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| Gazzetta n. 67 del 21 marzo 2006 (vai al sommario) |  |  |  | DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2006, n. 109 |  | Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative  sanzioni  e  della  procedura  per  la  loro  applicabilita', nonche'  modifica  della  disciplina in tema di incompatibilita', dispensa dal  servizio   e   trasferimento  di  ufficio  dei  magistrati,  a  norma  dell'articolo  1, comma 1, lettera f), della legge 25 luglio 2005, n.  150. |  | 
 |  |  |  | IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
 Vista  la  legge  25 luglio 2005, n. 150, recante delega al Governo per  la  riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30  gennaio  1941,  n.  12,  per il decentramento del Ministero della giustizia,  per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di  presidenza  della  Corte  dei  conti e il Consiglio di presidenza della  giustizia amministrativa, nonche' per l'emanazione di un testo unico;
 Visti,  in  particolare,  gli articoli 1, comma 1, lettera f), e 2, commi  6  e  7,  della  citata legge n. 150 del 2005 che prevedono la individuazione delle fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati e delle relative sanzioni, la modifica della procedura per l'applicazione  delle  medesime, nonche' la modifica della disciplina in tema di incompatibilita', dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati;
 Vista  la  preliminare  deliberazione  del  Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 ottobre 2005;
 Aquisiti  i  pareri  delle  competenti Commissioni della Camera dei deputati,  espressi  in  data 20 dicembre 2005 ed in data 22 dicembre 2005, e del Senato della Repubblica, espressi in data 7 dicembre 2005 ed  in data 30 novembre 2005, a norma dell'articolo 1, comma 4, della citata legge n. 150 del 2005;
 Ritenuto di conformarsi alla condizione formulata dalla Commissione giustizia  del  Senato  della  Repubblica in ordine alla soppressione dell'articolo   2,   con   cio'  dovendosi  ritenere  contestualmente assorbita  anche  la condizione formulata dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati in ordine al medesimo articolo;
 Esaminate le osservazioni formulate dalla Commissione giustizia del Senato della Repubblica;
 Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 gennaio 2006;
 Sulla  proposta  del  Ministro  della  giustizia, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica;
 E m a n a
 il seguente decreto legislativo:
 
 Art. 1
 Doveri del magistrato
 
 1.   Il   magistrato   esercita   le   funzioni  attribuitegli  con imparzialita',   correttezza,   diligenza,  laboriosita',  riserbo  e equilibrio  e rispetta la dignita' della persona nell'esercizio delle funzioni.
 2.   Il   magistrato,  anche  fuori  dall'esercizio  delle  proprie funzioni,  non  deve  tenere  comportamenti, ancorche' legittimi, che compromettano la credibilita' personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell'istituzione giudiziaria.
 3.  Le  violazioni  dei  doveri di cui ai commi 1 e 2 costituiscono illecito   disciplinare  perseguibile  nelle  ipotesi  previste  agli articoli 2, 3 e 4.
 
 
 
 Avvertenza:
 Il  testo  delle  note  qui pubblicato e' stato redatto
 dall'amministrazione   competente  per  materia,  ai  sensi
 dell'art.   10,   commi  2  e  3,  del  testo  unico  delle
 disposizioni     sulla     promulgazione    delle    leggi,
 sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
 e  sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
 approvato  con  D.P.R.  28  dicembre 1985, n. 1092, al solo
 fine  di  facilitare la lettura delle disposizioni di legge
 modificate  o  alle  quali  e'  operato  il rinvio. Restano
 invariati  il  valore  e l'efficacia degli atti legislativi
 qui trascritti.
 Note alle premesse:
 - L'art.  76  della  Costituzione  regola  la delega al
 Governo   dell'esercizio   della   funzione  legislativa  e
 stabilisce   che   essa   non  puo'  avvenire  se  non  con
 determinazione  di  principi e criteri direttivi e soltanto
 per tempo limitato e per oggetti definiti.".
 - L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro,
 al  Presidente  della Repubblica il potere di promulgare le
 leggi  ed  emanare  i  decreti  aventi  valore di legge e i
 regolamenti.
 - Si riporta il testo della lettera f) del comma 1 e il
 comma 4 dell'art. 1 nonche' i commi 6 e 7 dell'art. 2 della
 legge  25  luglio  2005,  n.  150 (Delega al Governo per la
 riforma   dell'ordinamento  giudiziario  di  cui  al  regio
 decreto  30  gennaio  1941, n. 12, per il decentramento del
 Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina
 concernente  il  Consiglio  di  presidenza, della Corte dei
 conti   e   il  Consiglio  di  presidenza  della  giustizia
 amministrativa,   nonche'  per  l'emanazione  di  un  testo
 unico.):
 "Art.  1  (Contenuto  della delega). - 1. Il Governo e'
 delegato  ad  adottare, entro un anno dalla data di entrata
 in  vigore  della  presente  legge,  con  l'osservanza  dei
 principi  e  dei criteri direttivi di cui all'art. 2, commi
 1,  2,  3,  4,  5, 6, 7 e 8, uno o piu' decreti legislativi
 diretti a:
 a) - e) (omissis);
 f) individuare  le  fattispecie  tipiche  di illecito
 disciplinare  dei  magistrati,  le  relative  sanzioni e la
 procedura  per  la loro applicazione, nonche' modificare la
 disciplina   in  tema  di  incompatibilita',  dispensa  dal
 servizio e trasferimento d'ufficio;
 g) (omissis).
 2. - 3. (omissis).
 4.   Gli   schemi   dei  decreti  legislativi  adottati
 nell'esercizio   della  delega  di  cui  al  comma  1  sono
 trasmessi  al  Senato  della  Repubblica ed alla Camera dei
 deputati,  ai  fini  dell'espressione  dei  pareri da parte
 delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per
 le  conseguenze  di  carattere  finanziario,  che sono resi
 entro   il   termine  di  sessanta  giorni  dalla  data  di
 trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche
 in  mancanza  dei  pareri. Entro i trenta giorni successivi
 all'espressione  dei  pareri,  il  Governo, ove non intenda
 conformarsi  alle  condizioni  ivi eventualmente formulate,
 esclusivamente con riferimento all'esigenza di garantire il
 rispetto  dell'art.  81,  quarto comma, della Costituzione,
 ritrasmette  alle  Camere  i testi, corredati dai necessari
 elementi   integrativi   di   informazione,  per  i  pareri
 definitivi  delle Commissioni competenti, che sono espressi
 entro trenta giorni dalla data di trasmissione.
 5. - 6. (omissis).".
 "Art.   2   (Principi   e  criteri  direttivi,  nonche'
 disposizioni ulteriori). - 1. - 5. (omissis).
 6.  Nell'attuazione  della  delega  di  cui all'art. 1,
 comma  1,  lettera  f),  il  Governo si attiene ai seguenti
 principi e criteri direttivi:
 a) provvedere  alla  tipizzazione  delle  ipotesi  di
 illecito   disciplinare   dei   magistrati,   sia  inerenti
 l'esercizio   della  funzione  sia  estranee  alla  stessa,
 garantendo   comunque   la   necessaria  completezza  della
 disciplina   con   adeguate   norme  di  chiusura,  nonche'
 all'individuazione delle relative sanzioni;
 b) prevedere:
 1)  che  il magistrato debba esercitare le funzioni
 attribuitegli,  con  imparzialita', correttezza, diligenza,
 laboriosita', riserbo ed equilibrio;
 2)  che in ogni atto di esercizio delle funzioni il
 magistrato debba rispettare la dignita' della persona;
 3)   che   anche  fuori  dall'esercizio  delle  sue
 funzioni  il  magistrato  non  debba  tenere comportamenti,
 ancorche'  legittimi,  che  compromettano  la  credibilita'
 personale,  il  prestigio  e  il decoro del magistrato o il
 prestigio dell'istituzione;
 4)   che   la   violazione   dei   predetti  doveri
 costituisca   illecito   disciplinare   perseguibile  nelle
 ipotesi previste dalle lettere c), d) ed e);
 c) salvo  quanto  stabilito dal numero 11), prevedere
 che   costituiscano  illeciti  disciplinari  nell'esercizio
 delle funzioni:
 1)  i  comportamenti  che, violando i doveri di cui
 alla   lettera  b),  arrecano  ingiusto  danno  o  indebito
 vantaggio   ad   una   delle   parti;   l'omissione   della
 comunicazione  al  Consiglio  superiore  della magistratura
 della    sussistenza    di    una   delle   situazioni   di
 incompatibilita'   di   cui   agli   articoli   18   e   19
 dell'ordinamento  giudiziario,  di  cui al regio decreto 30
 gennaio  1941,  n.  12,  e  successive  modificazioni, come
 modificati  ai  sensi  della  lettera  p);  la  consapevole
 inosservanza  dell'obbligo  di astensione nei casi previsti
 dalla legge;
 2)   i   comportamenti  abitualmente  o  gravemente
 scorretti  nei  confronti  delle parti, dei loro difensori,
 dei   testimoni   o  di  chiunque  abbia  rapporti  con  il
 magistrato nell'ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei
 confronti   di   altri   magistrati   o  di  collaboratori;
 l'ingiustificata interferenza nell'attivita' giudiziaria di
 altro    magistrato;   l'omessa   comunicazione   al   capo
 dell'ufficio  delle  avvenute  interferenze  da  parte  del
 magistrato destinatario delle medesime;
 3)  la  grave  violazione  di  legge determinata da
 ignoranza  o  negligenza  inescusabile; il travisamento dei
 fatti    determinato   da   negligenza   inescusabile;   il
 perseguimento  di  fini  diversi  da  quelli  di giustizia;
 l'emissione  di  provvedimenti privi di motivazione, ovvero
 la  cui  motivazione consiste nella sola affermazione della
 sussistenza  dei  presupposti  di  legge  senza indicazione
 degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti,
 quando  la motivazione e' richiesta dalla legge; l'adozione
 di  provvedimenti  non  consentiti  dalla legge che abbiano
 leso  diritti  personali  o,  in  modo  rilevante,  diritti
 patrimoniali; la reiterata o grave inosservanza delle norme
 regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario
 adottate dagli organi competenti; l'indebito affidamento ad
 altri  del  proprio  lavoro; l'inosservanza dell'obbligo di
 risiedere  nel  comune  in  cui ha sede l'ufficio, se manca
 l'autorizzazione  prevista  dalle  norme  vigenti  e ne sia
 derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di
 diligenza e laboriosita';
 4) il reiterato, grave o ingiustificato ritardo nel
 compimento   degli   atti   relativi   all'esercizio  delle
 funzioni; il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato al
 lavoro  giudiziario;  per  il  dirigente  dell'ufficio o il
 presidente  di  una  sezione o il presidente di un collegio
 l'omettere  di  assegnarsi  affari e di redigere i relativi
 provvedimenti;   l'inosservanza  dell'obbligo  di  rendersi
 reperibile  per esigenze di ufficio quando esso sia imposto
 dalla   legge   o  da  disposizione  legittima  dell'organo
 competente;
 5)  i comportamenti che determinano la divulgazione
 di  atti  del procedimento coperti dal segreto o di cui sia
 previsto il divieto di pubblicazione, nonche' la violazione
 del  dovere  di  riservatezza  sugli  affari  in  corso  di
 trattazione,  o  sugli  affari definiti, quando e' idonea a
 ledere diritti altrui; pubbliche dichiarazioni o interviste
 che,  sotto  qualsiasi  profilo,  riguardino  i  soggetti a
 qualsivoglia  titolo  coinvolti  negli  affari  in corso di
 trattazione  e  che  non  siano stati definiti con sentenza
 passata in giudicato;
 6)  il  tenere  rapporti in relazione all'attivita'
 del  proprio  ufficio  con gli organi di informazione al di
 fuori  delle  modalita' previste al comma 4, lettera f); il
 sollecitare   la  pubblicita'  di  notizie  attinenti  alla
 propria   attivita'  di  ufficio  ovvero  il  costituire  e
 l'utilizzare   canali  informativi  personali  riservati  o
 privilegiati;  il  rilasciare dichiarazioni e interviste in
 violazione dei criteri di equilibrio e di misura;
 7) l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti
 da  palese  incompatibilita'  tra la parte dispositiva e la
 motivazione,   tali  da  manifestare  una  precostituita  e
 inequivocabile    contraddizione    sul    piano    logico,
 contenutistico o argomentativo;
 8)  l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o
 del  presidente  di  una  sezione  o  di un collegio, della
 comunicazione  agli  organi competenti di fatti che possono
 costituire  illeciti  disciplinari  compiuti  da magistrati
 dell'ufficio, della sezione o del collegio; l'omissione, da
 parte   del   dirigente   l'ufficio  ovvero  da  parte  del
 magistrato  cui  competere  il potere di sorveglianza della
 comunicazione  al  Consiglio  superiore  della magistratura
 della    sussistenza    di    una   delle   situazioni   di
 incompatibilita'   previste   dagli   articoli   18   e  19
 dell'ordinamento  giudiziario,  di  cui al regio decreto 30
 gennaio  1941,  n.  12  e  successive  modificazioni,  come
 modificati   ai   sensi  della  lettera  p),  ovvero  delle
 situazioni   che   possono   dare  luogo  all'adozione  dei
 provvedimenti  di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto
 legislativo  31  maggio  1946,  n.  511, come modificati ai
 sensi delle lettere n) e o);
 9)  l'adozione  di  provvedimenti abnormi ovvero di
 atti  e  provvedimenti  che  costituiscano esercizio di una
 potesta'  riservata  dalla  legge  ad  organi legislativi o
 amministrativi ovvero ad altri organi costituzionali;
 10)  l'emissione  di  un  provvedimento restrittivo
 della  liberta'  personale  fuori dei casi consentiti dalla
 legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile;
 11)  fermo  quanto previsto dai numeri 3), 7) e 9),
 non   puo'   dar   luogo   a  responsabilita'  disciplinare
 l'attivita'  di  interpretazione  di  norme  di  diritto in
 conformita'  all'art.  12 delle disposizioni sulla legge in
 generale;
 d) prevedere  che costituiscano illeciti disciplinari
 al di fuori dell'esercizio delle funzioni:
 1)  l'uso  della  qualita' di magistrato al fine di
 conseguire vantaggi ingiusti per se' o per altri;
 2) il frequentare persona sottoposta a procedimento
 penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o
 persona   che  a  questi  consta  essere  stata  dichiarata
 delinquente  abituale,  professionale o per tendenza o aver
 subito  condanna  per  delitti  non colposi alla pena della
 reclusione   superiore   a   tre   anni  o  una  misura  di
 prevenzione,  salvo  che sia intervenuta la riabilitazione,
 ovvero  l'intrattenere  rapporti  consapevoli di affari con
 una di tali persone;
 3)  l'assunzione di incarichi extragiudiziari senza
 la prescritta autorizzazione dell'organo competente;
 4) lo svolgimento di attivita' incompatibili con la
 funzione  giudiziaria o tali da recare concreto pregiudizio
 all'assolvimento  dei  doveri  indicati  nella  lettera b),
 numeri 1), 2), e 3);
 5)   l'ottenere,   direttamente  o  indirettamente,
 prestiti  o  agevolazioni da soggetti che, il magistrato sa
 essere   indagati,   parti  offese,  testimoni  o  comunque
 coinvolti  in  procedimenti penali o civili pendenti presso
 l'ufficio   giudiziario  di  appartenenza  o  presso  altro
 ufficio  che  si trovi nel distretto di corte d'appello nel
 quale   esercita   le   funzioni  giudiziarie,  ovvero  dai
 difensori di costoro;
 6)   la   pubblica  manifestazione  di  consenso  o
 dissenso  in ordine ad un procedimento in corso quando, per
 la  posizione del magistrato o per le modalita', con cui il
 giudizio e' espresso, sia idonea a condizionare la liberta'
 di decisione nel procedimento medesimo;
 7)  la  partecipazione  ad associazioni segrete o i
 cui   vincoli   sono   oggettivamente   incompatibili   con
 l'esercizio delle funzioni giudiziarie;
 8)  l'iscrizione  o  la  partecipazione  a  partiti
 politici ovvero il coinvolgimento nelle attivita' di centri
 politici o affaristici che possano condizionare l'esercizio
 delle   funzioni   o   comunque  appannare  l'immagine  del
 magistrato;
 9)  ogni altro comportamento tale da' compromettere
 l'indipendenza,   la   terzieta'   e   l'imparzialita'  del
 magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza;
 10)  l'uso  strumentale  della qualita' che, per la
 posizione   del   magistrato   o   per   le   modalita'  di
 realizzazione,  e' idoneo a turbare l'esercizio di funzioni
 costituzionalmente previste;
 e) prevedere  che costituiscano illeciti disciplinari
 conseguenti al reato:
 1)  i  fatti  per  i  quali e' intervenuta condanna
 irrevocabile  o  e'  stata  pronunciata  sentenza  ai sensi
 dell'art. 444, comma 2, del codice di procedura penale, per
 delitto   doloso  o  preterintenzionale,  quando  la  legge
 stabilisce  la  pena  detentiva  sola o congiunta alla pena
 pecuniaria;
 2)  i  fatti  per  i  quali e' intervenuta condanna
 irrevocabile  o  e'  stata  pronunciata  sentenza  ai sensi
 dell'art. 444, comma 2, del codice di procedura penale, per
 delitto  colposo,  alla  pena  della reclusione, sempre che
 presentino,  per  modalita'  e  conseguenze,  carattere  di
 particolare gravita';
 3)  i  fatti  per  i  quali e' intervenuta condanna
 irrevocabile   e'   stata  pronunciata  sentenza  ai  sensi
 dell'art.  444,  comma  2,  del codice di procedura penale,
 alla  pena  dell'arresto,  sempre  che  presentino,  per le
 modalita' di esecuzione, carattere di particolare gravita';
 4)   altri   fatti   costituenti   reato  idonei  a
 compromettere  la  credibilita' del magistrato, anche se il
 reato  e' estinto per qualsiasi causa o l'azione penale non
 puo' essere iniziata o proseguita;
 f) prevedere come sanzioni disciplinari:
 1) l'ammonimento;
 2) la censura;
 3) la perdita dell'anzianita';
 4)   l'incapacita'   temporanea  ad  esercitare  un
 incarico direttivo o semidirettivo;
 5)  la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due
 anni;
 6) la rimozione;
 g) stabilire che:
 1)  l'ammonimento  consista  nel richiamo, espresso
 nel  dispositivo  della  decisione, all'osservanza da parte
 del  magistrato  dei  suoi doveri, in rapporto all'illecito
 commesso;
 2)  la  censura  consista  in  un  biasimo  formale
 espresso nel dispositivo della decisione;
 3)  la  sanzione  della perdita dell'anzianita' sia
 inflitta per un periodo compreso tra due mesi e due anni;
 4)  la  sanzione  della  temporanea  incapacita' ad
 esercitare   un  incarico  direttivo  o  semidirettivo  sia
 inflitta  per  un periodo compreso tra sei mesi e due anni.
 Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive,
 debbono  essergli  conferite  di ufficio altre funzioni non
 direttive   o   semidirettive,   corrispondenti   alla  sua
 qualifica.  Scontata  la  sanzione,  il magistrato non puo'
 riprendere   l'esercizio   delle   funzioni   direttive   o
 semidirettive    presso    l'ufficio   dove   le   svolgeva
 anteriormente alla condanna;
 5)  la sospensione dalle funzioni comporti altresi'
 la  sospensione  dallo  stipendio  ed  il  collocamento del
 magistrato  fuori dal ruolo organico della magistratura. Al
 magistrato  sospeso  e'  corrisposto  un assegno alimentare
 pari  ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze
 di  carattere continuativo, se il magistrato sta percependo
 il  trattamento  economico riservato alla prima o seconda o
 terza  classe  stipendiale;  alla  meta'  se  alla quarta o
 quinta classe; ad un terzo, se alla sesta o settima classe;
 6)   la   rimozione  determini  la  cessazione  del
 rapporto di servizio;
 7)   quando   per  il  concorso  di  piu'  illeciti
 disciplinari,  si  dovrebbero  irrogare  piu' sanzioni meno
 gravi,  si  applichi  altra  sanzione di maggiore gravita',
 sola o congiunta con quella meno grave se compatibile;
 8)  la  sanzione  di  cui al numero 6) sia eseguita
 mediante decreto del Presidente della Repubblica;
 h) prevedere  che  siano  puniti  con la sanzione non
 inferiore alla censura:
 1)  i  comportamenti  che, violando i doveri di cui
 alla   lettera  b),  arrecano  ingiusto  danno  o  indebito
 vantaggio ad una delle parti;
 2)  la  consapevole  inosservanza  dell'obbligo  di
 astensione nei casi previsti dalla legge;
 3)  l'omissione,  da  parte dell'interessato, della
 comunicazione  del  Consiglio  superiore della magistratura
 della sussistenza di una delle cause di incompatibilita' di
 cui  agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di
 cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 come modificati
 ai sensi della lettera p);
 4)   il  tenere  comportamenti  che,  a  causa  dei
 rapporti  comunque  esistenti  con i soggetti coinvolti nel
 procedimento  ovvero  a  causa  di  avvenute  interferenze,
 costituiscano violazione del dovere di imparzialita';
 5)  i  comportamenti  previsti  dal numero 2) della
 lettera c);
 6)  il  perseguimento  di fini diversi da quelli di
 giustizia;
 7)  il  reiterato  o  grave  ritardo nel compimento
 degli atti relativi all'esercizio delle funzioni;
 8) la scarsa laboriosita', se abituale;
 9)  la  grave  o  abituale violazione del dovere di
 riservatezza;
 10)  l'uso  della qualita' di magistrato al fine di
 conseguire vantaggi ingiusti;
 11)  lo  svolgimento  di  incarichi extragiudiziari
 senza    avere   richiesto   o   ottenuto   la   prescritta
 autorizzazione  dal Consiglio superiore della magistratura,
 qualora  per  l'entita'  e la natura dell'incarico il fatto
 non si appalesi di particolare gravita';
 i) prevedere  che  siano  puniti con una sanzione non
 inferiore alla perdita dell'anzianita':
 1)  i  comportamenti  che, violando i doveri di cui
 alla  lettera  b),  arrecano  grave  ed  ingiusto  danno  a
 indebito vantaggio ad una delle parti;
 2)  l'uso  della  qualita' di magistrato al fine di
 conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;
 3)  i  comportamenti  previsti  dal numero 2) della
 lettera d);
 l) stabilire che:
 1)  sia punita con la sanzione della incapacita' ad
 esercitare    un   incarico   direttivo   o   semidirettivo
 l'interferenza  nell'attivita' di altro magistrato da parte
 del  dirigente dell'ufficio o del presidente della sezione,
 se ripetuta o grave;
 2)  sia  punita con una sanzione non inferiore alla
 sospensione  dalle funzioni l'accettazione e lo svolgimento
 di   incarichi   ed   uffici  vietati  dalla  legge  ovvero
 l'accettazione  e  lo  svolgimento di incarichi per i quali
 non   e'   stata   richiesta   o   ottenuta  la  prescritta
 autorizzazione,   qualora   per   l'entita'   e  la  natura
 dell'incarico il fatto si appalesi di particolare gravita';
 3)   sia   rimosso  il  magistrato  che  sia  stato
 condannato  in sede disciplinare per i fatti previsti dalla
 lettera  d),  numero  5),  che  incorre  nella interdizione
 perpetua  o  temporanea  dai  pubblici  uffici in seguito a
 condanna  penale  o  che  incorre  in  una  condanna a pena
 detentiva  per delitto non colposo non inferiore ad un anno
 la  cui  esecuzione  non  sia  stata sospesa ai sensi degli
 articoli  163  e  164  del codice penale o per la quale sia
 intervenuto  provvedimento  di  revoca della sospensione ai
 sensi dell'art. 168 dello stesso codice;
 m) stabilire   che,   nell'infliggere   una  sanzione
 diversa  dall'ammonimento  e  dalla  rimozione,  la sezione
 disciplinare  del  Consiglio  superiore  della magistratura
 possa  disporre  il  trasferimento  del magistrato ad altra
 sede  o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la
 permanenza  nella stessa sede o nello stesso ufficio appare
 in  contrasto  con  il  buon andamento dell'amministrazione
 della giustizia. Il trasferimento e' sempre disposto quando
 ricorre  una  delle violazioni previste dal numero 1) della
 lettera  c), ad eccezione dell'inosservanza dell'obbligo di
 astensione    nei    casi    previsti    dalla    legge   e
 dell'inosservanza   dell'obbligo   della  comunicazione  al
 Consiglio superiore della magistratura, dal numero 1) della
 lettera  d),  ovvero  se  e'  inflitta  la  sanzione  della
 sospensione dalle funzioni;
 n) prevedere    che,   nei   casi   di   procedimento
 disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa
 dall'ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia
 o  del  Procuratore generale presso la Corte di cassazione,
 ove  sussistano  gravi  elementi  di fondatezza dell'azione
 disciplinare  e  ricorrano  motivi  di particolare urgenza,
 possa   essere  disposto  dalla  sezione  disciplinare  del
 Consiglio  superiore della magistratura, in via cautelare e
 provvisoria,   il   trasferimento   ad   altra  sede  o  la
 destinazione ad altre funzioni; modificare il secondo comma
 dell'art.  2  del regio decreto legislativo 31 maggio 1946,
 n. 511, stabilendo che, fermo quanto previsto dalla lettera
 m)  e  dalla  prima parte della presente lettera in sede di
 procedimento disciplinare, il trasferimento ad altra sede o
 la  destinazione  ad altre funzioni possano essere disposti
 con  procedimento  amministrativo  dal  Consiglio superiore
 della  magistratura  solo per una causa incolpevole tale da
 impedire  al  magistrato di svolgere le sue funzioni, nella
 sede  occupata,  con  piena  indipendenza  e imparzialita';
 prevedere  che alla data di entrata in vigore del primo dei
 decreti  legislativi emanati nell'esercizio della delega di
 cui  all'art.  1,  comma  1,  lettera  f),  i  procedimenti
 amministrativi   di   trasferimento  di  ufficio  ai  sensi
 dell'art.  2,  secondo comma, del regio decreto legislativo
 31  maggio  1946,  n.  511,  pendenti  presso  il Consiglio
 superiore   della  magistratura,  per  fatti  astrattamente
 riconducibili  alle  fattispecie  disciplinari previste dal
 presente  comma  siano  trasmessi  al  Procuratore generale
 presso  la Corte di cassazione per le sue determinazioni in
 ordine all'azione disciplinare;
 o) prevedere   la  modifica  dell'art.  3  del  regio
 decreto  legislativo  31  maggio  1946, n. 511, consentendo
 anche di far transitare nella pubblica amministrazione, con
 funzioni   amministrative,   i  magistrati  dispensati  dal
 servizio;
 p) ridisciplinare  le ipotesi di cui agli articoli 18
 e  19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto
 30  gennaio  1941,  n.  12,  e successive modificazioni, in
 maniera   piu'   puntuale   e  rigorosa  prevedendo,  salvo
 eccezioni  specificatamente  disciplinate  con  riferimento
 all'entita'   dell'organico   nonche'  alla  diversita'  di
 incarico,  l'incompatibilita'  per il magistrato a svolgere
 l'attivita'  presso il medesimo ufficio in cui parenti sino
 al  secondo  grado,  affini in primo grado, il coniuge o il
 convivente  esercitano  la  professione  di magistrato o di
 avvocato o di ufficiale o agente di polizia giudiziaria;
 q) equiparare  gli  effetti  della decadenza a quelli
 delle dimissioni.
 7.  Nell'attuazione  della  delega  di  cui all'art. 1,
 comma  1,  lettera  f), il Governo si attiene, per quel che
 riguarda  la  procedura  per  l'applicazione delle sanzioni
 disciplinari, ai seguenti principi e criteri direttivi:
 a) prevedere  che  le  funzioni di pubblico ministero
 nel   procedimento   disciplinare   siano   esercitate  dal
 Procuratore  generale presso la Corte di cassazione o da un
 suo  sostituto, e che all'attivita' di indagine relativa al
 procedimento disciplinare proceda il pubblico ministero;
 b) stabilire che:
 1) l'azione disciplinare sia promossa entro un anno
 dalla  notizia  del  fatto, acquisita a seguito di sommarie
 indagini  preliminari  o  di  denuncia  circostanziata o di
 segnalazione del Ministro della giustizia;
 2) entro un anno dall'inizio del procedimento debba
 essere  richiesta  l'emissione  del  decreto  che  fissa la
 discussione  orale davanti alla sezione disciplinare, entro
 un  anno  dalla  richiesta  debba  pronunciarsi  la sezione
 disciplinare.  Se  la  sentenza  e' annullata in tutto o in
 parte  a seguito del ricorso per cassazione, il termine per
 la pronuncia nel giudizio di rinvio e' di un anno e decorre
 dalla  data  in  cui  vengono  restituiti  dalla  Corte  di
 cassazione gli atti del procedimento. Se i termini non sono
 osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre
 che l'incolpato vi consenta;
 3) il corso dei termini sia sospeso:
 3.1)  se  per  il  medesimo  fatto e' iniziato il
 procedimento  penale, riprendendo a decorrere dalla data in
 cui non e' piu' soggetta ad impugnazione la sentenza di non
 luogo  a  procedere  ovvero  sono  divenuti irrevocabili la
 sentenza o il decreto penale di condanna;
 3.2)  se  durante  il  procedimento  disciplinare
 viene  sollevata  questione di legittimita' costituzionale;
 riprendendo  a decorrere dal giorno in cui e' pubblicata la
 decisione della Corte costituzionale;
 3.3)  se l'incolpato e' sottoposto a perizia o ad
 accertamenti   specialistici,   e   per   tutto   il  tempo
 necessario;
 3.4)  se il procedimento disciplinare e' rinviato
 a  richiesta  dell'incolpato  o  del  suo  difensore  o per
 impedimento dell'incolpato o del suo difensore;
 c) prevedere che:
 1)  il  Ministro  della giustizia abbia facolta' di
 promuovere  l'azione  disciplinare  mediante  richiesta  di
 indagini   al  Procuratore  generale  presso  la  Corte  di
 cassazione.  Dell'iniziativa  il Ministro da' comunicazione
 al  Consiglio superiore della magistratura, con indicazione
 sommaria dei fatti per i quali si procede;
 2)  il  Procuratore  generale  presso  la  Corte di
 cassazione   abbia   l'obbligo   di   esercitare   l'azione
 disciplinare   dandone   comunicazione  al  Ministro  della
 giustizia  e al Consiglio superiore della magistratura, con
 indicazione  sommaria  dei fatti per i quali si procede. Il
 Ministro   della   giustizia,   se   ritiene  che  l'azione
 disciplinare  deve  essere  estesa  ad  altri  fatti, ne fa
 richiesta  al  Procuratore  generale,  ed analoga richiesta
 puo' fare nel corso delle indagini;
 3)  il  Consiglio  superiore  della magistratura, i
 consigli  giudiziari  e  i  dirigenti  degli uffici debbano
 comunicare  al  Ministro  della  giustizia e al Procuratore
 generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante
 sotto  il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i
 presidenti  di  collegio  debbono  comunicare  ai dirigenti
 degli uffici i fatti concernenti l'attivita' dei magistrati
 della  sezione  o del collegio che siano rilevanti sotto il
 profilo disciplinare;
 4)  la  richiesta  di indagini rivolta dal Ministro
 della  giustizia al Procuratore generale o la comunicazione
 da   quest'ultimo   data   al   Consiglio  superiore  della
 magistratura ai sensi del numero 2) determinino a tutti gli
 effetti l'inizio del procedimento;
 5)  il  Procuratore  generale  presso  la  Corte di
 cassazione  possa  contestare  fatti  nuovi nel corso delle
 indagini,  anche se l'azione e' stata promossa dal Ministro
 della  giustizia,  salva la facolta' del Ministro di cui al
 numero 2), ultimo periodo;
 d) stabilire che:
 1)  dell'inizio  del procedimento debba essere data
 comunicazione   entro   trenta   giorni  all'incolpato  con
 l'indicazione  del  fatto che gli viene addebitato; analoga
 comunicazione   debba   essere   data   per   le  ulteriori
 contestazioni di cui al numero 5) della lettera c).
 L'incolpato  puo' farsi assistere da altro magistrato o
 da  un  avvocato,  designati  in  qualunque momento dopo la
 comunicazione  dell'addebito,  nonche',  se del caso, da un
 consulente tecnico;
 2)   gli  atti  di  indagine  non  preceduti  dalla
 comunicazione  all'incolpato o dall'avviso al difensore, se
 gia'  designato,  siano  nulli,  ma  la  nullita' non possa
 essere   piu'   rilevata   quando   non   e'   dedotta  con
 dichiarazione  scritta  e  motivata  nel  termine  di dieci
 giorni  dalla data in cui l'interessato ha avuto conoscenza
 del  contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della
 comunicazione  del  decreto  che fissa la discussione orale
 davanti alla sezione disciplinare;
 3)  per  l'attivita'  di  indagine  si  osservino, in
 quanto  compatibili,  le  norme  del  codice  di  procedura
 penale,   eccezione   fatta   per   quelle  che  comportano
 l'esercizio    di    poteri    coercitivi   nei   confronti
 dell'imputato,  delle  persone  informate  sui  fatti,  dei
 periti  e  degli  interpreti;  si  applica  comunque quanto
 previsto dall'art. 133 del codice di procedura penale. Alle
 persone  informate  sui  fatti,  ai  periti e interpreti si
 applicano  le  disposizioni  degli  articoli  366, 371-bis,
 371-ter,  372,  373,  376,  377  e  384  del codice penale;
 prevedere  che  il  Procuratore generale presso la Corte di
 cassazione,  se  lo  ritenga  necessario  ai fini delle sue
 determinazioni  sull'azione  disciplinare,  possa acquisire
 atti  coperti  da  segreto  investigativo  senza  che detto
 segreto  possa essergli opposto; prevedere altresi' che nel
 caso in cui il Procuratore generale acquisisca atti coperti
 da segreto investigativo ed il procuratore della Repubblica
 comunichi  motivatamente  che  dalla  loro pubblicizzazione
 possa   derivare   grave   pregiudizio  alle  indagini,  il
 Procuratore  generale disponga con decreto che i detti atti
 rimangano  segreti  per  un  periodo non superiore a dodici
 mesi e sospenda il procedimento disciplinare per un analogo
 periodo;
 4)  per  gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio,
 il  pubblico ministero possa richiedere altro magistrato in
 servizio  presso  la procura generale della corte d'appello
 nel cui distretto l'atto deve essere compiuto;
 5) al termine delle indagini, il Procuratore generale
 con  le  richieste  conclusive di cui alla lettera e) invii
 alla  sezione  disciplinare il fascicolo del procedimento e
 ne   dia  comunicazione  all'incolpato;  il  fascicolo  sia
 depositato  nella  segreteria  della sezione a disposizione
 dell'incolpato,  con  facolta'  di  prenderne  visione e di
 estrarre copia degli atti;
 e) prevedere che:
 1)  il  Procuratore  generale  presso  la  Corte di
 cassazione,  al  termine  delle indagini, se non ritiene di
 dover  chiedere  la  declaratoria di non luogo a procedere,
 formuli l'incolpazione e chieda al presidente della sezione
 disciplinare  la  fissazione  dell'udienza  di  discussione
 orale;   il   Procuratore   generale  presso  la  Corte  di
 cassazione  da'  comunicazione  al Ministro della giustizia
 delle sue determinazioni ed invia copia dell'atto;
 2) il Ministro della giustizia, nell'ipotesi in cui
 abbia  promosso l'azione disciplinare, ovvero abbia chiesto
 l'integrazione della contestazione, in caso di richiesta di
 declaratoria  di  non  luogo a procedere, abbia facolta' di
 proporre   opposizione   entro  dieci  giorni,  presentando
 memoria.  Il  Consiglio superiore della magistratura decide
 in camera di consiglio, sentite le parti;
 3)  il Ministro della giustizia, entro venti giorni
 dal  ricevimento  della  comunicazione di cui al numero 1),
 possa   chiedere  l'integrazione  e,  nel  caso  di  azione
 disciplinare   da  lui  promossa,  la  modificazione  della
 contestazione,  cui provvede il Procuratore generale presso
 la Corte di cassazione;
 4)  il presidente della sezione disciplinare fissi,
 con  suo  decreto,  il  giorno della discussione orale, con
 avviso ai testimoni e ai periti;
 5)  il  decreto di cui al numero 4) sia comunicato,
 almeno  dieci  giorni  prima  della  data  fissata  per  la
 discussione  orale,  al  pubblico ministero e all'incolpato
 nonche' al difensore di quest'ultimo se gia' designato e al
 Ministro della giustizia;
 6)  nel caso in cui il Procuratore generale ritenga
 che   si   debba  escludere  l'addebito,  faccia  richiesta
 motivata  alla  sezione disciplinare per la declaratoria di
 non   luogo   a   procedere.   Della   richiesta   e'  data
 comunicazione  al Ministro della giustizia, nell'ipotesi in
 cui  egli  abbia  promosso  l'azione  disciplinare,  ovvero
 richiesto  l'integrazione della contestazione, con invio di
 copia dell'atto;
 7)  il Ministro della giustizia, entro dieci giorni
 dal  ricevimento  della  comunicazione di cui al numero 6),
 possa   richiedere   copia   degli  atti  del  procedimento
 nell'ipotesi   in   cui   egli   abbia   promosso  l'azione
 disciplinare,   ovvero   richiesto   l'integrazione   della
 contestazione,   e,   nei   venti  giorni  successivi  alla
 ricezione  degli  stessi,  possa  richiedere  al presidente
 della  sezione  disciplinare  la fissazione dell'udienza di
 discussione orale, formulando l'incolpazione;
 8)  decorsi  i  termini  di cui al numero 7), sulla
 richiesta  di non luogo a procedere la sezione disciplinare
 decida  in  camera  di  consiglio. Se rigetta la richiesta,
 provvede  nei  modi  previsti  dai  numeri  4)  e 5). Sulla
 richiesta  del Ministro della giustizia di fissazione della
 discussione orale, si provvede nei modi previsti nei numeri
 4)  e  5)  e  le  funzioni  di  pubblico  ministero,  nella
 discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale
 presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto;
 9)  della data fissata per la discussione orale sia
 dato  avviso  al  Ministro della giustizia, nell'ipotesi in
 cui  egli  abbia  promosso  l'azione  disciplinare,  ovvero
 richiesto l'integrazione della contestazione, il quale puo'
 esercitare la facolta' di partecipare all'udienza delegando
 un magistrato dell'Ispettorato generale;
 10)  il delegato del Ministro della giustizia possa
 presentare  memorie, esaminare testi, consulenti e periti e
 interrogare l'incolpato;
 f) prevedere che:
 1)  nella  discussione  orale  un  componente della
 sezione  disciplinare  nominato  dal  presidente  svolga la
 relazione;
 2)  l'udienza  sia  pubblica;  tuttavia  la sezione
 disciplinare,  su  richiesta  di  una  delle  parti,  possa
 comunque  disporre  che  la discussione non sia pubblica se
 ricorrono  esigenze  di  tutela  della  credibilita'  della
 funzione  giudiziaria,  con riferimento ai fatti contestati
 ed  all'ufficio  che l'incolpato occupa, ovvero esigenze di
 tutela del diritto dei terzi;
 3)  la  sezione  disciplinare  possa assumere anche
 d'ufficio  tutte le prove che ritiene utili, possa disporre
 o   consentire  la  lettura  di  rapporti  dell'Ispettorato
 generale   del  Ministero  della  giustizia,  dei  consigli
 giudiziari e dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti
 dei  fascicoli  personali nonche' delle prove acquisite nel
 corso  delle  indagini;  possa  consentire  l'esibizione di
 documenti da parte del pubblico ministero, dell'incolpato e
 del delegato del Ministro della giustizia. Si osservano, in
 quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale
 sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano
 l'esercizio    di    poteri    coercitivi   nei   confronti
 dell'imputato,   dei   testimoni,   dei   periti   e  degli
 interpreti;  resta  fermo quanto previsto dall'art. 133 del
 codice   di   procedura  penale.  Ai  testimoni,  periti  e
 interpreti   si  applicano  le  disposizioni  di  cui  agli
 articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale;
 4)  la sezione disciplinare deliberi immediatamente
 dopo  l'assunzione delle prove, le conclusioni del pubblico
 ministero,  del  delegato  del  Ministro  della giustizia e
 della  difesa  dell'incolpato;  questi debba essere sentito
 per   ultimo.   Il  pubblico  ministero  non  assiste  alla
 deliberazione in camera di consiglio;
 5)   se  non  e'  raggiunta  la  prova  sufficiente
 dell'addebito,  la sezione disciplinare ne dichiari esclusa
 la sussistenza;
 6)  i  motivi della sentenza siano depositati nella
 segreteria  della  sezione disciplinare entro trenta giorni
 dalla deliberazione;
 7)   dei   provvedimenti   adottati  dalla  sezione
 disciplinare  sia  data  comunicazione  al  Ministro  della
 giustizia, nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione
 disciplinare,   ovvero   richiesto   l'integrazione   della
 contestazione,  con invio di copia integrale, anche ai fini
 della  decorrenza  dei  termini  per  la  proposizione  del
 ricorso  alle  sezioni  unite della Corte di cassazione. Il
 Ministro puo' richiedere copia degli atti del procedimento;
 g) stabilire che:
 1)     l'azione     disciplinare    sia    promossa
 indipendentemente  dall'azione  civile  di risarcimento del
 danno  o  dall'azione  penale  relativa  allo stesso fatto,
 fermo  restando quanto previsto dal numero 3) della lettera
 b);
 2) abbiano autorita' di cosa giudicata nel giudizio
 disciplinare  la  sentenza penale irrevocabile di condanna,
 quella  prevista  dall'art.  444,  comma  2,  del codice di
 procedura  penale,  che  e'  equiparata  alla  sentenza  di
 condanna,  e quella irrevocabile di assoluzione pronunciata
 perche'  il  fatto non sussiste o perche' l'imputato non lo
 ha commesso;
 h) prevedere che:
 1)  a  richiesta del Ministro della giustizia o del
 Procuratore  generale  presso  la  Corte  di cassazione, la
 sezione   disciplinare  sospenda  dalle  funzioni  e  dallo
 stipendio   e  collochi  fuori  dal  ruolo  organico  della
 magistratura   il  magistrato,  sottoposto  a  procedimento
 penale,  nei  cui  confronti  sia stata adottata una misura
 cautelare personale;
 2)  la  sospensione  permanga sino alla sentenza di
 non  luogo  a procedere non piu' soggetta ad impugnazione o
 alla   sentenza   irrevocabile   di   proscioglimento;   la
 sospensione  debba  essere revocata, anche d'ufficio, dalla
 sezione  disciplinare,  allorche'  la  misura  cautelare e'
 revocata  per  carenza  di gravi indizi di colpevolezza; la
 sospensione  possa  essere revocata, anche d'ufficio, negli
 altri  casi  di  revoca o di cessazione degli effetti della
 misura cautelare;
 3) al magistrato sospeso sia corrisposto un assegno
 alimentare  nella  misura  indicata nel secondo periodo del
 numero 5) della lettera g) del comma 6;
 4)   il   magistrato  riacquisti  il  diritto  agli
 stipendi e alle altre competenze non percepiti, detratte le
 somme  corrisposte per assegno alimentare, se e' prosciolto
 con sentenza irrevocabile ai sensi dell'art. 530 del codice
 di  procedura penale. Tale disposizione si applica anche se
 e'    pronunciata    nei   suoi   confronti   sentenza   di
 proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo
 a  procedere  non  piu'  soggetta ad impugnazione, qualora,
 essendo  stato  il  magistrato  sottoposto  a  procedimento
 disciplinare,  lo  stesso  si sia concluso con la pronuncia
 indicata nel numero 3) della lettera m);
 i) prevedere che:
 1)   quando   il   magistrato   e'   sottoposto   a
 procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche
 in  via  alternativa,  con  pena  detentiva,  o  quando  al
 medesimo  possono  essere ascritti fatti rilevanti sotto il
 profilo  disciplinare  che,  per  la  loro  gravita', siano
 incompatibili  con  l'esercizio delle funzioni, il Ministro
 della  giustizia  o il Procuratore generale presso la Corte
 di  cassazione  possano  chiedere  la sospensione cautelare
 dalle  funzioni  e dallo stipendio, e il collocamento fuori
 dal   ruolo   organico   della  magistratura,  anche  prima
 dell'inizio del procedimento disciplinare;
 2)  la  sezione disciplinare convochi il magistrato
 con  un preavviso di almeno tre giorni e provveda dopo aver
 sentito l'interessato o dopo aver constatato la sua mancata
 presentazione.  Il magistrato puo' farsi assistere da altro
 magistrato   o   da   un   avvocato  anche  nel  corso  del
 procedimento di sospensione cautelare;
 3)  la  sospensione  possa  essere  revocata  dalla
 sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d'ufficio;
 4)  si  applichino  le  disposizioni  di  cui  alla
 lettera h), numeri 3) e 4);
 l) prevedere che:
 1) contro i provvedimenti in materia di sospensione
 di  cui  alle  lettere  h) ed i) e contro le sentenze della
 sezione   disciplinare,   l'incolpato,  il  Ministro  della
 giustizia  e  il  Procuratore  generale  presso la Corte di
 cassazione  possano proporre un ricorso per cassazione, nei
 termini  e  con  le  forme previsti dal codice di procedura
 penale.  Nei  confronti  dei  provvedimenti  in  materia di
 sospensione  di cui alle lettere h) ed i) il ricorso non ha
 effetto sospensivo del provvedimento impugnato;
 2)  la  Corte  di cassazione decida a sezioni unite
 penali,  entro  sei  mesi  dalla  data  di proposizione del
 ricorso;
 m) prevedere che:
 1) il magistrato sottoposto a procedimento penale e
 cautelarmente sospeso abbia diritto ad essere reintegrato a
 tutti  gli  effetti  nella situazione anteriore qualora sia
 prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata
 nei  suoi  confronti  sentenza di non luogo a procedere non
 piu'  soggetta  ad impugnazione. Se il posto prima occupato
 non e' vacante ha diritto di scelta fra quelli disponibili,
 ed  entro  un  anno puo' chiedere l'assegnazione ad ufficio
 analogo  a quello originariamente ricoperto, con precedenza
 rispetto ad altri eventuali concorrenti;
 2) la sospensione cautelare cessi di diritto quando
 diviene  definitiva la pronuncia della sezione disciplinare
 che conclude il procedimento;
 3)  se  e'  pronunciata  sentenza  di  non  luogo a
 procedere  o  se l'incolpato e' assolto o condannato ad una
 sanzione  diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle
 funzioni  per  un  tempo pari o superiore alla durata della
 sospensione   cautelare   eventualmente   disposta,   siano
 corrisposti  gli  arretrati  dello  stipendio e delle altre
 competenze  non  percepiti, detratte le somme gia' riscosse
 per assegno alimentare;
 n) prevedere che:
 1)  in  ogni  tempo  sia ammessa la revisione delle
 sentenze  divenute  irrevocabili,  con  le  quali  e' stata
 applicata una sanzione disciplinare, quando:
 1.1)  i  fatti  posti a fondamento della sentenza
 risultano   incompatibili   con  quelli  accertati  in  una
 sentenza  penale irrevocabile ovvero in una sentenza di non
 luogo a procedere non piu' soggetta ad impugnazione;
 1.2)  sono  sopravvenuti  o  si scoprono, dopo la
 decisione,  nuovi  elementi  di  prova, che, soli o uniti a
 quelli   gia'   esaminati  nel  procedimento  disciplinare,
 dimostrano l'insussistenza dell'illecito;
 1.3)    il    giudizio   di   responsabilita'   e
 l'applicazione   della   relativa   sanzione   sono   stati
 determinati da falsita' ovvero da altro reato accertato con
 sentenza irrevocabile;
 2)  gli  elementi  in  base  ai  quali si chiede la
 revisione   debbano,   a  pena  di  inammissibilita'  della
 domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba
 essere  escluso  l'addebito  o  debba  essere applicata una
 sanzione  diversa  da  quella  inflitta  se  trattasi della
 rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata e' conseguito
 il trasferimento d'ufficio;
 3) la revisione possa essere chiesta dal magistrato
 al  quale e' stata applicata la sanzione disciplinare o, in
 caso  di  morte o di sopravvenuta incapacita' di questi, da
 un  suo  prossimo  congiunto  che  vi abbia interesse anche
 soltanto morale;
 4)    l'istanza    di    revisione   sia   proposta
 personalmente  o  per  mezzo  di procuratore speciale. Essa
 deve  contenere,  a pena di inammissibilita', l'indicazione
 specifica  delle  ragioni  e  dei  mezzi  di  prova  che la
 giustificano   e  deve  essere  presentata,  unitamente  ad
 eventuali  atti  e documenti, alla segreteria della sezione
 disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;
 5)  nei  casi  previsti  dai  numeri  1.1)  e 1.3),
 all'istanza   debba  essere  unita  copia  autentica  della
 sentenza penale;
 6)  la  revisione  possa  essere  chiesta anche dal
 Ministro  della giustizia e dal Procuratore generale presso
 la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai numeri 1)
 e 2) e con le modalita' di cui ai numeri 4) e 5);
 7)  la sezione disciplinare acquisisca gli atti del
 procedimento  disciplinare  e,  sentiti  il  Ministro della
 giustizia,  il  Procuratore  generale  presso  la  Corte di
 cassazione,   l'istante   ed  il  suo  difensore,  dichiari
 inammissibile  l'istanza di revisione se proposta fuori dai
 casi  di  cui  al  numero  2),  o  senza l'osservanza delle
 disposizioni   di  cui  al  numero  4)  ovvero  se  risulta
 manifestamente    infondata;    altrimenti,   disponga   il
 procedersi  al giudizio di revisione, al quale si applicano
 le norme stabilite per il procedimento disciplinare;
 8)  contro  la decisione che dichiara inammissibile
 l'istanza  di  revisione  sia  ammesso ricorso alle sezioni
 unite penali della Corte di cassazione;
 9)   in   caso   di  accoglimento  dell'istanza  di
 revisione  la  sezione  disciplinare  revochi la precedente
 decisione;
 10)    il    magistrato   assolto   con   decisione
 irrevocabile  a  seguito  di  giudizio  di  revisione abbia
 diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonche'
 a  percepire  gli  arretrati  dello stipendio e delle altre
 competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per
 assegno  alimentate,  rivalutati  in  base  alla variazione
 dell'indice  ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di
 operai e di impiegati.
 8. - 48. (Omissis).".
 - Il  regio  decreto  30  gennaio  1941,  n.  12, reca:
 "Ordinamento giudiziario".
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 2 Illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni
 
 1.   Costituiscono   illeciti   disciplinari  nell'esercizio  delle funzioni: a) fatto salvo quanto previsto dalle lettere b) e c), i comportamenti
 che,  violando  i  doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto
 danno o indebito vantaggio ad una delle parti; b) l'omissione  della  comunicazione,  al  Consiglio  superiore della
 magistratura,   della  sussistenza  di  una  delle  situazioni  di
 incompatibilita'  di  cui  agli  articoli 18 e 19 dell'ordinamento
 giudiziario,  di  cui  al  regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e
 successive  modificazioni,  come  modificati  dall'articolo 29 del
 presente decreto; c) la  consapevole  inosservanza  dell'obbligo di astensione nei casi
 previsti dalla legge; d) i  comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti
 delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia
 rapporti  con  il magistrato nell'ambito dell'ufficio giudiziario,
 ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori; e) l'ingiustificata  interferenza nell'attivita' giudiziaria di altro
 magistrato; f) l'omessa   comunicazione   al  capo  dell'ufficio,  da  parte  del
 magistrato destinatario, delle avvenute interferenze; g) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza
 inescusabile; h) il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; i) il  perseguimento di fini estranei ai suoi doveri ed alla funzione
 giudiziaria; l) l'emissione  di  provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui
 motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei
 presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai
 quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione e' richiesta
 dalla legge; m) l'adozione di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla
 legge,  per  negligenza  grave  e  inescusabile,  che abbiano leso
 diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali; n) la  reiterata  o  grave  inosservanza  delle norme regolamentari o
 delle  disposizioni sul servizio giudiziario adottate dagli organi
 competenti; o) l'indebito affidamento ad altri di attivita' rientranti nei propri
 compiti; p) l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede
 l'ufficio  in assenza dell'autorizzazione prevista dalla normativa
 vigente se ne e' derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei
 doveri di diligenza e laboriosita'; q) il  reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli
 atti  relativi all'esercizio delle funzioni; si presume non grave,
 salvo  che  non  sia  diversamente  dimostrato, il ritardo che non
 eccede   il  triplo  dei  termini  previsti  dalla  legge  per  il
 compimento dell'atto; r) il  sottrarsi  in  modo abituale e ingiustificato all'attivita' di
 servizio; s) per  il dirigente dell'ufficio o il presidente di una sezione o il
 presidente  di  un  collegio, l'omettere di assegnarsi affari e di
 redigere i relativi provvedimenti; t) l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di
 ufficio  quando  esso  sia  imposto  dalla legge o da disposizione
 legittima dell'organo competente; u) la  divulgazione,  anche  dipendente  da  negligenza,  di atti del
 procedimento  coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto
 di pubblicazione, nonche' la violazione del dovere di riservatezza
 sugli  affari  in  corso  di trattazione, o sugli affari definiti,
 quando e' idonea a ledere indebitamente diritti altrui; v) pubbliche dichiarazioni o interviste che, sotto qualsiasi profilo,
 riguardino i soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari
 in  corso  di  trattazione,  ovvero  trattati  e  non definiti con
 provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria; z) il  tenere rapporti in relazione all'attivita' del proprio ufficio
 con  gli  organi  di  informazione  al  di  fuori  delle modalita'
 previste  dal  decreto  legislativo  emanato  in  attuazione della
 delega  di  cui agli articoli 1, comma 1, lettera d) e 2, comma 4,
 della legge 25 luglio 2005, n. 150; aa) il  sollecitare  la pubblicita' di notizie attinenti alla propria
 attivita'  di  ufficio  ovvero il costituire e l'utilizzare canali
 informativi personali riservati o privilegiati; bb) il  rilasciare  dichiarazioni  ed  interviste  in  violazione dei
 criteri di equilibrio e di misura; cc) l'adozione   intenzionale  di  provvedimenti  affetti  da  palese
 incompatibilita'  tra  la parte dispositiva e la motivazione, tali
 da  manifestare  una precostituita e inequivocabile contraddizione
 sul piano logico, contenutistico o argomentativo; dd) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di
 una  sezione  o  di  un  collegio, della comunicazione agli organi
 competenti  di  fatti  a  lui noti che possono costituire illeciti
 disciplinari  compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o
 del collegio; ee) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del
 magistrato   cui   compete   il   potere  di  sorveglianza,  della
 comunicazione  al  Consiglio  superiore  della  magistratura della
 sussistenza  di  una delle situazioni di incompatibilita' previste
 dagli  articoli  18  e  19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al
 regio  decreto  30  gennaio 1941, n. 12, come da ultimo modificati
 dall'articolo 29 del presente decreto, ovvero delle situazioni che
 possono  dare  luogo  all'adozione  dei  provvedimenti di cui agli
 articoli  2  e  3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.
 511,  come modificati dagli articoli 26, comma 1 e 27 del presente
 decreto; ff) l'adozione  di  provvedimenti  al  di  fuori  di  ogni previsione
 processuale ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave
 e  inescusabile  negligenza  ovvero  di  atti  e provvedimenti che
 costituiscono  esercizio  di una potesta' riservata dalla legge ad
 organi   legislativi  o  amministrativi  ovvero  ad  altri  organi
 costituzionali; gg) l'emissione   di  un  provvedimento  restrittivo  della  liberta'
 personale  fuori  dei  casi consentiti dalla legge, determinata da
 negligenza grave ed inescusabile.
 2.  Fermo  quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n),  o),  p),  cc) ed ff), l'attivita' di interpretazione di norme di diritto in conformita' all'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale non da' mai luogo a responsabilita' disciplinare.
 
 
 
 Note all'art. 2:
 - Per  gli articoli 18 e 19 del citato regio decreto 30
 gennaio  1941,  n. 12, vedi art. 29 del decreto legislativo
 qui pubblicato.
 - Si riporta il testo del comma 1, lettera d) dell'art.
 1  e  il  comma  4 dell'art. 2 della citata legge 25 luglio
 2005, n. 150:
 "Art.  1  (Contenuto  della delega). - 1. Il Governo e'
 delegato  ad  adottare, entro un anno dalla data di entrata
 in  vigore  della  presente  legge,  con  l'osservanza  dei
 principi  e  dei criteri direttivi di cui all'art. 2, commi
 1,  2,  3,  4,  5, 6, 7 e 8, uno o piu' decreti legislativi
 diretti a:
 a) - c) (omissis);
 d) riorganizzare l'ufficio del pubblico ministero;".
 "Art.   2   (Principi   e  criteri  direttivi,  nonche'
 disposizioni ulteriori). - 1. - 3. (Omissis).
 4.  Nell'attuazione  della  delega  di  cui all'art. 1,
 comma  1,  lettera  d),  il  Governo si attiene ai seguenti
 principi e criteri direttivi:
 a) prevedere  che  il  procuratore  della Repubblica,
 quale  preposto  all'ufficio del pubblico ministero, sia il
 titolare  esclusivo  dell'azione  penale  e che la eserciti
 sotto  la  sua  responsabilita'  nei  modi  e  nei  termini
 stabiliti  dalla legge, assicurando il corretto ed uniforme
 esercizio della stessa e delle norme sul giusto processo;
 b) prevedere  che  il  procuratore  della  Repubblica
 possa  delegare  un  procuratore aggiunto alla funzione del
 vicario, nonche' uno o piu' procuratori aggiunti ovvero uno
 o piu' magistrati del proprio ufficio perche' lo coadiuvino
 nella  gestione  per  il compimento di singoli atti, per la
 trattazione  di  uno  o  piu' procedimenti o nella gestione
 dell'attivita' di un settore di affari;
 c) prevedere  che  il  procuratore  della  Repubblica
 determini  i  criteri  per  l'organizzazione dell'ufficio e
 quelli  ai  quali  si  uniformera'  nell'assegnazione della
 trattazione  dei  procedimenti ai procuratori aggiunti o ai
 magistrati   del  proprio  ufficio,  precisando  per  quali
 tipologie  di  reato  riterra'  di  adottare  meccanismi di
 natura  automatica;  di  tali  criteri il procuratore della
 Repubblica  deve  dare comunicazione al Consiglio superiore
 della  magistratura;  prevedere  che  il  procuratore della
 Repubblica  possa  determinare  i criteri cui i procuratori
 aggiunti  o i magistrati delegati ai sensi della lettera b)
 devono   attenersi   nell'adempimento   della  delega,  con
 facolta'  di revoca in caso di divergenza o di inosservanza
 dei  criteri; prevedere che il procuratore della Repubblica
 trasmetta  al  Procuratore  generale  presso  la  Corte  di
 cassazione  il  provvedimento  di  revoca della delega alla
 trattazione  di un procedimento e le eventuali osservazioni
 formulate  dal magistrato o dal procuratore aggiunto cui e'
 stata  revocata la delega; che il provvedimento di revoca e
 le  osservazioni  vengano  acquisiti nei relativi fascicoli
 personali;  prevedere  che  il procuratore della Repubblica
 possa  determinare  i  criteri  generali  cui  i magistrati
 addetti  all'ufficio  devono  attenersi  nell'impiego della
 polizia    giudiziaria,    nell'utilizzo    delle   risorse
 finanziarie    e    tecnologiche   dell'ufficio   e   nella
 impostazione delle indagini;
 d) prevedere  che  alla data di acquisto di efficacia
 del  primo  dei  decreti legislativi emanati nell'esercizio
 della  delega  di  cui all'art. 1, comma 1, lettera d), sia
 abrogato    l'art.   7-ter,   comma   3,   dell'ordinamento
 giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12,
 introdotto  dall'art. 6 del decreto legislativo 19 febbraio
 1998, n. 51;
 e) prevedere  che gli atti di ufficio, che incidano o
 richiedano  di  incidere  su diritti reali o sulla liberta'
 personale,  siano  assunti  previo  assenso del procuratore
 della  Repubblica  ovvero  del  procuratore  aggiunto o del
 magistrato  eventualmente  delegato  ai sensi della lettera
 b);  prevedere  tuttavia che le disposizioni della presente
 lettera  non  si  applichino nelle ipotesi in cui la misura
 cautelare  personale  o  reale  e'  richiesta  in  sede  di
 convalida  del fermo o dell'arresto o del sequestro ovvero,
 limitatamente  alle  misure  cautelari reali, nelle ipotesi
 che  il procuratore della Repubblica, in ragione del valore
 del  bene  o  della rilevanza del fatto per cui si procede,
 riterra' di dovere indicare con apposita direttiva;
 f) prevedere  che  il  procuratore  della  Repubblica
 tenga  personalmente,  o  tramite  magistrato appositamente
 delegato,  i  rapporti con gli organi di informazione e che
 tutte  le informazioni sulle attivita' dell'ufficio vengano
 attribuite  impersonalmente  allo  stesso; prevedere che il
 procuratore  della  Repubblica segnali obbligatoriamente al
 consiglio  giudiziario, ai fini di quanto previsto al comma
 3,  lettera  r),  numero 3), i comportamenti dei magistrati
 del   proprio   ufficio  che  siano  in  contrasto  con  la
 disposizione di cui sopra;
 g) prevedere  che  il  procuratore generale presso la
 corte  di  appello,  al  fine  di verificare il corretto ed
 uniforme  esercizio dell'azione penale, nonche' il rispetto
 dell'adempimento  degli  obblighi  di  cui alla lettera a),
 acquisisca  dalle  procure  del  distretto  dati e notizie,
 relazionando  annualmente,  oltre  che  quando  lo  ritenga
 necessario,  al  Procuratore  generale  presso  la Corte di
 cassazione;
 h) prevedere,     relativamente    ai    procedimenti
 riguardanti i reati indicati nell'art. 51, comma 3-bis, del
 codice  di  procedura  penale,  che  sia fatto salvo quanto
 previsto  dall'art. 70-bis dell'ordinamento giudiziario, di
 cui  al  regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive
 modificazioni.".
 - Si  riporta  il  testo degli articoli 2 e 3 del regio
 decreto  legislativo  31  maggio 1946, n. 511, (Guarentigie
 della   magistratura.),   come   modificati   dal   decreto
 legislativo qui pubblicato:
 "Art.  2 (Inamovibilita' della sede). - I magistrati di
 grado  non inferiore a giudice, sostituto procuratore della
 Repubblica  o  pretore,  non  possono  essere trasferiti ad
 altra  sede  o destinati ad altre funzioni, se non col loro
 consenso.
 Essi  tuttavia  possono,  anche senza il loro consenso,
 essere  trasferiti  ad  altra  sede  o  destinati  ad altre
 funzioni,  previo  parere  del  Consiglio  superiore  della
 magistratura,   quando  si  trovino  in  uno  dei  casi  di
 incompatibilita'  previsti  dagli  articoli  16,  18  e  19
 dell'Ordinamento giudiziario approvato con regio decreto 30
 gennaio  1941,  numero  12,  o  quando, per qualsiasi causa
 indipendente   da   loro  colpa  non  possono,  nella  sede
 occupata,   svolgere   le   proprie   funzioni   con  piena
 indipendenza  e  imparzialita'.  Il  parere  del  Consiglio
 superiore  e'  vincolante  quando  si  tratta di magistrati
 giudicanti.
 In  caso  di  soppressione di un ufficio giudiziario, i
 magistrati  che  ne  fanno  parte,  se  non  possono essere
 assegnati  ad  altro ufficio giudiziario nella stessa sede,
 sono  destinati  a  posti  vacanti  del loro grado ad altra
 sede.
 Qualora   venga   ridotto   l'organico  di  un  ufficio
 giudiziario,  i  magistrati  meno  anziani che risultino in
 soprannumero,  se  non  possono  essere  assegnati ad altro
 ufficio  della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti
 del loro grado in altra sede.
 Nei  casi  previsti  dai  due precedenti commi si tiene
 conto,   in   quanto   possibile,   delle  aspirazioni  dei
 magistrati da trasferire.".
 "Art.  3  (Dispensa  dal  servizio  o  collocamento  in
 aspettativa   di   ufficio   per   debolezza  di  mente  od
 infermita).   -  Se  per  qualsiasi  infermita',  giudicata
 permanente,  o per sopravvenuta inettitudine, un magistrato
 non  puo'  adempiere  convenientemente  ed efficacemente ai
 doveri  del  proprio  ufficio,  e' dispensato dal servizio,
 previo   parere  conforme  del  Consiglio  superiore  della
 magistratura.    Se    l'infermita'   o   la   sopravvenuta
 inettitudine  consentono l'efficace svolgimento di funzioni
 amministrative,   il   magistrato  dispensato  puo'  essere
 destinato,  a  domanda, a prestare servizio, nei limiti dei
 posti  disponibili,  presso  il  Ministero della giustizia,
 secondo  modalita'  e  criteri di comparazione definiti con
 decreto  del  Ministro  della giustizia, di concerto con il
 Ministro   per   la   funzione   pubblica   e  il  Ministro
 dell'economia  e  delle  finanze,  tenuto  conto del tipo e
 della   gravita'   dell'infermita'   o  della  sopravvenuta
 inettitudine.  Il magistrato dispensato mantiene il diritto
 al  trattamento  economico  in  godimento,  con l'eventuale
 attribuzione  di  un  assegno  ad  personam  riassorbibile,
 corrispondente   alla   differenza   retributiva   tra   il
 trattamento   economico   in   godimento   alla   data  del
 provvedimento   di  dispensa  e  il  trattamento  economico
 corrispondente alla qualifica attribuita.
 Se la infermita' ha carattere temporaneo, il magistrato
 puo',  su  conforme  parere del Consiglio superiore, essere
 collocato di ufficio in aspettativa fino al termine massimo
 consentito dalla legge.
 Decorso  tale  termine, il magistrato che ancora non si
 trovi  in condizioni di essere richiamato dall'aspettativa,
 e' dispensato dal servizio.
 Le  disposizioni  precedenti  per  quanto  concerne  il
 parere  del  Consiglio  superiore  non  si  applicano  agli
 uditori,  i quali possono essere collocati in aspettativa o
 dispensati  dal  servizio  con  decreto del Ministro per la
 grazia e giustizia, previo parere del Consiglio giudiziario
 nel caso di dispensa.
 Per  gli  uditori  con funzioni giudiziarie la dispensa
 dal  servizio  e'  disposta  con decreto Reale, su conforme
 parere del Consiglio giudiziario.
 Avverso  il  parere  del Consiglio giudiziario previsto
 nei  due  precedenti  commi puo' essere proposto ricorso al
 Consiglio     superiore     della     magistratura    cosi'
 dall'interessato  come  dal  Ministro,  entro  dieci giorni
 dalla comunicazione. Il ricorso ha effetto sospensivo.".
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 3 Illeciti disciplinari fuori dell'esercizio delle funzioni
 
 1.  Costituiscono  illeciti disciplinari al di fuori dell'esercizio delle funzioni: a) l'uso  della qualita' di magistrato al fine di conseguire vantaggi
 ingiusti per se' o per altri; b) il  frequentare  persona  sottoposta  a  procedimento  penale o di
 prevenzione  comunque  trattato  dal  magistrato,  o persona che a
 questi   consta  essere  stata  dichiarata  delinquente  abituale,
 professionale  o  per  tendenza o aver subito condanna per delitti
 non  colposi  alla  pena  della  reclusione superiore a tre anni o
 essere  sottoposto  ad  una  misura  di prevenzione, salvo che sia
 intervenuta  la  riabilitazione,  ovvero  l'intrattenere  rapporti
 consapevoli di affari con una di tali persone; c) l'assunzione  di  incarichi  extragiudiziari  senza  la prescritta
 autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura; d) lo   svolgimento   di  attivita'  incompatibili  con  la  funzione
 giudiziaria  di cui all'articolo 16, comma 1, del regio decreto 30
 gennaio  1941,  n.  12,  e succesive modificazioni, o di attivita'
 tali  da  recare  concreto pregiudizio all'assolvimento dei doveri
 disciplinati dall'articolo 1; e) l'ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni
 da  soggetti  che  il  magistrato  sa  essere  parti o indagati in
 procedimenti penali o civili pendenti presso l'ufficio giudiziario
 di  appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto
 di  Corte  d'appello  nel  quale esercita le funzioni giudiziarie,
 ovvero  dai difensori di costoro, nonche' ottenere, direttamente o
 indirettamente,   prestititi   o  agevolazioni,  a  condizioni  di
 eccezionale  favore,  da  parti  offese  o testimoni o comunque da
 soggetti coinvolti in detti procedimenti; f) la  pubblica  manifestazione di consenso o dissenso in ordine a un
 procedimento  in  corso  quando, per la posizione del magistrato o
 per  le  modalita'  con  cui il giudizio e' espresso, sia idonea a
 condizionare la liberta' di decisione nel procedimento medesimo; g) la  partecipazione  ad  associazioni  segrete o i cui vincoli sono
 oggettivamente   incompatibili   con  l'esercizio  delle  funzioni
 giudiziarie; h) l'iscrizione  o  la  partecipazione  a  partiti politici ovvero il
 coinvolgimento  nelle attivita' di centri politici o operativi nel
 settore  finanziario  che  possono  condizionare l'esercizio delle
 funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato; i) l'uso  strumentale  della  qualita'  che,  per  la  posizione  del
 magistrato  o  per  le  modalita'  di  realizzazione,  e' idoneo a
 turbare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste; l) ogni  altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la
 terzieta' e l'imparzialita' del magistrato, anche sotto il profilo
 dell'apparenza.
 
 
 
 Nota all'art. 3:
 - Si  riporta  il  testo  dell'art. 16 del citato regio
 decreto 30 gennaio 1941, n. 12:
 "Art. 16 (Incompatibilita' di funzioni). - I magistrati
 privati non possono assumere pubblici o privati impieghi od
 uffici,  ad eccezione di quelli di senatore, di consigliere
 nazionale  o  di  amministratore  gratuito  di  istituzioni
 pubbliche  di  beneficenza.  Non possono nemmeno esercitare
 industrie o commerci, ne' qualsiasi libera professione.
 Salvo  quanto  disposto  dal  primo  comma dell'art. 61
 dello statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato
 con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica 10 gennaio
 1957,  n.  3,  non possono, inoltre, accettare incarichi di
 qualsiasi  specie  ne'  possono  assumere  le  funzioni  di
 arbitro,  senza  l'autorizzazione  del  Consiglio superiore
 della magistratura.
 In  tal  caso,  possono assumere le funzioni di arbitro
 unico   o   di   presidente   del   collegio  arbitrale  ed
 esclusivamente   negli   arbitrati   nei   quali  e'  parte
 l'Amministrazione   dello   Stato  ovvero  aziende  o  enti
 pubblici, salvo quanto previsto dal capitolato generale per
 le  opere  di competenza del Ministero dei lavori pubblici,
 approvato  con  decreto  del Presidente della Repubblica 16
 luglio 1962, n. 1063.".
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 3-bis (1) (( Condotta disciplinare irrilevante ))
 
 ((  1. L'illecito disciplinare non e' configurabile quando il fatto e' di scarsa rilevanza. ))
 |  |  |  | Art. 4. Illeciti disciplinari conseguenti a reato
 1. Costituiscono illeciti disciplinari conseguenti al reato:
 a) i  fatti per i quali e' intervenuta condanna irrevocabile o e' stata  pronunciata  sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice  di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando  la  legge  stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;
 b) i  fatti per i quali e' intervenuta condanna irrevocabile o e' stata  pronunciata  sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice  di  procedura  penale,  per  delitto colposo, alla pena della reclusione,  sempre  che  presentino,  per  modalita'  e conseguenze, carattere di particolare gravita';
 c) i  fatti per i quali e' intervenuta condanna irrevocabile o e' stata  pronunciata  sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice  di  procedura  penale,  alla  pena  dell'arresto,  sempre che presentino,  per le modalita' di esecuzione, carattere di particolare gravita';
 d) qualunque  fatto  costituente reato idoneo a ledere l'immagine del  magistrato,  anche  se il reato e' estinto per qualsiasi causa o l'azione penale non puo' essere iniziata o proseguita.
 
 
 
 Nota all'art. 4:
 - Si  riporta  il  testo  dell'art.  444  del codice di
 procedura penale:
 «Art.  444 (Applicazione della pena su richiesta). - 1.
 L'imputato  e  il  pubblico  ministero  possono chiedere al
 giudice   l'applicazione,   nella  specie  e  nella  misura
 indicata,  di  una  sanzione  sostitutiva  o  di  una  pena
 pecuniaria,  diminuita  fino a un terzo, ovvero di una pena
 detentiva  quando  questa, tenuto conto delle circostanze e
 diminuita  fino  a  un terzo, non supera cinque anni soli o
 congiunti a pena pecuniaria.
 1-bis.  Sono  esclusi  dall'applicazione  del comma 1 i
 procedimenti  per i delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis
 e  3-quater,  nonche'  quelli contro coloro che siano stati
 dichiarati   delinquenti   abituali,  professionali  e  per
 tendenza,  o  recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma,
 del  codice  penale, qualora la pena superi due anni soli o
 congiunti a pena pecuniaria.
 2.  Se  vi  e' il consenso anche della parte che non ha
 formulato  la  richiesta  e  non  deve  essere  pronunciata
 sentenza  di  proscioglimento  a  norma  dell'art.  129, il
 giudice,  sulla  base  degli  atti,  se ritiene corrette la
 qualificazione  giuridica  del  fatto,  l'applicazione e la
 comparazione  delle  circostanze  prospettate  dalle parti,
 nonche'  congrua  la pena indicata, ne dispone con sentenza
 l'applicazione  enunciando  nel dispositivo che vi e' stata
 la  richiesta  delle  parti. Se vi e' costituzione di parte
 civile,  il  giudice  non  decide  sulla  relativa domanda;
 l'imputato  e' tuttavia condannato al pagamento delle spese
 sostenute  dalla  parte  civile, salvo che ricorrano giusti
 motivi  per  la  compensazione  totale  o  parziale. Non si
 applica la disposizione dell'art. 75, comma 3.
 3.   La   parte,   nel  formulare  la  richiesta,  puo'
 subordinarne    l'efficacia,    alla    concessione   della
 sospensione  condizionale  della  pena.  In  questo caso il
 giudice,  se  ritiene  che  la sospensione condizionale non
 puo' essere concessa, rigetta la richiesta.».
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 5. Sanzioni
 1.  Il magistrato che viola i suoi doveri e' soggetto alle seguenti sanzioni disciplinari:
 a) l'ammonimento;
 b) la censura;
 c) la perdita dell'anzianita';
 d) l'incapacita'  temporanea a esercitare un incarico direttivo o semidirettivo;
 e) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;
 f) la rimozione.
 2.  Quando per il concorso di piu' illeciti disciplinari si debbono irrogare  piu'  sanzioni  di diversa gravita', si applica la sanzione prevista   per   l'infrazione   piu'   grave;  quando  piu'  illeciti disciplinari,  commessi  in  concorso  tra  loro,  sono puniti con la medesima  sanzione, si applica la sanzione immediatamente piu' grave. Nell'uno  e  nell'altro  caso puo' essere applicata anche la sanzione meno grave se compatibile.
 |  |  |  | Art. 6. Ammonimento
 1.  L'ammonimento  e'  un  richiamo, espresso nel dispositivo della decisione  disciplinare, all'osservanza, da parte del magistrato, dei suoi doveri, in rapporto all'illecito commesso.
 |  |  |  | Art. 7. Censura
 1. La censura e' una dichiarazione formale di biasimo contenuta nel dispositivo della decisione disciplinare.
 |  |  |  | Art. 8. Perdita dell'anzianita'
 1.  La perdita dell'anzianita' non puo' essere inferiore a due mesi e non puo' superare i due anni.
 |  |  |  | Art. 9. Temporanea incapacita' ad esercitare
 un incarico direttivo o semidirettivo
 1.  La temporanea incapacita' ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo  non  puo'  essere  inferiore  a  sei  mesi  e non puo' superare  i  due  anni.  Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive,  debbono  essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica.
 2.  Applicata  la  sanzione,  il  magistrato  non  puo'  riprendere l'esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l'ufficio ove le svolgeva anteriormente al provvedimento disciplinare.
 |  |  |  | Art. 10. Sospensione dalle funzioni
 1. La sospensione dalle funzioni consiste nell'allontanamento dalle funzioni  con  la  sospensione  dallo stipendio e il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura.
 2.  Al magistrato sospeso e' corrisposto un assegno alimentare pari ai  due  terzi  dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo,   se   il  magistrato  sta  percependo  il  trattamento economico  riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla meta', se alla quarta o quinta classe; a un terzo, se alla sesta o settima classe.
 |  |  |  | Art. 11. Rimozione
 1.  La rimozione determina la cessazione del rapporto di servizio e viene attuata mediante decreto del Presidente della Repubblica.
 |  |  |  | Art. 12. Sanzioni applicabili
 1. Si applica una sanzione non inferiore alla censura per:
 a) i  comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;
 b) la  consapevole  inosservanza  dell'obbligo  di astensione nei casi previsti dalla legge;
 c) l'omissione, da parte dell'interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause   di   incompatibilita'   di   cui   agli   articoli  18  e  19 dell'ordinamento  giudiziario,  di  cui  al  regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;
 d) il  tenere  comportamenti  che,  a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute   interferenze,   costituiscano  violazione  del  dovere  di imparzialita';
 e) i comportamenti previsti dall'articolo 2, comma 1, lettere d), e) ed f);
 f) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;
 g) il  reiterato  o  grave  ritardo  nel  compimento  degli  atti relativi all'esercizio delle funzioni;
 h) la scarsa laboriosita', se abituale;
 i) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;
 l) l'uso  della  qualita'  di  magistrato  al  fine di conseguire vantaggi ingiusti;
 m) lo   svolgimento  di  incarichi  extragiudiziari  senza  avere richiesto  o  ottenuto  la  prescritta  autorizzazione  dal Consiglio superiore  della  magistratura,  qualora  per  l'entita'  e la natura dell'incarico il fatto non si appalesi di particolare gravita'.
 2.   Si   applica   una   sanzione   non   inferiore  alla  perdita dell'anzianita' per:
 a) i  comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano  grave  e  ingiusto  danno  o indebito vantaggio a una delle parti;
 b) l'uso  della  qualita'  di  magistrato  al  fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;
 c) i comportamenti previsti dall'articolo 3, comma 1, lettera b).
 3.  Si  applica  la  sanzione  della  incapacita'  a  esercitare un incarico direttivo o semidirettivo per l'interferenza, nell'attivita' di  altro  magistrato,  da  parte  del  dirigente  dell'ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave.
 4.  Si  applica  una  sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni  per  l'accettazione  e lo svolgimento di incarichi e uffici vietati  dalla  legge  ovvero  per l'accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non e' stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione,  qualora  per  l'entita' e la natura dell'incarico il fatto si appalesi di particolare gravita'.
 5.  Si  applica  la  sanzione della rimozione al magistrato che sia stato   condannato   in   sede  disciplinare  per  i  fatti  previsti dall'articolo  3, comma 1, lettera e), che incorre nella interdizione perpetua  o  temporanea  dai  pubblici  uffici  in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo  non  inferiore  a  un  anno  la cui esecuzione non sia stata sospesa, ai sensi degli articoli 163 e 164 del Codice penale o per la quale  sia  intervenuto  provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168 dello stesso Codice.
 
 
 
 Note all'art. 12:
 - Per gli articoli 18 e 19 del regio decreto 30 gennaio
 1941,  n.  12,  vedi  art.  29  del decreto legislativo qui
 pubblicato.
 - Si riporta il testo degli articoli 163, 164 e 168 del
 codice penale:
 «Art.  163 (Sospensione condizionale della pena). - Nel
 pronunciare   sentenza   di   condanna  alla  reclusione  o
 all'arresto per un tempo non superiore a due anni, ovvero a
 pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e
 ragguagliata  a norma dell'art. 135, sia equivalente ad una
 pena  privativa  della  liberta' personale per un tempo non
 superiore,  nel  complesso,  a  due  anni,  il giudice puo'
 ordinare che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il
 termine  di  cinque anni se la condanna e' per delitto e di
 due  anni se la condanna e' per contravvenzione. In caso di
 sentenza  di  condanna  a  pena pecuniaria congiunta a pena
 detentiva  non  superiore  a  due  anni, quando la pena nel
 complesso,   ragguagliata   a   norma  dell'art.  135,  sia
 superiore   a  due  anni,  il  giudice  puo'  ordinare  che
 l'esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa.
 Se  il  reato e' stato commesso da un minore degli anni
 diciotto,  la  sospensione  puo'  essere ordinata quando si
 infligga  una pena restrittiva della liberta' personale non
 superiore  a tre anni, ovvero una pena pecuniaria che, sola
 o  congiunta  alla  pena  detentiva  e ragguagliata a norma
 dell'art.  135, sia equivalente ad una pena privativa della
 liberta'   personale   per  un  tempo  non  superiore,  nel
 complesso,  a  tre  anni. In caso di sentenza di condanna a
 pena  pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a
 tre  anni,  quando  la  pena  nel complesso, ragguagliata a
 norma  dell'art.  135, sia superiore a tre anni, il giudice
 puo' ordinare che l'esecuzione della pena detentiva rimanga
 sospesa.
 Se  il  reato  e'  stato  commesso  da  persona di eta'
 superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno
 o da chi ha compiuto gli anni settanta, la sospensione puo'
 essere  ordinata  quando  si  infligga una pena restrittiva
 della  liberta'  personale  non  superiore a due anni e sei
 mesi  ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla
 pena  detentiva  e  ragguagliata a norma dell'art. 135, sia
 equivalente  ad una pena privativa della liberta' personale
 per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni e sei
 mesi.  In  caso  di  sentenza di condanna a pena pecuniaria
 congiunta  a  pena detentiva non superiore a due anni e sei
 mesi,  quando  la  pena nel complesso, ragguagliata a norma
 dell'art.  135,  sia  superiore  a  due anni e sei mesi, il
 giudice puo' ordinare che l'esecuzione della pena detentiva
 rimanga sospesa.
 Qualora la pena inflitta non sia superiore ad un anno e
 sia  stato  riparato  interamente  il  danno, prima che sia
 stata  pronunciata  la sentenza di primo grado, mediante il
 risarcimento  di  esso e, quando sia possibile, mediante le
 restituzioni, nonche' qualora il colpevole, entro lo stesso
 termine   e  fuori  del  caso  previsto  nel  quarto  comma
 dell'art.   56,   si   sia   adoperato   spontaneamente  ed
 efficacemente   per  elidere  o  attenuare  le  conseguenze
 dannose  o  pericolose  del  reato  da  lui eliminabili, il
 giudice   puo'   ordinare   che  l'esecuzione  della  pena,
 determinata  nel  caso di pena pecuniaria ragguagliandola a
 norma  dell'art.  135, rimanga sospesa per il termine di un
 anno.».
 «Art.   164   (Limiti  entro  i  quali  e'  ammessa  la
 sospensione  condizionale  della  pena).  -  La sospensione
 condizionale  della  pena  e'  ammessa  soltanto  se, avuto
 riguardo   alle  circostanze  indicate  nell'art.  133,  il
 giudice presume che il colpevole si asterra' dal commettere
 ulteriori reati.
 La  sospensione condizionale della pena non puo' essere
 conceduta:
 1)  a chi ha riportato una precedente condanna a pena
 detentiva   per   delitto,   anche  se  e'  intervenuta  la
 riabilitazione ne' al delinquente o contravventore abituale
 o professionale;
 2)  allorche' alla pena inflitta deve essere aggiunta
 una misura di sicurezza personale perche' il reo e' persona
 che la legge presume socialmente pericolosa.
 La    sospensione   condizionale   della   pena   rende
 inapplicabili  le misure di sicurezza, tranne che si tratti
 della confisca.
 La  sospensione condizionale della pena non puo' essere
 concessa   piu'   di   una   volta.   Tuttavia  il  giudice
 nell'infliggere   una  nuova  condanna,  puo'  disporre  la
 sospensione  condizionale  qualora  la  pena da infliggere,
 cumulata  con  quella  irrogata  con la precedente condanna
 anche  per delitto, non superi i limiti stabiliti dall'art.
 163.».
 «Art.  168  (Revoca  della  sospensione).  -  Salva  la
 disposizione    dell'ultimo   comma   dell'art.   164,   la
 sospensione  condizionale della pena e' revocata di diritto
 qualora, nei termini stabiliti, il condannato:
 1)  commetta  un  delitto  ovvero una contravvenzione
 della  stessa  indole,  per  cui  venga  inflitta  una pena
 detentiva, o non adempia agli obblighi impostigli;
 2)   riporti   un'altra   condanna   per  un  delitto
 anteriormente  commesso  a  pena  che,  cumulata  a  quella
 precedentemente   sospesa,   supera   i   limiti  stabiliti
 dall'art. 163.
 Qualora  il condannato riporti un'altra condanna per un
 delitto  anteriormente  commesso,  a  pena  che, cumulata a
 quella   precedentemente   sospesa,  non  supera  i  limiti
 stabiliti   dall'art.   163,   il   giudice,  tenuto  conto
 dell'indole  e  della  gravita'  del  reato,  puo' revocare
 l'ordine di sospensione condizionale della pena.
 La  sospensione  condizionale  della  pena  e' altresi'
 revocata  quando  e' stata concessa in violazione dell'art.
 164, quarto comma, in presenza di cause ostative. La revoca
 e'  disposta  anche  se la sospensione e' stata concessa ai
 sensi  del  comma  3  dell'art. 444 del codice di procedura
 penale.».
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 13. Trasferimento d'ufficio e provvedimenti cautelari
 1.   La   sezione   disciplinare   del  Consiglio  superiore  della magistratura, nell'infliggere una sanzione diversa dall'ammonimento e dalla  rimozione,  puo'  disporre  il trasferimento del magistrato ad altra  sede  o  ad  altro  ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza  nella  stessa  sede  o  nello  stesso  ufficio  appare in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Il   trasferimento  e'  sempre  disposto  quando  ricorre  una  delle violazioni previste dall'articolo 2, comma 1, lettera a), nonche' nel caso in cui e' inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni.
 2.  Nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una  sanzione  diversa  dall'ammonimento,  su  richiesta del Ministro della  giustizia  o  del  Procuratore  generale  presso  la  Corte di cassazione,  ove  sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare  e  ricorrano  motivi di particolare urgenza, la Sezione disciplinare  del  Consiglio  superiore  della  magistratura,  in via cautelare e provvisoria, puo' disporre il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni del magistrato incolpato.
 |  |  |  | Art. 14 Titolarita' dell'azione disciplinare
 
 1. L'azione disciplinare e' promossa dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
 2.  Il  Ministro della giustizia ha facolta' di promuovere l'azione disciplinare  mediante  richiesta di indagini al Procuratore generale presso  la  Corte  di  cassazione.  Dell'iniziativa  il  Ministro da' comunicazione   al   Consiglio   superiore  della  magistratura,  con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede.
 3.  Il  Procuratore  generale  presso  la  Corte  di  cassazione ha l'obbligo  di esercitare l'azione disciplinare, dandone comunicazione al   Ministro   della   giustizia  e  al  Consiglio  superiore  della magistratura,  con  indicazione  sommaria  dei  fatti  per i quali si procede.  Il  Ministro  della  giustizia,  se  ritiene  che  l'azione disciplinare  deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta, nel corso delle indagini, al Procuratore generale.
 4. Il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e  i dirigenti degli uffici hanno l'obbligo di comunicare al Ministro della  giustizia  e  al  Procuratore  generale  presso  la  Corte  di cassazione  ogni  fatto  rilevante  sotto  il profilo disciplinare. I presidenti  di  sezione e i presidenti di collegio debbono comunicare ai  dirigenti  degli  uffici  i  fatti  concernenti  l'attivita'  dei magistrati  della sezione o del collegio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare.
 5.  Il  Procuratore  generale  presso  la  Corte di cassazione puo' contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l'azione e' stata  promossa  dal  Ministro della giustizia, salva la facolta' del Ministro di cui al comma 3, ultimo periodo.
 |  |  |  | Art. 15 Termini dell'azione disciplinare
 
 1.  L'azione  disciplinare  e' promossa entro un anno dalla notizia del  fatto,  della  quale  il Procuratore generale presso la Corte di cassazione  ha  conoscenza  a  seguito  dell'espletamento di sommarie indagini  preliminari  o di denuncia circostanziata o di segnalazione del  Ministro  della  giustizia. La denuncia e' circostanziata quando contiene   tutti   gli   elementi   costitutivi  di  una  fattispecie disciplinare.   In   difetto   di  tali  elementi,  la  denuncia  non costituisce notizia di rilievo disciplinare.
 2.  Entro  un  anno  dall'inizio  del  procedimento  il Procuratore generale  deve  formulare le richieste conclusive di cui all'articolo 17,  commi  2  e  6;  entro  un  anno  dalla  richiesta,  la  sezione disciplinare   del  Consiglio  superiore  della  magistratura,  nella composizione di cui all'articolo 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, si pronuncia.
 3. La richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al Procuratore  generale  o  la  comunicazione  da  quest'ultimo data al Consiglio  superiore  della  magistratura  ai sensi dell'articolo 14, comma 3, determinano, a tutti gli effetti, l'inizio del procedimento.
 4.  Dell'inizio  del  procedimento  deve essere data comunicazione, entro  trenta  giorni, all'incolpato, con l'indicazione del fatto che gli viene addebitato. Deve procedersi ad analoga comunicazione per le ulteriori  contestazioni di cui all'articolo 14, comma 5. L'incolpato puo'  farsi  assistere da altro magistrato, anche in quiescenza, o da un  avvocato,  designati  in  qualunque momento dopo la comunicazione dell'addebito, nonche', se del caso, da un consulente tecnico.
 5.   Gli   atti  di  indagine  non  preceduti  dalla  comunicazione all'incolpato  o  da avviso al difensore, quando e' previsto, se gia' designato,  sono  nulli, ma la nullita' non puo' essere piu' rilevata quando  non  e'  dedotta  con  dichiarazione  scritta  e motivata nel termine  di  dieci  giorni  dalla  data in cui l'interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
 6.   Se  la  sentenza  della  sezione  disciplinare  del  Consiglio superiore  della  magistratura  e'  annullata  in  tutto o in parte a seguito  del  ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio  di rinvio e' di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento dalla Corte di cassazione.
 7. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue, sempre che l'incolpato vi consenta.
 8. Il corso dei termini e' sospeso: a) se  per  il  medesimo  fatto  e' stata esercitata l'azione penale,
 ovvero  il  magistrato  e' stato arrestato o fermato o si trova in
 stato di custodia cautelare, riprendendo a decorrere dalla data in
 cui  non e' piu' soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo
 a  procedere  ovvero  sono  divenuti irrevocabili la sentenza o il
 decreto penale di condanna; b) se  durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione
 di legittimita' costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno
 in cui e' pubblicata la decisione della Corte costituzionale; c) se   l'incolpato   e'  sottoposto  a  perizia  o  ad  accertamenti
 specialistici, e per tutto il tempo necessario; d) se   il   procedimento   disciplinare   e'  rinviato  a  richiesta
 dell'incolpato   o   del   suo   difensore   o   per   impedimento
 dell'incolpato o del suo difensore.
 
 
 
 Nota all'art. 15:
 - Si  riporta il testo dell'art. 4 della legge 24 marzo
 1958, n. 195, (Norme sulla Costituzione e sul funzionamento
 del Consiglio superiore della Magistratura.):
 "Art. 4 (Composizione della sezione disciplinare). - La
 cognizione  dei  procedimenti  disciplinari  a  carico  dei
 magistrati  e'  attribuita  ad  una  sezione, disciplinare,
 composta   da   sei   componenti  effettivi  e  di  quattro
 supplenti.
 I  componenti  effettivi  sono:  il  vicepresidente del
 Consiglio superiore, che presiede la sezione; un componente
 eletto   dal   Parlamento,   che  presiede  la  sezione  in
 sostituzione del Vicepresidente del Consiglio superiore; un
 magistrato  di  Corte di cassazione con esercizio effettivo
 delle   funzioni   di   legittimita';  due  magistrati  che
 esercitano le funzioni di cui all'art. 23, comma 2, lettera
 c);  un magistrato che esercita le funzioni di cui all'art.
 23, comma 2, lettera b).
 I  componenti supplenti sono: un magistrato di Corte di
 cassazione,  con  esercizio  effettivo  delle  funzioni  di
 legittimita'; un magistrato che esercita le funzioni di cui
 all'art.  23,  comma  2,  lettera  b);  un  magistrato  che
 esercita  le  funzioni di cui all'art. 23, comma 2, lettera
 c); un componente eletto dal Parlamento.
 Il vicepresidente del Consiglio superiore e' componente
 di  diritto;  gli  altri componenti, effettivi e supplenti,
 sono  eletti  dal  Consiglio superiore tra i propri membri.
 L'elezione  ha  luogo  per scrutinio segreto, a maggioranza
 dei  due  terzi  dei  componenti  il  Consiglio. In caso di
 parita' di voti tra gli appartenenti alla stessa categoria,
 e' eletto il piu' anziano per eta'.
 Nell'ipotesi   in   cui  il  Presidente  del  Consiglio
 superiore  si  avvalga  della  facolta'  di  presiedere  la
 sezione disciplinare, resta escluso il vicepresidente.
 Le  funzioni  di  pubblico  ministero presso la sezione
 disciplinare   sono  esercitate  dal  procuratore  generale
 presso la Corte di cassazione.".
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 16 Indagini nel procedimento disciplinare
 
 1.  Il  pubblico  ministero  procede  all'attivita' di indagine. Le funzioni  di  pubblico  ministero  sono  esercitate  dal  Procuratore generale  presso  la  Corte  di cassazione o da un magistrato del suo ufficio.
 2. Per l'attivita' di indagine si osservano, in quanto compatibili, le  norme  del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che   comportano  l'esercizio  di  poteri  coercitivi  nei  confronti dell'imputato,  delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti.  Si  applica, comunque, quanto previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale.
 3.  Alle  persone  informate  sui  fatti, ai periti e interpreti si applicano  le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.
 4.  Il  Procuratore  generale  presso la Corte di cassazione, se lo ritiene   necessario   ai   fini   delle  determinazioni  sull'azione disciplinare,  puo'  acquisire  atti coperti da segreto investigativo senza  che  detto  segreto possa essergli opposto. Nel caso in cui il procuratore  della  Repubblica  comunichi,  motivatamente,  che dalla divulgazione  degli  atti  coperti  da  segreto  investigativo  possa derivare  grave  pregiudizio  alle  indagini, il Procuratore generale dispone,  con  decreto,  che  i  detti  atti rimangano segreti per un periodo  non  superiore  a  dodici  mesi  e  sospende il procedimento disciplinare per un analogo periodo.
 5.  Il  pubblico ministero, per gli atti da compiersi fuori dal suo ufficio,  puo'  richiedere  altro  magistrato  in  servizio presso la procura  generale della corte d'appello nel cui distretto l'atto deve essere compiuto.
 
 
 
 Note all'art. 16:
 - Si  riporta  il  testo  dell'art.  133  del codice di
 procedura penale:
 "Art.  133 (Accompagnamento coattivo di altre persone).
 -  1.  Se  il  testimone, il perito, il consulente tecnico,
 l'interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente
 citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento
 di  comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice
 puo'  ordinarne  l'accompagnamento coattivo e puo' altresi'
 condannarli,  con  ordinanza,  a  pagamento di una somma da
 lire centomila a lire un milione a favore della cassa delle
 ammende   nonche'   alle   spese   alle  quali  la  mancata
 comparizione ha dato causa.
 2. Si applicano le disposizioni dell'art. 132.".
 - Si  riporta  il  testo  degli  articoli 366, 371-bis,
 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale:
 "Art.  366  (Rifiuto  di  uffici  legalmente dovuti). -
 Chiunque,   nominato   dall'autorita'  giudiziaria  perito,
 interprete,  ovvero  custode di cose sottoposte a sequestro
 dal   giudice   penale,   ottiene   con  mezzi  fraudolenti
 l'esenzione  dall'obbligo di comparire o di prestare il suo
 ufficio,  e' punito con la reclusione fino a sei mesi o con
 la multa da lire sessantamila a un milione.
 Le  stesse  pene  si  applicano a chi, chiamato dinanzi
 all'autorita'  giudiziaria  per  adempiere  ad alcuna delle
 predette  funzioni, rifiuta di dare le proprie generalita',
 ovvero  di  prestare  il  giuramento  richiesto,  ovvero di
 assumere o di adempiere le funzioni medesime.
 Le  disposizioni  precedenti  si applicano alla persona
 chiamata  a  deporre  come testimonio dinanzi all'autorita'
 giudiziaria  e ad ogni altra persona chiamata ad esercitare
 una funzione giudiziaria.
 Se  il  colpevole  e'  un  perito  o  un interprete, la
 condanna   importa   l'interdizione   dalla  professione  o
 dall'arte.".
 "Art.   371-bis   (False   informazioni   al   pubblico
 ministero).  -  Chiunque,  nel  corso  di  un  procedimento
 penale,   richiesto   dal  pubblico  ministero  di  fornire
 informazioni  ai  fini  delle indagini, rende dichiarazioni
 false ovvero tace, in tutto o in parte, cio' che sa intorno
 ai  fatti  sui  quali  viene  sentito,  e'  punito  con  la
 reclusione fino a quattro anni.
 Ferma l'immediata procedibilita' nel caso di rifiuto di
 informazioni,  il  procedimento  penale,  negli altri casi,
 resta  sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del
 quale   sono   state  assunte  le  informazioni  sia  stata
 pronunciata  sentenza di primo grado ovvero il procedimento
 sia  stato  anteriormente  definito con archiviazione o con
 sentenza di non luogo a procedere.
 Le  disposizioni  di  cui  ai  commi primo e secondo si
 applicano,  nell'ipotesi  prevista dall'art. 391-bis, comma
 10,  del  codice  di  procedura  penale,  anche  quando  le
 informazioni  ai  fini  delle  indagini  sono richieste dal
 difensore.".
 "Art.  371-ter  (False  dichiarazioni  al difensore). -
 Nelle  ipotesi previste dall'art. 391-bis, commi 1 e 2, del
 codice di procedura penale, chiunque, non essendosi avvalso
 della  facolta'  di  cui  alla  lettera  d) del comma 3 del
 medesimo  articolo, rende dichiarazioni false e' punito con
 la reclusione fino a quattro anni.
 Il  procedimento penale resta sospeso fino a quando nel
 procedimento  nel  corso  del  quale  sono state assunte le
 dichiarazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado
 ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con
 archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere.".
 "Art.  372 (Falsa testimonianza). - Chiunque, deponendo
 come  testimone  innanzi all'autorita' giudiziaria, afferma
 il  falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte,
 cio'  che  sa intorno ai fatti sui quali e' interrogato, e'
 punito con la reclusione da due a sei anni.".
 "Art.  373  (Falsa  perizia  o  interpretazione).  - Il
 perito   o   l'interprete   che,   nominato  dall'autorita'
 giudiziaria,   da'  parere  o  interpretazioni  mendaci,  o
 afferma  fatti  non  conformi  al  vero, soggiace alle pene
 stabilite nell'articolo precedente.
 La  condanna importa, oltre l'interdizione dai pubblici
 uffici, l'interdizione dalla professione o dall'arte.".
 "Art.  376  (Ritrattazione).  - Nei casi previsti dagli
 articoli  371-bis,  371-ter, 372 e 373, il colpevole non e'
 punibile  se, nel procedimento penale in cui ha prestato il
 suo  ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso
 e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento.
 Qualora  la  falsita'  sia  intervenuta  in  una  causa
 civile, il colpevole non e' punibile se ritratta il falso e
 manifesta  il  vero  prima che sulla domanda giudiziale sia
 pronunciata    sentenza    definitiva,    anche    se   non
 irrevocabile.".
 "Art.  377  (Subornazione). - Chiunque offre o promette
 denaro  o  altra  utilita'  alla persona chiamata a rendere
 dichiarazione davanti all'autorita' giudiziaria ovvero alla
 persona richiesta di rilasciare dichiarazioni dal difensore
 nel  corso  dell'attivita'  investigativa,  o  alla persona
 chiamata a svolgere attivita' di perito, consulente tecnico
 o  interprete,  per  indurla  a commettere i reati previsti
 dagli  articoli  371-bis,  371-ter,  372  e  373, soggiace,
 qualora  l'offerta  o  la  promessa non sia accettata, alle
 pene stabilite negli articoli medesimi, ridotte dalla meta'
 ai due terzi.
 La  stessa  disposizione si applica qualora l'offerta o
 la promessa sia accettata, ma la falsita' non sia commessa.
 La   condanna   importa   l'interdizione  dai  pubblici
 uffici:".
 "Art. 384 (Casi di non punibilita). - Nei casi previsti
 dagli  articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis,
 371-ter,  372,  373,  374  e  378,  non  e' punibile chi ha
 commesso   il  fatto  per  esservi  stato  costretto  dalla
 necessita'  di salvare se' medesimo o un prossimo congiunto
 da  un  grave  e  inevitabile  nocumento  nella  liberta' o
 nell'onore.
 Nei  casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372
 e 373, la punibilita' e' esclusa se il fatto e' commesso da
 chi  per  legge  non  avrebbe  dovuto  essere  richiesto di
 fornire  informazioni ai fini delle indagini o assunto come
 testimonio,  perito, consulente tecnico o interprete ovvero
 non  avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque a
 rispondere o avrebbe dovuto essere avvertito della facolta'
 di   astenersi  dal  rendere  informazioni,  testimonianza,
 perizia, consulenza o interpretazione.".
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 17 Chiusura delle indagini
 
 1.  Compiute  le  indagini,  il  Procuratore  generale  formula  le richieste  conclusive  di  cui  ai  commi  2 e 6 e invia alla sezione disciplinare  del Consiglio superiore della magistratura il fascicolo del  procedimento,  dandone comunicazione all'incolpato. Il fascicolo e'   depositato   nella   segreteria  della  sezione  a  disposizione dell'incolpato,  che  puo'  prenderne visione ed estrarre copia degli atti.
 2.  Il  Procuratore  generale  presso  la  Corte  di cassazione, al termine   delle  indagini,  se  non  ritiene  di  dover  chiedere  la declaratoria  di  non  luogo  a  procedere,  formula l'incolpazione e chiede   al  presidente  della  sezione  disciplinare  la  fissazione dell'udienza  di discussione orale. Il Procuratore generale presso la Corte  di  cassazione  da'  comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell'atto.
 3.  Il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento della  comunicazione  di cui al comma 2, puo' chiedere l'integrazione e,  nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della  contestazione,  cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
 4. Il presidente della sezione disciplinare fissa, con suo decreto, il  giorno  della  discussione  orale,  con  avviso ai testimoni e ai periti.
 5.  Il decreto di cui al comma 4 e' comunicato, almeno dieci giorni prima  della  data  fissata  per  la  discussione  orale, al pubblico ministero  e  all'incolpato nonche' al difensore di questo ultimo, se gia'  designato, e, nelle ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare,  richiesto  l'integrazione  o  la  modificazione  della contestazione,  al Ministro della giustizia, il quale puo' esercitare la  facolta'  di  partecipare  all'udienza  delegando  un  magistrato dell'Ispettorato.
 6.  Il  Procuratore  generale, nel caso in cui ritenga che si debba escludere l'addebito, fa richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta e' data comunicazione  al  Ministro della giustizia, nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione della contestazione, con invio di copia dell'atto.
 7.  Il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento della  comunicazione  di  cui al comma 6, puo' richiedere copia degli atti  del  procedimento,  nell'ipotesi  in  cui  egli  abbia promosso l'azione   disciplinare,   ovvero   richiesto   l'integrazione  della contestazione,  e,  nei  venti giorni successivi alla ricezione degli stessi,  puo'  richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione    dell'udienza    di    discussione   orale,   formulando l'incolpazione.  Sulla  richiesta,  si provvede nei modi previsti nei commi  4  e  5 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale,  sono  esercitate  dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione  o  da  un suo sostituto. Il Ministro della giustizia puo' esercitare  la  facolta'  di  partecipare  all'udienza  delegando  un magistrato dell'Ispettorato.
 8.  Decorsi  i  termini  di  cui al comma 7, sulla richiesta di non luogo  a  procedere  la  sezione  disciplinare  decide  in  camera di consiglio.  Se  accoglie  la richiesta, provvede con ordinanza di non luogo  a  procedere. Se rigetta la richiesta, il Procuratore generale formula   l'incolpazione   e   chiede  al  presidente  della  sezione disciplinare  la  fissazione  dell'udienza  di  discussione orale. Si provvede nei modi previsti dai commi 4 e 5.
 |  |  |  | Art. 18 Discussione nel giudizio disciplinare
 
 1. Nella discussione orale un componente della sezione disciplinare del  Consiglio  superiore  della magistratura nominato dal presidente svolge  la  relazione.  Il delegato del Ministro della giustizia puo' presentare   memorie,   esaminare   testi,   consulenti  e  periti  e interrogare l'incolpato.
 2.  L'udienza e' pubblica. La sezione disciplinare, su richiesta di una  delle  parti, puo' disporre che la discussione si svolga a porte chiuse  se  ricorrono  esigenze  di  tutela  della credibilita' della funzione   giudiziaria,   con  riferimento  ai  fatti  contestati  ed all'ufficio  che  l'incolpato  occupa,  ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi.
 3. La sezione disciplinare puo': a) assumere, anche d'ufficio, tutte le prove che ritiene utili; b) disporre  o  consentire  la  lettura  di rapporti dell'Ispettorato
 generale  del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e
 dei  dirigenti  degli  uffici,  la  lettura  di atti dei fascicoli
 personali nonche' delle prove acquisite nel corso delle indagini; c) consentire   l'esibizione  di  documenti  da  parte  del  pubblico
 ministero,  dell'incolpato  e  del  delegato  del  Ministro  della
 giustizia.
 4.  Si  osservano,  in  quanto  compatibili, le norme del codice di procedura  penale  sul  dibattimento,  eccezione fatta per quelle che comportano   l'esercizio   di   poteri   coercitivi   nei   confronti dell'imputato,  dei  testimoni,  dei periti e degli interpreti. Resta fermo  quanto  previsto  dall'articolo  133  del  codice di procedura penale.
 5.  Ai  testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.
 
 
 
 Nota all'art. 18:
 - Per  il  testo  dell'art. 133 del codice di procedura
 penale  e  degli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del
 codice penale vedi note all'art. 16.
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 19 Sentenza disciplinare
 
 1.   La   sezione   disciplinare   del  Consiglio  superiore  della magistratura  delibera  immediatamente dopo l'assunzione delle prove, le  conclusioni  del  pubblico  ministero,  del delegato del Ministro della  giustizia  e della difesa dell'incolpato, il quale deve essere sentito   per   ultimo.   Il  pubblico  ministero  non  assiste  alla deliberazione in camera di consiglio.
 2.  La  Sezione  disciplinare  provvede con sentenza, irrogando una sanzione  disciplinare ovvero, se non e' raggiunta prova sufficiente, dichiarando  esclusa  la  sussistenza  dell'addebito.  I motivi della sentenza  sono depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione.
 3.   I  provvedimenti  adottati  dalla  sezione  disciplinare  sono comunicati al Ministro della giustizia nell'ipotesi in cui egli abbia promosso  l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione o la modificazione  della  contestazione,  con  invio  di copia integrale, anche  ai  fini  della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso  alle  sezioni  unite  della Corte di cassazione. Il Ministro puo' richiedere copia degli atti del procedimento.
 |  |  |  | Art. 20. Rapporti tra il procedimento disciplinare
 e il giudizio civile o penale
 1.  L'azione disciplinare e' promossa indipendentemente dall'azione civile  di  risarcimento del danno o dall'azione penale relativa allo stesso fatto, ferme restando le ipotesi di sospensione dei termini di cui all'articolo 15, comma 8.
 2.  Hanno  autorita'  di  cosa  giudicata nel giudizio disciplinare quanto  all'accertamento  della  sussistenza  del  fatto,  della  sua illiceita' penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso:
 a) la sentenza penale irrevocabile di condanna;
 b) la  sentenza irrevocabile prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale.
 3.  Ha autorita' di cosa giudicata nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione.
 
 
 
 Nota all'art. 20:
 - Per  il  testo  dell'art. 444 del codice di procedura
 penale vedi note all'art. 4.
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 21. Sospensione cautelare obbligatoria
 1.  A  richiesta  del  Ministro  della  giustizia o del Procuratore generale  presso  la Corte di cassazione, la Sezione disciplinare del Consiglio  superiore  della  magistratura  sospende  dalle funzioni e dallo stipendio e colloca fuori dal ruolo organico della magistratura il  magistrato,  sottoposto  a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale.
 2.  La  sospensione  permane  sino  alla  sentenza  di  non luogo a procedere   non   piu'  soggetta  ad  impugnazione  o  alla  sentenza irrevocabile di proscioglimento.
 3.  La  sospensione  e'  revocata,  anche  d'ufficio, dalla sezione disciplinare,  allorche'  la misura cautelare e' revocata per carenza di  gravi  indizi  di  colpevolezza.  Negli altri casi di revoca o di cessazione  degli effetti della misura cautelare, la sospensione puo' essere revocata.
 4. Al magistrato sospeso e' corrisposto un assegno alimentare nella misura indicata nell'articolo 10, comma 2.
 5.  Il  magistrato riacquista il diritto agli stipendi e alle altre competenze  non  percepite, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare,  se  e'  prosciolto  con  sentenza  irrevocabile ai sensi dell'articolo  530  del codice di procedura penale. Tale disposizione si  applica  anche  se  e' pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento  per  ragioni  diverse  o  sentenza  di  non  luogo a procedere  non  piu' soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il  magistrato  sottoposto  a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nell'articolo 22, comma 5.
 
 
 
 Note all'art. 21:
 - Si  riporta  il  testo  dell'art.  530  del codice di
 procedura penale:
 «Art.  530  (Sentenza di assoluzione). - 1. Se il fatto
 non sussiste, se l'imputato non lo ha commesso, se il fatto
 non  costituisce  reato  o non e' previsto dalla legge come
 reato  ovvero  se il reato e' stato commesso da persona non
 imputabile  o non punibile per un'altra ragione, il giudice
 pronuncia  sentenza di assoluzione indicandone la causa nel
 dispositivo.
 2.  Il  giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche
 quando  manca,  e'  insufficiente  o  e' contraddittoria la
 prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso,
 che  il  fatto  costituisce  reato  o che il reato e' stato
 commesso da persona imputabile.
 3.  Se vi e' la prova che il fatto e' stato commesso in
 presenza  di  una  causa  di giustificazione o di una causa
 personale   di   non   punibilita'   ovvero  vi  e'  dubbio
 sull'esistenza  delle stesse, il giudice pronuncia sentenza
 di assoluzione a norma del comma 1.
 4.  Con  la sentenza di assoluzione il giudice applica,
 nei casi previsti dalla legge, le misure di sicurezza.».
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 22 Sospensione cautelare facoltativa
 
 1.  Quando  il  magistrato  e' sottoposto a procedimento penale per delitto  non  colposo  punibile,  anche  in via alternativa, con pena detentiva,  o  quando  al  medesimo  possono  essere  ascritti  fatti rilevanti  sotto  il  profilo disciplinare che, per la loro gravita', siano incompatibili con l'esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia  o  il  Procuratore  generale presso la Corte di cassazione possono  chiedere  alla  Sezione disciplinare del Consiglio superiore della  magistratura  la  sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio,   e   il  collocamento  fuori  dal  ruolo  organico  della magistratura, anche prima dell'inizio del procedimento disciplinare.
 2.   La   Sezione   disciplinare   del  Consiglio  superiore  della magistratura  convoca  il  magistrato  con un preavviso di almeno tre giorni  e  provvede  dopo  aver  sentito  l'interessato  o  dopo aver constatato  la  sua  mancata  presentazione. Il magistrato puo' farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato.
 3.  La  sospensione puo' essere revocata dalla Sezione disciplinare in qualsiasi momento, anche d'ufficio.
 4.  Si  applicano le disposizioni di cui all'articolo 21, commi 4 e 5.
 5.  Se  e'  pronunciata  sentenza  di  non  luogo  a procedere o se l'incolpato  e'  assolto  o  condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione  o  dalla  sospensione  dalle  funzioni per un tempo pari o superiore  alla  durata  della  sospensione  cautelare  eventualmente disposta,  sono  corrisposti  gli  arretrati  dello stipendio e delle altre  competenze  non percepiti, detratte le somme gia' riscosse per assegno alimentare.
 |  |  |  | Art. 23. Cessazione degli effetti della sospensione cautelare
 1.  Fatti salvi gli effetti delle disposizioni di cui agli articoli 3,  commi  57  e  57-bis,  della  legge  24  dicembre 2003, n. 350, e successive  modificazioni,  e  2, comma 3, del decreto-legge 16 marzo 2004,  n.  66,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2004,  n.  126,  il  magistrato  sottoposto  a  procedimento penale e sospeso  in  via  cautelare,  qualora  sia  prosciolto  con  sentenza irrevocabile  ovvero  sia  pronunciata nei suoi confronti sentenza di non  luogo  a procedere non piu' soggetta ad impugnazione, ha diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore, con  attribuzione,  nei  limiti  dei  posti  vacanti,  di funzioni di livello  pari  a  quelle  piu' elevate assegnate ai magistrati che lo seguivano  nel  ruolo  al  momento  della  sospensione  cautelare, ad eccezione  delle funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di  legittimita'  e  delle  funzioni  direttive  superiori apicali di legittimita',  previa  valutazione,  da parte del Consiglio superiore della magistratura, delle attitudini desunte dalle funzioni da ultimo esercitate.  Qualora  non  possano  essere  assegnate  funzioni  piu' elevate  rispetto  a  quelle  svolte al momento della sospensione, il magistrato   e'  assegnato  al  posto  precedentemente  occupato,  se vacante;  in difetto, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro  un  anno  puo'  chiedere  l'assegnazione  ad ufficio analogo a quello  originariamente  ricoperto,  con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti.
 2.  La  sospensione  cautelare  cessa  di  diritto  quando  diviene definitiva  la  pronuncia  della sezione disciplinare che conclude il procedimento.
 
 
 
 Note all'art. 23:
 - Si riporta il testo dei commi 57 e 57-bis dell'art. 3
 della  legge 24 dicembre 2003, n. 350, (Disposizioni per la
 formazione  del  bilancio annuale e pluriennale dello Stato
 (legge finanziaria 2004)):
 «57.  Il  pubblico dipendente che sia stato sospeso dal
 servizio o dalla funzione e, comunque, dall'impiego o abbia
 chiesto di essere collocato anticipatamente in quiescenza a
 seguito  di  un procedimento penale conclusosi con sentenza
 definitiva di proscioglimento perche' il fatto non sussiste
 o  l'imputato  non  lo  ha  commesso  o  se  il  fatto  non
 costituisce  reato o non e' previsto dalla legge come reato
 ovvero  con decreto di archiviazione per infondatezza della
 notizia  di  reato, anche se pronunciati dopo la cessazione
 dal  servizio,  e, comunque, nei cinque anni antecedenti la
 data  di  entrata  in vigore della presente legge, anche se
 gia' collocato in quiescenza alla data di entrata in vigore
 della presente legge, ha il diritto di ottenere, su propria
 richiesta,    dall'amministrazione   di   appartenenza   il
 prolungamento  o  il  ripristino  del  rapporto di impiego,
 anche oltre i limiti di eta' previsti dalla legge, comprese
 eventuali  proroghe,  per  un  periodo  pari a quello della
 durata complessiva della sospensione ingiustamente subita e
 del  periodo  di  servizio  non  espletato per l'anticipato
 collocamento  in  quiescenza,  cumulati  tra loro, anche in
 deroga  ad  eventuali  divieti di riassunzione previsti dal
 proprio  ordinamento, con il medesimo trattamento giuridico
 ed  economico  a cui avrebbe avuto diritto in assenza della
 sospensione.  Alle  sentenze  di  proscioglimento di cui al
 presente   comma   sono   equiparati  i  provvedimenti  che
 dichiarano  non  doversi  procedere per una causa estintiva
 del  reato pronunciati dopo una sentenza di assoluzione del
 dipendente imputato perche' il fatto non sussiste o perche'
 non  lo  ha  commesso o se il fatto non costituisce reato o
 non  e'  previsto  dalla  legge come reato. Ove la sentenza
 irrevocabile   di   proscioglimento   sia   stata   emanata
 anteriormente  ai  cinque  anni  antecedenti  alla  data di
 entrata   in  vigore  della  presente  legge,  il  pubblico
 dipendente  puo'  chiedere  il  riconoscimento del migliore
 trattamento  pensionistico  derivante  dalla  ricostruzione
 della  carriera  con  il computo del periodo di sospensione
 dal servizio o dalla funzione o del periodo di servizio non
 espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza.
 57-bis.  Ove il procedimento penale di cui al comma 57,
 ricorrendo  ogni  altra  condizione  ivi  indicata,  si sia
 concluso  con  provvedimento  di proscioglimento diverso da
 decreto  di archiviazione per infondatezza della notizia di
 reato  o  sentenza  di proscioglimento perche' il fatto non
 sussiste  o l'imputato non lo ha commesso o se il fatto non
 costituisce reato o non e' previsto dalla legge come reato,
 anche   pronunciati   dopo   la  cessazione  dal  servizio,
 l'amministrazione  di  appartenenza  ha facolta', a domanda
 dell'interessato,  di prolungare e ripristinare il rapporto
 di  impiego  per  un  periodo di durata pari a quella della
 sospensione   e  del  servizio  non  prestato,  secondo  le
 modalita'  indicate  nel  comma  57,  purche' non risultino
 elementi   di   responsabilita'  disciplinare  o  contabile
 all'esito  di  specifica valutazione che le amministrazioni
 competenti  compiono  entro dodici mesi dalla presentazione
 dell'istanza di riammissione in servizio.».
 - Si  riporta  il  testo  del  comma  3 dell'art. 2 del
 decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, (Interventi urgenti per
 i  pubblici  dipendenti  sospesi o dimessisi dall'impiego a
 causa  di  procedimento  penale, successivamente conclusosi
 con  proscioglimento.),  convertito con modificazioni dalla
 legge 11 maggio 2004, n. 126:
 «3.  In  caso di ripristino del rapporto di impiego dei
 magistrati ordinari, disposto dal Consiglio superiore della
 magistratura,  ai  sensi del comma 57-bis dell'art. 3 della
 legge  24  dicembre 2003, n. 350, previo l'accertamento ivi
 previsto, al magistrato riammesso in servizio e' conferita,
 se  possibile e comunque nell'ambito dei posti disponibili,
 una  funzione  dello  stesso  livello  di  quella da ultimo
 esercitata.  In  caso di ripristino del rapporto di impiego
 ai  sensi  del  comma 57 dello stesso art. 3 della legge n.
 350  del  2003, al magistrato riammesso in servizio che, al
 momento  dell'anticipato  collocamento in quiescenza, aveva
 maturato  nell'ultima funzione esercitata un'anzianita' non
 inferiore   a  dodici  anni  e'  attribuita  dal  Consiglio
 superiore  della  magistratura,  anche in soprannumero, una
 funzione  di livello immediatamente superiore a tale ultima
 funzione,   previa   valutazione,  da  parte  dello  stesso
 Consiglio,   dell'anzianita'  in  ruolo  al  momento  della
 cessazione  del  servizio  e delle attitudini desunte dalle
 funzioni  da  ultimo  esercitate;  non  possono,  tuttavia,
 essere  attribuite  in  soprannumero  funzioni  di  livello
 superiore  a  presidente  aggiunto  o  procuratore generale
 aggiunto   della  Corte  di  cassazione,  nonche'  funzioni
 apicali  di  uffici  giudiziari  di  qualsiasi  livello; al
 magistrato  riammesso  in  servizio  ai  sensi del comma 57
 dell'art.  3  della  legge  n. 350 del 2003 che, al momento
 dell'anticipato  collocamento in quiescenza, aveva maturato
 nell'ultima  funzione  esercitata un'anzianita' inferiore a
 dodici  anni  e'  conferita,  anche  in  soprannumero,  una
 funzione  dello  stesso livello di tale ultima funzione. Il
 Consiglio  superiore della magistratura dispone altresi' la
 continuazione  del  servizio  per il periodo corrispondente
 alla  sospensione  ingiustamente subita e per il periodo di
 attivita'  non  prestata  in  dipendenza  della  cessazione
 anticipata del rapporto di impiego, ai sensi dei commi 57 e
 57-bis  del  citato art. 3; in ogni caso di riammissione in
 servizio  o di ripresa del servizio dopo la sospensione, ai
 sensi  dei  predetti  commi, al magistrato e' attribuita la
 posizione  in  ruolo che avrebbe avuto, ove il servizio non
 avesse  subito  interruzione,  nel rispetto della normativa
 relativa  alla  progressione  in  carriera.  Le  norme  del
 presente  comma  si applicano anche ai magistrati militari,
 nel  rispetto  dei  principi  posti  e  ferme  restando  le
 competenze stabilite dal relativo ordinamento.».
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 24 Impugnazioni delle decisioni della sezione disciplinare
 del Consiglio superiore della magistratura
 
 1.  L'incolpato,  il  Ministro  della  giustizia  e  il Procuratore generale  presso  la  Corte  di cassazione possono proporre, contro i provvedimenti  in materia di sospensione di cui agli articoli 21 e 22 e  contro  le  sentenze  della  sezione  disciplinare  del  Consiglio superiore  della  magistratura, ricorso per cassazione, nei termini e con  le  forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.
 2.  La Corte di cassazione decide a sezioni unite penali, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso.
 |  |  |  | Art. 25 Revisione
 
 1.  E' ammessa, in ogni tempo, la revisione delle sentenze divenute irrevocabili,   con   le   quali  e'  stata  applicata  una  sanzione disciplinare, quando: a) i  fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili
 con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in
 una  sentenza  di  non  luogo  a  procedere  non  piu' soggetta ad
 impugnazione; b) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi
 di   prova,  che,  soli  o  uniti  a  quelli  gia'  esaminati  nel
 procedimento      disciplinare,     dimostrano     l'insussistenza
 dell'illecito; c) il  giudizio  di  responsabilita'  e l'applicazione della relativa
 sanzione  sono stati determinati da falsita' ovvero da altro reato
 accertato con sentenza irrevocabile.
 2.  Gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbono, a pena  di  inammissibilita'  della  domanda, essere tali da dimostrare che,  se  accertati,  debba  essere escluso l'addebito o debba essere applicata  una  sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione,  ovvero  se  dalla  sanzione  applicata  e'  conseguito il trasferimento d'ufficio.
 3.  La  revisione  puo'  essere  chiesta dal magistrato al quale e' stata  applicata  la  sanzione  disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta  incapacita' di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale.
 4.  L'istanza di revisione e' proposta personalmente o per mezzo di procuratore    speciale.    Essa    deve   contenere,   a   pena   di inammissibilita',  l'indicazione  specifica delle ragioni e dei mezzi di  prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali   atti   e   documenti,   alla   segreteria  della  sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
 5. Nei casi previsti dal comma 1, lettere a) e b), all'istanza deve essere unita copia autentica della sentenza penale.
 6.  La  revisione  puo'  essere  chiesta  anche  dal Ministro della giustizia  e  dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle  condizioni  di  cui ai commi 1 e 2 e con le modalita' di cui ai commi 4 e 5.
 7.  La  sezione  disciplinare  acquisisce gli atti del procedimento disciplinare  e,  sentiti il Ministro della giustizia, il Procuratore generale   presso  la  Corte  di  cassazione,  l'istante  ed  il  suo difensore,  dichiara inammissibile l'istanza di revisione se proposta fuori  dai  casi  di  cui  al  comma  2,  o  senza l'osservanza delle disposizioni  di  cui  al  comma  4  ovvero se risulta manifestamente infondata;   altrimenti,   dispone   il  procedersi  al  giudizio  di revisione,   al   quale  si  applicano  le  norme  stabilite  per  il procedimento disciplinare.
 8.  Contro  la  decisione  che  dichiara inammissibile l'istanza di revisione e' ammesso ricorso alle sezioni unite penali della Corte di cassazione.
 9.  In  caso  di  accoglimento dell'istanza di revisione la sezione disciplinare revoca la precedente decisione.
 10.  Il  magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di giudizio  di  revisione ha diritto alla integrale ricostruzione della carriera  nonche'  a  percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre  competenze  non  percepiti,  detratte le somme corrisposte per assegno  alimentare,  rivalutati  in base alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati.
 |  |  |  | Art. 26. Modifiche  all'articolo  2  del  regio  decreto legislativo 31 maggio 1946,  n.  511,  in  materia di trasferimento di ufficio di natura
 amministrativa.
 1.  All'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio  1946,  n.  511,  le  parole  da:  «per  qualsiasi  causa»  a: «dell'ordine   giudiziario»  sono  sostituite  dalle  seguenti:  «per qualsiasi  causa  indipendente  da loro colpa non possono, nella sede occupata,  svolgere  le  proprie  funzioni  con  piena indipendenza e imparzialita».
 2. Alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, gli  atti relativi ai procedimenti amministrativi di trasferimento di ufficio  ai  sensi  dell'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo  31  maggio  1946,  n.  511, pendenti presso il Consiglio superiore  della  magistratura, per fatti astrattamente riconducibili alle  fattispecie  disciplinari previste dagli articoli 2, 3 e 4, del presente  decreto,  sono  trasmessi  al  Procuratore  generale  della Repubblica presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all'azione disciplinare.
 
 
 
 Nota all'art. 26:
 - Per l'art. 2, del citato regio decreto legislativo 31
 maggio 1946, n. 511, vedi note all'art. 2.
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 27. Modifiche  all'articolo  3  del  regio  decreto legislativo 31 maggio 1946,  n.  511,  in  materia di trasferimento di ufficio di natura
 amministrativa.
 1.  All'articolo  3,  primo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio  1946,  n. 511, dopo il primo periodo e' aggiunto il seguente: «Se l'infermita' o la sopravvenuta inettitudine consentono l'efficace svolgimento di funzioni amministrative, il magistrato dispensato puo' essere  destinato,  a  domanda,  a  prestare servizio, nei limiti dei posti  disponibili,  presso  il  Ministero  della  giustizia, secondo modalita' e criteri di comparazione definiti con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e  il Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto del tipo e della  gravita' dell'infermita' o della sopravvenuta inettitudine. Il magistrato dispensato mantiene il diritto al trattamento economico in godimento,  con  l'eventuale  attribuzione  di un assegno ad personam riassorbibile,  corrispondente  alla  differenza  retributiva  tra il trattamento  economico  in  godimento  alla data del provvedimento di dispensa  e  il  trattamento  economico corrispondente alla qualifica attribuita.».
 
 
 
 Nota all'art. 27:
 - Per l'art. 3, del citato regio decreto legislativo 31
 maggio 1946, n. 511, vedi note all'art. 2.
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 28. Modifiche all'articolo 11 del regio decreto
 30 gennaio 1941, n. 12
 1.  L'articolo  11  dell'ordinamento  giudiziario,  di cui al regio decreto  30  gennaio  1941,  n.  12,  e  successive modificazioni, e' sostituito dal seguente:
 «Art.  11  (Decadenza  per inosservanza del termine per assumere le funzioni).  -  Il  magistrato, che non assume le funzioni nel termine stabilito  dall'articolo  precedente,  o  in  quello che gli e' stato assegnato con disposizione del Ministro, decade dall'impiego.
 Il  magistrato  decaduto  dall'impiego  ai sensi del primo comma si considera  aver  cessato  di  far  parte  dell'ordine  giudiziario in seguito a dimissioni.
 La  disposizione  di  cui  al  secondo  comma si applica anche alla ipotesi di decadenza prevista dall'articolo 127, primo comma, lettera c),  seconda  parte,  del  decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.».
 
 
 
 Nota all'art. 28:
 - Si  riporta,  per  opportuna conoscenza, il testo del
 primo  comma,  lettera  c),  dell'art. 127, del decreto del
 Presidente  della  Repubblica  10 gennaio 1957, n. 3 (Testo
 unico  delle  disposizioni  concernenti  lo  statuto  degli
 impiegati civili dello Stato.):
 «Art.  127  (Decadenza).  - Oltre che nel caso previsto
 dall'art.   63,   l'impiegato   incorre   nella   decadenza
 dall'impiego:
 a) - b) (omissis);
 c) quando,  senza  giustificato  motivo, non assuma o
 non  riassuma servizio entro il termine prefissogli, ovvero
 rimanga assente dall'ufficio per un periodo non inferiore a
 quindici  giorni  ove  gli  ordinamenti  particolari  delle
 singole  amministrazioni  non  stabiliscano un termine piu'
 breve.».
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 29. Modifiche agli articoli 18 e 19 del regio decreto
 30 gennaio 1941, n. 12
 1.  Gli  articoli  18  e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio  decreto  n.  12  del  1941,  e  successive modificazioni, sono sostituiti dai seguenti:
 «Art.  18  (Incompatibilita'  di  sede  per rapporti di parentela o affinita'  con  esercenti  la  professione  forense).  - I magistrati giudicanti  e  requirenti  delle corti di appello e dei tribunali non possono  appartenere  ad  uffici  giudiziari nelle sedi nelle quali i loro  parenti  fino  al  secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge o il convivente, esercitano la professione di avvocato.
 La   ricorrenza   in  concreto  dell'incompatibilita'  di  sede  e' verificata sulla base dei seguenti criteri:
 a) rilevanza della professione forense svolta dai soggetti di cui al  primo  comma  avanti  all'ufficio di appartenenza del magistrato, tenuto,   altresi',  conto  dello  svolgimento  continuativo  di  una porzione  minore  della  professione  forense e di eventuali forme di esercizio  non  individuale  dell'attivita'  da  parte  dei  medesimi soggetti;
 b) dimensione  del  predetto ufficio, con particolare riferimento alla organizzazione tabellare;
 c) materia  trattata  sia  dal magistrato che dal professionista, avendo  rilievo  la  distinzione  dei settori del diritto civile, del diritto  penale  e  del  diritto  del  lavoro  e della previdenza, ed ancora,  all'interno  dei  predetti  e specie del settore del diritto civile,  dei  settori di ulteriore specializzazione come risulta, per il magistrato, dalla organizzazione tabellare;
 d) funzione specialistica dell'ufficio giudiziario.
 Ricorre  sempre  una situazione di incompatibilita' con riguardo ai Tribunali  ordinari  organizzati  in  un'unica sezione o alle Procure della  Repubblica istituite presso Tribunali strutturati con un'unica sezione,  salvo  che  il  magistrato  operi esclusivamente in sezione distaccata  ed  il  parente o l'affine non svolga presso tale sezione alcuna attivita' o viceversa.
 I  magistrati  preposti  alla  direzione  di  uffici  giudicanti  e requirenti  sono sempre in situazione di incompatibilita' di sede ove un  parente o affine eserciti la professione forense presso l'Ufficio dagli stessi diretto, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali ordinari  organizzati  con  una  pluralita'  di  sezioni  per ciascun settore di attivita' civile e penale.
 Il  rapporto  di  parentela  o affinita' con un praticante avvocato ammesso  all'esercizio della professione forense, e' valutato ai fini dell'articolo  2,  comma  2,  del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e successive modificazioni, tenuto conto dei criteri di cui al secondo comma.
 Art.  19  (Incompatibilita'  di  sede  per  rapporti di parentela o affinita'  con magistrati o ufficiali o agenti di polizia giudiziaria della  stessa  sede).  -  I  magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela  o  di  affinita'  sino  al secondo grado, di coniugio o di convivenza,  non  possono far parte della stessa Corte o dello stesso Tribunale o dello stesso ufficio giudiziario.
 La   ricorrenza   in  concreto  dell'incompatibilita'  di  sede  e' verificata  sulla  base  dei  criteri di cui all'articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.
 I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinita' sino  al  terzo  grado,  di coniugio o di convivenza, non possono mai fare parte dello stesso Tribunale o della stessa Corte organizzati in un'unica sezione ovvero di un Tribunale o di una Corte organizzati in un'unica  sezione  e delle rispettive Procure della Repubblica, salvo che uno dei due magistrati operi esclusivamente in sezione distaccata e l'altro in sede centrale.
 I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinita' fino al quarto grado incluso, ovvero di coniugio o di convivenza, non possono  mai far parte dello stesso collegio giudicante nelle corti e nei tribunali.
 I  magistrati  preposti  alla  direzione  di  uffici  giudicanti  o requirenti   della   stessa   sede   sono  sempre  in  situazione  di incompatibilita',  salvo  valutazione caso per caso per i Tribunali o le  Corti  organizzati  con  una  pluralita'  di  sezioni per ciascun settore  di attivita' civile e penale. Sussiste, altresi', situazione di  incompatibilita',  da  valutare  sulla  base  dei  criteri di cui all'articolo   18,  secondo  comma,  in  quanto  compatibili,  se  il magistrato  dirigente  dell'ufficio  e'  in  rapporto  di parentela o affinita'  entro  il  terzo  grado,  o  di coniugio o convivenza, con magistrato  addetto  al  medesimo  ufficio,  tra  il  presidente  del Tribunale  del  capoluogo di distretto ed i giudici addetti al locale Tribunale per i minorenni, tra il Presidente della Corte di appello o il  Procuratore  generale  presso  la Corte medesima ed un magistrato addetto,  rispettivamente,  ad  un  Tribunale  o ad una Procura della Repubblica del distretto, ivi compresa la Procura presso il Tribunale per i minorenni.
 I   magistrati  non  possono  appartenere  ad  uno  stesso  ufficio giudiziario ove i loro parenti fino al secondo grado, o gli affini in primo  grado,  svolgono  attivita'  di  ufficiale o agente di polizia giudiziaria.  La  ricorrenza  in  concreto  dell'incompatibilita'  e' verificata  sulla  base  dei  criteri di cui all'articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.».
 
 
 
 Nota all'art. 29:
 - Per  l'art. 2 del citato regio decreto legislativo 31
 maggio 1946, n. 511, vedi note all'art. 2.
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 30. Ambito di applicazione
 1.  Il presente decreto non si applica ai magistrati amministrativi e contabili.
 |  |  |  | Art. 31. Abrogazioni
 1.  Oltre  a  quanto previsto dal decreto legislativo di attuazione della  delega  di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 150 del 2005,  sono  abrogati,  dalla  data  di  acquisto  di efficacia delle disposizioni contenute nel presente decreto:
 a) l'articolo  12  del  regio  decreto  30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni;
 b) gli  articoli  17, 18, 19, 20, 21, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37 e 38 del regio decreto legislativo n. 511 del 1946;
 c) gli  articoli  57,  58,  59,  60,  61  e  62  del  decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916;
 d) l'articolo  14, primo comma, n. 1), della legge 24 marzo 1958, n. 195.
 
 
 
 Note all'art. 31:
 - Si  riporta  il  testo  del comma 3 dell'art. 1 della
 citata legge 25 luglio 2005, n. 150:
 «3. Il Governo e' delegato ad adottare, entro i novanta
 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma
 1,   uno  o  piu'  decreti  legislativi  recanti  le  norme
 necessarie  al coordinamento delle disposizioni dei decreti
 legislativi  emanati  nell'esercizio della delega di cui al
 medesimo  comma  con  le  altre  leggi  dello  Stato e, con
 l'osservanza  dei  principi  e dei criteri direttivi di cui
 all'art.  2, comma 9, la necessaria disciplina transitoria,
 prevedendo  inoltre  l'abrogazione  delle  disposizioni con
 essi incompatibili. Le disposizioni dei decreti legislativi
 previsti  dal presente comma divengono efficaci a decorrere
 dalla data indicata nel comma 2.».
 - Si riporta il testo dell'art. 14 della legge 24 marzo
 1958, n. 195, (Norme sulla Costituzione e sul funzionamento
 del   Consiglio   superiore   della   Magistratura.)   come
 modificato dal decreto legislativo qui pubblicato:
 «Art.  14  (Attribuzioni  del  Ministro per la grazia e
 giustizia).  - Il Ministro per la grazia e giustizia, fermo
 quanto stabilito dall'art. 11:
 1) (abrogato);
 2)  ha  facolta'  di  chiedere  ai  capi  delle Corti
 informazioni  circa il funzionamento della giustizia e puo'
 al riguardo fare le comunicazioni che ritiene opportune;
 3)  esercita tutte le altre attribuzioni demandategli
 dalla   legge  sull'ordinamento  giudiziario  e  in  genere
 riguardanti l'organizzazione e il funzionamento dei servizi
 relativi alla giustizia.».
 
 
 
 
 |  |  |  | Art. 32. Decorrenza di efficacia
 1.  Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo sono efficaci  a far data dal novantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
 Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
 Dato a Roma, addi' 23 febbraio 2006
 CIAMPI
 Berlusconi,  Presidente  del  Consiglio
 dei Ministri
 Castelli, Ministro della giustizia
 Tremonti,   Ministro  del-l'economia  e
 delle finanze
 Baccini,   Ministro   per  la  funzione
 pubblica Visto, il Guardasigilli: Castelli
 |  |  |  | Art. 32-bis (1) (( Disposizioni transitorie ))
 
 ((  1.  Le  disposizioni di cui al presente decreto si applicano ai procedimenti  disciplinari  promossi a decorrere dalla data della sua entrata in vigore.
 2.  Per  i  fatti  commessi  anteriormente  alla data di entrata in vigore   delle   disposizioni  del  presente  decreto  continuano  ad applicarsi,  se piu' favorevoli, gli articoli 17, 18, 19, 20, 21, 27, 28,  29,  30,  31,  32,  33,  34,  35,  36, 37 e 38 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511.
 3. I ricorsi proposti avverso le sentenze pronunziate dalla sezione disciplinare  del  Consiglio  superiore  della  magistratura pendenti presso  le  sezioni  unite  penali  della  Corte  di  cassazione sono trasferiti alle sezioni unite civili della stessa Corte. ))
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