| AG52/04 IL CONSIGLIO
 
 Considerato in fatto.
 Con  specifico  riguardo agli appalti di lavori pubblici di importo inferiore  alla  soglia  comunitaria l'ENASARCO ha ritenuto opportuno sottoporre  all'attenzione di questa Autorita' due delicate questioni interpretative,   entrambe   concernenti   l'art.   21   della  legge 11 febbraio  1994,  n.  109,  e  successive modificazioni, al fine di ottenere, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 della medesima legge quadro,  un  autorevole indirizzo interpretativo atto ad orientare il comportamento delle amministrazioni aggiudicatrici.
 La  prima  questione riguarda la corretta interpretazione del comma 1-bis  del  citato art. 21 e concerne propriamente la possibilita' di affermare, in caso di appalti sotto soglia, la sussistenza del potere delle amministrazioni aggiudicatrici di optare per la valutazione nel merito  della  congruita'  delle  offerte  c.d.  anomale, rinunciando all'esclusione automatica delle medesime.
 La    seconda   questione   concerne   la   possibilita'   per   le amministrazioni  aggiudicatrici di utilizzare, sempre per gli appalti di   importo   inferiore   alla   soglia   comunitaria,  il  criterio dell'offerta  economicamente piu' vantaggiosa nell'ipotesi di appalto di  sola  esecuzione  e, quindi, al di fuori delle ipotesi di appalto concorso e concessione di lavori pubblici, per le quali l'utilizzo di detto  criterio  e'  gia'  consentito  dalle  disposizioni  normative vigenti. Ritenuto in diritto.
 Al  fine  di  stabilire  se  sussiste un potere discrezionale delle amministrazioni  aggiudicatrici  di  optare,  in  caso  di appalti di lavori  pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria, per la valutazione  della  congruita'  delle  offerte  anomale,  rinunciando all'esclusione  automatica  delle  medesime, e' necessario analizzare quanto  disposto  dall'art.  21, comma 1-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, che disciplina i meccanismi di  esclusione  di dette offerte, caratterizzate da un ribasso troppo elevato perche' le stesse possano ritenersi attendibili.
 La menzionata disposizione distingue tra appalti di lavori pubblici di  importo pari o superiore alla soglia comunitaria (controvalore in euro  di  5.000.000  di  DSP)  e  quelli di importo inferiore a della soglia.  Con  riferimento  ai primi, il primo periodo del citato art. 21,   comma  1-bis,  stabilisce  che,  ai  fini  dell'aggiudicazione, «l'amministrazione interessata deve valutare l'anomalia delle offerte di  cui  all'art.  30  della  direttiva  93/37/CEE  del Consiglio del 14 giugno  1993...».  Relativamente  ai secondi, invece, il penultimo periodo  del  medesimo  articolo  afferma  che  «...l'amministrazione interessata  procede  all'esclusione  automatica dalla gara...» delle offerte anomale.
 Si  tratta  di  due  meccanismi autonomi e distinti, che riguardano ipotesi  nettamente differenziate: il primo, di natura discrezionale, rimette  all'amministrazione aggiudicatrice il compito di individuare ed  escludere  l'offerta  sospetta  di  anomalia solo previa verifica della  stessa  in  contraddittorio  con  gli offerenti; l'altro, c.d. automatico,  lascia al legislatore il compito di fissare i criteri in base  ai  quali  stabilire  se  una  data  offerta e' anomala, con la conseguente esclusione automatica della stessa senza contraddittorio.
 La  ratio  della  richiamata  disciplina  e' propriamente quella di escludere dalla gara offerte ritenute fuori mercato, le quali, per il fatto  di  non assicurare all'imprenditore un profitto (o un adeguato profitto) conducono inevitabilmente ad una esecuzione non corretta da parte  dell'imprenditore,  esponendo  l'amministrazione al rischio di irregolarita' o ritardi nell'esecuzione di lavori e ad un contenzioso ampio e costoso.
 Cio'  premesso, si rileva che la giurisprudenza amministrativa (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 11 ottobre 2004, n. 2190) ha recentemente risolto  in  termini  positivi la questione de qua, evidenziando come l'esegesi  testuale del citato comma 1-bis dell'art. 21 metta in luce la  differenza  tra  i  due  richiamati periodi della disposizione in esame.   Nel   primo  periodo  l'obbligo  positivo  per  la  stazione appaltante  di  valutare  l'anomalia  delle  offerte e' espressamente indicato   attraverso   l'uso   del   verbo   «deve»,   che   esprime inequivocabilmente  la cogenza e l'inderogabilita' della disposizione per  gli  appalti  sopra soglia. Nel penultimo periodo della medesima norma,  invece,  tale  espressione  modale  non e' stata reiterata e, secondo  il  Giudice  amministrativo,  non  si  puo'  ritenere che il legislatore,  disponendo  che per gli appalti sotto soglia si procede all'esclusione  automatica,  abbia inteso vietare in maniera assoluta il  diverso  criterio  della verifica dell'anomalia, che sfuggirebbe, quindi,  alla  discrezionalita'  dell'amministrazione.  Al contrario, dalla   lettera   della   norma   si  ritiene  potersi  evincere  che l'amministrazione non ha il dovere di esclusione automatica, potendo, cosi',  nella sua discrezionalita', individuare una diversa modalita' di  tutela  nei  confronti  delle  offerte anomale, come puo' essere, appunto, la verifica dell'anomalia.
 Le  argomentazioni  di cui sopra, sono, peraltro, confortate da due pronunce  emesse  della  Corte  costituzionale sulla legittimita' del meccanismo  di  esclusione  automatica  delle offerte anomale per gli appalti sotto soglia.
 Ci si riferisce propriamente alla sentenza n. 40 del 5 marzo 1998 e all'ordinanza  n. 74 del 18 marzo 1999, che si pronunciano, peraltro, sul   testo   della   disposizione   de   qua   vigente   al  momento dell'emanazione  dell'ordinanza  di  rimessione  alla Corte (art. 21, comma  1-bis,  della  legge  n.  109/1994  aggiunto  con l'art. 7 del decreto-legge  3 aprile  1995, n. 101, convertito, con modificazioni, nella   legge  2 giugno  1995,  n.  216),  il  quale  prevedeva  tale disciplina  come del tutto temporanea e precisamente operante fino al 1°gennaio 1997.
 In  tali  pronunce  la  Corte  ha,  in  primo  luogo, precisato che l'esigenza  di  garantire  la  serieta' dell'offerta, in relazione al ribasso  proposto,  per  gli  appalti  di  lavori pubblici di importo inferiore  alla  soglia  comunitaria puo' essere perseguita anche con modalita'   diverse  dalla  valutazione  di  congruita'  dell'offerta anomala.  In secondo luogo, ha ritenuto il meccanismo dell'esclusione automatica   delle  offerte  anomale,  previsto  per  detti  appalti, conforme  alle  norme  costituzionali,  in quanto regola temporanea e riguardante esclusivamente appalti di minore importo, per i quali una piu'  complessa  procedura  di  analisi  delle offerte e' considerata particolarmente  onerosa  rispetto  al  beneficio che deriverebbe dal minor   prezzo  eventualmente  ottenibile  e  tale  da  rendere  meno tempestiva l'aggiudicazione dei lavori.
 Dalle  argomentazioni  della  Corte  si evince che, in quanto posta come  norma  semplificatrice  delle  attivita'  delle amministrazioni aggiudicatrici,  l'esclusione  automatica  delle  offerte anomale non costituisce  principio  fondamentale  e  inderogabile ne' la Corte ha affermato,  neanche  implicitamente, che l'eventuale introduzione del criterio   della  verifica  si  pone  in  contrasto  con  i  principi costituzionali. Al contrario, dal tenore delle pronunce rese traspare soltanto  che  tale esclusione automatica e' opportuna per ragioni di interesse  pubblico;  ragioni  che possono ritenersi recessive quando venga in rilievo un interesse pubblico diverso e superiore.
 Nella  linea interpretativa richiamata si colloca, infine, anche la recente  sentenza  del  Consiglio  di  Stato,  Sez.  VI,  n. 3188 del 6 aprile  2004,  che  ha ribadito il principio, pacifico, secondo cui l'esclusione  delle  offerte  anomale  per gli appalti sottosoglia e' costituzionale,  mentre  per  quelli  sopra  soglia occorre la previa verifica  in  ragione dei superiori principi comunitari che governano la materia, senza tuttavia affermare che l'eventuale introduzione, da parte   dell'amministrazione   aggiudicatrice,   del  criterio  della verifica  anche  per gli appalti sottosoglia si pone in contrasto con principi costituzionali o in conflitto con principi inderogabili.
 Atteso   che,   alla   luce   del   richiamato  orientamento  della giurisprudenza   costituzionale   ed   amministrativa,   l'esclusione automatica  delle  offerte  anomale  negli  appalti  sotto soglia non costituisce  un  principio  fondamentale ed inderogabile, ma solo una norma   di  semplificazione  delle  attivita'  delle  amministrazioni aggiudicatrici, si ritiene che si possa conclusivamente affermare che rientra   nella   discrezionalita'   delle   amministrazioni   stesse individuare  nei bandi di gara, sulla base di un'autonoma valutazione delle  ragioni di interesse pubblico, una diversa modalita' di tutela nei  confronti  delle  offerte anomale, come quella rappresentata dal procedimento di verifica in contraddittorio di dette offerte.
 Piu'  complessa  e  delicata  della  precedente  appare  la seconda questione posta all'attenzione di questa Autorita'.
 Si  tratta  di  stabilire  se,  ai  fini  dell'aggiudicazione degli appalti   mediante   pubblico   incanto  o  licitazione  privata,  le amministrazioni  aggiudicatrici sono libere di utilizzare il criterio dell'offerta    economicamente   piu'   vantaggiosa   come   criterio alternativo a quello del massimo ribasso, non solo per gli appalti di importo  superiore  alla  soglia  comunitaria  con  prevalenza  della componente  tecnologica  o  con particolare rilevanza delle possibili soluzioni  progettuali  - come espressamente consentito dall'art. 21, comma 1-ter, della legge n. 109/1994, e successive modificazioni - ma anche  per  gli  appalti  sotto  soglia,  per  i  quali  la normativa nazionale  (art.  21,  comma 1, della legge n. 109/1994, e successive modificazioni)  prevede,  invece,  l'utilizzo  del  solo  criterio di aggiudicazione fondato sulla valutazione dell'elemento prezzo.
 Nel formulare un indirizzo interpretativo sulla problematica de qua sembra  opportuno  ricostruire preliminarmente il quadro normativo di riferimento, comunitario e nazionale.
 Si rileva, al riguardo, che l'art. 30, n. 1, lettere a) e b), della direttiva  del  Consiglio  n.  93/37/CEE del 14 giugno 1993, dispone, testualmente,    che    i   criteri   sui   quali   l'amministrazione aggiudicatrice  si  fonda  per l'aggiudicazione dell'appalto sono: «o unicamente  il  prezzo piu' basso; o, quando l'aggiudicazione si fa a favore  dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa, diversi criteri variabili  secondo  l'appalto:  ad  esempio, il prezzo, il termine di esecuzione,  il  costo  di  utilizzazione, la redditivita', il valore tecnico».
 Al fine di assicurare la concorrenza, la normativa comunitaria, nel presupposto  implicito  che  gli  unici  criteri  di  selezione delle offerte  idonei  a  garantirla  siano  quelli in precedenza indicati, prevede,  dunque,  la possibilita' di scegliere tra l'uno e l'altro e stabilisce,   nel  caso  in  cui  si  dovesse  ricorrere  al  sistema dell'offerta  economicamente  piu'  vantaggiosa,  di  tenere presente «diversi     criteri     secondo     l'appalto»,     quali     quelli esemplificativamente elencati.
 Di contro l'art. 21, comma 1, della legge n. 109/1994, e successive modificazioni,  prevede  che «l'aggiudicazione degli appalti mediante pubblico  incanto o licitazione privata e' effettuata con il criterio del  prezzo  piu'  basso,  inferiore  a quello posto a base di gara». Quanto   al   criterio  di  aggiudicazione  alternativo  dell'offerta economicamente  piu'  vantaggiosa,  il  suo  utilizzo era consentito, nella   versione   originaria   della  legge  quadro,  esclusivamente nell'ipotesi  di  appalto-concorso e di affidamento della concessione di  costruzione e gestione dei lavori pubblici (art. 20, commi 2 e 4, della    legge    n.    109/1994,    e   successive   modificazioni). Successivamente,  con  le  modifiche introdotte dalla legge 1° agosto 2002,  n.  166, la possibilita' di ricorrere a tale ultimo criterio e stata  ampliata  attraverso  l'inserimento dell'art. 21, comma 1-ter, secondo cui «1'aggiudicazione degli appalti mediante pubblico incanto o   licitazione  privata  puo'  essere  effettuata  con  il  criterio dell'offerta  economicamente  piu' vantaggiosa... nel caso di appalti di   importo  superiore  alla  soglia  comunitaria  in  cui,  per  la prevalenza   della   componente  tecnologica  o  per  la  particolare rilevanza  tecnica  delle possibili soluzioni progettuali, si ritiene possibile  che la progettazione possa essere utilmente migliorata con integrazioni tecniche proposte dall'appaltatore».
 Tuttavia,  restando  la  possibilita'  di  utilizzare  il  suddetto criterio,  in  alternativa a quello del massimo ribasso, circoscritta nei  limiti  richiamati  dal  citato  comma  1-ter  dell'art.  21, la modifica  normativa  de  qua  non ha eliminato la scelta di fondo del legislatore  nazionale  di  privilegiare  il criterio del prezzo piu' basso,  individuandolo come quello cui ricorrere in via ordinaria, ed ha  quindi  lasciato  aperta  la  questione  della compatibilita' con l'ordinamento  comunitario  di una disciplina nazionale che limita la discrezionalita' delle singole amministrazioni aggiudicatrici fino al punto  da  impedire,  in via generale ed astratta, la possibilita' di ricorrere  a  uno  dei  due  criteri  che  la richiamata disposizione comunitaria contempla.
 Sul   possibile  contrasto  tra  normativa  nazionale  e  normativa comunitaria in tema di criteri di aggiudicazione dell'appalto, questa Autorita'  si  e'  in passato pronunciata con la determinazione n. 53 del 7 dicembre 2000.
 Al  riguardo e' stato evidenziato che la scelta contenuta nell'art. 21  della  legge  n.  109/1994  e  successive  modificazioni  di  non consentire  (a  quel  tempo  in  termini  assoluti non essendo ancora intervenuta  la  modifica  successivamente  introdotta dalla legge n. 166/2002)  di  ricorrere  al  criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente   piu'   vantaggiosa  nei  pubblici  incanti  e  nella licitazione  privata  si  colloca  «in  una  ritenuta,  da  parte del legislatore, prospettiva di maggior rigore ... Ne' puo' ritenersi che cosi'  disponendo  la normativa interna si sia posta in contrasto con quella    comunitaria    con    conseguente   necessita'   di   farne disapplicazione,  dal  momento  che  non  determina  una  lesione del diritto  comunitario  la  norma interna che, al fine di assicurare in modo  piu' esteso la concorrenza, regolamenti un determinato istituto in  maniera  difforme  da  quanto previsto in sede comunitaria (Corte cost., sentenza n. 482/1995)».
 Recentemente,  tuttavia,  la  questione  e'  stata affrontata dalla Corte  di  giustizia,  che  con  propria  sentenza del 7 ottobre 2004 (Corte  di  giustizia, sez. II, 7 ottobre 2004, C-247/02) ha ritenuto che  «l'art.  30,  n. 1, della direttiva deve essere interpretato nel senso  che  osta  ad  una  normativa  nazionale  la  quale,  ai  fini dell'aggiudicazione   degli   appalti  di  lavori  pubblici  mediante procedure di gara aperte o ristrette, imponga, in termini generali ed astratti, alle amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere unicamente al  criterio  del  prezzo  piu'  basso».  Cio'  in quanto, secondo il giudice  comunitario,  una  siffatta  normativa  nazionale,  se  «non impedisce   alle   amministrazioni  aggiudicatrici  di  procedere  al raffronto  tra  le singole offerte e di individuare la migliore sulla base  di  un  criterio  oggettivo preventivamente fissato, ricompreso appunto  tra  quelli  indicati  all'art.  30, n. 1, della direttiva», tuttavia, «priva le amministrazioni aggiudicatrici della possibilita' di   prendere  in  considerazione  la  natura  e  le  caratteristiche peculiari  di  tali appalti, isolatamente considerati, scegliendo per ognuno  di  essi  il  criterio  piu'  idoneo  a  garantire  la libera concorrenza e ad assicurare la selezione della migliore offerta».
 In  sostanza,  dunque,  la  libera  scelta  in merito ai criteri di aggiudicazione  da  utilizzare, che si intende salvaguardare a favore delle  singole amministrazioni aggiudicatrici, viene giustificata dal giudice  comunitario  alla  luce  della  piu' efficace attuazione del principio della libera concorrenza, sancito dall'art. 81 del Trattato UE,   che   costituisce   uno   dei  principi  generali  del  diritto comunitario.
 Poiche',  come  e'  noto,  tali  principi  generali,  per  costante giurisprudenza  della Corte di giustizia ormai comunemente accettata, devono  ritenersi applicabili anche agli appalti di importo inferiore alla  soglia  comunitaria,  dalle conclusioni del giudice comunitario discende   che,   essendo   applicazione  di  un  principio  generale dell'ordinamento  comunitario,  la  liberta'  di  scelta in merito al criterio  di aggiudicazione da utilizzare spetti alle amministrazioni aggiudicatrici  in  tutte  le  ipotesi in cui le stesse lo riterranno opportuno;  quindi,  non  solo  nei  casi  espressamente previsti dal legislatore nazionale (appalto concorso, concessione di costruzione e gestione,  appalti  di  importo superiore alla soglia comunitaria con prevalenza  della  componente tecnologica o con particolare rilevanza delle  possibili soluzioni progettuali), ma per tutti gli appalti che ricadono  nell'ambito  di applicazione della direttiva (appalti sopra soglia)  ed  anche  per  gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria.
 Per tutte le suesposte considerazioni si e' dell'avviso che:
 per  gli  appalti  di  lavori  pubblici di importo inferiore alla soglia   comunitaria   sussiste   un   potere   discrezionale   delle amministrazioni  aggiudicatrici di procedere con la valutazione della congruita'   delle   offerte  anomale  in  contraddittorio  in  luogo dell'esclusione    automatica   delle   medesime,   non   costituendo l'esclusione automatica un principio fondamentale ed inderogabile, ma solo   una   regola   di   semplificazione   delle   attivita'  delle amministrazioni aggiudicatrici;
 negli  appalti  di  importo inferiore alla soglia comunitaria, le amministrazioni  aggiudicatrici  possono  ricorrere  al  criterio  di aggiudicazione  dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa in luogo del  prezzo  piu'  basso,  in  tutte  le  ipotesi in cui le stesse lo ritengano opportuno per ragioni di pubblico interesse.
 Roma, 22 giugno 2005
 Il presidente: Rossi Brigante
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