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| Gazzetta n. 38 del 15 febbraio 2006 (vai al sommario) |  | PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA |  | DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 gennaio 2006 |  | Scioglimento  del  consiglio  comunale  di  Roccamena  e nomina della commissione straordinaria. |  | 
 |  |  |  | IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Considerato  che  nel  comune  di Roccamena (Palermo), i cui organi elettivi  sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 25 maggio  2003,  sussistono  forme  di  ingerenza della criminalita' organizzata, rilevate dai competenti organi investigativi;
 Constatato  che tali ingerenze espongono l'amministrazione stessa a pressanti  condizionamenti,  compromettendo  la libera determinazione degli  organi  ed  il  buon  andamento  della  gestione del comune di Roccamena;
 Rilevato,    altresi',    che   la   permeabilita'   dell'ente   ai condizionamenti  esterni  della  organizzazione  mafiosa arreca grave pregiudizio  allo  stato  della  sicurezza  pubblica  e  determina lo svilimento   delle  istituzioni  e  la  perdita  di  prestigio  e  di credibilita' degli organi istituzionali;
 Ritenuto  che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e  deterioramento  dell'amministrazione comunale, si rende necessario far  luogo  allo  scioglimento  degli  organi  ordinari del comune di Roccamena,  per  il ripristino dei principi democratici e di liberta' collettiva;
 Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
 Vista  la  proposta  del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
 Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione  del  24 gennaio  2006,  alla  quale  e'  stato  debitamente invitato il presidente della Regione siciliana;
 Decreta:
 Art. 1.
 Il  consiglio  comunale  di  Roccamena  (Palermo) e' sciolto per la durata di diciotto mesi.
 |  |  |  | Art. 2. La  gestione  del  comune  di  Roccamena (Palermo) e' affidata alla commissione straordinaria composta da:
 dott. Angelo Sinesio, viceprefetto;
 dott.ssa Maria Salerno, viceprefetto aggiunto;
 dott. Sebastiano Rigoli, dirigente area I.
 |  |  |  | Art. 3. La  commissione  straordinaria  per la gestione dell'ente esercita, fino  all'insediamento  degli  organi  ordinari  a norma di legge, le attribuzioni  spettanti  al  consiglio  comunale,  alla  giunta ed al sindaco  nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.
 Dato a Roma, addi' 26 gennaio 2006
 CIAMPI
 Berlusconi,  Presidente  del  Consiglio
 dei Ministri
 Pisanu, Ministro dell'interno Registrato alla Corte dei conti il 6 febbraio 2006 Ministeri istituzionali - Interno, registro n. 1, foglio n. 253
 |  |  |  | Allegato Al Presidente della Repubblica
 Il  comune  di  Roccamena  (Palermo),  i cui organi elettivi sono stati  rinnovati  nelle  consultazioni  amministrative  del 25 maggio 2003,  presenta  forme  di  ingerenze  da  parte  della  criminalita' organizzata   che  compromettono  l'imparzialita'  della  gestione  e pregiudicano  il  buon  andamento dell'amministrazione ed il regolare funzionamento dei servizi.
 Il  territorio  di  Roccamena  insiste  in un contesto geografico caratterizzato  da  un  radicato  sistema di interferenze nel tessuto economico e sociale messo in atto, anche con gravi azioni delittuose, dalle  consorterie  mafiose che, nel tempo, hanno espresso la propria capacita'  di  ingerenza  prevalentemente  nel  settore  delle  opere pubbliche.
 Gli   interessi   economici  della  consorteria  locale  si  sono consolidati  anche attraverso attivita' imprenditoriali relative allo sfruttamento di una cava di inerti ed alla gestione di un impianto di calcestruzzi  da  parte di una societa' riconducibile ad una famiglia mafiosa,  tra  i  cui componenti uno e' stato condannato per il reato associativo  mafioso  ed  un altro e' stato sottoposto alla misura di prevenzione  della  sorveglianza speciale ed alla confisca dei beni e dei complessi aziendali allo stesso formalmente intestati.
 L'effettiva   penetrazione  dell'organizzazione  criminale  nella gestione del comune e' attestata nel provvedimento giudiziario emesso in data 30 dicembre 2005 dal tribunale di Palermo, che ha disposto la custodia  cautelare  in  carcere  dell'organo  di  vertice dell'ente, imputato  dei reati di cui agli articoli 110 e 416-bis c.p. per avere concretamente  contribuito,  pur  senza  farne  formalmente parte, al rafforzamento  ed  alla realizzazione degli scopi dell'organizzazione «cosa   nostra»,  i  cui  componenti  si  avvalgono  della  forza  di intimidazione  del vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento ed omerta' che ne deriva per attivita' delittuose, per  la  gestione, diretta ed indiretta, ed il controllo di attivita' economiche,  di  concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti.
 Il  pericoloso  coinvolgimento  del  predetto  amministratore  in ambienti  della  criminalita'  organizzata  risulta  ricostruito  con chiara   evidenza   nel   provvedimento  sopraccitato,  che  colpisce pregiudicati di conclamato ed elevato spessore criminale, con uno dei quali  l'organo di vertice ha intrattenuto molteplici contatti mirati alla  gestione  illecita degli appalti pubblici e delle forniture. E' noto  che  proprio  il  settore  degli  appalti pubblici e' da sempre oggetto  della massima attenzione delle componenti mafiose, in quanto costituisce  fattore  di  occupazione,  di  conseguenza,  in  realta' carenti  come  quella  di Roccamena, in grado di convogliare consenso popolare.
 La strumentalizzazione del ruolo istituzionale, in funzione degli interessi della criminalita', nei settori dei lavori pubblici e delle forniture,  evidenzia  il  grado  di pregiudizio arrecato al regolare funzionamento dei servizi e definisce l'ampiezza della penetrazione e del condizionamento di tipo mafioso.
 Concorre   a   delineare  la  possibile  esposizione  al  rischio inquinante  la  fitta  rete  di  amicizie  e frequentazioni di alcuni componenti   del  consiglio  comunale  e  di  alcuni  dipendenti  con esponenti  della  consorteria  criminale;  cosi' come il quadro delle imputazioni  a  carico  di taluni, anche per reati contro la pubblica amministrazione, rivela atteggiamenti in palese contraddizione con il ruolo istituzionale rivestito.
 Gli accertamenti condotti ricostruiscono in maniera inconfutabile i  rapporti  di  confidenzialita', di fiducia e le cointeressenze tra l'organo  istituzionale,  che nella passata consiliatura ricopriva la carica  di  vice sindaco, ed esponenti della famiglia mafiosa colpiti dal provvedimento cautelare. La valenza di tali intrecci si evince in piu'  occasioni,  tra  le  quali rileva la vicenda della fornitura di cemento,  in  via  esclusiva,  riservata  ad  una ditta riconducibile all'organizzazione mafiosa.
 Risulta  sintomatica  di  una  gestione  affaristica dell'ente la trattazione   delle   pratiche   relative  ai  finanziamenti  per  la ricostruzione   post  terremoto  del  Belice  del  1968,  laddove  il responsabile  del  settore, allineandosi alle indicazioni dell'organo di  vertice,  provvedeva  a  modificare i progetti ed a manipolare le relative  pratiche  al  fine  di indirizzare, a favore di determinati soggetti,  la  concessione  dei  contributi,  sanando successivamente tutti gli illeciti compiuti.
 La  condizione  di  asservimento  agli  interessi  del  capomafia roccamenese,   dalla   quale   si   evince  altresi'  il  livello  di compromissione  degli  interessi  della  comunita' locale, emerge, in particolare,  negli  appalti di manutenzione degli impianti elettrici comunali e nella sistemazione di una conduttura idrica.
 Relativamente   all'esecuzione   dei   lavori   di   manutenzione straordinaria   dell'acquedotto   e'  stato  accertato  che  titolare dell'impresa  individuale  affidataria  dell'appalto e' un affine del citato   amministratore;   quest'ultimo   sarebbe  stato  l'effettivo esecutore dei lavori, ordinando la fornitura del cemento e procurando la disponibilita' di un escavatore necessario per il movimento terra, mentre  e'  emerso  che  la  gestione  dell'appalto  e delle relative modalita' di esecuzione sarebbero state sotto il controllo del locale capo mafia.
 Del   pari,   per   quanto  attiene  ai  lavori  di  manutenzione dell'impianto  elettrico,  e'  messo  in  luce il rapporto di stretta collaborazione,  se  non  addirittura  di  cogestione,  tra sindaco e capomafia.  Questi  avrebbero  convenuto  di affidare i lavori ad una ditta,  preferendola ad altra gia' destinataria di aggiudicazioni per diversi  appalti pubblici, allo scopo di prevenire eventuali indagini da parte delle forze dell'ordine sull'attivita' del comune. Ed invero la  ditta  pretermessa  e' riconducibile ad altro soggetto, anch'esso coinvolto  nel  provvedimento  di  custodia cautelare in carcere, nei confronti  del quale risultano accertati, da una parte, i rapporti di stretta   frequentazione   con   il   primo   cittadino,  dall'altra, l'inserimento  della  famiglia nell'organigramma mafioso, essendo uno dei  componenti  attualmente  recluso  per  il  reato di cui all'art. 416-bis c.p.
 Con  riguardo  ai  predetti  lavori di manutenzione dell'impianto elettrico   comunale,   risulta   che   il   titolare   della   ditta aggiudicataria  e'  stato  deferito  alla Procura della Repubblica di Termini  Imprese,  in  concorso  con  alcuni tecnici comunali, per il reato di turbata liberta' degli incanti.
 La   condizione   di   favoreggiamento   degli   interessi  della criminalita'  organizzata  si  rinviene  in una ulteriore vicenda che vede  il  fattivo  intervento  del  sindaco,  in  ragione  del  ruolo rivestito,   nella  procedura  di  rilascio  dell'autorizzazione  per l'attivita'  estrattiva  in  un terreno, di fatto di proprieta' della famiglia  mafiosa,  di  strategica  rilevanza per gli affari illeciti dell'intero sodalizio.
 Secondo  la  ricostruzione  delle  vicende,  operata dagli organi investigativi,  e'  possibile  asserire  che  la penetrante attivita' cruninosa ha sensibilmente alterato il ruolo, che la legge assegna al comune,  di ente esponenziale della comunita' di cittadini, portatore della rappresentanza generale dei loro interessi, contrapponendovi un potere di controllo estraneo alla dialettica democratica.
 Il complesso degli elementi riscontrati manifesta chiaramente che si  e'  determinato in quell'ente uno stato di alterazione del libero convincimento,  per  effetto delle interferenze e del condizionamento operato  dalla  consorteria  malavitosa,  che  hanno  pregiudicato le fondamentali  garanzie  democratiche,  hanno minato ogni principio di salvaguardia  della  sicurezza  pubblica  e  compromesso le legittime aspettative  della  popolazione ad esser garantita nella fruizione di diritti  fondamentali,  ingenerando  sfiducia  nella  legge  e  nelle istituzioni da parte dei cittadini.
 La precarieta' della situazione di quel comune risulta, altresi', attestata  dalla dissoluzione dell'organo consiliare conseguente alle dimissioni  della  maggioranza  del  corpo  consiliare,  nonche' alle dimissioni rassegnate dall'intera giunta.
 La  descritta  condizione esige un intervento risolutore mirato a rimuovere  i  legami  tra  l'amministrazione locale e la criminalita' organizzata  che arrecano grave e perdurante pregiudizio per lo stato generale dell'ordine e della sicurezza pubblica.
 Pertanto,  il  prefetto  di  Palermo, con rapporto del 10 gennaio 2006,   che   si   intende   integralmente  richiamato,  ha  proposto l'applicazione  della  misura  di  rigore  prevista dall'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
 Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere, con  urgenza,  ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e di  inquinamento  della  vita amministrativa e democratica dell'ente, mediante  provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della comunita' locale.
 Per  le  caratteristiche  che  lo  configurano,  il provvedimento dissolutorio  previsto  dall'art. 143 del citato decreto legislativo, puo'  intervenire  finanche  quando si siano verificate le situazioni previste  dall'art.  141,  come  nella  fattispecie,  a seguito delle dimissioni   rassegnate   dalla   meta'  piu'  uno  dei  consiglieri, differenziandosene per funzioni ed effetti.
 La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
 Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni indicate  nell'art.  143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,   per  lo  scioglimento  del  consiglio  comunale  di  Roccamena (Palermo), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore.
 Roma, 23 gennaio 2006
 Il Ministro dell'interno: Pisanu
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