Gazzetta n. 11 del 14 gennaio 2006 (vai al sommario) |
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA |
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 23 dicembre 2005 |
Scioglimento del consiglio comunale di Melito di Napoli e nomina della commissione straordinaria. |
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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Considerato che nel comune di Melito di Napoli (Napoli), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 25 maggio 2003, sussistono forme di ingerenza della criminalita' organizzata, rilevate dai competenti organi investigativi; Constatato che tali ingerenze espongono l'amministrazione stessa a pressanti condizionamenti, compromettendo la libera determinazione degli organi ed il buon andamento della gestione del comune di Melito di Napoli; Rilevato, altresi', che la permeabilita' dell'ente ai condizionamenti esterni della criminalita' organizzata arreca grave pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica e determina lo svilimento delle istituzioni e la perdita di prestigio e di credibilita' degli organi istituzionali; Ritenuto che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e deterioramento dell'amministrazione comunale, si rende necessario far luogo allo scioglimento degli organi ordinari del comune di Melito di Napoli, per il ripristino dei principi democratici e di liberta' collettiva; Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; Vista la proposta del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 dicembre 2005; Decreta: Art. 1. Il consiglio comunale di Melito di Napoli (Napoli) e' sciolto per la durata di diciotto mesi. |
| Art. 2. La gestione del comune di Melito di Napoli (Napoli) e' affidata alla commissione straordinaria composta da: dott. Nicola Vittorio Alfino, prefetto; dott. Giovanni Lucchese, vice prefetto aggiunto; dott. Donato De Gioia, direttore area I. |
| Art. 3. La commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche. Dato a Roma, addi' 23 dicembre 2005 CIAMPI Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Pisanu, Ministro dell'interno Registrato alla Corte dei conti il 3 gennaio 2006 Ministeri istituzionali - Interno, registro n. 1, foglio n. 4 |
| Allegato Al Presidente della Repubblica Il comune di Melito di Napoli (Napoli), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 25 maggio 2003, presenta forme di ingerenza da parte della criminalita' organizzata che compromettono l'imparzialita' della gestione e pregiudicano il buon andamento dell'amministrazione ed il regolare funzionamento dei servizi. Il territorio di Melito di Napoli e' da tempo interessato dalla presenza di sodalizi criminali che hanno espresso la propria capacita' di ingerirsi nelle attivita' economiche e di creare condizioni di assoggettamento della societa' civile, come evidenziato dalle risultanze di indagini svolte dai competenti organi investigativi. Lo stesso comune, attesa la elevata diffusione di fenomenologie criminali, ha formato oggetto di una complessa attivita' di monitoraggio per verificare l'eventuale sussistenza di forme di condizionamento e compromissione della libera determinazione degli organi elettivi di quel comune, pure segnalate in numerosi esposti rappresentativi di gravi episodi di interferenze nella gestione dell'ente e di turbative del regolare svolgimento delle consultazioni elettorali tenutesi nel maggio del 2003. La concreta ed effettiva ingerenza della criminalita' organizzata nell'amministrazione comunale di Melito di Napoli emerge con chiara evidenza dal provvedimento giudiziario, emesso dal GIP del Tribunale di Napoli in data 11 novembre 2005, che ha disposto la custodia cautelare in carcere di un soggetto, che aveva rivestito nel passato la carica di vertice dell'ente, con l'imputazione per il reato di cui all'art. 416-bis c.p. per aver costituito un'associazione finalizzata ad impedire od ostacolare il libero esercizio del voto dei cittadini, in occasione delle elezioni del maggio-giugno 2003, in modo da procurare indebitamente voti alla lista del candidato sindaco, risultato in effetti eletto alla carica di vertice, che nello stesso procedimento e' coinvolto in qualita' di indagato per i reati di cui agli articoli 110 e 416-bis del codice penale. E', in particolare, attestato il ruolo centrale assunto dal predetto personaggio, legato ad un pericoloso sodalizio criminale dedito al traffico di sostanze stupefacenti e ad attivita' estorsive, che e' inoltre indagato per i reati di cui agli articoli 110 e 81 del codice penale nonche' 87 decreto del Presidente della Repubblica 570/1960, avendo, durante le elezioni, usato violenza, avvalendosi dell'assoggettamento omertoso cui il gruppo criminale aveva ridotto la popolazione di Melito di Napoli per costringere numerosi elettori a votare in favore del candidato sindaco. I riscontri investigativi in corso delineano un quadro indiziario del coinvolgimento del candidato sindaco al progetto criminoso di condizionamento della campagna elettorale, in ragione del quale avrebbe conseguito il risultato voluto, creando i presupposti per l'ingerenza di quel sodalizio nella gestione amministrativa dell'ente. I numerosi episodi di alterazione delle regole democratiche, riscontrati nel corso delle indagini, svelano una strategia complessiva di intimidazione della cittadinanza, allo scopo di indebolire la capacita' elettorale delle liste collegate al candidato avversato. Dagli accertamenti svolti emergono, da un lato, le pressioni illecite riconducibili ad ambienti di camorra, finalizzate ad alterare l'esito della competizione elettorale, dall'altro, il disegno criminoso volto a conseguire, attraverso il condizionamento del voto, l'ipoteca per l'ingerenza nella gestione della cosa pubblica. Con riferimento agli episodi, ora di dissuasione ora di costrizione al voto, accertati nella sede investigativa, risulta palese il collegamento tra l'intervento operato sugli elettori e la pressione psicologica esercitata presso i seggi da soggetti notoriamente criminali, che ha garantito il risultato illecito persegnito. Nell'intreccio, ruolo cardine ricopre il predetto personaggio colpito dall'ordinanza cautelare in carcere, in quanto e' strettamente legato, per rapporti di affinita' e per rapporti di affari, alla locale consorteria criminale e che si e' adoperato per rendere la gestione del comune permeabile agli interessi ed alle scelte della compagine malavitosa. Gli elementi emersi nell'ambito del procedimento evidenziano un rapporto di condivisione tra il predetto personaggio ed altri affiliati al medesimo clan, due dei quali destinatari della stessa ordinanza di custodia cautelare in carcere, che hanno contribuito, utilizzando metodi intimidatori nei confronti di una larga fascia dell'elettorato comunale, a creare un clima di alterazione della libera espressione del voto. Nell'esecuzione del progetto criminale rileva la finalita' di conseguire il controllo della gestione di strategici settori dell'amministrazione comunale da parte del predetto personaggio, della quale egli, avendo in passato ricoperto la carica di sindaco, aveva piena cognizione di funzioni ed attivita' istituzionali. L'ingerenza della criminalita' nella gestione amministrativa dell'ente si e' rivelata concreta ed effettiva, come attestato dai fatti verificatisi in occasione di uno stato di agitazione promosso dai dipendenti di una societa' mista partecipata dal comune di Melito di Napoli; in tale circostanza il predetto ex amministratore, unitamente ad altro soggetto coinvolto nello stesso procedimento, convocavano, senza alcuna legittimazione formale, quelle maestranze in uno stabile di proprieta' comunale e, presenti tutti i dipendenti, intimidendoli, li dissuadevano dall'inscenare qualsiasi forma di protesta. L'episodio, di per se' significativo del controllo sull'attivita' gestionale, assume anche una valenza sintomatica della condizione di incapacita' degli organi comunali preposti alla cura degli interessi pubblici ad intervenire in situazioni di conflitto sociale, preferendo gli stessi sostanzialmente declinare ogni responsabilita' decisionale connessa alla titolarita' della carica. La presenza invasiva del succitato pregiudicato e la derivante capacita' del medesimo di condizionare la struttura burocratica dell'ente si rinvengono anche nell'episodio relativo alla duplicazione delle liste elettorali. Risulta, infatti, che il predetto, avendo avuto la disponibilita' di consultare i registri delle sezioni elettorali, aveva chiesto e ritirato i moduli per ottenere il duplicato delle tessere elettorali di coloro che non avevano ancora votato, in luogo dei diretti interessati. Da accertamenti successivi e' emerso che tutti gli elettori e le elettrici titolari delle schede duplicate erano stati identificati ai seggi senza riportare sul registro il numero del documento. Concorre a definire l'allarmante quadro di condizionamento dell'attivita' amministrativa dell'ente ed a dimostrare la penetrazione nei gangli amministrativi della criminalita' organizzata un ulteriore episodio riguardante un assessore che ha conseguito tale carica come contropartita dell'appoggio elettorale prestato, su pressioni dell'associazione criminale, in favore del candidato sindaco, poi risultato eletto. Cosi' come pure risulta acclarato che l'amministrazione comunale sia eterodiretta dal piu' volte citato pregiudicato, che mira ad accreditarsi, presso l'opinione pubblica, l'assunzione della rappresentanza esterna dell'ente medesimo. Secondo la ricostruzione delle vicende, operata dagli organi investigativi, e' possibile asserire che la penetrante attivita' criminosa ha sensibilmente alterato il ruolo, che la legge assegna al comune, di ente esponenziale della comunita' di cittadini, portatore della rappresentanza generale dei loro interessi, contrapponendovi un potere di controllo esterno alla dialettica democratica, peraltro dispiegato in maniera imprudente senza eccessive mimetizzazioni. Il complesso degli elementi riscontrati manifesta chiaramente che si e' determinato in quell'ente uno stato di alterazione del libero convincimento, per effetto delle interferenze e del condizionamento operato dalla consorteria malavitosa, che hanno pregiudicato le fondamentali garanzie democratiche, hanno minato ogni principio di salvaguardia della sicurezza pubblica e compromesso le legittime aspettative della popolazione ad esser garantita nella fruizione di diritti fondamentali, ingenerando sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini. L'alterazione delle regole che presiedono alla scelta degli organi elettivi rappresenta grave violazione di uno dei fondamentali valori giuridici dell'ordinamento democratico e, pertanto, richiede un segnale di ferma resistenza da parte dello Stato nei confronti della criminalita' organizzata. La descritta condizione esige un intervento risolutore mirato a rimuovere i legami tra l'ente locale e la criminalita' organizzata che arrecano grave e perdurante pregiudizio per lo stato generale dell'ordine e della sicurezza pubblica. Pertanto, il prefetto di Napoli, con rapporto del 5 dicembre 2005, che si intende integralmente richiamato, ha proposto l'applicazione della misura di rigore prevista dall'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. La precarieta' della situazione di quel comune risulta, altresi', attestata dalla dissoluzione dell'organo consiliare conseguente alle dimissioni della maggioranza del corpo consiliare, nonche' alle dimissioni rassegnate dal sindaco, per effetto delle quali il prefetto di Napoli, con decreto del 15 dicembre 2005, adottato ai sensi dell'art. 141, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, ha disposto la nomina di un commissario prefettizio per la provvisoria gestione dell'ente. Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere, con urgenza, ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e di inquinamento della vita amministrativa e democratica dell'ente, mediante provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della comunita' locale. Per le caratteristiche che lo configurano, il provvedimento dissolutorio previsto dall'art. 143 del citato decreto legislativo, puo' intervenire finanche quando si siano verificate le situazioni previste dall'art. 141, come nella fattispecie a seguito delle dimissioni rassegnate dalla meta' piu' uno dei consiglieri, differenziandosene per funzioni ed effetti. La valutazione della situazione in concreto riscontrata, in relazione alla presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi. Ritenuto, per quanto esposto, che ricorrano le condizioni indicate nell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per lo scioglimento del consiglio comunale di Melito di Napoli (Napoli), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore. Roma, 20 dicembre 2005 Il Ministro dell'interno: Pisanu |
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