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| Gazzetta n. 169 del 22 luglio 2005 (vai al sommario) |  | PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA |  | DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 13 maggio 2005 |  | Approvazione  del  documento  programmatico  relativo  alla  politica dell'immigrazione  e  degli stranieri nel territorio dello Stato, per il triennio 2004-2006. |  | 
 |  |  |  | IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 Visto l'art. 87 della Costituzione;
 Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto   legislativo   25 luglio   1998,   n.   286,   e  successive modificazioni, ed in particolare l'art. 3;
 Sentito il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro;
 Sentita  la Conferenza unificata Stato-regioni-citta' e autonomie locali;
 Sentiti  gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza  e  nell'integrazione  degli  immigrati,  nonche'  le organizzazioni  dei  lavoratori  e  dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
 Vista  la  preliminare  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 14 gennaio 2005;
 Acquisiti  i pareri delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
 Sentiti i Ministri interessati;
 Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 maggio 2005;
 Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri;
 Decreta:
 Art. 1.
 
 E'  approvato  l'allegato  documento  programmatico relativo alla politica  dell'immigrazione  e  degli  stranieri nel territorio dello Stato per il triennio 2004-2006.
 Il  presente  decreto  sara'  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
 Dato a Roma, addi' 13 maggio 2005
 
 CIAMPI
 
 Berlusconi,  Presidente  del  Consiglio
 dei Ministri
 
 Registrato alla Corte dei conti il 4 luglio 2005 Ministeri  istituzionali  -  Presidenza  del  Consiglio dei Ministri, registro n. 9, foglio n. 237
 |  |  |  | Introduzione La  programmazione  delle misure di politica dell'immigrazione per il 2004-2006 ha come obiettivo primario di dare piena applicazione al testo  unico  sull'immigrazione come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
 Le  innovazioni  della legge modificano innanzitutto le condizioni per    l'ingresso   dei   lavoratori   extracomunitari,   subordinato all'esistenza  di  un precontratto gia' firmato e alla garanzia di un idoneo  alloggio  per l'extracomunitario, nonche' del pagamento delle spese  di  rientro  nel  paese  di  origine.  Realizzano una notevole semplificazione  amministrativa,  soprattutto  tramite  l'istituzione dello  Sportello  unico per l'immigrazione, e perseguono una politica piu'  rigorosa di controllo degli ingressi e di espulsione di chi non ha titolo a rimanere in Italia.
 Tali  innovazioni  si  inseriscono in maniera coerente in una piu' ampia  tendenza  a  livello europeo. Ein corso infatti un processo di maturazione  delle  politiche  dei  vari  paesi europei e dell'Unione europea  stessa  che  portano  verso  una  maggiore  convergenza  sul contrasto dell'immigrazione clandestina e delle richieste pretestuose di  asilo,  ma anche al rafforzamento delle politiche di integrazione con  un  ruolo  crescente attribuito all'apprendimento della lingua e delle  regole  di  convivenza  a  livello  nazionale. A questo doppio binario   il   Governo  italiano,  durante  la  Presidenza  di  turno dell'U.E.,  ha  proposto  di  aggiungere  un sistema europeo di quote privilegiate  per  l'immigrazione legale per lavoro, analogo a quello gia'  esistente nel nostro paese. Cio' permetterebbe di sviluppare un sistema  di incentivi alla collaborazione nel contenimento dei flussi clandestini  da  parte  dei paesi di provenienza. Questa e' una delle principali  proposte  con  le  quali  l'Italia  si  e'  inserita  nel dibattito   sulla   costruzione   della   politica   comune   europea sull'immigrazione e l'asilo.
 Il  cuore  dell'approccio italiano all'immigrazione e' concentrato nelle  politiche  per  il lavoro, al fine di assicurare l'equivalenza tra ingresso nel territorio dello Stato e lavoro legale, basata su di un  corretto  rapporto  con  il  datore di lavoro e con lo Stato, che includa   il   versamento   di   imposte  e  contributi  sociali,  la disponibilita'   di  un  alloggio  adeguato,  una  idonea  formazione professionale  e  l'opportunita'  di  una  piena  integrazione  nella societa'   italiana.   Il   "contratto  di  soggiorno"  assicura  che all'ingresso  in Italia per motivi di lavoro corrisponda realmente lo svolgimento di un lavoro legale, strumento chiave di integrazione. La lotta  all'economia sommersa e alla presenza irregolare o clandestina sul  territorio  nazionale  si  articola  in  varie  fasi. Conseguita l'emersione   del   lavoro   sommerso   gia'   esistente  tramite  la regolarizzazione,  viene  introdotta  la  regolamentazione  dei nuovi ingressi  tramite  il  contratto  di  soggiorno  e  le  iniziative di formazione-lavoro   all'estero   prima   della   partenza  (lingua  e formazione professionale). Queste politiche sono completate da misure piu'   incisive   per   il   controllo   delle  frontiere  e  tramite l'identificazione, il trattenimento e l'espulsione dei clandestini.
 La  programmazione  dei  flussi  d'ingresso  deve  svilupparsi  in maniera  coerente  con  la  capacita' di accoglienza e di inserimento nella  societa'  italiana,  non  solo nel mercato del lavoro ma anche nelle  comunita'  locali,  in  un  quadro  di  compatibilita'  con le condizioni  alloggiative  e  dei  servizi sociali. Un ruolo crescente deve  essere  svolto  dalla  formazione  nei  paesi  di origine degli stranieri  extracomunitari  candidati  all'emigrazione, per aumentare fin  dall'inizio  le  possibilita'  di  integrazione  e migliorare la professionalita'  degli  immigrati  che  arrivano  in Italia. Occorre inoltre  considerare  che  l'adesione di dieci nuovi paesi all'Unione europea  ha  modificato  le  regole  di accesso al mercato del lavoro italiano  per un numero rilevante di lavoratori stranieri che fino ad ora   erano   rientrati   nella  regolazione  degli  extracomunitari. L'impatto  non  dovrebbe essere particolarmente forte, ma continuera' ad  essere  monitorato e valutato nel definire gli ulteriori sviluppi della programmazione dei flussi.
 L'intensificazione  delle  politiche di contrasto all'immigrazione clandestina   riveste  carattere  prioritario.  Verra'  ulteriormente accresciuta  la  proiezione internazionale delle politiche migratorie con  la  conclusione  di  nuovi  accordi di riammissione, l'ulteriore sviluppo   della   cooperazione  con  gli  stati  di  transito  e  di provenienza  dell'immigrazione  e  l'uso  di  quote privilegiate, che rappresentano  un  importante  strumento  di politica internazionale, necessario  per  incentivare  e  premiare  la collaborazione da parte degli  Stati da cui provengono forti flussi migratori. La nuova legge permettera'  comunque  anche  di  penalizzare  nell'allocazione delle quote  i paesi che non forniranno adeguata collaborazione. Inoltre la cooperazione  allo  sviluppo  italiana  contribuira' a stabilizzare i paesi di origine dei flussi, attenuando la propensione ad emigrare.
 La  recente  forte crescita conosciuta dalla popolazione straniera in  Italia pone necessariamente al centro dell'attenzione del Governo le   politiche   dell'integrazione,   integrazione   che  inizia  con l'inserimento  del  mondo  del lavoro ma che richiede anche ulteriori azioni nel settore dell'istruzione, dell'apprendimento dell'italiano, della salute, della famiglia, della casa, della mediazione culturale, anche  attraverso  organismi  diffusi  a  livello  provinciale come i consigli territoriali per l'immigrazione.
 La legge 189/2002 ha gia' permesso di raggiungere alcuni risultati positivi,  sebbene  non puo' essere considerata pienamente operativa. L'applicazione delle nuove misure introdotte dalla legge n. 189/2002, insieme  all'applicazione  piu'  rigorosa di alcune disposizioni gia' previste   dal  T.U.  sull'immigrazione,  ha  permesso  di  aumentare l'efficacia  del  controllo  delle  frontiere  e  del territorio e di ridurre  la  pressione  sull'Italia.  Sono  diminuiti  gli sbarchi di immigrati  clandestini sulle coste italiane (-39,6% nel 2003 rispetto al 2002).Gli sbarchi in Puglia e in Calabria sono quasi completamente cessati  mentre permangono ancora in Sicilia, sia pure in misura piu' ridotta.  L'incidenza  percentuale di coloro che hanno effettivamente lasciato  il  territorio  nazionale  e'  aumentata (nel 2003 il 61,5% degli  stranieri  rintracciati  in  condizioni  irregolari  e'  stato respinto,  espulso con accompagnamento alla frontiera o riammesso nel paese  da  cui  proveniva,  contro  il  52,7%  nel 2000). Il grado di efficacia  dei  Centri  di  permanenza temporanea e' aumentato, anche grazie  all'allungamento  del  periodo  massimo di trattenimento; nel 2003  la  percentuale dei rimpatri sul numero di stranieri transitati nei centri ha raggiunto il 50,6% (rispetto al 29,6% del 2001).
 Questo  documento  propone una analisi ed una programmazione delle politiche  piu'  importanti relative all'immigrazione e alla presenza degli  stranieri  in  Italia.  Singoli capitoli vengono dedicati alle politiche  del  lavoro  e  alle linee generali per la definizione dei flussi,  alle politiche di contrasto dell'immigrazione illegale, alle azioni  e  gli interventi a livello internazionale, alle politiche di integrazione e infine a quelle dell'asilo.
 Le  azioni  programmatiche  previste  nel  presente  Documento  si intendono conseguibili nei limiti della cornice finanziaria delineata dalla  legislazione  vigente  in  materia e in coerenza con l'attuale quadro programmatico di finanza pubblica.
 
 Riepilogo delle principali azioni programmate
 Obiettivi relativi al lavoro degli stranieri e alle linee generali per la definizione dei flussi
 • Raccogliere, attraverso lo Sportello unico informatizzato per l'immigrazione,  tutte  le  informazioni  relative  agli ingressi per lavoro  e  alle  caratteristiche  del rapporto lavorativo, al fine di promuovere  un  piu'  sistematico  monitoraggio, anche in vista della programmazione dei futuri flussi di ingresso.
 • Programmare  i  flussi  tenendo  conto  in  primo luogo della situazione  del  mercato  del lavoro nazionale ed europeo, in secondo luogo   dell'offerta   proveniente  dai  paesi  comunitari  di  nuova adesione,  in  terzo luogo dell'offerta dei lavoratori provenienti da paesi  non  comunitari  che  hanno stipulato con l'Italia accordi che prevedono  quote  privilegiate  di ammissione e, infine, dell'offerta dei  lavoratori  non  comunitari  per i cui paesi di origine non sono previste quote preferenziali.
 • Promuovere  un'attivita'  di  rilevazione e di indagine sulle prospettive di fabbisogno lavorativo, sulla capacita' di assorbimento del  mercato  del  lavoro nazionale e sulle capacita' di integrazione della societa' italiana. Tale attivita' si basera' su un piu' stretto raccordo,  in  opportune  sedi  che saranno predisposte, con regioni, enti locali ed associazioni di categoria.
 • Sviluppare  e favorire ulteriormente le disposizioni previste dall'art. 23 del d.lgs. n. 286/1998 relative ai titoli di prelazione; aprire  una  nuova fase nella quale valorizzare maggiormente il ruolo della  formazione  nei  paesi di origine dei lavoratori che intendono fare ingresso nel nostro paese: programmare attivita' di formazione e istruzione  da  svolgersi  nei paesi d'origine per l'apprendimento di base  della lingua italiana e il conseguimento di specifiche abilita' professionali.
 • Intraprendere   un'azione   di   monitoraggio  dell'attivita' formativa, dei suoi risultati in termini di inserimento occupazionale e dei connessi processi di integrazione.
 • Il   Ministero   del   lavoro   e   delle  politiche  sociali intraprendera',  in collaborazione con gli enti locali e le autorita' competenti,  ogni opportuna iniziativa volta a monitorare il rispetto dell'art. 5-bis del testo unico sull'immigrazione.
 • Monitorare  i  flussi  di ingresso nel territorio dello Stato dei  cittadini  dei  nuovi dieci paesi membri dell'Unione europea per motivi  di lavoro subordinato, in applicazione del regime transitorio adottato dall'Italia, verificandone l'incidenza rispetto agli effetti del  regime  di libera circolazione degli stessi cittadini per motivi diversi  dal  lavoro  subordinato.  Si terranno a questo proposito in particolare  considerazione anche gli scenari relativi all'evoluzione del potenziale migratorio dei paesi di nuova adesione, analizzando le prospettive   demografiche  di  queste  aree,  i  fattori  di  natura economica, le prospettive di crescita e le condizioni del mercato del lavoro dei paesi di origine rispetto a quelli di destinazione.
 • Favorire in via preferenziale l'accesso al mercato del lavoro dei  cittadini  provenienti  dai paesi di nuova adesione, utilizzando anche il permesso per lavoro pluristagionale.
 • Valorizzare  l'opzione,  gia'  sperimentata  con successo, di destinare  una  parte di ingressi per lavoro subordinato a lavoratori con   qualifica   di  dirigente  o  comunque  a  personale  altamente qualificato  per soddisfare il fabbisogno di manodopera straniera con elevata professionalita'.
 • Favorire   l'imprenditoria   immigrata:  prevedere  corsi  di formazione  e  di  orientamento;  promuovere iniziative di diffusione delle  buone  pratiche; dare ampia diffusione a tutte le informazioni concernenti  l'avvio  di un'attivita' imprenditoriale e alle leggi di settore che prevedono agevolazioni finanziarie; favorire l'accesso al credito finanziario e semplificare i procedimenti amministrativi.
 • Implementare gli accordi bilaterali in materia di lavoro gia' sottoscritti e rivederli alla luce delle nuove disposizioni di legge. La  collaborazione con i governi dei paesi da cui provengono i flussi e', sotto il profilo strategico, fondamentale e decisiva per arginare l'afflusso  di  clandestini.  La concessione di quote privilegiate di ingresso   o  di  adeguate  contropartite  in  favore  di  Paesi  che collaborano, rappresentano strumenti di importanza fondamentale.
 • Promuovere  nuovi  accordi  con  tutti i paesi interessati da flussi  migratori  in Italia, al fine di rispondere con tempestivita' alle  necessita'  di  manodopera  del  nostro  mercato  interno  e di favorire cosi' l'incontro tra domanda e offerta di lavoro.
 • Prevenire  l'immigrazione  clandestina,  anche  attraverso la stipula  di  nuovi  accordi  bilaterali. Intensificare l'attivita' di contrasto al lavoro nero e all'illegalita' del soggiorno.
 • Continuare  il  monitoraggio  della regolarita' del soggiorno anche attraverso l'intensificazione dell'attivita' ispettiva.
 • Mandare  a  regime  le  nuove forme di coordinamento previste dalla  legge  n.189  del  2002  con  l'attivazione  del  Comitato dei Ministri e del relativo gruppo tecnico di supporto.
 • Raggiungere  la  gestione  completamente informatizzata delle procedure  di  ingresso  e del monitoraggio dell'andamento dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari.
 
 Obiettivi  relativi  alle  politiche di prevenzione e di contrasto all'immigrazione illegale
 • Proseguire  ed  intensificare  le  azioni  di  monitoraggio e contrasto  dell'immigrazione  clandestina,  attribuendo  alle  stesse carattere  prioritario,  tramite  la  conclusione di nuovi accordi di riammissione  e  il  rafforzamento  della  cooperazione  bilaterale e multilaterale con i paesi di transito e di origine.
 • Valorizzare  l'uso delle quote privilegiate come strumento di gestione dei flussi.
 • Perseguire  il contrasto coordinato in mare dell'immigrazione clandestina  tramite  la  Polizia  del  Mare,  la Marina Militare, la Guardia di Finanza e le Capitanerie di Porto.
 • Istituire   una   sala   di  coordinamento  operativo  contro l'immigrazione  clandestina via mare, che il Dipartimento di P.S. del Ministero  dell'interno  intende  predisporre  avvalendosi della rete informatica  nazionale  collegante  i  vari dicasteri, enti e comandi interessati.  Il progetto andra' ad interconnettersi con i sistemi di controllo  gia'  attivati  da parte di altre specialita' di Polizia e che  concorreranno  al  costante  monitoraggio della aree interessate dagli interventi di prevenzione e contrasto.
 • Realizzare  un  Centro di permanenza temporanea ed assistenza almeno  in ogni Regione. Migliorare la funzionalita' e le prestazioni dei  Centri  di Permanenza Temporanea, e aumentare il numero di posti disponibili nei centri.
 • Completare  ed  ampliare  il  numero di posti disponibili nei Centri  di  identificazione. Completare la rete nazionale dei servizi di   accoglienza   alle  frontiere  e  perfezionare  il  monitoraggio dell'attivita' e delle problematiche affrontate.
 • Intensificare la lotta contro le organizzazioni criminali che gestiscono  il  traffico  di  esseri umani e sfruttano l'immigrazione clandestina.
 • Intensificare  i controlli alle frontiere e l'attivita' volta al respingimento degli immigrati intercettati.
 • Proseguire   nelle   attivita'   volte   al   rimpatrio   dei clandestini.
 • Concorrere  agli  ulteriori  sviluppi  della  Politica comune europea  sull'immigrazione,  in  particolare nell'Organo Comune degli esperti  di  frontiera,  negli  istituendi  centri di coordinamento e nella futura Agenzia europea per le frontiere.
 • Monitorare    la    particolare    forma   di   irregolarita' rappresentata  dagli  Overstayers  e  programmare ulteriori specifici interventi di contrasto.
 • Completare  la  procedura  di  regolarizzazione, monitorare e valutarne i risultati e l'impatto.
 • Realizzare il coordinamento tra archivi e sistemi informatici relativi all'immigrazione.
 • Promuovere  incontri  e  campagne  di informazione, anche nei paesi di provenienza, organizzare corsi di formazione degli operatori impegnati  nella  lotta  alla  "tratta". Prolungare le iniziative del Progetto  Prevenzione  Tratta e del Progetto Nazionale per assicurare il  ritorno  volontario  assistito  e  la reintegrazione nel paese di origine  delle  vittime  della "tratta". Intensificare l'attivita' di monitoraggio dei programmi e delle azioni di sistema avviati; creare, in  modo sistematico, occasioni di confronto con la Magistratura e le forze   di   polizia  che  operano  sia  in  Italia  che  all'estero; prospettare   possibilita'   di   integrazione   tra   le   fonti  di finanziamento  nazionali  ed europee; intensificare la collaborazione con  i  Paesi  di  origine  e non soltanto per promuovere campagne di informazione sui rischi connessi con la "tratta" e l'immigrazione non controllata, ma anche per promuovere interventi di sviluppo locale in grado di incidere sulle cause di questo fenomeno criminoso.
 • Perseguire  il  superamento  delle  barriere linguistiche nel sistema   penitenziario  tramite:  1.  l'utilizzo  della  figura  del mediatore  culturale  nelle  strutture  carcerarie,  soprattutto  nel settore  nuovi  giunti  e  nell'area  pedagogica  trattamentale,  per coadiuvare   gli   operatori   penitenziari,  sveltire  le  procedure burocratiche e facilitare da parte dei detenuti la comprensione delle leggi e delle regole di contesto; 2. l'attivazione di corsi di lingua italiana per i detenuti stranieri.
 • Sostenere  le  politiche  del  lavoro nell'ambito del sistema penitenziario  tramite:  1.  l'attivazione  di  corsi  di  formazione professionale  finalizzati all'inserimento lavorativo degli stranieri (c.d.  formazione  rientro) sia nel paese d'origine che in Italia; 2. l'incremento   dei   rapporti  con  i  soggetti  del  territorio  per ipotizzare  per  i  detenuti stranieri percorsi lavorativi adeguati e attivita'  trattamentali  esterne  al  carcere.  Piu' in generale, le politiche  del  lavoro per i detenuti immigrati devono infatti essere pensate e realizzate congiuntamente alle strategie dirette a favorire il loro reinserimento sociale.
 • Potenziare, nell'ambito dei Servizi Minorili della Giustizia, i  servizi  di  mediazione culturale, promuovere una alfabetizzazione veloce,  l'attivazione  di  percorsi di educazione non scolastici nel senso  classico  per  fornire  competenze  immediatamente fruibili ed esportabili  nel  contesto  extrapenale e sostenere l'elaborazione di progetti alternativi alla detenzione per i minorenni stranieri.
 
 Obiettivi riguardanti l'azione a livello internazionale
 • Nell'ambito dell'Unione europea il prossimo triennio dovrebbe vedere  lo sviluppo delle iniziative promosse negli ultimi anni ed in tale  prospettiva  l'Italia  si adoperera' per raggiungere i seguenti obiettivi:  realizzazione  di  un sistema integrato di gestione delle frontiere,   imperniato  sulla  costituenda  Agenzia  e  nelle  more, sull'attivita'  dell'Organo  comune  di  esperti di frontiera e della rete  dei  Centri gia' istituiti e di quelli in via di realizzazione; implementazione  del  piano  di  azione per la lotta all'immigrazione clandestina  e  del  piano  di  azione  per la lotta all'immigrazione clandestina  via  mare  anche  con  la  realizzazione  di progetti di pattugliamento  congiunto; sviluppo della politica europea in materia di rimpatri; realizzazione della rete degli ufficiali di collegamento per  l'immigrazione; aumento delle risorse comunitarie disponibili in materia  migratoria;  piena  integrazione  delle tematiche migratorie nelle   relazioni   esterne   dell'Unione   e   rafforzamento   della collaborazione con i Paesi terzi; sviluppo di una politica europea in tema  di  immigrazione  legale  ed accoglienza dei migranti regolari, meccanismi  di  ingresso per quote a rilevanza europea (come proposto dalla  Presidenza  italiana);  realizzazione  di un sistema comune di asilo europeo.
 • Sul   piano   bilaterale,  l'Italia  intende  adoperarsi  per rafforzare  la  collaborazione  esistente  in  tema  di prevenzione e contrasto  dell'immigrazione  clandestina e del traffico degli esseri umani, estendendo ulteriormente la rete degli accordi di riammissione con i Paesi di origine e transito di flussi migratori, in particolare area   Balcanica   e   Mediterranea   e  la  rete  degli  accordi  di collaborazione tra le forze di polizia.
 • Verra'  dato  ampio  spazio all'illustrazione dei percorsi di ingresso regolari previsti dalla nostra normativa e sara' valorizzata la  concessione  delle  quote  riservate previste nel Decreto Flussi, strumento  indispensabile  per  incentivare  la  collaborazione degli Stati  beneficiari,  che  contrastano  l'immigrazione clandestina. In tale  contesto,  ai fini della piena utilizzazione delle quote assume una  grande  importanza  il meccanismo previsto dalla legge 189/2002, relativo al diritto di prelazione accordato a coloro che frequentano, nei  Paesi di origine, specifici corsi di formazione professionale ed istruzione.  Parallelamente,  verra'  esaminata  la  possibilita'  di concludere  accordi  sul  lavoro  stagionale  o, piu' in generale, di collaborazione in materia di lavoro.
 • L'Italia  intende  inoltre continuare a promuovere interventi di  cooperazione,  mirati a favorire lo sviluppo dei Paesi di origine dei  flussi  migratori,  anche  al  fine  di  assicurare una gestione ordinata degli stessi.
 • Sul  piano  multilaterale,  l'obiettivo  da raggiungere e' la piena  applicazione  dei Protocolli relativi al traffico illecito dei migranti  ed  alla  tratta  di  esseri umani annessi alla Convenzione delle  Nazioni Unite sul crimine transnazionale. Una specifica azione di  sensibilizzazione  a  livello  diplomatico  continuera' ad essere condotta  dall'Italia  sul fenomeno dell'immigrazione clandestina via mare,  ed  in  particolare  sulla necessita' del rispetto da parte di ciascuno   Stato  rivierasco  della  normativa  internazionale  sulla sicurezza  delle navigazione e sulla salvaguardia della vita umana in mare.
 • Per  quanto  concerne  le  attivita'  previste  in materia di visti,  si procedera' all'aggiornamento della normativa vigente, alla luce  delle  modifiche  introdotte  dalla  legge  n.  189/2002  e dal relativo Regolamento di attuazione. Una particolare attenzione verra' dedicata al miglioramento dei servizi resi al pubblico da parte delle Sedi consolari.
 Obiettivi relativi alle politiche di integrazione
 • Dare  ulteriore  impulso alle misure di integrazione connesse con  le  nuove regolarizzazioni. Le politiche sociali dovranno essere in grado di rispondere alle esigenze poste dai nuovi nuclei familiari di origine straniera.
 • Diffondere   le   iniziative   intraprese  negli  accordi  di programma   pluriennali   gia'   stipulati  con  alcune  regioni  per l'attivazione    e    la    realizzazione    di    progetti   rivolti all'alfabetizzazione e all'apprendimento della lingua e della cultura italiana su tutto il territorio nazionale e nei paesi di emigrazione, nel  quadro  di  accordi  bilaterali  e  delle disposizioni normative offerte  dall'articolo  19  "Titoli di prelazione" della legge n. 189 del 30 luglio 2002, che ha modificato l'art. 23 del testo unico.
 • Offrire   soluzioni  abitative  agli  stranieri  regolarmente residenti,  che  hanno  difficolta'  di  accesso a un alloggio, anche alternative  all'edilizia residenziale pubblica; favorire la sinergia tra  i  diversi  attori  presenti  sul territorio per l'attuazione di nuove soluzioni che si adattino alle problematiche locali specifiche.
 • Promuovere  politiche di integrazione specifiche rivolte alle seconde  generazioni,  nella consapevolezza che un ruolo fondamentale spetta   all'istruzione   e  alla  formazione,  anche  tenendo  conto dell'esperienza di altri paesi di meno recente immigrazione.
 • Continuare   l'attivita'   di  supporto  al  Comitato  Minori stranieri,  sia  per  la gestione della banca dati delle informazioni utili  a  monitorare  il fenomeno, sia per implementare il sistema di rete  relativamente  alle indagini familiari, in modo da ottenere nel piu'  breve  tempo  possibile  le  informazioni  circa  la situazione familiare  del  minore.  A  tal  fine  sara'  opportuno sottoscrivere accordi   con   le  rappresentanze  diplomatico-consolari  dei  paesi d'origine  dei  minori  allo  scopo  di  accelerare  le  procedure di identificazione e razionalizzare l'iter del riaffidamento del minore. Allo  stesso  tempo,  si  dovranno  ampliare i programmi di rimpatrio assistito  con  accordi  con  i Paesi di provenienza e con le realta' associative   presenti  nei  Paesi  di  origine,  per  facilitare  il reinserimento familiare e sociale dei minori una volta rimpatriati.
 • Favorire    l'attivita'   di   comunicazione   e   diffusione dell'informazione  rivolta alla popolazione straniera, finalizzata ad una   puntuale  informazione  su  diritti  e  doveri  in  materia  di immigrazione, anche attraverso la figura dei mediatori culturali.
 • Attivare gli Sportelli unici per l'immigrazione.
 • Realizzare   reti  interistituzionali  e  interfunzionali  di risorse  e  competenze, a livello locale, che individuino stabilmente nei  Consigli  territoriali per l'immigrazione le sedi idonee ai fini della   collaborazione   istituzionale   ai   vari   livelli;   della concertazione  sociale  tra  i  vari soggetti presenti sul territorio rispetto   all'analisi   dei   bisogni   e   delle   esigenze;  della programmazione  e  realizzazione  delle  iniziative  di  integrazione sociale; delle necessarie azioni di monitoraggio.
 • Promuovere  e  valorizzare  le  esperienze gia' in atto nelle scuole  mettendo  a  sistema  buone  pratiche realizzate anche con il concorso  delle associazioni degli immigrati, del volontariato, degli Enti  Locali.  Uno  strumento  di  conoscenza della realta' nazionale sugli  alunni  stranieri  a  scuola  sara'  fornito  da  una  ricerca nazionale  promossa  dal  MIUR  con  il  coordinamento scientifico di studiosi dell'Universita'.
 • Promuovere  e realizzare confronti con le strategie educative degli  altri  Paesi  europei,  incrementare  lo  scambio di pratiche, esperienze, metodi di lavoro tra scuole e insegnanti di altri paesi.
 • Promuovere  una  scuola  delle  culture  e dei diritti umani, radicata nel proprio territorio e in Europa, collocata in una cornice di valori universali.
 • Promuovere  iniziative  di  formazione  rivolte  al personale della  scuola di tutti i cicli scolastici, con particolare attenzione ai  docenti  curricolari  di tutte le discipline per il potenziamento delle competenze professionali connesse all'integrazione degli alunni stranieri.
 • In  materia sanitaria, migliorare l'assistenza sanitaria alle donne  straniere  in  gravidanza  e favorire la riduzione del ricorso all'I.V.G.; ridurre l'incidenza dell'HIV, delle malattie sessualmente trasmesse  e  della  tubercolosi,  tramite  interventi di prevenzione mirati   a   questa  fascia  di  popolazione;  raggiungere  coperture vaccinali   della  popolazione  infantile  immigrata  pari  a  quella ottenuta  per  la  popolazione  italiana;  erogare  gli interventi di profilassi  primaria  alle  categorie  di  lavoratori  stranieri  ove prevista  per i lavoratori italiani, ridurre gli infortuni sul lavoro tra  i  lavoratori  immigrati,  tramite gli interventi previsti a tal fine per i lavoratori italiani.
 • Reingegnerizzare  processi  di concessione della cittadinanza con  l'applicazione  di nuove procedure informatiche e la progressiva riduzione dei tempi di attesa dei richiedenti.
 
 Obiettivi relativi alle politiche dell'asilo
 • Applicazione della legge n. 189/2002 attraverso l'istituzione delle   Commissioni   territoriali,  la  costruzione  dei  centri  di identificazione  e  definizione delle linee guida per l'indirizzo dei servizi  di assistenza e tutela dei richiedenti asilo e rifugiati che saranno  finanziati  dal Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.
 • Armonizzazione  della normativa nazionale a quella europea in applicazione dei Trattati dell'Unione europea.
 • Attuazione  dell'articolo 10, comma 3, della Costituzione sul diritto  di  asilo attraverso una legge organica in materia che tenga conto dei principi di armonizzazione europea in via di elaborazione.
 
 Il punto sulla presenza straniera in Italia
 La  presenza  straniera  in  Italia ha continuato a crescere negli ultimi  trent'anni,  ora e' possibile una rappresentazione piu' certa della  sua  dimensione  e  della  sua  composizione anche grazie alla regolarizzazione avviata nel novembre del 2002 (legge 30 luglio 2002, n.  189  e  Decreto-legge  9  settembre  2002, n. 195, convertito con modificazioni dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222).
 Al  31 dicembre 2003 il numero di permessi di soggiorno validi era di  2.193.999,  pari  al  3,8% della popolazione residente in Italia, cifra  che  supera  il 4% se si tiene conto dei minori registrati sul permesso dei genitori ma non contati separatamente.
 La  presenza  straniera  in  Italia non e' radicalmente diversa da quella  del  resto  dell'Europa, come poteva essere ancora dieci anni fa; il 4% italiano deve essere messo a confronto con un 5,2% di media europea  del  2000 (anche se tale livello da allora e' gia' aumentato in  maniera  sensibile).  Gli stranieri rappresentano in Italia il 3% della  popolazione  scolastica (oltre 230.000 bambini stranieri nelle scuole  italiane  nel  2002-2003,  contro  meno  di  centomila appena quattro  anni  fa)  e  il  4,8%  delle  nascite,  mentre  il 7,1% dei matrimoni  coinvolge  almeno uno straniero (oltre il 10% nel centro e nel  nord-est).  Nel  mercato  del  lavoro rimane difficile stabilire quanti  stranieri  facciano  parte  della  forza  lavoro  a causa del fenomeno  del lavoro nero, ma dall'analisi dei dati INAIL risulta che l'11,5% delle nuove assunzioni del 2002 riguardavano immigrati.
 Il panorama della presenza straniera in Italia e' stato modificato molto  chiaramente  dai due provvedimenti di regolarizzazione avviati alla fine del 2002.
 Questi  provvedimenti  hanno  permesso l'emersione dal sommerso di diverse centinaia di migliaia di lavoratori. I risultati mostrano una forte  correzione  rispetto  al  passato  dei  nuovi  flussi  e della composizione  delle comunita' straniere in Italia, con una inversione del  peso  relativo  dell'Africa a vantaggio dell'Europa del sud-est; gli  stranieri  provenienti  dai  tre paesi africani piu' presenti in Italia  (Marocco,  Tunisia  e Senegal) rappresentavano il 31,3% della presenza  straniera  in  Italia  nel  1992,  il 21,1% nel 2002 e solo l'11,3%  delle  domande  di regolarizzazione nel 2002. Al contrario i tre  principali  paesi  dell'Europa  dell'est attori dell'emigrazione verso  l'Italia  (Albania,  Romania  e Polonia), passano dal 9,5% del 1992 al 22,5% del 2002, a cui si aggiungono il 33,2% delle domande di regolarizzazione.  Il  58,7%  delle  domande  viene  dall'Europa,  in particolare   dal   sud  dell'Europa  orientale  (Paesi  Balcanici  e Ucraina).  I  dieci  nuovi  membri dell'UE hanno dato origine solo al 5,6%  delle  domande (quasi interamente attribuibili alla Polonia); i due paesi candidati all'adesione nel 2007 (Romania e Bulgaria), hanno dato   luogo   al   21,7%  delle  domande,  mentre  il  31,4%  deriva dall'immigrazione da paesi europei privi di una rapida prospettiva di integrazione  nell'UE: ucraini e moldavi e dal consistente aumento di bulgari,  russi  e  macedoni.  Piu'  lontane sono l'adesione all'UE e l'integrazione  economica  e  piu'  forte  diventa  la  pressione  ad emigrare.  Nella regolarizzazione sono quasi assenti i paesi di nuova adesione all'Unione europea, con l'eccezione della Polonia, a riprova del debole impulso migratorio di questi paesi.
 La comunita' marocchina perde per la prima volta dall'inizio degli anni  novanta  il  ruolo di maggiore comunita' straniera in Italia, a vantaggio   di  quella  rumena  (239.426  permessi  di  soggiorno  al 31-12-2003)  e di quella Albanese (233.616 permessi), a suggellare il continuo  cambiamento  dei cicli migratori nazionali che vedono nuovi paesi  sostituirsi costantemente ai precedenti nel cedere popolazione all'Italia.  L'Ucraina  e' la maggiore sorpresa, dato che sale dal27° posto del 2002 (con 14.035 permessi) al quarto posto a fine 2003 (con 112.802  permessi),  rivelandosi  la  seconda  patria  di origine dei lavoratori  stranieri  immigrati  regolarizzati,  superata solo dalla vicina Romania.
 
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 Per  controllare  e  gestire consapevolmente il complesso fenomeno dell'immigrazione  e'  necessario  disporre  di adeguati strumenti di conoscenza  e  di  monitoraggio, procedendo all'interscambio dei dati posseduti dalle diverse Amministrazioni. Per poter assumere decisioni consapevoli  e'  necessario  disporre  continuamente  di informazioni complete,  aggiornate  e  affidabili,  ottenute  incrociando  i  dati detenuti da tutte le amministrazioni rilevanti.
 Le  Amministrazioni  con  competenze in materia migratoria, per lo svolgimento   delle   proprie   attivita'  istituzionali,  possiedono ciascuna   sistemi   informativi   che   memorizzano   e   gestiscono informazioni  sugli stranieri regolari, fotografando i diversi eventi della  loro vita (ingresso nel territorio italiano, soggiorno, uscita e  rimpatrio),  scanditi  dall'interazione  con  le diverse Autorita' preposte al rilascio di permessi e autorizzazioni o all'erogazione di servizi pubblici.
 Ne  consegue  che  le  informazioni esistenti, provenendo da fonti diverse,  sono  quanto  mai frammentate e non consentono di avere una visione globale del fenomeno e delle sue tendenze, che e' presupposto fondamentale per poterlo governare.
 L'integrazione  delle  varie  fonti di informazione consentirebbe, pertanto,  di  operare un'implicita integrazione dei dati presenti in ciascun   sistema   informativo,   oltre  che  una  loro  validazione incrociata.
 E'  quindi  un'esigenza  primaria  raggiungere  l'interconnessione telematica  dei  sistemi  informativi esistenti, e l'interscambio dei dati  -  su  cui,  comunque,  ciascuna  Amministrazione  manterra' la propria  titolarita'  e responsabilita' - attraverso la realizzazione degli  archivi  automatizzati  in  materia di immigrazione e di asilo presso  il  Ministero  dell'interno  -  Dipartimento  per le liberta' civili e l'immigrazione.
 Sia il testo unico di cui al Decreto Legislativo n. 286/98, che la legge  di  modifica  n.  189/02,  assegnano  un  ruolo  centrale alla gestione informatizzata dei procedimenti connessi con la gestione del percorso  migratorio:  dalla  richiesta  di  visto,  all'ingresso nel territorio  dello  Stato,  dal  soggiorno  nei  suoi  diversi aspetti (iscrizione  anagrafica,  lavoro,  erogazione di servizi), all'uscita (rimpatrio volontario o espulsione).
 L'insistenza  normativa sull'informatizzazione dei procedimenti va sicuramente  nella direzione della modernizzazione dei processi della Pubblica  Amministrazione  grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
 Le  ICT  (tecnologie  dell'informazione  e  della  comunicazione), stanno  determinando  una  rivoluzione  nella  cultura  organizzativa dell'amministrazione  italiana,  avvicinandola  gradualmente a quella delle piu' avanzate democrazie occidentali.
 In  tale  scenario,  la costituzione di una banca dati unica o, in alternativa, l'interconnessione tra i diversi archivi informatizzati, appare  una  necessaria precondizione per migliorare l'efficienza dei processi  decisionali  e  operativi  nell'ambito  della  gestione del fenomeno migratorio.
 L'istituzione  in  ogni  provincia,  presso  la prefettura-ufficio territoriale  del Governo, di uno sportello unico per l'immigrazione, responsabile  dell'intero  procedimento  di assunzione dei lavoratori stranieri,  postula  la  necessaria interconnessione degli archivi di pertinenza  di ciascuna amministrazione coinvolta nel procedimento al fine dello scambio di informazioni in via telematica.
 Gli adempimenti di competenza dello sportello unico, per esplicita previsione normativa, devono necessariamente essere supportati da una sistema  informativo in materia di ingresso, soggiorno e uscita degli stranieri extracomunitari.
 Tale   sistema   informativo   dovra'   consentire   il   costante monitoraggio  dei soggetti che compiono attivita', della tipologia di tali  attivita',  della  data  delle  operazioni  svolte,  nonche' lo svolgimento  delle  funzioni di acquisizione, certificazione e misura dei dati e dei documenti memorizzati.
 In  tal  senso  si  sono  indirizzate  le  scelte  compiute  nella predisposizione  del  regolamento, di cui all'art. 34, comma 2, della legge   n.189/02,   per   la   razionalizzazione  dell'impiego  della telematica  nelle  comunicazioni  tra  le amministrazioni pubbliche e l'attuazione della massima interconnessione tra gli archivi esistenti o in via di realizzazione.
 
 Cap. I)
 Le politiche per il lavoro degli stranieri e le linee generali
 per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio italiano
 1.1) I nuovi meccanismi d'ingresso per lavoro, lo sportello unico
 e il contratto di soggiorno
 
 La  legge  n.  189/2002  ha profondamente innovato le procedure di ingresso  per motivi di lavoro dei cittadini non comunitari sia sotto il profilo organizzativo, sia sotto quello sostanziale.
 Per  quanto  concerne  l'aspetto  organizzativo,  la legge prevede l'istituzione,  presso  ogni  Prefettura - UTG, dello Sportello unico per   l'immigrazione.   Tale   struttura   unitaria,   composta   dai rappresentanti  della  Prefettura-Ufficio  Territoriale  di  Governo, della  Direzione  provinciale del lavoro e della Questura, garantira' il  coordinato  espletamento delle attivita' di rispettiva spettanza, finora   svolte   separatamente.   Gli  Sportelli  unici,  una  volta costituiti  secondo  i  criteri  e  con  le  modalita'  definite  dal regolamento  d'attuazione  riceveranno  le  domande  di nulla-osta al lavoro riferite ai lavoratori non comunitari e procederanno alla loro evasione.  Dopo  il rilascio del nulla-osta e ottenuto il conseguente visto  d'ingresso  dalla  rappresentanza diplomatica, lo straniero e' tenuto a presentarsi, entro otto giorni dall'ingresso, allo Sportello unico  per  la  sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro. Tale  adempimento,  assieme  al  rilevamento  fotodattiloscopico,  e' condizione  indispensabile  per il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato da parte della Questura.
 Lo  Sportello unico potra' consentire non solo la semplificazione, ma  anche  la  razionalizzazione  delle operazioni di rilevazione dei permessi   di  soggiorno  per  lavoro  effettivamente  rilasciati  in rapporto  ai preliminari nulla-osta emessi. Infatti, diversamente dal sistema  attuale,  sara' un medesimo ufficio - lo sportello unico per l'immigrazione  -  a  rilasciare il nulla-osta al lavoro e a prendere atto  dell'effettivo  ingresso  del  lavoratore  straniero. Infine lo Sportello  unico,  presso  cui  rimane  depositato  il  contratto  di soggiorno  per  lavoro  sottoscritto dal lavoratore straniero ai fini dell'ottenimento   del   corrispondente  permesso  di  soggiorno,  e' destinatario  della  comunicazione di ogni variazione del rapporto di lavoro  subordinato  che  il  datore  ha  l'obbligo di effettuare. Lo Sportello unico, percio', concentrera' un complesso di dati e notizie sinora   distribuiti   tra   uffici   diversi.  Cio'  facilitera'  il monitoraggio  degli effettivi ingressi per lavoro subordinato e dello svolgimento del rapporto lavorativo. Sara' cosi' piu' agevole avere a disposizione  elementi  conoscitivi  sicuramente utili anche in vista della programmazione dei futuri flussi di ingresso.
 Lo  Sportello unico sara' integrato in un sistema informativo piu' ampio,   di   cui  fanno  parte  anche  INPS,  INAIL  e  S.I.L  e  vi convergeranno  tutti  i sistemi informatizzati relativi alla gestione dei   flussi   migratori.   Questi   soggetti,   collegati  in  rete, raccoglieranno  le  informazioni  e  i  dati relativi al percorso del lavoratore  che  fa  ingresso  nel Paese. L'innovazione rappresentata dallo  sportello unico per l'immigrazione necessita, per la sua piena attuazione,   del   supporto   delle   moderne   tecnologie   per  la reingegnerizzazione   dei   processi,   che   accresca   l'efficacia, l'efficienza  e la speditezza dell'azione amministrativa, migliorando il rapporto cittadino/amministrazione.
 In effetti, la legge n. 189/02 (e il regolamento ex art. 34, comma 2)  prevede  la razionalizzazione dell'impiego della telematica nelle comunicazioni   tra   le   amministrazioni   pubbliche,   la  massima interconnessione  tra  gli  archivi  gia'  realizzati  o  in  via  di realizzazione    presso    le    amministrazioni   pubbliche   e   la riorganizzazione degli archivi esistenti per la gestione del fenomeno migratorio.  L'interconnessione tra gli archivi, prevista dalla legge 189/02,  si  basera',  ai  sensi  del  Regolamento  telematico, su un sistema  informativo  unitario  in  materia  di ingresso, soggiorno e uscita,  che  avra'  come fulcro gli archivi automatizzati relativi a immigrazione e asilo, da istituire presso il Ministero dell'interno - Dipartimento per le liberta' civili e l'immigrazione.
 In  tale  sistema  affluiranno le informazioni degli archivi e dei sistemi  informativi in materia di immigrazione e asilo delle singole Amministrazioni che ne faranno parte. Il sistema informativo unitario e' pertanto indispensabile per l'attuazione dei procedimenti previsti dal testo unico sull'immigrazione e dal relativo regolamento, anche a supporto degli adempimenti dello Sportello unico per l'immigrazione.
 Sotto  l'aspetto  sostanziale,  la  legge n. 189/2002 ha collegato l'ingresso  del  lavoratore  straniero  all'esistenza  di  una idonea proposta   di  contratto  di  lavoro.  E'  stata  abrogata  la  norma previgente  che consentiva anche il c.d. ingresso per inserimento nel mercato lavorativo. Per il conseguimento, cioe', di un'occupazione da ricercare  dopo  l'ingresso  nel  territorio  nazionale,  autorizzato dietro  prestazione  di  garanzia da parte di un cittadino italiano o straniero  regolarmente  soggiornante.  La  nuova disciplina consente l'ingresso  per  lavoro  subordinato  unicamente  in  presenza di una richiesta  di  assunzione  proveniente  da  un  datore  di lavoro ben individuato e dotato dalla correlativa capacita' occupazionale, cioe' in grado di sostenere gli oneri retributivi e previdenziali derivanti dall'assunzione  nell'ambito  delle  quote  d'ingresso  stabilite nel decreto flussi.
 La legge n. 89/2002 ha prefigurato uno specifico tipo di contratto finalizzato   all'instaurazione   del   rapporto  di  lavoro  con  il lavoratore  subordinato  straniero.  E' il contratto di soggiorno per lavoro subordinato. In aggiunta ai normali elementi che costituiscono il  contenuto  essenziale  del  contratto  di  lavoro subordinato, il contratto  di  soggiorno  per  lavoro  deve  contenere  due  elementi ulteriori. L'art. 5 bis del T.U. - d.lgs. 286/1998, aggiunto dalla L. n.  189/2002,  richiede che vi siano inclusi: a) l'impegno del datore di  lavoro  di  garantire  un'abitazione  al lavoratore straniero che rientri   nei   parametri   previsti  per  gli  alloggi  di  edilizia residenziale  pubblica;  b)  l'impegno  del datore al pagamento delle spese  di  viaggio  per  il  rientro  del  lavoratore  nel  Paese  di provenienza.
 Le disposizioni regolamentari fissano le modalita' di assolvimento dei  due  specifici  impegni  che  il  datore  di lavoro e' tenuto ad accollarsi  con  apposite  dichiarazioni  inserite  nella proposta di contratto da presentare insieme con la richiesta di assunzione.
 Infine  tra  le  innovazioni  legislative  piu'  significative  va annoverata  la  disposizione  inserita  nel  T.U. - d.lgs. 286/1998 - dalla  L. n. 189/2002 (art. 23), dedicata ai titoli di prelazione. La norma prevede che, anche ad iniziativa delle regioni e delle province autonome,  possono  essere  programmate  attivita'  di  formazione  e d'istruzione   da   svolgersi  nei  paesi  d'origine  per  promuovere l'apprendimento   di   base   della   lingua   italiana,  nonche'  il conseguimento   di  specifiche  abilita'  professionali.  I  relativi programmi  sono sottoposti alla preventiva approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'istruzione, dell'universita'  e  della ricerca. La legge attribuisce un titolo di preferenza   ai   partecipanti   all'attivita'   formativa   ai  fini dell'ingresso  in Italia e del loro impiego nei settori produttivi di riferimento delle iniziative formative seguite.
 Con il regolamento d'attuazione, saranno valorizzate le previsioni della   norma   primaria  e,  per  dare  effettiva  incisivita'  alla preferenza  accordata  dalla  legge,  si  prevede che una percentuale delle  quote  annuali  d'ingresso  sia riservata ai partecipanti alle attivita' formative i quali, a tal fine, saranno iscritti in apposite liste tenute dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
 L'entrata  in  vigore delle norme regolamentari d'attuazione ed il successivo  espletamento  dell'ulteriore attivita' d'implementazione, renderanno   effettivamente   operativo   questo   nuovo   importante strumento.   La  sua  appropriata  utilizzazione  fara'  si'  che  la programmazione  annuale  dei  flussi,  finora  effettuata  in termini solamente   quantitativi,  sia  effettuabile  anche  sotto  l'aspetto qualitativo.  Infatti  i  programmi di formazione all'estero sono uno strumento  che, con il coordinato apporto di vari soggetti pubblici e privati,  consentira'  il piu' agevole collegamento tra fabbisogno di manodopera   e  forza  lavoro  dotata  delle  appropriate  competenze professionali da destinare al suo soddisfacimento.
 1.2) Utilizzo dell'informatica per la gestione delle procedure
 di ingresso dei lavoratori non comunitari
 
 La  legge  189/02  prevede  che  lo  Sportello  unico  si  basi su procedure  informatizzate per l'ingresso e il soggiorno dei cittadini extracomunitari.  Al  riguardo,  il regolamento attuativo della legge 189/02,  prevede  nuove procedure che saranno gestite telematicamente dallo  Sportello  unico  per l'immigrazione. L'obiettivo del prossimo triennio  e'  raggiungere  la  gestione  completamente informatizzata delle  procedure  di  ingresso  e del monitoraggio dell'andamento dei flussi   d'ingresso   dei   lavoratori   extracomunitari.   Il  nuovo regolamento  indica  i  soggetti  abilitati  a  trasmettere i dati da acquisire  nell'archivio  informatizzato  in materia di immigrazione: soggetti  privati,  questure, Sportello unico, regioni e province per il  tramite  del  responsabile del centro per l'impiego, i centri per l'impiego,  l'autorita'  consolare  tramite il Ministero degli affari esteri,  le  Direzioni provinciali del lavoro e il competente ufficio dell'Amministrazione  centrale  del  Ministero  del  lavoro  e  delle politiche sociali.
 E'  previsto  che  le  richieste  di  lavoro siano trasmesse dallo Sportello  unico,  per  il tramite del sistema informativo, al Centro per  l'impiego  competente,  il  quale  provvede,  sempre  tramite il sistema  informativo, a diffonderle, comunicando allo Sportello unico e  al  datore  di  lavoro  i  dati  delle  eventuali dichiarazioni di disponibilita'  pervenute  da  altri  lavoratori  o le certificazioni negative.
 Lo Sportello unico dovra', quindi, in particolare:
 • richiedere  alla  Questura,  tramite procedura telematica, la verifica  dell'eventuale  sussistenza di motivi ostativi a carico del lavoratore extracomunitario e/o del datore di lavoro;
 • acquisire  sempre  con  procedura telematica, dalle Direzioni provinciali  del  lavoro  la  verifica  della capienza delle quote di ingresso;
 • inoltrare  per  via telematica agli uffici consolari italiani all'estero  la  richiesta  di assunzione e la relativa documentazione (compreso  il  codice  fiscale  e  il  nulla  osta  all'ingresso  del lavoratore  straniero),  avvalendosi  del  collegamento  previsto con l'archivio  informatizzato  della rete mondiale visti (RMV) presso il Ministero degli affari esteri.
 La rappresentanza diplomatica-consolare rilascera' infine il visto di  ingresso,  dandone  comunicazione per via telematica al Ministero dell'interno,  al  Ministero  del  lavoro  e delle politiche sociali, all'INPS e all'INAIL.
 Una  volta stipulato il contratto di soggiorno presso lo Sportello Unico,  una copia dello stesso sara' trasmessa, ove possibile, in via telematica   al   Centro   per   l'impiego,  all'autorita'  consolare competente nonche' al datore di lavoro. All'atto della stipula i dati contenuti  nel  modulo di richiesta del permesso di soggiorno saranno inoltrati  dallo Sportello alla questura competente tramite procedura telematica, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno.
 1.3) La programmazione dei flussi e l'analisi del fabbisogno
 lavorativo nel mercato del lavoro italiano
 Valutazione dei meccanismi di stima esistenti e nuovi programmi.
 
 Il  Ministero  del  lavoro e delle politiche sociali e' chiamato a concorrere,    assieme   alle   altre   amministrazioni   competenti, all'attivita' di programmazione dei flussi e svolge un ruolo centrale nella  preliminare  definizione  del fabbisogno interno di manodopera straniera,  ai  sensi  dell'articolo  21,  comma  4 del T.U. - d.lgs. 286/1998,  secondo  il  quale: "i decreti annuali devono tenere conto delle  indicazioni  fornite,  in  modo  articolato  per  qualifiche o mansioni,   dal  Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali sull'andamento  dell'occupazione  e  dei  tassi  di  disoccupazione a livello  nazionale  e  regionale,  nonche'  sul  numero  di cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea iscritti nelle liste di collocamento".
 Nello stabilire il fabbisogno lavorativo, si dovra' altresi' tener conto  degli  ingressi  per motivi diversi dal lavoro, in particolare dei ricongiungimenti familiari e dei permessi per asilo politico. Non tutti  questi  ingressi  danno  luogo  ad attivita' lavorative, ma la dimensione  dei  ricongiungimenti familiari in particolare suggerisce un  approfondimento  rispetto  a un suo possibile impatto sul mercato del lavoro.
 Il  Ministero  del  lavoro  valutera' che i flussi di ingresso dei lavoratori   non   comunitari   siano   coerenti  alle  capacita'  di assorbimento  del  mercato  del lavoro nazionale ed alle capacita' di integrazione della societa' italiana.
 L'efficace  svolgimento  del  ruolo  del  Ministero  del lavoro in questo  ambito  richiede una attivita' di rilevazione molteplice, che andra' ulteriormente sviluppata mediante:
 a)  Il  monitoraggio dei fabbisogni a livello regionale attraverso le indicazioni acquisite:
 - dalle  amministrazioni  regionali,  cui  la legge 189/2002 ha attribuito  la  facolta'  di  presentare entro il 30 novembre di ogni anno  le  indicazioni  regionali  relative  ai flussi sostenibili nel triennio  successivo  in  rapporto alla capacita' di assorbimento del tessuto  sociale  e  produttivo. Al fine di una maggiore concretezza, tali  valutazioni  dei  mercati  del lavoro locali, dovrebbero essere effettuate   non   soltanto   in   termini   quantitativi,  ma  anche qualitativi,   con   l'eventuale   specificazione   delle   tipologie professionali  carenti,  valorizzando  le  rilevazioni  e  le analisi prodotte  dalle  reti  territoriali  e  dagli  osservatori  regionali sull'immigrazione;
 - dalle   associazioni  datoriali  di  categoria,  che  possono avvalersi  dei  propri centri di ricerca per rilevare ed elaborare le richieste dei propri associati;
 - dalle Direzioni regionali del lavoro.
 b)  La  rilevazione  delle  dinamiche  occupazionali  nei  diversi settori produttivi del sistema economico italiano analizzando:
 - l'andamento  generale del mercato del lavoro italiano nel suo complesso.
 - i   settori  nei  quali  vi  siano  riconosciute  carenze  di manodopera,   dovute   all'insufficienza   di   personale   altamente qualificato  per lavori che richiedano una elevata specializzazione o una   formazione   avanzata,  oppure  di  lavoratori  operanti  nelle professioni  a qualificazione e remunerazione ridotta e rifiutati dai lavoratori  italiani.  Va inoltre valutata anche la crescente domanda di  manodopera  straniera  nelle  fasce  intermedie  del  mercato del lavoro.
 Il  Ministero  del  lavoro e delle politiche sociali si prefigge a tal  fine  di  rafforzare  le  iniziative  dirette  a  raccogliere il contributo delle Regioni e delle associazioni datoriali di categoria. A  tal  fine,  sara'  opportuno  predisporre strumenti metodologici e definire  opportune  sedi  in  cui si possa analizzare la materia dei fabbisogni  locali  per  facilitare  l'attivita' di coordinamento, di definizione e di analisi del fabbisogno.
 Questi  dati  saranno  reinterpretati  alla  luce delle previsioni sull'andamento  dell'economia  italiana  e in rapporto all'offerta di lavoro  dei  cittadini  italiani,  degli  stranieri gia' regolarmente presenti   in   Italia   e   di  coloro  che  hanno  beneficiato  del provvedimento   di   regolarizzazione  avviato  con  i  provvedimenti legislativi  del  2002.  L'emersione  dal lavoro irregolare determina l'immissione  nel  mercato  del  lavoro  regolare  di  circa  700.000 lavoratori  stranieri.  Occorrera'  quindi  seguire l'andamento della situazione  occupazionale  dei  lavoratori  stranieri  regolarizzati. Poiche' e' fisiologico che una parte dei rapporti regolarizzati possa anche  cessare,  e' possibile che nel prossimo futuro si determini un aumento  dei  lavoratori  non  comunitari  regolarmente  soggiornanti disoccupati.   Il  fenomeno  e'  destinato  ad  essere  ulteriormente accentuato  dall'effetto  moltiplicatore  che si avra' in conseguenza dei ricongiungimenti familiari.
 Il Ministero del lavoro intraprendera' un sistematico monitoraggio di queste evoluzioni che interessano il mercato del lavoro italiano.
 Notevole importanza assumeranno a questo fine i dati relativi alle dinamiche   occupazionali   rilevati   dai  Centri  per  l'impiego  e l'aggiornamento  costante  delle liste di disoccupazione. E' previsto che  tali dati, ivi inclusi quelli dei non comunitari alla ricerca di occupazione, affluiscano, anche attraverso i collegamenti informatici in  via  di  implementazione  di cui sopra, al Ministero del lavoro e delle   politiche   sociali.  Quest'ultimo  procedera'  a  completare l'analisi dei fabbisogni locali curando di armonizzarli, in un quadro complessivo  compatibile con il contesto nazionale, anche in rapporto ai  dati  previsionali relativi all'economia italiana. In particolare sara'  possibile integrare le informazioni raccolte dal Ministero del lavoro  e  da  altri enti con nuovi strumenti previsionali e studi di settore.
 Gli  studi  sul  fabbisogno  disponibili  (quali ad esempio quello dell'Excelsior-Unioncamere)  tendono  a  basarsi essenzialmente sulle previsioni dei datori di lavoro.
 Tali  studi  segnalano  le previsioni, non le richieste effettive, dei  datori  di lavoro relative alle assunzioni complessive e la loro utilita'  risiede  soprattutto nella disaggregazione settoriale della domanda  e nell'indicazione dell'evoluzione del fabbisogno, piuttosto che nel valore stimato del fabbisogno in se.
 Queste  analisi segnalano soprattutto un'esigenza di personale con qualifiche  basse  o  medio  basse,  anche se emerge da piu' parti la tendenza all'aumento di lavoratori specializzati, sopratutto nel nord e in particolare da alcuni settori (dall'Information and Comunication Technology,  alla  Sanita)  ed  anche  il fenomeno dell'imprenditoria immigrata si presenta in Italia in costante crescita.
 Tali  studi presentano inoltre altri limiti dal punto di vista del policy making.
 - I  fabbisogni  sono  generalmente  individuati  sulla base di aspettative  future di assunzioni, piuttosto che su effettive offerte di  lavoro,  mentre  la  congiuntura  economica  cambia  rapidamente, rendendo talvolta obsolete le stime.
 - E'  difficile  separare  la  domanda  di  regolarizzazione di lavoratori irregolari gia' presenti da quella di nuovi ingressi.
 - Le  stime  indicano  i fabbisogni dei datori di lavoro ma non tengono   conto   delle  capacita'  di  integrazione  territoriali  e dell'impatto in termini di sevizi pubblici, abitazioni, ecc...
 Le  stime contenute in tali analisi tendono inoltre a sottostimare la  domanda  di lavoro stagionale e a sopravvalutare quella di lavoro non  stagionale.  Inoltre  sopravvalutano la domanda di lavoro di non comunitari   nel  Mezzogiorno  e  la  sottovalutano  nel  nord;  cio' soprattutto  se  si confrontano con i dati sulle assunzioni effettive dell'anno precedente. Le valutazioni complessive di Excelsior sono in calo  del 11,3% visto che da una media di 186.762 nel 2003 (frutto di una  forbice  molto  ampia,  tra  una  stima minima di 140.000 ed una massima  di  220.000, con le grandi imprese che triplicano le proprie stime di fabbisogno nell'ipotesi massima) si e' scesi ad una media di 165.614  nel 2004 (con un massimo di 195.009 ed un minimo di 136.319. Anche  la  frequenza  della  domanda di extracomunitari rispetto alla domanda  totale di nuovi lavoratori e' calata, pur rimanendo elevata, nell'ipotesi massima dal 33,3% del 2003 al 28,9% nel 2004.
 Il  Ministero del lavoro e delle politiche sociali intraprendera', in collaborazione con gli enti locali e le autorita' competenti, ogni opportuna  iniziativa  volta a monitorare il rispetto dell'art. 5 bis del testo unico sull'immigrazione.
 La  verifica  del  rispetto  dell'obbligo  gravante  sul datore di lavoro di fornire garanzia circa la disponibilita' di un alloggio per il  lavoratore  che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge e' altresi' effettuata dalle Direzioni provinciali del lavoro in sede di   istruttoria   delle   richieste  di  autorizzazione  al  lavoro, autorizzazione  che  viene  rilasciata  solo  a  condizione  che tale verifica dia esito positivo.
 
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 Le  professioni  degli  stranieri  secondo  Excelsior:  Assunzioni previste  dalle imprese per il 2004 di personale proveniente da paesi non comunitari, per settore di attivita', ripartizione territoriale e classe dimensionale
 Fonte:  Unioncamere  -  Ministero  del lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2004
 Altri  studi  vengono  elaborati da istituzioni locali per fornire una analisi piu' approfondita di realta' territoriali particolarmente dinamiche.
 Gli  andamenti  dell'occupazione  straniera nei principali settori economici richiedono alcune considerazioni piu' approfondite.
 Un  quadro  strutturale dell'impiego di lavoro in agricoltura puo' essere  sicuramente  fornito,  principalmente, dai dati dell'indagine istat  sulle strutture e sulla produzione delle aziende agricole e da taluni  Istituti specializzati. La nostra agricoltura come e' noto e' basata  sulle  aziende  familiari.  Solo  il  17% circa delle aziende impiega mano d'opera non familiare con forti differenze territoriali. Nel  2001  l'occupazione  agricola  e'  leggermente  cresciuta per un totale  di  6.000  unita'  (0,5%),  contro  la  diminuzione dell'1,3% dell'anno   precedente.  L'aumento  e'  interamente  attribuibile  al Mezzogiorno   (1,1%).   In  termini  di  posizione  professionale  la variazione  degli occupati agricoli complessivi e' il risultato di un calo degli indipendenti di 6.000 unita' (pari al 0,9%), compensato da un  aumento dei dipendenti di 12.000 unita' (2,7%). I dipendenti sono aumentati  in misura maggiore nel Mezzogiorno (2,4% i maschi; 4,6% le femmine),  rispetto al Centro-Nord dove la crescita e' stata del 2,1% (3,7% per le donne e 1,4% per i maschi).
 Si  nota  una crescita della percentuale dei dipendenti sul totale che,  dal  40,3%  dell'anno 2000, e' arrivata al 41,2% nel 2001 ed al 42,2%  nel  2002.  Circa  l'87%  degli  occupati  totali  agricoli e' costituita  da  unita'  a  tempo  pieno.  L'importanza degli occupati dipendenti  a  tempo  parziale  costituisce  una  particolarita'  del settore   agricolo  ed  e'  nettamente  maggiore  che  nel  complesso dell'economia.  Una seconda caratteristica rilevata dalle statistiche delle  forze  lavoro  riguardo  all'occupazione  dipendente e' il suo carattere permanente o temporaneo. Il 61,6% degli occupati dipendenti in agricoltura e' costituito da permanenti e il 38,4% da temporanei.
 Da un'analisi dei dati del censimento Istat del 2000 appare chiaro come  nel  settore  primario sia presente soprattutto forza lavoro di eta'  avanzata.  Su  oltre 2.500.000 aziende, solo 56.642 (2,2%) sono gestite  da  capi azienda con meno di 35 anni. La piu' alta frequenza si  e'  registrata,  invece, nella classe di eta' di 65 anni e oltre, con  piu'  di 900.000 unita', pari al 40,6% del totale. Oltre 300.000 (14,4%)  sono inoltre i capi azienda che hanno un'eta' compresa tra i 60  e  i  64 anni. I giovani hanno generalmente livelli di istruzione superiori alle altre fasce di eta' e tendono a dedicarsi di piu' alle colture  piu' redditizie e intensive, a gestire aziende di dimensione economica  e  di  superficie piu' elevate, a lavorare part-time nelle aziende  agricole  di  ridotta  dimensione economica e ad utilizzare, viceversa,  tecnologie risparmiatrici di lavoro nelle grandi aziende. Dall'ultimo censimento e' risultata una presenza consistente di donne nella  conduzione  di  imprese  agricole  che  copre quasi il 30% dei conduttori.
 Le   stime   dell'INEA   indicano   una   presenza  di  lavoratori extracomunitari  pari  a  103.000 unita' nel 2000, 109.000 nel 2001 e poco  piu'  di  120.000  nel  2002,  (di  cui  94.484  in  regime  di stagionalita),  con  una  incidenza percentuale sul totale crescente, che  oggi  supera  il 10%. Tuttavia occorre considerare che il lavoro extracomunitario  e' ovviamente quasi completamente lavoro stagionale dipendente,   e  che  il  totale  dei  lavoratori  dipendenti,  nella rilevazione  citata  del  luglio 2003, ammonta a solo 477.000 unita'. Rispetto  quindi al sub-totale del lavoro dipendente, il lavoro degli stranieri  supera  la  percentuale  del  20%  e  diventa pertanto una componente  essenziale  per  gli  equilibri economici strutturali del settore.
 Le  motivazioni  che  spingono  gli extracomunitari all'impiego in agricoltura   non  fanno  presumere  che  questi  lavoratori  possano diventare  una  componente  stabile  della  forza lavoro del settore; essi,  infatti,  aspirano  a  condizioni occupazionali piu' stabili e remunerative  in  altri  settori  di  attivita', o nella stessa area, quando questa offra alternative occupazionali come avviene nel Nord.
 Inoltre,  quand'anche  l'impiego  divenga  continuativo,  esso  ha comunque  una  durata  limitata; e' il caso dei lavoratori zootecnici indiani e pakistani che, dopo una permanenza di alcuni anni rientrano nei   paesi   di   origine.   D'altro  canto,  la  generale  spiccata stagionalita' delle operazioni svolte non consente la stabilizzazione dei  lavoratori. Esempi in tal senso sono il pendolarismo giornaliero dei  cittadini  dell'ex  Jugoslavia  impegnati  nella  raccolta della frutta  in  Friuli-Venezia  Giulia  o  il pendolarismo stagionale dei nordafricani  e  degli  albanesi occupati nella raccolta dei prodotti ortofrutticoli nelle regioni meridionali.
 Se  si  considera  che,  a  fronte  della  occasione  estremamente vantaggiosa  dell'ultima  regolarizzazione,  il numero dei lavoratori extracomunitari   che  hanno  dichiarato  l'appartenenza  al  settore agricolo e' stato di appena 18.000 unita', se ne ricava che la grande prevalenza del flusso di lavoratori agricoli e' di natura stagionale, con  permessi di durata inferiore ad un anno, usufruiti da lavoratori che rientrano nei loro Paesi di origine nell'arco dell'anno di lavoro e rientrano l'anno successivo.
 
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 Industria  e edilizia sono due settori nei quali l'occupazione dei cittadini non comunitari e' importante. In particolare nell'industria dei metalli, nelle costruzioni, nell'industria del legno, della gomma e delle materie plastiche e nel tessile, la domanda di lavoratori non comunitari e' maggiore della media del settore (riguardano tra il 27% ed  il  31,6%  delle  previsioni  di  assunzione  nel  settore, nello scenario  minimo  per  il  2003  secondo Unioncamere). Nel consuntivo delle  assunzioni  secondo  i  dati Inail per il 2002 assumono valori alti (13,7% delle assunzioni nelle costruzioni) o molto alti (fino al 22,8%  delle  assunzioni  nell'industria  conciaria  e  al  17,7% nel tessile).
 Per   quanto   riguarda  i  servizi,  i  dati  ufficiali  relativi all'occupazione   degli   stranieri  in  attivita'  di  collaboratori familiari   e  badanti  sono  particolarmente  inaffidabili,  perche' secondo  l'lstat  si  tratta  di  un  settore  nel  quale molti degli occupati  non  sono  registrati, indipendentemente dalla nazionalita' del  lavoratore. Il peso di questo tipo di attivita' e' sottovalutato da  tutte le indagini di mercato, ma e' estremamente importante, come dimostrato dalle oltre 340.000 domande di regolarizzazione di badanti e  collaboratrici  familiari nel 2002. Alberghi, ristoranti e servizi legati  al  turismo  in  generale  generano  anch'essi una domanda di lavoratori non comunitari, parte consistente dei quali sotto forma di lavoro  stagionale  legato ai periodi di attivita' turistica estiva o delle vacanze invernali.
 Un  discorso  a parte meritano le professioni sanitarie. La scarsa offerta  di  infermieri  professionali,  molto  richiesti dal Sistema Sanitario  Nazionale,  ha  portato  all'esenzione  di  questo tipo di ingresso  da  limitazioni  numeriche  fissate  con  quote,  ai  sensi dell'art.  27,  comma 1, lettera r) bis del D.Lgs. 286/98, cosi' come modificato  dalla  legge  30  luglio  2002,  n.  189;  gli infermieri professionali  sono  posti  al  di  fuori  dei flussi di ingresso per lavoro.   Per  potere  ottenere  l'autorizzazione  al  lavoro  rimane comunque la necessita' del riconoscimento del titolo professionale da parte del Ministero della salute.
 Per  quanto  concerne  le altre professioni sanitarie non mediche, vale  a  dire  le  professioni di: Ostetrica/o, Infermiere pediatrico (che   rientrano   nell'area   delle  professioni  infermieristiche), Podologo,   Fisioterapista,   Logopedista,  Ortottista-Assistente  di Oftalmologia,  Terapista  della  Neuro  e  Psicomotricita'  dell'eta' evolutiva,    Tecnico    Riabilitazione    Psichiatrica,    Terapista Occupazionale,   Educatore   Professionale  (che  fanno  parte  delle professioni   sanitarie   dell'area  della  riabilitazione),  Tecnico Audiometrista,  Tecnico  Sanitario  di Laboratorio Biomedico, Tecnico Sanitario  di  Radiologia  Medica,  Tecnico  di  Neurofisiopatologia, Tecnico    Ortopedico,    Tecnico    Audioprotesista,    Tecnico   di Fisiopatologia  Cardiocircolatoria  e Perfusione Vascolare, Igienista Dentale,   Dietista   (che  fanno  parte  delle  professioni  tecnico sanitarie),  Tecnico  delle Prevenzione nell'Ambiente e nei luoghi di lavoro  e  assistente  sanitario (che sono professioni tecniche della prevenzione),  il  Ministero  della salute segnala che la professione maggiormente  interessata  dal  fenomeno  migratorio (in quanto vi e' anche  per essa una certa carenza), e' quella di Tecnico Sanitario di Radiologia Medica. In merito il Ministero della salute intende agire, sia  per  la  professione  da  ultimo citata, che per le altre, da un lato,  tenendo  in  considerazione  le effettive esigenze del mercato (carenza  in Italia delle professionalita' e capacita' del mercato di assorbire   i   professionisti  delle  varie  aree),  e,  dall'altro, raccordandosi   quanto   piu'  possibile  con  le  Federazioni  e  le Associazioni  di  categoria  che,  in  quanto  operatori  diretti del settore  sanitario,  hanno  una  visione  al  tempo  stesso globale e concreta di detta realta'.
 Discorso diverso e' quello relativo alle professioni mediche, vale a  dire  quelle  di  Medico  (chirurgo o specializzato), Odontoiatra, Veterinario  e  Farmacista. Difatti, per queste ultime, e' necessario tener  presente che molti dei professionisti provenienti dall'estero, dopo  aver  ottenuto  il  riconoscimento  del  titolo,  esercitano la professione  in forma autonoma e non subordinata. Per quanto riguarda quest'ultima   modalita'   di  esercizio  professionale  (medici  che lavorano  quali  dipendenti),  non  si  pongono  particolari problemi afferenti  alle  quote  d'ingresso  degli  stranieri,  in  quanto  il relativo  fabbisogno  e'  determinato  dalle  situazioni di eventuale carenza  organica delle strutture sanitarie che, al fine di colmarle, bandiscono  dei  concorsi  pubblici  per  partecipare  ai quali e' in genere  richiesto  il requisito della cittadinanza italiana o europea e,  pertanto,  ne  risultano esclusi i cittadini extracomunitari. Per quanto  riguarda  invece  le  quote  di  medici che lavorano in forma autonoma,  il progetto, in continuita' con quanto e' stato fatto fino ad  ora, e' quello di agire coinvolgendo sempre di piu' gli operatori del settore per il tramite degli Ordini e delle Federazioni.
 Con  riferimento  alle  professioni  infermieristiche,  tecniche e della  riabilitazione,  carenze si riscontrano, oltre che nel settore infermieristico,   anche  con  riferimento  ai  tecnici  sanitari  di radiologia medica e, in minor rilevanza, ai fisioterapisti.
 Per  quanto concerne il fabbisogno di medici, occorre rilevare che il rapporto medici su popolazione residente nel nostro Paese e' tra i piu' alti in Europa, il che si riflette in una offerta maggiore della capacita'  di  assorbimento  da  parte  del  sistema  sanitario. Cio' nonostante,  si registra una carenza di specialisti in talune branche (soprattutto   anestesia  e,  in  minor  misura,  radiodiagnostica  e radioterapia).  Occorrerebbe,  pertanto,  una  politica  di  ingressi selettivi,  mentre,  in  base  alla  normativa vigente, l'ingresso di professionalita'  mediche  avviene  attraverso  la  quota  indistinta riservata al lavoro autonomo.
 Al  lavoro  autonomo  e all'imprenditoria immigrata viene dedicato uno spazio apposito nell'ultimo paragrafo di questo capitolo.
 I   dati   settoriali   e  le  indicazioni  sui  fabbisogni  vanno contestualizzati  tenendo  conto del processo di invecchiamento della popolazione  e della bassa natalita', fenomeno che caratterizza tutti i  paesi industrializzati, ma che in Italia e' particolarmente grave. Il tasso di natalita' (numero di figli per donna) italiano e' infatti tra  i  piu'  bassi  dell'UE,  anche  se risulta ancora piu' basso in numerosi  paesi  di  nuova  adesione e anche se si rileva una leggera tendenza  al  rialzo:  il  tasso di natalita' e' infatti cresciuto da 1,18  nel  1995  (minimo  storico)  a  1,26  nel  2002.  La soglia di sostituzione  e'  pero'  di  2,1  figli  per  donna e la velocita' di aggiustamento  e'  troppo  lenta per risolvere i problemi strutturali italiani.  Secondo  le  previsioni  medie  dell'ISTAT, la popolazione residente  in  Italia  in  eta'  lavorativa (15-64 anni) scendera' di 400.000 persone tra il 2001 ed il 2005 e di 725.000 tra il 2001 ed il 2010.
 La  Commissione  europea  prevede  che,  anche  qualora  venissero raggiunti tutti gli obiettivi di Lisbona, rispetto alla mobilitazione della  forza lavoro europea, dal 2010 il numero di occupati in Europa calera'  di  un  milione  di persone all'anno, con effetti fortemente negativi sulla crescita economica e sul reddito procapite.
 
 Previsioni sull'andamento della popolazione
 Valori assoluti            Var % sul periodo precedente
 Pop.        Pop.        Pop.      Pop.     Pop.    Pop.
 tra i 15    tra i 15     totale   tra i 15 tra i 15 totale
 ed i       ed i                   ed i     ed i
 25 anni     64 anni                25 anni 64 anni
 2001  |  7439600  |  38974209  | 57844017  |       |       |
 2005  |  6711020  |  38576343  | 58241860  | -9,8  | -1,0  |  0,7
 2010  |  6406617  |  38249733  | 58565211  | -4,5  | -0,8  |  0,6
 2015  |  6266133  |  37469420  | 58490500  | -2,2  | -2,0  | -0,1
 2020  |  6249568  |  36931305  | 58123359  | -0,3  | -1,4  | -0,6
 
 Fonte:  Istat,  Previsioni della Popolazione Residente al 1° Gennaio, valore medio, dati demo.istat.it2003,
 Le  politiche  per  la famiglia e per l'infanzia sono lo strumento piu'  appropriato,  assieme  alle politiche attive per il mercato del lavoro,  per  affrontare  tali  problemi.  Vanno  in questa direzione l'assegno  per il secondo figlio, l'aumento dei contributi familiari, il  sostegno alla custodia dei bambini per le madri che lavorano e le altre misure individuate dal libro bianco sulle politiche sociali.
 I  dati  demografici, come pure quelli degli studi sul fabbisogno, vanno  comunque collocati in un quadro coerente con gli obiettivi del processo   di   Lisbona   in   ambito   europeo.   Questo  impone  il raggiungimento entro il 2010 di importanti obiettivi di mobilitazione della  forza  lavoro  gia'  residente, nazionale e straniera, tramite l'aumento  del  tasso  di  occupazione,  del  tasso  di attivita', la riduzione  del  tasso di disoccupazione e l'allungamento della durata della vita lavorativa.
 
 ---->  VEDERE SCHEMA A PAG. 27 DELLA G.U.  <----
 
 Le    valutazioni   dell'impatto   dell'invecchiamento   e   della denatalita'  non  vanno  prese  sic et simpliciter come fabbisogni di manodopera  straniera. Gran parte della mancanza di disponibilita' di manodopera  dei  prossimi decenni verra' colmato con l'ingresso nella forza  lavoro  occupata di persone gia' residenti in Italia. La parte residua invece rappresenta la domanda strutturale di nuovi lavoratori stranieri.  Vi e' comunque un obbligo di prudenza nel valutare questi dati, per almeno tre ragioni:
 • l'aleatorieta'  delle  previsioni  demografiche ed economiche potrebbe spingere a sopravvalutare i fabbisogni;
 • i  picchi congiunturali vanno gestiti con ingressi temporanei come il lavoro stagionale e non con ingressi piu' stabili;
 • l'allargamento   implichera'  che,  quando  verranno  meno  i periodi  transitori,  una  parte  del fabbisogno di lavoratori verra' soddisfatto  dai lavoratori comunitari non soggetti ad autorizzazione per  l'ingresso  per  lavoro.  Cio'  avverra' in misura probabilmente contenuta  fino  a  che  i  nuovi  paesi  membri saranno solo i dieci ammessi nel 2004, ma in misura maggiore quando si aggiungeranno anche Romania e Bulgaria, verosimilmente nel 2007.
 La  possibilita'  di  emanare  nell'anno  piu'  di  un  decreto di programmazione   dei   flussi  consente  di  attuare  gli  interventi correttivi che eventualmente si rendessero necessari. Cio' suggerisce l'opportunita'  di  quantificare,  in un primo tempo, le quote flussi secondo  una lettura prudenziale dei diversi indicatori e soprattutto delle   richieste   provenienti   dalle   organizzazioni   datoriali. L'eventuale  necessita'  di aggiustamenti successivi sara' rilevabile verificando   l'adeguatezza   delle  quote  inizialmente  programmate attraverso l'esame delle rispettive velocita' di copertura.
 Si  e' gia' messa in evidenza l'importanza dell'art. 23 del T.U. - d.lgs 286/1998.
 Tale  disposizione  consente,  in prospettiva, una selezione anche qualitativa  delle  specifiche tipologie professionali, rispetto alle diverse  esigenze di manodopera e alle diverse situazioni del mercato del lavoro locale¹.
 In  questo  ambito,  l'Amministrazione  del  Lavoro,  al  fine  di sviluppare  e  favorire  ulteriormente  tale istituto, intraprendera' un'azione   di   monitoraggio   dell'attivita'  formativa,  dei  suoi risultati  in  termini  di  inserimento  occupazionale e dei connessi processi di integrazione.
 La  conoscenza  delle  modalita'  di  inserimento lavorativo degli stranieri  nell'economia  italiana,  permette  infatti  di  coglierne meglio le caratteristiche e programmare gli orientamenti futuri della programmazione dei flussi tramite le quote.
 Al  fine  di  rafforzare  l'approccio  qualitativo  del sistema di determinazione  dei  flussi di ingresso di lavoratori stranieri, sono in  corso di definizione due decreti, uno relativo all'estendibilita' del  ricorso  ai tirocini formativi e di orientamento per i cittadini extracomunitari  (ai  sensi  dell'art.  8 del D.M. 142/98) ed uno che fissa  le modalita' di predisposizione, svolgimento e valutazione dei programmi  di  formazione e di istruzione da effettuarsi nei paesi di origine  (ai  sensi dell'art. 23, comma 1 del testo unico e dell'art. 34 del Regolamento di attuazione).
 La  presenza  straniera  in  Italia ha continuato a crescere negli ultimi  trent'anni,  superando i due milioni di permessi di soggiorno nel  2003. La forte riduzione del tasso di disoccupazione dal 1998 ad oggi  (dall'11,8  all'8,3%  di  luglio 2003) e l'aumento del tasso di occupazione  e di attivita' (rispettivamente dal 51,7% al 56,4% e dal 58,7%  al  61,6%),  ha  favorito l'ingresso nel mercato del lavoro di quote  crescenti  di lavoratori immigrati. Rimane difficile stabilire quanti  stranieri  facciano  parte  della  forza  lavoro  a causa del fenomeno  del  lavoro  nero,  ma  grazie  all'analisi  dei dati INAIL sappiamo  che  l'11,5%  delle  nuove assunzioni del 2002 riguardavano immigrati  (contro  il  9,9%  dell'anno precedente), ed il 9,9% delle cessazioni  (contro  l'8,8%  l'anno  precedente). La diffusione degli stranieri  nel  mercato del lavoro e' piu' veloce nelle regioni nelle quali   il  tasso  di  disoccupazione  e'  particolarmente  basso  ed inferiore  al  4%.  Nel  Trentino Alto Adige il 30% dei nuovi assunti sono  stranieri,  a  fronte di un tasso di disoccupazione al 2,6%; in Friuli  Venezia Giulia i tassi sono rispettivamente del 18,4% e 3,7%, in  Umbria  del  16,2%  e  5,7%, in Veneto del 15,9% e del 3,4% ed in Lombardia  del  15,3% e 3,8%. Analogamente tutte le regioni in cui il tasso  di  disoccupazione  complessivo e' superiore al 10%, hanno una proporzione  di  assunti  stranieri inferiore alla media nazionale di oltre  la  meta'  e  generalmente  inferiore  al  5%. L'incidenza dei permessi  legati  al  lavoro  cresce  grazie  alla regolarizzazione e sfiora,  secondo  i  dati  preliminari a fine agosto 2003, il 65% del numero di permessi validi.
 
 Assunzioni di stranieri e disoccupazione complessiva nelle regioni italiane nel 2002 =====================================================================
 |     % di stranieri nelle     |
 |          assunzioni          |Tasso di disoccupazione ===================================================================== Trentino      |                          30,2|                    2,6 --------------------------------------------------------------------- Friuli VG     |                          18,4|                    3,7 --------------------------------------------------------------------- Umbria        |                          16,2|                    5,7 --------------------------------------------------------------------- Veneto        |                          15,9|                    3,4 --------------------------------------------------------------------- Lombardia     |                          15,3|                    3,8 --------------------------------------------------------------------- Emilia Romagna|                          14,8|                    3,3 --------------------------------------------------------------------- Marche        |                          14,0|                    4,4 --------------------------------------------------------------------- Toscana       |                          13,0|                    4,8 --------------------------------------------------------------------- Piemonte      |                          11,8|                    5,1 --------------------------------------------------------------------- Abruzzo       |                          10,8|                    6,2 --------------------------------------------------------------------- Valle d'Aosta |                          10,4|                    3,6 --------------------------------------------------------------------- Liguria       |                           9,9|                    6,4 --------------------------------------------------------------------- Lazio         |                           7,1|                    8,6 --------------------------------------------------------------------- Molise        |                           5,3|                   12,6 --------------------------------------------------------------------- Basilicata    |                           4,4|                   15,3 --------------------------------------------------------------------- Sicilia       |                           4,4|                   20,1 --------------------------------------------------------------------- Puglia        |                           3,3|                   14,0 --------------------------------------------------------------------- Calabria      |                           3,2|                   24,6 --------------------------------------------------------------------- Campania      |                           3,1|                   21,1 --------------------------------------------------------------------- Sardegna      |                           1,9|                   18,5 --------------------------------------------------------------------- Italia        |                          11,5|                    9,0
 Fonti: elaborazioni Venetolavoro su dati Istat e INAIL
 
 ---->   VEDERE SCHEMA A PAG. 29 DELLA G.U.  <----
 
 Sul  tasso  di  disoccupazione  degli  stranieri non si dispone di cifre  attendibili. I dati del collocamento non sono sufficientemente aggiornati  per  riflettere le condizioni reali del mercato, mentre i dati  dei  permessi  di  soggiorno, spesso usati per sostenere che la disoccupazione  degli  stranieri e' particolarmente bassa, riflettono solo   le   situazioni   legate   al   momento  del  rilascio  e  non necessariamente nel periodo successivo.
 Sarebbe  opportuno  che  l'Istat  introduca  nella sua rilevazione trimestrale delle forze di lavoro una sezione specificamente dedicata agli  stranieri  per valutare il tasso di occupazione, di attivita' e di  disoccupazione degli stranieri in Italia, possibilmente suddiviso per le nazionalita' maggiormente presenti. Se nel passato l'esiguita' della  popolazione straniera poteva non giustificare tale rilevazione e  si prestava ad elevati margini di errore statistico, oggi, dopo la regolarizzazione, la situazione e' cambiata. Si rileva che, secondo i dati INAIL elaborati dalla Caritas, la quota di stranieri sulle nuove assunzioni  avvenute  in  Italia e' salita nel 2003 al 16,3% rispetto all'11,5%   del  2002.  Tuttavia  tale  aumento  risente  in  maniera significativa dell'emersione di lavoro nero straniero avvenuta con la registrazione  nel  2003  dei  lavoratori  regolarizzati  in  seguito all'adozione della legge 186/2002. L'Italia e' l'unico paese tra i 15 membri  dell'UE  a  non  disporre del dato sulla disoccupazione degli stranieri. Si tratta inoltre di un dato importante per l'elaborazione di  politiche  del lavoro in merito, oltre che per la definizione del livello numerico delle quote d'ingresso di lavoratori extracomunitari provenienti dall'estero.
 Per  quanto  riguarda le professioni degli stranieri, si puo' fare riferimento   alle   cifre  provenienti  dagli  archivi  INAIL  sulle assunzioni  e  alla  gia' citata indagine Unioncamere Excelsior sulle richieste  degli  imprenditori  (che non coprono adeguatamente ne' il settore  agricolo  ne'  la  domanda delle famiglie per collaborazione domestica).  Nel  2000,  secondo  i  dati INAIL, meta' dei lavoratori stranieri,  di  cui  si  era determinato il settore lavorativo, erano impiegati   nei   servizi,   un   terzo  nell'industria  e  un  sesto nell'agricoltura.
 
 ---->   VEDERE SCHEMA A PAG. 30 DELLA G.U.  <----
 
 Incidenza e distribuzione delle assunzioni di immigrati nei principali settori economici
 |   Distribuzione % degli assunti
 |stranieri tra i vari settori (2001) --------------------------------------------------------------------- Agricoltura                     |                12,1 --------------------------------------------------------------------- Industria e costruzioni         |                30,5 ---------------------------------------------------------------------
 Edilizia                     |                9,9 ---------------------------------------------------------------------
 Industria manifatturiera     |                20,6 --------------------------------------------------------------------- Servizi                         |                57,4 ---------------------------------------------------------------------
 Alberghi e ristoranti        |                17,6 ---------------------------------------------------------------------
 Commercio                    |                5,1 ---------------------------------------------------------------------
 Trasporti                    |                4,3 ---------------------------------------------------------------------
 Attivita' immobiliari/pulizie|                8,7 ---------------------------------------------------------------------
 Altri servizi                |                21,7 Fonte: ISMU su dati INAIL.
 
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 ¹Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali intende,
 anche   alla   luce   dei  risultati  dei  progetti  pilota
 realizzati  in  Tunisia, Sri Lanka e Moldavia, promuovere e
 valorizzare   ulteriormente   le  attivita'  di  formazione
 all'estero  quale  strumento  di  incontro  tra  domanda  e
 offerta    di    lavoro   e   misura   di   accompagnamento
 all'integrazione socio-lavorativa.
 1.4) Allargamento e libera circolazione dei lavoratori
 dei dieci nuovi paesi membri della UE
 
 Il  1°  maggio  2004  dieci  nuovi  paesi  sono  diventati  membri dell'Unione europea.
 In  applicazione  delle  disposizioni del Trattato di adesione, ai cittadini  della  Repubblica  Ceca,  della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di  Lituania, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della  Repubblica  Slovacca,  della  Repubblica  di  Slovenia e della Repubblica  di  Ungheria, si applica dalla data del 1° maggio 2004 il diritto  "generale"  relativo  alla  liberta'  di  circolazione ed al soggiorno  dei cittadini comunitari per motivi diversi dal lavoro, al diritto  di  stabilimento  ed  alla  disciplina  in  tema  di  libera prestazione di servizi.
 Per  quanto  riguarda  invece  l'accesso  al  mercato  del  lavoro subordinato,  il  Trattato  di  adesione  ed i relativi atti allegati hanno previsto la possibilita' per i Paesi gia' membri di far ricorso ad  un  regime  transitorio,  applicabile fino ad un massimo di sette anni,  con decorrenza dalla predetta data di ingresso dei nuovi Paesi membri,  prima  di  pervenire  alla  piena  liberta'  di movimento ed insediamento dei lavoratori provenienti da questi paesi.
 E'  stato  in  particolare  previsto  che  il  regime  transitorio rispondesse  alla formula che l'esecutivo comunitario ha definito del "2 + 3 + 2", secondo la quale:
 1.  nel  primo  biennio  (2004-2006), la disciplina comunitaria vigente  in  materia  di libera circolazione dei lavoratori non trova applicazione, ferma restando la possibilita' per qualsiasi stato gia' membro  di applicare un regime piu' favorevole ai nuovi Paesi membri; in  questo  biennio  sono  in  vigore  esclusivamente  le  misure  di carattere  nazionale  o  contenute  in eventuali accordi bilaterali e ciascuno  dei  vecchi  Stati membri e' libero di decidere il grado di apertura  dei propri mercati del lavoro ai lavoratori provenienti dai nuovi Stati membri;
 2.  per il secondo triennio (2006-2009), i Paesi membri possono chiedere  una deroga; nel 2006 la Commissione europea valutera' in un rapporto i risultati delle misure transitorie del primo biennio e gli Stati  che  le  hanno  applicate  dovranno  notificare  se  intendono continuare  ad  avvalersene;  in  assenza  di  comunicazioni entrera' pienamente  in  vigore la liberta' di movimento delle persone anche a scopo lavorativo;
 3.  nel terzo biennio (2009-2011) si prevede che i vecchi Stati membri,  che  hanno  applicato  nei  precedenti  cinque  anni  misure transitorie,  possano  chiedere  ulteriori  prolungamenti del periodo transitorio   per   un  massimo  di  due  anni  soltanto  qualora  si verifichino gravi perturbazioni del mercato del lavoro, ovvero vi sia una   minaccia   in   tal  senso;  anche  nel  2009,  in  assenza  di comunicazione   contraria,   si  applichera'  la  piena  liberta'  di movimento per i lavoratori.
 Le  fasi  transitorie  di  restrizione alla libera circolazione si applicano  solo  ai  lavoratori  subordinati  e  non ai prestatori di servizi o alla circolazione per motivi diversi dal lavoro.
 Inoltre  Malta  e  Cipro sono esentati dalla fase di transizione e godono  di  immediata  liberta' di circolazione. Malta e' autorizzata all'utilizzo di misure restrittive della libera circolazione verso il proprio   mercato   del   lavoro,  qualora  vi  fosse  il  timore  di perturbazioni al mercato del lavoro interno.
 Durante  il  periodo  transitorio,  in tutte le ipotesi in cui sia stata  sospesa l'applicazione degli articoli da 1 a 6 del regolamento (CEE)  n.  1612/68,  che disciplinano l'accesso al mercato del lavoro subordinato  all'interno  dell'UE,  deve comunque essere applicato il "principio di preferenza".
 Tale  principio  comporta  che, nell'accesso al mercato del lavoro interno,  si  debbano  privilegiare i cittadini provenienti dai nuovi Stati  membri  rispetto  a  quelli  provenienti da paesi non aderenti all'Unione.  Questi  ultimi  non  potranno  essere  fatti  oggetto di trattamenti  piu'  favorevoli  di  quelli  riservati ai cittadini dei nuovi paesi membri.
 Tale principio di preferenza - valido anche nel caso in cui sia il cittadino  di  un attuale Stato membro a recarsi per motivi di lavoro in  un  nuovo  Stato  membro  -  implica la necessita' di predisporre dispositivi  che  rendano  effettiva  tale priorita'. In particolare, ciascuno  Stato membro deve applicare meccanismi adeguati di verifica della  disponibilita'  di  manodopera  proveniente  dai  nuovi  Stati aderenti  all'Unione,  onde favorirla nell'accesso al lavoro rispetto alla manodopera proveniente da Stati terzi.
 Una  clausola  di  salvaguardia  generale  (art.  37  dell'Atto di adesione)  prevede  che,  entro  un periodo massimo di tre anni dalla data  di  adesione,  in  caso  di  difficolta'  gravi  di  un settore dell'attivita'  economica  suscettibili  di protrarsi nel tempo e che possano  comportare  rischi  gravi per il tenore di vita e il livello dell'occupazione  in  una  data  regione  o per una data professione, ciascuno  degli  Stati  membri  dell'Unione potra' chiedere di essere autorizzato  ad  adottare  misure  di  salvaguardia che consentano di ristabilire  la  situazione.  Sara'  la  Commissione  ad esaminare la richiesta  e stabilire, con procedura d'urgenza, anche in deroga alle norme  del  TCE  ed  all'Atto  di  adesione,  le  misure  che ritiene necessarie,   precisandone   le   condizioni   e   le   modalita'  di applicazione.
 La  decisione  definitiva  sara' presa dal Consiglio europeo entro sei settimane dalla domanda.
 Il  Consiglio europeo ha inoltre previsto che i Paesi che avessero deciso   di   avvalersi   della   facolta'  di  attivare  il  periodo transitorio,  dovranno comunque mantenere le condizioni per l'accesso al proprio mercato del lavoro, invariate o renderle piu' favorevoli - ma  non  piu'  restrittive  -  di quanto non fossero al momento della firma  dei  trattati  di  adesione  ,  il 16 aprile 2003 (clausola di standstill).
 La  Commissione  europea  ha  raccomandato  agli  Stati  membri di rinunciare  ai  periodi  transitori, ma la maggioranza degli Stati ha pero'  deciso  non  rinunciarvi,  riservandosi  di valutare ulteriori decisioni dopo i primi due anni.
 L'Italia  ha scelto di usufruire del regime transitorio ed in data 20  aprile  2004  e'  stato  emanato  il  Decreto  del Presidente del Consiglio  dei  Ministri  recante  la  "Programmazione  dei flussi di ingresso dei lavoratori cittadini dei nuovi Paesi membri della UE per l'anno 2004".
 I  DPCM  del  2004 autorizzano l'ingresso in Italia, per motivi di lavoro  subordinato,  di lavoratori cittadini provenienti da otto dei nuovi  Stati  membri  dell'UE (per Cipro e Malta non si applica alcun limite),  fino  ad un massimo di 36.000 unita'. I decreti in sostanza estendono  ai  lavoratori  degli  otto  Paesi interessati, un sistema analogo  alla  programmazione  dei  flussi di ingresso previsto dalla normativa, vigente in ambito nazionale, del T.U. sull'immigrazione di cui  al  d.lgs.286/98,  ma  gestito  separatamente  e in maniera piu' favorevole.
 L'Italia,  quindi, nel valutare l'opportunita' di avvalersi o meno del  periodo  transitorio,  ha  tenuto  conto  degli scenari relativi all'evoluzione   del  potenziale  migratorio  dei  paesi  in  via  di adesione, analizzando sia le prospettive demografiche di queste aree, sia  i  fattori di natura economica, ed in particolare le prospettive di  crescita  e  le  condizioni  del  mercato del lavoro dei paesi di origine rispetto a quelli di destinazione.
 Le  prospettive  di  crescita  dei  paesi nuovi aderenti, infatti, rimangono  buone  nonostante  il  recente rallentamento dell'economia mondiale,  ma invece, permangono seri problemi sul fronte del mercato del  lavoro  dove  la disoccupazione rimane elevata in molti paesi, a cominciare dalla Polonia.
 La  scelta  di  avvalersi  del  regime  transitorio,  quindi di un sistema  progressivo e non di immediata piena libera circolazione per motivi  di  lavoro  dei  cittadini  dei Paesi di nuova adesione - del resto  in  linea con le scelte compiute da altri 11 Stati gia' membri (con  esclusione  di  Regno  Unito,  Irlanda  e  Svezia)  -  e' stata principalmente   determinata   dalla   necessita'  di  verificare  la capacita'  di  assorbimento da parte del mercato del lavoro nazionale dei flussi di manodopera provenienti dai nuovi Stati membri.
 Il  provvedimento  adottato introduce un meccanismo che consente e rende, allo stesso tempo, necessario monitorare e verificare i flussi di ingresso per motivi di lavoro subordinato dei cittadini
 dei  nuovi  Paesi  membri,  ponendoli  ad  esempio in relazione al complesso  delle domande/aspettative rilevate, sia su scala nazionale che  europea,  alla  capacita'  di  assorbimento da parte del mercato nazionale,  ovvero  anche  agli ingressi nel Paese per motivi diversi dal  lavoro subordinato; cio' al fine di poter disporre di dati sulla cui  base  stimare  le dimensioni complessive del fenomeno atteso per gli  anni successivi al 2004 ed adottare gli opportuni provvedimenti. Il  monitoraggio  dovra'  riguardare  tutte  le forme di ingresso che possono  dar luogo ad attivita' lavorativa, anche se non sottoposte a limitazioni  numeriche  nel  caso  degli  otto  nuovi membri, come il lavoro autonomo ed i ricongiungimenti familiari.
 
 ---->  VEDERE SCHEMA DA PAG. 33 A PAG. 34 DELLA G.U.  <----
 
 1.5) Le funzioni e gli obiettivi delle diverse tipologie
 di quote programmate di lavoratori non comunitari
 
 Per  effetto delle innovazioni introdotte dalla L. n. 189/2002, la tipologia  delle  quote  di ingresso e' ampliata. L'art. 21, comma 1, del  T.U.  -  d.lgs  286/1998,  prevede,  infatti, la possibilita' di stabilire  quote  di  ingresso  riservate  ai lavoratori stranieri di origine italiana.
 La  disposizione  ha trovato una prima applicazione con i DPCM del 15.10.2002  (di  programmazione  transitoria  per  l'anno 2002) e del 6.6.2003  (riferito  all'anno  2003),  i  quali  hanno  riservato  ai cittadini argentini di origine italiana rispettivamente n. 4.000 e n. 200  ingressi.  Le  suddette  quote sono state utilizzate soltanto in minima parte.
 La  quota  per lavoro stagionale dovra' essere determinata tenendo conto che, con l'entrata in vigore del regolamento d'attuazione della legge,  in corso di emanazione, diverra' operativa la disposizione di cui  all'art.  5,  comma  3 ter, T.U. - d.lgvo 286/1998. Il suo testo attuale,  modificato  dalla L. n. 189/2002, consente di rilasciare un permesso  triennale per lavoro stagionale; il regolamento in corso di emanazione   prevede   che   detto  permesso  venga  concesso  previa autorizzazione  al  lavoro rilasciata a valere sulla quota flussi per l'anno  in  corso.  Per  gli anni successivi al primo, il permesso, a condizione  che  il lavoratore non comunitario osservi puntualmente i termini  per  l'uscita  dal  territorio  nazionale  ed  il successivo reingresso,  mantiene  efficacia.  Conseguentemente  sara' necessario tener  conto  dei  permessi  triennali  rilasciati  ed  in  corso  di validita',  all'atto della determinazione delle quote di ingresso per lavoro stagionale nei due anni successivi a quello del loro rilascio.
 La programmazione dei flussi per lavoro subordinato non stagionale implica  anche  la  scelta della quota degli ingressi da riservare ai lavoratori  provenienti  dai  paesi  che  hanno concluso con l'Italia accordi  di  collaborazione  in  materia  migratoria  che,  come gia' rilevato,  assumono  un'importanza  fondamentale  e che si intende in particolar modo valorizzare.
 L'immigrazione  clandestina,  quantunque  ridimensionata nel corso degli  ultimi anni, presenta infatti potenzialita' di crescita futura che impongono un'attenzione costante.
 Per  contenere  la  spinta  migratoria  illegale  dei cittadini di numerosi   Paesi   terzi,   in  provenienza  soprattutto  dall'Africa sub-sahariana  e centrale, e' necessario instaurare con i Governi dei diversi   Paesi  di  origine  o  di  transito  rapporti  proficui  di collaborazione che presuppongono l'offerta di contropartite adeguate.
 La collaborazione di tali Governi e', sotto il profilo strategico, fondamentale  e  decisiva  per arginare l'afflusso di clandestini; la concessione  di quote privilegiate di ingresso in favore di Paesi che collaborano,  rappresenta  strumento  di  importanza fondamentale per conseguire la collaborazione auspicata.
 I  paesi di origine dei flussi d'immigrati, infatti, in assenza di una  qualche  forma  di  incentivo, tendono a favorire l'emigrazione, anche quella clandestina, sia per alleggerire la situazione nazionale della disoccupazione, sia per assicurarsi le rimesse degli emigrati.
 La  programmazione  dei flussi d'immigrazione consente di disporre di tutte le informazioni utili sulla destinazione del viaggio e sulle modalita'  di  inserimento  del  lavoratore straniero nel mercato del lavoro.  Il migrante, anche se deve attendere un tempo piu' lungo per la sua partenza, accede pero' ad un circuito legale, che non solo gli offre  un  viaggio  con  destinazione  certa  e  garantita,  ma anche un'opportunita'  di lavoro legale, senza dover essere sfruttato prima dal trafficante e poi dal datore di lavoro in nero.
 La  predisposizione  di  quote riservate ha rappresentato un utile strumento  per assicurare un quadro di effettiva collaborazione con i Paesi   firmatari   degli   accordi   di  riammissione.  Va  peraltro considerato che il sistematico ricorso alle quote riservate, comporta anche  degli  inconvenienti,  consistenti  nella frammentazione delle quote   e   nell'introduzione   di  un  fattore  di  rigidita'.  Tali inconvenienti  rendono  piu'  macchinosa  la  gestione del meccanismo delle  quote  e  sovente  sono  all'origine di un utilizzo incompleto delle   stesse.   Senza   mettere   in  discussione  l'uso  di  quote privilegiate,  sembra  opportuno  individuare  misure  alternative  a favore  di  alcuni  dei  paesi  che  garantiscono  una collaborazione attiva,  offrendo  altre contropartite, che siano idonee a supportare adeguatamente   l'indispensabile  apporto  dei  paesi  d'origine.  Il sistema  delle quote nazionali riservate si deve misurare inoltre con la  necessita'  di riconoscere una forma di preferenza ai nuovi paesi membri dell'UE, durante la fase transitoria.
 Dovra'  essere pienamente utilizzata la possibilita' di impiegare, come strumento preferenziale, il permesso per lavoro pluristagionale, che  richiede  un  visto indipendente per ogni stagione ma necessaria una sola autorizzazione al lavoro per il triennio.
 Andra'   inoltre  valorizzata  l'opzione,  gia'  sperimentata  con successo, di destinare una parte di ingressi per lavoro subordinato a lavoratori   con  qualifica  di  dirigente  o  comunque  a  personale altamente   qualificato.   Tale   scelta   risponde  all'esigenza  di soddisfare   il   fabbisogno  di  manodopera  straniera  con  elevata professionalita'.
 Il  Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali svolgera' inoltre  ogni  azione  possibile  al  fine di favorire un equilibrata distribuzione  sul  territorio italiano dei lavoratori entrati con le quote privilegiate.
 In  conclusione,  la programmazione dei flussi dovra' tenere conto in  primo  luogo della situazione del mercato del lavoro nazionale ed europeo,   in  secondo  luogo,  dell'offerta  proveniente  dai  paesi comunitari  di  nuova  adesione,  in  terzo  luogo  dell'offerta  dei lavoratori   provenienti   da  paesi  non  dell'Unione,  che  avranno stipulato  con  l'Italia  accordi che prevedono quote privilegiate di ammissione  ed,  infine,  dell'offerta dei lavoratori non dell'Unione ove non sono previste quote preferenziali.
 
 La programmazione dei flussi in Italia 2002-2004 =====================================================================
 |     Quote 2002     |Quote 2003|Quote 2004| =====================================================================
 |Albania             |     3.000|     1.000| 3.000 ---------------------------------------------------------------------
 |Marocco             |     2.000|       500| 2.500 ---------------------------------------------------------------------
 |Tunisia             |     2.000|       600| 3.000 ---------------------------------------------------------------------
 |Egitto              |     1.000|       300| 1.500 ---------------------------------------------------------------------
 |Nigeria             |       500|       200| 2.000 --------------------------------------------------------------------- Quote privilegiate |                    |          |          | da paesi a forte   |                    |          |          | pressione          |                    |          |          | migratoria         |Moldavia            |       500|       200| 1.500 --------------------------------------------------------------------- Sri Lanka          |1.000               |       500|     1.500| ---------------------------------------------------------------------
 |Bangladesh          |       300|     1.500| ---------------------------------------------------------------------
 |Pakistan            |     1.000|          | ---------------------------------------------------------------------
 |Altri               |     2.500|          | ---------------------------------------------------------------------
 |Totale              |    10.000|     3.600|20.000 --------------------------------------------------------------------- Quote per          |                    |          |          | lavoratori di      |                    |          |          | origine italiana di|                    |          |          | Argentina, Uruguay |                    |          |          | e Venezuela        |4.000               |       200|       400| ---------------------------------------------------------------------
 |Di cui dirigenti    |       500|       500|   500 --------------------------------------------------------------------- Rapporti di lavoro |Di cui non          |          |          | subordinato        |stagionali          |         0|     5.900| 6.100 ---------------------------------------------------------------------
 |Di cui stagionali   |    60.000|    68.500|50.000 ---------------------------------------------------------------------
 |Totale              |    60.500|    74.900|56.600 ---------------------------------------------------------------------
 |Lavoro autonomo     |     5.000|       800| 2.500 --------------------------------------------------------------------- Totale             |79.500              |    79.500|    79.500|
 1.6) Accordi bilaterali in materia di lavoro
 
 Gli  accordi  bilaterali  in  materia  di  lavoro contribuiscono a rendere piu' ordinati i flussi migratori, a combattere l'immigrazione illegale,  a  sviluppare politiche volte alla gestione dei lavoratori immigranti e, quindi, alla creazione di dinamiche vantaggiose.
 Ad  oggi  l'Italia  ha  firmato  due Accordi bilaterali sul lavoro stagionale  con  l'Albania  (nel  1997)  e con la Tunisia (nel 2000). L'Accordo con la Tunisia, tuttavia, non e' ancora entrato formalmente in  vigore per il mancato perfezionamento delle procedure di ratifica da parte tunisina.
 L'Italia  ha  inoltre  firmato  un  accordo  con  la  Moldavia che riguarda  sia  i  lavoratori autonomi che i subordinati, stagionali e non.  Questo accordo e' anche il primo ad essere siglato dall'entrata in  vigore  della  legge Bossi-Fini: recepisce quindi gli elementi di riforma   della   disciplina  degli  accessi  per  motivi  di  lavoro introdotti dalla nuova norma.
 Oltre  ad  implementare il numero di accordi gia' sottoscritti, si rende  opportuno,  in  prospettiva,  rivederli  alla luce delle nuove disposizioni di legge, e renderli uniformi e coerenti.
 E'   necessario   inoltre  aprire  una  nuova  fase,  nella  quale valorizzare  maggiormente  il  ruolo  della  formazione  nei paesi di origine  dei  lavoratori  che  intendono poi fare ingresso nel nostro paese.
 In  particolare, e' necessario promuovere nuove intese con tutti i paesi  firmatari  di  accordi  di  riammissione interessati da flussi migratori  in  Italia, e rispondere con tempestivita' alle necessita' di  manodopera del nostro mercato interno e favorire cosi' l'incontro tra  domanda  e  offerta  di  lavoro.  Tale  intento sara' perseguito attraverso:  la formazione, professionale e linguistica, nei paesi di origine;  il  conseguente  diritto  di  prelazione (ai sensi del gia' citato  art.  23  della  L. n. 189/2002) per coloro che hanno seguito tali  corsi;  la  possibilita'  per  i  datori  di lavoro italiani di selezionare  i  lavoratori  utilizzando  le  agenzie  di collocamento locali  governative;  la  promozione  di  intese  tra le associazioni datoriali  italiane  e le agenzie di collocamento, nonche' attraverso lo  scambio  di  informazioni  relative  al fabbisogno interno e alle risorse umane.
 1.7) Lotta al lavoro nero degli stranieri
 
 1.7.1) Regolarizzazione ed emersione
 Il  Governo,  con  la  legge 30 luglio 2002, n. 189 "Modifica alla normativa   in   materia  di  immigrazione  e  di  asilo"  e  con  il decreto-legge  9  settembre  2002  n.  195  e  legge di conversione 9 ottobre  2002,  n.  222  recante  "Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari", ha adottato un  procedimento  di  regolarizzazione  che  ha  interessato  705.172 lavoratori   stranieri   residenti   sul   territorio   italiano.   I provvedimenti hanno fornito una risposta concreta all'esigenza di far emergere   dall'irregolarita'  i  lavoratori  immigrati,  nonche'  le imprese  e  le  famiglie  che  li avevano alle proprie dipendenze. Le domande  di  regolarizzazione sono state accolte fino all'11 novembre 2002   ed   hanno  interessato  colf  e  badanti  e,  in  percentuale leggermente   maggiore,  stranieri  con  altre  posizioni  di  lavoro dipendente,  mostrando  chiaramente le dimensioni della situazione di irregolarita'  occupazionale  della  popolazione immigrata nel nostro paese.
 Il  procedimento,  che  si  e'  concluso il 31/12/2003, prevede il nulla  osta  al  rilascio  del  permesso  di soggiorno da parte della Questura   e  la  successiva  convocazione  delle  parti  presso  uno sportello  polifunzionale della Prefettura. Qui il datore di lavoro e il  lavoratore  hanno  svolto,  per  la prima volta in un'unica sede, tutte  le  pratiche  relative alla regolarizzazione: attribuzione del codice  fiscale, sistemazione della posizione contributiva, firma del contratto  di  lavoro e quindi rilascio del permesso di soggiorno. Al fine   di   semplificare   quanto  piu'  possibile  la  procedura  di regolarizzazione,  gli Sportelli polifunzionali si sono avvalsi della presenza   simultanea   di  rappresentanti  della  Prefettura,  della Questura, dell'Ufficio del Lavoro, delle Poste Italiane, dell'Agenzia delle Entrate e dell'INPS.
 1.7.2)  Controlli  su  datori  di  lavoro  e  sui loro dipendenti. Sanzioni nella fase successiva al provvedimento di regolarizzazione
 Il decreto legislativo di riordino e razionalizzazione dei servizi ispettivi  del  Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali, dell'INPS  e  dell'INAIL  potenzia  la  loro  capacita'  operativa ed introduce  alcune  funzioni di consulenza e di prevenzione (d.lvo. 24 giugno 2004, n. 124).
 Al  fine  di  rilevare  e  prevenire  forme  di  clandestinita'  e irregolarita'   del   lavoro,   verra'   ulteriormente   favorita  la programmazione  dei  flussi,  coerente  con  le  esigenze  e  con  le prospettive del mercato del lavoro, inoltre verranno intensificate le azioni  per  la  sicurezza  sul  lavoro  degli immigrati, soggetti ad un'elevata incidenza degli infortuni sul lavoro.
 Lo  sportello  polifunzionale  ha  dimostrato essere una soluzione innovativa,  che  ha  permesso  al  cittadino  di  rivolgersi  ad uno sportello  unico  per  ottenere cio' che, una volta, avrebbe ottenuto solo  da piu' amministrazioni dello Stato diversificate e lontane fra loro.
 L'attivita' di vigilanza svolta nel 2002 dai servizi ispettivi del Ministero  del  lavoro,  per  arginare  il  fenomeno dell'occupazione abusiva  dei  cittadini  non  comunitari,  ha  riguardato  n.  21.431 aziende,  in  prevalenza  fino  a  15  dipendenti, il 55% delle quali occupava  lavoratori in nero. I lavoratori non comunitari individuati nel  corso  delle  ispezioni  sono stati n. 12.444, solo il 54,6% dei quali   si  trovava  in  una  situazione  regolare  relativamente  ai contributi  ed  all'autorizzazione  al  soggiorno;  la parte restante versava o in condizione di irregolarita' contributiva, pur essendo in regola  quanto  al  soggiorno  (31,9%)  o,  oltre  a  essere priva di copertura contributiva, era anche sprovvista di permesso di soggiorno (17,9%)
 L'alto   tasso   di   irregolarita'   riscontrato   non  fotografa l'oggettiva  situazione  generale  italiana,  ma  e'  in  buona parte l'effetto  dell'impostazione  e  dell'efficacia dell'azione ispettiva intrapresa.  Quest'ultima  viene  diretta  in modo sempre piu' mirato verso  i  settori e le aree a rischio, nelle quali ragionevolmente si puo'  trovare  irregolarita' parziale o totale e comprendono anche il profilo fiscale.
 1.8) Imprenditoria immigrata
 
 Il  fenomeno dell'imprenditoria immigrata si presenta in Italia in costante  crescita.  Da  dati  ufficiali  di Unioncamere e Infocamere risulta   un   significativo   incremento   (circa  il  20%  all'anno nell'ultimo  triennio),  delle  aziende  che  hanno  come titolare un immigrato.  Infatti  se  nel  2000  si  registravano in Italia 85.049 aziende  di  questo tipo, nel 2001 il numero sale a 105.548 aziende e nel 2002 ne risultano ben 125.461. I permessi di soggiorno per lavoro autonomo/motivi   commerciali   al   31   agosto  2003  sono  114.736 (elaborazione su dati del Ministero dell'interno).
 Le  esperienze  sono  diffuse su tutto il territorio nazionale, ma concentrate  prevalentemente  al  centro-nord.  Da alcune rilevazioni effettuate  in  queste  aree  emerge infatti una rapida diffusione di queste attivita'.
 In  alcuni  casi  queste esperienze nascono da progetti finanziati con  fondi comunitari, anche in considerazione del fatto che da parte della  Commissione  europea  -  Direzione Generale Imprese - e' stata sottolineata  l'importanza  per  l'economia di favorire la nascita di imprese etniche anche sotto il profilo della creazione di nuovi posti di lavoro.
 Peraltro l'articolo 26 del T.U. in materia di immigrazione prevede che   il   lavoratore   straniero   possa   esercitare   un'attivita' industriale,   professionale,   artigianale   o  commerciale,  ovvero costituire  societa'  di  capitale  o di persone o accedere a cariche societarie  a  condizione  che  l'esercizio di tali attivita' non sia riservato  dalla  legge  a cittadini italiani o dell'Unione europea e nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge italiana.
 L'articolo  19  della  legge  n.  189/2002 prevede agevolazioni di impiego per i lavoratori autonomi che seguano attivita' di istruzione e  di formazione finalizzata allo sviluppo delle attivita' produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi di origine.
 Al  fine  di  favorire  lo  sviluppo  dell'imprenditoria  tra  gli stranieri, e' opportuno eliminare alcune criticita' che rallentano le possibilita' di diffondere le politiche innovative in questo settore.
 I  principali  problemi  sono  riconducibili  essenzialmente  alle difficolta' di comunicazione e di comprensione della lingua, a quelle relative  all'accesso  ai  finanziamenti,  alla carenza di servizi di supporto  per  l'avvio  di attivita' imprenditoriali, alle competenze ancora limitate nella gestione di imprese.
 A livello istituzionale sembra pertanto opportuno:
 a) Prevedere  corsi di formazione e di orientamento per l'avvio di  attivita' imprenditoriali, anche in collaborazione con le regioni e gli enti locali;
 b) avviare  iniziative di informazione e diffusione delle buone pratiche  in  materia  di imprenditoria, realizzate soprattutto negli Stati membri dell'UE;
 c) dare  ampia  diffusione  a tutte le informazioni concernenti l'avvio  di  un'attivita' imprenditoriale e alle leggi di settore che prevedono agevolazioni finanziarie;
 d) favorire  l'accesso  al credito finanziario e semplificare i procedimenti amministrativi.
 Cap. 2) Le politiche di prevenzione e di contrasto
 all'immigrazione illegale e gli stranieri nel sistema giudiziario
 
 2.1) L'evoluzione delle pressioni migratorie,
 nuovi paesi di provenienza e nuove rotte
 
 La   pressione  migratoria  illegale  verso  l'Italia  risulta  in diminuzione,    soprattutto   per   quanto   riguarda   il   fenomeno dell'immigrazione clandestina via mare.
 Continua  a destare preoccupazione, tuttavia, il flusso diretto in Sicilia  proveniente dalle coste libiche. I fattori che alimentano la pressione  migratoria  illegale verso l'Unione europea e segnatamente verso l'Italia sono essenzialmente di natura economica.
 Le   sperequazioni  nella  distribuzione  del  reddito  a  livello mondiale,   il   sottosviluppo   economico,  le  crisi  occupazionali determinano  movimenti,  anche illegali, di persone e di forza lavoro verso  le  regioni economicamente piu' ricche. In termini percentuali il  fenomeno  della  clandestinita'  e'  alimentato  in  parte  dagli ingressi  illegali infra - Schengen, specie dalla Grecia e attraverso la rotta Spagna Francia, ma soprattutto dai cosiddetti "overstayers", cioe'  di  un  numero  notevole  di soggetti che, entrati legalmente, permangono dopo la scadenza di visti o permessi di soggiorno.
 Naturalmente,  anche  i processi di destabilizzazione derivanti da conflitti  e  crisi  politiche  internazionali possono incidere sulle dinamiche  migratorie.  La  situazione  dell'Africa  subsahariana  e' quella che crea maggiori preoccupazioni.
 Per  quanto  riguarda  l'Italia,  i  principali Paesi di origine e transito  dei  flussi di immigrazione illegale sono quelli del bacino del  Mediterraneo,  dell'Europa  centro-orientale, del Medio-oriente, del  Sub-continente indiano, nonche' Cina e Ecuador. Piu' di recente, consistenti  flussi di immigrazione clandestina originano dall'Africa sub-sahariana e dal Corno d'Africa e raggiungono via mare la Sicilia, dopo essere transitati dalla Libia.
 Le   recenti   vicende   irachene  nonostante  non  abbiano  avuto ripercussioni   immediate  sui  flussi  di  immigrazione  clandestina diretti   nel   nostro   Paese   impongono,  tuttavia,  un'attenzione particolare,   nell'immediato  futuro,  verso  l'intera  regione  del Medio-oriente.
 Oltre all'elevato livello di benessere economico-sociale raggiunto dall'Europa  occidentale,  tra  i fattori d'attrazione verso l'Unione europea vanno ricordati:
 - la  moderna  e  avanzata  legislazione  in materia di asilo e protezione  umanitaria,  con gradi di "apertura" che variano da Stato membro a Stato membro;
 - le  procedure  di regolarizzazione dei soggiornanti illegali, adottati in alcuni Stati membri;
 - la  vicinanza  geografica  con  le  aree  da  cui originano o transitano consistenti flussi di
 immigrazione   illegale  (regione  mediterranea  e  mediorientale, Russia ed ex Repubbliche Sovietiche);
 - la  politica dei visti (l'eliminazione dell'obbligo del visto nei confronti di Romania e Bulgaria ha
 determinato,  ad  esempio,  un  notevole incremento della presenza irregolare, negli Stati membri,
 di  rumeni e bulgari che, entrati per fittizi motivi turistici, vi permangono illegalmente);
 - la  liberta'  di circolazione all'interno dell'Unione europea nello Spazio Schengen;
 - l'estrema  facilita'  di  comunicazione  e  lo  sviluppo  dei sistemi di trasporto internazionale.
 Si  ritiene, inoltre, che il processo di allargamento in atto, con lo spostamento verso est delle frontiere esterne dell'Unione europea, portera'   ad  un  generale  incremento  della  pressione  migratoria illegale.
 La   posizione   geografica   dell'Italia,   al  centro  del  mare Mediterraneo e, soprattutto la sua vicinanza a Stati che, per diverse ragioni,  hanno  attraversato,  o  stanno  attraversando,  periodi di profondo travaglio economico, sociale e politico, ha conosciuto negli ultimi anni un sensibile incremento dei flussi migratori illegali.
 In  tale  contesto,  rimane  particolarmente sensibile il problema dell'immigrazione  clandestina via mare. Infatti, pur a fronte di una drastica diminuzione degli sbarchi illegali sulle coste pugliesi e
 calabresi,  determinata  evidentemente  da  una  minore  pressione migratoria  sull'Albania e sulla Turchia, nei mesi di giugno e luglio 2003,  si  e' evidenziato un nuovo movimento migratorio di dimensioni ragguardevoli  in  transito  dalla  Libia  e  diretto  verso le coste siciliane,  che  e'  andato  ad  incrementare  quello  "tradizionale" proveniente  dalla  Tunisia. Immediati interventi hanno consentito un controllo  di  detto flusso, pur permanendo le condizioni sfavorevoli ad  una  sua  completa  riduzione, in quanto le coste del nord Africa sono da anni meta continua dei viaggi degli emigrati subsahariani.
 Dalla  seguente  tabella,  relativa  al raffronto tra il numero di clandestini sbarcati nell'anno 2000, 2001, 2002 e 2003, si evince che a fronte di una netta diminuzione registrata in Puglia e in Calabria, la  Sicilia  ha  conosciuto un aumento costante del fenomeno, con una inversione di tendenza nel 2003.
 
 Sbarchi registrati di clandestini =====================================================================
 |     2000|     2001|     2002|     2003|   Var % 2002-03 ===================================================================== Puglia      |   18.990|    8.546|    3.372|      137|           -95,9 Sicilia     |    2.782|    5.504|   18.225|   14.017|           -23,1 Calabria    |    5.045|    6.093|    2.122|      177|           -91,7 Totale      |   26.817|   20.143|   23.719|   14.331|           -39,6
 
 Le  nazionalita'  dichiarate  dai clandestini al momento dello sbarco sulle coste italiane ===================================================================== 2001               | Totale| Distribuzione %| Sicilia|Puglia|Calabria ===================================================================== Albania            |   4018|            19,9|       1|  4017|       0 Irak curdi         |   2586|            12,8|      17|  1354|    1215 Irak               |   2327|            11,6|     322|   656|    1349 Turchia curdi      |   1909|             9,5|     311|   542|    1056 Sri Lanka          |   1553|             7,7|    1117|    16|     420 Turchia            |   1535|             7,6|      47|   487|    1001 Marocco            |   1199|             6,0|    1151|    28|      20 Tunisia            |    607|             3,0|     604|     2|       1 Palestina          |    538|             2,7|     451|    25|      62 Jugoslavia Kossovo |    525|             2,6|       0|   525|       0 Algeria            |    500|             2,5|     478|     9|      13 Afganistan         |    491|             2,4|       3|    87|     401 Eritrea            |    322|             1,6|     267|     1|      54 Bangladesh         |    292|             1,4|      87|    98|     107 Cina               |    260|             1,3|       1|   258|       1 India              |    254|             1,3|      66|    91|      97 Pakistan           |    253|             1,3|      41|    65|     147 Somalia            |    186|             0,9|     177|     0|       9 Sudan              |    139|             0,7|     132|     3|       4 Sierra leone       |    122|             0,6|     103|     5|      14 Egitto             |     92|             0,5|      34|    52|       6 Totale             |  20143|           100,0|    5504|  8546|    6093 ===================================================================== 2002               | Totale| Distribuzione %| Sicilia|Puglia|Calabria ===================================================================== Iraq               |   3682|            15,5|    2616|  1022|      44 Sri Lanka          |   2642|            11,1|    1421|    10|    1211 Liberia            |   2129|             9,0|    2102|     0|      27 Marocco            |   1856|             7,8|    1841|    14|       1 Trai(curdi         |   1564|             6,6|    1040|   395|     129 India              |   1369|             5,8|    1361|     0|       8 Sudan              |   1351|             5,7|    1265|     0|      86 Albania            |   1247|             5,3|       0|  1247|       0 Tunisia            |   1183|             5,0|    1182|     1|       0 Eritrea            |   1076|             4,5|     912|     0|     164 Palestina          |   1053|             4,4|     998|    32|      23 Pakistan           |    787|             3,3|     635|    49|     103 Algeria            |    716|             3,0|     711|     5|       0 Somalia            |    628|             2,6|     505|     0|     123 Turchia            |    481|             2,0|      95|   350|      36 Sierra leone       |    366|             1,5|     365|     1|       0 Bangladesh         |    365|             1,5|     355|    10|       0 Egitto             |    262|             1,1|     247|     7|       8 Etiopia            |    159|             0,7|     112|     0|      47 Afganistan         |    135|             0,6|      23|    43|      69 Congo              |    124|             0,5|     124|     0|       0 Turchia curdi      |    113|             0,5|      47|    66|       0 Cina               |     41|             0,2|       2|    39|       0 Iran               |     23|             0,1|       1|    16|       6 Jugoslavia Kossovo |      3|             0,0|       0|     3|       0 Totale             |  23719|           100,0|   18225|  3372|    2122 ===================================================================== 2003               | Totale| Distribuzione %| Sicilia|Puglia|Calabria ===================================================================== Palestina          |   3420|            23,9|    3419|     1|       0 Somalia            |   1963|            13,7|    1963|     0|       0 Iraq               |   1651|            11,5|    1651|     0|       0 Liberia            |   1159|             8,1|    1159|     0|       0 Eritrea            |   1195|             8,3|    1195|     0|       0 Marocco            |    812|             5,7|     812|     0|       0 Pakistan           |    533|             3,7|     524|     9|       0 Sudan              |    535|             3,7|     535|     0|       0 Ghana              |    348|             2,4|     348|     0|       0 Tunisia            |    577|             4,0|     577|     0|       0 Sierra leone       |    185|             1,3|     185|     0|       0 India              |    324|             2,3|     299|    25|       0 Irak curdi         |    194|             1,4|       0|    17|     177 Bangladesh         |    297|             2,1|     286|    11|       0 Etiopia            |    258|             1,8|     258|     0|       0 Algeria            |    185|             1,3|     185|     0|       0 Costa d'Avorio     |    163|             1,1|     163|     0|       0 Nigeria            |    121|             0,8|     121|     0|       0 Egitto             |    102|             0,7|     102|     0|       0 Turchia            |     79|             0,6|      79|     0|       0 Albania            |     62|             0,4|       0|    62|       0 Afganistan         |      1|             0,0|       1|     0|       0 Sri Lanka          |      0|             0,0|       0|     0|       0 Turchia curdi      |      0|             0,0|       0|     0|       0 Jugoslavia Kossovo |      0|             0,0|       0|     0|       0 Cina               |      0|             0,0|       0|     0|       0 Totale             |  14331|           100,0|   14017|   137|     177
 2.2) L'evoluzione delle pressioni migratorie.
 nuovi paesi di provenienza e nuove rotte
 
 Presso  il  confine terrestre orientale, da sempre interessato dai flussi  d'immigrazione clandestina in transito o originanti dall'area balcanica,  si e' invece rilevato, gia' a partire dal 2001, una netta diminuzione del fenomeno.
 Nel 2003 si e' potuto rilevare una netta flessione della pressione migratoria illegale, in tutte le sue componenti.
 Non  solo  e'  diminuito  drasticamente  il numero dei clandestini sbarcati  in  Puglia,  Sicilia  e  Calabria nel 2003 - 14.331 (137 in Puglia,  14.017  in  Sicilia  e 177 in Calabria), a fronte dei 23.719 clandestini  del  2002 (3.372 in Puglia, 18.225 in Sicilia e 2.122 in Calabria)  nel  corrispondente  periodo  del 2002, con un decremento, quindi,  del  60,4%  - ma anche il numero degli stranieri respinti ed espulsi, come evidenziato dagli indicatori statistici.
 Le principali direttrici di traffico sono le seguenti:
 - Dal nord Africa verso la Sicilia
 Le  coste sud occidentali della Sicilia ed in particolare le isole minori  di  Lampedusa (AG) e Pantelleria (TP) rappresentano l'approdo naturale  per  i  cittadini  marocchini, tunisini, algerini e, sempre piu'   spesso,   per  i  cittadini  dell'Africa  subsahariana,  senza sottovalutare l'ingresso di cittadini pakistani.
 Il  flusso piu' consistente proviene, attualmente, della Tunisia e della  Libia.  Il  transito  di  flussi  di  immigrazione clandestina attraverso  la Libia ha assunto, durante lo scorso anno, connotazioni di rilevante entita', confermando una tendenza gia' evidenziatasi nel 2001.
 La  meta  privilegiata  dalle imbarcazioni che salpano dalle coste libiche  e'  il  litorale  agrigentino,  in  particolare  l'isola  di Lampedusa,  dove  nel  2002 sono giunti 9.696 clandestini mentre, nel 2003,  ne  sono  sbarcati  8.819.  In  molti  casi e' stato possibile accertare,  infatti,  che  gli  stranieri  erano  partiti dalle coste libiche  e  non  dalla Tunisia, che pure continua a svolgere un ruolo strategico  quale collettore dei flussi migratori illegali diretti in Sicilia, nonostante l'impegno delle Autorita' locali.
 Numerose e dettagliate sono, peraltro, le notizie di intelligente, secondo  cui  la  Libia rappresenta un Paese di transito di rilevante interesse  per  i  clandestini originari dell'Africa centro-orientale (Ciad,  Sudan,  Etiopia,  Eritrea,  Somalia)  e occidentale (Liberia, Sierra  Leone) e del sub-continente indiano che intendono raggiungere l'Europa.  Uno  dei principali centri di raccolta sarebbe localizzato nell'area  di  Al-Kufrah  (a  circa  950  km  a  sud di Bengasi), che costituisce  il  primo insediamento abitativo libico di rilievo lungo la  rotabile  tra il Sudan e la Libia. I clandestini raggiungerebbero poi,  in  piccoli  gruppi, diverse localita' della Cirenaica ed anche della  Tripolitana,  per  ricevere l'aiuto dei loro connazionali gia' ivi residenti.
 Le  localita'  costiere da cui, con maggiore frequenza, salpano le imbarcazioni  dirette  in Italia sono Zuara e Zliten, rispettivamente ad est e ad ovest di Tripoli.
 Il  fenomeno  risulterebbe  in ulteriore crescita con modalita' ed itinerari  diversificati.  In alcuni casi le partenze dei clandestini avverrebbero  infatti  direttamente  dalle  coste  libiche, in altri, invece,  i  clandestini si trasferirebbero nelle vicine zone oltre il confine  tunisino  o  egiziano  per il successivo imbarco. La Tunisia sarebbe  preferita  all'Egitto  in  ragione  dei  minori costi per il "passaggio".
 Il numero complessivo dei clandestini sbarcati in Sicilia ha fatto registrare  negli  ultimi  anni,  come  si  e'  detto,  un incremento preoccupante:  dai 1.973 sbarcati nel 1999 si e' passati ai 2.782 nel 2000, ai 5.504 nel 2001, ai 18.225 nel 2002 ed ai 14.017 nel 2003.
 Il  flusso  migratorio  dalla Tunisia segue il medesimo itinerario con  identici approdi, coinvolgendo soprattutto cittadini del Maghreb (Tunisia,  Algeria  e  Marocco).  Non  e'  infrequente,  tuttavia, la presenza di cittadini dell'Africa sub-sahariana.
 - Dallo Sri Lanka in Sicilia e in Calabria attraverso il Canale di Suez
 Il  fenomeno  delle  imbarcazioni  con a bordo cittadini cingalesi che,  dopo  aver attraversato il canale di Suez, giungono sulle coste dell'Italia  meridionale,  in  particolare  su  quelle  della Sicilia sud-orientale   e   sul   litorale   ionico   della   Calabria,  gia' evidenziatosi,   quantunque   in   maniera  sporadica,  nel  triennio 1998-2000,  ha  assunto  connotazioni di rilevante entita' nel 2001 e soprattutto  nel  2002,  sia  in termini di frequenza di approdi, che sotto il profilo del numero dei clandestini sbarcati.
 Nel 2001, infatti, sono stati registrati 23 episodi di sbarco, per un  totale di 1.470 clandestini, che hanno interessato le province di Catania,  Siracusa, Catanzaro, Crotone e Reggio Calabria. Il fenomeno ha   raggiunto,  nel  periodo  gennaio-aprile  2002,  proporzioni  di assoluto  rilievo  con  24 episodi di sbarco nelle suddette province, per un totale di 2.372 cingalesi.
 Successivamente  sono  giunte solo 4 imbarcazioni, per complessivi 263 clandestini, a dimostrazione di un drastico ridimensionamento del fenomeno,  da  ascrivere ad un programma d'azione, che e' riuscito ad ottenere  l'intensificazione  dei controlli da parte delle competenti autorita'   di   Colombo  e  de  Il  Cairo  a  seguito  di  pressioni diplomatiche  ed iniziative di collaborazione operative nel frattempo avviate.
 Le   dichiarazioni   rese  dai  clandestini  ed  alcuni  riscontri investigativi  hanno  permesso  di ricostruire la rotta seguita dalle imbarcazioni  per  raggiungere le coste italiane. Le stesse partivano dallo Sri Lanka (in taluni casi effettuando il carico dei clandestini al  largo mediante barche di piccole dimensioni in grado di eludere i controlli  nei  porti  cingalesi  o  lungo  la  costa)  e,  dopo aver circumnavigato  parte  della  penisola  arabica  con  eventuali scali intermedi  nello Yemen, risalivano il Mar Rosso, attraverso il canale di Suez giungevano nel Mar Mediterraneo per poi approdare sulle coste sud-orientali della Sicilia o su quelle ioniche della Calabria.
 - Dalla Turchia verso la Calabria
 Oltre agli sbarchi di cingalesi, il litorale ionico della Calabria -  in particolare quello crotonese - e' stato interessato, negli anni scorsi,  dall'arrivo  di  navi  di grande capacita' provenienti dalla Turchia  con  a  bordo centinaia di clandestini per lo piu' turchi ed iracheni  di  etnia  curda  ed, in misura minore, pakistani, indiani, cingalesi,   bengalesi   e   afghani,   con  sporadiche  presenze  di nordafricani.
 Non  si esclude, peraltro, che dette navi siano partite, in alcuni casi, anche dalle coste sirolibanesi.
 In  passato  il  fenomeno,  quantunque  non irrilevante, rivestiva carattere episodico con 848 clandestini sbarcati nel 1998 e 1.545 nel 1999. A partire dal 2000, ha assunto dimensioni senza precedenti come testimoniano  i  5.045 immigrati giunti durante detto anno ed i 6.093 sbarcati  nel  2001,  per  poi far registrare un netto calo con 2.122 clandestini  nel  2002  e  un  crollo  effettivo  con 177 clandestini sbarcati nel 2003.
 - Dall'Albania verso la Puglia
 La   Puglia,   per   la   sua  particolare  posizione  geografica, rappresenta  uno  dei  principali  "varchi  d'ingresso" dei flussi di immigrazione  illegale  che  giungono non solo dall'Albania, ma anche dagli  altri Paesi della regione balcanica e dal Medio-oriente (curdi in provenienza dalla Turchia, dopo essere transitati in Grecia).
 Il  fenomeno,  nel  corso  degli  ultimi anni, si e' drasticamente ridotto  passando dai 28.458 clandestini sbarcati nel 1998, ai 46.481 nel  1999  (tale  dato va esaminato anche alla luce del conflitto nel Kosovo)  e  ai  18.990 nel 2000, con un'ulteriore sensibile riduzione nel  2001  che ha fatto registrare "solo" 8.546 clandestini. La netta flessione  ha trovato conferma nell'anno 2003, con 3.372 clandestini, e,  nel  2003,  si  puo'  parlare  di  esaurimento  del  flusso se si considera  che  sono  avvenuti  solo  7 sbarchi, per un totale di 137 clandestini  di  cui  25  di  nazionalita'  irachena, 62 albanesi e 9 pakistani, 17 gambiani, 12 birmani, 11 bangladeshi e 1 palestinese.
 - Dalla Grecia verso le coste adriatiche
 Negli  ultimi  anni  si  e'  registrato  un notevole incremento di clandestini  di  prevalente  etnia curda, giunti dalla Grecia a bordo delle   navi   traghetto   che   collegano,  con  cadenza  pressoche' quotidiana,  i  porti  greci  di Patrasso e Igoutmeniza con quelli di Ancona, Bari, Brindisi, Trieste e Venezia.
 Nell'anno  2002  5.093  stranieri,  molti  dei  quali  individuati all'interno  di veicoli commerciali imbarcati sulle navi traghetto ed altri  trovati in possesso di documenti falsi, sono stati rinviati in Grecia sulla base dell'apposito Accordo di riammissione.
 Tale  fenomeno,  non privo di rischi per i clandestini che a volte muoiono  durante  il  viaggio,  denota  un  livello  non adeguato dei controlli da parte delle Autorita' greche.
 - Dall'Europa   centro-orientale   e  dall'Asia  attraverso  il confine italo-sloveno
 Gli  immigrati  che  scelgono  il  "confine  orientale", dopo aver percorso  la tradizionale rotta balcanica, sono per lo piu' turchi ed iracheni    di   etnia   curda,   iraniani,   cittadini   dell'Europa centro-orientale  - soprattutto jugoslavi, bosniaci, macedoni - e, in misura  minore,  asiatici  del  Sub-continente indiano e dell'Estremo oriente.
 La  pressione  illegale al confine italo-sloveno ha comunque fatto registrare,  a partire dal 2001, una netta flessione come dimostra il numero  dei  clandestini  rintracciati lungo la cosiddetta "frontiera verde":  18.044  nel  2000,  8.126 nel 2001 e 1.465 nel 2002. Questi, nell'ordine,   i   principali   Paesi   di  origine  dei  clandestini intercettati  lo  scorso  anno:  Jugoslavia,  Fyrom,  Turchia,  Iraq, Romania, Bosnia-Erzegovina, Moldavia, Albania, Cina, Bangladesh.
 A  tale  diminuzione ha sicuramente contribuito lo specifico piano di contrasto all'immigrazione clandestina realizzato lungo il confine goriziano  mediante  il  potenziamento  dei  servizi  di  vigilanza e controllo  e  l'utilizzo di attrezzature tecniche, alcune delle quali di  elevato  profilo  tecnologico. Tale dispositivo e' stato peraltro integrato dall'impiego di pattuglie miste, formate cioe' da personale di polizia italiano e sloveno.
 Da  non  sottovalutare,  inoltre,  gli  effetti  positivi prodotti dall'introduzione  dell'obbligo  del  visto (all'inizio del 2001) nei confronti  dei  cittadini iraniani da parte del governo bosniaco, che ha  consentito  la  drastica  riduzione  del flusso illegale iraniano diretto  negli  Stati  membri  dell'Unione  europea,  per il quale la Bosnia rappresentava uno dei principali corridoi di transito.
 Si  riportano  infine  i  dati  relativi alle riammissioni attive, accolte  (su  richiesta  italiana)  e  passive, accolte (su richiesta slovena)  effettuate  nel  2001,  nel 2002 e nel 2003. Nella medesima tabella  vengono  sintetizzati  tutti  i dati relativi alle frontiere terrestri dell'Italia.
 
 Riammissioni "attive" e "passive" alle frontiere terrestri (2001-2003
 |      2001      |      2002      |      2003 =====================================================================
 Confine     | Passive |Attive |Passive |Attive |Passive |Attive ===================================================================== italo-francese   |    8.730|  4.928|   8.225|  4.324|   4.603|  2.536 italo-svizzero   |      692|     35|     657|     31|     817|     10 italo-austriaco  |         |  2.277|        |  2.917|   1.283|  3.090 italo sloveno    |       92|  2.997|      63|  1.021|      79|    706 Fonte: Ministero dell'interno
 
 - La  situazione  ai  confini  con  la  Francia,  la Svizzera e l'Austria
 Anche    gli    altri    confini    terrestri   sono   interessati dall'attraversamento  illegale da parte di cittadini stranieri. Molti di  questi,  peraltro,  soprattutto  alla  frontiera  italo-elvetica, vengono  intercettati  in  uscita  dal  territorio  nazionale  mentre tentano  di  raggiungere  il  Nord-Europa.  Per una stima di tale non trascurabile  fenomeni  si  vedano  i  dati  riportati  nella tabella precedente.
 2.3) L'uso di documenti falsi
 
 I  seguenti dati attengono ai sequestri di documenti operati dagli Uffici di Polizia di Frontiera nel corso dei controlli effettuati non solo   nei  confronti  dei  passeggeri  in  ingresso  nel  territorio nazionale ed in partenza dallo stesso (a seguito dei quali sono stati adottati  rispettivamente  i  provvedimenti  di  respingimento  e  di denuncia in stato di liberta), ma anche di quanti, presenti a diverso titolo  nelle  aree  di  competenza  dei  citati  Uffici,  sono stati analogamente trovati in possesso di documenti falsi.
 
 =====================================================================
 |    2001    |   2002    |  2003 (11 mesi) =====================================================================
 Stranieri respinti   |   10.265   |  10.371   |       4.924
 2.4) I respingimenti alla frontiera
 
 Nella  seguente  tabella  statistica figurano i dati relativi agli stranieri  respinti  alla frontiera negli anni 2001, 2002 e nei primi otto  mesi  del  2003 perche' non in possesso dei requisiti necessari per  l'ammissione sul territorio dello Stato, con l'indicazione delle principali nazionalita'.
 Da  notare  il notevole incremento di rumeni e bulgari, registrato nel  2002,  da  ascrivere sicuramente all'abolizione dell'obbligo del visto, per detti cittadini stranieri, stabilita dall'Unione europea a decorrere  dal  1°  gennaio 2002. In effetti, molti di essi che prima non  riuscivano  ad ottenere il visto presso le nostre rappresentanze consolari,  adesso tentano di entrare in Italia dichiarando, all'atto dei   controlli   di   frontiera,  fittizie  motivazioni  turistiche. Pertanto,   quando   vengono   accertati   scopi  diversi  da  quelli dichiarati,  agli  stessi  viene  rifiutato  l'ingresso in territorio nazionale.  In  molti  casi,  inoltre,  i  cittadini rumeni e bulgari vengono  respinti  perche'  non  in  possesso di sufficienti mezzi di sostentamento  in  relazione  al periodo dichiarato di permanenza nel nostro Paese.
 
 Nazionalita' degli stranieri respinti alle frontiere ===================================================================== ANNO 2001      |      |ANNO 2002      |      |ANNO 2003       | ===================================================================== NAZIONALITA'   | NR.  |NAZIONALITA'   | NR.  |NAZIONALITA'    | NR. --------------------------------------------------------------------- ALBANIA        |7.860 |ROMANIA        |7.274 |ROMANIA         |4.458 --------------------------------------------------------------------- BULGARIA       |2.610 |ALBANIA        |5.954 |BULGARIA        |2.901 --------------------------------------------------------------------- JUGOSLAVIA     |2.605 |BULGARIA       |4.208 |ALBANIA         |1.853 --------------------------------------------------------------------- CROAZIA        |2.095 |JUGOSLAVIA     |2.553 |SERBIA-MONTEN.  |1.421 --------------------------------------------------------------------- TURCHIA        |1.282 |CROAZIA        |1.908 |CROAZIA         |1.172 --------------------------------------------------------------------- ROMANIA        |1.014 |TURCHIA        |1.085 |TURCIIIA        | 852 --------------------------------------------------------------------- MACEDONIA      | 837  |MACEDONIA      |1.041 |NIGERIA         | 734 --------------------------------------------------------------------- UCRAINA        | 791  |MAROCCO        | 755  |CINA-POPOLARE   | 625 --------------------------------------------------------------------- BOSNIA         | 649  |CINA POPOLARE  | 644  |MACEDONIA       | 599 --------------------------------------------------------------------- ALTRE          |      |ALTRE          |      |ALTRE           | NAZIONALITA'   |10.882|NAZIONALITA'   |12.214|NAZIONALITA'    |9.584 --------------------------------------------------------------------- TOTALE         |30.625|TOTALE         |37.656|TOTALE          |24.202
 2.5) Il fenomeno degli overstayers
 
 A  parte  le  descritte  modalita'  utilizzate dagli stranieri per entrare  illegalmente  nel  nostro  Paese,  come  gia' accennato, non bisogna  sottovalutare  l'entita'  dei  flussi  migratori provenienti dalle  c.d.  frontiere  interne  (intra-Schengen)  e, soprattutto, il fenomeno   degli   overstayers,  ossia  della  presenza  illegale  di stranieri  che,  entrati  regolarmente in Italia, vi permangono anche dopo la scadenza del visto o dell'autorizzazione al soggiorno. Non si e' tuttavia in grado di elaborare, al riguardo, stime attendibili.
 2.6) Iniziative per il controllo del territorio,
 delle coste e delle frontiere
 
 Nelle  tabelle  che  seguono  sono  riportati  i  dati relativi ai provvedimenti  di  respingimento,  alla frontiera e di allontanamento dal  territorio  nazionale adottati ed eseguiti nell'anno 2000, 2001, 2002,  e  2003,  infine  i  dati  relativi  alle persone denunciate e arrestate  per  favoreggiamento  dell'immigrazione  clandestina negli anni 2001-2002 e fino al 30 novembre del 2003.
 
 Stranieri   destinatari   di   provvedimenti  di  respingimento  alla frontiera, di respingimento del Questore e di espulsione. =====================================================================
 | 2000  | 2001  | 2002  | 2003 ===================================================================== Respinti alla frontiera              | 30.878| 30.625| 37.656| 24.202 --------------------------------------------------------------------- Respinti dai Questori                | 11.350| 10.433|  6.139|  3.195 --------------------------------------------------------------------- Espulsi effettivamente rimpatriati   | 15.002| 21.266| 24.799| 18.844 --------------------------------------------------------------------- Ottemperati all'intimazione e        |       |       |       | all'ordine del Questore              |  3.206|  2.251|  2.461|  8.126 --------------------------------------------------------------------- Espulsi su conforme provv.to         |       |       |       | dell'A.G.                            |    396|    373|    427|    885 --------------------------------------------------------------------- Riammessi nei Paesi di provenienza   |  8.438| 12.751| 17.019|  9.901 --------------------------------------------------------------------- Stranieri effettivamente allontanati |       |       |       | dal T.P.                             | 69.263| 77.699| 88.501| 65.153 --------------------------------------------------------------------- Stranieri non rimpatriati            | 62.217| 56.633| 62.245| 40.804 --------------------------------------------------------------------- Totale stranieri rintracciati in     |       |       |       | posizione irregolare                 |131.480|134.332|150.746|105.957 --------------------------------------------------------------------- Allontanati in % dei rintracciati in |       |       |       | posizione irreg.                     |   52,7|   57,8|   58,7|   61,5
 
 Fonte: Ministero dell'interno, Dipartimento di pubblica sicurezza
 
 Nell'anno  2001  sono  stati  effettuati  13  voli  charter per il rimpatrio  di  1.700  cittadini  extracomunitari  (340 nigeriani, 466 albanesi,  201  cingalesi);  nell'anno  2002 sono stati effettuati 26 voli charter per il rimpatrio di 2.294 cittadini extracomunitari (393 albanesi,  505  nigeriani,  603 cingalesi, 299 egiziani, 167 rumeni); nell'anno  2003  sono  stati  effettuati  n.  33  voli charter per il rimpatrio  di  n. 2334 cittadini extracomunitari (470 nigeriani, 1325 rumeni, 131 pakistani, 260 egiziani, e 148 di altre nazionalita).
 2.7) Il D.L. di attuazione dell'art. 12, comma 9 quinquies
 (contrasto in mare)
 
 Con  il  decreto  del  Ministro  dell'interno,  di  concerto con i Ministri   della  Difesa,  dell'economia  e  delle  finanze  e  delle infrastrutture  e  dei  trasporti,  adottato il 14 luglio 2003, si e' data  concreta attuazione all'art. 12, comma 9 quinqiues, del decreto legislativo  25  luglio  2002,  n.  189  e,  piu'  in generale, ad un complesso  sistema  normativo  volto  a  individuare  un  livello  di intervento   adeguato   a   fronteggiare   un   fenomeno   -   quello dell'immigrazione  clandestina  via  mare  -  che ha assunto da tempo dimensioni  preoccupanti e che e' in continua evoluzione nonostante i rilevanti  risultati  sinora raggiunti sul fronte della prevenzione e del contrasto.
 Proprio  a  tal  fine  e'  stato  previsto  che  le  attivita'  di vigilanza,  prevenzione e contrasto del traffico di migranti via mare vedano  coinvolti non solo i mezzi aeronavali delle Forze di polizia, ma anche quelli della Marina militare e delle Capitanerie di porto.
 I  contesti  in  cui  si  sviluppa  l'attivita'  di monitoraggio e contrasto dell'immigrazione clandestina via mare sono i seguenti:
 • nei paesi d'origine dei flussi migratori dove l'intervento e' finalizzato a prevenire il fenomeno tramite un'attivita' diplomatica;
 • nelle  acque  internazionali dove il coordinamento tecnico ed operativo  e'  affidato,  secondo le norme vigenti per la Polizia del mare, al Comando in Capo della squadra navale della Marina
 Militare che, pur coadiuvata dai Comandi Generali della Guardia di Finanza  e  delle  Capitanerie  di  porto,  in  virtu' dei sistemi di comunicazione  ad  alta  tecnologia di cui e' in possesso, detiene il controllo   anche   sulle   operazioni   effettuate   da   mezzi   di amministrazioni diverse;
 • nelle  acque  territoriali  dove  sono le unita' navali delle Forze   di   Polizia   che,   oltre   alla  loro  consueta  attivita' istituzionale,   svolgono   anche  quella  finalizzata  al  contrasto dell'immigrazione  clandestina  via mare con il concorso delle unita' navali della Marina Militare e delle Capitanerie di porto;
 E'  in  corso  di definizione un apposito protocollo operativo che stabilira'  le procedure da seguire in caso di rilevazione di natanti sospetti  e  che determinera' il necessario flusso informativo con la istituenda  sala  di  coordinamento operativo, che il Dipartimento di P.S. del Ministero dell'interno intende predisporre avvalendosi della rete  informatica  nazionale  collegante  i  vari  dicasteri,  enti e comandi  interessati.  Il  progetto  andra' ad interconnettersi con i sistemi  di  controllo gia' attivati da parte di altre specialita' di Polizia  e  che  concorreranno  al  costante  monitoraggio della aree interessate dagli interventi di prevenzione e contrasto.
 2.8) La distruzione delle imbarcazioni utilizzate
 per immigrazione clandestina: "Circolare della Presidenza
 del Consiglio dei Ministri 13 febbraio 2003".
 
 I  considerevoli  flussi  di immigrazione clandestina, soprattutto via  mare,  registrati negli anni precedenti il 2003 hanno indotto ad affrontare anche la questione della destinazione dei mezzi utilizzati allo scopo, determinando un esplicito intervento del legislatore.
 Con  il  decreto  legge  4  aprile  2002,  n.  51,  convertito con modificazioni,  nella  legge  7  giugno  2002,  n.  106,  sono  state introdotte  modifiche  alla  disciplina  dettata dall'articolo 12 del testo  unico  in materia di immigrazione relativamente al trattamento dei  mezzi  di  trasporto  utilizzati  da trafficanti che operano nel settore  dell'immigrazione clandestina. In particolare tali modifiche hanno riguardato:
 a)   -la  possibilita'  di  procedere  alla  distruzione  delle imbarcazioni  sequestrate  senza  dover  attendere  il  provvedimento definitivo di confisca;
 b)  -la  possibilita' da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri  di  disporre  direttamente  la  distruzione  delle suddette imbarcazioni,    previo   nulla   osta   dell'autorita'   giudiziaria procedente;
 c)  -l'individuazione  dell'Agenzia  delle  Dogane quale organo amministrativo  deputato  alla  scelta  delle  ditte incaricate della materiale distruzione dei mezzi.
 Nella   relazione   sull'analisi   tecnico-normativa   (ATN)   che accompagnava  il  ddl  di  conversione  si  rilevava  tra l'altro che "l'esecuzione  delle  nuove  disposizioni determina l'opportunita' di interventi  organizzativi da parte delle amministrazioni interessate, dirette   a   completare   le   linee   esecutive  del  provvedimento legislativo".
 Al   fine   di   corrispondere   all'esigenza   rappresentata  dal legislatore  per  un'ottimale applicazione delle nuove disposizioni e nell'ottica  di  perseguire  ed attuare un coordinato intervento, sul piano   operativo,  di  tutte  le  Amministrazioni  interessate  alla distruzione   dei   mezzi   di  trasporto  utilizzati  per  reati  di immigrazione  clandestina,  e'  stata  adottata  la  Circolare  della Presidenza  del  Consiglio dei Ministri 13 febbraio 2003, concernente la  "Distruzione di imbarcazioni utilizzate per reati di immigrazione clandestina"  pubblicata  sulla  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale n. 41 del 19 febbraio 2003.
 La  "Circolare"  e' stata emanata con l'obiettivo di individuare e definire  il quadro complessivo di intervento, di fornire un concreto indirizzo   all'azione  amministrativa  e  di  favorire  il  migliore coordinamento  dei  diversi interessi pubblici coinvolti nel medesimo procedimento".
 E'   stata   quindi   avviata   un'attivita'   di   "coordinamento amministrativo"  che, rappresentata come continuo e costante supporto informativo,  ha  rappresentato in effetti un impulso e coordinamento delle  iniziative  ed  attivita'  delle  strutture  periferiche delle amministrazioni  dello  Stato,  competenti  ad  assolvere  specifiche funzioni  nell'ambito  del  procedimento  per  la  distruzione  delle imbarcazioni oggetto della "Circolare".
 L'attivita'   si  e'  sviluppata  nei  confronti  di  due  regioni particolarmente    interessate    dal    fenomeno   dell'immigrazione clandestina  via mare: Calabria e Sicilia; cio' al fine di perseguire la  distruzione  delle  imbarcazioni  ormeggiate  nei porti, od ancor peggio, arenate sui litorali.
 I   risultati   conseguiti   in   applicazione  della  "Circolare" rafforzano  la  necessita'  di proseguire ed intensificare, anche nel prossimo periodo di programmazione delle politiche dell'immigrazione, l'attivita'  di  coordinamento  svolta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nei confronti ed a supporto delle diverse azioni che, in materia,  competono  alle varie articolazioni e strutture dello Stato dislocate  sul territorio nazionale. Cio' con l'obiettivo tendenziale di  ottimizzare  i  tempi  di completamento dei procedimenti relativi alla   eliminazione  delle  imbarcazioni  sequestrate  per  reati  di immigrazione clandestina.
 2.9) Centri di permanenza temporanea
 
 Vi  sono  vari  tipi  di  strutture  che il Ministero dell'interno utilizza per ospitare in maniera temporanea gli stranieri che entrano irregolarmente  sul  territorio  nazionale,  oppure quelli fermati in condizione di soggiorno irregolare. Queste strutture sono distinte, a seconda degli obiettivi loro assegnati, in:
 a) Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) previsti dall'art. 14 del decreto legislativo 5 luglio 1998 n. 286; gli stessi sono   finalizzati   al  trattenimento  vigilato  di  stranieri  gia' destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento;
 b) Centri temporanei di accoglienza (ed interventi straordinari a  carattere  assistenziale  anche al di fuori di essi) per stranieri irregolari  in  condizione di non trattenimento; tali strutture hanno il  loro  supporto  normativo  nel  decreto  legge  n.  451 del 1995, convertito  nella  legge  n.  563/1995 (cosiddetta legge "Puglia") e, piu'  in  particolare nel successivo regolamento di attuazione n. 233 del  1996 che, oltre a disporre l'istituzione di tre centri in Puglia (Brindisi,  Lecce e Otranto), ha previsto anche la possibilita' che i Prefetti   possano   attivare,  su  tutto  il  territorio  nazionale, strutture  provvisorie  o predisporre, comunque, interventi in favore di  stranieri  irregolari  bisognosi  di assistenza, limitatamente al tempo  necessario  alla  loro  identificazione,  finalizzata  o  alla espulsione  o,  eventualmente,  alla  regolarizzazione  (nel caso, ad esempio, dei richiedenti asilo).
 L'art.  23  del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, ha espressamente ribadito la possibilita' degli interventi assistenziali in questione;
 c) Centri  di  identificazione previsti dall'art. l bis , comma 3,  del  decreto  legge  30  dicembre  1989,  n.  416, convertito con modificazioni,  dalla  legge  28  febbraio  1990,  n.  39, introdotto dall'articolo  32  della  legge  30 luglio 2002, n. 189; tali centri, sono   destinati   ad   evitare   la  dispersione  sul  territorio  e all'accoglienza  dei richiedenti asilo che hanno eluso i controlli di frontiera ovvero fermati in condizioni di soggiorno irregolare.
 In  conseguenza  del  mutato  assetto normativo intervenuto con la citata legge 189/2002, che prevede il raddoppio da 30 a 60 giorni del periodo  massimo  di  trattenimento  degli  stranieri  irregolarmente presenti   nel   territorio  nazionale  ed  in  attesa  del  relativo provvedimento  di  espulsione, e' stato previsto l'aumento del numero dei Centri di permanenza, sia all'incremento della capienza dei posti disponibili,  anche  mediante  l'esecuzione  di  opportuni  lavori di ristrutturazione e adeguamento.
 Gli  obiettivi  prioritari ed i programmi dell'azione di Governo - riferiti  ai centri di permanenza temporanea - sono stati finalizzati a  rendere  piu'  funzionali  e  rispondenti  al  miglioramento delle condizioni  di agibilita', le strutture gia' esistenti. Inoltre, come previsto  dalla  Direttiva del Ministro dell'interno, e' in corso una ricerca  capillare  e  sistematica,  estesa  in  tutto  il territorio nazionale,  di  siti  ed  immobili  idonei  ad  ospitare  nuovi CPTA. L'obiettivo   perseguito   da   tale   attivita'  di  ricerca  e'  la realizzazione  di  un  Centro  di permanenza temporanea ed assistenza almeno in ogni Regione.
 
 Centri  di  permanenza  temporanea: trattenuti, rimpatriati e dimessi (2001-2003
 In valore assoluto  In percentuale
 | 2001| 2002| 2003| 2001| 2002| 2003 --------------------------------------------------------------------- Rimpatriati                      | 4437| 6372| 7012| 29,6| 34,2| 50,6 --------------------------------------------------------------------- Dimessi per scadenza dei termini |     |     |     |     |     | di legge                         | 6893| 5927| 3668| 46,0| 31,8| 26,5 --------------------------------------------------------------------- Dimessi per vari motivi (asilo,  |     |     |     |     |     | non convalida, salute, etc...)   | 3500| 5196| 2957| 23,3| 27,9| 21,3 --------------------------------------------------------------------- Allontanatasi arbitrariamente    |  163|  167|  225|  1,1|  0,9|  1,6 --------------------------------------------------------------------- Totale trattenuti                |14993|18625|13863|100,0|100,0|100,0
 
 Alla  data del 31 dicembre 2004 risultano istituiti ed operativi i seguenti Centri di permanenza temporanea:
 a. Bologna
 b. Brindisi
 c. Caltanissetta
 d. Catanzaro
 e. Crotone
 f. Lampedusa
 g. Lecce
 h. Milano
 i. Modena
 j. Otranto
 k. Ragusa
 l. Roma
 m. Torino
 n. Trapani.
 Nonostante   le  notevoli  difficolta'  incontrate,  di  carattere sociale  e  politico,  nel  corso del 2004 sono state ultimate e rese pienamente  operative  le  strutture di trattenimento di Crotone - S. Anna, Ragusa e Foggia. La struttura di Bari sara' completata entro il primo semestre del 2005.
 Sono  inoltre  in  avanzato  stato  di  esecuzione i lavori per la realizzazione   del  Centro  di  permanenza  temporanea  di  Gradisca d'Isonzo (GO).
 Sono  in  fase di avanzata definizione le procedure amministrative con  il  Dicastero  della  Difesa  per  l'acquisizione  sull'isola di Lampedusa  di  un'area  nella Caserma "Adorno", in zona "Imbriacola", ove  sara'  ricollocato  l'attuale  CPT.  In tal modo sara' possibile migliorare   notevolmente   la   ricettivita'   e  le  condizioni  di vivibilita' dell'attuale centro.
 Al  fine di incrementare la capacita' ricettiva delle strutture di trattenimento localizzate in Sicilia (dove in data 3 dicembre 2004 e' stato  chiuso il Centro di Agrigento a seguito della visita in Italia del  Comitato  Europeo per la Prevenzione della Tortura, istituito ai sensi  dell'art.3  della  Convenzione Europea sui diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali) sono state avviate le procedure per la realizzazione  di  un Centro nella zona dell'ex aeroporto militare di Trapani-Milo.  A  tal  fine,  e'  in  corso  di stipula tra la locale Prefettura  ed il Provveditorato Regionale alle opere pubbliche della Sicilia-Ufficio del SIIT - uno schema di Convenzione.
 Sono  inoltre  in  corso  di  analisi e di definizione da parte di questo  Dipartimento, d'intesa con le competenti Autorita' locali, le procedure  per  la  realizzazione di nuove strutture di trattenimento per  immigrati  clandestini  in  Liguria, Veneto ed in alcune Regioni centrali del Paese.
 Sono  stati anche autorizzati tempestivamente tutti gli interventi di   manutenzione  ordinaria  e  straordinaria  laddove  necessari  a mantenere l'efficienza delle strutture.
 Obiettivi per il triennio 2004-2006
 Sono   in  corso  con  le  amministrazioni  regionali  e  comunali competenti  "ratione materiae", le necessarie procedure ed intese per la  realizzazione  di  altre strutture destinate al trattenimento. Le risultanze  saranno sottoposte all'esame della competente Commissione tecnico-consultiva  istituita, ai sensi dell'ordinanza del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri 23 maggio 2003 e successive modifiche e integrazioni,  presso  il  Dipartimento  per  le  liberta'  civili  e dell'immigrazione del Ministero dell'interno.
 Proseguono inoltre in diverse localita' del territorio nazionale i sopraluoghi  per la realizzazione di nuove strutture di trattenimento da  realizzare nel corso del prossimo triennio (2004-2006) nel Centro e  nel  Nord  del  Paese. Tali realizzazioni potranno essere attuate, previe intese con le Amministrazioni locali.
 2.10) Centri di accoglienza, istituiti
 ai sensi della legge n. 563/1995
 
 La  normativa  vigente  (decreto  legge  30  ottobre  1995, n. 451 convertito  con  modificazioni  dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563) autorizza il Ministero dell'interno ad approntare interventi e misure assistenziali,  anche  attraverso  apposite  strutture ricettive, per assistere  gli  stranieri  giunti  o comunque presenti sul territorio nazionale in condizioni di non regolarita' e privi di qualsiasi mezzo di  sostentamento  per  il  tempo  strettamente  necessario alla loro identificazione od espulsione.
 Le    strutture    in    questione   sono   finalizzate,   quindi, prevalentemente  al  soccorso  degli  stranieri  irregolari  ed  alla valutazione  della loro posizione giuridica sul territorio nazionale, al fine dell'adozione dei conseguenti provvedimenti come l'espulsione ovvero  la  formalizzazione  della  domanda  di  riconoscimento dello status di rifugiato.
 Sulla  base  di  tale  disciplina sono stati realizzati dei centri governativi  per  il  ricovero  e  l'identificazione  degli stranieri irregolari.
 I centri di accoglienza, attualmente operativi sono i seguenti:
 1. il centro "S. Anna" situato nel Comune di Isola Capo Rizzuto (Crotone) con una capacita' ricettiva di 1.500 posti;
 2. il  centro  "Ortanova"  situato in localita' Borgo Mezzanone (Foggia) con una capacita' ricettiva pari a 400 posti;
 3. il  centro "Pian del Lago" (Caltanissetta) con una capacita' ricettiva di 150 posti;
 4. il  centro  "Salina  Grande"  (Trapani)  con  una  capacita' ricettiva di 230 posti;
 5. il centro "Caserma Barone" situato nell'isola di Pantelleria (Trapani) con una capacita' ricettiva di 100 posti.
 Altro centro governativo e' quello di Bari - Palese (Bari) con una capacita'  ricettiva  di circa 600 posti. Al momento non e' operativo ma e' attivabile nelle 24 ore in caso di necessita'.
 Alle strutture sopraccennate si affiancano quelle realizzate dalle singole   Prefetture   -   UTG,   attraverso  convenzioni  con  Enti, Associazioni o soggetti privati (Centro Caritas di Gorizia, posti 32; Como   loc.   Tavernola  gestito  dalla  C.R.I.,  posti  200;  Centro "Benincasa" di Ancona posti 40).
 Il   sistema   complessivo  di  soccorso  ed  identificazione  per stranieri  irregolari  ha una capacita' ricettiva, quindi, intorno ai 3.250,  che  e'  stata,  al  momento,  sufficiente  a fronteggiare le situazioni di emergenza.
 Il  Ministero  dell'interno  ha,  comunque,  avviato  una serie di interventi  destinate  ad ottimizzare le attuali strutture attraverso l'installazione  di moduli prefabbricati mobili, che consentiranno di aumentare la capacita' ricettiva di altri 500 posti.
 2.11) Sistema nazionale dei servizi di accoglienza alle frontiere
 previsti dall'art. 11, comma 6 del T.U. 286/98
 
 La materia connessa all'individuazione, attivazione e gestione dei servizi   di  accoglienza  alle  frontiere  non  e'  stata  presa  in considerazione   nel   precedente  documento  programmatico,  per  il triennio 2001 -2003, approvato con D.P.R. 30 marzo 2001.
 Dopo un quinquennio dall'entrata in vigore del testo unico 286/98, il  quale,  nell'ambito  del  potenziamento  e  del coordinamento dei controlli  di  frontiera di cui all'art. 11, al comma 6°, ha previsto l'istituzione  dei  citati servizi di accoglienza presso i valichi di frontiera,   al  fine  di  fornire  informazioni  e  assistenza  agli stranieri  che  intendano presentare domanda di asilo o fare ingresso in  Italia  per  un  soggiorno di durata superiore a tre mesi, appare necessario   affrontare   le   problematiche  relative  alla  materia medesima,  anche  perche'  e' ricompresa tra gli obiettivi prioritari indicati dalle ultime Direttive emanate dal Ministro dell'interno.
 Nel  sottolineare che la nuova previsione normativa istituisce non piu'  strutture  di accoglienza, ma servizi di accoglienza, l'art. 24 del  D.P.R.  31  agosto  1999,  n. 394, concernente il regolamento di attuazione  del  predetto  T.U.  286/98,  prevede  l'istituzione  dei medesimi  presso i valichi di frontiera nei quali e' stato registrato negli  ultimi  tre  anni il maggior numero di richieste di asilo o di ingressi sul territorio nazionale. La definizione delle modalita' per l'espletamento  di  detti  servizi e' rimessa ad un provvedimento del Ministero dell'interno, da emanare d'intesa con l'allora Ministro per la solidarieta' sociale.
 Tale  provvedimento  e'  stato  emanato  in data 22 dicembre 2000, mentre  con  D.M. 30 aprile 2001 sono stati individuati 15 valichi di frontiera  ove  istituire  tali servizi, comprensivi dei valichi dove giungono  stranieri  richiedenti  asilo  provenienti  da  altri Paesi europei  in applicazione della Convenzione di Dublino. (Ancona, Bari, Brindisi,  Bologna,  Bolzano,  Como, Firenze, Gorizia, Imperia, Roma, Torino, Trieste, Trapani, Varese e Venezia).
 Lo stesso articolo 24 del citato D.P.R. 394/98 specifica, inoltre, che  nei  casi  di  urgente  necessita',  per  i  quali  i servizi di accoglienza   non   sono   sufficienti   o   non  sono  attivati,  e' immediatamente  interessato l'ente locale per l'eventuale accoglienza in uno dei centri istituiti a norma dell'articolo 40 del testo unico.
 Per   servizi   di  accoglienza  devono  intendersi  tutte  quelle attivita'  di  supporto  che  possono  agevolare  la  permanenza  sul territorio nazionale di stranieri che intendano presentare domanda di asilo, di quelli che entrano in Italia per motivi diversi dal turismo e  comunque per gli stranieri per i quali si rendano necessarie forme di assistenza in attesa della definizione degli accertamenti connessi al loro ingresso in Italia per un soggiorno di durata superiore a tre mesi.
 La previsione di detti servizi si colloca nella prospettiva di una differenziazione di attribuzione tra le forze di polizia e gli uffici competenti,  che sono chiamati a fornire agli stranieri il piu' ampio supporto  informativo sugli adempimenti di legge e sull'utilizzazione dei servizi pubblici.
 Nel  corso  dell'anno  2001  sono  stati  attivati  i  servizi  di accoglienza  presso  i  valichi  di  Roma-Fiumicino,  Ancona-Porto  e Varese-Malpensa.
 Nel  corso  dell'anno  2002 sono stati attivati i servizi presso i valichi  di  Como-Ponte  Chiasso, Gorizia-Casa Rossa, Trapani-Porto e Venezia-Porto,  mentre  sono  stati reperiti e allestiti i locali ove svolgere i servizi in questione presso i valichi di Trieste-Fernetti, Brindisi-Porto,  Bari-Porto  ed  Imperia-Ventimiglia, successivamente attivati nel corso del 2003.
 Da  quanto  sopra esposto si evince che, alla data del 31 dicembre 2003,  risultano operativi undici servizi di accoglienza sui quindici previsti  dal  sopracitato D.M. 30 aprile 2001 e, pertanto, nel corso del  prossimo triennio non solo si dovra' provvedere al completamento della   predetta   rete   nazionale,   ma  anche  a  perfezionare  il monitoraggio,  attraverso  le  relazioni  inviate  dalle prefetture e dagli  enti  gestori,  dell'attivita' dei singoli servizi, al fine di conoscere  analiticamente  la provenienza e lo status giuridico degli utenti  stranieri,  le problematiche e le casistiche affrontate dagli operatori durante la loro attivita' di interpretariato, di mediazione culturale, di informazione sulle leggi esistenti e di indirizzo verso i servizi pubblici.
 Detto  monitoraggio  potra',  inoltre,  essere  utile per valutare l'opportunita'  di  provvedere, in relazione al modificarsi nel tempo dei  flussi  migratori,  all'individuazione  di ulteriori valichi ove disporre  l'attivazione  di  nuovi  servizi di accoglienza, ovvero la chiusura  o  la temporanea sospensione delle attivita' di quelli gia' esistenti,  cosi'  come  previsto  dal comma 2° dell'art.1 del citato decreto 22 dicembre 2000, concernente le modalita' per l'espletamento dei servizi stessi.
 2.12) Accordi internazionali di cooperazione di polizia
 
 Nell'ultimo  triennio  l'Italia  ha  sottoscritto numerosi accordi bilaterali  di  cooperazione  di  polizia,  che,  tra i vari settori, contemplano anche la lotta all'immigrazione clandestina e al traffico di  esseri umani. Sono state assunte, altresi', mirate iniziative per rafforzare  la  collaborazione con i principali Paesi di origine e di transito dei flussi di immigrazione illegale. Una analisi dettagliata degli  accordi  e delle attivita' bilaterali in merito si trovano nel paragrafo 3.1 del presente documento.
 Sono  stati,  inoltre, stabiliti rapporti di collaborazione con le autorita'  diplomatico-consolari  dei principali Paesi di origine dei flussi  di  immigrazione  illegale  diretti  in  Italia,  al  fine di semplificare   ed  accelerare  le  procedure  di  accertamento  della nazionalita' per il rilascio dei documenti di viaggio (lasciapassare) necessari  per  il  rimpatrio. Tra questi si possono citare: Nigeria, Marocco,   Tunisia,  Sri  Lanka,  Bangladesh,  Romania,  Albania  (le autorita'  albanesi  riammettono  i  propri  connazionali,  anche  se sprovvisti di documenti).
 E'   stata   rafforzata  la  rete  di  ufficiali  di  collegamento all'estero,   potenziando,  in  particolare  l'area  balcanica.  Sono attualmente  44  gli ufficiali di collegamento italiani, appartenenti alle  diverse Forze di Polizia, cosi' dislocati: 25 in Europa (di cui 14  presso Stati membri dell'Unione europea), 4 in Africa, 5 in Asia, 7 in Sud-Africa, 2 in Nord-America, 1 in Oceania.
 2.13) L'utilita' delle quote privilegiate
 
 L'immigrazione  clandestina,  quantunque ridimensionata, nel corso degli  ultimi  anni,  presenta  potenzialita'  di crescita futura che impongono  un'attenzione costante. Per contenere la spinta migratoria illegale  dei  cittadini  di  numerosi  Paesi  terzi,  in provenienza soprattutto  dall'Africa  sub-sahariana  e  centrale,  e'  necessario instaurare  con  i Governi dei diversi Paesi di origine o di transito rapporti  proficui  di  collaborazione che presuppongono l'offerta di contropartite adeguate.
 La collaborazione di tali Governi e', sotto il profilo strategico, fondamentale  e  decisiva per arginare l'afflusso di clandestini e la concessione  di quote privilegiate di ingresso in favore di Paesi che collaborano,   congiuntamente   alla  fornitura  di  equipaggiamenti, rappresentano  strumenti  di  importanza  capitale  per conseguire la collaborazione auspicata.
 Il  grado  di  successo  delle  politiche di quote privilegiate e' particolarmente  visibile  tramite il crollo del numero di sbarchi di clandestini  provenienti  da  paesi  con i quali sono stati raggiunti degli  accordi  e ai quali sono state concesse quote privilegiate. Il crollo   e'   chiaramente   percepibile   nel  2003,  in  particolare dall'Albania (da 4.018 albanesi dichiarati sbarcati nel 2001 a 62 nei primi  otto  mesi  del 2003) e dallo Sri Lanka (da 2.642 nel 2002 a 0 nei primi otto mesi del 2003), ma anche da Marocco, Tunisia, Pakistan e Bangladesh.
 L'impatto  delle  quote  privilegiate  sul  numero di sbarcati: le nazionalita' dichiarate dai clandestini al momento dello sbarco sulle coste italiane =====================================================================
 |           2001|           2002|           2003 ===================================================================== Albania              |           4018|           1247|             62 Sri Lanka            |           1553|           2642|              0 Marocco              |           1199|           1856|            812 Tunisia              |            607|           1183|            577 Bangladesh           |            292|            365|            286 Pakistan             |            253|            787|            533 Egitto               |             92|            262|            102 Nigeria              |              1|             20|            121 Moldavia             |             24|              0|              0 Totale               |           8039|           8362|           2493 Fonte: Ministero dell'interno
 2.14) Il sistema di quote di ingresso a valenza europea
 
 In  tale  contesto si inseriscono le linee di tendenza sancite dal Consiglio  europeo  di  Salonicco,  che  ha ribadito la necessita' di adottare  una  politica  migratoria  europea bilanciata tra contrasto all'immigrazione  clandestina  e  gestione  dell'immigrazione legale, integrata  da  una  politica  di  collaborazione  con  i  paesi terzi d'origine e di transito dei migranti.
 La  possibilita'  di  accedere  ad  un  circuito legale darebbe ai migranti  una  valida  alternativa  alla  strada della clandestinita' senza  contare  che  un  sistema di quote legali avrebbe una ricaduta favorevole  anche  sui  Paesi  di  transito  che  vedrebbero,  cosi', alleggerita  la  pressione  sui  propri  confini  da parte dei flussi clandestini.
 A  Salonicco la Presidenza Italiana, nel mettere a disposizione la propria  esperienza  in  campo  nazionale,  ha  proposto  ai Partners europei  un sistema di quote di ingressi legali in Europa, da offrire ai   Paesi  di  origine  e  di  transito  dei  principali  flussi  di immigrazione  illegale,  in  cambio della loro collaborazione ai fini della  stipula  di accordi di riammissione, della gestione dei flussi migratori, del contrasto dell'immigrazione irregolare e del rimpatrio dei clandestini.
 Anche  in  base  ai principi contenuti nel Trattato che adotta una Costituzione  per  l'Europa,  che  sottolinea  il diritto degli Stati membri  a  determinare  il  volume  d'ingresso nel loro territorio di cittadini  provenienti da Paesi terzi, queste quote dovrebbero essere determinate  dai singoli Paesi sulla base delle rispettive esperienze -  e  dei  vincoli  storici  stabiliti  sul  piano  internazionale  e confluire  in un "pacchetto europeo" che l'Unione potrebbe utilizzare quale leva negoziale nelle relazioni con i Paesi terzi.
 L'idea di uno studio per la possibile definizione di un sistema di quote  europeo  e'  stata  lanciata  dal nostro Ministro dell'interno durante  il  Consiglio  informale  GAI  del  12  settembre  2003.  La Commissione   e'   stata  incaricata  di  promuovere  uno  studio  di fattibilita'  in  tempi  rapidi,  anche  se  alcune delegazioni hanno espresso  perplessita'  in  merito  all'iniziativa, precisando che la materia  del  lavoro  rientra  nelle competenze esclusive degli Stati membri.
 2.15) Le iniziative adottate dall'Italia in ambito europeo
 
 In  coerenza  con  i  principi  stabiliti  dal Consigli Europei di Tampere,  Laeken, Siviglia e Salonicco, il programma della Presidenza italiana  in  materia di immigrazione e di asilo si e' incentrato sui seguenti  aspetti:  l'aiuto  ai  Paesi,  di origine e di transito dei migranti; la regolazione dei flussi legali; la gestione integrata dei confini  terrestri,  marittimi  e  aerei  dell'Unione;  il  contrasto all'immigrazione clandestina e la lotta alle organizzazioni criminali che  la  sfruttano;  la  politica  europea  dell'asilo.  Nel semestre italiano  su  questi temi si sono realizzati concreti avanzamenti. In particolare:
 
 Immigrazione legale
 • E'  stato  affidato  alla Commissione il compito di elaborare uno  Studio  sul  rapporto  tra  immigrazione  legale  e immigrazione illegale  che  prenda  in  esame  anche l'ipotesi di quote annuali di ingressi  regolari  da  offrire  a  Paesi di origine e di transito in cambio  della  loro  collaborazione  per il governo complessivo delle migrazioni;
 • E'  stato  avviato  il  negoziato sulla proposta di Direttiva relativa  all'accesso  nell'Unione  per  motivi di studio, formazione professionale  e  volontariato.  Questo  tema  e'  stato  oggetto  di approfondimento  anche  sotto  il profilo scientifico in un seminario che  si  e' svolto a Roma nel dicembre 2003, con la partecipazione di personalita' del mondo accademico;
 • E' stata completata la lettura in sede tecnica della proposta di  Direttiva  sull'ingresso e il soggiorno degli extracomunitari per motivi  di lavoro, esame che consentira' alla Commissione di prendere decisioni sui seguiti di dare all'iniziativa;
 • L'Italia  ha promosso in sede comunitaria il tema del dialogo interreligioso.  In  proposito  si e' tenuta a Roma nell'ottobre 2003 una Conferenza dei Ministri dell'interno in esito alla quale e' stata approvata  una  Dichiarazione che considera il dialogo interreligioso una via privilegiata per migliorare l'integrazione degli immigrati in Europa e garantire maggiore sicurezza.
 
 Gestione integrata delle frontiere esterne e politica di rimpatrio
 • E'  stata  attivata  la  "Common Unit, composta da esperti in materia di frontiere;
 • Estato  raggiunto  un  accordo sull'impostazione dell'Agenzia per  le  frontiere  in  virtu'  del quale l'Agenzia potra' entrare in funzione   nel   gennaio   2005,   una  volta  definito  il  relativo Regolamento;
 • Sono stati definiti i nuovi Centri per il coordinamento delle attivita'  alle frontiere marittime (che saranno realizzati in Spagna e  Grecia)  aeroportuali (realizzato in Italia), che si aggiungono al Centro  gia'  attivato  in  Germania  per  le frontiere terrestri, al Centro  di  analisi  integrata  del  rischio  (sotto  responsabilita' finlandese)  e  al  Centro  per  la  formazione  degli  operatori  di frontiera (di iniziativa austrosvedese);
 • E',  stato approvato un articolato Programma operativo per il controllo   delle   frontiere   marittime,   proposto  dall'Italia  e incentrato  sulla  collaborazione con i Paesi terzi. E' regolamentato in  particolare  lo  svolgimento dei cosiddetti controlli "da porto a porto"   nonche'   di   operazioni   congiunte   di   pattugliamento, interdizione   navale  in  alto  mare  e  rimpatrio  degli  immigrati irregolari.  In  applicazione  di  questo  programma l'Italia ha gia' presentato  un  piano  di  pattugliamento  congiunto del Mediterraneo (Progetto Nettuno), al quale hanno aderito anche altri Stati membri;
 • In vista dell'allargamento dell'Unione, sono state concordate procedure   semplificate   nei   controlli  di  frontiera  e  servizi congiunti;
 • Sono  state approvate due importanti decisioni che facilitano la  collaborazione degli Stati membri nelle procedure di espulsione e nell'organizzazione   dei   voli   congiunti  per  il  rimpatrio  dei clandestini.
 
 Prevenzione e lotta all'immigrazione clandestina
 • Secondo  il  mandato  di  Salonicco,  e'  stato  approvato il Regolamento  relativo  alla  creazione  di  una rete di funzionari di collegamento  per  l'immigrazione,  che  costituisce  anche  un nuovo strumento  di  cooperazione tra l'Unione e gli Stati terzi presso cui gli ufficiali di collegamento sono distaccati;
 • Sono stati approvati due Regolamenti relativi all'inserimento di  elementi  biometrici  nei visti e nei permessi di soggiorno ed e' stata  avviata  l'elaborazione  di  analogo provvedimento relativo ai passaporti.   Tenendo  conto  dei  dibattiti  aperti  in  altri  Fori internazionali,  si  e' concordato di adottare le impronte digitali e il  riconoscimento facciale come parametri di base, non escludendo la possibilita' di adottare in futuro ulteriori elementi biometrici;
 • E'  stata approvata la Direttiva per il rilascio del permesso di  soggiorno  alle  vittime  della  tratta  che  collaborano  con le autorita'   competenti,   provvedimento   che  bilancia  l'azione  di contrasto  al  traffico di esseri umani con l'assistenza a coloro che ne sono vittime;
 • E'  stato avviato lo studio per un Regolamento che disciplina l'obbligatorieta'  del  timbro di ingresso sui passaporti per chi non ha  l'obbligo  del  visto e di una Direttiva per la comunicazione, da parte dei vettori, dei dati relativi ai passeggeri.
 
 Asilo
 • E'  proseguito l'esame delle proposte di Direttiva volte alla costruzione  di  un sistema europeo dell'asilo e in particolare della Direttiva sulle procedure per la concessione e revoca dello status di rifugiato, sulla quale si sono registrati consistenti avanzamenti;
 • Si  e'  svolto a Roma nell'ottobre 2003 un seminario relativo alla protezione dei rifugiati nelle regioni di origine.
 
 Relazioni con i Paesi terzi
 • E'  stato  approvato  il  Regolamento  che stabilisce le basi giuridiche  per  l'impiego  di  250  milioni  di euro stanziati dalla Commissione  per  finanziare  accordi  con  i  Paesi  di origine e di transito dei maggiori flussi migratori;
 • E' stato istituito un meccanismo di monitoraggio per valutare il   livello   di   collaborazione   dei   Paesi  terzi  nella  lotta all'immigrazione clandestina;
 • Sono  proseguiti  i  negoziati  per gli accordi comunitari di riammissione,  due  dei  quali - con Sri Lanka e Albania - sono stati conclusi.
 Di  questi  avanzamenti  hanno  preso  nota  i Consigli Europei di Bruxelles del 16 e 17 ottobre e del 12 dicembre 2003.
 2.16) La regolarizzazione
 
 Grazie   alla   legge   Bossi-Fini  (art.  33  legge  189/02,  con riferimento  al lavoro domestico o di assistenza di carattere medico) -  ed  alla  successiva legge di legalizzazione del lavoro irregolare (decreto  legge  195/02 convertito nella legge 222/02, riguardante il lavoro  subordinato  in  senso  lato) e' stato possibile avviare alla regolarizzazione  circa  700.000  lavoratori extracomunitari presenti nel  nostro Paese, un numero notevolmente superiore alle previsioni e di  gran  lunga  maggiore  rispetto  alle  precedenti sanatorie degli immigrati  (nel  1995  furono regolarizzati 244.000 extracomunitari e nel 1998 251.000).
 Per  affrontare  nel  migliore  dei  modi tale procedura, e' stato messo a punto un apposito progetto.
 Si  tratta della piu' grande operazione del genere mai compiuta in Italia,  che  ha  comportato  un  notevole  impegno  da  parte  delle strutture dello Stato, in particolare del Ministero dell'interno e di quello del lavoro e delle politiche sociali, insieme a Poste italiane S.p.A.  Un  rilevante  contributo e' fornito anche dall'Agenzia delle entrate e dall'I.N.P.S., presenti presso gli Sportelli Polifunzionali istituiti  presso  le  Prefetture  - Uffici Territoriali del Governo, dove  vengono  completate  le  pratiche  di regolarizzazione, con una notevole semplificazione delle procedure.
 Determinante, in tale operazione, e' stato il coinvolgimento delle Poste  Italiane  S.p.A.,  cui  e'  stata  affidata  la  stampa  e  la distribuzione,  presso i 14.000 sportelli postali sparsi per tutta la Penisola,  degli  appositi  kit  su cui compilare le dichiarazioni di emersione    e    legalizzazione    del   lavoro   irregolare   degli extracomunitari, da presentare alle Prefetture-U.T.G. Cio' ha evitato le  lunghe  file  del  passato  presso  gli uffici pubblici, mentre i moduli,  a  lettura ottica, consentono il trattamento informatico dei dati,  che  accelera  tutte le successive procedure istruttorie prima della  convocazione  delle  parti  interessate  presso  gli Sportelli Polifunzionali.
 Presso lo Sportello Polifunzionale sono state effettuate, tutte le operazioni relative alla regolarizzazione:
 • firma del contratto di soggiorno per lavoro
 • rilascio del permesso di soggiorno
 |  |  |  | • rilascio del codice fiscale • definizione della posizione contributiva presso l'INPS.
 
 La   regolarizzazione  dei  lavoratori  extracomunitari  e'  stata autofinanziata dai versamenti dei datori di lavoro interessati.
 Va   sottolineata   la   differenza  sostanziale  che  esiste  tra regolarizzazione  e sanatoria. Le sanatorie del passato si limitavano a  prendere  in considerazione la presenza sul territorio nazionale a una certa data e riguardavano i disoccupati, garantendo loro soltanto le  iscrizioni alle liste di collocamento. La regolarizzazione non si e'  limitata  a  questo, ma ha richiesto un rapporto di lavoro reale, che  e'  stato fatto emergere con una domanda che e' stata presentata non dall'extracomunitario ma dal suo datore di lavoro. Il rapporto di lavoro e' stato formalizzato in un contratto di lavoro con un salario regolare:  a  esso  si e' collegata la regolarizzazione contributiva, l'assistenza  sanitaria,  e  un  contesto  di  sicurezza,  perche'  a ciascuno  sono stati effettuati i rilievi fotodattiloscopici. Le piu' ottimistiche previsioni della vigilia facevano immaginare non piu' di 400 mila domande di regolarizzazione: sono state invece ben 705 mila! Pur  in  presenza  di  una  serie  di  problemi  nella fase iniziale, determinati  sia  dalla  quantita'  delle domande sia dalla oggettiva difficolta'  di  leggere  alcune  delle  istanze  (qualcuna era stata compilata  con caratteri cirillici e qualche altra prescindendo dalle caselle  che  consentono  la  lettura  ottica),  si sono poi superati questi  scogli, e si puo' dire che la regolarizzazione e' alle nostre spalle:  su  705 mila domande presentate i procedimenti conclusi sono poco  meno  di  650  mila; la stragrande maggioranza si riferiscono a contratti  gia'  definiti, mentre una esigua minoranza di persone che hanno perso il lavoro hanno avuto il permesso di soggiorno temporaneo per  trovarne un altro. Le istanze respinte per le ragioni piu' varie sono  una  percentuale ridottissima rispetto all'insieme: all'incirca 25  mila  rigetti. Tutto questo e' stato fatto in un anno, senza file al  momento  della  presentazione  della  domanda  (in  virtu'  della convezione  con  Poste  Italiane, che ha consentito di distribuire le istanze  sull'intero territorio nazionale attraverso i 14 mila uffici postali,  qualcosa  di piu' rispetto alle 103 Questure), e senza file anche al momento della formalizzazione; tutti sono stati ben lieti di essere  convocati  in  Prefettura,  a  giorno  e a orario fisso, e di avere,  sempre  in  Prefettura, in una sola occasione definito i vari adempimenti:  non soltanto la sottoscrizione del contratto di lavoro, ma  pure, come si diceva, la regolarizzazione contributiva, sanitaria e  fiscale.  L'ultima  sanatoria  era durata due anni e mezzo con 250 mila  domande,  lasciando  una  coda  di  35  mila  pratiche inevase; l'attuale  regolarizzazione,  con un carico di 705 mila domande e con un lavoro molto piu' impegnativo, si e' conclusa in un anno.
 Le istanze presentate
 Le  istanze  di  regolarizzazione  presentate in tutta Italia sono state  705.138  di cui 343.616 riguardanti "colf e badanti" e 361.522 gli altri lavoratori subordinati.
 Roma  (107.282), Milano (87.080), Napoli (36.973), Torino (36.044) e  Brescia  (24.405) sono le cinque province con il maggior numero di domande per un totale di 291.784.
 Seguono:  Firenze  (17.133),  Caserta  (14.945), Bergamo (14.007), Padova  (13.347), Bologna (12.979) Verona (12.853), Treviso (11.786), Salerno (11.758), Genova (10.994), Vicenza (10.815), Modena (10.725), Perugia (10.429), Venezia (9.440).
 Le  province  in  cui  sono state presentate meno di mille istanze sono:  Oristano  (163),  Nuoro  (260),  Enna  (266),  Isernia  (301), Caltanissetta  (534),  Trapani  (634)  Brindisi (521), Sondrio (632), Aosta (684), Campobasso (853), Agrigento (891) e Matera (950).
 Le  regioni  nelle  quali  sono  state  presentate piu' istanze di regolarizzazione  sono la Lombardia (159.144), il Lazio (124.344), la Campania (68.487), il Veneto (61.500), il Piemonte (57.528), l'Emilia Romagna  (57.171)  e  la  Toscana  (50.849);  quelle  dove sono state presentate meno istanze: il Molise (1.114), la Basilicata (2.467), la Sardegna (3.206) e il Trentino Alto Adige (5.556).
 Per quanto concerne le nazionalita' degli stranieri per i quali e' stata presentata istanza di regolarizzazione, si evidenzia il primato di   richieste  di  extracomunitari  provenienti  da  Paesi  dell'est europeo:  Romania  (143.500),  Ucraina  (106.647),  Albania (54.918). Seguono  il  Marocco  (53.986),  l'Ecuador (36.539), la Cina Popolare (35.310),  la Polonia (34.173). Altri Paesi tradizionalmente presenti nei  primi  posti  della  graduatoria  degli  stranieri  regolarmente soggiornanti   in   Italia  si  attestano  su  posizioni  intermedie: Filippine  (11.725),  Tunisia  (9.604), Sri Lanka (7.552), Jugoslavia (6681).
 
 Primi  dieci  paesi  con  maggior  numero  di  cittadini cui e' stato rilasciato  un permesso di soggiorno in seguito alla regolarizzazione (Ministero dell'interno. Rilevazione al 28 luglio 2004) =====================================================================
 |   Totale    |             | di cui per  |
 |  permessi   | di cui per  |   lavoro    |Colf/badanti
 | rilasciati  |colf/badanti | subordinato |    in % ===================================================================== Romania      |      134.039|       60.937|       73.102|         45,5 --------------------------------------------------------------------- Ucraina      |      100.789|       85.171|       15.618|         84,5 --------------------------------------------------------------------- Marocco      |       47.620|        8.808|       38.812|         18,5 --------------------------------------------------------------------- Albania      |       47.548|       10.300|       37.248|         21,7 --------------------------------------------------------------------- Ecuador      |       34.083|       24.006|       10.077|         70,4 --------------------------------------------------------------------- Cina         |       33.301|        5.472|       27.829|         16,4 --------------------------------------------------------------------- Polonia      |       30.401|       23.163|        7.238|         76,2 --------------------------------------------------------------------- Moldavia     |       29.443|       21.778|        7.665|         74,0 --------------------------------------------------------------------- Peru'        |       16.117|       12.843|        3.274|         79,7 --------------------------------------------------------------------- Egitto       |       15.074|          454|       14.620|          3,0 --------------------------------------------------------------------- Altre        |             |             |             | nazionalita' |      153.184|       62.257|       90.927|         40,6 --------------------------------------------------------------------- Totale       |             |             |             | permessi     |             |             |             | rilasciati   |      641.599|      315.189|      326.410|         49,1 --------------------------------------------------------------------- Stranieri per|             |             |             | i quali sono |             |             |             | state        |             |             |             | presentate   |             |             |             | domande      |      693.928|      333.731|      360.197|         48,1
 
 ---->   VEDERE TABELLA A PAG. 59 DELLA G.U.  <----
 
 Il  numero  delle  istanze  presentate  e'  risultato  leggermente superiore  a  quello  delle  persone per le quali e' stata presentata domanda,  visto  che  piu'  datori  di lavoro potevano presentare una istanza per lo stesso lavoratore (tipicamente una colf che lavorava a meta'  tempo con due datori di lavoro diversi). Sono stati rilasciati 641.599  permessi  di  soggiorno,  principalmente a cittadini rumeni, ucraini, marocchini e albanesi.
 Il  Ministero  dell'interno ha provveduto a dare pieno adempimento alla  sentenza della Corte Costituzionale n. 78 del 10 febbraio 2005. Tale   sentenza   ha   dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale dell'automatico   rigetto   dell'istanza   di   regolarizzazione   di lavoratori  extracomunitari  presentate  nel  2002  in base alla sola presenza  di  una denuncia per uno dei reati per i quali gli articoli 380  e  381  del  codice  di  procedura  penale  prevedono  l'arresto obbligatorio  o  facoltativo  in  flagranza. Con nota del 4-3-2005 il Ministero  dell'interno  ha  dato  indicazione  ai  prefetti  che  e' opportuno   procedere   al   riesame,   in  via  di  autotutela,  dei provvedimenti   di  rigetto  delle  istanze  di  regolarizzazione  in conformita'  e  nei  limiti della sentenza costituzionale in oggetto, sia  nei  procedimenti giurisdizionali pendenti, dandone nel contempo tempestiva  comunicazione  alla competente Avvocatura dello Stato, ai fini  della cessazione della materia del contendere, sia in relazione ad eventuali istanze di riesame e/o diffide.
 
 2.17) Lotta alla tratta di esseri umani e al traffico di clandestini.
 
 L'azione innovativa, avviata gia' nel 1998 dal Governo italiano in materia  di  tratta  di esseri umani a fini di sfruttamento, e' stata ulteriormente approfondita dalla recente pubblicazione della legge 11 agosto  2003,  n°228  "Misure contro la tratta di persone"; che va ad affiancarsi  ed  a  rafforzare  il  dettato  dell'art.  18  del  T.U. sull'Immigrazione,  che  prevede,  come  noto,  la concessione di uno speciale  permesso di soggiorno temporaneo alle vittime che intendono sottrarsi  allo  sfruttamento,  permettendo  loro  di  partecipare  a specifici  programmi  individuali di recupero ed integrazione sociale in Italia.
 La  legge  228/2003  riscrive  l'art. 601 del c.p., definendo piu' puntualmente  la fattispecie di reato denominata "tratta di persone", aumentandone contestualmente la pena minima edittale da 5 a 8 anni di reclusione.  La  nuova legge ha equiparato la fattispecie in esame ai delitti  di  mafia evidenziandone cosi' la gravita' e l'efferatezza e applicando le disposizioni relative alla confisca dei patrimoni, alle operazioni sotto copertura e al coordinamento delle indagini da parte della  direzione  nazionale  anti-mafia. Inoltre la legge istituisce, accanto  ad  uno  speciale programma di assistenza per le vittime dei reati   previsti  dagli  art.  600  e  601  del  c.p.  ("riduzione  o mantenimento  in  schiavitu'  o  in servitu'" e "tratta di persone"), anche  delle  specifiche  azioni di prevenzione finanziabili su di un apposito Fondo per le misure anti-tratta.
 Soffermandosi  sulla  dimensione  transnazionale  del  fenomeno  e sottolineando  l'importanza della cooperazione internazionale per una piu' efficace azione di prevenzione, l'art. 14 della legge impegna il Dipartimento  per  le pari opportunita' e il Ministero degli esteri a promuovere  incontri  e  campagne di informazione, anche nei paesi di provenienza  delle  vittime  del  traffico.  In  vista delle medesima finalita', la norma prevede, inoltre, che il Dipartimento per le pari opportunita',  unitamente  al  Ministero  dell'interno,  al Ministero della  giustizia,  del  lavoro  e  delle politiche sociali, organizzi corsi  di  formazione  degli  operatori  impegnati  nella  lotta alla tratta.   Tali   iniziative   saranno   inserite   fra   gli  impegni programmatici  del  Dipartimento  per  le  pari  opportunita'  per il prossimo triennio.
 Il  Ministero dell'interno e il Ministro per le pari opportunita', ciascuno  nell'ambito  delle  rispettive  competenze, stanno portando avanti una serie di misure nel campo della lotta alla tratta.
 Il  Ministero  dell'interno  ha  promosso ed avviato, negli ultimi anni,  alcuni  progetti  innovativi  allo  scopo di attuare misure di intervento  finalizzate, non solo a fornire un concreto sostegno alla repressione  del  fenomeno criminale, ma anche a realizzare azioni di prevenzione e di aiuto alle vittime della tratta.
 Tali  progetti  sono  finalizzati  a  facilitare,  da  un lato, il ritorno  volontario  in  patria  delle  vittime  di tratta - che, nel percorso  di  uscita  dello  stato  di  sfruttamento  in cui versano, collaborano  con  le  forze  dell'ordine  all'individuazione  ed alla cattura  dei  propri  sfruttatori  -  e  dall'altro  a concorrere, in collaborazione  con  le  autorita' dei Paesi di origine - puntando in particolar   modo   a  fornire  una  attenta  e  mirata  informazione preventiva  sui rischi legati all'immigrazione clandestina - a creare le necessarie condizioni di tutela delle potenziali vittime.
 In particolare tali iniziative sono:
 • Progetto  nazionale  per  assicurare  il  ritorno  volontario assistito  e  la  reintegrazione  nel  paese di origine delle vittime della  tratta,  finanziato  per  il  secondo  anno  consecutivo,  dal Dipartimento  per le pari opportunita' della Presidenza del Consiglio dei  Ministri,  sul  Fondo nazionale previsto dall'art. 18 del D.Lgvo 286/98 e confermato dalla nuova L. 189/2002.
 Questa  iniziativa,  che,  sulla  base  di uno specifico programma individuale,   elaborato   tenendo  conto  delle  capacita'  e  delle aspettative   del  beneficiario,  prevede  il  reinserimento  sociale lavorativo  e familiare delle vittime di tratta nel paese di origine, assicura   alle   stesse  oltre  alla  assistenza  medica,  legale  e psicologica,   l'avvio   a   corsi   di   formazione  scolastica  e/o professionale ed a percorsi di inserimento o reinserimento lavorativo sostenuti  dalla concessione di una indennita' di prima accoglienza e di due borse lavoro.
 Il progetto ha consentito, fino ad ora, di provvedere al rimpatrio ed  all'assistenza  di  oltre 110 vittime di tratta. Si sottolinea la rilevanza  del  contributo  fornito dalle beneficiarie del programma, alle  forze dell'ordine nella lotta contro i trafficanti, mediante le denunce sporte contro i propri sfruttatori.
 • Progetto Prevenzione Tratta
 Nel dicembre 2003 si e' conclusa anche l'iniziativa finalizzata ad avviare,  nei  paesi  di  origine delle vittime di tratta, specifiche attivita' mirate a prevenire il fenomeno.
 Tali paesi sono in particolare: la Romania, l'Albania, la Moldavia e l'Ucraina.
 Le  attivita'  realizzate in ciascuno di essi hanno riguardato, in particolare:  a) la realizzazione di una campagna di informazione sui media  locali  attraverso  la messa in onda di filmati, imperniati su testimonianze dirette, finalizzati ad informare le potenziali vittime sui rischi legati alla immigrazione illegale; b) incontri pubblici di sensibilizzazione,    in   particolare   nelle   scuole,   sui   temi dell'immigrazione   con   particolare   riguardo   alla   tratta;  c) l'organizzazione  di  tavoli  di  lavoro  comuni  con  rappresentanti italiani  e  autorita'  locali,  finalizzati  a  stimolare  forme  di cooperazione  continuativa  per  prevenire  e combattere la tratta di esseri  umani.  d) convegno nazionale, svoltosi a Roma il 21 novembre 2003, per la presentazione dei risultati conseguiti dall'iniziativa.
 Il  Progetto  e'  realizzato sulla base dei finanziamenti previsti dalla  L.  212/92 (Collaborazione con i Paesi dell'Europa centrale ed orientale).
 In  considerazione  degli  ottimi  risultati  gia'  ottenuti e del rilievo  assunto a livello internazionale ed europeo dalle iniziative suindicate - quali modelli innovativi nella lotta contro la tratta di esseri  umani - il Ministero dell'interno si sta adoperando affinche' le  stesse  possano  assumere  carattere  di continuita' e continuare anche negli anni 2004/2006.
 La  strategia  di  contrasto al fenomeno della tratta degli esseri umani,  adottata  dal Dipartimento per le pari opportunita', persegue una  duplice finalita': quella di rafforzare le misure repressive nei confronti dei trafficanti e quella di sostenere le vittime del reato, favorendone l'integrazione sociale e lavorativa nel nostro Paese.
 Particolare  importanza  hanno  le  disposizioni normative volte a garantire  alle vittime del traffico assistenza e protezione sociale. Per  consentire  alle  persone  offese  di affrancarsi effettivamente dalla  condizione  di  sfruttamento  cui  sono  state  sottoposte, e' indispensabile  offrire  loro  percorsi  alternativi  di sostegno, di informazione  e  di  orientamento,  cui  si  dedica in particolare il Dipartimento per le pari opportunita'.
 A tal fine, la legge 11 agosto 2003, n°228, ha istituito presso la Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri il gia' citato Fondo per le misure  anti-tratta  -  nel  quale  confluiscono  le  somme stanziate dall'art.  18  del  testo unico dell'immigrazione, nonche' i proventi della  confisca  ordinata  a  seguito  di  sentenza  di condanna o di applicazione  della  pena  su  richiesta  delle  parti - destinato al finanziamento  dei programmi di assistenza e di integrazione sociale, in  favore  delle vittime del traffico, nonche' delle altre finalita' di protezione previste dal citato art. 18.
 Come  e'  noto,  la  norma  prevede la concessione di uno speciale permesso  di  soggiorno  per  consentire  agli  stranieri vittime del traffico,   di  sottrarsi  alla  violenza  o  allo  sfruttamento  cui risultano  sottoposti, e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.
 Ad una Commissione interministeriale, istituita nel 1999 presso il Dipartimento per le pari opportunita', e' stato attribuito il preciso compito  di  indirizzo, controllo e programmazione delle risorse, ora confluite nel nuovo Fondo, per l'attuazione dei progetti. Con decreto del  23  novembre  1999  il  Ministro  per  le  pari  opportunita' ha individuato le due tipologie di programmi finanziabili:
 • i  programmi di protezione sociale, finalizzati ad assicurare un percorso di assistenza e protezione alle vittime della tratta;
 • le  azioni  di  sistema,  dirette a supportare i programmi di protezione  con  iniziative di sensibilizzazione, indagini e ricerche sull'andamento  del  fenomeno, attivita' formative per gli operatori, attivita' di assistenza tecnica e monitoraggio dei progetti.
 Importante  azione  di  sistema  concerne il progetto di rimpatrio volontario  assistito  per  le donne vittime del traffico, coordinato dal  Ministero  dell'interno  con  l'assistenza dell'OIM di cui si e' gia' detto.
 Un'altra  iniziativa  che  si  e' rivelata utile per avvicinare le vittime  di  questo  terribile  mercato  alle  istituzioni,  e' stata l'attivazione  di  un  Numero  Verde  - che restera' operativo per il prossimo  triennio  -  composto  da  una postazione nazionale e da 14 postazioni locali. Tali postazioni, dislocate in diverse macro aree a carattere  regionale  e  interregionale, realizzano con i progetti di protezione  sociale  una  rete  di  intervento  coordinata  a livello locale, unica nel suo genere.
 L'insieme  dei progetti di protezione sociale attualmente in campo realizza una rete di intervento efficace e offre alle persone vittime del  traffico  reali  opportunita' di affrancamento e di integrazione nel  tessuto  sociale italiano. Si tratta di servizi diversificati ma integrati:  le  unita'  di  strada;  gli  sportelli di informazione e consulenza  a  livello  sanitario,  legale,  sociale, psicologico; le misure di accoglienza diversificate.
 Si  sottolinea  che  il  rilascio  del  permesso di soggiorno e il conseguente  inserimento  nel  programma,  non  e'  subordinato  alla collaborazione  con  gli  inquirenti  o  alla  presentazione  di  una denuncia   da   parte   dello  straniero  che  desidera  affrancarsi, ritenendosi  sufficiente il tentativo di quest'ultimo di sottrarsi ai condizionamenti della organizzazione criminale.
 La  scelta  fatta  in  tal senso dal legislatore non solo assicura alle  vittime  una tutela reale e completa ma, al contempo, favorisce il  contrasto alla criminalita' organizzata, in quanto si ritiene che le  persone  che  vengono  inserite  nel percorso di recupero sociale possano fornire un quadro informativo utile all'azione investigativa.
 Considerati i risultati raggiunti, si intende proseguire la strada intrapresa promuovendo ulteriori iniziative e cioe':
 • intensificare  l'attivita'  di  monitoraggio  dei programmi e delle azioni di sistema avviati;
 • creare,  in  modo  sistematico, occasioni di confronto con la Magistratura  e  le  forze  di  polizia che operano sia in Italia che all'estero;
 • prospettare  possibilita'  di  integrazione  tra  le fonti di finanziamento nazionali ed europee;
 • intensificare  la collaborazione con i Paesi di origine e non soltanto per promuovere
 campagne  di  informazione  sui rischi connessi con l'immigrazione non  controllata,  ma  anche  per  promuovere  interventi di sviluppo locale in grado di incidere sulle cause di questo fenomeno criminoso.
 • Favorire   in   sede  di  programmazione  degli  "avvisi"  il coinvolgimento  del  terzo  settore,  del  volontariato  e degli enti religiosi
 
 ---->   VEDERE TABELLA A PAG. 62 DELLA G.U.  <----
 
 |               Avviso 1|             Avviso 2 ---------------------------------------------------------------------
 |    Marzo 2000-febbraio| Periodo                |                   2001|Marzo 2001-marzo 2002 --------------------------------------------------------------------- Numero di progetti     |                       | approvati              |                     49|                   47 --------------------------------------------------------------------- Numero di soggetti     |                       | accompagnati ai vari   |                       | servizi sociali (dopo  |                       | il primo contatto)     |                   5577|                 8801 ---------------------------------------------------------------------
 di cui presso       |                       | strutture sanitarie    |                       |                 6671 ---------------------------------------------------------------------
 Di cui consulenza   |                       | legale                 |                       |                 1235 ---------------------------------------------------------------------
 Consulenza          |                       | psicologica            |                       |                  865 ---------------------------------------------------------------------
 Altro               |                       |                   40 --------------------------------------------------------------------- Num soggetti inseriti  |                       | nei progr. di protez   |                       | sociale                |                   1755|                 1836 --------------------------------------------------------------------- Numero di permessi di  |                       | soggiorno ottenuti     |                    833|                 1062 --------------------------------------------------------------------- Numero di soggetti che |                       | hanno partecipato a    |                       | corsi di orientamento  |                       | formativo/lavorativo   |                       | --------------------------------------------------------------------- Corsi di formazione    |                     87| --------------------------------------------------------------------- Corsi di               |                       | alfabetizzazione lingua|                       | italiana               |                    330| --------------------------------------------------------------------- Assegnazione borse di  |                       | studio                 |                    347| --------------------------------------------------------------------- Tutorship guidate in   |                       | azienda                |                    135| --------------------------------------------------------------------- Corsi di formazione    |                       | professionale          |                       |                  537 --------------------------------------------------------------------- corsi di formazione    |                       | scolastica             |                       |                  552 --------------------------------------------------------------------- Borse lavoro           |                       |                  395 --------------------------------------------------------------------- Avviati al lavoro      |                       |                  944 ---------------------------------------------------------------------
 di cui agricoltura   |                       |                   20 ---------------------------------------------------------------------
 industria            |                       |                  214 ---------------------------------------------------------------------
 commercio (rist/     |                       | artig)                 |                       |                  204 ---------------------------------------------------------------------
 turismo              |                       |                  108 ---------------------------------------------------------------------
 servizi alle imprese |                       |                   78 ---------------------------------------------------------------------
 istruzione, sanita'  |                       |                   23 ---------------------------------------------------------------------
 servizi alle persone |                       | (collaborazioni        |                       | domestiche)            |                       |                  297 Fonte: Ministro per le pari opportunita', iniziative ex Art. 18 D.lgs 286/98
 2.18) Gli stranieri, la giustizia ed il sistema penitenziario
 
 Negli  ultimi anni il numero dei detenuti extracomunitari presenti negli  istituti  penitenziari  del  Paese  e' andato progressivamente aumentando, anche se il dato relativo all'anno 2003 ha registrato una lieve diminuzione rispetto all'anno precedente.
 Nello  specifico  negli anni 2000/2003 i detenuti complessivamente presenti sono stati:
 
 Detenuti complessivamente presenti negli Istituti Penitenziari =====================================================================
 |  Detenuti   |   Detenuti   |    Totale    |   Detenuti
 |  stranieri  |   italiani   |   detenuti   |stranieri in % ===================================================================== 31.12.2000|       15.582|        37.583|        53.165|          29,3 --------------------------------------------------------------------- 31.12.2001|       16.294|        38.981|        55.275|          29,5 --------------------------------------------------------------------- 31.12.2002|       16.788|        38.882|        55.670|          30,2 --------------------------------------------------------------------- 30.06.2003|       16.636|        39.767|        56.403|          29,5 Fonte:  "Rapporto Mensile sulla popolazione penitenziaria" pubblicato dall'Ufficio  per  lo  sviluppo e la gestione del Sistema Informativo Automatizzato - Sezione Statistica.
 
 Attualmente pertanto la percentuale degli stranieri presenti nelle strutture  penitenziarie italiane si aggira intorno ad un terzo della popolazione detenuta.
 Aree geografiche di provenienza.
 Riguardo  alle  aree geografiche di provenienza si rappresenta che il   quadro  degli  stranieri  detenuti  nelle  carceri  italiane  e' rappresentato:
 -da  una  prevalenza di detenuti provenienti dai paesi del Nord Africa, in particolare di maghrebini (Marocco, Tunisia e Algeria sono tre  tra  le  quattro  nazionalita' in assoluto piu' frequenti), e da paesi europei non appartenenti alla UE, in particolare da Albania, ex Jugoslavia e Romania;
 -da una discreta presenza di detenuti sudamericani, soprattutto colombiani, cileni e venezuelani;
 -da  una  minore  presenza  di detenuti provenienti dagli altri paesi dell'Africa e dall'Asia.
 La  situazione  e' comunque in continua evoluzione. In particolare (dal 30.6.2002 al 30.6.2003) si e' registrato:
 -  un  lievissimo  decremento dei detenuti albanesi (da 2.820 a 2.811);
 -  un  marcato incremento dei cittadini romeni (da 753 a 989) e un lieve calo di detenuti provenienti dall'attuale Jugoslavia (da 918 a 884) e dalla Croazia (da 199 a 171);
 -  un  lieve  decremento  di  detenuti  marocchini  (da 3.810 a 3.692), algerini (da 1.512 a 1.334) e tunisini (da 2.066 a 1.954);
 -  un  notevole  decremento  dei  detenuti colombiani (da 501 a 348).
 
 ---->   VEDERE TABELLA A PAG. 64 DELLA G.U.  <----
 
 Lavoro dei detenuti stranieri.
 In  via  preliminare  va chiarito che i detenuti ammessi al lavoro possono suddividersi in due gruppi:
 1. Detenuti   lavoranti  alle  dipendenze  dell'Amministrazione Penitenziaria (Servizi interni e lavorazioni);
 2. Detenuti  lavoranti non alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria  (artigiani,  lavoranti  in  proprio, ammessi al lavoro all'esterno, lavoranti a domicilio, soci di cooperative).
 Il totale dei detenuti lavoranti rispetto ai detenuti presenti, si aggira  intorno  al 25% della popolazione detenuta. Dato quest'ultimo che negli ultimi anni ha mantenuto una sostanziale stabilita'.
 In particolare, si segnala che circa l'84 % dei detenuti lavoranti presta    la    propria    attivita'   lavorativa   alle   dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria. Nello specifico, la maggior parte di  questi detenuti e' impiegata nei c.d. servizi domestici, ossia in attivita'  che  devono  essere  prestate per la vita quotidiana della comunita':  addetti  alle  pulizie,  addetti  alle cucine, incaricati della  distribuzione  del vitto ecc. e nell'attivita' di manutenzione ordinaria  del  fabbricato  (secondaria  in  ordine  di  importanza): elettricista,  idraulico  ecc.,  a cui sono assegnati circa il 7% dei detenuti.
 Accanto   a  queste  tipologie,  sussistono  attivita'  di  lavoro organizzato  su  base  industriale  che  riguarda  l'8%  circa  della popolazione detenuta.
 La percentuale degli stranieri rispetto al totale dei detenuti che prestano  attivita'  lavorativa  alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, si aggira intorno al 32 %, valore superiore alla quota di  stranieri  lavoranti rispetto al totale dei detenuti impegnati in attivita' lavorative che si aggira intorno al 28%.
 Il  restante  16%,  circa, dei detenuti lavoranti presta attivita' non  alle  dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria. Fanno parte di  questa  categoria  tra  gli  altri i soggetti in semiliberta' e i soggetti ammessi al lavoro all'esterno ex art. 21 O.P.
 Per  quanto  riguarda  gli stranieri lavoranti non alle dipendenze dell'Amministrazione  (8%  circa  del totale di questa categoria), si registra  una  netta  differenza  rispetto  alla  analoga percentuale relativa  ai lavoranti alle dipendenze: pari circa al 32%. 1 detenuti stranieri  sono  pertanto  prevalentemente  impegnati in quest'ultimo tipo di attivita'.
 Corsi professionali.
 La quota dei detenuti stranieri sul totale degli iscritti ai corsi che partecipa ai corsi professionali si aggira intorno al 26 %.
 Essi  rappresentano  circa il 6 % degli stranieri sul totale della popolazione detenuta.
 Si   fa   rinvio   all'allegato  prospetto  per  una  ricognizione dettagliata  degli  stranieri  che  hanno  partecipato  a  tali corsi professionali negli ultimi anni.
 Aspetti del trattamento dei detenuti stranieri.
 L'evoluzione della composizione della popolazione detenuta (sia in termini  quantitativi, che in relazione alla provenienza geografica), ha   comportato   da  parte  dell'Amministrazione  Penitenziaria,  un rilevante  sforzo  di  aggiornamento degli strumenti adeguati per far fronte  alle  svariate  esigenze  di  tali  detenuti  (si  pensi alla necessita' di convenzionare degli interpreti).
 Gli  extracomunitari, infatti, spesso ignorano la lingua italiana, sono  soggetti  che  in genere mantengono abitudini, usi, religione e regole  etniche  diverse  dagli  italiani, costituiscono, infine, una categoria di detenuti che manca di riferimenti lavorativi o parentali esterni al carcere e che quindi difficilmente riesce ad usufruire dei benefici offerti dall'ordinamento penitenziario (affidamento in prova al servizio sociale, semiliberta' ecc.). Tanto premesso, la parte del documento  che  segue  intende  offrire  una  panoramica dei percorsi operativi  avviati  dalla  Amministrazione Penitenziaria negli ultimi anni, che hanno avuto come destinatari i detenuti stranieri.
 Le difficolta' linguistico culturali.
 Il  primo  ostacolo  da  superare  quando si parla di rapporti con popolazioni straniere e' quello della comunicazione.
 Di  questo  problema  si  occupa  l'art.  35  del  regolamento  di esecuzione del 2000(2), dedicato alle condizioni di esecuzione penale nei   confronti  dei  detenuti  e  degli  internati  di  cittadinanza straniera.   La   lettera   di  tale  articolo  recita  testualmente: "Nell'esecuzione  delle misure privative della liberta' nei confronti di  cittadini  stranieri, si deve tenere conto delle loro difficolta' linguistiche  e delle differenze culturali. Devono essere favorite le possibilita'  di  contatto con le autorita' consolari del loro Paese. Deve   essere   favorito  l'intervento  di  operatori  di  mediazione culturale,  anche  attraverso  convenzioni  con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato".
 Al  riguardo,  tra le iniziative assunte da parte del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per ridurre le difficolta' di tipo linguistico culturale, si segnalano in particolare:
 1.  La  realizzazione a cura del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria  di  alcuni opuscoli, tradotti nelle lingue di maggiore diffusione  tra  gli  stranieri  detenuti  nel nostro Paese (che sono stati distribuiti a tutti gli Istituti penitenziari) contenenti nello specifico:
 •  le norme dell'Ordinamento Penitenziario e del Regolamento di esecuzione;
 • i diritti dei detenuti;
 •   per   il   settore  sanitario,  alcune  informazioni  sulla prevenzione delle malattie trasmissibili per via parentale e sessuale (HIV, HBV, HCV)(3).
 Altri  depliant  tradotti  in diverse lingue, realizzati in alcuni Istituti  Penitenziari  in  collaborazione  con  le  Associazioni  di volontariato e con gli Enti Locali.
 2.   L'implementazione   delle   biblioteche  di  alcuni  istituti penitenziari   dei  testi  maggiormente  richiesti  dagli  immigrati: dizionari,   grammatiche,   testi   di   genere  religioso,  storico, narrativo, periodici.
 Il mediatore culturale.
 All'abbattimento  delle barriere linguistiche potrebbe contribuire l'utilizzo  della  figura  del mediatore culturale (gia' previsto dal T.U.  sugli  immigrati  e  dall'art.  35 R.E.O.P.), il quale potrebbe diventare  una  sponda  reale  per  attivare  i necessari processi di rieducazione alla legalita' e alla vita sociale.
 Al  riguardo  e'  opportuno  osservare  che,  per  non turbare gli equilibri esistenti, l'utilizzo del "mediatore culturale" all'interno degli  Istituti  Penitenziari  va  tuttavia  preceduto  da un'attenta riflessione da parte dell'Amministrazione Penitenziaria per definirne le funzioni, le competenze, l'ambito di operativita', la formazione e le caratteristiche.
 Per  tale  ragione,  negli  ultimi anni sono stati promossi alcuni progetti  di  ricerca e di formazione che hanno contribuito a fornire un  profilo  piuttosto  definito  del mediatore culturale; sono state inoltre  stipulate  alcune  convenzioni  con  agenzie  accreditate di mediazione linguistico - culturale, per interventi negli istituti che vedono una massiccia presenza di detenuti extracomunitari.
 I progetti che sono stati gia' avviati.
 Al riguardo, si segnalano in particolare:
 1) La  convenzione  tra  il  Dipartimento  dell'amministrazione penitenziaria  e  il  CIES - Centro di Informazione e Educazione allo Sviluppo  -  per  l'utilizzo  e  l'intervento  di gruppi di mediatori culturali  negli  Istituti Penitenziari, che ha gia' avuto attuazione negli Istituti Romani di Rebibbia e di Regina Coeli.
 2) Nell'ambito  dell'iniziativa Comunitaria Equal, il "Progetto mediazione  linguistico  culturale per l'inserimento socio lavorativo dei  migranti" di cui e' promotore il C.I.E.S (Centro di Informazione e Educazione allo Sviluppo), che prevede, dopo una fase di formazione di  stage,  la sperimentazione del servizio di mediazione linguistico culturale, per un periodo di dodici mesi, di 30 mediatori all'interno degli  Istituti  Penitenziari  della  C.C. Milano Bollate, della C.C. Prato,  degli  Istituti  romani  di Rebibbia Nuovo complesso e Regina Coeli,  della  C.C.  di  Torino  Le Vallette, dei CSSA di Milano e di Roma.
 Gli elementi del trattamento.
 Il   trattamento   rieducativo   del   condannato  finalizzato  al reinserimento  sociale  presuppone:  un periodo di osservazione della personalita'  del soggetto, la partecipazione alle attivita' proposte dall'amministrazione e la regolare condotta.
 Gli  elementi  del trattamento possono essere interni o esterni al carcere,  interni  sono  principalmente: l'istruzione, il lavoro e la religione; esterni sono le misure premiali e le misure alternative.
 L'istruzione
 Particolare  cura  e' data dall'Amministrazione Penitenziaria alla istruzione.  Per  tutti i detenuti italiani e stranieri nella maggior parte  degli Istituti sono organizzati corsi di scuola dell'obbligo e di  addestramento  professionale. In molti Istituti vi sono scuole di secondo grado ed e' favorito il compimento degli studi universitari.
 Per  i detenuti stranieri, inoltre, in molti Istituti Penitenziari sono  organizzati  dei  corsi  di  lingua  italiana  e  dei  corsi di alfabetizzazione.
 Il diritto di professare la propria religione.
 L'ordinamento   Penitenziario  consente  a  tutti  i  detenuti  la liberta'  di  professare,  di  praticare e di istruirsi nella propria fede  religiosa.  Alle  liberta'  sopra  individuate e ai correlativi diritti  dei  detenuti, si rapporta un dovere dell'Amministrazione di predisporre gli strumenti per renderne operativo l'esercizio.
 In  ogni  Istituto  e'  presente  un  cappellano ed e' ammesso, su richiesta  dei  detenuti,  l'ingresso di Ministri di culto diverso da quello  cattolico,  inclusi in un elenco formato sulla base di intese tra   il  Ministro  dell'interno  e  le  rappresentanze  delle  varie religioni.
 Per  le  religioni per le quali lo Stato Italiano non ha stipulato apposite  convenzioni,  come  nel caso della religione islamica, sono infine riconosciuti ai detenuti il diritto alla pratica e professione della  propria  fede  religiosa  (in  particolare,  ai  musulmani  e' garantito  il diritto al vitto e il diritto di consumare i pasti dopo il  tramonto  nel periodo del Ramadan) e sono allestite ove possibile apposite sale per la preghiera islamica.
 Il lavoro.
 All'interno  degli  Istituti penitenziari il lavoro e' distribuito in  maniera  equa  tra  detenuti  italiani  e  stranieri. Al detenuti immigrati,  anche senza permesso di soggiorno, e' inoltre autorizzata l'assegnazione  del  Codice  fiscale(4)  per  l'avviamento  al lavoro all'esterno e l'accesso alle c.d. misure alternative.
 Posto  che,  in  astratto,  l'ammissione  al lavoro all'esterno e' possibile, va tuttavia osservato come, in concreto, sono solo pochi i detenuti  che  riescono  ad  usufruirne, per la mancanza di relazioni sociali sul territorio e per le barriere linguistiche e culturali.
 Al  riguardo,  una  soluzione  che l'amministrazione Penitenziaria tenta  di  praticare  e'  quella  di  incrementare  i  rapporti con i soggetti  che  operano  sul  territorio (enti locali, associazioni di volontariato  ecc.), al fine di creare una rete valida per ipotizzare percorsi lavorativi adeguati.
 I permessi premio e le misure alternative.
 Difficile  per tutti i detenuti stranieri e' l'accesso ai benefici previsti  dalla  legge:  permessi  premio,  affidamento  in  prova al servizio sociale, ecc.
 I principali ostacoli all'accesso alle misure premiali sono legati in particolare alle seguenti ragioni:
 1)   al  fenomeno  del  c.d. "alias", che si verifica quando il detenuto ha dichiarato - al momento dell'ingresso in carcere o quando e'  stato  arrestato  -  un nome diverso da quello proprio e, quindi, sussistono difficolta' ad identificarlo ed a chiedere informazioni su di  lui;  per  questo  motivo  la Magistratura di Sorveglianza spesso rigetta le richieste di misure premiali.
 2 alla   mancanza   di  riferimenti  esterni:  amici,  famiglia alloggio.
 Al  riguardo,  una  soluzione  adeguata  al problema dell'alloggio potrebbe  essere costituita dalle case di accoglienza che attualmente non  sono  molte  e  nella  maggior  parte dei casi hanno pochi posti disponibili.
 Le azioni programmatiche
 Tanto  premesso,  si  propone  di  intraprendere  per  il prossimo triennio le seguenti iniziative:
 1) Per   il   superamento   delle   barriere  linguistiche:  I. l'utilizzo  della  figura  del  mediatore  culturale  nelle strutture carcerarie,   soprattutto   nel  settore  nuovi  giunti  e  nell'area pedagogica  trattamentale, per coadiuvare gli operatori penitenziari, sveltire le procedure burocratiche e facilitare da parte dei detenuti la   comprensione   delle  leggi  e  delle  regole  di  contesto;  2. l'attivazione di corsi di lingua italiana per i detenuti stranieri;
 2) Per   quanto   riguarda   le   politiche   del   lavoro:  1. l'attivazione   di  corsi  di  formazione  professionale  finalizzati all'inserimento  lavorativo degli stranieri (ed. formazione rientro), sia  nel  paese d'origine che in Italia; 2. l'incremento dei rapporti con i soggetti del territorio per ipotizzare per i detenuti stranieri percorsi  lavorativi  adeguati  e  attivita' trattamentali esterne al carcere.  Piu'  in  generale,  le politiche del lavoro per i detenuti immigrati devono, infatti, essere pensate e realizzate congiuntamente alle strategie dirette a favorire il loro reinserimento sociale. ---------------------------
 
 (2)D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230. Regolamento recante norme
 sull'ordinamento  penitenziario  e sulle misure privative e
 limitative della liberta'.
 (3)Circolare,  5513/5963  del  20/1/2000, Allegato 2 "Linee
 guida per la gestione delle epatiti virali in carcere
 (4)  Circolare  del  Ministero  della Giustizia, Interni n.
 691858 del 2332993
 
 2.19) Problematiche della giustizia minorile riguardo agli stranieri
 
 Il  dato  piu'  generale  sulla  consistenza  del  fenomeno  della criminalita'  minorile  in Italia, e' quello dei minorenni denunciati alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni.
 Il dato messo a disposizione dall'ISTAT, relativo all'anno 2001 ed e'  pari  a 39.785 denunce, delle quali il 22% a carico di stranieri, percentuale  inferiore rispetto al picco osservato negli anni `95/98. All'interno   della   componente   straniera   e'  in  netto  aumento l'incidenza  dei  minori  in  eta' imputabile, ossia della componente perseguibile penalmente.
 L'aumento  delle  denunce  nei  confronti  dei minorenni stranieri imputabili,  e' uno dei fattori che ha influito sull'incremento della presenza straniera nei Servizi Minorili della Giustizia, verificatosi negli ultimi dieci anni.
 Istituti  penali  per i minorenni: Nel triennio, la presenza media giornaliera e' passata complessivamente dai 474 detenuti del 2000, ai 487 del 2001, ai 470 del 2002.
 Rispetto  a quest'ultimo valore, nel primo semestre 2003 il numero di detenuti in I.P.M. e' risultato in leggero aumento, e precisamente pari  a  476  minori,  (valore  coincidente con quello registrato nel primo semestre 2002).
 La percentuale di minori stranieri rispetto al totale dei detenuti negli I.P.M., e' risultata pari al 47% negli anni 2000 e 2001, al 49% nel 2002. Nel primo semestre dell'anno 2003, invece, tale percentuale e'  scesa  nuovamente  al  47%  (il  corrispondente  valore nel primo semestre 2002 era pari al 49%).
 Centri  di  prima  accoglienza: l'utenza nel triennio 2000-2002 e' diminuita:  il numero degli ingressi registrato in tali strutture e', infatti,  passato dai 3.994 del 2000, ai 3.685 del 2001, ai 3.513 del 2002.
 L'incidenza  della  componente straniera sul totale degli ingressi e'  rimasta  sostanzialmente  invariata,  risultando  pari al 56% nel 2000, al 54% nel 2001 e nuovamente al 56% nel 2002.
 Con  riferimento  al  primo  semestre  2003, il numero complessivo dell'utenza  transitata  nei C.P.A., e' stato pari a 1.730 unita'; la componente straniera ha costituito il 55%. Nel confronto con il primo semestre  del  2002,  il  numero  degli  ingressi  non  ha registrato variazioni   di   rilievo;  risulta  invece  in  leggero  aumento  la percentuale di stranieri che nel precedente periodo era stata pari al 54%.
 Uffici  di  servizio  sociale  per i minorenni: l'analisi dei dati relativi  all'utenza  evidenzia  l'aumento del numero complessivo dei minori  seguiti  da  tali  Servizi (12.494 nel 2000, 13.953 nel 2001, 14.044  nel  2002)  e,  in  particolare,  l'aumento  della componente straniera, la cui incidenza sull'utenza complessiva e' passata dal 9% del 2000, al 12% del 2001, al 14% del 2002.
 Nel  primo  semestre 2003, l'utenza degli U.S.S.M. e' risultata in aumento   rispetto   allo   stesso   periodo   dell'anno   precedente (rispettivamente 7.730 e 7.662); e' aumentata anche la percentuale di minori stranieri passando dal 13% al 14%.
 Comunita':  il  numero  complessivo  dei  collocamenti  di  minori sottoposti  a  provvedimento  penale  e' stato pari a 1.178 nell'anno 2000, a 1.339 nel 2001, a 1.326 nel 2002. E' in aumento il numero dei minori stranieri collocati in comunita'; la loro incidenza sul totale e'  stata,  infatti,  pari  al  28%  nel  primo  anno  in esame ed e' progressivamente  aumentata  al 31% nel 2001, al 36% nel 2002, al 40% nel  primo  semestre  2003.  Il  numero di collocamenti registrati in questo  ultimo  periodo  e' rimasto praticamente invariato rispetto a quello  del primo semestre 2002; e', invece, in aumento la componente straniera, che e' passata dal 36% al 40%.
 L'analisi  della  tipologia  di  reato  mette in evidenza la netta prevalenza dei reati contro il patrimonio nell'utenza straniera e, in particolar   modo,  per  quella  proveniente  dell'est  europeo,  che costituisce piu' della meta' dell'utenza straniera complessiva. Sono, invece, meno frequenti che negli italiani i reati contro la persona.
 Aree geografiche di provenienza
 A  tal proposito e' utile fornire un quadro complessivo delle aree territoriali   di   provenienza   dei   minori  straneri.  Il  gruppo proveniente  dall'est  europeo  (soprattutto ex Jugoslavia, Romania e Albania),  costituisce  quello  piu'  rappresentato  con  il  59%  di presenza  media  giornaliera  registrata  nel  primo  semestre  2003. Seguono  i minorenni africani con il 36% (per lo piu' provenienti dal Marocco  e  dalla  Tunisia),  e  gli asiatici con il 4% (Cina e Medio Oriente).
 L'analisi  dei  dati relativi al primo semestre 2003, evidenzia un netto  aumento  dei minori provenienti dalla Romania, la cui presenza media  giornaliera ha raggiunto un valore pari a 40 unita', contro le 11 unita' dei 2001 e le 17 unita' del 2002.
 Particolarmente   significativo   e'   il   dato   relativo   alla distribuzione   territoriale   dei   minori   stranieri,   che   sono prevalentemente detenuti negli IPM del centro-nord (nell'anno 2002 il 77% dei detenuti del nord e l'82% del centro).
 Aspetti di carattere demografico
 Con   riferimento   agli   aspetti   di   carattere   demografico, considerando  l'eta'  dei detenuti, si osserva che l'utenza straniera e'  piu' giovane di quella italiana (rispettivamente in media 17 e 18 anni  nel 2002). Mentre per quanto riguarda la posizione giuridica la maggior parte degli stranieri e' in attesa di giudizio (81 %).
 Presenza minori stranieri negli Istituti penali.
 Come  si evince dai dati statistici sopraesposti, l'incremento del numero  di stranieri riguarda in particolare modo gli Istituti Penali per  i  Minorenni,  pur  essendo  evidente  in  tutti i Servizi della Giustizia Minorile.
 Una  spiegazione  a  tale  fenomeno  puo' essere individuata nella maggiore  applicazione  della  misura  cautelare  detentiva  per  gli stranieri da parte della magistratura.
 Infatti il numero di stranieri denunciati ai quali e' applicata la misura  della  custodia  cautelare  e', in termini relativi, maggiore rispetto a quello degli italiani.
 A  conferma  di  cio'  si  osserva  che tra i motivi di uscita dai Centri  di  Prima  Accoglienza (CPA), quello per l'applicazione della custodia  cautelare  rappresenta,  nel  2002, il 34% del totale delle uscite  con  l'applicazione  di  una  misura  cautelare,  valore  che raggiunge  il  51% considerando l'utenza straniera, contro il 18% per gli italiani.
 Tale  fenomeno  e'  riconducibile  alla  difficolta' di progettare interventi  in  area penale esterna per gli stranieri. Le difficolta' che  questi  minori  esprimono e la complessita' del lavoro che viene richiesto agli operatori, spazia dai problemi che riguardano lo stato di  irregolarita',  a quelli di assenza di figure parentali, problemi di identificazione e di quelli dell'irreperibilita'.
 Tuttavia dal 1998 (anno di avvio delle rilevazioni presso gli USSM e  le  Comunita)  ad  oggi,  si registra un incremento del ricorso da parte della magistratura a misure non detentive.
 Linee di intervento
 Da quanto sopra evidenziato, si evince che nell'ultimo decennio si e'  assistito  ad  un profondo mutamento della tipologia dell'utenza, con  non  poche  ripercussioni  sugli  aspetti  operativi dei Servizi Minorili della Giustizia.
 Nel  tempo,  la  diversita'  delle  culture  di  appartenenza  dei ragazzi,    provenienti    da    contesti   geografici   estremamente differenziati,  ha  messo  in  evidenza  l'esigenza  di ridefinire le strategie di intervento da tempo collaudate con l'utenza italiana.
 Mediazione culturale
 Sin dagli inizi degli anni 90, anche nella Giustizia Minorile sono stati  introdotti i mediatori culturali proprio al fine di promuovere una  migliore  integrazione  dell'utenza extracomunitaria nei Servizi Minorili della Giustizia.
 Sulla  base  delle  esperienze condotte negli ultimi decenni e con l'obiettivo   di  sancire  la  mediazione  culturale  come  attivita' istituzionalmente  prevista  nell'ambito  dei  Servizi Minorili della Giustizia,  e' stata predisposta una circolare, protocollo 6/2002 del 23/03/2002,   volta   a  definire  ruoli  e  funzioni  del  mediatore culturale.
 Quanto   sopra   in  ottemperanza  al  disposto  del  decreto  del Presidente  della  Repubblica  20 giugno 2000, n. 230, concernente il "Regolamento  recante  norme  sull'ordinamento  penitenziario e sulle misure  privative  e limitative della liberta'" che, all'articolo 35, riconosce   una   funzione   operativa  alla  mediazione  linguistico culturale  nell'ambito  del trattamento penitenziario, prevedendo che "deve   essere  favorito  l'intervento  di  operatori  di  mediazione culturale,  anche  attraverso  convenzioni  con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato".
 Alla  luce  del  progressivo  aumento  dell'utenza  straniera,  si rendera' pertanto necessario potenziare questi servizi.
 Attivita' scolastica e formativa
 Tenuto conto, inoltre, che un aspetto fondamentale dell'intervento sui  minori  stranieri  e'  rappresentato  dall'esigenza  di  fornire strumenti  volti  a  facilitare  il  processo di inserimento sociale, rilevante importanza assumono le attivita' scolastiche e formative.
 Nell'ambito   degli   Istituti   Penali  per  i  Minorenni,  forte attenzione   dovra'   essere   dedicata,   come   in   passato,  alla contestualizzazione  dei  percorsi  scolastici  alle esigenze di tale utenza,  promuovendo  un'alfabetizzazione  veloce  e l'attivazione di percorsi di educazione non scolastici nel
 senso  classico,  ma  che  tengano  presente  le  differenze della cultura  di  appartenenza  e che siano fortemente orientati a fornire competenze  ed  abilita'  immediatamente  fruibili ed esportabili nel contesto extrapenale.
 Riconoscimento diritti fondamentali
 In  merito  al  diritto a manifestare la liberta' religiosa, cosi' come  sancito  dall'art.  19 della Costituzione ed in applicazione di quanto   previsto  dall'art.  58  del  DPR.  30/06/200,  n.  230  (in particolare  commi  5  e  6),  all'interno  degli Istituti Penali per Minorenni, e' assicurata l'assistenza religiosa anche per i minorenni di religione non cristiano-cattolica.
 Per  quanto  riguarda  i  precetti legati all'alimentazione, nelle tabelle  vittuarie  da  adottare negli Istituti Penali per Minorenni, elaborate  dall'Istituto  Nazionale  di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione,  sono  previste delle specifiche variazioni di menu', per rispondere   alle  prescrizione  alimentari  legate  all'appartenenza religiosa dell'utenza detenuta.
 Minori stranieri non accompagnati
 Inoltre,   particolare   attenzione   dovra'   essere  posta  alla problematica dei minorenni stranieri non accompagnati, per far fronte alla  quale  e'  stata  predisposta  la Circolare Prot. n. 528 del 28 maggio  2003,  volta  a  diffondere  le  linee  guida,  stabilite dal Comitato  Minori  Stranieri,  circa  l'obbligo  di  segnalazione allo stesso   Comitato  dell'ingresso  o  della  presenza  sul  territorio italiano di un minorenne straniero.
 Progetti
 Il  Dipartimento  della  giustizia  minorile ha realizzato tra gli altri i seguenti progetti:
 Mediazione  culturale,  ancora  in corso, in collaborazione con il CIES   (Centro   Italiano   per   l'Educazione   e   lo  Sviluppo)  e l'Associazione  Andolfi. Tale progetto ha la finalita' di favorire un approccio  di  tipo interculturale, attraverso la realizzazione di un confronto dialettico tra culture e differenti modelli di riferimento.
 Minori   stranieri,   gia'   realizzato   in   collaborazione  con associazioni  del  privato  sociale,  Istituto  Psicoanalitico per la ricerca sociale e Questure. La finalita' del progetto e' stata quella di riconoscere le modalita' tecnico operative per affrontare la presa in  carico  dei  minori stranieri entrati nel circuito penale, con il duplice  obiettivo  di  ridurne  il disagio e favorire l'integrazione sociale.
 Prevenzione
 In  occasione  del  semestre  di  Presidenza  Italiana dell'Unione europea,  e' stato realizzato un monitoraggio a livello europeo delle buone  prassi  realizzate  nell'ambito  degli  interventi  rivolti  a favorire  l'integrazione sociale dei minori extracomunitari. E' stata sottolineata  l'esigenza  di  conoscere  e diffondere le buone prassi come strumento volto a promuovere la circolarita' delle informazioni, attivita'  che  proseguiranno  nello sviluppo delle azioni della Rete EUCPN.
 Si   intende,   infine,   sostenere   l'elaborazione  di  progetti alternativi  alla detenzione per i minorenni stranieri, ricercando ed attivando risorse specifiche per tale tipo di utenza.
 
 Denunce  alle  Procure  della  Repubblica  presso  i  Tribunali per i minorenni. Anni 1991- 2001. =====================================================================
 |              |   Di cui: a   |                |Minori stranieri
 |              |   carico di   |                |imputabili in %
 |              |    minori     |% stranieri sul |   stranieri Anni|Totale denunce|   stranieri   |     totale     |   denunciati ===================================================================== 1991|        44.977|          7.928|      180%      |      49% --------------------------------------------------------------------- 1992|        44.788|          8.002|      18%       |      46% --------------------------------------------------------------------- 1993|        43.375|          9.107|      21%       |      48% --------------------------------------------------------------------- 1994|        44.326|         11.015|      25%       |       51 --------------------------------------------------------------------- 1995|        46.051|         12.701|      28%       |      52% --------------------------------------------------------------------- 1996|        43.975|         11.454|      26%       |      50% --------------------------------------------------------------------- 1997|        43.341|         11.192|      26%       |      57% --------------------------------------------------------------------- 1998|        42.107|         10.926|      26%       |      65% --------------------------------------------------------------------- 1999|        43.897|         11.887|      27%       |      64% --------------------------------------------------------------------- 2000|        38.963|          9.124|      23%       |      71% --------------------------------------------------------------------- 2001|        39.785|          8.720|      22%       |      75% Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat
 
 Ingressi  e presenza negli Istituti penali per i minorenni negli anni 1991- 2002 e nel primo sem. 2003. =====================================================================
 |         |         |    %    | Totale  |         |    %
 | Totale  | Di cui: |stranieri|detenuti |         |stranieri
 |ingressi |   di    |   sul   |presenti | Di cui: |   sul
 Anni   |in I.P.M |stranieri| totale  |in I.P.M.|stranieri| totale =====================================================================
 1991   |    1.954|      726|   37%   |      356|       87|   24% ---------------------------------------------------------------------
 1992   |    2.289|      797|   35%   |      514|      113|   22% ---------------------------------------------------------------------
 1993   |    2.314|      849|   37%   |      560|      118|   21 ---------------------------------------------------------------------
 1994   |    2.240|      918|   41%   |      616|      140|   23% ---------------------------------------------------------------------
 1995   |    2.013|      903|   45%   |      551|      145|   26% ---------------------------------------------------------------------
 1996   |    1.975|      882|   45%   |      526|      153|   29% ---------------------------------------------------------------------
 1997   |    1.888|      954|   51%   |      499|      168|   34% ---------------------------------------------------------------------
 1998   |    1.888|    1.004|   53%   |      438|      171|   39% ---------------------------------------------------------------------
 1999   |    1.876|    1.005|   54%   |      426|      180|   42% ---------------------------------------------------------------------
 2000   |    1.886|    1.108|   59%   |      474|      223|   47% ---------------------------------------------------------------------
 2001   |    1.644|      946|   58%   |      487|      231|   47% ---------------------------------------------------------------------
 2002   |    1.476|      846|   57%   |      470|      232|   49% ---------------------------------------------------------------------
 1°    |         |         |         |         |         | semestre |         |         |         |         |         |
 2003   |      812|      440|   54%   |      476|      225|   47% Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat
 
 Ingressi  nei Centri di prima accoglienza negli anni 1991- 2002 e nel primo semestre 2003. =====================================================================
 |Totale ingressi |   Di cui: di    | % stranieri sul
 Anni      |   in C.P.A.    |    stranieri    |     totale =====================================================================
 1991      |           4.072|            1.902|       47% ---------------------------------------------------------------------
 1992      |           4.552|            1.961|       43% ---------------------------------------------------------------------
 1993      |           4.122|            1.746|       42% ---------------------------------------------------------------------
 1994      |           4.085|            1.924|       47% ---------------------------------------------------------------------
 1995      |           4.175|            2.239|      50100 ---------------------------------------------------------------------
 1996      |           3.790|            1.838|       48% ---------------------------------------------------------------------
 1997      |           4.196|            2.189|       52% ---------------------------------------------------------------------
 1998      |           4.222|            2.305|       55% ---------------------------------------------------------------------
 1999      |           4.248|            2.275|       54% ---------------------------------------------------------------------
 2000      |           3.994|            2.250|       56% ---------------------------------------------------------------------
 2001      |           3.685|            1.974|      50100 ---------------------------------------------------------------------
 2002      |           3.513|            1.952|       56% --------------------------------------------------------------------- 1° semestre 2003|           1.730|              954|       55% Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat
 
 ---->   VEDERE TABELLA A PAG. 73 DELLA G.U.  <----
 
 Denunce  alle  Procure  della  Repubblica  presso  i  Tribunali per i minorenni  di  minori  stranieri secondo i Paesi di provenienza. Anni 1999-2001
 Paesi di provenienza                 Anni
 |         1999|         2000|         2001 Unione europea             |          310|          333|          240 di cui:                    |             |             | Francia                    |          109|           90|           72 Germania                   |          109|          133|           94 Regno Unito                |            8|           17|           10 Spagna                     |           39|           25|           26 Altri paesi europei        |         8.96|        6.203|        5.525 di cui:                    |             |             | Albania                    |        1.254|        1.111|        1.238 Ex-Jugoslavia              |        6.412|        4.032|        2.899 Romania                    |        1.152|          875|        1.184 Africa                     |        2.179|        2.102|        2.399 di cui:                    |             |             | Algeria                    |          416|          406|          469 Marocco                    |        1.534|        1.475|        1.706 Senegal                    |           27|           25|           32 Tunisia                    |           95|          103|           78 Asia                       |          195|          199|          272 di cui:                    |             |             | Cina Popolare              |           65|           62|           48 Israele                    |           18|           48|           85 America                    |          234|          285|          283 di cui:                    |             |             | Canada                     |            2|            2|            1 Stati Uniti                |           22|           18|           17 Brasile                    |           35|           63|           44 Cile                       |           31|           21|           24 Colombia                   |           21|           38|           43 Peru'                      |           52|           52|           46 Oceania                    |            2|            2|            1 di cui:                    |             |             | Australia                  |            2|            2|            - TOTALE                     |        11.87|        9.124|        8.720 Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat
 
 Presenza  media  giornaliera  negli  Istituti  penali per i minorenni negli  anni  1991-2002 e nel primo semestre 2003, secondo il Paese di provenienza dei minori =====================================================================
 Paesi di provenienza   |   2001   |   2002   |  1 semestre 2003 ===================================================================== Unione europea            |       258|       240|                 252 Italia                    |       256|       238|                 251 Altri Paesi U.E.          |         2|         2|                   1 Altri paesi europei       |       123|       119|                 131 Albania                   |        47|        45|                  36 Cecoslovacchia            |         1|         0|                   0 Croazia                   |         3|         4|                   5 Jugoslavia                |        56|        50|                  47 Macedonia                 |         3|         1|                   1 Moldavia                  |         1|         1|                   1 Polonia                   |         1|         0|                   2 Romania                   |        11|        17|                  40 Ungheria                  |         0|         1|                   0 Africa                    |        95|        99|                  81 Algeria                   |        16|        16|                  11 Congo                     |         0|         0|                   1 Egitto                    |         1|         0|                   0 Marocco                   |        70|        74|                  61 Nigeria                   |         1|         0|                   0 Tunisia                   |         7|         9|                   8 America                   |         5|         3| Brasile                   |         1|         1|                   0 Cile                      |         2|         2|                   1 Colombia                  |         1|         1|                   0 Ecuador                   |         1|         2|                   2 Peru'                     |         0|         1|                   0 Rep. Dominicana           |         0|         0|                   1 Asia                      |         6|         5|                  10 Cina popolare             |         0|         3|                   7 Iraq                      |         3|         1|                   1 Israele                   |         1|         0|                   1 Palestina                 |         2|         1|                   2 Siria                     |         0|         0|                   1 Totale                    |       487|       470|                 476 Elaborazioni del servizio statistico del Ministero della giustizia su dati Istat
 Cap. 3) Le azioni e gli interventi a livello internazionale
 
 Le  migrazioni costituiscono un fenomeno globale e strutturale dei nostri  tempi  e  caratterizzano  in  misura sempre piu' rilevante le relazioni  internazionali. Come tutti i maggiori Paesi europei, anche l'Italia  e'  dunque chiamata a confrontarsi con l'afflusso crescente di  stranieri  provenienti  da varie parti del mondo. A differenza di quanto  accaduto  in  altre parti del mondo, si tratta di un fenomeno relativamente  recente,  che si e' sviluppato con estrema rapidita' e sul quale si rileva una particolare sensibilita', anche per la nostra storia  di  Paese  di  tradizionale emigrazione. Lo stesso Segretario Generale  dell'ONU  ha  da tempo indicato la tematica migratoria come una   delle   questioni   emergenti  su  cui  l'ONU  e  la  comunita' internazionale sono tenute a confrontarsi.
 La politica migratoria e' pertanto progressivamente divenuta parte integrante e centrale della politica estera italiana. Essa si propone l'obiettivo  di  "governare"  i  movimenti migratori diretti verso il nostro  Paese  attraverso  strategie  idonee  a favorire gli ingressi regolari  di stranieri, in particolare per soddisfare le esigenze del mercato  nazionale  del lavoro, e prevenire e contrastare i flussi di clandestini,  per  motivi  di  sicurezza  ed  ordine pubblico e nello stesso  interesse  di  coloro  che  sono  vittima  di  tali  traffici illeciti.
 Con   questi  obiettivi,  l'azione  del  Governo  italiano  si  e' sviluppata  e  continuera'  a  farlo  nel futuro - su tre direttrici, seguendo  un  approccio  equilibrato,  che  si basa sul convincimento della necessita' di un'ampia e efficace collaborazione internazionale tra  tutti  i  Paesi interessati ai fenomeni migratori, siano essi di origine, di transito e di destinazione.
 Sul   piano   europeo,   l'Italia  ha  sostenuto  con  convinzione l'estensione  delle  competenze  comunitarie  ai  temi  dell'asilo  e dell'immigrazione,  lo stabilimento di una cooperazione piu' avanzata tra  gli Stati membri in tale settore ed un piu' stretto collegamento tra  politica  migratoria  e  politica  estera dell'Unione. Il nostro Paese  ha  fornito  un  contributo fondamentale al dibattito in corso svolgendo un ruolo propositivo ampiamente riconosciuto.
 Sul  piano  bilaterale,  si e' privilegiata una strategia globale, con iniziative finalizzate al contrasto dell'immigrazione illegale ed alla  regolamentazione  dei  flussi  di ingresso legali, inserite nel contesto  piu'  ampio delle relazioni politiche esistenti con i Paesi di   provenienza  dei  migranti,  nonche'  di  quelle  relative  alla cooperazione  economico-commerciale e alla cooperazione allo sviluppo per  la  quale  e' auspicabile un aumento delle risorse, in linea con gli obiettivi fissati a livello internazionale.
 Specifica   attenzione   e'   stata   riservata   alla  dimensione multilaterale   del   dialogo  sui  temi  migratori,  particolarmente dinamica  sul  piano regionale, sia per quanto riguarda i Balcani che il  Mediterraneo.  In tale contesto, sono da menzionare i rapporti di fruttuosa    collaborazione    instaurati   con   le   organizzazioni internazionali  competenti  in  tema  di immigrazione ed asilo, quali l'OIM,  l'UNHCR  e  l'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), quest'ultima per quanto concerne le questioni di lavoro.
 3.1) L'azione dell'Italia a livello bilaterale
 con i Paesi di origine e transito.
 
 Sul   piano  diplomatico  bilaterale,  l'Italia  ha  intensificato l'azione  di  sensibilizzazione  nei confronti dei Paesi di origine e transito  per chiedere una maggiore collaborazione nelle attivita' di prevenzione e contrasto dei flussi illegali. Le questioni migratorie, ed   in   particolare   la   collaborazione   in  tema  di  contrasto dell'immigrazione  clandestina,  figurano  quindi in una posizione di sempre  maggiore rilievo politico nell'agenda dei nostri incontri con gli  interlocutori  dei Paesi da cui piu' forte proviene la pressione migratoria,  siano  essi Paesi di origine o di transito. Nella stessa ottica,  l'Italia  ha  avviato collaborazioni rafforzate sul tema del contrasto al traffico di clandestini con i maggiori partners europei, tra i quali Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna.
 
 a) Mediterraneo
 In  tale  contesto,  e'  stata  riservata una attenzione del tutto particolare  al  bacino  del  Mediterraneo, da cui proviene una forte pressione   migratoria  irregolare,  anche  in  transito  dall'Africa Subsahariana  e  dall'Oriente.  L'immigrazione  clandestina  via mare presenta  infatti  caratteristiche del tutto particolari, anche per i suoi evidenti aspetti umanitari. I nostri interventi nei confronti di imbarcazioni  con  a  bordo  clandestini,  una  volta che queste sono salpate  verso  il nostro Paese, debbono necessariamente privilegiare gli  aspetti  del  soccorso,  al  fine  di evitare la perdita di vite umane. Si tratta dunque di un fenomeno che ci induce a considerare il momento  del  contrasto  in  una fase successiva, che e' quella della riammissione  di  coloro che non hanno titolo per rimanere nel nostro Paese.
 Nel   corso   degli  ultimi  anni,  si  e'  riusciti  ad  attirare l'attenzione   dei  Paesi  dell'area  mediterranea,  sulle  tematiche dell'immigrazione  clandestina  e  del  traffico  di esseri umani. E' stata  evidenziata l'importanza di una piu' stretta collaborazione su tale  tematica sia sul piano delle relazioni bilaterali, sia nel piu' ampio  contesto europeo. Si possono al riguardo ricordare i risultati sin  qui ottenuti, molti dei quali scaturiscono dalla riunione del 22 marzo  2002, presieduta dall'On. Presidente del Consiglio, alla quale hanno   partecipato   l'allora  Ministro  dell'interno  ed  i  nostri Ambasciatori in alcuni dei Paesi maggiormente interessati al traffico di  clandestini (Egitto, Sri Lanka, Pakistan, Siria, Libano, Turchia, Cipro).
 Cipro e Malta, per la loro posizione geografica, si trovano in una posizione   chiave   per  il  controllo  dei  movimenti  di  migranti irregolari nel Mediterraneo. Con Cipro, il 28 giugno 2002, sono stati sottoscritti  un  accordo  di  cooperazione  nella  lotta  contro  la criminalita'  organizzata  ed un accordo di riammissione, che prevede anche  il  rimpatrio  di  cittadini  di  Paesi  terzi.  L'accordo  di cooperazione  prevede  anche  la  possibilita',  per le unita' navali italiane  impegnate  in  operazioni  di  contrasto  dell'immigrazione illegale,  di  avvalersi  dell'assistenza  tecnico-logistica cipriota presso  strutture  portuali dell'Isola. Un accordo di riammissione e' stato  sottoscritto  l'8  dicembre 2001 con Malta. Con la Valletta e' stato altresi' firmato, il 20 dicembre 2002, un accordo quadro per la sorveglianza aereo-marittima nel Mediterraneo e per la lotta contro i traffici   illeciti  in  mare.  Grazie  a  questo  accordo  e'  stata intensificata  la collaborazione investigativa per smantellare alcuni gruppi  criminali  responsabili del trasporto via mare di clandestini dalle  coste  maltesi alla Sicilia. L'ingresso a pieno titolo di tali Paesi   nell'Unione   europea,  avvenuta  il  1°  maggio  2004,  puo' consentire   un   rafforzamento   della   collaborazione  volta  alla prevenzione  ed  al  contrasto  dei  traffici  illeciti via mare, con specifiche  iniziative  attualmente allo studio in ambito europeo. Da parte  italiana  e'  stato proposto a titolo sperimentale un progetto pilota  con  Malta,  Libia  e Tunisia per il pattugliamento congiunto antimmigrazione  nel  Mediterraneo  centrale,  prevedendo altresi' il rimpatrio dei clandestini intercettati.
 Per  quanto  riguarda  la  Turchia,  non  e'  stato finalizzato un accordo di riammissione a livello bilaterale. Considerandosi Paese di transito,  la  Turchia condiziona la firma di accordi di riammissione con  i  Paesi europei alla conclusione di analoghe intese con i Paesi vicini  dell'area.  Attualmente,  a  seguito del mandato ricevuto dal Consiglio, la Commissione sta negoziando un accordo comunitario sulla riammissione. Con Ankara esiste un accordo bilaterale di cooperazione per  la  lotta  al  terrorismo,  la  criminalita'  organizzata  ed il riciclaggio  di  proventi  illeciti  di tali attivita', firmato il 22 dicembre  1998.  Sono stati stabiliti contatti diretti per lo scambio di  informazioni  strategiche  e di natura investigativa per la lotta contro  le organizzazioni dedite al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.  E'  comunque  significativo che i flussi illegali verso l'Italia  si  siano  sostanzialmente  ridotti  negli ultimi due anni, grazie  soprattutto all'impegno profuso delle Autorita' di Ankara nel contrastare il fenomeno attraverso un maggior controllo delle proprie coste.  L'Italia  e' divenuta dal 2002 il secondo partner commerciale della  Turchia, nonche' il primo Paese investitore. In tale contesto, la  collaborazione in materia migratoria potra' ricevere un rinnovato impulso anche con lo sviluppo di positive interazioni tra la gestione dei  flussi  e  le  potenzialita'  del rapporto economico-commerciale bilaterale.
 Una  attenzione  prioritaria  e'  stata attribuita ai rapporti con l'Egitto,  un  Paese particolarmente importante in quanto costituisce la  porta  di accesso al Mediterraneo per le imbarcazioni provenienti dall'Asia.  Le  Autorita'  de  Il  Cairo  hanno  al riguardo risposto positivamente  alle  nostre  richieste  di  un  maggior controllo sui flussi  illegali diretti verso l'Europa attraverso il Canale di Suez, che  nell'ultimo anno hanno subito una notevole contrazione. L'Italia ha  inoltre proposto all'Egitto di impostare il dialogo sulla materia migratoria  secondo  un  approccio  globale, al fine di assicurare la coerenza e l'equilibrio tra le sue diverse componenti, sia per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori legali, che le attivita' di prevenzione   e  contrasto  dell'immigrazione  clandestina.  In  tale contesto,   in   occasione   delle  V  Sessione  delle  Consultazioni Rafforzate  italo-egiziane svoltasi al Cairo il 29-30 aprile 2003, e' stato consegnato alle Autorita' egiziane un nuovo testo di accordo di riammissione, che servirebbe a formalizzare la collaborazione gia' in atto su tale aspetto. Inoltre deve essere avviato un negoziato per un accordo  bilaterale sul lavoro stagionale. Operativamente, nel quadro dei  negoziati  in  corso  in  materia  di  riammissione,  sono stati organizzati,  nel novembre e dicembre 2002, d'intesa con le autorita' de  Il  Cairo,  due voli charter che hanno consentito il rimpatrio, a Colombo,  di  oltre  300  cittadini cingalesi che erano stati fermati dalle autorita' egiziane mentre tentavano di raggiungere illegalmente l'Italia.  Il  24  dicembre  2003,  infine  sono stati intercettati e fermati dalle Autorita' egiziane, 64 cittadini cingalesi asseritamene diretti  in  Italia.  Dodici  di  questi  sono  stati  immediatamente rimpatriati nel loro paese di origine.
 Con  Siria e Libano sono stati instaurati rapporti piu' intensi di collaborazione,  che  hanno  impedito  il  ripetersi  di episodi come quello  della  motonave  "Monica", proveniente dalle coste libanesi e giunta in Sicilia nel marzo 2002 con oltre 900 immigrati clandestini, e  che  hanno portato allo smantellamento di organizzazioni criminali dedite  ai  traffici di esseri umani. Con entrambi sono stati avviati negoziati  per la conclusione di un accordo di riammissione. I flussi di  migranti  illegali  in  provenienza  da  tali  Paesi  coinvolgono pressoche'  esclusivamente  cittadini di Paesi terzi. Con la Siria e' stato  recentemente firmato un memorandum tecnico svolto a sviluppare la  collaborazione  nella lotta conto l'immigrazione clandestina. Nel corso  di  una  missione  a  Beirut  e Damasco, sono stati proposti a quelle  autorita',  programmi  di formazione in materia di polizia di frontiera e scambio di visite.
 Con  l'Algeria  e'  stato  firmato  un accordo di riammissione nel febbraio  2000, non ancora ratificato da parte algerina. Anche con il Marocco  e'  stato  firmato  nel luglio 1998 un accordo bilaterale di riammissione,  peraltro non ancora ratificato da parte marocchina. Le relazioni  bilaterali  in  materia  migratoria  con  il  Marocco sono peraltro  di  portata  piu'  ampia,  e  riguardano  anche gli aspetti relativi  all'immigrazione legale, che si e' rivelata particolarmente dinamica,  come  conferma il fatto che la comunita' marocchina e' una delle  piu'  numerose  tra  quelle  straniere legalmente residenti in Italia.  Da parte di Rabat e' stato auspicato l'avvio di un negoziato per   la   conclusione   di  un  accordo  bilaterale  in  materia  di reclutamento  di manodopera, al fine di coordinare in una prospettiva organica  e  di  lungo  periodo  tutte  le iniziative di formazione e selezione  di  lavoratori  che aspirano ad essere inseriti nel nostro mercato del lavoro.
 Meritano  un  discorso  a parte Tunisia e Libia, che, anche per la prossimita'  geografica  con le nostre isole, costituiscono il fronte da  cui proviene la maggior parte dei flussi via mare, in buona parte costituiti da stranieri originari dell'Africa Subsahariana.
 Con  la  Tunisia  esiste  un  dialogo ormai consolidato in materia migratoria,  che si basa su un approccio integrato ed equilibrato che tocca  gli  aspetti  dell'immigrazione  legale, del co-sviluppo e del contrasto dei movimenti irregolari di migranti. Su tale ultimo punto, si  stanno valutando con le Autorita' di Tunisi specifiche iniziative di  assistenza,  volte  a  rafforzare  la  collaborazione  esistente. Altrettanto si sta facendo per quanto riguarda la gestione dei flussi regolari,  con un Progetto pilota per la formazione dei lavoratori da inserire  nel  nostro  mercato del lavoro ai sensi dell'art. 23 della legge  189/2002.  Con  la  Tunisia  e'  in vigore dal 1998 un accordo bilaterale  di  riammissione.  In base al quale sono stati forniti, a titolo gratuito, mezzi e materiale tecnico alle autorita' tunisine di polizia  impegnate  nel contrasto dell'immigrazione clandestina. Alla fine  del  2003 e' stato sottoscritto tra Italia e Tunisia un accordo in  materia di sicurezza e sono state concordate specifiche misure di assistenza  in  prosecuzione  del  programma  di aiuti realizzato nel triennio  precedente. E' stato firmato nel maggio 2000 un accordo sul lavoro  stagionale,  il  cui  Protocollo  di attuazione, concluso nel giugno  2002,  e'  attualmente  in  fase  di  revisione  su richiesta tunisina.
 Con  la  Libia,  a partire dal luglio del 2002 e' stato avviato un intenso  dialogo con le Autorita' di Tripoli in tema di prevenzione e contrasto  dell'immigrazione  clandestina,  sulla  base  dell'accordo italo-libico   di   collaborazione   nella  lotta  alla  criminalita' organizzata,   al   traffico  illegale  di  stupefacenti  e  sostanze psicotrope   e   all'immigrazione  clandestina,  firmato  a  Roma  il 13.12.2000.  Gli  incontri  hanno messo in moto una dinamica positiva che  ha  portato  a  concordare,  sul  piano  bilaterale,  iniziative concrete  intese  a contrastare i flussi illegali provenienti da tale Paese  attraverso  progetti  sperimentali  di  cooperazione  nei  tre seguenti  settori:  controllo delle frontiere terrestri, intelligence investigativa  sulle  organizzazioni criminali dedite al traffico dei clandestini,  contrasto  in mare. E' da aggiungere che, su iniziativa italiana,  il  Consiglio  Affari  Generali  e  Relazioni  Esterne del novembre  2002  ha  deciso  di  inserire la Libia tra i Paesi con cui l'Unione  europea  potra'  avviare  una  collaborazione  nella  lotta all'immigrazione  clandestina.  Sono  stati assunti diretti contatti, anche  ad alto livello, con le autorita' di sicurezza e di polizia di frontiera   libica,   per  ottenere  da  queste  un  maggior  impegno nell'azione  di  contrasto  dei  flussi  di  immigrazione illegale in transito  attraverso la Libia e diretti, via mare, in Italia. In tale ambito stanno per essere avviate forme di concreta collaborazione che dovrebbero  riguardare  il  contrasto  in  mare, il rafforzamento dei controlli   alle   frontiere   terrestri  libiche  e  lo  scambio  di informazioni  sulle  attivita' e la composizione dei gruppi criminali operanti  lungo  la  costa  libica.  E' stato inoltre gia' inviato un Ufficiale  di  collegamento  al  fine di dare un contributo operativo nella  lotta  al  contrasto dell'immigrazione clandestina. Sono stati organizzati  anche  27  voli charter, per il rimpatrio dalla Libia di cittadini  clandestini  in  attesa  di  intraprendere  il viaggio per l'arrivo clandestino in Italia.
 In  tema  di  immigrazione clandestina via mare, e' stata condotta una   specifica   azione   diplomatica   di  sensibilizzazione  sulla necessita'  che  ciascuno  Stato rivierasco, coinvolto o a rischio di coinvolgimento    nel    fenomeno,   faccia   rispettare   le   norme internazionali  sulla  sicurezza della navigazione, ed in particolare la Circolare IMO 896 (Interim Measures for Combating Unsafe Practices Associated  with  the  Trafficking  or Transport of Migrants by Sea), adottata  nel dicembre 1998 e aggiornata nel giugno 2001. La predetta Circolare  invita  gli  Stati  a  reprimere e contrastare le pratiche pericolose   associate  con  il  trasporto  dei  migranti  via  mare, impedendo  la  partenza  delle  imbarcazioni  "a  rischio",  anche di bandiera estera, dalle proprie coste o dai propri porti, in forza del consolidato "Port State Control Principle". Nello stesso contesto, e' stata  richiamata la normativa sulla salvaguardia della vita umana in mare,  quale  risulta  dalla Convention for the Safety of Life at Sea del   1974,   che  per  l'amplissima  adesione  registrata  va  ormai considerata fonte di diritto internazionale generale.
 Sin  dal  1997  l'Italia ha peraltro avuto un ruolo di primo piano nella  formulazione  di  norme  internazionali volte a contrastare il traffico  ed  il  trasporto  di  immigranti illegali via mare, che ha condotto all'adozione in ambito ONU del Protocollo contro il Traffico Illecito di migranti via terra, aria e mare, annesso alla Convenzione di   Palermo  delle  Nazioni  Unite  sulla  Criminalita'  Organizzata Transnazionale  firmato  nel dicembre 2000. Il Protocollo attribuisce carattere penalmente rilevante sul piano internazionale al traffico e trasporto  illeciti  di migranti clandestini, nel senso che obbliga i Paesi   aderenti   ad  introdurre  nelle  proprie  legislazioni  tali fattispecie criminose.
 
 b) Balcani ed Europa orientale
 I  Balcani  occidentali  e  l'Europa orientale rimangono ancora un bacino migratorio significativo, sia per i flussi in transito che per quelli  generati in loco. Tale regione costituisce infatti un'area di passaggio  d'importanza  cruciale  per  le migrazioni illegali che si spostano  da  Oriente  verso  Occidente.  Si  tratta  di  un fenomeno estremamente   dinamico,  vista  la  notevole  capacita'  dei  racket dell'immigrazione  clandestina  di  adeguare  rotte  e  tecniche alle attivita'  di contrasto. Dai Balcani e dall'Europa orientale proviene inoltre gran parte dei lavoratori stagionali occupati in Italia.
 Per  quanto  riguarda l'immigrazione clandestina, negli ultimi tre anni   la   situazione   e'   sensibilmente  migliorata  grazie  alla stabilizzazione  politica  dell'area  ed  all'intensificazione  delle attivita'  di  prevenzione  e contrasto, realizzate in collaborazione con i Paesi della stessa, ed in particolare con la Slovenia. Con quel paese  sono  stati attivati, lungo la frontiera comune, dispostivi di vigilanza  e  controllo misti, basati cioe' sull'impiego di pattuglie composte  da  personale  di  polizia  italiano e sloveno. Un elemento aggiuntivo  di  notevole  rilevanza, per i Paesi in via di adesione e candidati, e' stato il processo di adeguamento all'acquis comunitario in   materia  di  giustizia  e  affari  interni.  Con  la  parafatura dell'accordo  di  riammissione con la Bosnia-Erzegovina, avvenuta nel luglio   scorso,  e'  stata  completata  la  rete  degli  accordi  di riammissione  dell'Italia con i gli Stati rivieraschi dell'Adriatico. Con  questo  Paese  e' stato altresi sottoscritto nel gennaio 2003 un accordo  finalizzato  al contrasto delle attivita' criminali compreso lo  sfruttamento dell'immigrazione clandestina e i traffici di esseri umani.
 L'Albania  costituisce  un modello ed un esempio di collaborazione fruttuosa  in  tema  di  contrasto  dell'immigrazione clandestina che risponde   pienamente   allo   spirito  della  legge  189/2002  (c.d. Bossi-Fini).  Negli  ultimi  tre  anni  si e' registrata una drastica riduzione degli arrivi via mare dall'Albania (pressoche' azzerati dal settembre  2002).  Tali  risultati  sono  il  frutto dell'impegno del Governo di Tirana, sostenuti con decisione dall'Italia con interventi volti  a  favorire la stabilizzazione sociale e politica del Paese ed affiancare  la  gestione  ordinata dei flussi migratori regolari e le attivita'  di contrasto della criminalita' ed il controllo di coste e frontiere.  In  tale  contesto,  un ruolo importante e' stato giocato dall'applicazione   dell'accordo  di  riammissione  e  degli  accordi bilaterali  in  tema  di  cooperazione  nella lotta alla criminalita' organizzata, con l'istituzione di un Ufficio di Collegamento italiano in  Albania.  Sono stati realizzati programmi di assistenza tecnica e di  formazione  del personale, nonche' attivati dispositivi congiunti di  vigilanza  in  mare  che  prevedono  l'impiego  di  unita' navali italiane  anche  nelle  acque  territoriali  albanesi.  D'altra parte l'Italia, insieme agli altri partners comunitari, considera ulteriori progressi  nella  lotta al crimine organizzato indispensabili ai fini del  buon  esito  del  negoziato  di  Stabilizzazione ed Associazione recentemente   avviato   con   l'UE  e  del  progressivo  inserimento dell'Albania in un ambito europeo. Con Tirana e' in vigore un accordo sul lavoro stagionale, firmato nel 1997.
 Romania  e  Bulgaria sono Paesi candidati per i quali il Consiglio europeo  di Copenaghen del 12-13 dicembre 2002 ha fissato l'obiettivo dell'adesione  all'Unione  europea  nel 2007. Le relazioni bilaterali con  entrambi i Paesi, sono di importanza strategica per l'Italia sia dal punto di vista economico-commerciale che politico.
 Per  quanto  attiene al tema migratorio, l'Italia non figura tra i principali   Paesi   di  destinazione  dell'emigrazione  bulgara.  Al contrario   la   comunita'  rumena  legalmente  residente  in  Italia rappresenta  il  terzo  gruppo  nazionale  per  consistenza  numerica presente  nel nostro Paese dopo Marocco ed Albania. La collaborazione con   le  Autorita'  romene  in  materia  di  lotta  all'immigrazione clandestina  si  basa sull'accordo bilaterale di riammissione entrato in vigore il 1° febbraio 1998.
 Analoga attenzione viene riservata ai Paesi dell'Europa orientale. Anche  in questo caso, la preoccupazione di contrastare le migrazioni irregolari, va di pari passo con l'obiettivo di una gestione ordinata dei  flussi  legali, in particolare quelli legati a motivi di lavoro. L'Ucraina,   che   sta  negoziando  con  la  Commissione  un  accordo comunitario di riammissione, a livello bilaterale ha proposto l'avvio di  un  negoziato  bilaterale  per la conclusione di un accordo sulla immigrazione  temporanea.  Con la Moldova e' stato firmato nel luglio 2002  un  accordo  di  riammissione,  mentre  a breve dovrebbe essere conclusa un'intesa in materia di lavoro.
 
 c) Sud est Asiatico ed Africa subsahariana
 Per  quanto  concerne  i  Paesi  asiatici  di  origine  dei flussi migratori, lo Sri Lanka, con il quale e' in vigore dal settembre 2001 un  accordo  bilaterale  di riammissione, collabora in modo esemplare anche con specifiche operazioni volte a smantellare le reti criminali degli organizzatori dei traffici. In tal senso e' significativo che i flussi  di  clandestini  di origine cingalese, che giungono in Europa via mare attraverso il canale di Suez, si siano sensibilmente ridotti nel corso dell'ultimo anno.
 Con  il  Pakistan  si  e'  giunti  alla  parafatura di un testo di accordo di riammissione nel marzo 2000. La finalizzazione dell'intesa e'  condizionata  ad  una  verifica  della  sua compatibilita' con il parallelo  negoziato  avviato in ambito comunitario. Esistono inoltre buoni  rapporti di cooperazione con il Bangladesh, che ha beneficiato per  la  prima  volta  quest'anno  di  una limitata quota di ingressi nell'ambito del Decreto Flussi.
 L'Italia  nell'ottobre  del  2002  ha  sottoscritto  con l'Iran un accordo in materia di sicurezza che comprende la collaborazione anche sui  reati  di  transito  illegale alle frontiere e di traffico degli esseri umani.
 Italia e Cina hanno avuto negli ultimi due anni frequenti contatti per   concordare   azioni   comuni   contro  le  attivita'  criminali trasversali   ai   due   Paesi,   comprese   quelle  che  favoriscono l'immigrazione  clandestina.  La  Commissione europea ha ricevuto nel novembre  scorso  dal  Consiglio  il  mandato  a negoziare un accordo comunitario  di  riammissione  con  la Cina. Il Consiglio ha altresi' incluso  la  Cina  tra  i  Paesi  con  cui  l'Unione  europea intende intensificare la cooperazione in materia migratoria. Sempre in ambito europeo,  e'  infine  da  ricordare  che nell'ottobre scorso e' stato parafato  a Pechino un accordo sullo Status di Destinazione Approvata (c.d.  Accordo  ADS), volto a facilitare le procedure per il rilascio dei  visti  a  favore di gruppi di turisti cinesi, che contiene anche una  specifica clausola sulla riammissione. Sulla base di un apposito Memorandum  of  Understanding firmato nel marzo del 2002, tre esperti cinesi  sono  stati  inviati  in  missione  in Italia, per un periodo sperimentale  di  due  mesi,  per collaborare con la polizia italiana nell'attivita'     di     accertamento     della    nazionalita'    e nell'identificazione  dei  presunti  cittadini  cinesi destinatari di misure di espulsione, ai fini del rilascio del documento di viaggio.
 La  ripresa  dei flussi migratori illegali diretti verso le nostre coste ha coinvolto in misura crescente cittadini di Paesi dell'Africa Subsahariana  (provenienti  in  particolare  dall'Africa occidentale, l'Eritrea  e la Somalia). Un accordo di riammissione e' stato firmato con  la Nigeria nel settembre 2000, ma non e' in vigore in quanto non ancora  ratificato.  Analoghe  intese sono state proposte a Senegal e Ghana.  Il  dialogo migratorio tra Unione europea e paesi africani e' quello  definito dall'Accordo di Cotonou, in vigore dall'aprile 2003. L'ampia  clausola migratoria, di cui all'articolo 13 di tale Accordo, riprende  i  temi dell'integrazione e dell'eguaglianza di trattamento degli  immigrati  legali  nonche'  il  riferimento  alle strategie di riduzione    della   poverta'   per   affrontare   le   cause   prime dell'immigrazione,   gia'   presenti  nelle  dichiarazioni  congiunte contenute  negli  allegati  IX ed X della terza Convenzione di Lome'. L'articolo in parola prevede altresi', al comma quinto, l'obbligo per le  parti  di  riammettere gli immigrati irregolari, introducendo una novita' rispetto alle precedenti versioni dell'Accordo.
 3.2) Accordi di Riammissione
 
 Attualmente  l'Italia  ha  firmato 27 intese bilaterali in tema di riammissione,  di  cui  21  in vigore. Contatti in materia sono stati avviati con altri 17 Paesi.
 Dei predetti 27 accordi:
 • 13  sono  stati  stipulati con Paesi dell'Unione europea o di nuova  adesione  (Austria, Cipro, Estonia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Ungheria) e 2 con Paesi candidati (Bulgaria e Romania).
 • Quelli conclusi con Paesi extra UE sono 12 (Albania, Algeria, Croazia,  Macedonia,  Georgia, Marocco, Moldavia, Nigeria, Sri Lanka, Svizzera,  Tunisia e Serbia-Montenegro), di cui 6 in vigore (Albania, Croazia, Macedonia, Sri Lanka, Svizzera e Tunisia).
 
 Accordi di riammissione firmati dall'Italia =====================================================================
 PAESE         |    FIRMA ACCORDO     |   ENTRATA IN VIGORE ===================================================================== Albania               |Tirana 18/11/97       |      01/08/1998 ---------------------------------------------------------------------
 |                      | in attesa di ratifica
 |                      |   Algeria; notifica Algeria               |Roma 24/02/2000       |   Italia 7/12/2000 --------------------------------------------------------------------- Austria               |Vienna 7/10/97        |      01/04/1998 --------------------------------------------------------------------- Bulgaria              |Roma 22/07/98         |      25/12/1998 --------------------------------------------------------------------- Cipro                 |Nicosia 28/06/02      |      22/05/2003 --------------------------------------------------------------------- Croazia               |Roma 27/06/97         |      01/06/1998 --------------------------------------------------------------------- Estonia               |Tallin 22/05/97       |      01/02/1999 --------------------------------------------------------------------- Francia               |Chambery 03/10/97     |      15/07/2000 --------------------------------------------------------------------- Fyrom                 |Skopie 26/02/97       |      23/10/1997 ---------------------------------------------------------------------
 |                      | in attesa di ratifica
 |                      |   Georgia; notifica Georgia               |Roma 15/05/97         |    Italia 14/08/97 --------------------------------------------------------------------- Grecia                |Roma 30/04/99         |      18/04/2001 --------------------------------------------------------------------- Lettonia              |Riga 21/05/97         |      07/11/1997 --------------------------------------------------------------------- Lituania              |Vilnius 20/05/97      |      01/12/1998 --------------------------------------------------------------------- Malta                 |La Valletta 08/12/01  |      29/11/2002 ---------------------------------------------------------------------
 |                      | in attesa di ratifica
 |                      |   Marocco; notifica Marocco               |Rabat 27/07/98        |    Italia 21/12/98 ---------------------------------------------------------------------
 |                      | procedura di ratifica Moldavia              |Roma 03/07/02         |       in corso ---------------------------------------------------------------------
 |                      | procedura di ratifica Nigeria               |Roma 12/09/00         |       in corso ---------------------------------------------------------------------
 |Accordo               |
 |Schengen/Polonia      | Polonia               |22/11/1994            | --------------------------------------------------------------------- Romania               |Bucarest 04/03/97     |      01/02/1998 ---------------------------------------------------------------------
 |                      | Procedura di ratifica
 |                      | in corso (sostituisce
 |                      |  quello firmato nel
 |                      |1997, entrato in vigore
 |                      |il 01/08/98,rimasto di Rep. Serbia Montenegro|Belgrado, 28/01/03    |  fatto disapplicato) --------------------------------------------------------------------- Slovacchia            |Bratislava 30/07/98   |      01/01/1999 --------------------------------------------------------------------- Slovenia              |Roma 03/09/96         |      01/09/1997 --------------------------------------------------------------------- Spagna                |Roma 04/11/99         |      01/02/2001 --------------------------------------------------------------------- Sri Lanka             |scambio note 24/09/01 |      24/09/2001 --------------------------------------------------------------------- Svizzera              |Roma 10/09/98         |      01/05/2000 --------------------------------------------------------------------- Tunisia               |scambio note 06/08/98 |      06/08/1998 --------------------------------------------------------------------- Ungheria              |Budapest 20/05/97     |      10/04/1999 Fonte: Ministero degli affari esteri
 
 Gli  accordi conclusi negli ultimi due anni sono quelli con Malta, Moldavia,  Cipro,  Sri  Lanka,  Serbia-Montenegro  (quest'ultimo  nel gennaio  2003 ha sostituito quello rimasto disapplicato del 1998). Un ulteriore  accordo,  con  la Bosnia Erzegovina, e' stato parafato nel luglio scorso.
 In  ambito  europeo,  nel novembre 2002, il Consiglio ha conferito alla   Commissione   mandato  a  negoziare  accordi  di  riammissione comunitari  con  Cina,  Albania, Turchia ed Algeria: essi si vanno ad aggiungere a quelli gia' conferiti per Russia, Marocco, Pakistan, Sri Lanka,  Hong  Kong  e  Macao.  In  tutti  questi  casi,  sussiste una competenza  esclusiva della Commissione a portare avanti i negoziati, ragione per cui sono state sospese, da parte nostra, le conversazioni avviate a livello bilaterale.
 L'Italia   ha   proseguito   i  contatti  bilaterali  in  tema  di riammissione  con una serie di paesi, tra cui l'Egitto, le Filippine, la  Siria, il Bangladesh. Alcuni negoziati appaiono in fase avanzata, mentre   per   altri   si   riscontrano  alcune  difficolta',  dovute principalmente  alla  richiesta  degli  interlocutori di condizionare strettamente  la  firma  delle  intese  a facilitazioni in materia di ingressi  di  lavoro  (anche attraverso l'impegno vincolante da parte dell'Italia  a  concedere  quote  riservate), nonche' alla riluttanza mostrata   nei   confronti   della  previsione  di  una  clausola  di riammissione  per i cittadini di Paesi Terzi, che invece per l'Italia e' estremamente importante.
 Gli  accordi  di  riammissione  stabiliscono  precise  modalita' e procedure  per  l'identificazione ed il rimpatrio dei clandestini. In questo  modo  viene  data attuazione al principio generale di diritto internazionale   secondo  il  quale  gli  Stati  hanno  l'obbligo  di riaccogliere  i propri cittadini entrati o che risiedono illegalmente nel  territorio  di un altro Stato. La valutazione su tali accordi e' positiva  in  quanto  consente di esigere dalla controparte specifici comportamenti volti a facilitare l'uscita dal territorio nazionale da parte  di  chi non ha titolo per rimanervi. L'Italia ha acquisito una rilevante  esperienza  in  materia  ed  e'  il  Paese  europeo che ha concluso il maggior numero di accordi di questo tipo.
 3.3) I temi migratori nell'ambito delle iniziative regionali
 
 Parallelamente  all'azione  sul  piano bilaterale, l'Italia svolge un'intensa  attivita'  nel  quadro  dei  fori  regionali  di  dialogo esistenti  con  i  Paesi del Mediterraneo e dei Balcani. Si tratta di una   dimensione  estremamente  importante,  che  tiene  conto  della complessita'   delle  questioni  migratorie  e  della  necessita'  di soluzioni condivise in un ottica di cooperazione multilaterale.
 Relativamente  al  Sud  Est  Europeo,  l'Italia  ha promosso negli ultimi  anni  una  azione di rafforzamento della collaborazione fra i Governi dell'area adriatica e del suo retroterra per il controllo dei movimenti di persone che dalla regione balcanica si spostano verso il nostro Paese.
 Nel  quadro  dell'Iniziativa  Adriatico-Ionica (IAI) e' attiva una Tavola  Rotonda  sulla  criminalita' organizzata che ha dedicato gran parte  dei  suoi  lavori  -  fin  dalla  sua  costituzione nel 2000 - all'immigrazione   illegale.  Nel  corso  della  Presidenza  italiana dell'Iniziativa  (1°  giugno  2002  -  31  maggio 2003) si e' inoltre tenuta   a  Lecce  (13  novembre  2002)  una  riunione  dei  Ministri dell'interno della IAI dedicata proprio a tale fenomeno, in occasione della  quale e' stato approvato un Piano d'Azione inteso a rafforzare il controllo congiunto del bacino adriatico-ionico.
 Come  la  IAI,  l'Iniziativa Centro Europea (InCE) ha un Gruppo di Lavoro sulla Lotta alla Criminalita' Organizzata di cui, fra l'altro, l'Italia  detiene  la co-presidenza insieme alla Slovacchia. Anche in tale sede si continua a svolgere un opera di stimolo al potenziamento dei controlli di frontiera operati dagli altri membri dell'Iniziativa ed  in particolare da quelli della sponda orientale dell'Adriatico da cui partono i flussi di immigrazione illegale verso il nostro Paese.
 E' poi da ricordare che nell'ambito del Patto di Stabilita' per il Sud  Est  europeo  opera oramai da tempo il MARRI (Migration, Asylum, Refugees   Regional   Initiative),  il  quale  presta  una  specifica assistenza, sul piano istituzionale e normativo, ai Paesi dei Balcani Occidentali,  al  fine  di permettere loro una piu' efficace gestione dei movimenti migratori, in arrivo e in partenza.
 Nello stesso contesto regionale, e' da ricordare la Conferenza sul Crimine  Organizzato,  svoltasi  a  Londra  il  25  novembre 2002, in occasione  della  quale  e'  stato  sottolineato che il rafforzamento delle  capacita'  di  gestione  e controllo delle frontiere nell'area balcanica  costituisce  uno degli aspetti essenziali di una strategia di contrasto alla criminalita' organizzata. Tali tematiche sono state prese  in  considerazione in occasione del Vertice di Salonicco tra i Paesi dell'U.S. e quelli dell'area dei Balcani occidentali (21 giugno 2003)  ed  hanno  costituito l'oggetto della Conferenza a livello dei Ministri  dell'interno e di Giustizia, che ha avuto luogo a Bruxelles a fine novembre durante la Presidenza italiana dell'U.E.
 Nell'area  del  Mediterraneo le tematiche migratorie sono trattate nell'ambito  del Partenariato euro-mediterraneo, secondo un approccio globale che si articola su tre direttrici: contrasto all'immigrazione clandestina, co-sviluppo e gestione dei flussi migratori regolari.
 La Conferenza dei Ministri degli esteri, Napoli 2-3 dicembre 2003, ha  costituito  un'occasione di confronto per una serie di tematiche, tra   cui   quella   migratoria.  Si  e'  lavorato  per  favorire  la trasformazione  della  "facility",  che opera attualmente all'interno della BEI, in autonoma istituzione finanziaria, destinata a sostenere le  attivita'  imprenditoriali  locali  e  a  stimolare  i  flussi di investimenti europei verso i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. L'obiettivo  e'  evidentemente  quello  di ridurre i differenziali di reddito  fra  i  due  continenti  e  quindi  anche  una  delle  cause principali dell'immigrazione clandestina.
 Condividono  la medesima impostazione anche altri fori di dialogo, quali  il  "Dialogo  5+5" (Malta, Italia, Francia, Spagna, Portogallo con  Marocco,  Tunisia  Algeria, Mauritania e Libia), nell'ambito del quale  si  e' svolta a Rabat la Seconda Conferenza ministeriale sulle migrazioni  nel  Mediterraneo  Occidentale  (che  fa seguito a quella analoga  tenutasi  a  Tunisi  il  16-17  ottobre  2002)  ed  il Forum Mediterraneo, costituitosi nel luglio 1994 ad Alessandria d'Egitto.
 Per  quanto  riguarda  l'Asia,  i  temi migratori sono trattati in ambito  ASEM  (Asian  Europe  Meeting)  ed hanno fatto oggetto di una specifica Conferenza ministeriale (Lanzarote, aprile 2002).
 3.4) Il rientro degli stranieri di origine italiana
 
 Il  Ministro  per  gli  italiani nel mondo si interessa anche alle tematiche  collegate  al rientro degli stranieri di origine italiana. Le  recenti crisi dell'America Latina, come pure in altri continenti, sono  state  affrontate  anche rendendo il Ministero per gli italiani nel  mondo  un  punto  di riferimento per gli emigranti italiani ed i loro discendenti che desiderano tornare in Italia in momenti di grave difficolta'. In questo momento i paesi dai quali proviene l'interesse piu'  sostenuto  sono  l'Argentina,  l'Uruguay  ed il Paraguay, ma il Ministro  si  interessa  a  tutte  le  aree  colpite  da  gravi crisi economiche o politiche.
 Un  caso  particolarmente  importante  e' quello della Somalia, da dove provengono numerose richieste di rientro di stranieri di origine italiana. In questo paese vi e' gia' da molti anni una difficilissima situazione di disfacimento dello stato e di mancanza di sicurezza. Le lunghe  attese  per  ottenere  visti d'ingresso in Italia sono dovute alla  mancanza  di documentazione valida per l'espatrio per l'assenza di  una autorita' locale internazionalmente riconosciuta che la possa rilasciare.
 3.5) La Tratta di esseri umani
 
 L'Italia  e' stata particolarmente attiva sul piano internazionale anche  per  quanto  riguarda  la  lotta  alla tratta di esseri umani. L'Italia  ha  sottoscritto  la  Convenzione  delle  Nazioni  Unite di Palermo  sul crimine transnazionale e i due annessi Protocolli contro il traffico illecito di migranti per via terrestre, aerea e marittima (cui  abbiamo dato un rilevante contributo in sede di elaborazione) e sul  traffico  di  esseri  umani,  in  particolare di donne e minori. L'Italia  ha recepito le indicazioni del Protocollo di Palermo con la legge  11  agosto  2003, n. 228 "Misure contro la tratta di persone", come  gia'  indicato  nel  paragrafo  2.16  del  presente  documento. Inoltre,   sono  stati  ratificati  il  Protocollo  facoltativo  alla Convenzione  di  New  York  del  1989  sui diritti del fanciullo, che impegna gli Stati a mettere in atto misure incisive per la lotta alla prostituzione  infantile  ed  alla pedofilia e la Convenzione OIL del giugno  1999  sul  divieto  e  l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro  minorile, concernente specificamente tratta, lavoro forzato e impiego  di  minori  per  attivita'  legate  alla pornografia ed alla prostituzione.  E'  da  ricordare  altresi'  che il 30 aprile 2003 il Comitato  del Consiglio dei Ministri del Consiglio d'Europa ha deciso di  istituire un Comitato per la redazione di una Convenzione europea sulla  lotta  alla  tratta  degli  esseri  umani,  con  lo  scopo  di rafforzare  a  livello  europeo  l'azione delle Nazioni Unite in tale settore.
 In  ambito europeo, l'Italia si e' impegnata affinche' la lotta al traffico di esseri umani rientrasse tra le priorita' dell'Unione. Con il  Trattato  di  Amsterdam  e'  stato  definito  il quadro giuridico dell'azione  dell'U.S. in tale settore, che ha potuto quindi compiere un  notevole  salto  di  qualita',  tanto  in  termini  operativi che normativi.  Anche  sul  piano  delle  relazioni  interregionali si e' assistito  ad una progressiva integrazione delle materie del pilastro Giustizia  ed  Affari  Interni  nel dialogo dell'U.E. con i Paesi del Mediterraneo e dei Balcani. Nell'ambito delle relazioni con l'Africa, l'Italia ha inoltre svolto il ruolo di capofila, insieme alla Svezia, nella  elaborazione  di un Piano di azione per combattere il traffico di  essere  umani,  in special modo donne e bambini. E' da aggiungere poi  che  e' stata presentata dalla Commissione una direttiva europea per la concessione di un permesso di soggiorno di breve durata per le vittime  del  traffico  di  immigrati  clandestini  e della tratta di esseri   umani   che  collaborino  con  la  giustizia,  che  riprende sostanzialmente i meccanismi dell'art. 18 del D.L.vo 286/98.
 Infine,   va   ricordata   la   Conferenza  Europea  di  Bruxelles "Prevenzione e lotta al traffico di esseri umani. - Una sfida globale per  il  XXII  secolo",  svoltasi a Bruxelles il 18-20 settembre 2002 organizzata dall'OIM, dalla Commissione e dal Parlamento Europeo ed a cui  hanno  preso  parte circa mille rappresentanti dei Governi e dei Parlamenti  degli Stati membri U.E., dei Paesi candidati, di regioni, di  organismi  internazionali,  di organizzazioni inter-governative e organizzazioni   non   governative,   oltreche'   delle   istituzioni comunitarie.  Si  e'  trattato  di  una  occasione  di riflessione ed approfondimento  che,  partendo dall'esperienza maturata sinora nella lotta  ai  traffici illeciti di esseri umani, ha permesso di definire politiche  coerenti,  esaustive e coordinate per una azione a livello nazionale, europeo ed internazionale intesa a debellare il fenomeno e le  sue  cause  profonde. Insieme alla Dichiarazione di Bruxelles, e' stato  adottato  un  documento  che mira a sviluppare la cooperazione europea ed internazionale attraverso raccomandazioni, standard comuni e  "best  practices" in tema di prevenzione, protezione ed assistenza alle vittime, cooperazione giudiziaria e di polizia.
 3.6) Il tema dell'asilo e della protezione sul piano internazionale
 
 Con  particolare  attenzione  l'Italia ha seguito gli sviluppi del dibattito  internazionale  in  tema di asilo e protezione svoltosi in ambito  UNHCR  (Alto  Commissariato  per  i  Rifugiati  delle Nazioni Unite).
 In  occasione  della  24° Sessione del Comitato Permanente, che ha avuto  luogo  nel giugno 2002 e' stato adottato per consenso il testo della  "Agenda  for  Protection",  approvato  dal  Comitato Esecutivo nell'ottobre scorso. L'Agenda e' il documento conclusivo delle Global Consultations  avviate  tre  anni fa dall'UNHCR in tema di protezione internazionale,  e  raccoglie  proposte  e raccomandazioni emerse nel corso dell'esercizio.
 L'Alto   Commissario   ha   proposto   un   progetto   di  riforma dell'organizzazione,  denominato UNHCR 2004, su cui si sono aperte le consultazioni con gli Stati membri il 30 gennaio 2003. L'obiettivo e' quello  di  dare  una  stabilita'  istituzionale  all'intero sistema, modificando,  ove  necessario,  la  struttura,  le  competenze  ed  i meccanismi  di  finanziamento  dell'organizzazione. Parallelamente, e muovendo  dal  convincimento della necessita' di un adeguamento delle risposte  fornite  dalla comunita' internazionale in materia di asilo alle  nuove sfide poste dalla globalizzazione, in un contesto storico radicalmente  mutato  rispetto  a quello in cui e' stata elaborata la Convenzione  di  Ginevra  del  1951,  l'Alto  Commissario  ha inoltre avviato  una  riflessione  che  lo ha portato a porre l'accento sugli obiettivi   del   miglioramento   degli  standards  della  protezione effettiva  per  i  beneficiari della stessa, nonche' sulla ricerca di soluzioni durature nei confronti dei rifugiati e delle situazioni che generano i rifugiati, in un'ottica di condivisione di responsabilita' ed   oneri   da   parte   della  comunita'  internazionale.  In  tale prospettiva,  e'  stata  avviata  l'iniziativa  della c.d. Convention Plus,  che  si  propone di affiancare alla Convenzione di Ginevra del 1951,  una  serie  di  accordi  multilaterali settoriali su tematiche specifiche attinenti all'asilo.
 3.7) La politica migratoria dell'Unione europea
 nel triennio 2001-2003 ed i suoi possibili sviluppi
 
 a)  Nel  corso  del  triennio 2001-2003 sono proseguite, a livello comunitario,  le  attivita'  volte  all'attuazione  delle indicazioni politiche  del Consiglio europeo di Tampere (ottobre 1999) in materia di  asilo  ed  immigrazione,  secondo  le quattro linee direttrici in quella sede identificate: partenariato con i Paesi terzi di origine e transito;  regime  comune di asilo, equo trattamento dei cittadini di Paesi  terzi;  gestione  dei  flussi migratori, compreso il contrasto alle reti di immigrazione clandestina.
 Per  quanto  attiene  al partenariato, nel corso del 2001 e' stato istituito un apposito programma di assistenza finanziaria e tecnica a Paesi  terzi  nel  settore dell'asilo e dell'immigrazione, finanziato sulla linea di bilancio B7-667. Tale programma ha operato fino ad ora in  via  sperimentale, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2001,  12.5 per il 2002, 20 per il 2003, ed ha permesso di finanziare diversi progetti, soprattutto a beneficio dell'Afghanistan, dei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo e di quelli balcanici. Il Consiglio sta  attualmente  lavorando  per l'approvazione di un regolamento che istituzionalizza,  dopo il triennio sperimentale, tale programma, per cui  si prevede una dotazione finanziaria di 250 Meuro per il periodo 2004  -2008.  In  linea  con  l'esigenza  di  integrazione  dei  temi migratori  nelle relazioni esterne dell'Unione europea, nel corso del 2001  sono  stati  inseriti capitoli relativi al settore "Giustizia e Affari  Interni" nei principali accordi in negoziato con Paesi terzi, soprattutto   dell'area   balcanica   e   mediterranea,  nonche'  nei principali  programmi di assistenza finanziaria e tecnica (CARDS, per i Balcani e MEDA, per il Mediterraneo).
 In  materia  di  asilo,  nel  luglio  2001  e' stata approvata una direttiva  sulla  protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di  sfollati e sono state presentate, dalla Commissione, due proposte di  direttive  su  norme  procedurali  minime per la concessione e la revoca  dello  status  di  rifugiato  e  sulle  condizioni  minime di accoglienza  per  i  richiedenti  asilo  (adottata nel gennaio 2003), nonche'  una proposta di regolamento sulla determinazione dello stato responsabile  a  trattare  le  domande  di asilo (detto "Dublino 1F), adottata nel febbraio 2003.
 In  tema di immigrazione, sono stati adottati, nel corso del 2001, vari   atti   normativi   nel   campo  della  lotta  all'immigrazione clandestina:   direttiva   e  decisione  quadro  sul  favoreggiamento dell'immigrazione  clandestina,  direttiva  sulle sanzioni ai vettori che  trasportano  immigrati  privi dei necessari documenti, direttiva sul  reciproco riconoscimento dei provvedimenti di espulsione. Quanto all'immigrazione  legale,  nel  2001  la  Commissione  ha  presentato proposte  di  direttive  sullo  status  dei  cittadini di stati terzi residenti  di  lungo periodo (sul cui testo il Consiglio ha raggiunto un  accordo  politico  il 6 giugno 2003), nonche' sulle condizioni di ammissione di cittadini extracomunitari per finalita' di lavoro.
 Come   preannunciato  nelle  conclusioni  di  Tampere,  una  prima verifica  dello  stato  di  attuazione  delle  misure  in quella sede delineate  e'  avvenuta  in occasione del Consiglio europeo di Laeken del   dicembre  2001.  Nelle  conclusioni,  oltre  a  riaffermare  la validita'  degli  obiettivi  e  delle  direttive stabiliti a Tampere, viene  proclamata  la  necessita'  di  dare  nuovo impulso all'azione comunitaria  nei  settori  dell'asilo e dell'immigrazione, secondo un approccio   di   equilibrio   tra   la   protezione   dei  rifugiati, l'aspirazione legittima ad una vita migliore da parte degli immigrati e  richiedenti  asilo e la capacita' di accoglienza dell'Unione e dei suoi  membri.  In  materia  di controllo alle frontiere, il Consiglio europeo   ha  chiesto  a  Consiglio  e  Commissione  di  "definire  i meccanismi  di  cooperazione  tra  i servizi incaricati dei controlli alle  frontiere  esterne e di studiare le condizioni per la creazione di  un  meccanismo  o  servizi  di  controllo  comune  alle frontiere esterne".   Tale   indicazione  si  e'  tradotta  in  uno  studio  di fattibilita',  promosso dall'Italia e presentato agli Stati membri in occasione  della  riunione  ministeriale  tenutasi  a Roma nel maggio 2002, per una Polizia europea di frontiera.
 b)  Nel  corso  del  2002,  l'azione dell'Unione si e' focalizzata maggiormente    sulle   politiche   di   contrasto   all'immigrazione clandestina  e  gestione  integrata  delle  frontiere.  La  strategia europea  nella lotta all'immigrazione clandestina e alla tratta degli esseri  umani  e'  stata  definita  nel  Piano  globale approvato dal Consiglio  nel  febbraio 2002; nel mese di luglio il Consiglio ha poi formalmente  adottato  una  Decisione  quadro  sulla  lotta contro la tratta  degli  esseri  umani.  Tra  le  misure  previste  dal  Piano, particolare  importanza  assume  l'intensificazione della politica di riammissione,   che   ha   condotto   -   come   sopra   ricordato  - all'approvazione da parte del Consiglio, di cinque nuovi mandati alla Commissione  per  negoziare  accordi  di  riammissione  con l'Ucraina (giugno  2002),  l'Albania, l'Algeria, la Cina e la Turchia (novembre 2002).  Si  rammenta  in argomento che sono stati firmati gli accordi con  Hong  Kong  e  Macao  e  siglato  quello  con lo Sri Lanka. Sono attualmente  in corso i negoziati con Marocco ed Albania, mentre piu' difficili  sembrano  i contatti con Russia e Pakistan, sulla base dei mandati negoziali approvati anteriormente.
 Con  riferimento  alla  gestione  coordinata  ed  integrata  delle frontiere,  grande  rilievo  ha assunto, in ambito europeo, il citato studio  di fattibilita' promosso dall'Italia per l'istituzione di una polizia europea di frontiera. Il Consiglio GAI del giugno 2002 ha poi adottato un Piano per la gestione delle frontiere esterne dell'Unione europea,  basato  ampiamente  sullo  studio di fattibilita' italiano. Nello  stesso  mese  di  giugno,  il Consiglio europeo di Siviglia ha fatto  propri i contenuti di tale piano ed ha conferito nuovo impulso alle   politiche   comunitarie   nel   settore   dell'immigrazione  e dell'asilo,  secondo  quattro  linee  direttrici  che  hanno  dettato l'orientamento  dell'azione  dell'Unione  nei  mesi successivi: lotta all'immigrazione   clandestina,   gestione   comune  delle  frontiere esterne,  rapporti con i paesi terzi di origine e transito dei flussi migratori,  accelerazione  della  produzione  normativa in materia di asilo  ed  immigrazione.  Sulla  base  di tali indicazioni, nel corso dell'ultimo  anno  sono  stati realizzati diversi progetti pilota per operazioni  congiunte  di  pattugliamento  alle  frontiere  e  per la creazione  di  centri  tematici  (per  l'analisi  del rischio, per le tecnologie  di  individuazione  dei  clandestini, per l'addestramento comune  del  personale,  per  le  frontiere  terrestri,  marittime ed aeree).  Tali centri costituiranno il sistema "a rete" previsto dallo studio  di  fattibilita'  sulla Polizia europea delle frontiere e dal Piano d'azione sulla gestione delle frontiere esterne.
 In  materia  di  lotta  all'immigrazione  clandestina,  oltre alla citata   produzione   normativa  sul  traffico  di  esseri  umani  ed all'accelerazione   della   politica   di   riammissione   attraverso l'adozione  di  nuovi mandati per accordi di riammissione comunitari, e'  da  ricordare  il  Programma  d'azione sui rimpatri, adottato dal Consiglio  nel  novembre  2003,  che  mira  alla  definizione  di una strategia   comune   dell'Unione,   in  relazione  tanto  al  ritorno volontario  quanto  a  quello  forzato.  Su  tale base, ed al fine di dotare il programma di adeguate risorse finanziarie per l'attuazione, l'Italia  si  e'  fatta  promotrice,  insieme  a Regno Unito, Spagna, Portogallo  e  Grecia, di una proposta per l'istituzione di un vero e proprio   Fondo   Europeo  per  i  rimpatri.  La  Commissione  sembra orientata,  anche  in risposta alle indicazioni del Consiglio europeo di  Salonicco  del  giugno  2003,  a  destinare un'apposita quota del bilancio  comunitario  al  finanziamento  delle  azioni in materia di rimpatrio.
 Quanto  alle relazioni con i Paesi terzi di origine e transito dei flussi  migratori,  il  Consiglio europeo di Siviglia ha sottolineato l'importanza  di procedere secondo un approccio integrato, globale ed equilibrato che si basi sull'effettiva collaborazione con gli stessi. A  Siviglia  e'  stato  altresi' deciso che in ogni futuro Accordo di cooperazione,  associazione  o altro accordo equivalente che l'Unione europea  o  la Comunita' concludera' con un Paese terzo, sia inserita una  clausola  sulla  gestione  comune  dei flussi migratori, nonche' sulla  riammissione obbligatoria in caso di immigrazione clandestina. Clausole  del  genere  sono attualmente contenute in gran parte degli Accordi di Associazione conclusi o in negoziato (con la Giordania, il Libano,  la  Siria,  la  Comunita'  Andina,  l'America Centrale ed il Mercosur).  In  risposta  all'esigenza  di maggior integrazione delle tematiche  migratorie  nel  dialogo  con  i Paesi terzi, il Consiglio Affari  Generali  e  Relazioni  Esterne del novembre 2002 ha adottato specifiche  conclusioni  sull'intensificazione del dialogo migratorio con i paesi terzi di origine e transito dei flussi, individuando nove paesi  prioritari  (Albania,  Cina,  Serbia  e  Montenegro,  Marocco, Russia,  Ucraina,  Turchia,  Tunisia  e Libia). La Commissione ha poi presentato,  nel  dicembre  2002,  una Comunicazione nella quale sono presi in esame i diversi aspetti del nesso tra il fenomeno migratorio e  le  politiche  di  sviluppo.  Sulla  base di tale comunicazione il Consiglio  ha  adottato,  nel maggio 2003, specifiche conclusioni sul tema migrazione e sviluppo.
 Sul  piano dell'armonizzazione normativa, nel corso del 2002, sono stati  adottati  il  Regolamento  che  definisce  talune modalita' di applicazione  di  Eurodac  (il  sistema  di  confronto delle impronte digitali  elaborato per un'efficace applicazione della Convenzione di Dublino)  ed  il Regolamento che istituisce un modello uniforme per i permessi  di  soggiorno  rilasciati  a  cittadini  di Paesi terzi. Il Consiglio  ha  altresi'  adottato,  nel giugno 2002, la Decisione che istituisce   -  per  il  periodo  2002-2006  -  il  programma  "ARGO" finalizzato  alla  cooperazione  nei settori delle frontiere esterne, dei visti, dell'asilo e dell'immigrazione.
 c)   Nel  corso  del  2003  sono  proseguite  le  attivita'  volte all'attuazione  delle  misure  decise  a  Siviglia,  soprattutto  con riferimento   alle   operazioni   congiunte  di  pattugliamento  alle frontiere,  nonche'  all'attivazione dei centri tematici previsti dal Piano   per   la  gestione  integrata  delle  frontiere  esterne.  E' proseguita  altresi'  l'attivita'  normativa,  con l'adozione formale della   direttiva   sull'accoglienza  dei  richiedenti  asilo  e  del regolamento   "Dublino   II",   sulla   determinazione   dello  Stato responsabile  per l'esame delle domande di asilo. Un accordo politico e'  stato raggiunto, al Consiglio GAI di giugno 2003, sulla direttiva relativa  allo status dei cittadini di paesi terzi residenti di lungo periodo,   mentre   recente   e'   l'adozione   della  direttiva  sul ricongiungimento familiare.
 Il  Consiglio  europeo  di Salonicco del giugno 2003 ha costituito l'occasione  per  una verifica dello stato di attuazione delle misure decise  a  Siviglia,  dando un impulso di rilievo soprattutto ai temi del  controllo delle frontiere, dei rimpatri, dei visti nonche' delle relative   risorse   finanziarie.  A  partire  dal  luglio  2003,  la Presidenza  italiana  ha  condotto i lavori per la costruzione di una vera  e propria politica europea in materia di asilo ed immigrazione, sulla base delle indicazioni di Salonicco, in un quadro di equilibrio tra le misure di lotta all'immigrazione clandestina e controllo delle frontiere  e  quelle  di  accoglienza ed integrazione degli immigrati legali.
 Al  fine  di  garantire  maggiore  efficacia all'azione europea di controllo   delle   frontiere   esterne,   attraverso   un   migliore coordinamento dei progetti e delle operazioni congiunte, il Consiglio europeo  di  giugno  ha  deciso  l'istituzione di un Organo Comune di Esperti  delle  Frontiere  (Border Practitioners Common Unit), che ha gia'   cominciato  ad  operare  in  seno  al  Consiglio.  Sulla  base dell'esperienza   della   Common   Unit,   sara'   altresi'  valutata l'opportunita'  di  creare  una "struttura operativa comunitaria" che dovrebbe prendere la forma di una vera e propria Agenzia.
 In  materia  di  asilo,  l'Italia  e'  impegnata  a  concludere il processo  di  armonizzazione normativa con l'adozione delle rimanenti misure   previste   dal   Trattato   di   Amsterdam,   attraverso  il raggiungimento di un accordo politico sulla proposta di direttiva che disciplina  le  procedure minime per la concessione e la revoca dello status  di  rifugiato,  nonche'  sulla proposta di direttiva relativa alle definizioni di rifugiato e di protezione sussidiaria. E' inoltre in  discussione,  anche  con  l'UNHCR, la questione del rafforzamento della  tutela  dei  rifugiati  nelle  regioni  di origine, al fine di ridurre  l'utilizzazione  da  parte  dei veri richiedenti asilo degli stessi  canali  di  arrivo  degli  immigrati clandestini e di rendere maggiormente efficace l'attuale sistema di asilo.
 A  conclusione  del  semestre  di  Presidenza italiana dell'Unione europea,  i  positivi  risultati raggiunti rendono conto del notevole impegno  profuso  in  materia  di  gestione  dei  flussi  migratori e controllo delle frontiere esterne.
 In  particolare,  il  Consiglio europeo del dicembre 2003 ha preso atto  dell'intesa raggiunta, in sede di Consiglio GAI, sui principali elementi  costitutivi  dell'Agenzia  per  la gestione delle frontiere esterne,  che  dovrebbe  essere  operativa  entro  il  2005 a seguito dell'adozione  del regolamento istitutivo, attualmente in discussione nei  competenti  gruppi di lavoro del Consiglio. Il Consiglio europeo ha  anche  preso atto dell'adozione, su proposta della Presidenza, di un  programma  di  misure appositamente dedicato all'immigrazione via mare,  che sottolinea una speciale attenzione dell'Unione europea per tale  fenomeno.  Accordi sono stati raggiunti, inoltre, su iniziative normative  per  facilitare  la  collaborazione  tra  Stati  membri in materia di rimpatrio: tra questi, la Decisione sull'organizzazione di voli  congiunti  per  l'allontanamento  dei  cittadini di paesi terzi illegalmente  presenti  nel  territorio  di  due o piu' Stati membri. Notevole  rilievo  riveste  altresi' l'accordo su due regolamenti per l'inserimento di dati biometrici in visti e permessi di soggiorno.
 Quanto  all'immagine legale, su proposta della Presidenza italiana la  Commissione  si  e'  impegnata  ad effettuare in tempi rapidi uno studio  sui  rapporti  tra  immigrazione  legale  e  clandestina, che comportera'  anche  il  tema  di quote di ingresso a valenza europea. Un'intesa  e'  stata  poi  raggiunta  sulla  direttiva  relativa alla concessione  di  permessi di soggiorno a breve termine per le vittime della tratta.
 Due  importanti  risultati  sono stati infatti raggiunti, sotto la Presidenza italiana, nel settore delle relazioni con i Paesi terzi in materia  migratoria:  l'intesa  interistituzionale  con il Parlamento Europeo  sul  regolamento  che  istituisce un programma di assistenza finanziaria  e  tecnica  ai paesi in materia di asilo ed immigrazione (programma  AENEAS),  nonche'  l'adozione,  al  CAGRE dell'8 dicembre 2003,  di  specifiche  conclusioni  sull'avvio  di  un  meccanismo di monitoraggio e valutazione di tali paesi nella lotta all'immigrazione clandestina.
 3.8) Cooperazione allo sviluppo e flussi migratori
 
 Le  strategie  della  Cooperazione  italiana  volte  a sostenere i diritti umani, il consolidamento della democrazia, la riduzione della poverta'  e  lo  sviluppo  economico  nei Paesi di origine dei flussi migratori hanno una notevole incidenza sugli stessi, agendo su alcuni dei  principali fattori che li determinano. In particolare, stimolare lo  sviluppo  sociale e le capacita' produttive dei Paesi beneficiari contribuisce a ridurre la pressione migratoria, in particolare quella di   tipo   illegale,permettendo  allo  stesso  tempo  di  creare  le condizioni per una gestione ordinata dei movimenti dei migranti.
 Grande rilievo assumono in tale contesto le numerose iniziative di cooperazione  bilaterale a favore del Maghreb e dei Balcani, che sono anche  le  aree prioritarie per l'Italia sotto il profilo migratorio. La  conversione  del  debito  di  cui beneficiano Algeria, Marocco ed Egitto  rappresenta  inoltre  uno  strumento innovativo, che consente l'utilizzazione  dell'ammontare  corrispondente  in valuta locale per realizzare  progetti  di  sviluppo:  costruzione  di  scuole,  strade rurali,  centri  sanitari,  schemi  irrigui  e  di approvvigionamento idrico.
 La  cooperazione italiana ha rivolto una particolare attenzione al sostegno  della  crescita  di una diffusa imprenditorialita' nei PVS, soprattutto  nei settori agricolo e manifatturiero, nel convincimento che  lo  sviluppo di tali settori possa contribuire a ridurre in modo strutturale  e  duraturo  la  poverta'.  Lo  strumento  di intervento adottato  e'  stato  quello  del  finanziamento  di  linee di credito settoriali  alle  Micro, Piccole e Medie Imprese (MPMI), privilegiate come   target   group,  sia  per  la  loro  ampia  distribuzione  sul territorio,  sia  per  le  loro debolezze strutturali, che le rendono piu'   sensibili   alle   cosiddette   "insufficienze   del  mercato" (difficolta'   di   accesso   al   credito,  esclusione  dai  mercati internazionali,   scarse   informazioni,   fattori  di  scala,  etc). Specifiche  linee di credito agevolate sono state destinate alle MPMI ed   alle   societa'  miste  per  il  finanziamento  di  investimenti produttivi  in  Tunisia,  Algeria, Marocco ed Egitto. Tali iniziative possono  anche  trarre  vantaggio dell'esperienza italiana in tema di MPMI  e di distretti industriali. Significativa a tal proposito e' la collaborazione   instaurata  con  l'UNIDO  (United  Nation  Indutrial Development   Organization).   E'   importante   in   tale   contesto sottolineare  il  ruolo  che  possono avere i migranti come possibili "agenti  di  sviluppo"  in  grado  di avviare nei paesi di origine la costituzione di MPMI e l'aggregazione delle stesse.
 Associati  alle  linee di credito sono spesso interventi di natura non   finanziaria,   quali  assistenza  tecnica  e  trasferimento  di tecnologia,  molto  utili  in  quasi tutte le iniziative, soprattutto nelle fasi di avvio, sino a quando la controparte del progetto non ha raggiunto l'autosufficienza nella gestione degli strumenti finanziari messi  a  disposizione.  L'organismo  di  cui si e' spesso avvalsa la Cooperazione  italiana  per  l'assistenza  tecnica e' l'UNIDO, e piu' specificamente,  l'Industrial  Promotion Office di Milano, che ha una competenza  specifica  nell'assistenza  alle  imprese  nella  fase di preinvestimento.
 Altro  settore di intervento per favorire lo sviluppo economico e' la  formazione  professionale  mirata  a  superare  quella carenza di risorse  umane,  considerata  come  uno  dei  piu' importanti fattori limitanti  lo  sviluppo delle imprese nei PVS. Per quanto riguarda la lotta  alla  tratta  degli  esseri  umani  legata  allo  sfruttamento sessuale,  che  coinvolge soprattutto donne e minori, la cooperazione italiana  e'  intervenuta  in  Nigeria  con  un  programma realizzato dall'UNICRI   (United   Nations   Interregional   Crime  and  Justice Research).
 Una  attivita'  direttamente collegata alla tematica migratoria e' l'assistenza   tecnica  per  la  creazione  di  sistemi  di  gestione integrata  delle informazioni sull'emigrazione e per il rafforzamento delle  capacita'  istituzionali  e tecniche delle Amministrazioni dei Paesi d'origine dei flussi migratori. Si intende in tal modo favorire politiche  volte  a  promuovere  la  legalita'  nei flussi migratori, agevolare  l'integrazione  degli  emigrati  nel Paese di accoglienza, salvaguardare  i  vincoli socio-culturali degli emigrati con il Paese di  origine, canalizzare verso il Paese di origine le risorse umane e finanziarie rilasciate dal processo di emigrazione. Una componente di particolare  rilievo  del  progetto si incentra sul capacity building delle  istituzioni  pubbliche  coinvolte,  al  fine  di  garantire la sostenibilita'  del  progetto  anche  dopo la fine delle attivita' di assistenza tecnica.
 La  valorizzazione  delle rimesse ai fini dello sviluppo dei Paesi di  provenienza  puo' assumere una grande importanza sotto il profilo migratorio  ed  aprire,  al  tempo  stesso,  nuovi  orizzonti sia per l'utilizzazione   dell'Aiuto  Pubblico  allo  Sviluppo,  sia  per  la promozione  dei  finanziamenti diretti esteri. In questo contesto, la cooperazione  italiana  sta  studiando  strategie  di intervento, che coinvolgono  anche  le associazioni di migranti, il sistema bancario, con  particolare  attenzione per le casse di credito cooperativo (per le possibilita' che queste offrono in materia di assistenza tecnica e di  prodotti  di raccolta e di impiego del risparmio) ed i sistemi di microfinanza  legati al settore delle ONG, nonche' le piccole e medie imprese locali per l'utilizzo delle rimesse ai fini di investimento.
 Regioni  ed  enti locali, in quanto istituzioni rappresentative di specifiche   comunita'   territoriali,   rappresentano  interlocutori privilegiati   per  la  definizione  ed  il  sostegno  di  interventi innovativi  e  sperimentali  di cooperazione decentrata, quali quelli sulla valorizzazione delle rimesse. Altrettanto interessanti appaiono le  iniziative  relative  a minori non accompagnati che sono in esame con  alcune  Regioni  italiane  (Puglia,  Emilia  Romagna e Marche) e rivolti  ad  alcuni  Paesi dei Balcani (Bosnia-Erzegovina, Croazia ed Albania).
 Sul   piano   multilaterale,   particolarmente   intensa   e'   la collaborazione  con l'OIM (International Organization for Migration), organizzazione  internazionale  che fornisce servizi di assistenza in materia di gestione dei flussi migratori e di rimpatrio volontario di migranti  e  rifugiati,  con particolare attenzione alle attivita' di accoglienza,  integrazione  e/o  reinserimento nelle aree di origine.
 
 3.9) La politica dei Visti
 
 Nel  2001  la  rete  diplomatico-consolare  italiana ha rilasciato 947.085  visti  d'ingresso  mentre  l'anno  successivo  ne sono stati emessi  853.446. I dati registrati nei primi 9 mesi del 2003 indicano finora  un  assestamento  su  quelli  del  2002.  In tale ambito, gli ingressi  per  turismo  e  per  affari rappresentano circa il 60% del totale.  E'  stata inoltre rilevata una crescita dei visti per motivi di  studio,  in  particolare  universitario,  e  per ricongiungimento familiare.
 A seguito dell'entrata in vigore del D.Lvo 286/98 e del successivo Regolamento  di Attuazione adottato con il D.P.R. n. 394/99, e' stata predisposta,  di  concerto  con  gli  altri  Dicasteri  competenti in materia,  la  Circolare  ministeriale  n.  14  del  24  ottobre 2001. Concepita allo scopo di dotare la rete diplomatica e consolare di uno strumento  di lavoro aggiornato ed organico in materia di rilascio di visti  d'ingresso,  la  Circolare  n.  14/2001  offre  una panoramica completa della normativa Schengen e nazionale in vigore. Essa infatti comprende,   dopo   un'articolata   parte   introduttiva,  21  schede dettagliate con la casistica dei tipi di visto previsti dalla legge e 13 allegati di particolare utilita' operativa.
 Il   costante   monitoraggio   dell'attivita'  svolta  dalla  rete diplomatico-consolare  in  materia di rilascio dei visti d'ingresso e l'esperienza  acquisita  nell'applicazione  della  relativa normativa hanno  contribuito  al continuo sforzo di ottimizzazione dei servizi. Al  riguardo,  particolare  cura  ed  attenzione  sono state prestate nell'assistenza  alle  Sedi  per  facilitare e snellire, nel rispetto delle  disposizioni  di  legge,  il  rilascio  dei  visti per affari, turismo e lavoro, tanto subordinato (specie stagionale) che autonomo. Di  crescente  importanza  si e' dimostrato l'impegno per il rilascio dei visti per ricongiungimento familiare.
 Si  e' inoltre operato per rimuovere talune difficolta' registrate per  i  visti  di  ingresso  per  lavoro  subordinato  ed autonomo di personale  altamente  qualificato;  fornire  un quadro di riferimento organico per i visti per motivi di studio e formazione professionale; rafforzare   la   presenza  dell'Italia  nel  circuito  degli  scambi culturali  e  scientifici;  prevedere  per  il delicato settore degli scambi  giovanili  una disciplina piu' flessibile e, al tempo stesso, attenta  alle  indispensabili  garanzie  a tutela degli interessi dei minori.
 
 ---->   VEDERE TABELLA A PAG. 91 DELLA G.U.  <----
 3.10) Tendenze delle politiche migratorie degli altri Paesi europei
 
 Negli  ultimi  anni  le  politiche  migratorie seguite dai singoli Paesi  membri  dell'Unione  europea si sono concentrate sul contrasto dell'immigrazione   clandestina  e  sul  controllo  delle  frontiere, tendenza che si e' trasposta anche sulle politiche comuni dell'Unione europea.  Inoltre,  gran  parte dei Paesi membri ha adottato, su base nazionale,  un  approccio convergente sui seguenti aspetti: politiche di  integrazione,  che pongono una maggiore enfasi sull'apprendimento della  lingua,  cultura  e  legislazione  del Paese di accoglienza da parte  degli  stranieri;  politiche dell'immigrazione per lavoro, che aprono  alcune  nuove opportunita' di ingresso e fanno un maggior uso della  programmazione,  anche attraverso quote; politiche dell'asilo, mirate a ridurre le domande "pretestuose."
 a)  Le  politiche sul contrasto dell'immigrazione clandestina e di controllo  delle  frontiere  sono  state rafforzate in particolare in Gran  Bretagna e Francia, che hanno chiuso il centro di accoglienza a Sangatte,  da cui partivano i tentativi di ingresso clandestino verso la Gran Bretagna tramite il tunnel sotto la Manica.
 In  Gran  Bretagna  il  Governo  Blair ha inoltre varato una nuova legge  in  materia  di  immigrazione  ed  asilo,  entrata  in  vigore all'inizio  del  2003,  che  si  propone di combattere l'immigrazione clandestina attraverso criteri piu' rigorosi di esame delle richieste di  asilo,  l'introduzione  del  reato  di  traffico  e  sfruttamento dell'immigrazione  illegale  e  di  sanzioni piu' severe a carico dei datori  di  lavoro  per le assunzioni degli immigrati "in nero". Sono inoltre previsti maggiori controlli sui matrimoni di comodo.
 In  Francia,  la nuova legge sull'immigrazione approvata nel 2003, prevede  l'estensione  da  12  a  32 giorni del periodo di permanenza massima  degli  stranieri  clandestini nei centri di trattenimento in attesa  di  espulsione. Viene inoltre introdotta la rilevazione delle impronte  digitali nei visti turistici per i cittadini non comunitari e  per  tutti  gli stranieri che richiedono un permesso di soggiorno. Potranno inoltre essere create "zone di attesa" provvisorie nel luogo in cui dovessero avvenire degli sbarchi. Allo stesso tempo sono state previste  attenuazioni  per  la  c.d."doppia  pena"  (pena detentiva, seguita  da  espulsione)  per coloro che hanno un forte legame con la Francia  (familiari di cittadini francesi, residenti di lunga durata, persone nate o cresciute in Francia).
 In Spagna, e' stata approvata nel 2003 una riforma della normativa vigente  (Ley de Extranjeria del 22.12.2000), che rafforza il sistema di vigilanza elettronica contro gli sbarchi di clandestini (il SIVE o Sistema   Integrato   di   Vigilanza  Esterna)  situato  sulle  coste meridionali  del Paese, introduce una regolamentazione piu' rigida in tema   di   ricongiungimento   familiare,   potenzia   i   centri  di trattenimento per gli irregolari e mira ad intensificare le attivita' di  rimpatrio.  Viene  inoltre  stabilito  l'obbligo per le compagnie aeree   di   cooperare   con   le   Autorita'  spagnole  nella  lotta all'immigrazione illegale, segnalando il mancato uso del biglietto di ritorno   da   parte  di  cittadini  extracomunitari,  pena  sanzioni pecuniarie estremamente elevate.
 In   Germania  e'  stata  approvata  nel  2004  una  nuova  "legge sull'immigrazione e l'integrazione degli stranieri", a modifica della vigente  "legge  sugli  Stranieri"  del  1990. Per le persone che non hanno  titolo  a  risiedere  nel  Paese  e che devono pertanto essere rimpatriate,  e'  previsto  l'obbligo  di  residenza  in  particolari strutture  sino al momento dell'espulsione. La dichiarazione di false generalita',  ed  in  generale i comportamenti volti ad ostacolare la propria  identificazione,  comporteranno la decadenza da ogni diritto di   soggiorno.  Ulteriori  misure  sono  state  aggiunte  per  poter espellere gli stranieri sospettati di attivita' terroristiche.
 In  Portogallo,  la  nuova  legge sull'immigrazione, in vigore dal febbraio  2003,  si  muove  in  un'ottica  di  armonizzazione  con le direttive  e  gli orientamenti comunitari e prevede inoltre un regime di  sanzioni  piu'  severo in relazione al traffico di esseri umani e all'immigrazione   illegale.  Infine,  non  viene  piu'  previsto  il rilascio   di   "autorizzazioni   di   permanenza"   (Autorizaçao  de Permanencia),  un  permesso di soggiorno atipico che il Portogallo ha concesso,  nel  biennio  2001-2003, per "regolarizzare" gli immigrati irregolari.
 b)  Le nuove politiche dell'integrazione richiedono agli stranieri che  desiderano risiedere nei Paesi europei uno sforzo di adattamento e  di  inserimento  nelle  societa' di accoglienza, in particolare in termini   di   apprendimento   della   lingua,  delle  sue  leggi  ed istituzioni.
 La nuova legge francese prevede l'introduzione di un "contratto di integrazione"  per  i nuovi entrati, basato su corsi di apprendimento del  francese e sullo studio dei "valori della societa' francese". Il certificato  conseguito  alla  fine di questi corsi da' accesso ad un permesso  di residenza decennale, mentre per coloro che non ottengono il certificato il permesso potra' essere solo annuale.
 In  Germania,  la nuova legge sull'immigrazione abbassa da 16 a 12 anni  l'eta'  massima per i ricongiungimenti dei figli minori che non possano provare di avere sufficiente conoscenza della lingua tedesca, ritenendo  che  oltre tale eta' non vi siano sufficienti garanzie per l'integrazione  del minore nella societa' tedesca. Non sono stabiliti limiti  di  eta'  per  il  ricongiungimento  dei figli minori, ove lo straniero   sia   titolare  di  un  permesso  di  soggiorno  a  tempo indeterminato, ovvero goda dello status di rifugiato, o se l'ingresso del minore avviene contestualmente a quello del suo nucleo familiare. Particolare accento viene posto sull'integrazione dei nuovi immigrati non  comunitari,  per  i  quali  -  nel  caso  in  cui  il livello di conoscenza  del  tedesco  viene  ritenuto insufficiente - e' previsto l'obbligo di frequenza di corsi di lingua e cultura tedesca.
 La   Gran   Bretagna   intende  introdurre,  nella  procedura  per l'acquisizione  della  cittadinanza da parte di stranieri, un test di storia  e  istituzioni  britanniche,  che  permetta  di verificare la conoscenza  di  alcuni  principi chiave del sistema politico e legale del Paese.
 In  Austria,  dal 2003, gli stranieri non comunitari arrivati dopo il  1998  devono  dimostrare  una conoscenza base del tedesco, oppure seguire dei corsi di lingua. Il Governo contribuisce a finanziare una parte  del  costo dei corsi, ma se lo straniero non riesce a superare il test di lingua, dopo quattro anni puo' essere revocato il permesso di  soggiorno.  Sono  esentati  da  questo  obbligo gli studenti ed i professionisti con le proprie famiglie.
 c)  Allo  stesso  tempo  sono  state  aperte nuove possibilita' di ingresso   per   lavoro,   in   particolare   per   alcune  categorie particolarmente  richieste  dal  mercato  del  lavoro locale ed anche attraverso una politica di programmazione basata su quote.
 La  Gran  Bretagna,  che  gia'  permetteva  l'ingresso  per lavoro stagionale  durante  l'estate  agli  studenti  del  Commonwealth,  ha significativamente  ampliato le possibilita' di ingresso basate sulle esigenze  del  mercato  del  lavoro.  E' stata stabilita una lista di professioni  per  le  quali  risulta  difficile  il  reclutamento  di personale   in  loco  (elettronica,  tecnologia  dell'informazione  e comunicazione  e  settore  sanitario):  in tali casi l'ingresso viene garantito  con  immediatezza. Dal 2001 un sistema a punti senza quote favorisce  l'ingresso  di  lavoratori dipendenti o autonomi altamente qualificati.  Nel  2002, 120.000 persone sono state ammesse nel paese per  lavoro  con  permessi  di  breve durata e 116.000 hanno ricevuto l'autorizzazione  di  installarsi in maniera permanente. A maggio del 2003 il governo britannico ha inoltre introdotto una quota annuale di 20.000 ingressi per lavoro non qualificato, per coprire dei posti per i  quali i datori di lavoro possono dimostrare di non essere riusciti a reperire personale in loco. Questi lavoratori devono avere tra i 18 ed  i  30  anni e la quota viene resa disponibile progressivamente in tre  tappe  durante  l'anno, per evitare un troppo rapido esaurimento della stessa.
 Dal  2000, la Germania ha introdotto quote programmate di ingresso per  lavoratori stranieri nel settore dell'alta tecnologia, cui viene consentita  una  permanenza  temporanea  nel  Paese.  Il  progetto di riforma    normativa    sull'immigrazione    mantiene   tale   corsia preferenziale  per l'ingresso di lavoratori extracomunitari altamente qualificati,  oltre  a  infermiere  e lavoratori agricoli stagionali. Viene  anche facilitata la permanenza di giovani stranieri al termine del loro periodo di studio in Germania.
 Come  l'Austria,  la  Spagna mantiene un sistema di programmazione per  quote.  La legge sull'immigrazione spagnola richiede inoltre che il  cittadino extracomunitario sia in possesso di un valido contratto di   lavoro  per  ottenere  il  rilascio  del  visto  d'ingresso  nel territorio  nazionale.  La  residenza permanente puo' essere concessa allo straniero che abbia risieduto in Spagna regolarmente ed in forma continuativa  per  almeno  cinque  anni.  Il  progetto  di riforma in materia  migratoria  introduce  un visto d'ingresso di tre mesi per i cittadini  extracomunitari,  che consentira' - per detto periodo - la permanenza  in  Spagna  ai  fini della ricerca di un posto di lavoro, limitatamente  al  caso  dei  discendenti  di cittadini spagnoli o di lavoratori impiegati in settori per i quali vi e' una forte richiesta da parte del mercato del lavoro.
 In  Portogallo,  la legge sull'immigrazione del 2003 ha introdotto un  sistema  di  quote  annuali  di  ingresso e facilitazioni per gli stranieri che intendano svolgere attivita' di ricerca scientifica.
 d)  Per  quanto  riguarda  le  politiche  in  materia di asilo, le legislazioni dei Paesi europei riflettono la comune preoccupazione di ridurre  le  domande  "pretestuose",  per scoraggiare il ricorso allo strumento dell'asilo politico a scopi migratori.
 L'immigrazione  in  Gran  Bretagna si presenta in gran parte sotto forma di richieste di asilo politico. Nel 2002, su un totale di circa 180.000   immigrati   nel  Regno  Unito,  oltre  110.000  risultavano appartenere  alla  categoria dei richiedenti asilo. E' stata pertanto varata  una  politica  di  contenimento,  i cui punti salienti sono i seguenti:
 • creazione  di  campi  di accoglienza per i richiedenti asilo, per  evitare la loro dispersione nel Paese durante le pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiato;
 • introduzione  del  concetto  di "safe country", concernente i dieci  Paesi  europei  di recente ingresso nell'UE (Cipro, Repubblica Ceca,   Estonia,   Lettonia,   Ungheria,  Lituania,  Malta,  Polonia, Slovacchia,  Slovenia),  piu'  un'ulteriore  lista  aggiuntiva  di 17 Paesi.  La  domanda  di  asilo proveniente da cittadini di tali Stati sara' ritenuta "ipso facto" manifestamente infondata;
 • rigetto   delle   domande   presentate  dopo  una  prolungata permanenza  all'interno  del  Regno  Unito,  e  quindi non alla prima occasione utile alla frontiera;
 • valutazione  piu'  attenta  nella  concessione del cosiddetto permesso  di  residenza  per  motivi  umanitari (exceptional leave to remain),  rilasciato  in  genere  a  chi,  pur  non avendo diritto al riconoscimento  dello  status di rifugiato, viene ritenuto meritevole di  protezione  internazionale.  Si  e'  registrata  una  consistente riduzione  del  numero  delle  domande  di  asilo  presentate in Gran Bretagna  nel  corso  dell'anno.  Per  il  primo semestre del 2003 il totale e' di poco superiore alle 25.000 unita'.
 In  Germania,  dal  giugno  1993,  e'  in  vigore  una  legge piu' restrittiva, che stabilisce procedure semplificate per la trattazione delle domande d'asilo, gia' al posto di frontiera. In particolare, e' stato  introdotto ilc.d. gruppo dei "Paesi sicuri", ritenuti idonei a garantire  un  livello sufficiente di tutela. Anche il nuovo progetto di legge si muove nella medesima prospettiva.
 In  Francia,  e'  in corso di approvazione un progetto di legge in materia   di   asilo,   la   cui   principale   innovazione  consiste nell'istituzione di un'unica istanza responsabile in materia di esame delle  domande  di  asilo  (OFPRA - Office Français de Protection des Refugies et Apatrides). Viene inoltre introdotto il concetto di Paesi terzi  "sicuri",  ma non l'automatico rigetto senza istruttoria delle domande  dei  richiedenti  asilo  da  essi provenienti. Le Prefetture potranno   comunque   rifiutare   l'autorizzazione   di  soggiorno  a richiedenti   asilo   che  provengano  da  tali  Paesi,  ma  dovranno trasmettere la relativa domanda al predetto OFPRA, ove la trattazione di questo tipo di richieste seguira' una procedura accelerata.
 Cap. 4) Le politiche di integrazione
 
 L'integrazione della popolazione immigrata consiste in un processo bidirezionale  basato sul rispetto di diritti e doveri reciproci e su di  un  processo interculturale. Da una parte, il cittadino straniero deve  adeguarsi  alle  regole  e  riconoscere i valori della societa' italiana,  dall'altra  deve  avere  accesso  a beni e servizi che gli garantiscano una dignitosa qualita' della vita.
 In quest'ottica, le politiche di integrazione dovranno favorire la piena  partecipazione  economica,  sociale  e culturale dei cittadini stranieri,  attraverso  un  costante  confronto  interistituzionale e politiche  aperte  di  concertazione  sociale,  in considerazione dei principi, delle linee guida e dell'approccio multisettoriale espresso nella   Comunicazione  della  Commissione  europea  su  immigrazione, integrazione e occupazione (COM. 3.6.2003, n. 336).
 L'elaborazione  di  politiche  di  integrazione  deve  tener conto dell'evoluzione  della  progettualita' migratoria verso la ricerca di una   maggiore  stabilita',  che  si  esprime,  tra  le  altre  cose, attraverso  una  crescente  stabilita'  occupazionale,  una  migliore padronanza  della  lingua  italiana,  un aumento dei ricongiungimenti familiari e una maggiore partecipazione scolastica.
 A  fronte di persone stabilmente integrate nel paese, si e' potuta rilevare  la  presenza di numerosi stranieri irregolarmente presenti, le  cui  condizioni  di  precarieta'  rendevano  difficile  una piena integrazione.
 Si  trattava  di  una realta' parallela socialmente insostenibile, carica  di  rischi per l'ordine interno e la pacifica convivenza, che si  andava  ripercuotendo  anche sulle politiche e le opportunita' di integrazione sociale dei lavoratori regolarmente residenti.
 Lo  sforzo  fatto  dal  governo  italiano  con  il procedimento di regolarizzazione  (sulla  base  della  legge  30  luglio 2002, n. 189 "Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo" e del decreto  legge  9  settembre  2002  n.  195  e legge di conversione 9 ottobre  2002,  n.  222  recante  "Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione  del  lavoro  irregolare  di extracomunitari"), che ha interessato   circa   700.000  lavoratori  stranieri  sul  territorio nazionale, ha avuto l'obiettivo di far emergere dal lavoro irregolare lavoratori  stranieri  "invisibili", impegnati in attivita' svolte in violazione  della disciplina vigente e privi di tutele contrattuali e copertura   assicurativa.  Attraverso  questo  procedimento,  che  ha rafforzato  il  collegamento tra occupazione e permesso di soggiorno, si  e'  garantita  a  tutti gli immigrati regolarizzati la tutela dei diritti gia' disponibili per i loro connazionali regolari.
 Tutto  cio' comportera' nei prossimi anni un impulso significativo delle misure di integrazione connesse con le nuove regolarizzazioni.
 I  dati piu' recenti sulle tendenze all'integrazione sociale delle comunita'  immigrate  regolarmente  residenti  in  Italia  forniscono elementi  utili  per  la definizione degli orientamenti verso i quali rivolgere  le  politiche  di  integrazione  dei  lavoratori stranieri recentemente regolarizzati.
 La  partecipazione  di  migliaia  di  immigrati  a corsi di lingua italiana  e la certificazione delle competenze linguistiche acquisite fornisce  un  primo  elemento  di  riflessione sullo strategico ruolo veicolare  della  lingua  nel  processo  di interazione tra stranieri adulti  e  societa' di accoglienza. Il mondo della scuola rappresenta un  altro  spazio cruciale per l'interazione positiva tra stranieri e popolazione  autoctona  ed  ha  visto aumentare la presenza di alunni stranieri  dai  50.322  studenti  nell'anno  scolastico  1995/1996 ai 232.766  del  2002/2003. In ambito scolastico negli scorsi anni erano stati  segnalati  problemi  di accesso per i minori stranieri, con un alto  tasso di insuccesso e di dispersione scolastica soprattutto nel passaggio  dalla  scuola  primaria a quella secondaria, mentre i piu' recenti   dati   mostrano  una  tendenza  al  superamento  di  queste criticita'  che  andra'  rafforzato  nei  prossimi  anni  per ridurre ulteriormente   lo   scarto  rispetto  alla  popolazione  studentesca italiana  e garantire un deciso incremento della mobilita' scolastica oltre la scuola dell'obbligo.
 L'aumento  delle aspirazioni all'acquisto di una abitazione mostra un  altro  elemento della stabilita' e dell'integrazione raggiunta da molti  immigrati.  La difficolta' a trovare una casa rispondente alle esigenze  abitative  di  molte  famiglie  immigrate  fa  emergere  la necessita' di trovare soluzioni rivolte a tutte le fasce svantaggiate della  popolazione, anche favorendo la collaborazione tra istituzioni pubbliche   centrali,  locali,  interlocutori  privati  e  del  Terzo Settore.
 Il ricorso a figure di mediazione linguistico - culturale e' stato ampiamente  utilizzato  in  questi  ultimi  anni,  producendo effetti positivi   nella   promozione   dei   diritti  fondamentali  e  nella facilitazione   dei   rapporti  tra  cittadini  stranieri  e  servizi pubblici.   Un   importante  risultato  si  e'  raggiunto  in  ambito socio-sanitario e nell'informazione giuridica e occupazionale. Questa strategia andrebbe rafforzata nel quadro di un riconoscimento formale delle competenze della figura professionale del mediatore culturale c della  promozione del ricorso alla mediazione a vantaggio di una piu' efficace interazione tra stranieri e amministrazione pubblica.
 La  tutela  dei  diritti  degli  immigrati offerta dalle normative vigenti  comporta  pero'  anche  una puntuale conoscenza da parte del lavoratore  immigrato  dei  suoi  obblighi relativi ad una permanenza regolare  in Italia. Il rispetto di tali doveri e' indispensabile per evitare  i  rischi  di una ricaduta nell'illegalita' ed e' per questo motivo che si dovrebbe promuovere un costante monitoraggio, a livello locale  e  regionale,  della realta' migratoria e dei suoi sviluppi e campagne   informative   finalizzate  a  prevenire  ogni  rischio  di permanenza illegale sul territorio.
 4.1) Consigli territoriali per l'immigrazione
 
 Per  una  piu'  puntuale  politica  di integrazione viene prevista dall'art.  3  del  T.U.  l'istituzione  dei Consigli Territoriali per l'Immigrazione,  organismi con compiti di analisi delle esigenze e di promozione  degli  interventi  da attuare a livello locale. L'art. 57 del  D.P.R.  31  agosto  1999,  n.  394  ha  affidato  ai Prefetti la responsabilita'  di  assicurare  la formazione e il funzionamento dei Consigli  Territoriali  e il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri  18  dicembre 1999, istituendo i Consigli in ogni provincia, ha attribuito agli stessi la presidenza dei suddetti organismi.
 I  Consigli  sono composti da rappresentanti dei competenti uffici periferici  delle  amministrazioni  dello Stato, dal Presidente della Provincia, da un rappresentante della Regione, dal sindaco del comune capoluogo  o  da un suo delegato nonche' dal sindaco dei comuni della Provincia  di  volta  in  volta interessati o da un suo delegato, dal Presidente  della  camera  di  commercio,  industria,  artigianato  e agricoltura  o da un suo delegato, da almeno due rappresentanti delle organizzazioni  sindacali  dei  lavoratori e dei datori di lavoro, da almeno  due  rappresentanti  delle  associazioni piu' rappresentative degli  stranieri  extracomunitari  operanti nel territorio, da almeno due  rappresentanti degli enti e delle associazioni localmente attivi nel  soccorso  e  nell'assistenza  degli  immigrati.  Possono  essere inoltre  invitati  a partecipare alle riunioni i rappresentanti delle Aziende  Sanitarie  Locali,  nonche'  degli enti e delle associazioni localmente attivi nel soccorso e nell'assistenza agli immigrati.
 I   Consigli   Territoriali   per   l'immigrazione  rappresentano, innanzitutto,  osservatori  privilegiati  del fenomeno immigratorio e punti focali di riferimento per tutti i soggetti che agiscono ai fini dell'integrazione degli stranieri regolari nel nostro Paese.
 Tali organismi costituiscono, in effetti, una preziosa risorsa per la  pianificazione delle politiche per l'integrazione degli stranieri -  consentendo,  da un lato, attraverso la loro funzione di raccordo, di  elaborare  strategie  e  modulare  interventi  in  relazione alle specifiche  esigenze  del  territorio,  e,  dall'altro, di fungere da canale  di  trasmissione  di  preziosi  flussi di informazione, dalla periferia al centro.
 I  Consigli  Territoriali  -progressivamente  costituitisi in ogni Provincia  in questi ultimi anni - hanno mostrato di saper affrontare le  concrete  difficolta'  di inserimento degli immigrati nel tessuto sociale,  avviando numerose iniziative, con la collaborazione di vari enti e associazioni locali.
 Sono  state  attivate forme di monitoraggio attraverso osservatori statistici  gia'  presenti  sul  territorio  o  con  l'istituzione di appositi  osservatori all'interno degli stessi Consigli. La creazione di  reti  telematiche - avviata in qualche realta' regionale - appare sicuramente  la forma migliore per un'efficace raccolta e analisi dei dati.
 Pur  se  i  campi  di  indagine  sono  strutturati  in  base  alle caratteristiche dei diversi territori, denominatori comuni di analisi per  tutti  i Consigli - utili alla lettura dei bisogni e del livello di   inserimento  sociale  della  popolazione  immigrata  -  sono  il monitoraggio  sull'inserimento lavorativo, la domanda e l'offerta del mercato  del  lavoro  locale,  le  soluzioni  abitative, l'accesso ai servizi  socio-sanitari, l'inserimento scolastico e i servizi rivolti ai minori in genere, gli aspetti religiosi.
 Un'attenta  e  approfondita attivita' di monitoraggio del fenomeno migratorio  nei  suoi  piu'  rilevanti  aspetti, garantendo una reale conoscenza  dei  problemi  dal  punto  di  vista sia quantitativo che qualitativo,   consente   e   favorisce,   quindi,  la  promozione  e pianificazione   integrata   degli  interventi  e  la  fissazione  di obiettivi   a   breve  e  medio  termine  perseguiti  nell'ambito  di commissioni  o  gruppi di lavoro, istituiti nei Consigli per fornire, nei  vari  settori  di competenza, contributi in termini di idee e di proposte concrete.
 La  validita'  e  l'efficacia  dei  Consigli si dimostra, inoltre, nella   possibilita'  e  capacita'  di  esercitare  una  funzione  di indirizzo  delle  risorse  messe  a  disposizione  da altri soggetti, costituendo  punto  di  riferimento  di  iniziative  e progettualita' locali.
 Gli  interventi maggiormente incisivi finora promossi dai Consigli sono   stati  sostenuti  da  protocolli  d'intesa  o  da  accordi  di programma,  strumenti  consensuali sottoscritti dai vari partecipanti ai  Consigli stessi, con i quali sono stati condivisi gli obiettivi e il conferimento delle risorse umane e strumentali.
 L'efficacia    operativa    dei    Consigli    Territoriali    per l'immigrazione, dipende, essenzialmente, dalla qualita' ed intensita' dei  rapporti  tra  le  sue  componenti  nonche'  dalla  capacita' di rispecchiare  le  esigenze delle realta' locali ad essi collegate. E' importante,  ai fini di una condivisione delle strategie da adottare, la   partecipazione   di   rappresentanze  sociali  -  che  esprimono l'effettiva realta' del territorio provinciale - oltre a quelle degli enti istituzionali.
 Essenziale,  ai  fini  di  un  efficace funzionamento dei Consigli territoriali,  e'  comunque il ruolo svolto dalle Regioni, Province e Comuni,  soggetti principali per la programmazione delle politiche di integrazione a livello locale.
 L'attivazione  -  a  livello  regionale  -  di  appositi tavoli di confronto  periodici  con i Consigli Territoriali si e' dimostrata un coefficiente  di  facilitazione  nodale per la costruzione di sistemi integrati  delle  competenze  e  per  la  convergenza  delle  risorse disponibili  verso  il  raggiungimento  di obiettivi condivisi. Nelle realta'   regionali  che  hanno  dato  vita  a  questa  concertazione periodica  con  i  Consigli Territoriali e dove questi ultimi si sono posti,  coordinandosi tra loro, come interlocutori privilegiati delle Regioni  stesse,  sono  stati  predisposti  dei  piani progettuali di intervento  integrati,  omogenei  e rispondenti alle reali necessita' espresse dal territorio.
 Il  Consiglio  territoriale  per  l'immigrazione,  nelle sue prime esperienze, si sta dimostrando, in effetti, uno strumento assai utile per la gestione delle politiche dell'immigrazione sul territorio.
 E' auspicabile, dunque, che tale struttura possa vedere la propria identita' rafforzata, nel prossimo futuro, costituendo sempre piu' il fulcro di un'incisiva attivita' di monitoraggio, la sede privilegiata di  discussione,  approfondimento  e informazione delle problematiche riguardanti   l'immigrazione,  di  coordinamento  e  indirizzo  degli interventi  e  della gestione delle risorse rispondenti ai livelli di necessita' espressi dal territorio.
 L'importanza  del  ruolo  dei  Consigli Territoriali e' confermata anche dalla positiva ricaduta del coinvolgimento di tali organismi in occasione   della   procedura   di  regolarizzazione  dei  lavoratori extracomunitari,  ancora  in  atto. Le Prefetture si sono avvalse dei Consigli, per meglio accompagnare le procedure burocratiche attivando strategie  di comunicazione ampie ed efficaci. Attraverso i Consigli, e'   stato   possibile   interessare   tutti  i  soggetti  del  mondo dell'associazionismo per veicolare informazioni corrette ed omogenee.
 In tale circostanza i Consigli si sono tradotti in punti focali di informazione  e  di  consulenza,  in sedi privilegiate di confronto e discussione sulle problematiche della regolarizzazione, contribuendo, quindi,  allo  snellimento  ed  alla semplificazione delle operazioni connesse  alla  stessa  procedura.  Dagli  stessi Consigli sono stati inoltre  segnalati  quesiti  e problemi all'Amministrazione Centrale, che hanno contribuito anche a correggere e migliorare la procedura.
 Tali   organismi,   quindi,  potranno  rappresentare  un  efficace strumento  di  dialogo ed orientamento anche riguardo ai procedimenti di  attuazione  della  nuova  legge  sull'immigrazione.  Attraverso i Consigli  Territoriali per l'Immigrazione si ritiene che possa essere effettuata  una  capillare  opera  di  informazione  sul  territorio, attraverso  i  rappresentanti  degli  stranieri presenti nei Consigli stessi, riguardo alle novita' della legge 189/2002 e, in generale, ai diritti ed ai doveri degli stranieri presenti sul territorio.
 Si   ritiene,  infine,  che  rivesta  fondamentale  importanza  la realizzazione di reti interistituzionali e interfunzionali di risorse e  competenze,  a  livello  locale,  che  individuino stabilmente nei Consigli territoriali per l'immigrazione le sedi idonee ai fini:
 - della collaborazione istituzionale ai vari livelli;
 -  della  concertazione  sociale  tra i vari soggetti presenti sul territorio rispetto all'analisi dei bisogni e delle esigenze;
 -   della  programmazione  e  realizzazione  delle  iniziative  di integrazione sociale; - delle necessarie azioni di monitoraggio.
 4.2) Alunni e studenti stranieri in scuole e universita' italiane
 
 Si sta delineando una scuola delle cittadinanze, europea nella sua ispirazione,   radicata   in   un'identita'   nazionale,   capace  di valorizzare  le  tante  identita'  locali,  ma  al  contempo  di  far dialogare  la molteplicita' delle culture entro una cornice di valori universali.  L'aumento  progressivo, negli ultimi anni, del numero di alunni  che  non  hanno  cittadinanza  italiana  pone  l'accento  sul carattere   di   stabilita'  assunto  dal  fenomeno  immigratorio  ed evidenzia  la  necessita' di una pianificazione delle risorse e degli interventi.   La   scuola   rappresenta   il   principale  canale  di integrazione  dei  minori  immigrati.  Costituisce  non solo un luogo privilegiato   per  la  trasmissione  e  la  costruzione  di  modelli culturali,  ma anche un ambito importante di incontro e di confronto, di  interazione  e di scambio, un laboratorio di inclusione sociale e di convivenza civile.
 Dal  1983  ad  oggi,  gli alunni stranieri non hanno mai smesso di aumentare,  con  un  ritmo  che  e'  cresciuto notevolmente a partire dall'anno  scolastico 1996/97. Nel 2000/01 gli alunni stranieri erano 147  mila  406  (+28mila  rispetto  l'anno precedente), per diventare 282.683  nel  2003/4.  Tra  il  2000  ed  il 2004 il numero di alunni stranieri e' raddoppiato.
 Tra  i  Paesi  di  provenienza  guidano  la  classifica:  Albania, Marocco,  ex  Jugoslavia  e Romania, ma e' ben rappresentato anche il resto  del  mondo. Tra i banchi siedono alunni provenienti da 191 dei 195  Stati  del  pianeta.  Le  province  italiane  con  le  piu' alte percentuali di stranieri sono Mantova (9,32%), Prato (9,85%) e Reggio Emilia (8,70%).
 L'immigrazione  in  Italia  si fa sempre piu' stabile, aumentano i ricongiungimenti  familiari,  sono stati quasi 400.000 al 31 dicembre 2001 pari al 28,9% del totale dei permessi di soggiorno e il tasso di natalita'  tra  gli stranieri e' il doppio del dato della popolazione italiana.  Ogni  20  nati in Italia uno e' un bambino straniero (4,8% del totale). Ma l'incidenza sale al 7,3% nel Nord (1 ogni 14 nati).
 Il  Ministero  dell'istruzione  stima  che  nel  2010 il numero di alunni  stranieri  dovrebbe  essere  compreso tra 488 e 566 mila, per arrivare nel 2017 a circa 710 mila.
 
 ---->   VEDERE TABELLA A PAG. 99 DELLA G.U.  <----
 
 Studenti stranieri iscritti all'universita'
 Nell'anno  accademico  2002-2003,  gli  stranieri  iscritti  nelle universita'  italiane,  a corsi di studio di I livello e post laurea, sono  stati  34.000 con un incidenza percentuale, rispetto all'intera popolazione studentesca dell'1,84%.
 Nello   stesso   anno  hanno  lasciato  il  sistema  universitario italiano,   acquisendo  un  titolo  di  studio,  quasi  3000  giovani provenienti dall'estero, pari all'1,3% degli studenti.
 Si   registra   un   incremento   della  presenza  degli  studenti provenienti  dall'area  balcanica:  albanesi, croati, rumeni ai primi posti.
 
 Linee generali di indirizzo
 1. Integrazione e successo scolastico
 L'indagine  sugli  alunni  stranieri con cittadinanza non italiana acquisisce  anche  i  dati  relativi ai risultati degli esami e degli scrutini effettuati dalla scuola al termine dell'anno scolastico.
 Questi  dati, richiesti sia per gli alunni nel loro complesso, che per  quelli  con  cittadinanza non italiana permettono di misurare il progressivo  miglioramento degli esiti scolastici degli alunni. Se da un  lato  registriamo  un  progressivo miglioramento conseguito dagli alunni con cittadinanza non italiana, permane tuttavia una differenza negativa  negli  esiti formativi, soprattutto nella scuola secondaria di  primo  grado,  e  una  dispersione scolastica, come tra i nativi, diffusa soprattutto in alcune province del Sud Italia.
 Dall'indagine  si  ricava, inoltre, che gli studenti stranieri che proseguono  nelle scuole superiori scelgono in percentuale assai piu' rilevante istituti tecnici e professionali con la speranza di un piu' immediato inserimento nel mondo del lavoro permesso da questo tipo di studi.
 Nel   Nord-Est  per  esempio  abbiamo  una  presenza  di  studenti stranieri  nel primo anno di scuole professionali del 11,67% (la piu' elevata  d'Italia).  La  media  nazionale sempre nel primo anno delle scuole  professionali e' del 6,03. Nello stesso Nord-Est troviamo una presenza   di   alunni   stranieri   nel   1°   anno  degli  istituti dell'istruzione classica scientifica e magistrale dell'2,18%.
 Punti di attenzione
 1. Sara'  necessario  rivolgere particolare cura alla prosecuzione dell'attivita'  formativa  in  adolescenza, supportando le scelte con buone azioni di orientamento.
 2. Non  diversamente  dai ragazzi italiani, l'avvio verso percorsi formativi  piu' orientati al mondo del lavoro, comprese le esperienze di   alternanza,  potra'  costituire  uno  strumento  importante  per combattere   l'abbandono   scolastico  se  realmente  commisurato  ai percorsi  di  crescita  della  persona  e  in  presenza  di  efficaci investimenti nella formazione professionale.
 3. Per  contrastare  il  disagio e l'abbandono scolastico e' stato elaborato  un  progetto  nazionale,  denominato  "ENJOY", che mette a frutto  esperienze  italiane  ed  europee.  L'ipotesi del progetto e' rivolta  a  costituire,  in  una complementarieta' d'interventi delle principali  agenzie  educative (scuola, famiglia, privato sociale) la costruzione  di  centri  di  aggregazione  giovanile il cui target e' costituito da giovani di eta' compresa tra i 13 e i 18 anni.
 4. Va   posta  particolare  attenzione  affinche'  sia  rispettato l'obbligo  scolastico e formativo anche dei figli di immigrati non in possesso  di regolare permesso di soggiorno e l'inserimento in classi scolastiche  corrispondenti all'eta' anagrafica, ad eccezione di casi particolari valutati dal collegio dei docenti delle singole scuole.
 2. La formazione degli insegnanti
 La  formazione degli insegnanti riveste particolare importanza. Le sfide   attuali  richiedono  necessariamente  una  continua  crescita professionale  di  tutto  il  personale  della  scuola.  Essa  dovra' comprendere  non  solo  metodi  e  conoscenze  disciplinari, ma anche strumenti  che permettano di rapportarsi agli alunni stranieri e alle loro  famiglie,  di comprendere codici di comunicazione verbale e non verbale  appartenenti  a  culture  diverse.  Inoltre,  una formazione specifica  e' necessaria per l'insegnamento dell'italiano come lingua seconda.
 Gli stessi sistemi di valutazione dell'alunno straniero dovrebbero essere  ripensati  come metodi di valutazione comprensivi anche della lingua  e della cultura per evitare che una valutazione inadeguata, o perche'   eccessivamente  rigida  o  perche'  eccessivamente  blanda, produca  come  primo  effetto  l'abbandono  scolastico da parte degli alunni  stranieri. Le azioni di supporto agli alunni stranieri e alle scuole  che  presentano  una rilevante presenza di stranieri dovranno essere rafforzate e prolungate.
 I    piani    di    studio    personalizzati,   la   flessibilita' dell'organizzazione  didattica,  un clima affettivo e relazionale che consenta  di  star  bene a scuola - riconosciute oggi come condizioni essenziali    per   ogni   buona   attivita'   formativa-   diventano irrinunciabili  in classi multietniche, assieme alle azioni orientate alla cooperazione e alla costruzione delle regole della convivenza.
 Sara'  necessario  definire azioni di supporto agli insegnanti che partano da bisogni reali del territorio, mettendo in rete le scuole e definendo  un  ventaglio  di tipologie di testi, strumenti, materiali didattici  anche  multimediali, per le biblioteche scolastiche, utili per l'integrazione degli alunni stranieri.
 3. Il mediatore linguistico e culturale
 Anche nell'ambito della scuola la figura del mediatore linguistico e  culturale si e' rivelata in grado di facilitare l'inserimento e di svolgere  funzioni  di  supporto  e  di assistenza, sia in termini di conoscenza  delle culture di cui sono portatori gli alunni immigrati, sia  come sostegno agli stessi nella fase di adattamento alla scuola. Il  mediatore,  inoltre,  puo'  svolgere  un  ruolo  non trascurabile proprio in quel dialogo con le famiglie che si considera fondamentale per  l'integrazione.  E' necessario instaurare forme di comunicazione chiara  e costante tra la scuola e i genitori degli alunni stranieri, anche  allo  scopo  di migliorare la conoscenza e la padronanza delle regole  e  dei meccanismi di funzionamento del sistema scolastico. Il dialogo  con  i  genitori  svolto  con  continuita'  e non in maniera occasionale,   assume   una   rilevanza   fondamentale  per  un  buon inserimento nel contesto scolastico e sociale. 4. L'insegnamento-apprendimento dell'italiano
 A  tutti  i  livelli,  sia  per  i  bambini  che  per  gli  adulti costituisce  un  altro  obiettivo  importante.  Per quanto riguarda i bambini  e  i  ragazzi  in  eta'  scolare, gli interventi finalizzati all'insegnamento  della lingua di studio andranno strutturati tenendo conto  della cultura di origine e realizzati all'interno delle classi di   appartenenza   e  in  laboratori  interculturali  e  interlingue istituiti  presso  le scuole. Le esperienze in questa direzione, gia' realizzate in Italia, hanno prodotto risultati positivi. Un obiettivo sara'   quello  di  costituire  una  Banca  Dati  di  buone  pratiche didattiche  avviando altresi' un monitoraggio e una valutazione degli esiti formativi.
 Il  riconoscimento  dell'importanza della lingua come strumento di integrazione   e'   anche  alla  base  del  progetto  pilota  per  la costituzione di un sistema nazionale per l'insegnamento dell'italiano di  base  agli  immigrati adulti, condotto dal MIUR in collaborazione con le Universita' italiane su tutto il territorio nazionale.
 5. "Life long learning"
 Quando  si  parla  di  offerta  formativa  ed  orientativa  ci  si riferisce anche agli adulti nello scenario dell'apprendimento durante tutto  l'arco  della  vita.  L'educazione  degli adulti perde la sola connotazione "compensativa" e diviene diritto di ogni persona.
 Le   attivita'  dei  Centri  Territoriali  Permanenti  insieme  ai classici  corsi  di  italiano  per  adulti immigrati possono svolgere attivita' di educazione interculturale.
 Anche  la  geografia  della partecipazione dei cittadini stranieri adulti(5)  ai  corsi  di  alfabetizzazione  primaria  e  ai corsi per l'integrazione  linguistica e sociale conferma le caratteristiche che si   sono   delineate   nell'indagine  sugli  alunni  che  non  hanno cittadinanza  italiana:  i  tre  quarti  dei corsi per stranieri sono stati  attivati  nelle  regioni settentrionali. Le regioni Lombardia, Veneto  ed Emilia-Romagna sono ai primi posti per numero di corsi per adulti rivolti ai cittadini stranieri.
 Il  numero  dei  frequentanti  le  attivita'  formative dei Centri Territoriali  Permanenti  e'  stato  di 76.819 adulti stranieri (a.s. 2001/2002)   e   di   ben  116.319  nell'anno  scolastico  2002-2003, appartenenti  a  162  diverse nazionalita', con un incremento pari al 51%  rispetto all'anno precedente. In tale ultimo anno, 26.541 adulti stranieri  hanno  frequentato  corsi finalizzati al conseguimento del titolo    di    studio,    59.996   hanno   frequentato   corsi   per l'alfabetizzazione linguistica e 29.742 corsi modulari. ------------------------------
 
 (5)Per   ulteriori   approfondimenti   si  veda  il  volume
 "L'offerta  formativa  dei centri territoriali permanenti",
 Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca,
 gennaio 2003.
 
 6. Misure per agevolare l'ingresso dei ricercatori
 Nel  quadro della politica di internazionalizzazione della ricerca che il Governo sta perseguendo, sono stati conclusi negli ultimi anni numerosi  accordi  bilaterali  per  lo  sviluppo  della  cooperazione scientifica e tecnologica da realizzarsi attraverso:
 1. scambio  di  studiosi,  di  ricercatori, di specialisti e di esperti;
 2. organizzazione   di   seminari,  conferenze  scientifiche  e tecnologiche;
 3. ricerche comuni su progetti interessanti le parti;
 4. scambi di documentazione scientifica e tecnica;
 5. partecipazione  congiunta  a  programmi  quadro  dell'Unione europea  per  le  ricerche scientifiche, lo sviluppo tecnologico e le innovazioni   in   altri  programmi  europei  per  la  collaborazione scientifica e tecnica;
 6. promozione  della  stipula di specifici accordi e intese tra Universita',  enti  di  ricerca  e associazioni scientifiche, nonche' partecipazione a programmi multilaterali.
 In  coerenza con tali accordi, il testo unico sull'immigrazione ha espressamente  escluso  i  ricercatori  e  i docenti universitari dal sistema  delle  "quote"  che  regola  di anno in anno gli ingressi di cittadini  non  comunitari  in  Italia.  E'  quindi  consentito senza limitazioni l'ingresso dall'estero di ricercatori.
 Tuttavia,   sul   piano  attuativo,  si  sono  evidenziate  alcune critiche.  Vanno  pertanto  attivate  tutte  le  iniziative  volte  a facilitare l'ingresso dei ricercatori stranieri in Italia.
 
 ---->   VEDERE TABELLA A PAG. 102 DELLA G.U.  <----
 
 Indicazioni conclusive
 
 • Sono  da  promuovere e valorizzare le esperienze gia' in atto nelle  scuole  mettendo a sistema buone pratiche realizzate anche con il  concorso  delle  associazioni  degli immigrati, del volontariato, degli   Enti  Locali.  Uno  strumento  di  conoscenza  della  realta' nazionale  sugli  alunni  stranieri  a  scuola  sara'  fornito da una ricerca  nazionale promossa dal MIUR con il coordinamento scientifico di studiosi dell'Universita'.
 • Sono  da  promuovere  e realizzare confronti con le strategie educative degli altri Paesi europei, alcuni dei quali hanno una lunga esperienza  di  integrazione,  e incrementare lo scambio di pratiche, esperienze, metodi di lavoro tra scuole e insegnanti di altri paesi.
 Si deve andare verso una scuola delle culture e dei diritti umani, radicata nel proprio territorio e in Europa, collocata in una cornice di valori universali.
 4.3) Iniziative per l'apprendimento della lingua italiana
 
 La  conoscenza della lingua rappresenta un indicatore del successo del   percorso  migratorio  e  della  capacita'  degli  immigrati  di inserirsi  professionalmente e socialmente nella societa' italiana. I problemi  posti  dall'apprendimento  della  lingua  sono stati troppo spesso delegati alle modalita' di acquisizione spontanea.
 L'insegnamento  sistematico  della  lingua italiana rappresenta un passaggio   essenziale   per   la   facilitazione   del  processo  di integrazione nella comunita' di accoglienza.
 Molte esperienze di insegnamento dell'italiano come seconda lingua hanno mostrato la loro efficacia in questi anni. Sulla base di quanto stabilito  dal  decreto  legislativo  n.  28611998 "testo unico delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme sulla  condizione  dello straniero" e successive modificazioni (legge 189102),   all'art.   38   "Istruzione  degli  stranieri.  Educazione interculturale",  l'insegnamento  della  lingua  italiana  e promosso dallo   Stato,   dalle   Regioni   e  dagli  enti  locali,  anche  in collaborazione   con   le   associazioni  del  terzo  settore  e  del volontariato,   tenuto   conto   delle   esigenze  dei  lavoratori  e valorizzando le strutture esistenti sul territorio.
 Le   esperienze   di  certificazione  ufficiale  della  competenza linguistica   si   sono  dimostrate  estremamente  positive,  perche' garantiscono   al   cittadino   straniero   una   chiave  di  accesso privilegiato   nel  tessuto  economico-produttivo  e  socio-culturale italiano. Il riconoscimento delle competenze linguistiche, attraverso indicatori  e  parametri standardizzati di valutazione, tutela sia il datore   di  lavoro  che  il  lavoratore  straniero  e  favorisce  la conoscenza   dei   valori   e   della   cultura   italiana  da  parte dell'immigrato.
 Ai sensi del d.lgs. n. 286/98 e sulla base del decreto legislativo 31   marzo   1998   n.  112,  "Conferimento  di  funzioni  e  compiti amministrativi  dallo  Stato  alle  Regioni  e  agli  Enti Locali, in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59", il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha avviato accordi di programma pluriennali con  buona  parte  delle Regioni per l'attivazione e realizzazione di progetti   rivolti   tra   l'altro   anche   all'alfabetizzazione   e all'apprendimento   della   lingua   e  della  cultura  italiana.  Un rafforzamento   di   tali  esperienze  dovrebbe  essere  diffuso  sul territorio   nazionale   e   analogamente   sviluppato   mediante  la predisposizione  di  specifici  percorsi formativi anche nei paesi di emigrazione, nel quadro di accordi bilaterali.
 Un  contributo  a  livello  normativo  e' offerto dall'articolo 19 "Titoli  di prelazione" della legge n. 189 del 30 luglio 2002, che ha modificato  l'art.  23  del  testo  unico  e  prevede  programmi  per attivita'  di  istruzione  e di formazione professionale nei Paesi di origine  degli  immigrati,  finalizzati  alla  formazione mirata e al trasferimento  dei  lavoratori  stranieri  in Italia, nonche' al loro inserimento  nei  settori  produttivi del Paese. L'aver partecipato a questo  tipo di programmi fornisce all'aspirante emigrante una corsia preferenziale   ai   fini   dell'ingresso   per  lavoro  e  prospetta agevolazioni di impiego per i lavoratori autonomi stranieri.
 Sarebbe  infine  auspicabile  promuovere percorsi di apprendimento linguistico  nell'ambito lavorativo, mediante una collaborazione piu' stabile  tra  istituzioni  locali, associazioni datoriali, datori del lavoro ed organizzazioni del privato sociale.
 4.4) La salute degli stranieri
 
 L'immigrazione,   in   Italia,   si  configura  come  un  fenomeno relativamente   recente,  se  confrontato  ad  altri  Paesi  europei; pertanto  ci troviamo attualmente di fronte ad individui appartenenti alla  prima  o  -  per  alcune  comunita' di stranieri - alla seconda generazione  di  immigrati,  con  una  bassa  percentuale di soggetti anziani e di bambini.
 Se  nel  recente  passato  il  fenomeno migratorio (nel caso della prima  generazione di immigrati) interessava principalmente individui autoselezionati,  di  eta'  giovanile  e  in buona salute (condizione descritta   dalla  letteratura  scientifica  come  "effetto  migrante sano"), cio' non e' valido, a priori, per le generazioni successive o per  specifiche  tipologie  di  immigrati,  quali  i  profughi  ed  i richiedenti asilo (caratterizzati da una costrizione alla migrazione) o,  ad  esempio,  per  gli  stranieri  presenti  per  effetto  di  un ricongiungimento familiare.
 Nella   situazione   attuale  numerosi  fattori  epidemiologici  e condizioni socioeconomiche rendono lo stato di salute degli immigrati stranieri  meritevole di una particolare tutela, come documentato nel capitolo   specificamente   dedicato   alla  salute  degli  stranieri immigrati contenuto nella Relazione sullo stato sanitario del Paese - 1999.
 Infatti, oltre alle condizioni che minacciano la salute di tutti i soggetti  deboli  e  che  colpiscono  in  modo  particolare  una  non trascurabile   fascia   di   questa   popolazione  (disoccupazione  o precarieta'  occupazionale  e scarsa tutela sul lavoro; inadeguatezza alloggiativa,  sovraffollamento  e  carenze  igieniche; alimentazione insufficiente  e/o  sbilanciaLa;  diversita'  climatiche),  si devono tenere  presenti  fattori peculiari che svolgono un ruolo particolare nei   confronti   della  salute  degli  immigrati  legati  al  quadro epidemiologico   del   paese   di  origine  e  ad  aspetti  culturali (difficolta'  di comunicazione e di inserimento sociale), psicologici (lontananza dagli affetti, mancanza di supporto familiare, rischio di fallimento del progetto migratorio) e di discriminazione nell'accesso ai servizi.
 Atteggiamenti   e  comportamenti  degli  stranieri  immigrati  nei confronti  dei servizi sanitari, derivanti dalle tradizioni culturali
 |  |  |  | dei  paesi di origine oltre che dalle forme di accoglienza nel nostro Paese,  possono  influenzare  l'efficacia  e  la  tempestivita' della risposta   assistenziale,  riducendo  l'effettiva  accessibilita'  ai servizi da parte delle popolazioni immigrate. Non   sono   disponibili,   attualmente,   informazioni  valide  e continuative,  a  livello nazionale, sulla salute degli immigrati. La dinamica   demografica  puo',  per  molti  versi,  suggerire  profili epidemiologici e bisogni di salute.
 Studi  condotti  in  diverse  realta'  sociali e geografiche hanno tracciato un profilo epidemiologico dell'immigrato caratterizzato da:
 a) aumentata  presenza  di  donne  in prevalenza giovani, nella fascia  dell'eta'  fertile,  con tutte le problematiche connesse alla salute sessuale e riproduttiva;
 b) progressivo incremento delle nascite dei bambini stranieri;
 c) consolidato   fenomeno   migratorio   che  richiede  urgenti interventi mirati nell'ambito della medicina del lavoro: i lavoratori immigrati  sostituiscono molto spesso gli italiani in lavori "ad alto carico  lavorativo", subendo una maggiore monetizzazione del "rischio salute".
 Un  aspetto  del  tutto  peculiare e' relativo alla percezione del bisogno  ed  alla  formulazione della domanda di aiuto da parte della popolazione   immigrata;   tale   aspetto   puo'   essere,   infatti, condizionato da molteplici e differenti fattori, tra cui
 • diversi modi di intendere la malattia e la salute;
 •  diversa  concezione  della  prevenzione  e di percezione del rischio;
 •  scarsa  o  distorta consapevolezza dei propri diritti; e' da tener   presente,   al   riguardo,  che  gli  stranieri  regolarmente soggiornanti  sono  iscritti  al  Ssn  e  godono degli stessi diritti all'assistenza  dei  cittadini  italiani, mentre gli stranieri non in regola  hanno  diritto solo alle "cure urgenti o comunque essenziali" ed  agli  "interventi  di  medicina  preventiva e prestazioni di cura correlate" (le cure sono a carico dello straniero, ma se questi versa in  condizioni  di  indigenza,  i  relativi  oneri sono sostenuti dal Ministero dell'interno, attraverso le Prefetture);
 •  deficit  di informazione che determina aspettative improprie canalizzando la domanda di assistenza in modo inadeguato;
 • piu' difficoltosa percezione del servizio adeguato al proprio bisogno,
 •  esistenza di una barriera linguistico-culturale, che crea un ostacolo insormontabile alla comunicazione fra utente e operatore;
 •   riferimento  a  modelli  culturali  e  comportamentali  che determinano  difficolta'  nella  fruibilita'  dei  servizi  da  parte dell'utente  straniero e nella gestione degli stessi servizi da parte dell'operatore  italiano;  fragilita' del progetto migratorio che, in relazione  allo status giuridico (possesso del permesso di soggiorno, della  tessera sanitaria, etc;), provoca un eccesso di dipendenza nei confronti  del  contesto  e  condiziona  negativamente  l'accesso  ai servizi da parte dell'utente straniero.
 Osservando  il  flusso  di  utilizzo di alcuni servizi sanitari da parte  degli  stranieri,  si  evidenzia  una  sostanziale mancanza di elasticita'  dell'offerta  di servizi, a fronte dei nuovi problemi di salute di questi nuovi gruppi di utenti.
 Al  contrario  di  quanto  paventato,  non  vi  e' evidenza di una specificita'  patologica  dello  straniero che invece si ammala delle stesse  patologie  dell'italiano  che  ne  condivide le condizioni di poverta' e di discriminazione.
 Numerosi studi osservazionali indicano, tra i principali motivi di ricorso alle strutture sanitarie:
 • i disturbi dell'apparato digerente;
 • le patologie traumatiche (soprattutto incidenti stradali e di tipo occupazionale);
 • le malattie acute dell'apparato respiratorio;
 •  le  richieste  di  sostegno per disagio della sfera psichica comprese  le  dipendenze;  • il monitoraggio delle gravidanze, spesso con tempi e modalita' inadeguate;
 •   un   aumentato   tasso   di   abortivita',   che  interessa particolarmente alcune etnie, rispetto alla popolazione locale.
 Il "Rapporto nazionale sui ricoveri ospedalieri degli stranieri in Italia",  stilato  nel 1998 dal Dipartimento della programmazione del Ministero  della  salute, analizza i principali motivi del ricorso ai ricoveri   dei   pazienti  immigrati,  siano  essi  residenti  o  non residenti.  L'aspetto  rilevante  del rapporto e' il confronto fra le cause  di  ricovero  degli  stranieri  ed il valore nazionale dove si evince che i motivi del ricovero per cause traumatiche sono piu' alti (in  percentuale)  negli stranieri mentre sono decisamente piu' basse le percentuali rilevate per le malattie cronico degenerative.
 Tra  i  25.000  bambini  nati da almeno un genitore straniero sono piu'  frequenti  la  prematurita',  il  basso  peso  alla nascita, la mortalita'  neonatale  e  i  calendari  vaccinali  sono effettuati in ritardo o in modo incompleto specie nelle popolazioni nomadi.
 Per  quanto  riguarda la salute della donna, i temi emergenti sono l'alto  tasso di abortivita', la scarsa informazione (con conseguente ridotta  domanda  di  assistenza  alla  gravidanza),  la  presenza di mutilazioni  genitali femminili. Un'indagine coordinata dall'Istituto Superiore di Sanita' ha evidenziato che le I.V.G. effettuate da donne straniere  sono  passate  da 4.500 nel 1980 a 20.500 nel 1998, con un trend fortemente decrescente dalle eta' piu' giovani a quelle in eta' piu' avanzate.
 Relativamente  al  rischio  infettivo,  spesso  paventato  per  la popolazione   italiana   per   effetto  di  trasferimento  di  agenti infettanti  da  paesi  a  media-alta  endemia,  esso e' in generale - controllabile;  specifici  problemi  originati  nel paese di partenza possono  pero'  trovare  nel  paese  di  destinazione  condizioni  di aggravamento  che  interessano  soprattutto la popolazione di recente immigrazione.   Infatti,   soprattutto   nel   caso   delle  malattie trasmissibili,  le condizioni di vita rappresentano un sicuro fattore favorente   la   diffusione,  ma  il  rapporto  dinamico  popolazione immigrata/popolazione  ospite  e'  notevolmente complesso. Il rischio specifico,  infatti,  per alcuni gruppi di popolazione, e' fortemente legato  a  fattori di rischio esterni a quei gruppi; pertanto, per la popolazione  immigrata, tali fattori rappresentano contemporaneamente sia momento diffusivo che recettivo.
 Il   calcolo   dell'incidenza   della   malattie  infettive  nella popolazione  immigrata  e'  una  problematica  notevolmente complessa poiche',  da  un  lato,  non si dispone di un denominatore totalmente rappresentativo  del fenomeno migrazione e, dall'altro, la domanda di salute relativa risulta per molti versi inespressa.
 In particolare, cio' e' vero soprattutto per le malattie infettive espressione  di  disagio  sociale  ed  a  forte impatto sull'opinione pubblica.
 Stime  condotte su dati relativi ad erogazione di servizi da parte di   strutture  sia  pubbliche  che  del  volontariato  indicano  che l'incidenza   di   malattie  infettive  nelle  popolazioni  immigrate diventa,  a  parita'  di  condizioni  di  vita,  sempre  piu'  simile all'incidenza di malattie infettive del Paese ospite.
 Per  quanto  riguarda le malattie infettive per le quali in Italia sono  obbligatorie  le  vaccinazioni  gia'  da  lungo  periodo, si e' registrata  negli  ultimi  anni  solo  l'importazione  di  un caso di difterite dall'America latina.
 Notevolmente  differente  risulta  la  problematica  relativa alle malattie  infettive  per  le  quali la suscettibilita' individuale e' strettamente correlata con condizioni ambientali e sociali degradate: e'  il  caso  della tubercolosi che, assente al momento dell'ingresso nel  Paese  ospite,  si  manifesta,  in  genere,  dopo  un periodo di permanenza  variabile  da  uno  a  due  anni, soprattutto in soggetti provenienti da zone endemiche.
 L'incidenza  della  tubercolosi  e'  passata dall'8,1% nel 1992 al 16,6%  nel  1998,  secondo  i  dati  dell'Ufficio III della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria.
 Anche gli studi condotti da poliambulatori Caritas indicano che la malattia  insorge  a  circa  10 mesi - un anno dall'arrivo in Italia, delineandosi, pertanto, non una patologia da importazione
 ma  un  quadro  di  tipo  "border  line",  al  limite,  cioe', fra patologia  di  importazione e patologia acquisita in seguito a stress transculturale e disagio sociale.
 Per  quanto  riguarda  la  problematica  relativa  alle malattie a trasmissione  sessuale (MST) ed, in particolare alla patologia da HIV nella  popolazione immigrata, numerose osservazioni sembrano indicare che  l'infezione da HIV possa configurare una patologia a rischio per tale  popolazione.  Tali  osservazioni  si  basano,  almeno sul piano teorico,  sulla  presenza  di  alcuni fattori di rischio riconosciuti quali:
 • provenienza da Paesi ad alta endemia per MST/HIV
 • condizioni  di  vita  nel  Paese  ospitante  spesso ai limiti dell'emarginazione • soggetti di eta' giovane e sessualmente attivi
 • condizioni di single
 • diffusione  del  fenomeno  della  prostituzione  femminile  e transessuale
 • scarsita' di campagne di informazione mirate alla prevenzione delle MST.
 Per  quanto concerne i casi di AIDS, i dati del Registro Nazionale AIDS  mostrano  che  il  contributo  degli  stranieri  alla casistica totale,  aggiornata  al  2000,  si  aggira  intorno  al  4,8%;  se si considera  l'andamento  temporale,  si  evidenzia un incremento della proporzione  di  casi  notificati  in  cittadini stranieri dal 3% nel periodo 1983-93 all'11% nel primo semestre del 2000. Questo dato deve essere  interpretato  con  cautela,  in quanto anche il numero totale degli immigrati in Italia e' aumentato notevolmente.
 Per quanto riguarda invece i dati relativi all'infezione da HIV, i risultati  della  sierologia eseguita su un campione di 1912 soggetti ha  evidenziato  una  prevalenza  dell'infezione  del  5,7%  tra  gli immigrati  rispetto  al 9,4% registrata tra gli italiani afferenti ai centri pubblici MST.
 Per  quanto riguarda le altre MST, l'ultimo rapporto ufficiale del sistema  di  sorveglianza  mette  in  evidenza  che  su  52.515  casi segnalati  dal  1991  al  1996  il  10,6% sono stati diagnosticati in cittadini stranieri.
 Un  aspetto  particolare  riguarda  le  malattie infettive che gli stranieri  possono  contrarre  al  ritorno  nel  Paese  d'origine. Un esempio paradigmatico e' costituito dalla malaria: negli ultimi anni, fra  tutti  i casi di malaria notificati in Italia, circa il 40% sono insorti  in  immigrati  rientrati  temporaneamente  nel proprio Paese d'origine,  senza  aver  effettuato  la  profilassi  antimalarica: il fenomeno  e'  dovuto  al  fatto che l'immigrato al di fuori del Paese d'origine (se quest'ultimo e' un Paese endemico per malaria) perde la "premunizione"  cioe' quella sorta di protezione sviluppata fin dalla nascita.
 Nel  quadro  dei  molteplici  interventi  necessari  per  superare l'emarginazione  degli  immigrati bisognosi, un importante aspetto e' quello   di  assicurare  l'accesso  delle  popolazioni  immigrate  al Servizio   Sanitario  Nazionale  adeguando  l'offerta  di  assistenza pubblica  in  modo  da  renderla  visibile,  facilmente  accessibile, attivamente disponibile ed in sintonia con i bisogni di questi gruppi di  popolazione  in  conformita'  a  quanto  previsto dal testo unico sull'immigrazione  che  ha  sancito  il  diritto alle cure urgenti ed essenziali  ed  alla  continuita'  della cura anche per gli immigrati irregolari.
 In  tale  contesto  sono necessari, fra l'altro, sia interventi di tipo  informativo  dell'utenza  immigrata sull'offerta dei servizi da parte  della  ASL che l'individuazione all'interno di ciascuna ASL di unita'  di personale esperte e particolarmente idonee per questo tipo di rapporti.
 Azioni prioritarie riguardano i seguenti aspetti:
 - miglioramento  dell'assistenza sanitaria alle donne straniere in gravidanza e riduzione del ricorso all'I.V.G.;
 - riduzione    dell'incidenza    dell'HIV,    delle    malattie sessualmente  trasmesse  e  della  tubercolosi, tramite interventi di prevenzione mirati a questa fascia di popolazione;
 - raggiungere  coperture  vaccinali della popolazione infantile immigrata pari a quella ottenuta per la popolazione italiana;
 - erogare  gli interventi di profilassi primaria alle categorie di lavoratori stranieri ove prevista per i lavoratori italiani;
 - ridurre  gli infortuni sul lavoro tra i lavoratori immigrati, tramite gli interventi previsti a tal fine per i lavoratori italiani;
 
 ---->   VEDERE TABELLA A PAG. 109 E 110 DELLA G.U.  <----
 4.5) Politiche abitative
 
 La  situazione  abitativa  per gli immigrati stranieri si presenta per piu' aspetti problematica.
 Il   disagio   per  la  situazione  abitativa  si  sta  aggravando soprattutto  nel centro nord e nelle aree metropolitane, non solo per la  condizione  specifica dei cittadini immigrati, oltre tutto con il forte incremento dei ricongiungimenti familiari.
 Il  patrimonio  in  affitto  disponibile e' in Italia estremamente ridotto  e  ancora piu' scarsa e' l'offerta per le fasce svantaggiate della popolazione, anche italiana. La domanda di alloggi in affitto a canoni  calmierati,  accessibili  ai redditi medio-bassi, e' in forte aumento,   a  fronte  di  un'offerta  abitativa  pubblica  ampiamente insufficiente   ed   un'offerta   privata   molto  limitata,  rigida, scarsamente disponibile nei confronti degli immigrati.
 Dall'inizio  del  fenomeno immigratorio in Italia, gli Enti locali hanno  cercato  di rispondere a questi bisogni, in collaborazione con il  volontariato  e con il terzo settore, dando vita ad iniziative ed esperienze  anche innovative: Associazioni, Volontariato, Fondazioni, Cooperative,  Agenzie sociali per la sola intermediazione fra domanda e offerta abitativa in affitto, ecc.
 Gli obiettivi da perseguire sono quelli di:
 • ridurre gli ostacoli all'utilizzazione del patrimonio privato disponibile,   con   misure   che   assicurino  la  buona  conduzione dell'alloggio  e  la possibilita' di riottenerne la disponibilita' al momento della scadenza contrattuale;
 • perseguire   il  calmieramento  dei  canoni  di  affitto  con l'attivazione  di  politiche  abitative  da  parte degli Enti locali, volte  a creare le condizioni affinche' a fronte della concessione di contributi  da  parte della Pubblica Amministrazione, di agevolazioni fiscali  locali  e nazionali, di offerta di aree a basso costo per le nuove  costruzioni,  del  ricavo  di  alloggi dal recupero di edifici dismessi,   regolato   da   convenzioni,  ci  sia  una  contropartita soprattutto in merito alla riduzione del costo dell'affitto.
 • incentivare  il  concorso  dei  datori  di  lavoro delineando specifiche  agevolazioni,  fermi  restando  i  vincoli  della finanza pubblica:  nel  caso  di  contributo  per  il pagamento dell'affitto, verificarne  la  sua  deducibilita' dal reddito d'impresa e da lavoro dipendente,  nonche'  la natura non retributiva ai fini contributivi; nel  caso  di  finanziamento,  comunque da recuperare in modi e tempi stabiliti,  verificare  la  possibilita'  di  collegarvi un risparmio fiscale sotto forma di credito d'imposta.
 4.6) Vita familiare, seconde generazioni e ricongiungimenti
 
 L'Italia  registra  oramai  da anni una sostanziale crescita della popolazione     immigrata     determinata     prevalentemente     dai ricongiungimenti  o  dalla costituzione di nuovi nuclei familiari. In Italia  al  2003 si calcolano circa 300.000 minori presenti dei quali oltre  230.000  sono  gli  alunni  stranieri inseriti nel mondo della scuola.
 Se  la  famiglia  rappresenta  un fattore cruciale nel processo di integrazione,  l'aumento  dei  nuclei familiari composti da stranieri comporta  anche  nuovi  bisogni, che incidono sui servizi scolastici, sociali, educativi, sanitari e abitativi.
 Anche  alla luce della recente regolarizzazione del 2002-2003, che vedra' un forte aumento dei nuclei familiari di origine straniera, le politiche  sociali  dovranno essere in grado di rispondere alle nuove esigenze.
 
 Visti per ricongiungimento familiare e permessi Per motivi familiari =====================================================================
 |     2001|     2002|     2003 ===================================================================== Ricongiungimenti familiari, nuovi visti|   64.772|   62.067|   58.337 --------------------------------------------------------------------- Totale visti rilasciati durante l'anno |  947.085|  853.535|  874.874 --------------------------------------------------------------------- Ricongiungimenti in % dei visti        |         |         | rilasciati nell'anno                   |      6,8|      7,3|      6,7 --------------------------------------------------------------------- Stock di permessi di soggiorno per     |         |         | motivi familiari                       |  393.865|  472.240|  532.670 --------------------------------------------------------------------- Numero di permessi di soggiorno        |1.362.630|1.512.324|2.193.999 --------------------------------------------------------------------- In % dei permessi validi               |     28,9|     31,2|     24,3 Fonte: Ministero dell'interno e Ministero degli affari esteri
 
 Ricongiungimenti familiari, nuovi visti rilasciati durante l'anno per nazionalita' =====================================================================
 | 2002|                        |Gen-set 2003 =====================================================================
 Albania               |11350|   Marocco              |        8548
 Marocco               | 6644|   Albania              |        8269
 Cina                  | 5335|   Cina                 |        2664
 Romania               | 5079|   India                |        2197
 India                 | 3395|   Tunisia              |        1905
 FYRM Macedonia        | 2235|   Romania              |        1777
 Filippine             | 2137|   Filippine            |        1763
 Bangladesh            | 1937|   FIRM Macedonia       |        1727
 Tunisia               | 1901|   Bangladesh           |        1584
 Sri Lanka             | 1826|   Pakistan             |        1522
 Peru'                 | 1802|   Cuba                 |        1274
 Cuba                  | 1421|   Sri Lanka            |        1237
 Ghana                 | 1266|   Peru'                |        1098
 Egitto                | 1197|   Ghana                |        1049
 Jugoslavia            | 1123|   Ucraina              |         981
 Pakistan              | 1110|   Egitto               |         884
 Repubblica Dominicana | 1109|   Moldavia             |         788
 Ucraina               |  856|   Repubblica Dominicana|         626
 Moldavia              |  826|   Senegal              |         598
 Senegal               |  674|   Jugoslavia           |         579 Fonte: Ministero degli affari esteri
 
 Adeguate  politiche  di integrazione non possono pero' prescindere da   un'approfondita   conoscenza  del  fenomeno.  Nell'ambito  della famiglia  immigrata,  un  aspetto  che  dovrebbe cominciare ad essere monitorato   con   maggiore  sistematicita'  e'  rappresentato  dalle relazioni   intergenerazionali   tra   genitori   e   figli  e  dalle caratteristiche   del   processo   di   integrazione   delle  seconde generazioni.
 La  dimensione strutturale dell'immigrazione in Italia comporta la necessita'  di  sviluppare  misure  volte  a  favorire  i processi di integrazione    sociale   delle   giovani   generazioni,   anche   in considerazione   dell'esperienza  di  altri  paesi  di  meno  recente immigrazione. In questi paesi e' ormai maturata la consapevolezza che le  seconde e terze generazioni rappresentano categorie portatrici di particolari bisogni cui rivolgere una attenzione specifica.
 Le  seconde  generazioni esprimono infatti identita' multiple, che non  si  identificano  piu'  con  i luoghi del passato migratorio dei propri  genitori, ma nemmeno con la nuova societa' di accoglienza. Il desiderio  di  appartenenza  e  di  mimesi con i giovani autoctoni, i modelli  di  riferimento  e  le  pressioni delle comunita' di origine producono identita' molto complesse.
 In Italia la tendenza e' stata fino ad oggi quella di parlare piu' di  minori  stranieri  che non di seconde generazioni, incentrando il dibattito e la ricerca quasi esclusivamente sulle dinamiche educative e  interculturali: tema cruciale ma che non assorbe tutti gli aspetti della  vita  sociale  dei giovani figli di immigrati. Accanto al tema dei  percorsi  scolastici delle seconde generazioni andranno prese in considerazione   con   maggiore  attenzione  le  dinamiche  familiari determinate  dal confronto tra prima e seconda generazione in termini di  aspettative, motivazioni personali e progetti di vita, nonche' la formazione professionale e l'inserimento lavorativo.
 Forme  di  discriminazione  possono  infatti  impedire  al giovane migrante  di  seconda  e  terza  generazione  di accedere su un piano paritario  rispetto  ai cittadini del paese ospitante ad un impiego e ad un ruolo nella societa'.
 Le  istituzioni  dovrebbero quindi essere in grado di anticipare i problemi  derivanti dal difficile passaggio dall'adolescenza all'eta' adulta  di  giovani  immigrati  che  possono  svolgere  un  ruolo  di intermediazione  tra societa' di accoglienza e cultura familiare, tra genitori immigrati e mondo circostante.
 Sara'   dunque   opportuno   promuovere  specifiche  politiche  di integrazione  con  attenzione a questo fenomeno, nella consapevolezza che un ruolo fondamentale spetta all'istruzione e alla formazione.
 4.7) Minori stranieri
 
 La  consistente  presenza di minori stranieri non accompagnati sul territorio  italiano  rappresenta  un  aspetto specifico del fenomeno migratorio,  tanto  che  l'art.  33  del  D.lgs  25.7.1998, n. 286 ha istituito  un  apposito  Comitato  per  i Minori Stranieri che svolge diverse funzioni.
 In  primo  luogo,  il  Comitato  e'  responsabile del monitoraggio costante  delle  presenze  di  minori  stranieri  non  accompagnati e dell'inserimento  delle  informazioni  in una apposita banca dati. In secondo  luogo,  prende  le  misure necessarie all'accertamento dello status  del  minore straniero e all'esame della sua condizione di non accompagnato.  In  terzo  luogo  promuove  le  indagini familiari per rintracciare  i  genitori dei minori nei Paesi di origine al fine del ricongiungimento  degli  stessi  attraverso  il  rimpatrio assistito, favorendo   interventi  per  il  sostegno  e  l'intensificazione  del monitoraggio  ambientale  dei  contesti socio-familiari d'origine del minore.
 Inoltre,  a  seguito  dell'entrata in vigore della legge 30 luglio 2002, n. 189, che ha posto attenzione al passaggio alla maggiore eta' del  minore,  soprattutto  nel  caso  in  cui  questi sia inserito in progetti di integrazione sociale e civile, il Comitato ha iniziato ad esaminare   le  istanze  di  permanenza  ed  integrazione  di  minori stranieri  non accompagnati in Italia, pervenute da parte dei servizi sociali  dei Comuni (in conformita' all'art. 25 della legge 30 luglio 2002, n. 189).
 Al  fine  di  favorire  l'attivita' del Comitato, sara' necessario continuare  nell'opera  di  rafforzamento dell'attivita' di supporto, sia  per  quanto  riguarda  la  banca dati delle informazioni utili a monitorare  il  fenomeno,  sia  per  implementare  il sistema di rete relativamente  alle  indagini familiari, in modo da ottenere nel piu' breve  tempo  possibile le informazioni circa la situazione familiare del  minore.  A tal fine sara' opportuno sottoscrivere accordi con le rappresentanze  diplomatico-consolari  dei Paesi d'origine dei minori allo   scopo   di   accelerare  le  procedure  di  identificazione  e razionalizzare  l'iter  del  riaffidamento  del  minore.  Allo stesso tempo,  si  dovranno  ampliare i programmi di rimpatrio assistito con accordi  con  i  Paesi  di  provenienza  e con le realta' associative presenti  nei  Paese  di  origine,  per  facilitare  il reinserimento familiare e sociale dei minori una volta rimpatriati.
 Altro   compito   del   Comitato  e'  la  gestione  dei  programmi solidaristici   di   accoglienza   temporanea   promossi   da   enti, associazioni  o  famiglie.  Si  tratta  di  un  fenomeno che riguarda mediamente  36.000  ingressi  di minori accolti presso associazioni e famiglie  per  soggiorni  temporanei  a  scopo  umanitario ogni anno. Questa  attivita'  di  accoglienza ha avuto origine da un impulso del mondo  dell'associazionismo  dopo il disastro ambientale di Chernobyl e,  nel  corso  degli  anni, si e' ampliato anche ad altri Paesi e ad altre  tipologie  di  minore.  Il  Comitato  ha, in questo ambito, il compito primario di definire i criteri di valutazione delle richieste per  l'ingresso  e  il  soggiorno  in  Italia  dei  minori, valutando l'affidabilita' del proponente, la validita' dell'iniziativa, nonche' l'affidabilita' del referente estero. Obiettivo fondamentale e comune a tutti i soggetti coinvolti nell'accoglienza dei minori e' la tutela di  detti  minori  che,  per  ragioni  di  solidarieta', sono accolti temporaneamente  in  Italia.  In  tale  prospettiva,  il  Comitato ha inaugurato  una  nuova fase di attivita', basata sulla valorizzazione dell'associazionismo  di  solidarieta'.  Proprio  a  tale scopo, sono state  elaborate  nuove  linee guida che recepiscono sia le richieste delle  associazioni,  sia  una  valutazione  sull'evoluzione  che  ha attualmente  assunto il fenomeno. L'attivita' futura avra' come scopo prioritario  il  monitoraggio  del  soggiorno  dei  minori attraverso incontri  con  le  associazioni  e  le famiglie durante il periodo di permanenza  in  Italia  dei  minori. Si dovra' inoltre valutare, alla luce  dei vincoli di finanza pubblica, la possibilita' di individuare forme  di sostegno al bilancio dei comuni di piccole dimensioni e che usufruiscono di limitate risorse finanziarie, per gli eventuali oneri dipendenti  dalle  forme  di  assistenza erogate dall'amministrazione comunale a minori stranieri non accompagnati.
 Si  ritiene  auspicabile  un maggiore coinvolgimento delle Regioni nelle  attivita'  del  Comitato,  soprattutto  alla  luce  di  quanto previsto  dall'art.  25  della  legge  189/02.  In  tal senso sarebbe auspicabile  procedere  a  accordi  di  programma con le Regioni, per quanto  riguarda  i  progetti  di  integrazione  sociale e civile, in particolare sotto l'aspetto della formazione e dell'accoglienza.
 4.8) Cittadinanza
 L'attivita'   del   Ministero  dell'interno  e'  incentrata  sulla trattazione  delle  questioni  attinenti  allo  status  personae, con particolare   riferimento  ai  provvedimenti  di  conferimento  della cittadinanza  in favore di stranieri residenti o coniugi di cittadini italiani,  al  riconoscimento  dello status di apolide, nonche' sulla vigilanza  dell'esatta applicazione delle leggi emanate nella materia e  sullo studio della legislazione e degli accordi internazionali nel settore.
 La   normativa   riguardante  la  materia  della  cittadinanza  e' disciplinata dalla legge n. 91 del 5 febbraio 1992, entrata in vigore il  16  agosto 1992, che ha abrogato tutte le leggi e le disposizioni emanate precedentemente.
 La predetta normativa disciplina due diverse modalita' di acquisto della  cittadinanza, sempre su istanza di parte, e di conseguenti due procedure:
 1) sul  presupposto  del  matrimonio  con cittadino italiano ai sensi dell'art. 5,
 2) sul   presupposto   della  residenza  sul  territorio  della Repubblica, ai sensi dell'art. 9.
 Occorre,  altresi'  soffermarsi sinteticamente sulle procedure per ottenere, perdere o riacquistare il nostro status civitatis.
 Le  vigenti disposizioni regolanti le procedure sulla materia sono contenute  nel  D.P.R.  12/10/1993,  n. 572 recante il Regolamento di esecuzione  della  legge  5/02/1992, n. 91 e nel D.P.R. 18/04/1994 n. 362,  concernente  la  disciplina  dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana.
 
 a) Acquisto
 In   applicazione  della  succitata  normativa  regolamentare,  le istanze,  corredate  della  prescritta documentazione, per l'acquisto della  cittadinanza  ai  sensi  dell'art. 5 (per matrimonio) e art. 9 (per  residenza) vanno presentate al Prefetto competente in relazione al luogo di residenza del richiedente, ovvero all'Autorita' consolare italiana  nel  caso  di  residenza all'estero (solo per l'acquisto ex art. 5 o 9 lett. c).
 Nella   documentata  istanza,  redatta  su  appositi  modelli,  in distribuzione  presso  gli  U.T.G.  (all'estero  presso i Consolati), devono  essere  indicati  i  presupposti  in base ai quali si intende conseguire la cittadinanza.
 
 b) Rinuncia
 Al sensi dell'art. 11 legge 5/02/92 n. 91, si puo' rinunciare alla cittadinanza  italiana  a  condizione  che si risieda all'estero o si detenga  un'altra  cittadinanza;  ai  sensi  dell'art.  14,  se si e' conseguito  durante  la minore eta' la cittadinanza italiana oltre ad un'altra  gia'  posseduta;  se  sia  cessata l'adozione per cause non imputabili   all'adottato   (art.  3  c.  4)  e  se  non  si  intenda riacquistare  la  cittadinanza dopo un anno di residenza ininterrotta sul  territorio  italiano  (art.  l3 c. 1, lett. d); infine, ai sensi dell'art.  2  della  Convenzione di Strasburgo, si puo' rinunciare al nostro  status  civitatis  a seguito di autorizzazione da parte dello Stato alla cui cittadinanza si intende rinunciare.
 All'art.  8  del  Regolamento di esecuzione, cosi' come modificato dall'art.  10 del D.P.R. 3/11/2000 n. 396, sono indicate le modalita' per rendere le dichiarazioni di rinuncia.
 In  base  alla  succitata  normativa,  le dichiarazioni, corredate della  prescritta  documentazione,  in  Italia,  devono  essere  rese dinanzi  all'Ufficiale  di  stato  civile  del  comune  di residenza; all'estero  devono  essere rilasciate dinanzi all'Autorita' consolare italiana competente in relazione alla residenza del rinunziante.
 Le  dichiarazioni  devono  essere rese secondo le formule indicate nell'allegato  A  del  citato  Decreto  del Ministro dell'interno del 5/04/2002.
 
 c) Riacquisto
 Il  riacquisto  della cittadinanza e' previsto dagli artt. 13 e 17 della legge 5/02/1992 n. 91.
 Le dichiarazioni, corredate della prescritta documentazione, volte a  riacquistare  il  nostro  status civitatis sono effettuate dinanzi all'Ufficiale   dello   stato  civile  del  Comune  mediante  formule stabilite  nell'allegato A del D.M 5/04/2002. Nei casi di prestazione del  servizio militare per lo Stato italiano (art. 13, c. 1 lett. a); nei  casi  di assunzione di un pubblico impiego alle dipendenze dello Stato  (art. 13 c. 1 lett. b); nei casi di stabilimento della propria residenza in Italia (art. 13 c. 1 lett. c); per chi avendo perduto la cittadinanza  intende  riacquistarla  (art.  13 c. 1 lett. e); per la donna che ha perduto, in data anteriore al 1/01/1948, la cittadinanza italiana  a  seguito  di matrimonio contratto con uno straniero o per mutamento  di  cittadinanza del coniuge (art. 17 c. 2 legge 5/02/1992 n. 91 e art. 219 legge 19/05/1975 n. 151).
 
 d) Riconoscimento della cittadinanza ai sensi della legge 14/12/2000, n. 379
 Le  persone  originarie  dei territori gia' appartenuti all'Impero Austro-Ungarico   attualmente   italiani   o  ceduti  successivamente all'Italia con i Trattati di pace di Parigi del 10/02/1947 e di Osimo del   10/11/1975,   emigrate  all'estero  prima  del  16/07/1920,  ad esclusione  dell'attuale  Repubblica  Austriaca,  possono ottenere il riconoscimento   della  cittadinanza  italiana  qualora  rendano  una dichiarazione,  corredata  dalla  prescritta  documentazione,  in tal senso entro cinque anni dalla entrata in vigore della legge.
 Tale facolta' e' consentita anche ai loro discendenti.
 La  documentata dichiarazione deve essere presentata in Comune, se il  richiedente  risiede  in  Italia  o  all'Autorita'  diplomatica o consolare italiana, se risiede all'estero.
 Il  Console  o l'Ufficiale di stato civile del Comune di residenza che  riceve la documentazione provvedera' a trasmetterla all'apposita Commissione  Interministeriale  (istituita con D.M. 2/03/2001) per il tramite  del  Ministero  dell'interno  che,  sulla  scorta del parere positivo  dell'organo  collegiale, emanera' l'esito dell'accertamento cui  e' subordinata l'efficacia della dichiarazione. La formula della dichiarazione e' indicata nell'allegato A del D.M. 5/04/2002.
 
 e) Apolidia
 Con  legge  1/02/1962,  n.  306,  l'Italia  ha  reso  esecutiva la Convenzione  di  New  York  del  28/09/1954  sugli  apolidi.  Per  la naturalizzazione  di  un soggetto apolide e' previsto il requisito di un  periodo  di residenza legale abbreviato (cinque anni) rispetto ai dieci  previsti  in  via ordinaria. Nel nostro paese l'apolidia di un soggetto  puo' essere riconosciuta sia in sede giudiziaria che in via amministrativa.  L'art. 17 del D.P.R n. 572/93 disciplina la relativa procedura (la persona interessata al riconoscimento deve produrre una documentata istanza in bollo) attribuendo esplicitamente al Ministero dell'interno  la  competenza  al  rilascio  della  certificazione  di apolidia.
 Reingegnerizzazione    dei    processi    di   concessione   della cittadinanza:
 In  relazione all'imponente fenomeno della migrazione di cittadini stranieri  ed  il  conseguente  ingente  e  progressivo aumento delle istanze  prodotte e tese all'ottenimento del nostro status civitatis, e'  stato gioco-forza studiare la reingegnerizzazione, attraverso una nuova  programmazione  informatica, dei processi di concessione della cittadinanza.
 Nel  mese  di  ottobre  del  2002  si  e' dato inizio al progetto, suddiviso  in quattro fasi. Tale progetto di implementazione di nuove procedure  informatiche  per  l'attivita' dell'Ufficio e' finalizzato all'aumento del numero complessivo dei provvedimenti, all'aumento del trend   di   produttivita'   dell'attivita'   dell'Ufficio,   nonche' all'ampliamento  della  funzionalita' dello stesso con la progressiva riduzione dei tempi di attesa dei richiedenti.
 I  dati statistici sulle concessioni della cittadinanza italiana e sui paesi di provenienza degli stranieri e/o quelli di cui gli stessi sono  titolari della cittadinanza evidenziano, in particolare, che il maggior numero di concessioni risulta a favore di cittadini stranieri dell'Europa   Orientale,  provenienti  quindi  da  paesi  dell'Unione europea o attualmente coinvolti nel processo di allargamento. Seguono le  concessioni a favore degli stranieri provenienti dal Sud America, dall'Africa  del Nord e dal Continente Asiatico. Infine numerose sono le concessioni a favore degli stranieri dell'estremo oriente.
 ---->   VEDERE TABELLA A PAG. 116 DELLA G.U.   <----
 
 Concessioni di cittadinanza italiana =====================================================================
 |     Totale      |     Uomini      |     Donne =====================================================================
 1993      |      6544       |      2141       |      4403
 1994      |      6613       |      2043       |      4570
 1995      |      7416       |      2432       |      4984
 1996      |      7015       |      2202       |      4813
 1997      |      9237       |      2857       |      6380
 1998      |      12036      |      3464       |      8572
 1999      |      11337      |      3462       |      7875
 2000      |      9594       |      2851       |      6743
 2001      |      10290      |      2725       |      7565 Fonte: Ministero dell'interno
 
 In ogni caso, il numero delle istanze e delle relative concessioni della cittadinanza sul presupposto del matrimonio supera quello delle concessioni  sul  presupposto  della  residenza  ed  inoltre,  i dati concernenti  la  differenza  di eta' tra il coniuge italiano e quello straniero,  che  sul  presupposto del vincolo del coniugio, chiede la cittadinanza  italiana  ai  sensi  dell'art.  5 della legge n. 91/92, evidenziano la rilevanza del fenomeno dei matrimoni di comodo.
 Matrimoni di comodo
 La  predetta  normativa  non  contiene disposizioni specifiche per arginarne  l'evoluzione: infatti, i presupposti di legge (sei mesi di residenza legale in Italia ovvero tre anni di matrimonio se residenti all'estero), una volta maturati, sono da considerare cristallizzati e qualsiasi  circostanza  intervenuta  successivamente - purche' non si tratti di annullamento del matrimonio - non puo' inficiarli.
 Pertanto,  in  presenza di tali presupposti di legge ed in assenza delle cause preclusive di cui all'art. 6 della citata legge 91/92, lo straniero  matura  il  diritto  al  conferimento  della  cittadinanza italiana.
 Sono,  al  riguardo,  frequenti,  peraltro, i rapporti informativi delle  Questure  o  i  pareri  resi  dal  Dipartimento della P.S. che evidenziano  l'esistenza  di  provvedimenti di revoca del permesso di soggiorno,  atteso  che tra i coniugi non vi e' mai stata convivenza, che  il  matrimonio  e'  stato contratto al solo scopo di ottenere il permesso  di  soggiorno,  talvolta  anche  dietro compenso di ingenti somme di denaro.
 In  talune  delle  predette  fattispecie, nella considerazione che puo'  ritenersi  nullo ab origine il permesso di soggiorno rilasciato sull'errato  presupposto di una convivenza tra il coniuge straniero e quello italiano, di fatto mai esistita, si e' provveduto a dichiarare l'inammissibilita' dell'istanza di acquisto della cittadinanza per la insussistenza della residenza legale prevista dall'art. 5 della legge n. 91/92.
 Matrimoni bianchi
 Si  precisa infine che, per contrastare il fenomeno dei cosiddetti "matrimoni  bianchi", nel caso di matrimonio di un cittadino italiano con  uno straniero o con apolide, sono state gia' in passato proposte modifiche da apportare alla vigente legge. Si potrebbe prevedere:
 a) che  il  matrimonio  debba  essere  validamente esistente al momento del giuramento da parte del cittadino straniero o apolide che acquista la cittadinanza;
 b) che  il  periodo di residenza legale in Italia, previsto dal citato  art.  5,  sia  prolungato  di  almeno  un anno dalla data del matrimonio e che si protragga fino alla prestazione del giuramento di cui all'art. 10 della legge n. 91/92.
 Casi di riconoscimento ai sensi della legge 14112/2000, n. 379
 Rilevanti  risultano  anche  le  richieste di riconoscimento della cittadinanza  italiana  ai  sensi  della  legge  14/12/2000  n.  379, concernente  "Disposizioni  per  il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e gia' residenti nei territori appartenuti all'Impero Austro-Ungarico e ai loro discendenti":
 Le  predette  richieste,  attualmente circa 2.000, presumibilmente destinate  ad  aumentare,  presentate  ai  Comuni  ed  alle Autorita' consolari   di  competenza,  vengono  esaminate  da  una  Commissione Interministeriale  che  esprime il preventivo avviso in base al quale il Ministero dell'interno si pronuncia sull'eventuale riconoscimento.
 4.9 Iniziative per migliorare la comprensione
 con le diverse fedi religiose
 
 Secondo  i principi di laicita' dello Stato, questo si pone in una posizione  di  non  ingerenza  di  fronte alle confessioni religiose, quanto  a partecipazione ed organizzazione delle stesse, senza essere estraneo   ed  indifferente,  tuttavia,  alle  garanzie  dei  diritti inviolabili  dell'essere  umano, che debbono spettare agli aderenti a tutte le confessioni.
 Vanno  osservati, al riguardo, i principi contenuti negli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione che concernono: l'uguaglianza di tutti i cittadini  senza  distinzione  di  religione;  la pari liberta' delle confessioni  religiose  che  hanno  diritto  di  organizzarsi secondo propri  statuti e i cui rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla  base  di  `intese';  il diritto di tutti - quindi non solo dei cittadini,  ma  anche  degli stranieri di professare la propria fede, farne  propaganda  ed  esercitare  il  relativo  culto, a condizione, tuttavia, che si tratti di riti non contrari al buon costume.
 Grazie  al  ruolo  che  la  Chiesa cattolica ha sempre rivestito e riveste nella cultura storico-religiosa del nostro Paese, alla stessa -   come   noto   -   e'   conferito  un  particolare  riconoscimento costituzionale: l'art. 7 della Costituzione prevede, infatti, che `Lo Stato  e  la  Chiesa  cattolica  sono,  ciascuno  nel proprio ordine, indipendenti  e  sovrani'  ed  i  relativi rapporti sono regolati con speciali norme di natura pattizia(il Trattato e il Concordato).
 Per  quanto  riguarda  le  altre confessioni, lo Stato ha, finora, stipulato le `intese' di cui al citato art. 8 della Costituzione con: la  Tavola Valdese, l'Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° Giorno,  le Assemblee di Dio in Italia, l'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia e l'Unione delle Comunita' Ebraiche italiane.
 E'   auspicabile  l'estensione  di  tali  intese  anche  ad  altre religioni,  che operano di fatto sul nostro territorio, alle quali si applica   tuttora  la  vecchia  normativa  (1929  -1930)  sui  `culti ammessi'.  Occorre  aggiungere  che  un disegno di legge, in corso di esame  (A.C.  2531),  si propone di realizzare la compiuta attuazione delle  garanzie  costituzionali  riguardanti  i diritti individuali e collettivi  in materia di liberta' religiosa, raccordandole anche con le normative internazionali in materia.
 Resta  basilare,  in ogni caso, il citato principio costituzionale che  prevede  il  diritto  di  tutti  e  quindi anche degli stranieri presenti  nel  nostro  Paese  -  di professare la propria fede, farne propaganda  ed  esercitare  il relativo culto, con l'unica condizione che non si tratti di riti contrari al buon costume.
 A  tale  condizione,  dunque, tutte le confessioni religiose dagli stranieri  possono  essere  professate  liberamente. Il loro concreto impatto  sul  nostro  territorio,  tuttavia,  non  si presenta sempre semplice,  specie  per  quei  culti  che  si  accompagnano  ad  usi e tradizioni molto diversi e distanti dai nostri e che spesso suscitano forti diffidenze nelle popolazioni locali.
 Un'adeguata  informazione  e  conoscenza  dei  culti  che  si sono diffusi  con  le  recenti immigrazioni appare, percio' essenziale per migliorare  la comprensione delle diverse fedi religiose presenti nel nostro Paese.
 Tali   confessioni   possono   avere   voce  anche  attraverso  la partecipazione  dei vari organismi e associazioni che rappresentano i cittadini    extracomunitari    nei    Consigli    territoriali   per l'immigrazione,   allo   scopo   di  agevolare  l'integrazione  degli stranieri regolari nel nostro Paese.
 I  Consigli territoriali per l'immigrazione - previsti dall'art. 3 del  T.U.  -  rappresentano,  infatti,  le  sedi  locali di analisi e confronto  delle  problematiche  degli immigrati e di riferimento per tutti  i  soggetti  che  agiscono  ai  fini  dell'integrazione  degli stranieri   sul   nostro   territorio.  Anche  le  problematiche  che riguardano  gli aspetti religiosi della vita degli stranieri possono, quindi,  esservi  discusse e approfondite, allo scopo di agevolare la conoscenza  e  la  comprensione  delle  diverse  fedi  religiose, che debbono  essere, in ogni caso, praticate nel rispetto delle leggi del nostro Paese.
 Si  ritiene, pertanto, che vada conferito sempre maggiore impulso, attraverso  detti  Consigli  - ed in ogni altra sede opportuna - alle iniziative di informazione e sensibilizzazione su tale delicato tema, che  rappresenta  sicuramente uno degli aspetti di maggior rilievo ed importanza riguardanti la convivenza e l'integrazione degli stranieri in Italia.
 Il   Ministero  dell'interno  ha  proposto  il  tema  del  dialogo inter-religioso  anche  in  sede  comunitaria, realizzando durante il semestre   di   Presidenza   un'importante  Conferenza  dei  Ministri dell'interno  dell'Unione  allargata ai nuovi Stati membri e ai Paesi candidati.  Da  questa iniziativa e' scaturito l'impegno dell'Unione, contenuto   in   un'apposita   Dichiarazione  adottata  dai  Ministri dell'interno  e  sancita  dai Capi di Stato e di Governo, ad assumere ogni possibile iniziativa per favorire il dialogo tra le diverse fedi religiose,   con   particolare   riguardo   alle   tre   grandi  fedi monoteistiche.
 4.10) Informazione
 
 Nell'ambito   delle   misure  tese  a  favorire  le  politiche  di integrazione   degli   immigrati   residenti   nel  nostro  paese  di fondamentale  importanza  appare l'attivita' di comunicazione rivolta alla  popolazione straniera, finalizzata ad una puntuale informazione su diritti e doveri in materia di immigrazione.
 Con l'entrata in vigore della nuova legge n. 189/2002 che modifica il  T.U.  in  materia  di  immigrazione  (D.L. n. 286/98), sono state introdotte  nuove  norme  sulle  modalita' di ingresso e soggiorno in Italia  da  parte  dei  cittadini  extracomunitari.  Tali cambiamenti dovrebbero  essere  accompagnati  da  puntuali  campagne informative, aventi  come  destinatari  i  cittadini  non  comunitari,  al fine di favorire  la  conoscenza  di  diritti  e doveri e l'accessibilita' ai servizi pubblici.
 La  figura  del  mediatore  culturale  potrebbe  svolgere, in tale ambito,  un ruolo importante allo scopo di ridurre le distanze fra le istituzioni   del   Paese   ospitante  e  la  popolazione  immigrata, interagendo  con essi. Tra gli ambiti di intervento inediti nei quali coinvolgere  mediatori culturali, le Direzioni provinciali del lavoro potrebbero rappresentare uno spazio strategico di informazione capace di rispondere alle esigenze dell'utenza immigrata.
 Nell'ambito  di questi come di altri settori di riferimento per il lavoratore straniero e per le comunita' immigrate sarebbe auspicabile da  parte  dell'Amministrazione  centrale,  degli enti locali e delle associazioni  datoriali,  la promozione di strategie di comunicazione multilingue  dirette  al pubblico immigrato, eventualmente supportate da  mediatori culturali, e veicolate attraverso vecchi e nuovi media, postazioni  informatiche  multimediali, eventi fieristici, manifesti, materiali   informativi   relativi  alla  disciplina  in  materia  di immigrazione (leggi, decreti, circolari, direttive, ecc.), ai diritti e  doveri dei cittadini, alle procedure per avere documenti personali o per avere accesso ad una serie a servizi pubblici.
 Nel  quadro  delle  iniziative  dirette  a favorire il processo di integrazione della popolazione immigrata nel nostro Paese, e' nato il progetto  "Civis  -  verso  una societa' multirazziale", promosso dal Ministero    dell'interno    in    collaborazione   con   la   R.A.I. Radiotelevisione   italiana,   nell'ambito  del  Programma  Operativo Nazionale  "Sicurezza  per  lo  sviluppo  del  Mezzogiorno  d'Italia" finanziato sui fondi strutturali europei 2000-2006.
 L'iniziativa  in  oggetto  e' stata ammessa a finanziamento per un importo  complessivo  di  euro  5.893.806 (comprensivo di I.V.A), che grava  sul  fondo  di  rotazione  per  l'attuazione  delle  politiche comunitarie previste dalla legge 183/87.
 Tale  iniziativa,  di durata triennale - in corso di realizzazione dal 2001, si struttura attraverso due diverse linee di azione, mirate a   promuovere   un   corretto   processo   di   integrazione   e  di socializzazione  degli immigrati. 11 progetto si propone, inoltre, di sensibilizzare    i    cittadini   italiani   affinche',   attraverso un'informazione   corretta   sull'attivita'   svolta   dal  Ministero dell'interno,   orientata   da  un  lato  a  contenere  i  flussi  di immigrazione  clandestina  e  dall'altro a garantire all'immigrazione regolare  adeguate  condizioni di vita, possano comprendere il quadro complesso  del fenomeno immigrazione ed acquisire una nuova coscienza della societa' multietnica. La prima linea di azione si e' concretata nella   distribuzione,  a  30  Prefetture  del  Meridione  -  per  la successiva  diffusione  agli  stranieri  immigrati  -,  di  materiali informativi  multimediali  (audiocassette,  videocassette,  fascicoli monografici  a  stampa),  realizzati  nelle 'lingue dei piu' popolosi gruppi  etnici  presenti  sul  nostro  territorio  (arabo,  albanese, filippino,  inglese,  francese,  spagnolo,  russo, cinese) nonche' in italiano, sui temi:
 • "Le leggi, le istituzioni, i servizi";
 • "La casa, il lavoro";
 • 'La scuola, la cultura".
 La  seconda  linea  di  azione  si  sviluppa  in  una  campagna di informazione   mirata   alla   positiva   collocazione  della  figura dell'immigrato   regolare   in   termini   lavorativi,   economici  e demografici,   allo   scopo  di  trasmettere  un'immagine  del  mondo dell'immigrazione    che   permetta   ai   cittadini   di   acquisire un'informazione corretta ed equilibrata sulla societa' multirazziale.
 A   tale   scopo  e'  stata  realizzata,  insieme  alla  R.A.I.  - Radiotelevisione  Italiana,  una  serie  di  inserimenti tematici, in varie  trasmissioni  televisive,  relativi  a  storie di integrazione riuscita,    a   problemi   connessi   alla   situazione   abitativa, all'assistenza sanitaria, all'inserimento scolastico degli stranieri, nonche',  al  delicato  tema della "tratta ". Alcuni inserimenti sono stati inoltre dedicati al tema dell'informazione per l'integrazione e la sicurezza.
 4.11) Lotta alle discriminazioni
 
 Su  questo  fronte,  il  Dipartimento  per le pari opportunita' e' intervenuto,  di  recente,  per  integrare, in modo significativo, il quadro normativo di riferimento.
 Si   segnala,   infatti,   che  e'  stata  recepita,  con  decreto legislativo  9 luglio 2003, n°215, la direttiva 2000/43/CE, che attua il   principio   della   parita'   di   trattamento  fra  le  persone indipendentemente  dalla razza e dall'origine etnica, in un ambito di applicazione  dai  confini  estesi comprendenti il settore pubblico e privato,  lo  svolgimento  del  rapporto  di  lavoro,  la  protezione sociale, l'assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l'istruzione e  l'accesso a beni e servizi. Il decreto fa, inoltre, salve tutte le disposizioni  vigenti inerenti le condizioni di ingresso, soggiorno e accesso   all'occupazione,   all'assistenza  e  alla  previdenza  dei cittadini  nei Paesi terzi e degli apolidi nel territorio dello Stato e  le  disposizioni  che  prevedono  differenze di trattamento basate sulla nazionalita'.
 Il  decreto  offre  una  precisa  definizione  di  discriminazione diretta   e   indiretta,   prevede   la   giustificazione  di  alcune discriminazioni, disciplina i meccanismi di tutela giurisdizionale da attivare  anche attraverso associazioni ed enti, iscritti in appositi elenchi, cui e' stata riconosciuta la legittimazione ad agire.
 Il   provvedimento   garantisce   alla   persona   vittima  di  un comportamento  discriminatorio  una  tutela  giurisdizionale  ampia e completa, consentendole di esperire o l'azione disciplinata dall'art. 44 del testo unico dell'immigrazione o il tentativo di conciliazione. Nel  caso di accoglimento del ricorso il soggetto discriminato potra' ottenere  il  risarcimento  del  danno  anche  non  patrimoniale,  la cessazione  del  comportamento  discriminatorio, nonche' la rimozione degli effetti ad esso collegati.
 Rispondendo   alle  sollecitazioni  del  diritto  comunitario,  il decreto,  inoltre,  istituisce  presso  il  Dipartimento  per le pari opportunita' l'Ufficio per la promozione della parita' di trattamento e   la   rimozione   delle  discriminazioni  fondate  sulla  razza  o sull'origine etnica, quale presidio di riferimento per il controllo e la  garanzia  della  parita' di trattamento e dell'operativita' degli strumenti di tutela.
 A  questa  nuova  struttura  sono  affidati  compiti  specifici di assistenza   alle   vittime   di   comportamenti  discriminatori  nei procedimenti  intrapresi  da queste ultime sia in sede amministrativa che  giurisdizionale;  di promozione di azioni di sensibilizzazione e campagne  di  comunicazione;  di  incentivazione  di studi, ricerche, corsi  di  formazione e scambi di esperienze, anche in collaborazione con le associazioni e organizzazioni che operano nel settore.
 Il decreto legislativo in esame prevede, inoltre, sia istituito un albo  cui  possono iscriversi le associazioni che hanno un'esperienza consolidata nella materia della lotta alle discriminazioni.
 4.12) Mediazione culturale
 
 Negli  ultimi  anni  i  mediatori  culturali hanno svolto un ruolo importante  per la facilitazione dei processi di integrazione sociale e  culturale  degli  immigrati  soggiornanti in Italia. Questa figura professionale  dovra'  sempre  di  piu'  favorire  il  rapporto tra i cittadini  stranieri  e  le  istituzioni pubbliche. La loro presenza, dall'accoglienza  agli  sbarchi, al supporto agli operatori italiani, alla   funzione   di   orientamento   e   informazione  sui  diritti, all'attivita'  di  educazione interculturale e sostegno nei confronti di  alunni  stranieri  o  dei pazienti stranieri, comporta competenze diversificate  rispetto  ai  diversi  contesti.  Se nel settore della pubblica  sicurezza  e  della  giustizia  il  mediatore accompagna lo straniero nelle procedure che legittimano la sua presenza regolare in Italia o che sanzionano la violazione di determinate norme, in ambito sociale,  sanitario, scolastico, il mediatore facilita il processo di integrazione  dello  straniero, agendo come facilitatore nei rapporti con  le  istituzioni e come agente di pari opportunita', mediatore di squilibri nell'accesso ai servizi.
 Le  crescenti  esigenze  di  mediazione  culturale  da parte delle amministrazioni   e   le   esperienze   realizzate  in  questi  anni, suggeriscono  per il futuro l'adozione di modalita' diversificate per la  collaborazione  del  mediatore,  dal  servizio  a  chiamata  alla presenza fissa. La "convenzione a chiamata", cioe' tramite stipula di convenzione  con  singoli  mediatori  o  associazioni  che attuano un servizio   di   mediazione   linguistico-culturale  intervenendo  "su chiamata"  dell'istituzione  in  caso  di  bisogno puo' rispondere ad esigenze  contingenti e temporalmente limitate o a servizi con utenza ridotta,  mentre  la  "presenza  fissa" potrebbe rispondere meglio ai bisogni  delle questure, delle carceri e di ospedali di grandi citta' dove la presenza di stranieri appartenenti a determinate nazionalita' e'  elevata  e costante. Sotto questo profilo, l'azione dei mediatori dovrebbe  essere  sostenuta  da  una  standardizzazione  dei percorsi formativi    e    dal   riconoscimento   di   specifiche   competenze professionali, da disciplinare a livello normativo nazionale.
 Un'esperienza  positiva  in  tal  senso  che puo' rappresentare un modello  di riferimento, e' quella del "Programma operativo nazionale per  la  Sicurezza  e  lo  Sviluppo  del  mezzogiorno d'Italia". Tale iniziativa  prevede, nell'ambito di un rapporto di collaborazione con le  Regioni  interessate,  la  costituzione  di una rete di mediatori culturali   che  operino  all'interno  di  un  nucleo  di  interventi finalizzati a circoscritti processi di accoglienza e di integrazione.
 Cap. 5) Richiedenti asilo e rifugiati
 
 Le    problematiche   dell'asilo   non   riguardano   direttamente l'applicazione  del  testo  unico  sull'immigrazione  ma,  come  gia' osservato,  hanno  una influenza sull'analisi dei movimenti migratori in   quanto   spesso   i   flussi   d'immigrazione   economica  usano strumentalmente  i canali della protezione internazionale e, inoltre, investono direttamente le politiche dell'accoglienza.
 Il  numero  dei  richiedenti  asilo e' stato nel 2000 superiore ai 18.000 con una lieve flessione nel 2001 con 17.000 istanze; flessione confermata  nel 2002 con un numero di domande intorno alle 15.000. La tendenza  in  atto  appare  confermata anche dall'andamento del primo semestre del 2003.
 Sono   gia'  state  evidenziate  le  problematiche  connesse  alla particolare  lunghezza delle procedure di esame presso la Commissione Centrale  per  il  riconoscimento  dello  status  di rifugiato. Tempi lunghi dovuti al trend di crescita delle istanze di asilo, incremento avvenuto  a  partire  dall'emanazione  della  legge  n.39/1990 (legge Martelli)  che  ha  rimosso  la riserva geografica che aveva limitato fino  ad allora ai soli europei la possibilita' di ottenere lo status di rifugiato.
 La   lunghezza   dei   tempi  di  esame  provoca  conseguentemente condizioni  di  accoglienza  inadeguate del richiedente asilo che non puo'  provvedere  ai propri bisogni attraverso una regolare attivita' lavorativa.  L'assistenza  prevista  dalla  legge  n.  39 del 1990 e' infatti,  limitata  esclusivamente  all'erogazione  di  un contributo economico  giornaliero  per  soli  45  giorni  a  fronte,  invece, di procedure con tempi superiori agli 8 mesi.
 La legge 30 luglio 2002, n. 189, ha inteso intervenire per ridurre i  tempi  di  esame  delle  istanze  di asilo sostituendo ad un unico organo  centrale  competente  all'esame una articolazione di organi a livello    provinciale    (le   Commissioni   territoriali   per   il riconoscimento   dello   status  di  rifugiato).  Tale  articolazione periferica,  unita  alla  realizzazione  di  strutture finalizzate ad evitare  la  dispersione  sul  territorio  nazionale  dei richiedenti asilo,  consentira'  di  procedere  alla valutazione delle situazione personali   con   tempi  procedurali  pari  a  20  giorni  (procedure semplificate)  ovvero  30  giorni  (procedure ordinarie). Le medesime strutture,  denominate  centri di identificazione, garantiranno anche l'accoglienza  della  maggior  parte di richiedenti asilo cioe' tutti coloro che sono entrati nel territorio nazionale eludendo i controlli di  frontiera  ovvero  quelli  fermati  in  condizione  di  soggiorno irregolare.
 La  Commissione  Centrale  per  il  riconoscimento dello status di rifugiato e' sostituita dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo. L'organo centrale e' chiamato a svolgere funzioni di indirizzo e  coordinamento  delle  Commissioni  territoriali e sara' competente alle  revoche dello status. Al fine predetto la Commissione Nazionale potra'  sviluppare  nel  proprio ambito le analisi, studi e verifiche sulla  situazione  dei  singoli  paesi di provenienza dei richiedenti asilo.
 Tutto  il  sistema  previsto  dalla citata legge n. 189 ha trovato applicazione  con il regolamento attuativo della normativa sull'asilo introdotta dalla nuova disciplina.
 Con  l'attuazione  delle  nuove  norme trovera' soluzione l'annoso problema  dell'accoglienza  dei  richiedenti  asilo che grava in gran parte  sugli  enti  locali  chiamati  a  fornire assistenza, ai sensi dell'art.  40  del  T.U.  n.  286/1998  agli  stranieri  regolarmente soggiornanti in condizioni di bisogno.
 Per   sviluppare   le   iniziative   nel   settore,  il  Ministero dell'interno,  grazie  alla  collaborazione  dell'Alto  Commissariato delle   Nazioni  Unite  per  i  Rifugiati  (ACNUR)  e  l'Associazione Nazionale  Comuni  Italiani  (ANCI) ha dato vita a partire dal 2001 - coi  finanziamenti  della  quota  otto  per  mille  IRPEF e del Fondo europeo  per  i  Rifugiati  -  ad  uno specifico programma denominato "Programma Nazionale asilo". Tale programma ha dato vita, nell'ambito delle  risorse  finanziarie disponibili, ad una rete di accoglienza a livello locale estesa a tutto il territorio nazionale.
 La  legge  n.  189/2002  ha voluto riconoscere il ruolo della rete cosi'  realizzata  istituendo,  presso  il Ministero dell'interno, un apposito Fondo a sostegno delle attivita' svolte dagli enti locali in favore  dei richiedenti asilo e dei rifugiati: il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.
 Per   il   coordinamento   di   tale  attivita'  e'  poi  prevista l'istituzione  di una unita' organizzativa di stimolo e coordinamento dell'attivita' degli enti locali in materia, il Servizio Centrale.
 La  prima ripartizione del Fondo, riservata dalla legge istitutiva a favore delle iniziative in atto finanziate con il Fondo Europeo per i  rifugiati,  e'  avvenuta  con decreto del Ministro dell'interno in data 23 luglio 2003.
 Nel 2003, nonostante l'assenza del regolamento attuativo che, come osservato, e' condizione per l'applicazione della nuova disciplina in materia  di  asilo  prevista  dalla citata legge n. 189, si e' potuto procedere  alla  ripartizione  del  Fondo  sulla base dell'articolo 3 dell'ordinanza  del  Presidente del Consiglio dei Ministri in data 23 maggio 2003, n. 3287.
 La dotazione del Fondo e' costituita, ai sensi dell'art. 1 septies della   citata   legge   189,   dalle  risorse  iscritte  nell'unita' previsionale  di  base  4.1.2.5  "Immigrati,  profughi  e  rifugiati" capitolo   2359   del  Ministero  dell'interno  per  l'anno  2002,  e corrispondenti  a  5,16  milioni di euro. La medesima disposizione fa confluire,  inoltre, al Fondo anche le assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati, comprese quelle gia' attribuite per gli anni 2000,  2001  e 2002 ed in via di accreditamento al Fondo di rotazione del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze.  Ulteriori  risorse possono affluire sul Fondo attraverso contributi e donazioni disposti da  soggetti pubblici o privati, anche internazionali ovvero da parte di organismi dell'Unione europea.
 Per  l'anno  2003 non sono state effettuate assegnazioni sul Fondo da parte del FER.
 In  attuazione  dell'art.  80,  comma  8,  della legge n. 289/2002 (legge  finanziaria 2003), e' stato inoltre assegnato un importo pari a € 6.000.000,00.
 La  dotazione per l'esercizio finanziario 2003; del capitolo 2361, e'  risultata  complessivamente  pari  a  €  11.160.000,00.  Di  tale stanziamento € 8.956.521,99 sono stati assegnati agli enti locali.
 Sulla  rimanente  somma  e'  stata  finanziata  l'istituzione  del Servizio  Centrale, affidato ai sensi del citato art. l sexies, comma 4,  all'Associazione  Nazionale  Comuni  Italiani attraverso apposita convenzione siglata con il Ministero dell'interno.
 Con  l'istituzione  del  Servizio  Centrale  si  e' resa operativa l'unita'  di  coordinamento  e  stimolo del sistema di protezione per richiedenti  asilo  e  rifugiati  e sono stati dati supporto tecnico, informazione  e  consulenza  agli  Enti  locali  che prestano servizi finalizzati  all'accoglienza  di  tali categorie di stranieri e i cui interventi  sono  stati  sostenuti  con  le risorse del Fondo. Con la prima  ripartizione  delle risorse del Fondo sono stati finanziati 50 Comuni,  distribuiti  su  tutto  il  territorio  nazionale, che hanno permesso  di  dare  assistenza  a  1995  beneficiari, tra richiedenti asilo,  rifugiati  e stranieri in possesso di permesso per protezione umanitaria.
 Nel settore gli obiettivi prioritari sono:
 a)-applicazione    della    legge    n.   189/2002   attraverso l'istituzione  delle  Commissioni  territoriali,  la  costruzione dei centri  di  identificazione  e  definizione  delle  linee  guida  per l'indirizzo  dei servizi di assistenza e tutela dei richiedenti asilo e  rifugiati  che  saranno  finanziati  dal  Fondo  Nazionale  per le politiche e i servizi dell'asilo;
 b) armonizzazione della normativa nazionale a quella europea in applicazione del Trattato dell'Unione europea;
 c) attuazione dell'articolo 10, comma 3, della Costituzione sul diritto  di  asilo attraverso una legge organica in materia che tenga conto dei principi di armonizzazione europea in via di elaborazione.
 In  merito  all'armonizzazione  europea  si  fa  presente  che nel settore,  secondo i tempi stabiliti dal Trattato di Amsterdam, si sta procedendo all'adozione di rilevanti atti normativi comunitari.
 In  particolare  sono  stati  gia'  approvati  il  regolamento che stabilisce la competenza degli Stati membri per l'esame delle domande di  asilo  (Regolamento  CE  n.  343/2003  del 18 febbraio 2003) e la direttiva   recante   norme   minime   relative  all'accoglienza  dei richiedenti asilo (Direttiva n. 9/2003/CE del 27 gennaio 2003).
 Per  il  completamento  del  quadro  della  medesima normativa, la Presidenza  italiana  UE  e'  stata  chiamata  a  concludere l'esame, secondo  il  Consiglio  europeo  di  Salonicco del giugno 2003, della proposta  di direttiva sull'attribuzione a cittadini di Paesi terzi o apolidi   della  qualifica  di  rifugiato  o  di  persona  altrimenti bisognosa  di  protezione  internazionale  nonche'  norme  minime sul contenuto  della  protezione  riconosciuta e la proposta di direttiva sugli  standard  minimi  delle  procedure  negli  Stati membri per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato.
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