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| Gazzetta n. 11 del 14 gennaio 2006 (vai al sommario) |  | PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA |  | DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 23 dicembre 2005 |  | Scioglimento  del  consiglio  comunale  di  Pozzuoli  e  nomina della commissione straordinaria. |  | 
 |  |  |  | IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Considerato  che  nel  comune  di  Pozzuoli  (Napoli), i cui organi elettivi  sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 13 maggio  2001,  sussistono  forme  di  ingerenza della criminalita' organizzata, rilevate dai competenti organi investigativi;
 Constatato  che tali ingerenze espongono l'amministrazione stessa a pressanti  condizionamenti,  compromettendo  la libera determinazione degli  organi  ed  il  buon  andamento  della  gestione del comune di Pozzuoli;
 Rilevato,    altresi',    che   la   permeabilita'   dell'ente   ai condizionamenti  esterni  della criminalita' organizzata arreca grave pregiudizio  allo  stato  della  sicurezza  pubblica  e  determina lo svilimento   delle  istituzioni  e  la  perdita  di  prestigio  e  di credibilita' degli organi istituzionali;
 Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
 Vista  la  proposta  del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
 Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 dicembre 2005;
 Decreta:
 Art. 1.
 Il consiglio comunale di Pozzuoli (Napoli) e' sciolto per la durata di diciotto mesi.
 |  |  |  | Art. 2. La  gestione  del  comune  di  Pozzuoli  (Napoli)  e' affidata alla commissione straordinaria composta da:
 dott. Vincenzo Madonna, prefetto;
 dott.ssa Maria Fornaro, viceprefetto aggiunto;
 dott. Pasquale Basso, segretario generale di classe 1/A.
 |  |  |  | Art. 3. La  commissione  straordinaria  per la gestione dell'ente esercita, fino  all'insediamento  degli  organi  ordinari  a norma di legge, le attribuzioni  spettanti  al  consiglio  comunale,  alla  giunta ed al sindaco  nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.
 Dato a Roma, addi' 23 dicembre 2005
 CIAMPI
 Berlusconi,  Presidente  del  Consiglio
 dei Ministri
 Pisanu, Ministro dell'interno Registrato alla Corte dei conti il 3 gennaio 2006 Ministeri istituzionali - Interno, registro n. 1, foglio n. 5
 |  |  |  | Allegato Al Presidente della Repubblica
 Il  comune di Pozzuoli (Napoli), i cui organi elettivi sono stati rinnovati  nelle  consultazioni  amministrative  del  13 maggio 2001, presenta  forme  di ingerenze da parte della criminalita' organizzata che  compromettono  l'imparzialita'  della gestione e pregiudicano il buon  andamento dell'amministrazione ed il regolare funzionamento dei servizi.
 Invero,  sulla  base  degli  elementi  informativi raccolti dalle forze  dell'ordine  nel corso dell'attivita' di monitoraggio posta in essere  nel  territorio,  che  evidenziavano  un concreto pericolo di condizionamento   di   quell'ente   da   parte   della   criminalita' organizzata,  il  prefetto di Napoli ha disposto, il 5 febbraio 2004, l'accesso  presso  il  suddetto  ente,  ai  sensi dell'art. 1, quarto comma,  del  decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito dalla legge   12 ottobre  1982,  n.  726,  e  successive  modificazioni  ed integrazioni.
 I  riscontri  effettuati dai competenti organi investigativi e le risultanze  della  attivita'  di  accesso  confluite  nella relazione redatta   dalla   commissione  all'uopo  incaricata,  cui  si  rinvia integralmente,  hanno evidenziato la sussistenza di obiettivi fattori di  inquinamento  dell'azione amministrativa dell'ente locale a causa dell'influenza della criminalita' organizzata fortemente radicata sul territorio.
 L'ingerenza negli affari dell'ente e la strumentalizzazione delle scelte amministrative risultano favorite da una generale acquiescenza degli  organi di governo e dell'apparato burocratico, del cui operato sono  comunque  responsabili  gli  organi  politici, nei confronti di istanze  provenienti  dagli  ambienti  della criminalita' organizzata locale.
 In  tale  contesto assume significativita' che tre amministratori abbiano  carichi  pendenti per abuso d'ufficio, concussione e truffa; che  un  quarto si sia dimesso dopo essere stato colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere, nel 2003, per concussione e che tra i  dipendenti  figurino anche pregiudicati per gravissimi reati e con denunce per associazione a delinquere di stampo mafioso. Appartenenti al  corpo  della  polizia  municipale,  fra cui anche figure apicali, risultano   altresi'   coinvolti   in  numerose  vicende  giudiziarie sintomatiche  di  devianze  dai  principi  di legalita' e trasparenza dell'azione   amministrativa.  L'autorita'  giudiziaria  ha  altresi' disposto  il  rinvio a giudizio di tre vigili per non aver denunciato all'autorita' giudiziaria un episodio di estorsione che si verificava a  pochi  metri di distanza dalla loro postazione nel mercato ittico, con l'aggravante di aver agevolato l'attivita' di una associazione di stampo  mafioso  atteso  che il reato cui avevano assistito era stato compiuto  da  emissari  del  clan  camorristico  egemone. Inoltre, un operatore  presso  il  mercato  ittico,  denunciato  piu'  volte  per assenteismo,  con  pregiudizi penali di rilevante gravita' e contiguo agli  ambienti  malavitosi,  risulta  essere stato favorito da alcune scelte  amministrative nonostante fosse responsabile della conduzione di diverse attivita' abusive.
 La  commissione  ha  riscontrato  in  alcune  vicende  sintomi di condizionamento degli organi elettivi da parte di sodalizi criminali.
 E'  stato infatti rilevato che per diversi anni l'amministrazione comunale ha consentito che nel mercato ittico all'ingrosso, di cui il comune  e'  proprietario,  le attivita' commerciali si svolgessero in carenza   dei   requisiti   e   delle  condizioni  igienico-sanitarie prescritti   dalla  legge  a  causa  del  mancato  adeguamento  della struttura   alle  prescrizioni  normative  sanitarie  in  materia  di produzione  e  commercializzazione  dei  prodotti  della  pesca, e in totale mancanza di controlli sia da parte degli organi amministrativi che  di  quelli sanitari dichiaratisi, nel frattempo, incompetenti ad intervenire   in  mancanza  dei  necessari  adeguamenti  strutturali. Inoltre,  in  violazione  del  regolamento  comunale, i posteggi sono stati  assegnati  in  modo arbitrario anche a commissionari privi dei requisiti antimafia e di moralita' ed il comune non ha mai preteso il pagamento  dei  prescritti canoni comunali. Le forze dell'ordine e la magistratura  hanno  accertato che la camorra ha approfittato di tale stato  di  degrado  amministrativo  e gestionale, acquisendo un ruolo chiave  nella  gestione  del  mercato ittico per avervi instaurato un sistema generalizzato di estorsioni e tangenti e un contesto di grave prevaricazione,  e  che  esponenti  di  spicco del clan egemone sono, inoltre,  titolari  di  interessi  economici  diretti e indiretti nel mercato, attraverso ditte ad essi comunque riconducibili. Cio', anche nella indifferenza degli organi comunali preposti alla vigilanza, che per  tale  motivo  sono  stati  rinviati  a giudizio per omissione di denuncia  di reato con l'aggravante di aver agevolato un'associazione camorristica.   Le  articolate  e  complesse  indagini  investigative avviate   nel   mercato   ittico   dopo  che  gravissimi  episodi  di intimidazione  si  erano  verificati,  poco  prima  dell'inizio della attuale  consiliatura,  ai danni di alcuni amministratori locali e di un  operatore,  si  sono  infatti  concluse con l'arresto di numerosi esponenti    dell'organizzazione    criminale,    gia'   colpiti   da provvedimenti  cautelari  per  estorsione  aggravata,  che sono stati infine condannati.
 L'accesso  ha  consentito  di appurare che lo stato di inerzia da parte  del  comune  e'  continuato  anche  con  i rinnovati organi di governo  e  si e' concluso solo dopo l'intervento della magistratura. Sebbene  gli ispettori sanitari, affiancati nelle indagini alle forze dell'ordine,  avessero  infatti  accertato gravi violazioni, di legge nella  conduzione  del mercato, il sindaco ha tenuto un atteggiamento dilatorio  che ha consentito per diverso tempo ancora la prosecuzione illegale  di attivita' nel mercato. Nell'immediato, infatti, a fronte rilievi  mossi,  l'amministratore  eludeva l'obbligo di contestazione delle   violazioni   riscontrate   dai  sanitari  e  non  adottava  i provvedimenti  sanzionatori  di competenza, asserendo che nel mercato confluivano    esclusivamente    prodotti   ittici   provenienti   da stabilimenti    autorizzati    e    non    vi   si   procedeva   alla commercializzazione del pescato e alla sua manipolazione.
 Significativamente,  solo  dopo  l'intervento  della magistratura l'amministrazione  si  e' determinata a realizzare i necessari lavori di  adeguamento  del  mercato.  E  soltanto ad accesso ispettivo gia' avviato,  ha  proceduto  all'approvazione  di  un  nuovo regolamento, all'indizione  di  un  concorso  per  l'assegnazione di una parte dei posteggi e avviato le procedure di riscossione dei canoni non pagati, complessivamente  ammontanti a diverse centinaia di migliaia di euro. E'  ragionevole  ipotizzare  che  l'esclusione  di  diversi operatori gravati  da  controindicazioni antimafia o privi dei requisiti morali sia  stata  motivata dal tentativo di fronteggiare i rischi derivanti dall'accesso.
 L'organo ispettivo ha altresi' sottolineato come il comportamento dell'amministrazione,  ed  in  particolare  del  sindaco, sia apparso funzionale   agli   interessi   del   clan  egemone  anche  in  altre circostanze.  Ha  riferito  in  proposito  che, durante la precedente consiliatura, nella quale ricopriva la carica di consigliere comunale di  maggioranza,  il  predetto,  in  qualita' di amministratore unico della  societa'  che  gestisce un importante centro commerciale della zona,  ha  stipulato  un  contratto con una ditta riconducibile ad un soggetto  che  le forze dell'ordine ritengono appartenere al cartello camorristico   locale   e  che  ha  stretti  legami  di  parentela  e frequentazioni   con   elementi   apicali   del   clan  egemone,  per l'affidamento  della  gestione dei servizi di pulizia e di conduzione del  parcheggio  ad  esso  antistante a condizioni straordinariamente vantaggiose per il contraente.
 Dal  canto  suo,  l'amministrazione  comunale  allora  in carica, ritenendo,  in  violazione  di  quanto disposto dal testo unico delle leggi   di   pubblica  sicurezza,  che  l'attivita'  di  custodia  di autoveicoli non dovesse essere previamente autorizzata, ha consentito che   il   predetto  servizio  venisse  svolto  senza  la  prescritta autorizzazione   da   una  ditta  notoriamente  priva  dei  requisiti soggettivi  di  legge.  E'  stato peraltro accertato che dalla visura societaria  figura  il  provvedimento  con  il  quale  la  Camera  di commercio  ha  respinto  la  richiesta  di  iscrizione all'Albo delle imprese  di  pulizia,  avanzata  dalla stessa ditta, per mancanza dei requisiti  di onorabilita' prescritti dalla legge. L'organo ispettivo ha  sottolineato  come  tale  illegittimita'  non  sia  stata rimossa dall'attuale  amministrazione  e  dallo  stesso sindaco il quale, pur avendo   trasferito   alla  moglie  la  legale  rappresentanza  della societa',  in  occasione  della  sua  elezione  alla  carica apicale, continua  ad  avere  interessi diretti nella conduzione del sodalizio impegnato nella gestione del centro.
 Modalita'  di gestione che lasciano presumere il perseguimento di finalita' diverse dal pubblico interesse sono altresi' rinvenibili in alcune  determinazioni assunte dall'amministrazione a vantaggio di un dipendente  comunale,  gravato  da  gravissimi  pregiudizi  penali  e ritenuto  dalle forze dell'ordine contiguo ad ambienti collegati alla criminalita'  organizzata.  E'  stato  infatti  appurato che, sebbene questi  avesse  da  tempo  collocato  una  abusiva rimessa di veicoli presso  una  area  data  dal  comune  in  locazione  alla  moglie per l'allestimento  di  un parco giochi, l'amministrazione si e' limitata ad  ordinare  la  cessazione  dell'attivita'  abusiva astenendosi dal procedere  alla  risoluzione  del  rapporto  di locazione come invece espressamente  prevedeva  una  clausola  del  contratto,  a  sanzione dell'accertato   abuso   del   titolo  concessorio  e  della  mancata attuazione   della  finalita'  di  pubblico  interesse  sottesa  alla concessione dell'area.
 La   moglie   del   predetto   ha   inoltre  beneficiato  di  una autorizzazione   all'occupazione  di  una  zona  demaniale  marittima nonostante  che  sulla  medesima  area  il coniuge vi avesse da tempo abusivamente   collocato   uno  stabilimento  balneare  e  la  stessa amministrazione  lo  avesse  diffidato a demolire le opere abusive, a seguito di denuncia della Guardia costiera.
 In  ordine  al  fenomeno  dell'abusivismo  edilizio,  l'attivita' ispettiva  ha  verificato una diffusa capillare lottizzazione abusiva dei  suoli  demaniali  marittimi,  ove  vengono  collocati  manufatti abusivi  anche  di  rilevante  dimensione,  nella assoluta assenza di controllo  da  parte  degli  organi  comunali  preposti.  L'attivita' repressiva  risulta  infatti  sistematicamente  posta  in  essere  su segnalazione delle forze dell'ordine e a stagione balneare conclusa.
 Anche  nel settore degli appalti di lavori pubblici e di servizi, l'accesso  ha  permesso  di  riscontrare  procedure di affidamento di importanti appalti caratterizzate da significative anomalie che hanno avvantaggiato    ditte    collegate,   anche   indirettamente,   alla criminalita' organizzata.
 Frequentemente   sono   stati   rilevati  elementi  indiziari  di turbative  d'asta,  sintomatici  della riconducibilita' delle offerte avanzate  da  diverse  imprese  partecipanti alle gare a unici centri decisionali, con conseguente alterazione delle regole di mercato e di libera  concorrenza,  nonche' metodi di aggiudicazione caratterizzati da  varie  irregolarita',  di cui hanno beneficiato ditte contigue ad esponenti mafiosi.
 L'organo  ispettivo considera una conferma, sul piano indiziario, della   condizione   di   permeabilita'  dell'ente  ai  tentativi  di infiltrazione  mafiosa,  la  circostanza  che,  nonostante l'avvenuta sottoscrizione   del   protocollo   di  legalita'  sulla  prevenzione antimafia  nei  pubblici  appalti,  l'amministrazione  non  ha inteso applicarne  i contenuti all'appalto per l'affidamento del servizio di nettezza  urbana  e la scelta e' ricaduta su una societa' cooperativa che  ha  a sua volta affidato l'esecuzione del servizio ad un proprio associato  risultato  gravato da condizioni di interdizione antimafia per contiguita' a potenti consorterie camorristiche.
 Anche   negli   affidamenti  di  lavori  per  somma  urgenza,  la commissione ha rilevato che sono state prescelte, senza motivazione e indicazione  dei  criteri  di selezione, societa' riconducibili ad un imprenditore  vicino  ad esponenti di diversi clan camorristici e con gravi  precedenti penali tra cui l'associazione mafiosa, l'estorsione e il tentato omicidio.
 E'  stata  ritenuta  indicativa di grave carenza nella cura degli interessi pubblici e di permeabilita' ad interessi della criminalita' organizzata, anche la circostanza che l'attuale consiglio comunale si e'  espresso  favorevolmente,  nonostante  il  parere  contrario  del vicesegretario   dell'ente,   in   ordine   al  rinnovo  contrattuale dell'affidamento  all'esterno  della gestione del patrimonio comunale in violazione delle norme, anche comunitarie, che impongono procedure di  valutazione  concorsuale  dei  contraenti  e  in  elusione  della normativa  antimafia.  E  stato  infatti  appurato  che  nell'assetto societario e amministrativo delle ditte impegnate nei relativi lavori di   manutenzione,   individuate  direttamente  dall'affidataria  del servizio,  figurano  soggetti  con  precedenti  di  polizia per reati associativi  e  contro  la pubblica amministrazione, turbata liberta' degli  incanti  e  truffa.  In  particolare, il socio di una ditta e' stato  destinatario in passato di una ordinanza di custodia cautelare per  associazione  a  delinquere di stampo mafioso insieme ai massimi esponenti di un potente clan del napoletano.
 L'organo  ispettivo evidenzia infine che il riscontrato quadro di diffuse   disfunzioni  e  illegittimita'  risulta  assecondato  dalla carenza  della dovuta attivita' di controllo da parte degli organi di governo nei confronti dell'apparato burocratico.
 Il  complesso degli elementi emersi dagli accertamenti giudiziari e  dalle procedure di accesso mostra che la capacita' di penetrazione dell'organizzazione  criminosa  ha  favorito  il  consolidarsi  di un sistema  di  connivenze  e  di  interferenze  esterne al quadro degli interessi pubblici locali che, di fatto, priva quella comunita' delle fondamentali  garanzie democratiche e rende precarie le condizioni di funzionalita' dell'ente.
 Il  delineato  clima  di  grave  condizionamento e degrado in cui versa  il  comune  di  Pozzuoli,  la  cui capacita' di determinazione risulta   assoggettata   alle   scelte  della  locale  organizzazione criminale,  l'inosservanza  del principio di legalita' nella gestione dell'ente e l'uso distorto delle pubbliche funzioni hanno compromesso le  legittime aspettative della popolazione ad essere garantita nella fruizione  dei diritti fondamentali, minando la fiducia nella legge e nelle istituzioni dei cittadini.
 Pertanto,  il  prefetto  di Napoli, con relazione del 22 novembre 2005,   che   si   intende   integralmente  richiamata,  ha  proposto l'applicazione  della  misura  di  rigore  prevista dall'art. 143 del decreto  legislativo  18  agosto 2000, n. 267, su conforme avviso dei responsabili  delle  forze  dell'ordine  intervenuti  nella  riunione tecnica di coordinamento interforze del 10 novembre 2005.
 La  descritta  condizione esige un intervento risolutore da parte dello  Stato,  mirato  a  rimuovere  i  legami tra l'ente locale e la criminalita'  organizzata che arrecano grave e perdurante pregiudizio per lo stato generale dell'ordine e della sicurezza pubblica.
 Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere, con  urgenza,  ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e di  inquinamento  della  vita amministrativa e democratica dell'ente, mediante  provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della comunita' locale.
 La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
 Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni indicate  nel citato art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267,  che  legittimano  lo scioglimento del consiglio comunale di Pozzuoli  (Napoli),  si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore.
 Roma, 20 dicembre 2005
 Il Ministro dell'interno: Pisanu
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