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| Gazzetta n. 52 del 3 marzo 2006 (vai al sommario) |  | MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI |  | CIRCOLARE 7 dicembre 2005, n. 2699 |  | Articolo   32   del   decreto-legge   n.  269/2003,  convertito,  con modificazioni,  dalla  legge  24 novembre  2003,  n.  326  relativo a «Misure   per   la   riqualificazione   urbanistica,   ambientale   e paesaggistica,  per  l'incentivazione  dell'attivita'  di repressione dell'abusivismo  edilizio,  nonche' per la definizione degli illeciti edilizi   e   delle   occupazioni   di   aree  demaniali».  Circolare esplicativa. |  | 
 |  |  |  | 1. Premessa. La  presente  circolare  disciplina  la  materia di cui all'art. 32 della  legge  24 novembre  2003,  n.  326 nei limiti delle competenze dello Stato, fatte salve quelle regionali.
 L'art.  32  della legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326, al fine   di   consentire  la  regolarizzazione  e  la  riqualificazione urbanistica  ed  edilizia del territorio, ha previsto la possibilita' di  ottenere  il  rilascio del titolo abilitativo in sanatoria per le opere realizzate in modo non conforme alla disciplina vigente.
 Lo scopo delle nuove disposizioni e' quello di avviare un riassetto complessivo   delle   zone   degradate   a   causa   del  proliferare dell'abusivismo  edilizio.  Quanto  innanzi, tenuto conto, da un lato del   particolare   pregio  storico,  architettonico,  paesistico  ed ambientale   di   determinati   ambiti  territoriali  e,  dall'altro, dell'esigenza   di   prevedere   appositi  strumenti  sanzionatori  e sostitutivi in caso di inerzia degli enti locali nella adozione degli strumenti urbanistici generali (art. 32, commi 7 e 8).
 In  base  al  comma  2  dell'art.  32,  la normativa sul condono e' disposta  nelle  more  dell'adeguamento della disciplina regionale ai principi  contenuti  nel  testo unico sull'edilizia di cui al decreto del  Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, conformemente a quanto previsto dal nuovo Titolo V della Costituzione, con il quale e'  stata  introdotta una nuova configurazione dei rapporti tra fonti normative statali e regionali.
 Al  riguardo,  appare  opportuno evidenziare quanto affermato dalla Corte  costituzionale  con  le  sentenze  numeri  196,  198 e 199 del 28 giugno 2004. La Consulta ha chiarito che:
 1)   il   legislatore   statale   puo'   sempre   incidere  sulla sanzionabilita'  penale  e  dispone  di  assoluta discrezionalita' in materia   di   estinzione   del   reato   o  della  pena,  o  di  non procedibilita';
 2)  nei  settori  dell'urbanistica  e  dell'edilizia,  come  gia' affermato  nelle sentenze della Consulta numeri 303 e 362 del 2003, i poteri  legislativi  regionali sono ascrivibili alla nuova competenza di tipo concorrente in tema di governo del territorio;
 3)  l'effetto  estintivo  penale,  al verificarsi dei presupposti previsti  dalla  legge,  si  produce  a prescindere dalla concessione della sanatoria amministrativa;
 4)  la  particolare struttura del condono edilizio presuppone una accentuata  integrazione  fra il legislatore statale ed i legislatori regionali:  ne  consegue  che  l'adozione della legislazione da parte delle regioni appare non solo opportuna, ma doverosa, e da esercitare entro  il  termine  determinato dal legislatore nazionale, decorso il quale non potra' che trovare applicazione la normativa statale;
 5)   non  e'  ammessa,  da  parte  delle  regioni,  l'unilaterale inapplicabilita'  nei  territori  regionali  di  un testo legislativo statale esplicitamente riferito all'intero territorio nazionale.
 Le  disposizioni  normative  statali vigenti si applicano fino alla data  di  entrata in vigore delle disposizioni regionali, fatte salve le  materie  appartenenti alla legislazione esclusiva statale e ferma restando  l'applicazione  delle disposizioni statali vigenti nel caso in cui le regioni non abbiano emanato proprie leggi.
 Con  decreto-legge  n. 168 del 12 luglio 2004, di recepimento delle suddette  sentenze,  sono  stati  modificati  i termini gia' previsti nella   legge  24 novembre  2003,  n.  326,  e  successivamente,  con decreto-legge  n.  282  del 29 novembre 2004 sono stati ulteriormente prorogati i termini in materia di definizione degli illeciti edilizi.
 In  tale  ambito,  pertanto,  le regioni entro quattro mesi possono emanare  la  legge  di  cui  al  comma  26  con  cui  determinare  la possibilita',  le  condizioni  e  le modalita' per l'ammissibilita' a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio di cui all'allegato 1 della legge n. 326/2003.
 Nel  quadro  delle  finalita'  perseguite  dalla  suddetta legge n. 326/2003,   e'   stata   mantenuta   in   capo   al  Ministero  delle infrastrutture  e  dei  trasporti la competenza a fornire il supporto alle  amministrazioni  comunali, d'intesa con le regioni interessate, ai  fini dell'applicazione della nuova normativa sul condono edilizio e per il coordinamento della stessa con le leggi n. 47 del 1985 e con l'art. 39 della legge n. 724 del 1994 (art. 32, comma 5).
 Tra le attivita' di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei  trasporti  si  segnala inoltre la costituzione dell'Osservatorio nazionale   dell'abusivismo   edilizio.   Suo   principale  strumento operativo  e'  la  creazione, in collaborazione con le regioni, di un sistema  informativo  nazionale  necessario  anche  per il referto al Parlamento,  previsto  dal  comma  3  dell'art.  9  del decreto-legge 23 aprile  1985  convertito,  con modificazioni dalla legge 21 giugno 1985, n. 298, relativa allo stato di attuazione e all'efficacia delle norme relative alla vigilanza urbanistica ed edilizia. L'Osservatorio puo'  costituire,  inoltre,  un  punto  di  raccolta, di analisi e di interpretazione   dei   dati  di  cui  si  avvalgono  le  Istituzioni competenti  al  fine di individuare gli elementi sociali, economici e territoriali  che  favoriscono il fenomeno dell'abusivismo edilizio e di  consentirne  una  migliore conoscenza per le necessarie azioni di contrasto.
 A  tal  fine,  con  decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,  d'intesa  con  il  Ministro  dell'interno,  in  corso  di definizione,   saranno   aggiornate   le   modalita'   di  redazione, trasmissione,   archiviazione   e   restituzione  delle  informazioni contenute  nei  rapporti di cui all'art. 31, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
 Occorre  evidenziare  che,  per  quanto  non  previsto  dalle nuove disposizioni  sul  condono edilizio, si applicano, se compatibili, le norme  della  legge  n.  47/1985  e l'art. 39 della legge n. 724/1994 (art. 32, comma 28, della legge n. 326/2003).
 Tuttavia  le  modifiche  apportate  dal  citato art. 32 alle stesse leggi,  non  si applicano alle domande gia' presentate ai sensi delle predette normative (art. 43-bis della legge n. 326/2003).
 Sono  fatte  salve  anche  le  domande  gia'  presentate  ai  sensi dell'art.   40,   comma  6  della  legge  n.  47/1985  relativo  alla eccezionale   ipotesi   di   sanatoria   per   immobili   oggetto  di trasferimento  derivante  da  procedure esecutive, nonche' le ipotesi previste  dal  comma  59 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
 Il  comma  6  dell'art. 40 della legge n. 47/1985, e le altre norme sopra richiamate, pertanto, devono essere lette alla luce della nuova normativa  sul condono, reputandosi possibile la domanda di sanatoria purche' la presentazione della stessa avvenga entro centoventi giorni dall'atto  di  trasferimento  dell'immobile  e le ragioni del credito siano  sorte  anteriormente  alla  data  di  entrata  in  vigore  del decreto-legge n. 269/2003 (1° ottobre 2003).
 L'eccezione  prevista  da tale norma e' giustificata dalla esigenza di  consentire  agli acquirenti sulla base di una procedura esecutiva di  regolarizzare  l'acquisto di immobili dei quali, al momento della insorgenza  delle  ragioni  di  credito, non era conosciuta la natura abusiva.
 Del  pari  deve  ritenersi  applicabile  la norma di cui al comma 1 dell'art.  39  della  legge n. 724/1994, secondo la quale i limiti di cubatura  entro  i  quali  e'  consentita  la  sanatoria  non trovano applicazione in caso di annullamento del permesso di costruire.
 Come  specificato nella circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 2241/UL del 17 giugno 1995, tale norma piu' favorevole trae la sua giustificazione  nel  fatto  che,  trattandosi  di titolo abilitativo prima  rilasciato  e  poi  revocato, appare prioritaria l'esigenza di garantire l'affidamento ingenerato in capo al soggetto interessato al momento del rilascio del permesso di costruire.
 Per  quanto infine concerne l'applicazione delle leggi n. 47/1985 e n.  724/1994  si  fa  espresso  rinvio alle circolari applicative del Ministero  dei  lavori  pubblici  rispetti-vamente 30 luglio 1985, n. 3357/25  e 17 giugno 1995, n. 2241/UL, nonche' alle altre circolari e interpretazioni   fornite   dal  Ministero  dei  lavori  pubblici  su specifici argomenti. 2. Termini per la presentazione della domanda di sanatoria, oblazione ed oneri concessori.
 Le  sentenze della Corte costituzionale numeri 196, 198 e 199 fanno salva  la  possibilita'  delle  regioni  di disciplinare, con proprie leggi,  le  modalita'  di  presentazione  delle  domande  di condono, disciplinando  diversamente anche gli effetti del prolungato silenzio del  comune  sulle  domande stesse. Compete, inoltre, alle regioni la facolta'  di  disciplinare  diversamente  dalla  normativa statale la misura  dell'anticipazione  degli  oneri  concessori  e  le  relative modalita' di versamento.
 In  esecuzione  della citata sentenza e' stato emanato l'art. 5 del decreto-legge   12 luglio   2004,  n.  168,  convertito  dalla  legge 20 luglio 2004, n. 191.
 In mancanza di disciplina regionale, da emanarsi entro quattro mesi dall'entrata   in  vigore  del  decreto-legge  n.  168/2004,  trovano applicazione  le  regole  stabilite  nella  normativa nazionale, come modificata   dalla   suddetta   legge  30 luglio  2004,  n.  191,  di conversione  del  citato  decreto-legge  n.  168,  recante interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica.
 La  domanda  di  condono deve essere accompagnata dall'attestazione del   pagamento   dell'oblazione  e  dell'anticipazione  degli  oneri concessori, secondo le misure e le modalita' indicate nell'allegato 1 della legge.
 La  presentazione  della  istanza  per la definizione dell'illecito edilizio  al  comune  competente,  con  l'attestazione suddetta, deve avvenire,   a  pena  di  decadenza,  tra  l'11 novembre  2004  ed  il 10 dicembre  2004.  Alla domanda va allegata la documentazione di cui al comma 35 dell'art. 32.
 In  base  all'art. 5, comma 2-bis, della legge n. 191/2004, al fine di  salvaguardare  il principio dell'affidamento, le domande relative alla  definizione  degli  illeciti  edilizi presentate fino alla data della  pubblicazione  nella  Gazzetta Ufficiale della citata sentenza della  Corte costituzionale n. 196 del 2004 restano salve a tutti gli effetti,  salva  diversa  statuizione delle leggi regionali di cui al comma 26 dell'art. 32 del decreto-legge n. 326/2003, convertito dalla legge n. 326/2903. In ogni caso restano salvi gli effetti penali.
 Per  quanto concerne le domande di sanatoria presentate tra la data di  entrata  in vigore del citato decreto-legge n. 168/2004 e la data di  entrata in vigore della legge di conversione n. 191/2004, restano salvi   i   soli  effetti  penali,  salva  diversa  statuizione  piu' favorevole delle citate leggi regionali.
 Con  decreto-legge n. 282 del 29 novembre 2004, convertito in legge n.  307  del  27 dicembre  2004  all'art.  10  sono stati prorogati i termini,  gia'  previsti  nella  legge  24 novembre  2003, n. 326, in materia di definizione di illeciti edilizi.
 Il comma 33 dello stesso art. 32 della legge n. 326/2003 prevede la possibilita'  per  le regioni di emanare norme per la definizione del procedimento   amministrativo   relativo   al   rilascio  del  titolo abilitativo edilizio in sanatoria.
 Pertanto,  le regioni possono con proprie norme prevedere l'onere a carico  degli interessati di presentazione di altri documenti oltre a quelli  previsti  dalla  legge  statale, purche' cio' non comporti un inutile appesantimento del procedimento.
 Il    comma   37   dell'art.   32   prevede   la   formazione   del silenzio-assenso,  con  effetti  equivalenti  al  rilascio del titolo abilitativo   edilizio   in   sanatoria,   sulla   domanda  trascorsi ventiquattro  mesi  dalla data del 30 giugno 2005 senza l'adozione di un   provvedimento  negativo  del  comune,  a  condizione  che  siano soddisfatti tutti gli adempimenti previsti nello stesso comma 37. Per la  formazione  del silenzio-assenso, nel caso di immobili soggetti a tutela,  occorre  il  decorso  del termine di ventiquattro mesi dalla data  di  emanazione  del  parere  favorevole da parte dell'autorita' preposta alla tutela del vincolo.
 La  misura  dell'oblazione e' determinata nella tabella C, allegata alla  legge,  in  relazione  alla  destinazione  residenziale  o  non residenziale dell'opera da sanare.
 Mentre  per  gli abusi classificabili nelle tipologie 4, 5, 6 della tabella  C  la misura dell'oblazione, stante la minore gravita' degli stessi,  e' determinata in misura fissa, per le tipologie 1, 2 e 3 e' necessario  effettuare  il  calcolo  della  superficie  del manufatto abusivo   ed   applicare   l'oblazione  in  base  alla  categoria  di destinazione d'uso dell'immobile.
 Come  espressamente  previsto dal comma 39 dell'art. 32, e' esclusa qualsiasi   riduzione   dell'oblazione,   dovendosi,  in  tali  casi, escludere l'applicazione dei commi 13, 14, 15 e 16 dell'art. 39 della legge n. 724 del 1994.
 La  natura  eccezionale delle nuove norme sul condono edilizio e la volonta' di non estendere i benefici nei casi nei quali puo' apparire dubbia  la  situazione  di  estremo  disagio abitativo, ha indotto il legislatore  ad  escludere  ogni  tipo  di  decurtazione  in  sede di determinazione dell'oblazione.
 In  particolare,  pur  se  il  comma 16 dell'art. 39 della legge n. 724/1994  faceva  salve  espressamente  le  riduzioni di cui ai commi terzo,  quarto  e  settimo  dell'art.  34  della  legge  n.  47/1985, l'esclusione  dell'applicazione  del  citato  comma  16, prevista dal comma  39 dell'art. 32 della legge n. 326/2003, comporta anche la non applicabilita'  delle riduzioni stabilite dall'art. 34 della legge n. 47/1985.
 Per   quanto   concerne  gli  oneri  concessori,  gli  stessi  sono determinati  nella  misura dei costi per la realizzazione delle opere di  urbanizzazione  primaria e secondaria necessarie, nonche' per gli interventi   di   riqualificazione  igienico-sanitaria  e  ambientale attuati  dagli  Enti locali; in alternativa, gli oneri possono essere incrementati fino al massimo del 100 per cento con legge regionale.
 E'  facolta'  dei  comuni  perimetrare  i nuclei abusivi ed esigere somme  pari  al  costo  sostenuto  per  la  realizzazione delle opere pubbliche.  E'  possibile  lo scomputo del costo per la realizzazione delle  opere  pubbliche  che  puo' essere effettuato direttamente dai consorzi  dei  proprietari  solo  per  opere di importo inferiore a 5 milioni  di  euro.  Va doverosamente fatto presente che la norma alla quale  si  fa  riferimento  (art.  2,  comma 5, legge n. 109/1994) e' attualmente  soggetta  a  procedura  di  infrazione  da  parte  della Commissione  europea secondo la quale le opere realizzate nell'ambito di  una  lottizzazione  non  convenzionata  devono essere considerate pubbliche   e,   pertanto,   le   stesse  possono  essere  realizzate esclusivamente  con  ricorso  alla  normativa  sui  lavori  pubblici, attraverso appalti a terzi.
 Per  la  definizione  delle  domande  di sanatoria si applicano gli stessi  diritti  ed  oneri  stabiliti  per  il  rilascio  dei  titoli abilitativi  edilizi relativi alle medesime fattispecie, con facolta' da  parte del comune di incrementare i suddetti diritti ed oneri fino ad un massimo del 10 per cento.
 Sulle  modalita'  di  presentazione  della  domanda  e di pagamento dell'oblazione e degli oneri concessori si rinvia alla circolare n. 1 del  16 gennaio  2004  nonche' al decreto 14 gennaio 2004 (pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  14 del 19 gennaio 2004) del Ministero dell'economia  e  finanze,  fermo  restando  quanto  disciplinato, in particolare  in  merito  al  versamento degli oneri concessori, dalle regioni.
 In  ogni caso, e' possibile effettuare il versamento dell'oblazione tramite modulo postale suddiviso in tre sezioni, indicando:
 -  il  numero di conto corrente postale 255000, intestato a Poste italiane;
 - l'importo dovuto e liquidato;
 -  gli  estremi  identificativi  e  l'indirizzo  del richiedente; nonche', nello spazio riservato alla causale:
 - il comune dove e' ubicato l'immobile;
 -  il  numero  progressivo  indicato  nella  domanda  relativa al versamento, con riferimento alla natura del versamento in acconto o a saldo di rate dovute;
 - il codice fiscale del richiedente.
 Con decreto interdipartimentale di questo Ministero e del Ministero dell'economia  e delle finanze del 18 febbraio 2005 sono stabilite le modalita'  di  versamento  del  50  per  cento  della  somma dovuta a conguaglio  dell'oblazione  per  la  sanatoria  degli  abusi  edilizi direttamente al comune interessato. 3. Ambito soggettivo di applicazione.
 Circa  i  soggetti  legittimati alla presentazione della domanda di sanatoria,  l'art.  32  della  legge.  n.  326/2003  nulla  innova la disciplina contenuta nell'art. 31 della legge n. 47/1985.
 Nel  richiamare  pertanto  le indicazioni contenute nelle circolari applicative   del   Ministero  dei  lavori  pubblici  rispettivamente 30 luglio  1985,  n. 3357/25 e 17 giugno 1995, n. 2241/UL, si ritiene opportuno  indicare  brevemente  le principali categorie dei soggetti che hanno titolo a richiedere la sanatoria.
 Sono  legittimati, innanzitutto, i proprietari delle opere abusive. Va  precisato che in situazioni di condominio l'istanza potra' essere presentata   dall'amministratore   previa   delibera   dell'assemblea condominiale,   o,  in  caso  inerzia  dell'assemblea,  dallo  stesso amministratore nonche' da ogni singolo condomino.
 Nell'ipotesi  di  titolarita' del diritto sull'immobile da parte di una  persona  giuridica,  la  sanatoria dovra' essere richiesta dalla persona fisica che ne ha la rappresentanza legale.
 In  secondo  luogo,  possono  richiedere  la  sanatoria  i soggetti individuati  dall'art.  11  del testo unico dell'edilizia e, quindi i titolari   di  un  diritto  reale  sul  bene  quale  usufrutto,  uso, abitazione,  diritto  di superficie, ecc. nonche', in base al comma 3 dell'art.  31  della legge n. 47/1985, qualsiasi soggetto interessato al conseguimento della sanatoria stessa.
 Tale  ultima categoria puo' essere identificata in tutti i soggetti che  dalla sanatoria dell'abuso possono trarre un vantaggio giuridico ed economico.
 L'onere  della  sanatoria  deve  essere sopportato dal responsabile dell'abuso,  posto  che  l'art.  31,  comma 3, precisa che gli «altri soggetti  interessati»  hanno  diritto  di  rivalsa nei confronti del proprietario  per quanto concerne le spese sostenute per il pagamento sia dell'oblazione sia del contributo di concessione.
 Il  diritto  di  rivalsa  tuttavia  non  compete quando il soggetto interessato alla sanatoria sia esso stesso responsabile dell'abuso.
 Si  sottolinea  in  particolare  la  legittimazione del locatario a presentare  la  domanda  di  sanatoria  del  bene  abusivo,  a fronte dell'inerzia   del   proprietario,   nonche'   dei  congiunti  o  dei rappresentati  legali  o  volontari,  dei creditori nei confronti del proprietario dell'immobile abusivo, ecc.
 Il  condono  edilizio  potra' altresi' essere richiesto dall'autore dell'illecito  non  piu'  proprietario  dell'immobile per l'interesse agli  effetti  estintivi  dell'illecito  di  natura  sia  penale  che amministrativa.
 Infine    si   evidenzia   la   particolare   legittimazione   alla presentazione  di  autonoma  domanda di sanatoria, ai sensi dell'art. 38, comma 5 della legge n. 47/1985, da parte dei soggetti diversi dal proprietario  che  siano  interessati  a  beneficiare  degli  effetti estintivi  penali  corrispondendo  un'oblazione  nella misura del 30% rispetto  a  quella  dovuta  dal  proprietario. Trattasi dei soggetti indicati  dall'art.  29  del  testo  unico  dell'edilizia,  ossia  il titolare  del permesso di costruire, il committente, il costruttore e il direttore dei lavori, ove diversi dal proprietario, fermo restando che  gli  effetti di estinzione del reato, nei confronti dei predetti soggetti,  opera  anche  nel  caso  di  mancata  presen-tazione della domanda  di  sanatoria ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, nonche' in caso di diniego del rilascio del medesimo.
 Il  comma  31  chiarisce  che  il  titolo  abilitativo  edilizio in sanatoria non comporta limitazioni ai diritti dei terzi, in quanto il provvedimento  di sanatoria e' finalizzato unicamente a regolamentare il rapporto tra il privato e la pubblica amministrazione ed e' quindi inidoneo a comprimere i diritti soggettivi dei terzi. 4. Ambito oggettivo di applicazione.
 Anche  per  quanto  concerne l'ambito oggettivo di applicazione, la Corte  costituzionale  ha  fatto salva, in ogni caso, la possibilita' per le leggi regionali di determinare limiti volumetrici da ammettere a  sanatoria  in  misura  inferiore a quelli previsti dal legislatore statale.  In  mancanza  di  disciplina  regionale  trova applicazione quanto stabilito dalle norme nazionali.
 Ai  sensi  del comma 25 dell'art. 32 della legge n. 326 del 2003, i capi  IV  e  V  della legge n. 47/1985, e successive modificazioni ed integrazioni,  come  successivamente  modificate  dall'art.  39 della legge  n.  724/1994,  e successive modifiche ed integrazioni, nonche' dall'art. 32 della legge n. 326/2003, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003.
 Il legislatore fa riferimento a due fattispecie:
 - ampliamenti:
 sono  condonabili,  indipendentemente  dalla destinazione d'uso (residenziale o non residenziale), le opere abusive ove non superino, alternativamente,  i  750 mc. ovvero il 30 per cento della volumetria della costruzione originaria;
 - nuove costruzioni.
 Per  le  nuove costruzioni residenziali, il comma 25 prevede che le suddette disposizioni si applichino alle opere abusive ultimate entro il  31 marzo  2003  non  superiori a 750 mc. per singola richiesta di titolo abilitativo in sanatoria, a condizione, tuttavia, che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3000 mc.
 In  caso  di  superamento  di  quest'ultimo  limite,  pertanto,  e' preclusa  ogni  forma di sanatoria, salva la doverosa riconduzione al limite   dei  3000  mc.  con  demolizione  delle  opere  scorporabili eccedenti.  In  questo  caso,  alla  domanda di sanatoria deve essere allegato  un  atto  d'obbligo da parte dell'interessato a demolire le parti  eccedenti  i  3.000  mc. Il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria    e'    condizionato   dall'effettiva   esecuzione   delle demolizioni,  che deve avvenire con le modalita' indicate dalle norme relative  al  completamento  delle  opere abusive (art. 35, comma 14, della legge n. 47/1985).
 Qualora,   invece,   non   risulti   oggettivamente   possibile  la demolizione  delle  opere  eccedenti il suddetto limite, la sanatoria sara'  preclusa.  Per le nuove costruzioni con destinazione d'uso non residenziali,  invece,  come  previsto  dai  precedenti  condoni,  la sanatoria  e' ammessa anche oltre i limiti volumetrici previsti per i manufatti residenziali.
 Si  precisa che per costruzioni non residenziali si intendono tutti gli  immobili  finalizzati alla produzione di beni e/o servizi, o con destinazioni  d'uso  terziarie e direzionali, come identificate dagli strumenti di pianificazione comunale.
 Relativamente  al  concetto  di  ultimazione,  si  rinvia  a quanto previsto  dal  comma  2  dell'art. 31 della legge n. 47/1985, nonche' dalle  circolari  del  Ministero  dei  lavori pubblici n. 3357/25 del 30 luglio 1985 e n. 2241/UL del 17 giugno 1995.
 In  base  alla  norma  sopracitata, debbono intendersi ultimati gli edifici  nei  quali  sia  stato  eseguito  il rustico e completata la copertura.
 Al  riguardo,  la  giurisprudenza  ha precisato che la disposizione contenuta  nell'art.  31, comma 2, della citata legge n. 47/1985 deve essere  intesa  nel  senso  che  l'esecuzione  del rustico implica la tamponatura  dell'edificio stesso, con conseguente non sanabilita' di quelle  opere ove manchino in tutto o in parte i muri di tamponamento che   determinano   l'isolamento  dell'immobile  dalle  intemperie  e configurano  l'opera  nella  sua  fondamentale volumetria (cfr. Cass. pen.,  Sez.  III,  12 aprile  1999,  n.  6548;  Cons.  Stato, Sez. V, 20 ottobre 2000, n. 5638).
 Le opere interne agli edifici gia' esistenti e quelle non destinate alla  residenza,  si  devono  intendere ammissibili al condono quando siano   state   completate  funzionalmente  e  cioe'  siano  tali  da identificare  la  possibilita'  di uso in relazione alla funzione cui sono destinate.
 Per  le nuove costruzioni, l'intervento deve reputarsi ultimato nel momento  in  cui  e'  definita  la  volumetria  relativa, non essendo comunque  ammissibili  aggiunte  successive  all'immobile  oggetto di sanatoria, nell'ambito delle opere di completamento. 5. Tipologie di abuso sanabili.
 La  Corte costituzionale ha fatto salva la facolta' del legislatore regionale   di  determinare  la  possibilita',  le  condizioni  e  le modalita'  per  l'ammissibilita' a sanatoria di tutte le tipologie di abuso  edilizio  di  cui  all'allegato 1  della legge n. 326/2003. In mancanza   di  disciplina  regionale  si  applicano  le  disposizioni nazionali.
 Il  comma  26  dell'art. 32 della legge n. 326/2003, facendo rinvio all'allegato  1  della  medesima  legge,  stabilisce  quali  siano le tipologie  di  abuso  ammesse  a  sanatoria  in base al nuovo condono edilizio. Le stesse sono state aggiornate e modificate, rispetto alla definizione   originaria   contenuta   nella   legge   n.  47/1985  e riconfermata  dalla  legge  n.  724/1994.  Si  e'  tenuto  conto  sia dell'entrata   in   vigore   delle  norme  relative  alla  disciplina dell'attivita'  edilizia,  contenute nel decreto del Presidente della Repubblica  6 giugno  2001, n. 380, sia dell'esigenza di semplificare l'individuazione  dell'abuso edilizio, in relazione alla categoria di intervento  eseguito.  Permane,  comunque,  la  classificazione delle tipologie di abusi in relazione alla gravita' dell'illecito commesso.
 Tipologia  1:  si  tratta  dei cosiddetti abusi sostanziali, vale a dire  di  opere  realizzate  in  assenza  o in difformita' del titolo abilitativo  edilizio  e  non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
 Tipologia  2:  si  tratta dei cosiddetti abusi formali, vale a dire opere  realizzate  in assenza o in difformita' del titolo abilitativo edilizio,  ma  conformi  alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli  strumenti  urbanistici  alla  data  di entrata in vigore delle nuove norme sul condono edilizio.
 Tipologia  3:  opere  di  ristrutturazione  edilizia  come definite dall'art.  3,  comma  1,  lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica  6 giugno  2001,  n.  380,  realizzate  in  assenza  o  in difformita' dal titolo abilitativi edilizio.
 Relativamente  alla  fattispecie  della  ristrutturazione edilizia, appare   opportuno   rinviare  a  quanto  contenuto  nella  circolare interpretativa  del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 4174  del 7 agosto 2003 (in Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25 novembre 2003),  relativa  alla  inclusione  dell'intervento  di demolizione e ricostruzione  nella  categoria  della  ristrutturazione edilizia. Ai sensi  dell'art.  3,  lettera  d) del testo unico sull'edilizia, sono qualificabili  come  interventi  di  ristrutturazione edilizia quelli rivolti  a  trasformare  gli  organismi  edilizi  mediante un insieme sistematico  di opere che possono portare alla creazione di organismo edilizio  in  tutto o in parte diverso dal precedente. Gli interventi comprendono   il  ripristino,  la  sostituzione  di  alcuni  elementi costitutivi    dell'edificio,    l'eliminazione,    la   modifica   e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.
 La  definizione  contenuta  nell'art.  3,  comma  1, lettera d) del decreto   del  Presidente  della  Repubblica  n.  380/2001  riproduce sostanzialmente  quanto  previsto dalla lettera d) dell'art. 31 della legge n. 457/1978.
 Tuttavia,   il   legislatore,   al   fine   di   chiarire  l'esatto inquadramento  di  una  fattispecie  che  in  passato ha dato adito a discordanti   orientamenti   giurisprudenziali,   ha   aggiunto   che nell'ambito   degli  interventi  di  ristrutturazione  edilizia  sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le  sole  innovazioni  necessarie  per  l'adeguamento  alla normativa antisismica.
 Tale  formulazione  discende dalle modifiche introdotte dal decreto legislativo  n.  301  del 2002, adottato in attuazione della legge n. 443/2001,  in  quanto  la  ristrutturazione edilizia come configurata nella  originaria versione del testo unico imponeva anche la perfetta identita',  tra  nuova  e  vecchia  costruzione, non solo di volume e sagoma, ma anche di area di sedime e caratteristiche dei materiali.
 La  qualificazione  come ristrutturazione edilizia degli interventi di  demolizione  e ricostruzione, nei limiti sopra indicati, consente agli interessati di conformarsi agli strumenti urbanistici, di regola meno  restrittivi,  del  tempo  in  cui  fu  rilasciata  l'originaria concessione  per l'edificio demolito. Infatti, in tal caso, l'impatto urbanistico del manufatto e' stato gia' valutato dall'amministrazione al momento del rilascio del titolo abilitativo originario.
 Qualora, invece, l'edificio ricostruito si differenzi anche per uno solo  dei  due  elementi  suddetti  rispetto  a quello originario, la fattispecie deve essere considerata come nuova costruzione, e ad essa saranno applicabili le norme dello strumento urbanistico attuale.
 Per  quanto concerne il titolo abilitativo necessario per procedere ad  un  intervento  di ristrutturazione edilizia, l'art. 10, comma 1, lettera  c), del testo unico sull'edilizia, come da ultimo modificato dal   decreto   legislativo  n.  301/2002,  considera  trasformazione urbanistica    ed    edilizia   del   territorio,   con   conseguente assoggettamento   a   permesso   di   costruire,  gli  interventi  di ristrutturazione  edilizia che portino alla creazione di un organismo in  tutto  o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di  unita'  immobiliari,  modifiche  del  volume,  della  sagoma, dei prospetti  o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi  nelle zone omogenee A, comportino mutamenti di destinazione d'uso.
 Il  legislatore,  pertanto,  sotto  questo  profilo, ha individuato quegli   interventi   di   ristrutturazione  edilizia  che,  a  causa dell'incidenza  sul  peso urbanistico dell'area, richiedono il previo rilascio  del  permesso  di  costruire,  mentre  le  ristrutturazioni edilizie   di   portata   minore,  non  comportando  una  sostanziale alterazione dello stato dei luoghi, possono essere realizzate in base ad una denuncia di inizio di attivita'.
 L'art.  10,  comma  1, lettera c), del testo unico sull'edilizia fa espresso  riferimento  alle  modifiche dei volumi, con cio' dovendosi ritenere,  conformemente  alla  prevalente  giurisprudenza,  le  sole diminuzioni  o le traslazioni di volumi preesistenti, configurandosi, invece,   una   fattispecie   riconducibile   a   nuova   costruzione l'intervento edilizio che determini un aumento di volumetria.
 Tale  distinzione  assume  importanza anche alla luce delle novita' introdotte   dalla   legge  n.  443/2001  e  dal  successivo  decreto legislativo  n.  301  del  2002,  con  i  quali  e' stata prevista la possibilita'  di  ricorrere  alla denuncia di inizio di attivita', in alternativa  al  permesso  di  costruire, anche per gli interventi di ristrutturazione  di  cui  al citato art. 10, comma 1, lettera c) del testo  unico  sull'edilizia  (art.  22, comma 3, lettera a) del testo unico sull'edilizia).
 Trattasi  di  una  alternativa meramente procedurale che non incide sotto  alcun  aspetto  sulla  disciplina  sostanziale dell'intervento edilizio  di  cui trattasi. Cio' si desume dall'art. 31, comma 9-bis, del testo unico sull'edilizia, in base al quale le disposizioni dello stesso  art.  31  (riguardante  gli interventi eseguiti in assenza di permesso  di  costruire,  in  totale  difformita'  o  con  variazioni essenziali)  si  applicano  anche  agli  interventi  edilizi  di  cui all'art.  22,  comma  3, del testo unico, tra i quali rientrano anche gli  interventi  di  ristrutturazione  di  cui  all'art. 10, comma 1, lettera c) del testo unico sull'edilizia.
 Puo'  definirsi,  quindi,  «leggera»  la  ristrutturazione  che non comporta una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
 Essa  e'  assoggettata  a D.I.A. e la sua portata puo' desumersi «a contrario»  dalla individuazione degli interventi di cui all'art. 10, comma 1, lettera c) del testo unico sull'edilizia. La fattispecie, ai fini  del  condono,  puo'  assimilarsi  alla  figura  del  restauro e risanamento  conservativo  di cui alla tipologia n. 5 della tabella C allegata alla legge. n. 326/2003.
 La ristrutturazione cosiddetta «pesante», invece, la quale comporta una  trasformazione  urbanistica  ed  edilizia  del  territorio ed e' soggetta  in  alternativa  a  permesso  di  costruire  o a D.I.A., e' specificatamente  individuabile nella descrizione degli interventi di cui   all'art.  10,  comma  1,  lettere  b)  e  c)  del  testo  unico dell'edilizia.  In tal caso, ai fini del condono, occorre richiamarsi alla tipologia n. 3 della suddetta tabella C.
 Ne  consegue  che  rientrano  nella  tipologia  3 gli interventi di demolizione  e  ricostruzione  con  la  stessa  volumetria  e  sagoma dell'edificio  preesistente,  salvo  diversa  indicazione  fornita da leggi regionali, nonche' le opere di ristrutturazione edilizia aventi le  caratteristiche  di  cui  all'art.  10,  comma  1, lettera c) del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  380/2001, mentre gli stessi  possono  essere  assimilati  alla tipologia 5 se l'intervento edilizio   non   possa   essere   ricondotto   alla  categoria  della manutenzione straordinaria e presenti le seguenti caratteristiche:
 - non comporti aumento delle unita' immobiliari;
 -  non modifichi la sagoma, il volume, i prospetti o le superfici esistenti;
 -  non modifichi la destinazione d'uso in immobili compresi nelle zone A di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968.
 Tipologia  4:  Opere  di  restauro  e risanamento conservativo come definite dall'art. 3, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della  Repubblica  6 giugno  2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformita' dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all'art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444.
 Tipologia  5:  opere  di  restauro  e risanamento conservativo come definite dall'art. 3, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della  Repubblica  6 giugno  2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformita' dal titolo abilitativo edilizio.
 Tipologia  6:  opere  di  manutenzione straordinaria, come definite dall'art.  3,  comma  1,  lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica  6 giugno  2001,  n.  380,  realizzate  in  assenza  o  in difformita'  dal  titolo  abilitativo edilizio; opere o modalita' non valutabili in termini di superficie o di volume.
 Nel  concetto  di  titolo abilitativo edilizio deve ricomprendersi, ovviamente,  anche la denuncia di inizio di attivita', in quanto atto formatosi   implicitamente   a  seguito  di  comunicazione  da  parte dell'interessato.
 Per   quanto   concerne  i  mutamenti  di  destinazione  d'uso,  la fattispecie,  se  realizzata  senza  opere,  salvo diversa disciplina regionale,  deve  ricondursi ad interventi non assoggettati al previo rilascio  del  titolo  abilitativi.  In  tal  senso si e' espresso il Consiglio  di  Stato  (cfr.  sez.  V, 10 marzo 1999, n. 231 e sez. V, 14 maggio  2003,  n.  2586) e la Corte costituzionale (sentenza n. 73 dell'11 febbraio 1991).
 Ne  deriva  che,  conformemente a quanto affermato nella piu' volte richiamata   circolare   n.   2241/UL   del   17 giugno  1995,  sulla problematica  in  questione  (per  quanto  non  in  contrasto  con le disposizioni  soprav-venute)  ed  anche  alla  luce  della  legge  n. 326/2003,  non  si reputa necessaria la sanatoria per il mutamento di destinazione d'uso meramente funzionale.
 La  giurisprudenza  ha avuto modo di sottolineare, al riguardo, che la  diversa  utilizzazione  di  un  edificio,  attuata  senza  opere, costituisce  esercizio  di  «jus utendi» che, diversamente dallo «jus aedificandi»,  non  rientra,  salvo  diversa  legislazione regionale, nella disciplina urbanistico-edilizia generale.
 Nel  caso  in  cui avvenga un mutamento di destinazione d'uso senza opere,  in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, si  deve  ritenere  ammissibile  la  presentazione  di una domanda di sanatoria.   Cio'   in   quanto   la  definitiva  introduzione  della destinazione  d'uso,  utilizza  la  tipologia  3,  trattandosi di una variazione  che  comporta  un  aumento  degli  standard  urbanistici. Qualora,  viceversa,  il mutamento di destinazione d'uso sia conforme alle  prescrizioni  urbanistiche  e  agli  strumenti  di  piano e sia disciplinata  con legge regionale che preveda la presentazione di una denuncia  di inizio attivita', la tipologia di abuso da utilizzare e' la n. 6.
 Il mutamento di destinazione d'uso realizzato con opere non diverge da  quanto  previsto  dalla legge n. 47/1985. Si rinvia pertanto alla disciplina   dei  precedenti  condoni,  avendo  anche  riguardo  alle normative  regionali.  Tuttavia,  per  individuare  correttamente  la tipologia  di  abuso  relativa  al  mutamento  di  destinazione d'uso realizzata  attraverso opere edilizie, occorre effettuare la concreta verifica  della  natura  delle  opere  stesse. Pertanto, l'abuso puo' rientrare, a seconda dei casi, nella tipologia 3, ovvero 4 o 5. 6. Immobili sottoposti a vincolo.
 La  possibilita'  di  sanatoria  per  le  opere  realizzate in aree sottoposte  a  vincolo e' regolata dagli articoli 32 e 33 della legge n.  47 del 1985, nonche' dal comma 27 dell'art. 32 della legge n. 326 del 2003.
 L'art. 32 della legge n. 47 del 1985, come sostituito dall'art. 32, comma  43,  della  legge  n. 326/2003, pone un principio di carattere generale  in base al quale il rilascio della concessione in sanatoria per   le  opere  realizzate  su  immobili  sottoposti  a  vincolo  e' subordinato  al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso.
 In  particolare,  il  riformulato  art.  32  della legge n. 47/1985 prevede per tutte le tipologie di vincolo che, decorso inutilmente il termine  di  centottanta  giorni  dalla  data  di  ricevimento  della richiesta di parere, si formi il silenzio-rifiuto (a differenza della precedente  disciplina  che  prevedeva in alcuni casi il formarsi del «silenzio-assenso»).
 Al  fine  di  accelerare  la procedura di valutazione delle istanze volte  al  rilascio  del  parere suddetto e consentire la contestuale valutazione  degli interessi coinvolti nella fattispecie, e' prevista la  convocazione  di  una conferenza di servizi da parte dell'ufficio comunale competente, secondo quanto previsto dal comma 6 dell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001.
 Il  motivato  dissenso in sede di conferenza di servizi espresso da una     amministrazione     preposta    alla    tutela    ambientale, paesaggistico-territoriale  (compresa la soprintendenza), alla tutela del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria.
 L'art. 33 della legge n. 47 del 1985, al quale fa rinvio l'art. 32, comma 27, della legge n. 326/2003, dispone che sono insuscettibili di sanatoria le opere realizzate abusivamente, quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, sempre che questi comportino inedificabilita' e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere suddette:
 a) vincoli  imposti  da  leggi  statali e regionali nonche' dagli strumenti  urbanistici  a  tutela  di  interessi  storici, artistici, architettonici,     archeologici,     paesistici,    ambientali    ed idrogeologici;
 b) vincoli  imposti  da  leggi statali o regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;
 c) vincoli imposti a tutela degli interessi della difesa militare e della sicurezza interna;
 d) ogni altro vincolo che comporti l'inedificabilita' delle aree.
 Il  comma  2 del citato art. 33 prevede, inoltre, che siano escluse dalla   sanatoria   le   opere  realizzate  su  edifici  ed  immobili assoggettati   a   tutela  dalla  legge  n.  1089/1939  (ora  decreto legislativo  22 gennaio  2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e che non siano compatibili con la legge medesima.
 Ulteriori  ipotesi  di insanabilita' delle opere abusive realizzate in zone vincolate sono previste dal comma 27 dell'art. 32 della legge n. 326/2003 e, in particolare, dai punti d) ed e).
 In  particolare, per quanto concerne la fattispecie di cui al punto d),  perche'  l'intervento  posto  in  essere  debba considerarsi non sanabile occorre la compresenza dei seguenti presupposti:
 1)  sussistenza  di vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali  a  tutela  degli  interessi  idrogeologici  e  delle falde acquifere,  dei  beni  ambientali  e paesistici, nonche' dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali;
 2)   anteriorita'  della  imposizione  del  vincolo  rispetto  al compimento dell'abuso;
 3)  presenza  di opere realizzate in assenza o in difformita' del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
 Tale quadro di riferimento sembrerebbe consentire esclusivamente la sanatoria  degli  abusi  meramente formali, cioe' degli interventi di cui  al  suddetto  punto d) del comma 27 ma realizzati in conformita' alle   norme   urbanistiche  ed  alle  prescrizioni  degli  strumenti urbanistici  alla  data  di  entrata  in  vigore del decreto legge n. 269/2003 (1° ottobre 2003).
 Tuttavia,  la  disposizione contenuta nel punto d) del citato comma 27  appare mitigata in presenza dei presupposti previsti dal comma 1, ultima  parte,  del  novellato  art. 32 della legge n. 47 del 1985, e cioe'  con  riferimento  a violazioni relative ad altezza, distacchi, cubatura,  o superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte.
 Del  pari  deve  ritenersi ammessa la sanatoria delle opere interne pur  in  contrasto con gli strumenti urbanistici in zone sottoposte a vincolo  paesaggistico  per  le quali gia' non sussiste l'obbligo del previo nullaosta ambientale (cfr. art. 152 del decreto legislativo n. 490/1999  e,  dal  1° maggio  2004,  art. 149 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 41 - Codice dei beni culturali e del paesaggio).
 Quanto  al  punto  e)  del comma 27, non sembra che possano sorgere dubbi  interpretativi.  La  norma  esclude  la sanatoria per tutte le opere  realizzate  su  immobili  dichiarati  monumento  nazionale con provvedimenti  aventi  forza  di  legge  o  dichiarati  di  interesse particolarmente  rilevante  ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 490/1999.
 Al  di fuori dei casi suddetti, la sanatoria e' ammissibile secondo il  procedimento  delineato dal riformulato art. 32 della legge n. 47 del 1985. 7. Esclusioni della sanatoria.
 Oltre  ai  casi di cui ai punti d) ed e) del comma 27 dell'art. 32, sono espressamente escluse dal condono le opere:
 non    suscettibili   di   adeguamento   antisismico   ai   sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003 pubblicata  nel  supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell'8 maggio  2003,  che  detta  nuovi  criteri  di  classificazione sismica  del territorio nazionale, sulla base di quattro tipologie di zone;
 realizzate  su  aree  pubbliche  qualora non ne venga ordinata la messa in disponibilita' a titolo oneroso;
 realizzate  su aree boscate o su pascolo, i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco nell'ultimo decennio;
 realizzazione  nei  porti  e  nelle aree del demanio marittimo, lacuale  e  fluviale  nonche'  in  terreni  gravati da diritto di uso civico.
 E'  altresi'  prevista  un'ipotesi  di esclusione soggettiva per le opere  eseguite  dal  proprietario,  o  avente  causa, condannato con sentenza  definitiva  per  i  delitti  di  cui agli articoli 416-bis, 648-bis e 648-ter del codice penale o da terzi per suo conto. 8. Disposizioni per contrastare l'abusivismo edilizio.
 Oltre alle disposizioni relative al rilascio del titolo abilitativi in  sanatoria,  l'art.  32  contiene  una  serie  di  norme dirette a contrastare il fenomeno dell'abusivismo edilizio. Si citano le misure piu' importanti. a) Demolizione opere abusive.
 Il  comma  49-ter  dell'art.  32  della  legge  n.  326/2003  aveva sostituito  interamente  l'art.  41 del testo unico di cui al decreto del  Presidente  della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, configurando un   nuovo   ruolo  del  prefetto  nell'ambito  del  procedimento  di repressione  dell'abusi-vismo edilizio. Il comma succitato, tuttavia, e' stato dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 196 del 2004. Pertanto,  rivive  il  testo  dell'art. 41 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  380 del 2001 nel contenuto vigente prima della sostituzione  operata  dal  comma  49-ter dell'art. 32 della legge n. 326/2003.
 Al  fine  di  sostenere  l'attivita' di repressione dell'abusivismo edilizio,  presso  la Cassa depositi e prestiti e' istituito un fondo di  rotazione  denominato  «fondo  per  le  demolizioni  delle  opere abusive»  dotato  del  l'importo massimo di 50 milioni di euro per la concessione  ai  comuni  e  ai  soggetti  titolari  dei poteri di cui all'art.  27,  comma  2,  del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno  2001,  n. 380, di anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi  agli  interventi  di  demolizione delle opere abusive anche disposti  dall'autorita'  giudiziaria  e  per  le  spese giudiziarie, tecniche e amministrative connesse.
 Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con  il  Ministro  delle infrastrutture e dei trasporti del 23 luglio 2004  sono stabilite le modalita' e condizioni per la restituzione al fondo stesso delle suddette anticipazioni. b) Obblighi a carico delle aziende erogatrici di servizi pubblici.
 Oltre al divieto posto a carico delle aziende erogatrici di servizi pubblici  di  somministrare, sotto pena di nullita' del contratto, le forniture  ad  immobili  privi  del  titolo abilitativo gia' previsto dall'art. 45 della legge n. 47/1985 e recepito nell'art. 48 del testo unico  dell'edilizia,  il  comma 49-quater dell'art. 32 pone a carico delle  aziende  erogatrici  dei servizi pubblici e dei funzionari che stipulano  i  contratti  di somministrazione, l'obbligo, puntualmente sanzionato,  di  comunicare  al  sindaco  del  comune  ove e' ubicato l'immobile  le  richieste  di  allaccio  ai  pubblici  servizi con la contestuale indicazione del titolo abilitativo edilizio eventualmente anche in sanatoria.
 Al  riguardo  si chiarisce che il suddetto obbligo di comunicazione grava  solo  sul  soggetto  con  il  quale  il richiedente stipula il contratto  di  somministrazione,  indipendentemente  da  chi effettua materialmente l'allaccio.
 In  considerazione  delle  diverse  dimensioni  e delle esigenze di carattere  operativo ed amministrativo che caratterizzano l'attivita' dei  vari enti locali, la frequenza e le modalita' con cui effettuare la  trasmissione  al  sindaco del comune in cui e' ubicato l'immobile interessato dei dati indicati dall'art. 48 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  380/2001,  puo' essere concordata direttamente dall'azienda  erogatrice  con  l'ente  locale.  Deve  essere comunque garantita  al  sindaco  del comune interessato l'esatta conoscenza di tutti gli elementi indicati dalla suddetta disposizione.
 Con  riferimento  all'ambito  di  applicazione  del termine «titoli abilitativi»,  contenuto nell'art. 32, comma 49-quater della legge n. 326/2003,  e'  da  ritenere  che  lo  stesso  si riferisca anche alle dichiarazioni di inizio di attivita' cosi' come disciplinate dal capo III del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001. c) Incremento sanzioni pecuniarie per reati edilizi.
 Il  comma 47 dell'art. 32 prevede per le sanzioni pecuniarie di cui all'art.  44  del  decreto  del  Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, un incremento del cento per cento. d) Scioglimento del consiglio comunale.
 Allo  scopo  di  rafforzare  l'obbligo dei comuni con piu' di mille abitanti  di  dotarsi  degli strumenti di pianifi-cazione, il comma 7 dell'art.  32,  modificando  l'art.  141  del  testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267/2000) introduce una nuova causa di scioglimento  dei  consigli  comunali  prevedendo  anche  il relativo procedimento. e) Interventi repressivi contro le opere abusive.
 L'art.   32,  modificando  una  serie  di  norme  del  testo  unico sull'edilizia,   oltre   al   sopradetto  incremento  delle  sanzioni pecuniarie,   dispone   l'incremento   dei  poteri  repressivi  delle autorita' competenti.
 L'immediata  demolizione  delle  opere  edilizie  abusive  puo' ora essere  disposta  quando  il  dirigente  comunale  accerti  non  piu' soltanto  l'inizio ma altresi' l'esecuzione di opere abusive in tutti i  casi  di  difformita'  delle  stesse dalla normativa urbanistica o dalle prescrizioni degli strumenti di pianificazione.
 Per  le  opere  abusive realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale  o  soggetti  a  vincolo  storico-artistico  o  su  beni di interesse   archeologico   ovvero  su  immobili  soggetti  a  vincolo paesistico  con  vincolo  di  inedificabilita' assoluto, il potere di procedere  alla  demolizione  e'  attribuito  al  soprintendente,  su richiesta  della regione, del comune o delle altre autorita' preposte alla   tutela,  ovvero  decorso  il  termine  di  centottanta  giorni dall'accertamento   dell'illecito,   attraverso   la   nomina  di  un commissario  ad  acta o avvalendosi delle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa.
 Con  riguardo  alla  demolizione  delle opere abusive realizzate in assenza  di  permesso  di  costruire,  in  totale  difformita'  o con variazioni  essenziali,  com'e'  noto  l'art.  31, comma 9, del testo unico  sull'edilizia prevede che di tali opere il giudice penale, con sentenza  di  condanna  per  il reato di cui all'art. 44 dello stesso testo  unico,  ne  ordina  la  demolizione  se  ancora  non sia stata altrimenti eseguita.
 Si osserva, in merito, che la Corte di cassazione, III sez. penale, con recente sentenza n. 26105/2004 ha ritenuto legittimo un ordine di demolizione  disposto  dal  giudice  penale,  pur  in  pendenza di un giudizio  amministrativo promosso dall'interessato avverso il diniego di  sanatoria  emesso  dal  comune,  e  cio'  in  quanto non e' stata ritenuta  ottenibile  nel  giro  di brevissimo tempo la decisione del giudice amministrativo.
 Roma, 7 dicembre 2005
 Il vice Ministro
 delle infrastrutture e dei trasporti
 Martinat
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