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| Gazzetta n. 221 del 2005-09-22 |  | PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA |  | DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 2 settembre 2005 |  | Scioglimento    del    consiglio   comunale   di   Burgio   a   norma dell'articolo 143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e nomina della terna commissariale. |  | 
 |  | IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 Considerato  che  nel  comune  di  Burgio (Agrigento), i cui organi elettivi  sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 26 maggio  2002,  sussistono  forme  di  ingerenza della criminalita' organizzata, rilevate dai competenti organi investigativi;
 Constatato  che tali ingerenze espongono l'amministrazione stessa a pressanti  condizionamenti,  compromettendo  la libera determinazione degli  organi  ed  il  buon  andamento  della  gestione del comune di Burgio;
 Rilevato,    altresi',    che   la   permeabilita'   dell'ente   ai condizionamenti  esterni  della criminalita' organizzata arreca grave pregiudizio  allo  stato  della  sicurezza  pubblica  e  determina lo svilimento   delle  istituzioni  e  la  perdita  di  prestigio  e  di credibilita' degli organi istituzionali;
 Ritenuto  che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e  deterioramento  dell'amministrazione comunale, si rende necessario far  luogo  allo  scioglimento  degli  organi  ordinari del comune di Burgio,  per  il  ripristino  dei  principi democratici e di liberta' collettiva;
 Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
 Vista  la  proposta  del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
 Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione  del 3 agosto 2005, alla quale e' stato debitamente invitato il presidente della regione Siciliana;
 Decreta:
 
 Art. 1.
 Il  consiglio  comunale  di  Burgio  (Agrigento)  e' sciolto per la durata di diciotto mesi.
 |  | Art. 2. La  gestione  del  comune  di  Burgio  (Agrigento) e' affidata alla commissione straordinaria composta da:
 dott. Vito Mattera, prefetto a riposo;
 dott.ssa Licia Messina, viceprefetto aggiunto;
 dott. Salvatore Mallemi, direttore amministrativo contabile.
 |  | Art. 3. La  commissione  straordinaria  per la gestione dell'ente esercita, fino  all'insediamento  degli  organi  ordinari  a norma di legge, le attribuzioni  spettanti  al  consiglio  comunale,  alla  giunta ed al sindaco  nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.
 Dato a Roma, addi' 2 settembre 2005
 CIAMPI
 
 Berlusconi,  Presidente  del  Consiglio
 dei Ministri
 Pisanu, Ministro dell'interno Registrato  alla  Corte  dei  conti  il  14 settembre  2005 Ministeri istituzionali, registro n. 11 Interno, foglio n. 168.
 |  | Allegato Al Presidente della Repubblica
 
 Il comune di Burgio (Agrigento), i cui organi elettivi sono stati rinnovati  nelle  consultazioni  amministrative  del  26 maggio 2002, presenta  forme  di ingerenze da parte della criminalita' organizzata che  compromettono  l'imparzialita'  della gestione e pregiudicano il buon  andamento dell'amministrazione ed il regolare funzionamento dei servizi.
 In  relazione all'esito dell'attivita' investigativa condotta nel territorio,   dalla   quale   e'   emerso   un   contesto  ambientale caratterizzato  dalla  presenza  della  criminalita'  organizzata, il prefetto  di Agrigento ha disposto, con provvedimento del 27 febbraio 2004,  l'accesso  agli  uffici,  ai  sensi  dell'art. 1, comma 4, del decreto-legge  6 settembre  1982,  n.  629,  convertito  dalla  legge 12 ottobre  1982, n. 726, e successive modificazioni ed integrazioni, per  verificare la sussistenza di condizionamenti mafiosi all'interno del comune.
 Gli  accertamenti  svolti  dalla commissione d'accesso, confluiti nella  relazione  commissariale  conclusiva  della  procedura, cui si rinvia integralmente, avvalorano l'ipotesi della esistenza di fattori di  inquinamento  dell'azione amministrativa dell'ente locale a causa dell'influenza  della  criminalita'  organizzata,  ponendo in risalto come,   nel   tempo,  l'uso  distorto  della  cosa  pubblica  si  sia concretizzato   nel   favorire   soggetti  collegati  direttamente  o indirettamente con gli ambienti malavitosi.
 L'ingerenza negli affari dell'ente e la strumentalizzazione delle scelte  amministrative  risultano  favorite da una fitta ed intricata rete  di  parentele,  affinita', amicizie e frequentazioni che lega i componenti  della  giunta  e  diversi  consiglieri, cosi' come alcuni dipendenti e lavoratori assunti per progetti di pubblica utilita', ad esponenti della locale consorteria o a soggetti ad essa contigui.
 In  tale contesto, va verosimilmente assunto un decisivo ruolo di collegamento,   un  amministratore  di  cui  e'  stata  accertata  la contiguita'   ad  ambienti  della  criminalita'  organizzata  e  che, investito   di   funzioni   di   particolare   rilevanza  all'interno dell'amministrazione,  era  nella  condizione  di orientare le scelte gestionali  dell'ente.  La  sussistenza  di  tale collegamento appare confermata  anche  dalla  circostanza  che il predetto amministratore intratteneva  rapporti  a carattere professionale con ditte e imprese la  cui titolarita' e' riconducibile a soggetti appartenenti o vicini alla   criminalita'   organizzata,  cui  sono  stati  ricorrentemente affidati dall'amministrazione lavori, forniture e servizi.
 In  particolare,  gli  accertamenti esperiti hanno fatto emergere l'azione  condizionante  svolta sull'attivita' contrattuale dell'ente locale,  grazie al ruolo «carismatico» acquisito nell'ambiente locale per  effetto  dell'uso  congiunto delle prerogative derivategli dalla carica pubblica e dalla fitta rete di relazioni con imprese, connessa all'esercizio   dello  studio  di  consulenza  di  cui  e'  titolare, peraltro,  insieme  ad un altro socio legato da rapporti di parentela con un esponente di spicco di una famiglia mafiosa. Altra circostanza che  assume significativita' in quel contesto e' l'atto intimidatorio compiuto  nei  confronti  del  predetto,  che per tale motivo sarebbe stato indotto a rassegnare le dimissioni dalla carica.
 La  commissione  incaricata  dell'accesso riferisce, inoltre, che nell'apparato  burocratico,  nella  passata  gestione  amministrativa capeggiata  dal  medesimo sindaco, e' stato preposto ad un delicato e strategico  settore,  nell'imminenza  del  turno  elettorale  per  il rinnovo  degli  organi  comunali,  il nipote di un elemento di spicco della  malavita organizzata locale. Viene sottolineato, in proposito, come  nell'attribuzione  dell'incarico  dirigenziale  il predetto sia stato  evidentemente  favorito dall'amministrazione che ha proceduto, previa  apposita  modifica  regolamentare,  alla  copertura del posto dirigenziale  tramite  concorso interno ed in carenza degli specifici titoli di studio previsti per la predetta qualifica.
 Come ampiamente esposto nella relazione conclusiva dell'attivita' ispettiva,   nel   settore  degli  appalti  pubblici  e'  emersa  una accentuata propensione dell'amministrazione comunale a deviazioni dal sistema  di  legalita'  che la rende particolarmente vulnerabile alle pressioni esercitate dall'esterno.
 Sintomatico segnale di soggezione dell'apparato politico a scelte corrispondenti ad interessi estranei all'ente e' il dato fattuale che le  procedure di conferimento degli appalti non sono state ispirate a principi  di correttezza e trasparenza al fine di garantire la libera concorrenza  tra  gli operatori per il bene pubblico e che, fin dalla passata  gestione  amministrativa,  capeggiata  dal medesimo sindaco, hanno  beneficiato  di  incarichi  e  di appalti pubblici, in diverse occasioni,  a  turno,  persone  e ditte i cui titolari hanno rapporti parentali   o   di   frequentazione   con  esponenti  della  malavita organizzata.
 Nei  numerosi  casi esaminati, la commissione ha rilevato infatti che  le  procedure  di  aggiudicazione  presentano  gravi anomalie ed irregolarita', quali l'errata applicazione della normativa in materia di  criteri di aggiudicazione, l'inadeguata pubblicita' del bando, la preclusione  a  ditte  con  sede fuori del comune di partecipare alla gara,  l'ammissione di offerte oltre il termine, l'interruzione dello svolgimento  delle  operazioni  di  gara  senza che venisse attestata l'avvenuta  adozione  di  tutte  le  misure necessarie a garantire la segretezza    delle    offerte,   la   mancata   acquisizione   della certificazione   antimafia   da  parte  delle  ditte  aggiudicatarie. Inoltre,  la  circostanza  piu'  volte  riscontrata  che  le  offerte appaiono redatte dalla medesima mano, ha indotto l'organo ispettivo a ritenere  sussistente  un  accordo  collusivo fra le ditte offerenti, volto   ad   eludere   la  libera  concorrenza  ed  a  predeterminare l'aggiudicatario.  Indiscriminato e' risultato, inoltre, il frequente ricorso alla proroga degli affidamenti dei servizi.
 Caratterizzata  da  anomalie  che  appaiono  sintomatiche  di  un atteggiamento di favoritismo nei confronti di determinate imprese, e' l'aggiudicazione dei lavori di manutenzione dell'impianto di pubblica illuminazione,  per un anno, ad una ditta il cui titolare ha rapporti di  frequentazione  con  esponenti di spicco della locale consorteria mafiosa,  e,  per l'anno successivo, ad una ditta facente capo ad una persona   molto   vicina   al   titolare   della   precedente   ditta aggiudicataria.
 L'attivita'  di  accesso ha rilevato poi che l'amministrazione ha spesso  stretto rapporti contrattuali, sia tramite trattativa privata sia tramite cottimo fiduciario, in assenza dei presupposti di legge e nonostante  non fosse ancora stato istituito un albo delle imprese di fiducia,  con  soggetti  che hanno rapporti di parentela, affinita' o amicizia  con persone tratte in arresto per associazione a delinquere di  stampo  mafioso  o  frequentano  soggetti  a questi vicini. Tra i contraenti   prescelti   viene,   in   particolare,   annoverata  una cooperativa fra i cui soci figura un soggetto che frequenta esponenti mafiosi,  cui  sono  stati affidati sia i servizi di mensa scolastica che di assistenza domiciliare ad anziani e disabili, e che non ha mai presentato il prescritto certificato antimafia.
 L'organo   ispettivo   evidenzia   che   fra  le  ditte  invitate dall'amministrazione,  nel  2004,  ad  iscriversi all'istituendo albo delle   imprese  di  fiducia,  talune  hanno  titolari  con  rapporti parentali,  amicali  od  economici  con  soggetti di elevato spessore criminale  che nella precedente consiliatura hanno gia' svolto lavori o servizi per l'amministrazione.
 Sono     inoltre     indicative     di    anomale    interferenze nell'amministrazione,   l'erogazione   di   ripetuti   contributi  di assistenza  economica  in  violazione  delle  norme  regolamentari di riferimento  e  non  sempre  validamente  giustificata  da  effettive esigenze,  ed  il  ritardo  nell'accertamento e nella riscossione dei tributi locali.
 Tale  quadro  di  diffuse  disfunzioni  e illegittimita', secondo quanto  emerge  dall'accesso  esperito,  risulta peraltro assecondato dalla  carenza  della  dovuta  attivita'  di indirizzo e controllo da parte   degli   organi   di   governo   nei  confronti  dell'apparato burocratico.
 Alcuni   episodi  criminosi,  riconducibili  al  tentativo  della criminalita' organizzata di interferire nell'attivita' della pubblica amministrazione,  verificatisi  anche  in  prossimita' della scadenza elettorale,  hanno  altresi' determinato uno stato di precarieta' sul piano della percezione della sicurezza pubblica.
 Gli  elementi  fattuali  desunti  dall'indagine ispettiva e degli organi  di  polizia, riscontrati unitariamente, appaiono determinanti in ordine all'accertamento della vicinanza tra l'amministrazione e la criminalita'  organizzata  e  concorrono  a  configurare  un concreto pericolo di sviamento dell'attivita' comunale dal perseguimento degli interessi dell'intera collettivita'.
 L'inosservanza   del   principio   di  legalita'  nella  gestione dell'ente   e   l'uso   distorto   delle  pubbliche  funzioni,  hanno compromesso  le  legittime  aspettative  della  popolazione ad essere garantita  nella  fruizione  dei  diritti  fondamentali,  minando  la fiducia dei cittadini nella legge e nelle istituzioni.
 Pertanto,  il  prefetto di Agrigento, con relazioni del 5 ottobre 2004  e  del  14 giugno  2005,  che  qui  si  intendono integralmente richiamate,   ha  proposto  l'applicazione  della  misura  di  rigore prevista  dall'art.  143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
 La descritta condizione di assoggettamento necessita che da parte dello  Stato  sia  posto in essere un intervento mirato al ripristino della  legalita'  mediante  il  recupero  della struttura pubblica al servizio dei suoi fini istituzionali.
 Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere, con  urgenza,  ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e di  inquinamento  della  vita amministrativa e democratica dell'ente, mediante  provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della comunita' locale.
 La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
 Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni indicate  nel citato art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267,  che  legittimano  lo scioglimento del consiglio comunale di Burgio  (Agrigento), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore.
 Roma, 1° agosto 2005
 Il Ministro dell'interno: Pisanu
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