.  Per  gli  impianti  l'autorizzazione  stabilisce i valori limite e le prescrizioni:
 
 a)  ai  sensi  dell'articolo  271,  commi 6 e 9, se l'impianto e' stato  realizzato  prima  del  1988  in  conformita'  alla  normativa all'epoca vigente;
 b)  ai  sensi  dell'articolo 271, commi 8 e 9, se l'impianto deve essere  realizzato  ai  sensi  dell'articolo 269, commi 10 o 12, o e' stato realizzato tra il 1988 e l'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto in conformita' alla normativa all'epoca vigente.
 
 3.  Per  gli  impianti in esercizio alla data di entrata in vigore della  parte  quinta  del  presente decreto che ricadono nel campo di applicazione  del  presente  titolo  e  che  ricadevano  nel campo di applicazione  della  legge  13  luglio  1966, n. 615, del decreto del Presidente  della  Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, o del titolo II  del  decreto  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, l'autorita' competente adotta le autorizzazioni generali di cui all'articolo  272, comma 2, entro quindici mesi da tale data. In caso di   mancata   adozione  dell'autorizzazione  generale,  nel  termine prescritto, la stessa e' rilasciata con apposito decreto del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  i  gestori degli impianti  interessati  comunicano  la  propria adesione all'autorita' competente;  e'  fatto  salvo il potere di tale autorita' di adottare successivamente  nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell'articolo  272,  l'adesione  alle quali comporta, per il soggetto interessato,   la   decadenza   di   quella   adottata  dal  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
 
 4. I gestori degli impianti e delle attivita' che ricadevano negli allegati  1  e  2  del decreto del Presidente della Repubblica del 25 luglio  1991  e  che,  per  effetto  della  parte quinta del presente decreto,  sono  tenuti  ad ottenere una specifica autorizzazione alle emissioni  presentano  la  relativa  richiesta  entro  quindici  mesi dall'entrata  in  vigore  della parte quinta del presente decreto; in tal  caso,  se  l'impianto  e' soggetto all'articolo 275, l'autorita' competente   rilascia   l'autorizzazione   sulla  base  dei  progetti presentati ai sensi del comma 8 dello stesso articolo, con decorrenza dei  termini  previsti  nell'articolo  269,  comma  3,  dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. In caso di mancata  presentazione  della  domanda  entro  il  termine  previsto, l'impianto   o   l'attivita'   si   considerano  in  esercizio  senza autorizzazione  alle  emissioni.  Se  la  domanda  e'  presentata nel termine  previsto,  l'esercizio  di  tali  impianti  o attivita' puo' essere  proseguito fino alla pronuncia dell'autorita' compete nte; in caso di mancata pronuncia entro i termini previsti dall'articolo 269, comma  3,  l'esercizio  puo' essere proseguito fino alla scadenza del termine  previsto per la pronuncia del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  a  cui  sia stato richiesto di provvedere ai sensi dello stesso articolo.
 
 5.  All'integrazione  e  alla  modifica  degli allegati alla parte quinta  del  presente  decreto  provvede  il Ministro dell'ambiente e della  tutela del territorio, con le modalita' di cui all'articolo 3, comma  2,  di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle  attivita'  produttive,  sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo  8  del  decreto  legislativo  28  agosto  1997, n. 281. All'adozione  di  tali  atti  si  procede altresi' di concerto con il Ministro  delle  politiche  agricole  e forestali, relativamente alle emissioni  provenienti  da  attivita'  agricole,  e di concerto con i Ministri   dell'interno,  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  e dell'economia  e  delle  finanze,  relativamente  alla modifica degli allegati   VII  e  VIII  alla  parte  quinta  del  presente  decreto. L'Allegato  I  e l'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto sono  integrati  e  modificati  per  la  prima  volta  entro  un anno dall'entrata in vigore della parte quinta del decreto medesimo.
 
 6.  Alla modifica ed integrazione degli Allegati alla parte quinta del  presente  decreto,  al  fine  di  dare attuazione alle direttive comunitarie  per le parti in cui le stesse comportino modifiche delle modalita'   esecutive  e  delle  caratteristiche  di  ordine  tecnico stabilite  dalle norme vigenti, si provvede ai sensi dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
 
 7.   Le   domande  di  autorizzazione,  i  provvedimenti  adottati dall'autorita' competente e i risultati delle attivita' di controllo, ai  sensi  del  presente  titolo, nonche' gli elenchi delle attivita' autorizzate  in  possesso  dell'autorita'  competente  sono  messi  a disposizione  del  pubblico  ai  sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
 
 8.  Lo  Stato,  le  regioni,  le  province  autonome e le province organizzano  i  rispettivi  inventari  delle  fonti  di  emissioni. I criteri  per  l'elaborazione  di  tali  inventari  sono stabiliti con decreto  del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attivita' produttive e con il Ministro della salute.
 
 9.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio,  di  concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle finanze,  e'  istituita, senza oneri a carico della finanza pubblica, una  commissione per la raccolta, l'elaborazione e la diffusione, tra le  autorita'  competenti, dei dati e delle informazioni rilevanti ai fini  dell'applicazione della parte quinta del presente decreto e per la   valutazione   delle   migliori   tecniche   disponibili  di  cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa). La commissione e' composta da un  rappresentante nominato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del   territorio,  con  funzioni  di  presidente,  un  rappresentante nominato  dal  Ministro delle attivita' produttive, un rappresentante nominato  dal  Ministro della salute e cinque rappresentanti nominati dalla   Conferenza  unificata  di  cui  all'articolo  8  del  decreto legislativo  28  agosto 1997, n. 281. Alle riunioni della Commissione possono  partecipare  uno o piu' rappresentanti di ciascuna regione o provincia  autonoma.  Il  decreto  istitutiv  o  disciplina  anche le modalita' di funzionamento della commissione, inclusa la periodicita' delle  riunioni, e le modalita' di partecipazione di soggetti diversi dai componenti. Ai componenti della commissione e agli altri soggetti che   partecipano   alle   riunioni   della   stessa  non  spetta  la corresponsione di compensi, indennita', emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese.
 
 10.  Fatti  salvi  i poteri stabiliti dall'articolo 271 in sede di adozione  dei  piani  e  dei  programmi  ivi  previsti  e di rilascio dell'autorizzazione, in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedano una particolare tutela ambientale, le regioni e le province autonome, con provvedimento generale, previa intesa  con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e con  il  Ministro  della  salute,  per  quanto di competenza, possono stabilire  valori  limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le  condizioni  di  costruzione  o  di esercizio degli impianti, piu' severi  di  quelli fissati dagli allegati al presente titolo, purche' cio'  risulti  necessario  al  conseguimento  del valori limite e dei valori bersaglio di qualita' dell'aria.
 
 
 
 Note all'art. 281:
 - Il  decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
 1988,  n.  203,  recante  "Attuazione  delle  direttive CEE
 numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in
 materia  di  qualita'  dell'aria, relativamente a specifici
 agenti   inquinanti,   e  di  inquinamento  prodotto  dagli
 impianti  industriali,  ai  sensi  dell'art. 15 della legge
 16 aprile  1987,  n.  18",  e'  pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale del 16 giugno 1988, n. 140, S.O.
 - La    legge   13 luglio   1966,   n.   615,   recante
 "Provvedimenti   contro   l'inquinamento  atmosferico",  e'
 pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale del 13 agosto 1966, n.
 201.
 - Il    decreto   del   Presidente   della   Repubblica
 22 dicembre  1970,  n.  1391,  concernente "Regolamento per
 l'esecuzione  della  legge  13 luglio 1966, n. 615, recante
 provvedimenti     contro     l'inquinamento    atmosferico,
 limitatamente   al  settore  degli  impianti  termici",  e'
 pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale dell'8 marzo 1971, n.
 59, S.O.
 - Il  decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
 8 marzo  2002,  recante  "Disciplina  delle caratteristiche
 merceologiche  dei  combustibili  aventi  rilevanza ai fini
 dell'inquinamento      atmosferico,      nonche'      delle
 caratteristiche     tecnologiche    degli    impianti    di
 combustione",  e'  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale del
 12 marzo 2002, n. 60.
 - Il   decreto  del  Presidente  della  Repubblica  del
 25 luglio 1991, recante "Modifiche dell'atto di indirizzo e
 coordinamento  in materia di emissioni poco significative e
 di  attivita'  a  ridotto inquinamento atmosferico, emanato
 con  decreto  del  Presidente del Consiglio dei Ministri in
 data   21 luglio   1989",   e'  pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale del 27 luglio 1991, n. 175.
 - L'art.  8  del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
 281, recante "Definizione ed ampliamento delle attribuzioni
 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
 regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e Bolzano ed
 unificazione,  per  le  materie  ed  i compiti di interesse
 comune  delle  regioni, delle province e dei comuni, con la
 Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie locali", pubblicato
 nella  Gazzetta Ufficiale del 30 agosto 1997, n. 202, e' il
 seguente:
 "Art.  8 (Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e
 Conferenza  unificata).  - 1. La Conferenza Stato-citta' ed
 autonomie  locali  e' unificata per le materie ed i compiti
 di  interesse  comune  delle  regioni,  delle province, dei
 comuni   e  delle  comunita'  montane,  con  la  Conferenza
 Stato-regioni.
 2.  La  Conferenza  Stato-citta' ed autonomie locali e'
 presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per
 sua  delega,  dal  Ministro dell'interno o dal Ministro per
 gli  affari  regionali; ne fanno parte altresi' il Ministro
 del tesoro e del bilancio e della programmazione economica,
 il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici,
 il  Ministro della sanita', il presidente dell'Associazione
 nazionale   dei  comuni  d'Italia  -  ANCI,  il  presidente
 dell'Unione  province  d'Italia  -  UPI  ed  il  presidente
 dell'Unione  nazionale  comuni, comunita' ed enti montani -
 UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati
 dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI.
 Dei   quattordici   sindaci   designati   dall'ANCI  cinque
 rappresentano  le  citta'  individuate  dall'art.  17 della
 legge  8 giugno  1990, n. 142. Alle riunioni possono essere
 invitati  altri  membri del Governo, nonche' rappresentanti
 di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
 3.  La  Conferenza  Stato-citta' ed autonomie locali e'
 convocata  almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi
 il  presidente ne ravvisi la necessita' o qualora ne faccia
 richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM.
 4.  La  Conferenza  unificata  di  cui  al  comma  1 e'
 convocata  dal  Presidente  del  Consiglio dei Ministri. Le
 sedute  sono  presiedute  dal  Presidente del Consiglio dei
 Ministri  o,  su  sua  delega,  dal Ministro per gli affari
 regionali  o,  se  tale  incarico  non  e'  conferito,  dal
 Ministro dell'interno.".
 - L'art. 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante
 "Norme   generali   sulla   partecipazione  dell'Italia  al
 processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di
 esecuzione  degli  obblighi  comunitari,  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  del  15 febbraio  2005,  n.  37, e' il
 seguente:
 "Art.   13  (Adeguamenti  tecnici).  -  1.  Alle  norme
 comunitarie  non  autonomamente applicabili, che modificano
 modalita'  esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di
 direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale, e' data
 attuazione,  nelle  materie  di  cui  all'art. 117, secondo
 comma,   della   Costituzione,  con  decreto  del  Ministro
 competente per materia, che ne da' tempestiva comunicazione
 alla  Presidenza  del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
 per le politiche comunitarie.
 2. In relazione a quanto disposto dall'art. 117, quinto
 comma,  della  Costituzione,  i  provvedimenti  di  cui  al
 presente  articolo possono essere adottati nelle materie di
 competenza  legislativa  delle  regioni  e  delle  province
 autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei
 suddetti  enti  nel dare attuazione a norme comunitarie. In
 tale  caso,  i provvedimenti statali adottati si applicano,
 per  le  regioni e le province autonome nelle quali non sia
 ancora  in  vigore  la  propria  normativa di attuazione, a
 decorrere   dalla   scadenza   del  termine  stabilito  per
 l'attuazione   della  rispettiva  normativa  comunitaria  e
 perdono  comunque efficacia dalla data di entrata in vigore
 della   normativa  di  attuazione  di  ciascuna  regione  e
 provincia  autonoma.  I  provvedimenti  recano  l'esplicita
 indicazione  della natura sostitutiva del potere esercitato
 e   del  carattere  cedevole  delle  disposizioni  in  essi
 contenute.".
 - Il   decreto  legislativo  19 agosto  2005,  n.  195,
 recante  "Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso
 del  pubblico",  e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
 23 settembre 2005, n. 222.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 282 (campo di applicazione)
 
 1. Il  presente  titolo  disciplina,  ai  fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, gli impianti termici civili  aventi  potenza  termica  nominale  inferiore alle pertinenti soglie  stabilite  dall'articolo  269, comma 14. Sono sottoposti alle disposizioni  del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica  nominale  uguale  o  superiore  a tali soglie e gli impianti termici  civili  che utilizzano carbone da vapore, coke metallurgico, coke da gas, antracite, prodotti antracitosi o miscele di antracite e prodotti  antracitosi,  aventi potenza termica nominale superiore a 3 MW.
 |  |  |  | ART. 283 (definizioni)
 
 1. Ai   fini   del   presente  titolo  si  applicano  le  seguenti definizioni:
 
 a) impianto termico: impianto destinato alla produzione di calore costituito  da  uno o piu' generatori di calore e da un unico sistema di  distribuzione e utilizzazione di tale calore, nonche' da appositi dispositivi di regolazione e di controllo;
 b) generatore  di  calore:  qualsiasi  dispositivo di combustione alimentato con combustibili al fine di produrre acqua calda o vapore, costituito da un focolare, uno scambiatore di calore e un bruciatore;
 c) focolare: parte di un generatore di calore nella quale avviene il processo di combustione;
 d) impianto termico civile: impianto termico la cui produzione di calore  e'  destinata,  anche  in edifici ad uso non residenziale, al riscaldamento  o  alla climatizzazione di ambienti o al riscaldamento di  acqua  per  usi igienici e sanitari; l'impianto termico civile e' centralizzato  se  serve  tutte  le  unita'  dell'edificio  o di piu' edifici ed e' individuale negli altri casi;
 e) potenza termica nominale dell'impianto: la somma delle potenze termiche nominali dei singoli focolari costituenti l'impianto;
 f) potenza  termica nominale del focolare: il prodotto del potere calorifico  inferiore  del  combustibile  utilizzato  e della portata massima  di  combustibile bruciato all'interno del focolare, espresso in Watt termici o suoi multipli;
 g) valore  di soglia: potenza termica nominale dell'impianto pari a 0.035MW;
 h) modifica  dell'impianto: qualsiasi intervento che comporta una variazione  dei dati contenuti nella denuncia di cui all'articolo 284 o  nella  documentazione  presentata  ai  sensi degli articoli 9 e 10 della legge 13 luglio 1966, n. 615;
 i) autorita'   competente:   i   comuni  aventi  una  popolazione superiore  ai  quarantamila  abitanti  e,  nella  restante  parte del territorio, le province;
 l) installatore:  il  soggetto  indicato  dall'articolo  108  del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
 m) responsabile     dell'esercizio     e    della    manutenzione dell'impianto:  il  soggetto  indicato dall'articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412;
 n) conduzione  di  un  impianto termico: insieme delle operazioni necessarie al fine di assicurare la corretta combustione nei focolari e  l'adeguamento  del  regime dell'impianto termico alla richiesta di calore.
 
 
 
 Note all'art. 283:
 - Gli  articoli 9  e  10 della legge 13 luglio 1966, n.
 615,    recante    «Provvedimenti   contro   l'inquinamento
 atmosferico»,   pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  del
 13 agosto 1966, n. 201, sono i seguenti:
 «Art.  9.  -  Per  l'installazione di un nuovo impianto
 termico di cui al precedente art. 8 o per la trasformazione
 o   l'ampliamento   di   un   impianto   preesistente,   il
 proprietario o possessore deve presentare domanda corredata
 da   un  progetto  particolareggiato  dell'impianto  -  con
 l'indicazione  della  potenzialita'  in Kcal/h - al comando
 provinciale dei vigili del fuoco, che lo approva dopo avere
 constatato   la  corrispondenza  dell'impianto  alle  norme
 stabilite  dal regolamento. Avverso la mancata approvazione
 del  progetto  dell'impianto,  e'  ammesso  ricorso,  entro
 trenta giorni dalla notifica, al prefetto. Il provvedimento
 del prefetto e' definitivo.
 Chiunque  installa,  trasforma  o  amplia  un  impianto
 termico  di  cui  al precedente art. 8, senza la preventiva
 approvazione  di  cui  al  presente articolo, e' punito con
 l'ammenda da L. 300.000 a L. 3.000.000.».
 «Art. 10. - Entro quindici giorni dalla installazione o
 dalla   trasformazione  o  dall'ampliamento  dell'impianto,
 l'utente   deve   fare   denuncia,   indicando   anche   la
 potenzialita'  in Kcal/h, al comando provinciale dei vigili
 del   fuoco  che  provvedera'  ad  effettuare  il  collaudo
 verificandone  la  rispondenza  con  le norme stabilite nel
 regolamento.
 Avverso  l'esito  negativo  di tale collaudo e' ammesso
 ricorso  entro trenta giorni dalla notifica al prefetto. Il
 provvedimento del prefetto e' definitivo.
 Chiunque  ometta  nel  termine  prescritto  di  fare la
 denuncia di cui sopra, e' punito con l'ammenda da L. 30.000
 a L. 150.000.
 Chiunque metta in funzione, senza attendere il collaudo
 di  cui  al  primo comma del presente articolo, un impianto
 termico  e'  punito  con  l'ammenda  da  L.  150.000  a  L.
 450.000.».
 - L'art.   108   del   decreto   del  Presidente  della
 Repubblica  6 giugno  2001,  n.  380,  recante «Testo unico
 delle  disposizioni  legislative e regolamentari in materia
 edilizia»,   pubblicato   nella   Gazzetta   Ufficiale  del
 20 ottobre 2001, n. 245, S.O., e' il seguente:
 «Art.  108  (L)  (Soggetti abilitati). (Legge 18 maggio
 1990,  n.  46, art. 2; al comma 3, e' l'art. 22 della legge
 30 aprile    1999,   n.   136).   -   1.   Sono   abilitate
 all'installazione,  alla  trasformazione, all'ampliamento e
 alla  manutenzione degli impianti di cui all'art. 107 tutte
 le  imprese, singole o associate, regolarmente iscritte nel
 registro  delle  ditte di cui al regio decreto 20 settembre
 1934,  n. 2011, e successive modificazioni ed integrazioni,
 o nell'albo provinciale delle imprese artigiane di cui alla
 legge 8 agosto 1985, n. 443.
 2.  L'esercizio  delle  attivita'  di cui al comma 1 e'
 subordinato       al       possesso      dei      requisiti
 tecnico-professionali,   di  cui  all'art.  109,  da  parte
 dell'imprenditore,   il   quale,  qualora  non  ne  sia  in
 possesso,  prepone  all'esercizio delle attivita' di cui al
 medesimo  comma  1  un  responsabile tecnico che abbia tali
 requisiti.
 3.  Sono,  in  ogni  caso abilitate all'esercizio delle
 attivita'  di  cui  al  comma  1, le imprese in possesso di
 attestazione  per  le  relative categorie rilasciata da una
 Societa'   organismo  di  attestazione  (SOA),  debitamente
 autorizzata  ai  sensi  del  decreto  del  Presidente della
 Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34.
 4.  Possono  effettuare  il  collaudo  ed  accertare la
 conformita'  alla  normativa  vigente degli impianti di cui
 all'art.   107,   comma  1,  lettera f),  i  professionisti
 iscritti  negli albi professionali, inseriti negli appositi
 elenchi della camera di commercio, industria, artigianato e
 agricoltura,  formati  annualmente  secondo quanto previsto
 dall'art.  9,  comma  1,  del  decreto del Presidente della
 Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447.».
 - L'art.  11, comma 1, del decreto del Presidente della
 Repubblica  26 agosto  1993,  n.  412, recante «Regolamento
 recante   norme   per  la  progettazione,  l'installazione,
 l'esercizio  e la manutenzione degli impianti termici degli
 edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in
 attuazione  dell'art.  4,  comma  4,  della legge 9 gennaio
 1991,  n.  10»,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale del
 14 ottobre  1993,  n.  242,  supplemento  ordinario,  e' il
 seguente:
 «Art.  11  (Esercizio  e  manutenzione  degli  impianti
 termici  e  controlli  relativi).  -  1.  L'esercizio  e la
 manutenzione   degli  impianti  termici  sono  affidati  al
 proprietario,  definito  come  alla lettera j) dell'art. 1,
 comma  1,  o  per  esso  ad  un  terzo,  avente i requisiti
 definiti  alla  lettera  o) dell'art. 1, comma 1, che se ne
 assume  la  responsabilita'. L'eventuale atto di assunzione
 di  responsabilita'  da  parte  del  terzo,  che  lo espone
 altresi'  alle sanzioni amministrative previste dal comma 5
 dell'art. 34 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, deve essere
 redatto  in  forma scritta e consegnato al proprietario. Il
 terzo  eventualmente incaricato, non puo' delegare ad altri
 le   responsabilita'   assunte,   e   puo'  ricorrere  solo
 occasionalmente   al  subappalto  delle  attivita'  di  sua
 competenza,  fermo restando il rispetto della legge 5 marzo
 1990,   n.   46,   per   le   attivita'   di   manutenzione
 straordinaria,   e   ferma   restando  la  propria  diretta
 responsabilita' ai sensi degli articoli 1667 e seguenti del
 codice  civile.  Il  ruolo  di  terzo  responsa  bile di un
 impianto  e'  incompatibile  con  il  ruolo di fornitore di
 energia  per  il medesimo impianto, a meno che la fornitura
 sia   effettuata   nell'ambito  di  un  contratto  servizio
 energia,  con  modalita'  definite con decreto del Ministro
 dell'industria,   del   commercio  e  dell'artigianato,  di
 concerto con il Ministro delle finanze.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 284 (denuncia di installazione o modifica)
 
 1. In  caso  di installazione o di modifica di un impianto termico civile  di  potenza  termica  nominale superiore al valore di soglia, deve  essere  trasmessa  all'autorita' competente, nei novanta giorni successivi     all'intervento,     apposita     denuncia,     redatta dall'installatore   mediante   il   modulo   di   cui  alla  parte  I dell'Allegato  IX  alla  parte quinta del presente decreto e messa da costui  a  disposizione del soggetto tenuto alla trasmissione. Per le installazioni   e   le   modifiche  successive  al  termine  previsto dall'articolo  286,  comma  4,  tale  denuncia  e' accompagnata dalla documentazione  relativa  alla  verifica  effettuata  ai  sensi dello stesso   articolo. La   denuncia   e'   trasmessa   dal  responsabile dell'esercizio   e   della  manutenzione  dell'impianto. In  caso  di impianti  termici  individuali,  se  il responsabile dell'esercizio e della  manutenzione  non e' il proprietario o il possessore o un loro delegato,  la  denuncia e' trasmessa dal proprietario o, ove diverso, dal  possessore ed e' messa da costui a disposizione del responsabile dell'e sercizio e della manutenzione.
 
 2. Per  gli  impianti  termici  civili di potenza termica nominale superiore  al  valore di soglia, in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, deve essere trasmessa all'autorita'  competente,  entro  un  anno  da  tale  data, apposita denuncia redatta dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto mediante il modulo di cui alla parte I dell'Allegato IX alla  parte  quinta  del presente decreto, accompagnata dai documenti allegati  al  libretto  di centrale ai sensi dell'articolo 286, comma 2. La  denuncia  e' trasmessa dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione  dell'impianto. In caso di impianti termici individuali, se  il  responsabile  dell'esercizio  e  della manutenzione non e' il proprietario o il possessore o un loro delegato, la denuncia e' messa a  disposizione  del  proprietario o, ove diverso, del possessore, il quale  provvede  alla  trasmissione. Il presente comma non si applica agli  impianti termici civili per cui e' stata espletata la procedura prevista dagli a rticoli 9 e 10 della legge 13 luglio 1966, n. 615.
 
 
 
 Nota all'art. 284:
 - Gli  articoli 9  e  10 della legge 13 luglio 1966, n.
 615, sono riportati nelle note all'art. 283.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 285 (caratteristiche tecniche)
 
 1. Gli   impianti  termici  civili  di  potenza  termica  nominale superiore  al  valore  di soglia devono rispettare le caratteristiche tecniche  previste  dalla parte II dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto pertinenti al tipo di combustibile utilizzato.
 |  |  |  | ART. 286 (valori limite di emissione)
 
 1. Le  emissioni  in  atmosfera  degli  impianti termici civili di potenza  termica  nominale  superiore  al  valore  di  soglia  devono rispettare  i valori limite previsti dalla parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto.
 
 2. I  valori  di emissione degli impianti di cui al comma 1 devono essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto nel corso delle normali operazioni di  controllo  e  manutenzione. I  valori misurati, con l'indicazione delle  relative  date, dei metodi di misura utilizzati e del soggetto che  ha  effettuato  la misura, devono essere allegati al libretto di centrale  previsto  dal  decreto  del  Presidente della Repubblica 26 agosto  1993,  n. 412. Tale controllo annuale dei valori di emissione non  e'  richiesto  nei  casi  previsti  dalla  parte  III, sezione 1 dell'Allegato  IX alla parte quinta del presente decreto. Al libretto di centrale devono essere allegati altresi' i documenti che attestano l'espletamento  delle manutenzioni necessarie a garantire il rispetto dei  valori  limite  di  emissione  previste  dalla  denuncia  di cui all'articolo 284.
 
 3. Ai  fini  del  campionamento,  dell'analisi e della valutazione delle emissioni degli impianti termici di cui al comma 1 si applicano i  metodi previsti nella parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto.
 
 4. Con  decorrenza dal termine di centottanta giorni dalla data di entrata   in   vigore   della  parte  quinta  del  presente  decreto, l'installatore,  contestualmente  all'installazione  o  alla modifica dell'impianto,  verifica  il  rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente articolo.
 
 
 
 Nota all'art. 286:
 - Il  decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
 1993,  n.  412,  recante  «Regolamento recante norme per la
 progettazione,    l'installazione,    l'esercizio    e   la
 manutenzione  degli  impianti termici degli edifici ai fini
 del  contenimento  dei  consumi  di  energia, in attuazione
 dell'art.  4,  comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10»,
 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 ottobre 1993,
 n. 242, supplemento ordinario.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 287 (abilitazione alla conduzione)
 
 1.  Il  personale  addetto  alla conduzione degli impianti termici civili  di  potenza termica nominale superiore a 0.232 MW deve essere munito  di  un  patentino di abilitazione rilasciato dall'Ispettorato provinciale  del  lavoro,  al  termine  di un corso per conduzione di impianti  termici,  previo superamento dell'esame finale. I patentini possono  essere  rilasciati  a  persone  aventi  eta' non inferiore a diciotto  anni  compiuti.  Presso ciascun Ispettorato provinciale del lavoro  e'  compilato  e  aggiornato un registro degli abilitati alla conduzione  degli  impianti  termici,  la  cui  copia e' tenuta anche presso  l'autorita'  competente  e  presso il comando provinciale dei vigili del fuoco.
 
 2.  Resta  fermo  quanto  previsto  dall'articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.
 
 3. Ai fini del comma 1 sono previsti due gradi di abilitazione. Il patentino  di  primo  grado  abilita  alla  conduzione degli impianti termici   per  il  cui  mantenimento  in  funzione  e'  richiesto  il certificato  di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore a norma  del  regio  decreto  12 maggio 1927, n. 824, e il patentino di secondo  grado  abilita  alla  conduzione  degli  altri  impianti. Il patentino di primo grado abilita anche alla conduzione degli impianti per cui e' richiesto il patentino di secondo grado.
 
 4.  Il  possesso  di  un  certificato di abilitazione di qualsiasi grado  per  la  condotta dei generatori di vapore, ai sensi del regio decreto  12  maggio  1927, n. 824, consente il rilascio del patentino senza necessita' dell'esame di cui al comma 1.
 
 5.   Il  patentino  puo'  essere  in  qualsiasi  momento  revocato dall'Ispettorato   provinciale  del  lavoro  in  caso  di  irregolare conduzione  dell'impianto. A tal fine l'autorita' competente comunica all'Ispettorato   i  casi  di  irregolare  conduzione  accertati.  Il provvedimento   di   sospensione  o  di  revoca  del  certificato  di abilitazione  alla  condotta  dei generatori di vapore ai sensi degli articoli  31  e  32  del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non ha effetto sul patentino di cui al presente articolo.
 
 6.  Il  decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale 12  agosto  1968  stabilisce la disciplina dei corsi e degli esami di cui  al  comma  1  e  delle  revisioni dei patentini. Alla modifica e all'integrazione di tale decreto si provvede con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
 
 
 
 Note all'art. 287:
 - L'art.  11, comma 3, del decreto del Presidente della
 Repubblica  26 agosto  1993,  n.  412, recante "Regolamento
 recante   norme   per  la  progettazione,  l'installazione,
 l'esercizio  e la manutenzione degli impianti termici degli
 edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in
 attuazione  dell'art.  4,  comma  4,  della legge 9 gennaio
 1991,  n.  10",  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale del
 14 ottobre  1993,  n.  242,  supplemento  ordinario,  e' il
 seguente:
 "Art.  11  (Esercizio  e  manutenzione  degli  impianti
 termici e controlli relativi). - 1.-2. (Omissis).
 3. Nel caso di impianti termici con potenza nominale al
 focolare  superiore  a  350 kW, ferma restando la normativa
 vigente  in  materia  di  appalti pubblici, il possesso dei
 requisiti richiesti al "terzo responsabile dell'esercizio e
 della  manutenzione  dell'impianto  termico"  e' dimostrato
 mediante   l'iscrizione  ad  albi  nazionali  tenuti  dalla
 pubblica  amministrazione e pertinenti per categoria quali,
 ad  esempio,  l'albo  nazionale dei costruttori - categoria
 gestione   e   manutenzione   degli   impianti  termici  di
 ventilazione    e    condizionamento,    oppure    mediante
 l'iscrizione  ad  elenchi  equivalenti dell'Unione europea,
 oppure mediante certificazione del soggetto, ai sensi delle
 norme  UNI  EN  ISO  della  serie  9000, per l'attivita' di
 gestione e manutenzione degli impianti termici, da parte di
 un  organismo accreditato e riconosciuto a livello italiano
 o  europeo.  In  ogni  caso  il  terzo  responsabile  o  il
 responsabile  tecnico  preposto  deve  possedere conoscenze
 tecniche  adeguate  alla complessita' dell'impianto o degli
 impianti a lui a ffidati.".
 - Il  regio  decreto  12 maggio  1927,  n. 824, recante
 "Approvazione  del  regolamento per la esecuzione del regio
 decreto-legge  9 luglio  1926,  n.  1331,  che  costituisce
 l'Associazione    nazionale    per   il   controllo   della
 combustione"  e'  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale del
 4 luglio 1927, n. 152.
 - Gli   articoli 31  e  32  del  citato  regio  decreto
 12 maggio 1927, n. 824, sono i seguenti:
 "Art.   31.  -  Gli  agenti  tecnici  dell'Associazione
 debbono accertare se il personale addetto alla condotta dei
 generatori   di  vapore  possieda  i  requisiti  prescritti
 dall'art.  27  ed  in  quale  modo  disimpegni  le  proprie
 mansioni.
 Anche  gli  ispettori  del  lavoro  hanno  facolta'  di
 procedere agli accertamenti di cui al precedente comma.
 Qualora  il  conduttore  non  adempia  abitualmente con
 diligenza  le  sue mansioni o abbia determinato, per dolo o
 per  negligenza,  notevoli  avarie  al  generatore  da  lui
 condotto,  anche se non siavi stato infortunio ovvero abbia
 comunque   posto   in   pericolo   l'incolumita'  di  altri
 lavoratori,  il  capo  circolo dell'Ispettorato del lavoro,
 con   ordinanza   motivata  e  previa  contestazione  degli
 addebiti,  puo',  senza  pregiudizio  delle  altre sanzioni
 previste dalla legge e dal contratto di lavoro, sospenderlo
 fino  a sei mesi dall'esercizio delle sue mansioni od anche
 revocare il certificato di abilitazione.
 Contro  l'ordinanza del capo circolo e' ammesso ricorso
 entro  trenta  giorni  dalla sua comunicazione al Ministero
 dell'economia nazionale che decide definitivamente.
 Art.   32.  -  Salvo  i  casi  di  forza  maggiore,  il
 conduttore non puo' abbandonare il servizio senza preavviso
 di  almeno  cinque  giorni,  fermo  restando i termini e le
 altre  condizioni stabiliti dal contratto di lavoro o dalla
 consuetudine che non contraddicano a tale disposizione.
 In  caso  di  contravvenzione  da  parte del conduttore
 all'obbligo  suddetto, il capo circolo dell'Ispettorato del
 lavoro  puo', con ordinanza motivata e previa contestazione
 degli  addebiti  ed  indipendentemente dalle altre sanzioni
 penali  e  delle  azioni  civili,  sospendere il conduttore
 stesso,   per   un   periodo  non  superiore  a  due  mesi,
 dall'abilitazione  alla condotta dei generatori ed, in caso
 di  recidiva  o  nei  casi  di pericolo di infortunio, puo'
 anche  ordinare detta sospensione per un periodo fino a sei
 mesi o revocare l'abilitazione.
 Contro  i  suddetti provvedimenti e' dato ricorso entro
 trenta    giorni    dalla    comunicazione   al   Ministero
 dell'economia nazionale che decide definitivamente.".
 - Il   decreto  ministeriale  12 agosto  1968,  recante
 "Disciplina dei corsi per il conseguimento del patentino di
 abilitazione  alla  conduzione  di  impianti  termici",  e'
 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale del 27 agosto 1968, n.
 217.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 288 (controlli e sanzioni)
 
 1. E'   punito  con  una  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da cinquecentosedici    euro    a    duemilacinquecentottantadue    euro l'installatore  che, in occasione dell'installazione o della modifica di  un  impianto  termico  civile,  non  redige  la  denuncia  di cui all'articolo  284,  comma  1,  o  redige una denuncia incompleta e il soggetto  tenuto  alla trasmissione di tale denuncia che, ricevuta la stessa,   non  la  trasmette  all'autorita'  competente  nei  termini prescritti. Con   la   stessa  sanzione  e'  punito  il  responsabile dell'esercizio  e  della manutenzione dell'impianto che non redige la denuncia  di  cui  all'articolo  284,  comma 2, o redige una denuncia incompleta  e  il  soggetto tenuto alla trasmissione di tale denuncia che,  ricevuta  la  stessa, non la trasmette all'autorita' competente nei termini prescritti.
 
 2. In caso di esercizio di un impianto termico civile non conforme alle  caratteristiche  tecniche  di cui all'articolo 285, sono puniti con  una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro:
 
 a) l'installatore,  ove  questi sia tenuto a redigere la denuncia di cui all'articolo 284, comma 1;
 b) il    responsabile   dell'esercizio   e   della   manutenzione dell'impianto,  ove  questi  sia tenuto a redigere la denuncia di cui all'articolo 284, comma 2.
 
 3. Nel  caso  in  cui  l'impianto  non rispetti i valori limite di emissione  di  cui  all'articolo  286,  comma  1, sono puniti con una sanzione   amministrativa  pecuniaria  da  cinquecentosedici  euro  a duemilacinquecentottantadue euro:
 
 a) il  responsabile dell'esercizio e della manutenzione, in tutti i  casi  in cui l'impianto non e' soggetto all'obbligo di verifica di cui all'articolo 286, comma 4;
 b) l'installatore   e  il  responsabile  dell'esercizio  e  della manutenzione,   se  il  rispetto  dei  valori  limite  non  e'  stato verificato  ai  sensi  dell'articolo  286,  comma  4,  o non e' stato dichiarato nella denuncia di cui all'articolo 284, comma 1;
 c) l'installatore,  se  il  rispetto  dei  valori limite e' stato verificato  ai  sensi  dell'articolo 286, comma 4, e dichiarato nella denuncia  di  cui  all'articolo  284,  comma  1, e se dal libretto di centrale   risultano   regolarmente   effettuati  i  controlli  e  le manutenzioni prescritti dalla parte quinta del presente decreto e dal decreto  del  Presidente  della  Repubblica  26  agosto 1993, n. 412, purche'  non  sia  superata  la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto;
 d) il  responsabile  dell'esercizio  e  della manutenzione, se il rispetto dei valori limite e' stato verificato ai sensi dell'articolo 286,  comma  4,  e dichiarato nella denuncia di cui all'articolo 284, comma  1,  e  se  dal libretto di centrale non risultano regolarmente effettuati  i  controlli  e  le  manutenzioni  prescritti  o e' stata superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto.
 
 4. Con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro  a  duemilacinquecentottantadue  euro  e' punito il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non effettua il controllo  annuale  delle emissioni ai sensi dell'articolo 286, comma 2, o non allega al libretto di centrale i dati ivi previsti.
 
 5. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste dai commi precedenti   e   delle   sanzioni   previste  per  la  produzione  di dichiarazioni   mendaci   o   di   false   attestazioni,  l'autorita' competente,    ove   accerti   che   l'impianto   non   rispetta   le caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 o i valori limite di emissione di cui all'articolo 286, impone, con proprio provvedimento, al  contravventore  di procedere all'adeguamento entro un determinato termine oltre il quale l'impianto non puo' essere utilizzato. In caso di   mancato   rispetto  del  provvedimento  adottato  dall'autorita' competente si applica l'articolo 650 del codice penale.
 
 6. All'irrogazione  delle  sanzioni  amministrative  previste  dal presente  articolo, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24  novembre  1981,  n. 689,  provvede  l'autorita' competente di cui all'articolo  283,  comma  1,  lettera  i),  o  la  diversa autorita' indicata dalla legge regionale.
 
 7. Chi  effettua  la  conduzione  di un impianto termico civile di potenza  termica  nominale  superiore a 0.322 MW senza essere munito, ove  prescritto,  del patentino di cui all'articolo 287 e' punito con l'ammenda da quindici euro a quarantasei euro.
 
 8. I  controlli  relativi  al  rispetto  del  presente titolo sono effettuati  dall'autorita'  competente,  con cadenza almeno biennale, anche  avvalendosi  di  organismi esterni aventi specifica competenza tecnica,   nei   limiti  delle  risorse  disponibili  a  legislazione vigente. Con  decreto  del  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,  di concerto con il Ministro delle attivita' produttive e il  Ministro  della  salute,  sono  individuati  i  requisiti di tali organismi. Fino all'adozione di tale decreto si applicano i requisiti previsti dall'articolo 11, comma 19, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.
 
 
 
 Note all'art. 288:
 - Il  decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto
 1993,  n.  412,  recante  «Regolamento recante norme per la
 progettazione,    l'installazione,    l'esercizio    e   la
 manutenzione  degli  impianti termici degli edifici ai fini
 del  contenimento  dei  consumi  di  energia, in attuazione
 dell'art.  4,  comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10»,
 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 ottobre 1993,
 n. 242, supplemento ordinario.
 - L'art.   11,   comma   19,  del  citato  decreto  del
 Presidente  della  Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e' il
 seguente:
 «19.  In  caso  di affidamento ad organismi esterni dei
 controlli  di  cui  al  comma  18,  i  comuni e le province
 competenti  dovranno stipulare con detti organismi apposite
 convenzioni, previo accertamento che gli stessi soddisfino,
 con   riferimento  alla  specifica  attivita'  prevista,  i
 requisiti minimi di cui all'allegato I al presente decreto.
 L'ENEA,   nell'ambito  dell'accordo  di  programma  con  il
 Ministero  dell'industria, del commercio e dell'artigianato
 di  cui  all'art. 3 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, o su
 specifica  commessa,  fornisce  agli  enti  locali  che  ne
 facciano    richiesta    assistenza    per   l'accertamento
 dell'idoneita' tecnica dei predetti organismi.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 289 (abrogazioni)
 
 1.  Sono  abrogati,  escluse  le  disposizioni  di  cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza, la legge 13 luglio 1966, n. 615, ed  il  decreto  del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391.
 |  |  |  | ART. 290 (disposizioni transitorie e finali)
 
 1.  Alla  modifica  e  all'integrazione dell'Allegato IX alla parte quinta  del  presente  decreto  si provvede con le modalita' previste dall'articolo 281, comma 5.
 2.  L'installazione  di  impianti termici civili centralizzati puo' essere  imposta  dai  regolamenti edilizi comunali relativamente agli interventi  di  ristrutturazione edilizia ed agli interventi di nuova costruzione  qualora  tale  misura  sia  individuata  dai piani e dai programmi  previsti  dall'articolo 8 del decreto legislativo 4 agosto 1999,  n.  351, come necessaria al conseguimento dei valori limite di qualita' dell'aria.
 3. La legge 13 luglio 1966, n. 615, il decreto del Presidente della Repubblica  22 dicembre 1970, n. 1391, e il titolo II del decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  8 marzo 2002 continuano ad applicarsi  agli  impianti  termici  civili  di cui all'articolo 281, comma  3,  fino alla data in cui e' effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 2.
 
 
 
 Note all'art. 290:
 - L'art.  8  del  decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
 351,   recante  «Attuazione  della  direttiva  96/62/CE  in
 materia   di  valutazione  e  di  gestione  della  qualita'
 dell'aria ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
 13 ottobre 1999, n. 241, e' il seguente:
 «Art.  8  (Misure  da  applicare  nelle  zone  in cui i
 livelli  sono piu' alti dei valori limite). - 1. Le regioni
 provvedono, sulla base della valutazione preliminare di cui
 all'art.  5,  in  prima  applicazione,  e, successivamente,
 sulla  base  della  valutazione  di  cui  all'art.  6, alla
 definizione  di  una  lista  di  zone  e di agglomerati nei
 quali:
 a) i  livelli  di  uno  o piu' inquinanti eccedono il
 valore limite aumentato del margine di tolleranza;
 b) i  livelli  di uno o piu' inquinanti sono compresi
 tra  il  valore  limite  ed  il valore limite aumentato del
 margine di tolleranza.
 2.  Nel caso che nessun margine di tolleranza sia stato
 fissato  per  uno  specifico  inquinante,  le  zone  e  gli
 agglomerati  nei quali il livello di tale inquinante supera
 il  valore limite, sono equiparate alle zone ed agglomerati
 di cui al comma 1, lettera a).
 3. Nelle zone e negli agglomerati di cui al comma 1, le
 regioni   adottano   un   piano   o  un  programma  per  il
 raggiungimento  dei valori limite entro i termini stabiliti
 al  sensi  dell'art.  4,  comma 1, lettera c). Nelle zone e
 negli  agglomerati  in  cui  il  livello di piu' inquinanti
 supera  i  valori limite, le regioni predispongono un piano
 integrato per tutti gli inquinanti in questione.
 4.  I piani e programmi, devono essere resi disponibili
 al pubblico e agli organismi di cui all'art. 11, comma 1, e
 riportare almeno le informazioni di cui all'allegato V.
 5.  Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto
 con  il  Ministro  della  sanita',  sentita  la  Conferenza
 unificata,  entro  dodici  mesi  dalla  data  di entrata in
 vigore  del  presente decreto, sono stabiliti i criteri per
 l'elaborazione dei piani e dei programmi di cui al comma 3.
 6. Allorche' il livello di un inquinante e' superiore o
 rischia  di essere superiore al valore limite aumentato del
 margine  di  tolleranza  o,  se  del  caso,  alla soglia di
 allarme, in seguito ad un inquinamento significativo avente
 origine  da  uno  Stato  dell'Unione  europea, il Ministero
 dell'ambiente,   sentite  le  regioni  e  gli  enti  locali
 interessati,  provvede  alla consultazione con le autorita'
 degli  Stati  dell'Unione  europea  coinvolti allo scopo di
 risolvere la situazione.
 7.  Qualora  le  zone di cui ai commi 1 e 2 interessino
 piu' regioni, la loro estensione viene individuata d'intesa
 fra  le  regioni  interessate  che  coordinano i rispettivi
 piani.».
 - La    legge   13 luglio   1966,   n.   615,   recante
 «Provvedimenti   contro   l'inquinamento  atmosferico»,  e'
 pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale del 13 agosto 1966, n.
 201.
 - Il    decreto   del   Presidente   della   Repubblica
 22 dicembre   1970,   n.  1391,  recante  «Regolamento  per
 l'esecuzione  della  legge  13 luglio 1966, n. 615, recante
 provvedimenti     contro     l'inquinamento    atmosferico,
 limitatamente   al  settore  degli  impianti  termici»,  e'
 pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale dell'8 marzo 1971, n.
 59, supplemento ordinario.
 - Il titolo II del decreto del Presidente del Consiglio
 dei   Ministri  8 marzo  2002,  recante  «Disciplina  delle
 caratteristiche   merceologiche   dei  combustibili  aventi
 rilevanza  ai  fini  dell'inquinamento atmosferico, nonche'
 delle   caratteristiche   tecnologiche  degli  impianti  di
 combustione»,   pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  del
 12 marzo 2002, n. 60, reca: «Combustibili e caratteristiche
 tecnologiche degli impianti di combustione per uso civile».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 291 (campo di applicazione)
 
 1.  Il  presente  titolo  disciplina,  ai fini della prevenzione e della  limitazione  dell'inquinamento atmosferico, le caratteristiche merceologiche  dei  combustibili  che possono essere utilizzati negli impianti  di  cui  ai  titoli  I e II della parte quinta del presente decreto,  inclusi  gli  impianti  termici  civili  di potenza termica inferiore al valore di soglia, e le caratteristiche merceologiche del gasolio  marino.  Il presente titolo stabilisce inoltre le condizioni di utilizzo dei combustibili, comprese le prescrizioni finalizzate ad ottimizzare  il rendimento di combustione, e i metodi di misura delle caratteristiche merceologiche.
 |  |  |  | ART. 292 (definizioni)
 
 1.  Ai  fini  del presente titolo si applicano, ove non altrimenti disposto,  le  definizioni  di  cui al titolo I ed al titolo II della parte quinta del presente decreto.
 
 2.  In  aggiunta  alle  definizioni  del  comma 1, si applicano le seguenti definizioni:
 
 a)  olio  combustibile  pesante:  qualsiasi  combustibile liquido derivato  dal  petrolio  del  codice  NC 2710 1951 - 2710 1969 ovvero qualsiasi  combustibile  liquido  derivato  dal  petrolio, escluso il gasolio  di  cui  alle  lettere  b)  e  d), che, per i suoi limiti di distillazione,  rientra  nella  categoria di oli pesanti destinati ad essere  usati  come combustibile e di cui meno del sessantacinque per cento  in  volume,  comprese le perdite, distilla a 250 °C secondo il metodo  ASTM D86, anche se la percentuale del distillato a 250° C non puo' essere determinata secondo il predetto metodo;
 b)  gasolio: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio del  codice  NC  2710 1945 - 2710 1949, ovvero qualsiasi combustibile liquido   derivato   dal   petrolio   che,   per  i  suoi  limiti  di distillazione,  rientra nella categoria dei distillati medi destinati ad  essere  usati  come  combustibile  o  carburante  e di cui almeno l'ottantacinque  per cento in volume, comprese le perdite, distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86;
 c)  metodo  ASTM:  i metodi stabiliti dalla "American Society for Testing  and  Materials' nell'edizione 1976 delle definizioni e delle specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti;
 d)  gasolio  marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo che corrisponde alla definizione di cui alla lettera b) ovvero che ha una viscosita'  o  densita'  che  rientra  nei  limiti della viscosita' o densita'  definiti  per  i  distillati  marini nella tabella dell'ISO 8217-1996,  ad  esclusione  di  quello utilizzato per le imbarcazioni destinate   alla   navigazione  interna,  per  il  quale  valgono  le disposizioni di cui al decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, e ad esclusione   di   quello   utilizzato   dalle   navi  che  provengono direttamente da un Paese non appartenente all'Unione europea;
 e)  navigazione  interna:  navigazione  su laghi, fiumi, canali e altre acque interne.
 f)   depositi   fiscali:  impianti  in  cui  vengono  fabbricati, trasformati,  detenuti,  ricevuti  o  spediti  i combustibili oggetto della  parte  quinta  del  presente  decreto,  sottoposti  ad accisa; ricadono  in  tale  definizione  anche gli impianti di produzione dei combustibili.
 g)  combustibile  sottoposto  ad accisa: combustibile al quale si applica il regime fiscale delle accise.
 
 
 
 Nota all'art. 292:
 - Il  decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, recante
 "Attuazione   della   direttiva  2003/17/CE  relativa  alla
 qualita'  della  benzina  e  del  combustibile  diesel", e'
 pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale del 27 aprile 2005, n.
 96, supplemento ordinario.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 293 (combustibili consentiti)
 
 1.  Negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte  quinta  del  presente  decreto,  inclusi  gli impianti termici civili  di  potenza  termica  inferiore  al valore di soglia, possono essere  utilizzati  esclusivamente  i  combustibili previsti per tali categorie  di impianti dall'Allegato X alla parte quinta del presente decreto,  alle  condizioni  ivi  previste.  Agli impianti di cui alla parte  I,  lettere  e)  ed f), dell'Allegato IV alla parte quinta del presente  decreto  si  applicano le prescrizioni dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto relative agli impianti disciplinati dal  titolo  II  della  parte quinta del presente decreto. Il gasolio marino  deve essere conforme a quanto previsto dalla parte I, sezione 3, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto.
 
 2.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio,  di  concerto con i Ministri delle attivita' produttive e della   salute,  previa  autorizzazione  della  Commissione  europea, possono  essere  stabiliti  valori limite massimi per il contenuto di zolfo  negli  oli  combustibili pesanti o nel gasolio, incluso quello marino,  piu'  elevati rispetto a quelli fissati nell'Allegato X alla parte  quinta  del  presente decreto qualora, a causa di un mutamento improvviso  nell'approvvigionamento del petrolio greggio, di prodotti petroliferi o di altri idrocarburi, non sia possibile rispettare tali valori limite.
 |  |  |  | ART. 294 (prescrizioni per il rendimento di combustione)
 
 1. Al  fine  di  ottimizzare  il  rendimento  di  combustione, gli impianti  disciplinati  dal  titolo I della parte quinta del presente decreto, con potenza termica nominale pari o superiore a 6 MW, devono essere  dotati di rilevatori della temperatura nell'effluente gassoso nonche'  di  un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del monossido di carbonio. I suddetti parametri  devono  essere  rilevati nell'effluente gassoso all'uscita dell'impianto. Tali   impianti  devono  essere  inoltre  dotati,  ove tecnicamente   fattibile,  di  regolazione  automatica  del  rapporto aria-combustibile. Ai fini dell'applicazione del presente comma si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun singolo impianto anche  nei  casi  in  cui  piu'  impianti siano considerati, ai sensi dell'articolo  270,  comma  4,  o dell'articolo 273, comma 9, come un unico impianto.
 
 2. Il  comma  1  non  si  applica  agli impianti di combustione in possesso   di   autorizzazione  alle  emissioni  in  atmosfera  o  di autorizzazione  integrata  ambientale  nella  quale  si  prescriva un valore limite di emissione in atmosfera per il monossido di carbonio.
 
 3. Al  fine  di  ottimizzare  il  rendimento  di  combustione, gli impianti  disciplinati  dal titolo II della parte quinta del presente decreto,  di  potenza  termica complessiva pari o superiore a 1,5 MW, devono  essere dotati di rilevatori della temperatura negli effluenti gassosi   nonche'   di  un  analizzatore  per  la  misurazione  e  la registrazione  in  continuo  dell'ossigeno  libero e del monossido di carbonio. I  suddetti parametri devono essere rilevati nell'effluente gassoso all'uscita del focolare.
 |  |  |  | ART. 295 (raccolta e trasmissione di dati relativi al tenore
 di zolfo di alcuni combustibili liquidi)
 
 1.  Al fine di consentire l'elaborazione della relazione di cui al comma  4,  il  controllo delle caratteristiche dell'olio combustibile pesante,  del  gasolio  e  del gasolio marino prodotti o importati, e destinati   alla   commercializzazione   sul  mercato  nazionale,  e' effettuato  dai  laboratori  chimici  delle  dogane o, ove istituiti, dagli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle  dogane.  Il  campionamento  e'  effettuato  con  una frequenza adeguata e secondo modalita' che assicurino la rappresentativita' dei campioni  rispetto  al combustibile controllato. Entro il 31 marzo di ogni  anno gli esiti di tali controlli effettuati nel corso dell'anno precedente  sono  messi a disposizione dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente  e  per  i  servizi  tecnici  (APAT)  e  del  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
 
 2.  Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei depositi fiscali che  importano  i combustibili di cui comma 1 da Paesi terzi o che li ricevono  da  Paesi  membri  dell'Unione  europea  e  i gestori degli impianti  di produzione dei medesimi combustibili inviano all'Agenzia per  la  protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e al Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio, osservando le modalita'  e  utilizzando i moduli indicati nella parte I, sezione 3, appendice  1, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, i  dati  concernenti  i  quantitativi e il contenuto di zolfo di tali combustibili    prodotti    o    importati,    e    destinati    alla commercializzazione   sul  mercato  nazionale,  nel  corso  dell'anno precedente.  I  dati si riferiscono ai combustibili immagazzinati nei serbatoi  in  cui sono sottoposti ad accertamento volto a verificarne la  quantita'  e  la  qualita' ai fini della classificazione fiscale. Entro  il  31  marzo  di  ogni anno, i gestori dei grandi impianti di combustione che importano olio combusti bile pesante da Paesi terzi o che   lo   ricevono  da  Paesi  membri  dell'Unione  europea  inviano all'Agenzia  per  la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT)  e  al  Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, osservando  le  modalita' e utilizzando i moduli indicati nella parte I,  sezione  3,  appendice  1  dell'Allegato  X alla parte quinta del presente   decreto,   i  dati  concernenti  i  quantitativi  di  olio combustibile  pesante  importati  nell'anno  precedente e il relativo contenuto di zolfo.
 
 3. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori degli impianti di cui alla parte I, sezione 3, punto 1.2, dell'Allegato X alla parte quinta del   presente   decreto   inviano   all'Agenzia  per  la  protezione dell'ambiente   e  per  i  servizi  tecnici  (APAT)  e  al  Ministero dell'ambiente  e della tutela del territorio, osservando le modalita' e  utilizzando  i moduli indicati da tale sezione nell'appendice 2, i dati  inerenti  i  quantitativi  ed  il  tenore  di  zolfo  dell'olio combustibile pesante utilizzato nel corso dell'anno precedente.
 
 4.  Entro  il  31  maggio di ogni anno l'Agenzia per la protezione dell'ambiente  e  per  i  servizi  tecnici  (APAT),  sulla  base  dei risultati  dei controlli di cui al comma 1 e dei dati di cui ai commi 2  e  3,  trasmette  al  Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio una relazione circa il tenore di zolfo dei combustibili di cui  al  comma  1  prodotti,  importati e utilizzati nell'anno civile precedente  e  circa i casi di applicazione delle deroghe di cui alla parte  I, sezione 3, punto 1.2, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto.
 
 5. Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  invia  alla  Commissione  europea  un documento elaborato sulla base della relazione di cui al comma 4.
 
 6. Non sono soggetti al presente articolo i combustibili destinati alla  trasformazione  prima della combustione finale e i combustibili usati a fini di trasformazione nell'industria della raffinazione.
 |  |  |  | ART. 296 (sanzioni)
 
 1.  Chi  effettua  la  combustione  di  materiali  o  sostanze non conformi  alle  prescrizioni  del presente titolo, ove gli stessi non costituiscano rifiuti ai sensi della vigente normativa, e' punito:
 
 a)  in  caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al  titolo  I  della parte quinta del presente decreto, con l'arresto fino  a  due  anni  o  con  l'ammenda  da duecentocinquantotto euro a milletrentadue euro;
 b)  in  caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al  titolo  II  della  parte quinta del presente decreto, inclusi gli impianti  termici  civili  di  potenza termica inferiore al valore di soglia, con una sanzione amministrativa pecuniaria da duecento euro a mille  euro; a tale sanzione, da irrogare ai sensi dell'articolo 288, comma  6,  non  si  applica  il  pagamento  in  misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689; la sanzione non si  applica  se,  dalla  documentazione relativa all'acquisto di tali materiali   o   sostanze,   risultano  caratteristiche  merceologiche conformi  a  quelle  dei combustibili consentiti nell'impianto, ferma restando  l'applicazione  dell'articolo 515 del codice penale e degli altri reati previsti dalla vigente normativa per chi ha effettuato la messa in commercio.
 
 2.  La sanzione prevista dal comma 1, lettera b), si applica anche a  chi  effettua  la  combustione di gasolio marino non conforme alle prescrizioni  del presente titolo. In tal caso l'autorita' competente all'irrogazione  e'  la regione o la diversa autorita' indicata dalla legge regionale.
 
 3. I controlli sul rispetto delle disposizioni del presente titolo sono  effettuati,  per  gli  impianti  di cui al titolo I della parte quinta  del presente decreto, dall'autorita' di cui all'articolo 268, comma  1,  lettera  p),  e per gli impianti di cui al titolo II della parte quinta del presente decreto, dall'autorita' di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i).
 
 4.   In  caso  di  mancato  rispetto  delle  prescrizioni  di  cui all'articolo 294, il gestore degli impianti disciplinati dal titolo I della  parte quinta del presente decreto e' punito con l'arresto fino a  un  anno  o  con  l'ammenda  fino  a  milletrentadue euro. Per gli impianti  disciplinati  dal titolo II della parte quinta del presente decreto  si  applica la sanzione prevista dall'articolo 288, comma 2; la  medesima sanzione, in caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, si applica al responsabile per l'esercizio e la  manutenzione  se  ricorre  il  caso  previsto dall'ultimo periodo dell'articolo 284, comma 2.
 
 5.  In  caso  di mancata trasmissione dei dati di cui all'articolo 295, commi 2 e 3, nei termini prescritti, il Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  anche  ai  fini  di  quanto previsto dall'articolo  650 del codice penale, ordina ai soggetti inadempienti di provvedere.
 
 
 
 Note all'art. 296:
 - L'art.  16  della  legge  24 novembre  1981,  n. 689,
 recante  "Modifiche  al  sistema  penale", pubblicata nella
 Gazzetta   Ufficiale   del   30 novembre   1981,   n.  329,
 supplemento ordinario, e' il seguente:
 "Art.  16  (Pagamento in misura ridotta). E' ammesso il
 pagamento  di  una  somma in misura ridotta pari alla terza
 parte del massimo della sanzione prevista per la violazione
 commessa  o, se piu' favorevole, al doppio del minimo della
 sanzione edittale, oltre alle spese del procedimento, entro
 il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata
 o,  se  questa  non  vi e' stata, dalla notificazione degli
 estremi della violazione.
 Nei  casi  di  violazione  del  testo unico delle norme
 sulla  circolazione  stradale  e dei regolamenti comunali e
 provinciali   continuano  ad  applicarsi,  rispettivamente,
 l'art.  138  del  testo  unico  approvato  con  decreto del
 Presidente  della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, con le
 modifiche  apportate  dall'art.  11 della legge 14 febbraio
 1974,  n.  62,  e  l'art.  107  del testo unico delle leggi
 comunali  e provinciali approvato con regio decreto 3 marzo
 1934, n. 383.
 Il  pagamento  in  misura  ridotta e' ammesso anche nei
 casi  in  cui  le  norme  antecedenti all'entrata in vigore
 della presente legge non consentivano l'oblazione.".
 - L'art. 650 del codice penale e' il seguente:
 "Art.     650     (Inosservanza    dei    provvedimenti
 dell'Autorita).  -  Chiunque  non  osserva un provvedimento
 legalmente  dato  dall'Autorita' per ragione di giustizia o
 di  sicurezza  pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, e'
 punito,  se  il  fatto non costituisce un piu' grave reato,
 con  l'arresto  fino  a tre mesi o con l'ammenda fino a 206
 euro.".
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 297 (abrogazioni)
 
 1. Sono  abrogati,  escluse  le  diposizioni  di  cui  il presente decreto  prevede  l'ulteriore  vigenza,  l'articolo 2, comma 2, della legge  8 luglio 1986, n. 349, il decreto del Presidente del Consiglio dei  Ministri 7 settembre 2001, n. 395, il decreto del Presidente del Consiglio  dei Ministri 8 marzo 2002 e l'articolo 2 del decreto-legge 7  marzo  2002,  n. 22,  convertito, con modificazioni, dalla legge 6 maggio 2002, n. 82.
 |  |  |  | ART. 298 (disposizioni transitorie e finali)
 
 1.  Le  disposizioni  del  presente  titolo relative agli impianti disciplinati  dal titolo I della parte quinta del presente decreto si applicano agli impianti termici civili di cui all'articolo 281, comma 3,  a  partire dalla data in cui e' effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 2.
 
 2.  Alla  modifica  e  all'integrazione dell'Allegato X alla parte quinta  del  presente  decreto  si provvede con le modalita' previste dall'articolo  281, commi 5 e 6. All'integrazione di tale Allegato si procede per la prima volta entro un anno dall'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.
 |  |  |  | ART. 299 (competenze ministeriali)
 
 1. Il   Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio esercita  le  funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela,  prevenzione e riparazione dei danni all'ambiente, attraverso la  Direzione  generale  per  il danno ambientale istituita presso il Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio dall'articolo 34  del  decreto-legge  10  gennaio  2006,  n. 4,  e gli altri uffici ministeriali competenti.
 
 2. L'azione  ministeriale  si svolge normalmente in collaborazione con  le  regioni,  con  gli  enti  locali e con qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo.
 
 3. L'azione  ministeriale  si  svolge nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale,  delle  competenze delle regioni, delle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  e  degli enti locali con applicazione dei principi costituzionali di sussidiarieta' e di leale collaborazione.
 
 4. Per  le finalita' connesse all'individuazione, all'accertamento ed   alla   quantificazione   del   danno  ambientale,  il  Ministero dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio si avvale, in regime convenzionale, di soggetti pubblici e privati di elevata e comprovata qualificazione   tecnico-scientifica  operanti  sul  territorio,  nei limiti delle disponibilita' esistenti.
 
 5. Entro  sessanta  giorni  dalla  data  di  entrata in vigore del presente  decreto,  il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio,   con   proprio  decreto,  di  concerto  con  i  Ministri dell'economia   e   delle   finanze  e  delle  attivita'  produttive, stabilisce   i   criteri   per   le   attivita'   istruttorie   volte all'accertamento  del  danno  ambientale  e  per la riscossione della somma  dovuta  per  equivalente  patrimoniale ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico del responsabile del danno.
 
 6. Ai   fini  dell'attuazione  delle  disposizioni  contenute  nel presente  articolo,  il  Ministro  dell'economia  e  delle finanze e' autorizzato   ad   apportare,   con  propri  decreti,  le  necessarie variazioni di bilancio.
 
 
 
 Nota all'art. 299:
 - L'art.  34  del  decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4,
 recante  «Misure  urgenti  in  materia  di organizzazione e
 funzionamento  della  pubblica amministrazione», pubblicato
 nella  Gazzetta Ufficiale dell'11 gennaio 2006, n. 8, e' il
 seguente:
 «Art.  34  (Funzionamento del Ministero dell'ambiente e
 della   tutela   del  territorio).  -  1.  Per  l'immediato
 potenziamento  del  Ministero  dell'ambiente e della tutela
 del  territorio  e'  istituita,  senza  aumenti  di spesa a
 carico  del bilancio dello Stato, la Direzione generale per
 il danno ambientale.
 2. Alla nuova Direzione generale e' attribuito un posto
 di  funzione  di livello dirigenziale generale. A tale fine
 e'  soppressa una unita' del contingente previsto dall'art.
 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica del
 17 giugno  2003,  n.  261.  Alla  Direzione  generale  sono
 attribuiti  uffici di livello dirigenziale, con imputazione
 alla   corrispondente   dotazione  organica  dei  dirigenti
 determinata  con  decreto  del Presidente del Consiglio dei
 Ministri in data 14 ottobre 2005, pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2005, ai sensi dell'art. 1,
 comma   93,  della  legge  30 dicembre  2004,  n.  311,  da
 individuarsi  ai  sensi  dell'art.  4, comma 4, del decreto
 legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
 3.   La   Direzione  generale  svolge  le  funzioni  di
 competenza  del  Ministero dell'ambiente e della tutela del
 territorio  in  materia di danno ambientale, nonche' quelle
 inerenti alla gestione e sviluppo dei sistemi informativi e
 statistici,  ivi  compresi  quelli cartografici, utilizzati
 dalle   altre  strutture  ministeriali,  con  le  correlate
 attivita'   di   studio  e  ricerca  ed  a  quelle  per  la
 informazione e la comunicazione ambientale.
 4.   Il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  e'
 autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
 variazioni   allo  stato  di  previsione  della  spesa  del
 bilancio  del  Ministero  dell'ambiente  e della tutela del
 territorio.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 300 (danno ambientale)
 
 1. E'  danno  ambientale  qualsiasi deterioramento significativo e misurabile,   diretto   o   indiretto,  di  una  risorsa  naturale  o dell'utilita' assicurata da quest'ultima.
 
 2. Ai   sensi   della   direttiva   2004/35/CE  costituisce  danno ambientale   il   deterioramento,   in   confronto   alle  condizioni originarie, provocato:
 
 a) alle  specie  e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale  e  comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante  norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le  direttive  79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della  Commissione  del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del  6  marzo  1991  ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950  e  di  Berna  del  19  settembre  1979, e di cui al decreto del Presidente   della  Repubblica  8  settembre  1997,  n. 357,  recante regolamento  recante  attuazione  della  direttiva 92/43/CEE relativa alla  conservazione  degli  habitat  naturali e seminaturali, nonche' della  flora  e  della  fauna  selvatiche, nonche' alle aree naturali protette  di  cui  alla  legge  6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione;
 b) alle  acque  interne,  mediante  azioni  che  incidano in modo significativamente   negativo  sullo  stato  ecologico,  chimico  e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, ditale direttiva;
 c) alle   acque   costiere   ed  a  quelle  ricomprese  nel  mare territoriale  mediante  le  azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
 d) al  terreno,  mediante  qualsiasi  contaminazione  che crei un rischio  significativo  di  effetti  nocivi,  anche  indiretti, sulla salute  umana  a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo  di  sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.
 
 
 
 Note all'art. 300:
 - La  direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio  del  21 aprile  2004,  recante  «Responsabilita'
 ambientale  in  materia  di  prevenzione  e riparazione del
 danno   ambientale»,   e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  del
 30 aprile 2004, n. L 143.
 - La legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per
 la  protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma e per il
 prelievo venatorio», e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 del 25 febbraio 1992, n. 46, supplemento ordinario.
 - La  direttiva  79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile
 1979,   concernente   «La   conservazione   degli   uccelli
 selvatici»,  e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  del 25 aprile
 1979, n. L 103.
 - La   direttiva   85/411/CEE  della  Commissione,  del
 25 luglio 1985, recante «Modifica alla direttiva 79/409/CEE
 del  Consiglio  concernente  la conservazione degli uccelli
 selvatici»,  e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  del 30 agosto
 1985, n. L 233.
 - La Direttiva 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo
 1991,  recante  «Modifica  alla  direttiva  79/409/CEE  del
 Consiglio   concernente   la  conservazione  degli  uccelli
 selvatici»,  e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  dell'8 maggio
 1991, n. L 115.
 - La   Convenzione  di  Parigi,  del  18 ottobre  1950,
 relativa   alla   «Protezione   degli  uccelli»,  e'  stata
 ratificata con legge 24 novembre 1978, n. 812.
 - La  Convenzione  di  Berna,  del  19 settembre  1979,
 relativa   alla   «Conservazione  della  vita  selvatica  e
 dell'ambiente  naturale in Europa», e' stata ratificata con
 legge 5 agosto 1981, n. 503.
 - Il    decreto   del   Presidente   della   Repubblica
 8 settembre   1997,   n.   357,   recante  «Regolamento  di
 attuazione   della   direttiva   92/43/CEE   relativa  alla
 conservazione   degli   habitat  naturali  e  seminaturali,
 nonche'   della   flora   e  della  fauna  selvatiche»,  e'
 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 ottobre 1997, n.
 248, supplemento ordinario.
 - La  direttiva  92/43/CEE recante «Conservazione degli
 habitat  naturali,  e  seminaturali,  nonche' della flora e
 della  fauna  selvatiche», e' pubblicata nella G.U.C.E. del
 22 luglio 1992, n. L 206.
 - La  legge del 6 dicembre 1991, n. 394, recante «Legge
 quadro  sulle  aree protette», e' pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale   del   13 dicembre  1991,  n.  292,  supplemento
 ordinario.
 - La  Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio,  del  23 ottobre 2000, che «Istituisce un quadro
 per   l'azione   comunitaria   in  materia  di  acque»,  e'
 pubblicata nella G.U.C.E. del 22 dicembre 2000, n. L 327.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 301 (attuazione del principio di precauzione)
 
 1. In   applicazione   del   principio   di   precauzione  di  cui all'articolo  174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche  solo  potenziali,  per  la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione.
 
 2. L'applicazione  del  principio  di  cui  al comma 1 concerne il rischio  che  comunque  possa  essere  individuato  a  seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva.
 
 3. L'operatore  interessato,  quando  emerga  il rischio suddetto, deve informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla  situazione,  il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma  nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonche' il Prefetto  della  provincia  che,  nelle  ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
 
 4. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, in applicazione del principio di precauzione, ha facolta' di adottare in qualsiasi  momento misure di prevenzione, ai sensi dell'articolo 304, che risultino:
 
 a) proporzionali  rispetto al livello di protezione che s'intende raggiungere;
 b) non  discriminatorie  nella  loro  applicazione e coerenti con misure analoghe gia' adottate;
 c) basate sull'esame dei potenziali vantaggi ed oneri;
 d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici.
 
 5. Il   Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio promuove  l'informazione del pubblico quanto agli effetti negativi di un   prodotto  o  di  un  processo  e,  tenuto  conto  delle  risorse finanziarie   previste   a   legislazione  vigente,  puo'  finanziare programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di certificazione ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i rischi di danno ambientale.
 |  |  |  | ART. 302 (definizioni)
 
 1   Lo  stato  di  conservazione  di  una  specie  e'  considerato favorevole quando:
 
 a) i  dati relativi alla sua popolazione mostrano che essa si sta mantenendo,  a lungo termine, come componente vitale dei suoi habitat naturali;
 b) l'area  naturale  della  specie  non  si  sta riducendo ne' si ridurra' verosimilmente in un futuro prevedibile;
 c) esiste,  e  verosimilmente continuera' ad esistere, un habitat sufficientemente ampio per mantenerne la popolazione a lungo termine.
 
 2. Lo stato di conservazione di un habitat naturale e' considerato favorevole quando:
 
 a) la  sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento;
 b) le  strutture  e  le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento  a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e
 c) lo   stato  di  conservazione  delle  sue  specie  tipiche  e' favorevole, ai sensi del comma 1.
 
 3. Per "acque" si intendono tutte le acque cui si applica la parte terza del presente decreto.
 
 4. Per   "operatore"   s'intende   qualsiasi   persona,  fisica  o giuridica,  pubblica o privata, che esercita o controlla un'attivita' professionale   avente   rilevanza  ambientale  oppure  chi  comunque eserciti  potere  decisionale  sugli  aspetti tecnici e finanziari di tale    attivita',    compresi    il    titolare   del   permesso   o dell'autorizzazione a svolgere detta attivita'.
 
 5. Per   "attivita'  professionale"  s'intende  qualsiasi  azione, mediante  la  quale  si  perseguano  o meno fini di lucro, svolta nel corso    di   un'attivita'   economica,   industriale,   commerciale, artigianale,  agricola  e  di  prestazione  di  servizi,  pubblica  o privata.
 
 6. Per  "emissione" s'intende il rilascio nell'ambiente, a seguito dell'attivita'   umana,   di   sostanze,   preparati,   organismi   o microrganismi.
 
 7. Per  "minaccia  imminente"  di  danno  si  intende  il  rischio sufficientemente  probabile  che  stia  per verificarsi uno specifico danno ambientale.
 
 8. Per  "misure  di  prevenzione" si intendono le misure prese per reagire  a  un  evento,  un  atto  o  un'omissione  che ha creato una minaccia  imminente  di  danno  ambientale,  al  fine  di  impedire o minimizzare tale danno.
 
 9. Per  "ripristino",  anche "naturale", s'intende: nel caso delle acque,  delle  specie  e  degli  habitat  protetti,  il ritorno delle risorse   naturali   o   dei   servizi  danneggiati  alle  condizioni originarie; nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi rischio  di  effetti  nocivi  per la salute umana e per la integrita' ambientale. In   ogni   caso  il  ripristino  deve  consistere  nella riqualificazione  del  sito  e del suo ecosistema, mediante qualsiasi azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie,  dirette  a  riparare,  risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile  dall'autorita' competente, sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.
 
 10. Per  "risorse naturali" si intendono specie e habitat naturali protetti, acqua e terreno.
 
 11. Per  "servizi" e "servizi delle risorse naturali" si intendono le  funzioni svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse naturali e/o del pubblico.
 
 12. Per  "condizioni  originarie"  si  intendono le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite  se  non  si  fosse  verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori informazioni disponibili.
 
 13. Per "costi" s'intendono gli oneri economici giustificati dalla necessita'  di  assicurare  un'attuazione  corretta ed efficace delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, compresi i costi  per valutare il danno ambientale o una sua minaccia imminente, per  progettare  gli  interventi  alternativi, per sostenere le spese amministrative,  legali  e  di  realizzazione delle opere, i costi di raccolta  dei  dati  ed  altri  costi  generali,  nonche' i costi del controllo e della sorveglianza.
 |  |  |  | ART. 303 (esclusioni)
 
 1. La parte sesta del presente decreto:
 
 a)  non  riguarda  il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno cagionati da:
 
 1)  atti  di  conflitto  armato,  sabotaggi,  atti di ostilita', guerra civile, insurrezione;
 2)  fenomeni  naturali  di  carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;
 
 b)  non  si applica al danno ambientale o a minaccia imminente di tale  danno provocati da un incidente per il quale la responsabilita' o  l'indennizzo  rientrino  nell'ambito  d'applicazione  di una delle convenzioni  internazionali elencate nell'allegato 1 alla parte sesta del presente decreto cui la Repubblica italiana abbia aderito;
 c)  non  pregiudica  il  diritto  del trasgressore di limitare la propria responsabilita' conformemente alla legislazione nazionale che da'    esecuzione    alla   convenzione   sulla   limitazione   della responsabilita'  per  crediti  marittimi  (LLMC)  del  1976,  o  alla convenzione  di  Strasburgo  sulla  limitazione della responsabilita' nella navigazione interna (CLNI) del 1988;
 d)  non  si  applica ai rischi nucleari relativi all'ambiente ne' alla   minaccia   imminente   di  tale  danno  causati  da  attivita' disciplinate   dal   Trattato   istitutivo  della  Comunita'  europea dell'energia  atomica  o causati da un incidente o un'attivita' per i quali  la  responsabilita'  o  l'indennizzo  rientrano  nel  campo di applicazione   di   uno   degli   strumenti  internazionali  elencati nell'allegato 2 alla parte sesta del presente decreto;
 e)  non  si  applica  alle  attivita'  svolte  in  condizioni  di necessita'  ed  aventi  come  scopo esclusivo la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione dalle calamita' naturali;
 f)  non  si applica al danno causato da un'emissione, un evento o un incidente verificatisi prima della data di entrata in vigore della parte sesta del presente decreto;
 g)  non si applica al danno in relazione al quale siano trascorsi piu'  di  trent'anni dall'emissione, dall'evento o dall'incidente che l'hanno causato;
 h)  non  si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di  tale  danno  causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia  stato  possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l'attivita' di singoli operatori;
 i)  non  si  applica alle situazioni di inquinamento per le quali siano  effettivamente  avviate le procedure relative alla bonifica, o sia  stata  avviata  o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle  norme  vigenti in materia, salvo che ad esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale.
 
 
 
 Note all'art. 303:
 - La  Convenzione  del  1976  sulla  «limitazione della
 responsabilita'  in  materia  di  rivendicazioni  marittime
 (LLMC)».  Conclusa  a Londra il 19 novembre 1976. Approvata
 dall'Assemblea   federale   il   20 marzo  1987.  Strumento
 d'adesione  depositato  dalla Svizzera il 15 dicembre 1987.
 Entrata in vigore per la Svizzera il 1° aprile 1988. (Stato
 5 aprile 2005).
 - La  Convenzione  di  Strasburgo  del  4 novembre 1988
 sulla  «limitazione della responsabilita' nella navigazione
 interna (CLNI)» e' stata ratificata il 21 maggio 1997.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 304 (azione di prevenzione)
 
 1. Quando  un  danno  ambientale  non  si e' ancora verificato, ma esiste   una   minaccia   imminente  che  si  verifichi,  l'operatore interessato  adotta,  entro  ventiquattro  ore  e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.
 
 2. L'operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da  apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o alla  provincia  autonoma  nel  cui  territorio si prospetta l'evento lesivo,  nonche'  al  Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore  successive  informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Tale  comunicazione  deve  avere  ad  oggetto  tutti  gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le generalita' dell'operatore,  le  caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali   presumibilmente   coinvolte   e   la  descrizione  degli interventi  da  eseguire. La  comunicazione,  non appena pervenuta al comune,  abilita  immediatamente l'operatore alla realizzazione degli interventi  di  cui  al  comma  1. Se  l'operatore  non provvede agli interventi  di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma,  l'autorita'  preposta  al  controllo  o comunque il Ministero dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  irroga una sanzione amministrativa  non  inferiore  a mill e euro ne' superiore a tremila euro per ogni giorno di ritardo.
 
 3. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, in qualsiasi momento, ha facolta' di:
 
 a) chiedere  all'operatore  di  fornire informazioni su qualsiasi minaccia  imminente  di  danno  ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente;
 b) ordinare  all'operatore  di  adottare  le specifiche misure di prevenzione  considerate  necessarie,  precisando  le  metodologie da seguire;
 c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.
 
 4. Se  l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1  o al comma 3, lettera b), o se esso non puo' essere individuato, o se  non  e'  tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente  decreto,  il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio  ha  facolta' di adottare egli stesso le misure necessarie per  la  prevenzione  del  danno, approvando la nota delle spese, con diritto  di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare  le  spese  stesse,  se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.
 |  |  |  | ART. 305 (ripristino ambientale)
 
 1. Quando  si  e' verificato un danno ambientale, l'operatore deve comunicare   senza   indugio   tutti  gli  aspetti  pertinenti  della situazione  alle  autorita'  di cui all'articolo 304, con gli effetti ivi  previsti,  e,  se  del  caso,  alle  altre autorita' dello Stato competenti, comunque interessate. L'operatore ha inoltre l'obbligo di adottare immediatamente:
 
 a) tutte    le    iniziative    praticabili    per   controllare, circoscrivere,  eliminare  o  gestire  in  altro  modo,  con  effetto immediato,  qualsiasi  fattore  di  danno,  allo scopo di prevenire o limitare  ulteriori  pregiudizi  ambientali  ed effetti nocivi per la salute  umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle  specifiche  istruzioni  formulate  dalle  autorita' competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare;
 b) le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306.
 
 2. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, in qualsiasi momento, ha facolta' di:
 
 a) chiedere  all'operatore  di  fornire informazioni su qualsiasi danno  verificatosi  e sulle misure da lui adottate immediatamente ai sensi del comma 1;
 b) adottare,  o  ordinare  all'operatore  di  adottare,  tutte le iniziative  opportune  per  controllare,  circoscrivere,  eliminare o gestire  in  altro  modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno,  allo  scopo  di  prevenire  o  limitare  ulteriori pregiudizi ambientali   e  effetti  nocivi  per  la  salute  umana  o  ulteriori deterioramenti ai servizi;
 c) ordinare  all'operatore  di  prendere  le misure di ripristino necessarie;
 d) adottare egli stesso le suddette misure.
 
 3. Se  l'operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o al  comma 2, lettera b) o c), o se esso non puo' essere individuato o se  non  e'  tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente  decreto,  il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio   ha   facolta'  di  adottare  egli  stesso  tali  misure, approvando  la  nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso  chi  abbia  causato  o  comunque  concorso  a causare le spese stesse,  se  venga  individuato  entro  il  termine  di  cinque  anni dall'effettuato pagamento.
 |  |  |  | ART. 306 (determinazione delle misure per il ripristino ambientale)
 
 1. Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale che risultino conformi all'allegato 3 alla parte sesta del presente  decreto  e  le  presentano  per  l'approvazione al Ministro dell'ambiente  e della tutela del territorio senza indugio e comunque non  oltre  trenta  giorni dall'evento dannoso, a meno che questi non abbia  gia'  adottato misure urgenti, a norma articolo 305, commi 2 e 3.
 
 2. Il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio decide quali  misure  di  ripristino  attuare,  in  modo  da  garantire, ove possibile,  il  conseguimento  del  completo ripristino ambientale, e valuta  l'opportunita'  di  addivenire  ad un accordo con l'operatore interessato nel rispetto della procedura di cui all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
 
 3. Se  si e' verificata una pluralita' di casi di danno ambientale e  l'autorita'  competente  non  e' in grado di assicurare l'adozione simultanea  delle misure di ripristino necessarie, essa puo' decidere quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario. Ai fini  di  tale  decisione,  l'autorita'  competente  tiene conto, fra l'altro,  della  natura, entita' e gravita' dei diversi casi di danno ambientale  in questione, nonche' della possibilita' di un ripristino naturale.
 
 4. Nelle  attivita' di ripristino ambientale sono prioritariamente presi in considerazione i rischi per la salute umana.
 
 5. Il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio invita i  soggetti  di  cui  agli  articoli 12 e 7, comma 4, della direttiva 2004/35/CE,  nonche'  i  soggetti  sugli immobili dei quali si devono effettuare  le misure di ripristino a presentare le loro osservazioni nel  termine di dieci giorni e le prende in considerazione in sede di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema urgenza l'invito puo' essere incluso  nell'ordinanza,  che  in tal caso potra' subire le opportune riforme  o  essere  revocata  tenendo conto dello stato dei lavori in corso.
 
 
 
 Note all'art. 306:
 - L'art.  11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante
 «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
 diritto di accesso ai documenti amministrativi», pubblicata
 nella  Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 1990, n. 192, e' il
 seguente:
 «Art.   11   (Accordi  integrativi  o  sostitutivi  del
 provvedimento).  -  1. In  accoglimento  di  osservazioni e
 proposte presentate a norma dell'art. 10, l'amministrazione
 procedente  puo'  concludere, senza pregiudizio dei diritti
 dei  terzi,  e  in ogni caso nel perseguimento del pubblico
 interesse,   accordi   con   gli  interessati  al  fine  di
 determinare  il  contenuto  discrezionale del provvedimento
 finale ovvero in sostituzione di questo.
 1-bis. Al fine di favorire la conclusione degli accordi
 di  cui  al  comma 1, il responsabile del procedimento puo'
 predisporre   un   calendario   di   incontri  cui  invita,
 separatamente   o   contestualmente,  il  destinatario  del
 provvedimento ed eventuali controinteressati.
 2.  Gli  accordi  di  cui  al presente articolo debbono
 essere  stipulati,  a  pena  di nullita', per atto scritto,
 salvo   che  la  legge  disponga  altrimenti.  Ad  essi  si
 applicano,  ove  non  diversamente previsto, i principi del
 codice  civile  in  materia  di obbligazioni e contratti in
 quanto compatibili.
 3.   Gli  accordi  sostitutivi  di  provvedimenti  sono
 soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.
 4.   Per  sopravvenuti  motivi  di  pubblico  interesse
 l'amministrazione   recede   unilateralmente  dall'accordo,
 salvo  l'obbligo  di  provvedere  alla  liquidazione  di un
 indennizzo   in   relazione   agli   eventuali   pregiudizi
 verificatisi in danno del privato.
 4-bis.   A   garanzia  dell'imparzialita'  e  del  buon
 andamento  dell'azione  amministrativa,  in tutti i casi in
 cui  una  pubblica  amministrazione  conclude accordi nelle
 ipotesi  previste  al comma 1, la stipulazione dell'accordo
 e'  preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe
 competente per l'adozione del provvedimento.
 5.   Le   controversie   in   materia   di  formazione,
 conclusione  ed esecuzione degli accordi di cui al presente
 articolo  sono  riservate  alla giurisdizione esclusiva del
 giudice amministrativo.».
 - La  direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio  del  21 aprile  2004,  recante  «Responsabilita'
 ambientale  in  materia  di  prevenzione  e riparazione del
 danno  ambientale», pubblicata nella G.U.C.E. del 30 aprile
 2004, n. L 143.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 307 (notificazione delle misure preventive e di ripristino)
 
 1. Le   decisioni   che   impongono   misure  di  precauzione,  di prevenzione  o di ripristino, adottate ai sensi della parte sesta del presente  decreto,  sono  adeguatamente  motivate  e comunicate senza indugio  all'operatore  interessato  con  indicazione  dei  mezzi  di ricorso di cui dispone e dei termini relativi.
 |  |  |  | ART. 308 (costi dell'attivita' di prevenzione e di ripristino)
 
 1. L'operatore  sostiene  i  costi  delle  iniziative  statali  di prevenzione   e   di   ripristino   ambientale  adottate  secondo  le disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.
 
 2. Fatti salvi i commi 4, 5 e 6, il Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  recupera,  anche attraverso garanzie reali o fideiussioni   bancarie  a  prima  richiesta  e  con  esclusione  del beneficio  della preventiva escussione, dall'operatore che ha causato il  danno  o  l'imminente minaccia, le spese sostenute dallo Stato in relazione  alle  azioni  di  precauzione,  prevenzione  e  ripristino adottate a norma della parte sesta del presente decreto.
 
 3. Il   Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio determina  di  non recuperare la totalita' dei costi qualora la spesa necessaria   sia   maggiore   dell'importo   recuperabile  o  qualora l'operatore non possa essere individuato.
 
 4. Non  sono  a  carico  dell'operatore  i  costi  delle azioni di precauzione,  prevenzione  e  ripristino  adottate conformemente alle disposizioni  di  cui  alla  parte sesta del presente decreto se egli puo'  provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno:
 
 a) e'  stato  causato  da  un terzo e si e' verificato nonostante l'esistenza di misure di sicurezza astrattamente idonee;
 b) e'  conseguenza  dell'osservanza  di  un  ordine  o istruzione obbligatori  impartiti  da  una autorita' pubblica, diversi da quelli impartiti  a  seguito  di  un'emissione  o di un incidente imputabili all'operatore;  in  tal caso il Ministro dell'ambiente e della tutela del   territorio   adotta   le   misure   necessarie  per  consentire all'operatore il recupero dei costi sostenuti.
 
 5. L'operatore  non  e' tenuto a sostenere i costi delle azioni di cui al comma 5 intraprese conformemente alle disposizioni di cui alla parte  sesta  del  presente  decreto  qualora dimostri che non gli e' attribuibile  un  comportamento  doloso  o colposo e che l'intervento preventivo a tutela dell'ambiente e' stato causato da:
 
 a) un'emissione   o   un   evento   espressamente  consentiti  da un'autorizzazione  conferita  ai  sensi  delle  vigenti  disposizioni legislative   e   regolamentari   recanti   attuazione  delle  misure legislative  adottate  dalla  Comunita' europea di cui all'allegato 5 della  parte  sesta  del  presente  decreto,  applicabili  alla  data dell'emissione  o  dell'evento e in piena conformita' alle condizioni ivi previste;
 b) un'emissione   o   un'attivita'  o  qualsiasi  altro  modo  di utilizzazione   di   un   prodotto  nel  corso  di  un'attivita'  che l'operatore  dimostri non essere stati considerati probabile causa di danno  ambientale  secondo  lo  stato delle conoscenze scientifiche e tecniche  al  momento  del  rilascio dell'emissione o dell'esecuzione dell'attivita'.
 
 6. Le  misure  adottate  dal Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio  in  attuazione  delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto lasciano impregiudicata la responsabilita' e l'obbligo risarcitorio del trasgressore interessato.
 |  |  |  | ART. 309 (richiesta di intervento statale)
 
 1. Le  regioni,  le  province  autonome  e  gli enti locali, anche associati,  nonche'  le  persone  fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero  essere  colpite  dal  danno  ambientale  o che vantino un interesse  legittimante  la  partecipazione  al procedimento relativo all'adozione  delle  misure  di  precauzione,  di  prevenzione  o  di ripristino  previste  dalla  parte sesta del presente decreto possono presentare  al  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce  e  osservazioni,  corredate  da  documenti  ed informazioni, concernenti   qualsiasi  caso  di  danno  ambientale  o  di  minaccia imminente  di  danno  ambientale  e  chiedere  l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.
 
 2. Le  organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente,  di  cui  all'articolo  13  della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono riconosciute titolari dell'interesse di cui al comma 1.
 
 3. Il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio valuta le  richieste  di  intervento  e  le  osservazioni  ad  esse allegate afferenti  casi  di danno o di minaccia di danno ambientale e informa senza  dilazione  i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo.
 
 4. In   caso   di   minaccia   imminente  di  danno,  il  Ministro dell'ambiente  e  della  tutela del territorio, nell'urgenza estrema, provvede   sul  danno  denunciato  anche  prima  d'aver  risposto  ai richiedenti ai sensi del comma 3.
 
 
 
 Nota all'art. 309:
 - L'art.  13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante
 «Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia
 di  danno  ambientale», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 del  15  luglio  1986, n. 162, supplemento ordinario, e' il
 seguente:
 «Art. 13. - 1. Le associazioni di protezione ambientale
 a  carattere  nazionale  e quelle presenti in almeno cinque
 regioni   sono   individuate   con   decreto  del  Ministro
 dell'ambiente  sulla  base delle finalita' programmatiche e
 dell'ordinamento   interno   democratico   previsti   dallo
 statuto,  nonche' della continuita' dell'azione e della sua
 rilevanza  esterna,  previo  parere del Consiglio nazionale
 per  l'ambiente  da  esprimere  entro  novanta giorni dalla
 richiesta.  Decorso  tale  termine  senza che il parere sia
 stato espresso, il Ministro dell'ambiente decide.
 2.  Il Ministro, al solo fine di ottenere, per la prima
 composizione  del  Consiglio  nazionale  per l'ambiente, le
 terne  di  cui  al precedente art. 12, comma 1, lettera c),
 effettua,  entro trenta giorni dall'entrata in vigore della
 presente legge, una prima individuazione delle associazioni
 a carattere nazionale e di quelle presenti in almeno cinque
 regioni,  secondo i criteri di cui al precedente comma 1, e
 ne informa il Parlamento.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 310 (ricorsi)
 
 1. I  soggetti  di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad  agire, secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti e  dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla  parte  sesta  del  presente decreto nonche' avverso il silenzio inadempimento   del   Ministro   dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione,  da  parte  del  medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale.
 
 2. Nell'ipotesi   di  cui  al  comma  1,  il  ricorso  al  giudice amministrativo,  in  sede  di  giurisdizione  esclusiva,  puo' essere preceduto   da   una   opposizione  depositata  presso  il  Ministero dell'ambiente  e  della tutela del territorio o inviata presso la sua sede  a  mezzo  di posta raccomandata con avviso di ricevimento entro trenta  giorni  dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto. In  caso di inerzia del Ministro, analoga opposizione puo' essere  proposta  entro il suddetto termine decorrente dalla scadenza del    trentesimo    giorno    successivo   all'effettuato   deposito dell'opposizione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
 
 3. Se  sia  stata presentata l'opposizione e non ancora il ricorso al  giudice  amministrativo,  quest'ultimo  e'  proponibile  entro il termine di sessanta giorni decorrenti dal ricevimento della decisione di rigetto dell'opposizione oppure dal trentunesimo giorno successivo alla  presentazione  dell'opposizione  se  il  Ministro  non  si  sia pronunciato.
 
 4. Resta  ferma  la  facolta' dell'interessato di ricorrere in via straordinaria   al   Presidente   della  Repubblica  nel  termine  di centoventi   giorni   dalla   notificazione,  comunicazione  o  piena conoscenza  dell'atto  o  provvedimento  che si ritenga illegittimo e lesivo.
 |  |  |  | ART. 311 (azione risarcitoria in forma specifica
 e per equivalente patrimoniale)
 
 1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio agisce, anche esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del  danno  ambientale  in  forma  specifica  e,  se  necessario, per equivalente  patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.
 
 2. Chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attivita' o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione   di   norme   tecniche,   arrechi   danno   all'ambiente, alterandolo,  deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, e' obbligato  al  ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al  risarcimento  per  equivalente  patrimoniale  nei confronti dello Stato.
 
 3.  Alla  quantificazione  del  danno  il Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  provvede  in applicazione dei criteri enunciati  negli  Allegati  3  e  4  della  parte  sesta del presente decreto.  All'accertamento delle responsabilita' risarcitorie ed alla riscossione  delle  somme  dovute  per  equivalente  patrimoniale  il Ministro  dell'ambiente e della tutela del territorio provvede con le procedure  di  cui  al  titolo  III  della  parte  sesta del presente decreto.
 |  |  |  | ART. 312 (istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale)
 
 1. L'istruttoria  per  l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di cui  all'articolo  313  si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
 
 2. Il  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio, per l'accertamento  dei fatti, per l'individuazione dei trasgressori, per l'attuazione   delle   misure   a   tutela  dell'ambiente  e  per  il risarcimento  dei  danni,  puo'  delegare  il Prefetto competente per territorio  ed  avvalersi, anche mediante apposite convenzioni, della collaborazione  delle  Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo forestale  dello  Stato,  dell'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato,  della  Guardia  di  finanza  e  di  qualsiasi  altro soggetto pubblico dotato di competenza adeguata.
 
 3. Il  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio, per l'accertamento delle cause del danno e per la sua quantificazione, da effettuare   in   applicazione  delle  disposizioni  contenute  negli Allegati  3 e 4 alla parte sesta del presente decreto, puo' disporre, nel  rispetto  del  principio  del  contraddittorio  con  l'operatore interessato,   apposita   consulenza   tecnica  svolta  dagli  uffici ministeriali,  da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto delle risorse  finanziarie  previste  a  legislazione  vigente,  da  liberi professionisti.
 
 4. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, al fine  di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche anche  in  apparecchiature  informatiche  e ad ogni altra rilevazione ritenuta   utile   per   l'accertamento   del  fatto  dannoso  e  per l'individuazione  dei trasgressori, puo' disporre l'accesso di propri incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che eseguono  l'accesso  devono  essere muniti di apposita autorizzazione che  ne  indica  lo  scopo,  rilasciata  dal capo dell'ufficio da cui dipendono. Per  l'accesso  a locali che siano adibiti ad abitazione o all'esercizio   di   attivita'   professionali   e'   necessario  che l'Amministrazione   si   munisca  dell'autorizzazione  dell'autorita' giudiziara  competente. In  ogni caso, dell'accesso nei luoghi di cui al  presente comma dovra' essere informato il titolare dell'attivita' o  un  suo  delegato, che ha il diritto di essere presente, anche con l'assistenza  di  un  difensore  di fiducia, e di chiedere che le sue dichiarazioni siano verbalizzate.
 
 5. In  caso  di  gravi  indizi  che  facciano  ritenere che libri, registri,  documenti,  scritture  ed altre prove del fatto dannoso si trovino in locali diversi da quelli indicati nel comma 4, il Ministro dell'ambiente   e   della   tutela   del   territorio  puo'  chiedere l'autorizzazione  per  la  perquisizione di tali locali all'autorita' giudiziaria competente.
 
 6. E'  in  ogni  caso  necessaria  l'autorizzazione dell'autorita' giudiziaria   competente   per   procedere,   durante   l'accesso,  a perquisizioni  personali e all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse,  casseforti,  mobili,  ripostigli  e  simili e per l'esame dei documenti  e la richiesta di notizie relativamente ai quali sia stato eccepito il segreto professionale.
 
 7. Di  ogni  accesso  deve  essere redatto processo verbale da cui risultino  le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte all'interessato  o  a  chi  lo  rappresenta  e  le risposte ricevute, nonche'  le  sue  dichiarazioni. Il  verbale deve essere sottoscritto dall'interessato  o  da  chi  lo  rappresenta oppure deve indicare il motivo  della  mancata  sottoscrizione. L'interessato  ha  diritto di averne copia.
 
 8. I  documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se  non  sia  possibile  riprodurne  o  farne constare agevolmente il contenuto   rilevante   nel  verbale,  nonche'  in  caso  di  mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale; tuttavia gli  agenti  possono  sempre  acquisire  dati con strumenti propri da sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili.
 
 
 
 Nota all'art. 312:
 - La  legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme
 in  materia  di procedimento amministrativo e di diritto di
 accesso  ai  documenti amministrativi», e' pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 1990, n. 192.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 313 (ordinanza)
 
 1. Qualora  all'esito dell'istruttoria di cui all'articolo 312 sia stato  accertato  un  fatto  che abbia causato danno ambientale ed il responsabile  non  abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del  titolo V della parte quarta del presente decreto oppure ai sensi degli  articoli  304  e  seguenti,  il Ministro dell'ambiente e della tutela   del  territorio,  con  ordinanza  immediatamente  esecutiva, ingiunge  a  coloro  che,  in  base  al  suddetto accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato.
 
 2. Qualora  il  responsabile  del  fatto  che  ha  provocato danno ambientale non provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto,  o  il  ripristino risulti in tutto o in parte impossibile, oppure  eccessivamente oneroso ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile,  il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, con successiva  ordinanza,  ingiunge  il  pagamento,  entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, di una somma pari al valore economico del  danno  accertato  o  residuato,  a  titolo  di  risarcimento per equivalente pecuniario.
 
 3. Con  riguardo  al  risarcimento  del  danno in forma specifica, l'ordinanza  e'  emessa  nei  confronti  del  responsabile  del fatto dannoso  nonche', in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il  comportamento  fonte  del  danno  e'  stato tenuto o che ne abbia obiettivamente  tratto vantaggio sottraendosi, secondo l'accertamento istruttorio   intervenuto,   all'onere   economico   necessario   per apprestare,  in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e  tenere  i  comportamenti  previsti  come  obbligatori  dalle norme applicabili.
 
 4. L'ordinanza  e'  adottata nel termine perentorio di centottanta giorni  decorrenti  dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell'avvio dell'istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza di  due  anni  dalla  notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino  ambientale a cura e spese del trasgressore. In tal caso i medesimi  termini  decorrono  dalla  sospensione  ingiustificata  dei lavori  di  ripristino  oppure  dalla  loro  conclusione  in  caso di incompleta  riparazione  del  danno. Alle attestazioni concernenti la sospensione  dei  lavori e la loro incompletezza provvede il Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio con apposito atto di accertamento.
 
 5. Nei  termini  previsti  dai  commi 1 e 3 dell'articolo 2947 del codice   civile,   il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio  puo'  adottare  ulteriori  provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati.
 
 6. Nel  caso  di  danno  provocato  da  soggetti  sottoposti  alla giurisdizione  della  Corte  dei  conti,  il Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  anziche' ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all'Ufficio di  Procura  regionale  presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio.
 
 7. Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a seguito  di  azione  concorrente  da  parte  di autorita' diversa dal Ministro  dell'ambiente  e  della tutela territorio, nuovi interventi comportanti  aggravio  di costi per l'operatore interessato. Resta in ogni  caso  fermo  il  diritto  dei  soggetti  danneggiati  dal fatto produttivo  di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprieta',  di  agire  in  giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi.
 
 
 
 Note all'art. 313:
 - L'art. 2058 del codice civile e' il seguente:
 «Art.  2058.  -  Risarcimento  in  forma  specifica. Il
 danneggiato   puo'  chiedere  la  reintegrazione  in  forma
 specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile.».
 - L'art. 2947 del codice civile e' il seguente:
 «Art.  2947  (Prescrizione  del diritto al risarcimento
 del  danno).  -  1. Il  diritto  al  risarcimento del danno
 derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal
 giorno in cui il fatto si e' verificato.
 2.   Per  il  risarcimento  del  danno  prodotto  dalla
 circolazione  dei  veicoli  di  ogni  specie  il diritto si
 prescrive in due anni.
 3. In ogni caso, se il fatto e' considerato dalla legge
 come  reato  e  per  il reato e' stabilita una prescrizione
 piu'  lunga,  questa  si  applica  anche all'azione civile.
 Tuttavia,  se  il  reato e' estinto per causa diversa dalla
 prescrizione  o  e'  intervenuta  sentenza irrevocabile nel
 giudizio  penale,  il  diritto al risarcimento del danno si
 prescrive  nei  termini  indicati  dai primi due commi, con
 decorrenza  dalla data di estinzione del reato o dalla data
 in cui la sentenza e' divenuta irrevocabile.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 314 (contenuto dell'ordinanza)
 
 1. L'ordinanza   contiene   l'indicazione   specifica  del  fatto, commissivo  o  omissivo,  contestato, nonche' degli elementi di fatto ritenuti  rilevanti  per  l'individuazione  e  la quantificazione del danno e delle fonti di prova per l'identificazione dei trasgressori.
 
 2. L'ordinanza   fissa   un   termine,  anche  concordato  con  il trasgressore  in  applicazione  dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990,  n. 241,  per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque  non  inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore  proroga  da  definire  in  considerazione dell'entita' dei lavori necessari.
 
 3. La  quantificazione  del  danno deve comprendere il pregiudizio arrecato  alla  situazione  ambientale con particolare riferimento al costo  necessario  per  il  suo ripristino. Ove non sia motivatamente possibile l'esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma specifica,  o di parte di esso, il danno per equivalente patrimoniale si  presume,  fino  a  prova contraria, di ammontare non inferiore al triplo   della   somma   corrispondente   alla   sanzione  pecuniaria amministrativa,    oppure   alla   sanzione   penale,   in   concreto applicata. Se  sia  stata  erogata  una pena detentiva, al fine della quantificazione  del danno di cui al presente articolo, il ragguaglio fra  la  stessa e la somma da addebitare a titolo di risarcimento del danno  ha  luogo  calcolando  quattrocento euro per ciascun giorno di pena detentiva.
 
 4. In  caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del  provvedimento  di  cui  all'articolo 444 del codice di procedura penale,  la  cancelleria  del giudice che ha emanato la sentenza o il provvedimento trasmette copia degli stessi al Ministero dell'ambiente e  della  tutela  del  territorio  entro  cinque  giorni  dalla  loro pubblicazione.
 
 5. Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al   fine  del  risarcimento  del  danno  ambientale,  comunicano  al Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela del territorio le sanzioni amministrative, entro dieci giorni dall'avvenuta irrogazione.
 
 6. Le  ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e 313 indicano i mezzi di ricorso ed i relativi termini.
 
 
 
 Note all'art. 314:
 - L'art.  11  della citata legge 7 agosto 1990, n. 241,
 recante   «Nuove   norme   in   materia   di   procedimento
 amministrativo   e  di  diritto  di  accesso  ai  documenti
 amministrativi»,  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale del
 18 agosto  1990,  n. 192, e' riportato nelle note dell'art.
 306.
 - L'art.  444  del  codice  di  procedura  penale e' il
 seguente:
 «Art.  444 (Applicazione della pena su richiesta). - 1.
 L'imputato  e  il  pubblico  ministero  possono chiedere al
 giudice   l'applicazione,   nella  specie  e  nella  misura
 indicata,  di  una  sanzione  sostitutiva  o  di  una  pena
 pecuniaria,  diminuita  fino a un terzo, ovvero di una pena
 detentiva  quando  questa, tenuto conto delle circostanze e
 diminuita  fino  a  un terzo, non supera cinque anni soli o
 congiunti a pena pecuniaria.
 1-bis.  Sono  esclusi  dall'applicazione  del comma 1 i
 procedimenti  per i delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis
 e  3-quater,  nonche'  quelli contro coloro che siano stati
 dichiarati   delinquenti   abituali,  professionali  e  per
 tendenza,  o  recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma,
 del  codice  penale, qualora la pena superi due anni soli o
 congiunti a pena pecuniaria.
 2.  Se  vi  e' il consenso anche della parte che non ha
 formulato  la  richiesta  e  non  deve  essere  pronunciata
 sentenza  di  proscioglimento  a  norma  dell'art.  129, il
 giudice,  sulla  base  degli  atti,  se ritiene corrette la
 qualificazione  giuridica  del  fatto,  l'applicazione e la
 comparazione  delle  circostanze  prospettate  dalle parti,
 nonche'  congrua  la pena indicata, ne dispone con sentenza
 l'applicazione  enunciando  nel dispositivo che vi e' stata
 la   richiesta   delle   parti   [c.p.p.  445].  Se  vi  e'
 costituzione  di  parte civile, il giudice non decide sulla
 relativa  domanda;  l'imputato  e'  tuttavia  condannato al
 pagamento  delle  spese sostenute dalla parte civile, salvo
 che  ricorrano  giusti motivi per la compensazione totale o
 parziale.  Non  si  applica  la  disposizione dell'art. 75,
 comma 3.
 3.   La   parte,   nel  formulare  la  richiesta,  puo'
 subordiname l'efficacia, alla concessione della sospensione
 condizionale  della  pena.  In  questo  caso il giudice, se
 ritiene  che  la  sospensione  condizionale non puo' essere
 concessa, rigetta la richiesta.».
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 315 (effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria)
 
 1. Il  Ministro  dell'ambiente  e  della tutela del territorio che abbia  adottato  l'ordinanza  di  cui  all'articolo  313 non puo' ne' proporre ne' procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del  danno  ambientale,  salva  la  possibilita'  dell'intervento  in qualita' di persona offesa dal reato nel giudizio penale.
 |  |  |  | ART. 316 (ricorso avverso l'ordinanza)
 
 1. Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla  comunicazione  dell'ordinanza  di  cui  all'articolo 313, puo' ricorrere   al   Tribunale   amministrativo  regionale,  in  sede  di giurisdizione  esclusiva,  competente in relazione al luogo nel quale si e' prodotto il danno ambientale.
 
 2. Il trasgressore puo' far precedere l'azione giurisdizionale dal ricorso in opposizione di cui all'articolo 310, commi 2 e 3.
 
 3. Il  trasgressore  puo'  proporre altresi' ricorso al Presidente della  Repubblica  nel  termine  di  centoventi giorni dalla ricevuta notificazione  o  comunicazione  dell'ordinanza  o  dalla  sua  piena conoscenza.
 |  |  |  | ART. 317 (riscossione dei crediti e fondo di rotazione)
 
 1.  Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato ai  sensi  delle  disposizioni  di  cui alla parte sesta del presente decreto,  nell'ammontare  determinato  dal  Ministro  dell'ambiente e della  tutela  del territorio o dal giudice, si applicano le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
 
 2.  Nell'ordinanza  o  nella  sentenza  puo'  essere  disposto, su richiesta  dell'interessato  che  si  trovi  in condizioni economiche disagiate,  che gli importi dovuti vengano pagati in rate mensili non superiori al numero di venti; ciascuna rata non puo' essere inferiore comunque ad euro cinquemila.
 
 3. In ogni momento il debito puo' essere estinto mediante un unico pagamento.
 
 4. Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza comporta  l'obbligo  di  pagamento  del  residuo  ammontare  in unica soluzione.
 
 5.  Le  somme  derivanti  dalla  riscossione dei crediti in favore dello  Stato  per  il  risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla parte sesta del presente decreto, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione  di  fidejussioni  a  favore  dello  Stato, assunte a garanzia  del  risarcimento  medesimo,  sono  versate all'entrata del bilancio  dello  Stato, per essere riassegnate entro sessanta giorni, con  decreto  del Ministro dell'economia e delle finanze, ad un fondo di rotazione istituito nell'ambito di apposita unita' previsionale di base  dello  stato  di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela  del  territorio,  al  fine  di  finanziare,  anche  in via di anticipazione e, in quest'ultimo caso, nella misura massima del dieci per cento della spesa:
 
 a)  interventi  urgenti  di  perimetrazione,  caratterizzazione e messa  in sicurezza dei siti inquinati, con priorita' per le aree per le quali ha avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;
 b)   interventi   di   disinquinamento,   bonifica  e  ripristino ambientale  delle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;
 c)  interventi  di  bonifica e ripristino ambientale previsti nel programma  nazionale  di  bonifica  e  ripristino ambientale dei siti inquinati;
 d)  attivita'  dei  centri  di  ricerca nel campo delle riduzioni delle  emissioni  di gas ad effetto serra e dei cambiamenti climatici globali.
 
 6.  Con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio,  adottato  di  concerto  con  il Ministro dell'economia e delle  finanze,  sono disciplinate le modalita' di funzionamento e di accesso al predetto fondo di rotazione, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a titolo di anticipazione.
 
 
 
 Nota all'art. 317:
 - Il   decreto  legislativo  13 aprile  1999,  a.  112,
 recante «Riordino del servizio nazionale della riscossione,
 in   attuazione   della   delega   prevista   dalla   legge
 28 settembre  1998,  n.  337», e' pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale del 27 aprile 1999, n. 97.
 
 
 
 
 |  |  |  | ART. 318 (norme transitorie e finali)
 
 1. Nelle  more  dell'adozione del decreto di cui all'articolo 317, comma 6, continua ad applicarsi il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 14 ottobre 2003.
 
 2. Sono abrogati:
 
 a) l'articolo  18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ad eccezione del comma 5;
 b) l'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
 c) l'articolo  1,  commi  439, 440, 441, 442 e 443 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
 
 3. In  attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2004/35/CE, con decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  adottato su proposta  del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto  con  i  Ministri  dell'economia  e  delle  finanze  e delle attivita'  produttive,  sono  adottate  misure  per la definizione di idonee  forme di garanzia e per lo sviluppo dell'offerta dei relativi strumenti, in modo da consentirne l'utilizzo da parte degli operatori interessati  ai  fini dell'assolvimento delle responsabilita' ad essi incombenti ai sensi della parte sesta del presente decreto.
 
 4. Quando  un  danno  ambientale  riguarda  o  puo' riguardare una pluralita'   di   Stati   membri  dell'Unione  europea,  il  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio coopera, anche attraverso un  appropriato scambio di informazioni, per assicurare che sia posta in  essere  un'azione di prevenzione e, se necessario, di riparazione di tale danno ambientale. In tale ipotesi, quando il danno ambientale ha avuto origine nel territorio italiano, il Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio fornisce informazioni sufficienti agli Stati  membri  potenzialmente esposti ai suoi effetti. Se il Ministro individua  entro  i  confini del territorio nazionale un danno la cui causa  si  e'  invece verificata al di fuori di tali confini, esso ne informa  la  Commissione  europea  e  qualsiasi  altro  Stato  membro interessato;  il  Ministro  puo' raccomandare l'adozione di misure di prevenzione  o  di  riparazione  e puo' cercare, ai sensi della parte sesta  del  presente  decreto,  di  recuperare  i  costi sostenuti in relazione all'adozione delle misur e di prevenzione o riparazione.
 Il  presente  decreto,  munito  del  sigillo  dello  Stato, sara' inserito   nella   Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
 Dato a Roma, addi' 3 aprile 2006
 CIAMPI
 Berlusconi,  Presidente  del  Consiglio
 dei Ministri
 Matteoli,   Ministro   dell'ambiente  e
 della tutela del territorio
 La  Malfa,  Ministro  per  le politiche
 comunitarie
 Baccini,   Ministro   per  la  funzione
 pubblica
 La  Loggia,  Ministro  per  gli  affari
 regionali
 Pisanu, Ministro dell'interno
 Castelli, Ministro della giustizia
 Martino, Ministro della difesa
 Tremonti,   Ministro   dell'economia  e
 delle finanze
 Scajola,   Ministro   delle   attivita'
 produttive
 Berlusconi,  Ministro  della  salute ad
 interim
 Lunardi,  Ministro delle infrastrutture
 e dei trasporti
 Alemanno,   Ministro   delle  politiche
 agricole e forestali Visto, il Guardasigilli: Castelli
 
 
 
 Nota all'art. 318:
 - La  direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del
 Consiglio,  del  21 aprile  2004,  recante «Responsabilita'
 ambientale  in  materia  di  prevenzione  e riparazione del
 danno   ambientale»,   e'  pubblicata  nella  G.U.C.E.  del
 30 aprile 2004, n. L 143.
 
 
 
 
 |  |  |  | ALLEGATI ALLA PARTE SECONDA ALLEGATO I
 Informazioni da inserire nel rapporto ambientale
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO II
 Criteri per verificare se lo specifico piano o programma oggetto   di   approvazione   possa   avere   effetti   significativi
 sull'ambiente
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO III
 Progetti sottoposti a VIA
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO IV
 Elementi di verifica per l'assoggettamento VIA di progetti dell'allegato III, elenco B, non ricadenti in aree naturali protette
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO V
 Informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 |  |  |  | ALLEGATI ALLA PARTE TERZA 
 ALLEGATO 1
 Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli
 obiettivi di qualita' ambientale
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 2
 Criteri per la classificazione dei corpi idrici a
 destinazione funzionale
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 3
 Rilevamento delle caratteristiche dei bacini idrografici e
 analisi dell'impatto esercitato dall'attivita' antropica
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 4
 Contenuti dei piani
 Parte a. Piani di gestione dei bacini idrografici
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 Parte b. Piani di tutela delle acque
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 5
 Limite di emissione degli scarichi idrici
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 6
 Criteri per la individuazione delle aree sensibili
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 7
 Parte a - zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 Parte b - zone vulnerabili da prodotti fitosanitari
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 8
 Elenco indicativo dei principali inquinanti
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 9
 Aree protette
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 10
 Analisi economica
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 11
 Elenco indicativo delle misure supplementari da inserire
 nei programmi di misure
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 |  |  |  | ALLEGATI ALLA PARTE QUARTA 
 ALLEGATO A
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO B
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO C
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO D
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO E
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO F
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO G
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO H
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO I
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 ALLEGATI AL TITOLO V
 
 ALLEGATO 1
 Criteri generali per l'analisi di rischio sanitario ambientale
 sito-specifica
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 2
 Criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 3
 Criteri generali per la selezione e l'esecuzione degli interventi
 di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza
 (d'urgenza, operativa o permanente), nonche' per l'individuazione
 delle migliori tecniche d'intervento a costi sopportabili
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 4
 Criteri generali per l'applicazione di procedure semplificate
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 5
 Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo e nel
 sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei
 siti da bonificare
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 |  |  |  | ALLEGATI ALLA PARTE QUINTA 
 ALLEGATO I
 Valori di emissione e prescrizioni
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO II
 Grandi impianti di combustione
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO III
 Emissioni di composti organici volatili
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO IV
 Impianti e attivita' in deroga
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO V
 Polveri e sostanze organiche liquide
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO VI
 Criteri per la valutazione della conformita' dei valori misurati
 ai valori limite di emissione
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO VII
 Operazioni di deposito della benzina e sua distribuzione dai
 terminali agli impianti di distribuzione
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO VIII
 Impianti di distribuzione di benzina
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO IX
 Impianti termici civili
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO X
 Disciplina dei combustibili
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 |  |  |  | ALLEGATI ALLA PARTE SESTA 
 ALLEGATO 1
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 2
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 3
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 4
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
 
 ALLEGATO 5
 
 ---->  Parte di provvedimento in formato grafico  <----
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