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| Gazzetta n. 157 del 8 luglio 2005 (vai al sommario) |  | MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI |  | CIRCOLARE 24 giugno 2005, n. 28 |  | Circolare in materia di distacco e cassa integrazione. |  | 
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 Alla direzione generale per l'attivita'
 ispettiva
 Al SECIN
 
 I. I presupposti di legittimita' del distacco.
 Il  distacco  si  verifica  allorquando  un  datore  di  lavoro per soddisfare  un  interesse  proprio  invia  uno o piu' lavoratori alle dipendenze  di  un soggetto terzo per l'esecuzione di una determinata attivita'  lavorativa. Requisiti di legittimita' del distacco sono la temporaneita' e la sussistenza di un interesse al distacco in capo al datore di lavoro distaccante.
 Con  riferimento al requisito dell'interesse, l'art. 30 del decreto legislativo  n.  276  del 2003 si limita a precisare che il datore di lavoro   distaccante   deve   «soddisfare   un   proprio  interesse». Particolare   attenzione   va   dunque  riservata  alla  elaborazione giurisprudenziale  che,  pur  formatasi  antecedentemente  alla nuova disciplina  legislativa,  ne  ha  ispirato i contenuti, chiarendo che l'interesse  deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente per tutto il periodo in cui il distacco e' disposto.A tale proposito, con  la  Circolare  n. 3/2004, questo Ministero ha altresi' osservato come   l'interesse   che   legittima   il   distacco   non  puo'  mai concretizzarsi in un mero interesse al corrispettivo per la fornitura di  lavoro  altrui,  che caratterizza, invece, la diversa fattispecie della somministrazione di lavoro.
 Occorre,    inoltre,    chiarire   che   non   si   puo'   ritenere autonomaticamente  sussistente  l'interesse  del  datore di lavoro al distacco  per  il  solo  fatto  che  esso  viene disposto tra imprese appartenenti al medesimo gruppo.
 La  giurisprudenza  ha, infatti, ritenuto che il rapporto di gruppo che  lega  distaccante  e distaccatario non legittima per se' solo il distacco  ma  costituisce  un  presupposto di fatto da considerare ai fini  della  valutazione  circa  la  sussistenza,  nel caso concreto, dell'interesse  del  datore  di  lavoro  distaccante (Cass. 18 agosto 2004, n. 16165 e Cass. 16 febbraio 2000, n. 1733).
 In  questo  senso  anche  la gia' richiamata circolare n. 3/2004 ha precisato,  da un lato, che la formulazione della novella legislativa legittima le prassi di distacco all'interno dei gruppi di impresa, le quali  corrispondono  ad  una  reale  esigenza di imprenditorialita', volta  a  razionalizzare,  equilibrandole,  le  forme di sviluppo per tutte  le aziende che fanno parte del gruppo, e, dall'altro lato, che la  precedente  prassi  amministrativa  aveva  comunque  riconosciuto necessari, anche in questa ipotesi, tanto il requisito dell'interesse del distaccante quanto quello della temporaneita' del distacco. II. Il ricorso al distacco quale alternativa a una procedura di cassa integrazione per contrazione di attivita' produttiva.
 E'  in  questo  contesto  che  deve essere valutata la liceita' del ricorso  al  distacco  quale  alternativa  a  una  procedura di cassa integrazione per contrazione della attivita' produttiva.
 Detta  ipotesi  solleva  infatti  alcuni  profili di criticita' con riferimento  al  principio  in  base al quale il distacco deve essere riconducibile  ad  uno  specifico  interesse  del  datore  di  lavoro affinche'  la  prestazione  sia,  temporaneamente, eseguita presso un terzo  ma  in  adempimento dell'unico e originario rapporto di lavoro che prosegue con il distaccante.
 Poiche',   infatti,  il  distacco  integra  un  atto  organizzativo dell'impresa  che  lo  dispone,  e  determina cosi' una mera modifica delle  modalita' di esecuzione della prestazione lavorativa (Cass. 18 agosto  2004,  n.  16165),  deve  escludersi  la  legittimita'  di un distacco  fondato su una ragione meramente economica, che puo' essere tanto l'interesse ad un corrispettivo, come sopra evidenziato, quanto il solo interesse al risparmio del costo del lavoro.
 Avrebbe natura meramente economica un distacco che non si limitasse ad  avere  come  effetto  solo  indiretto  il  rimborso del costo del lavoro, che costituisce prassi ricorrente e irrilevante ai fini della legittimita'  del  distacco (Cass., Sez. Un., 13 aprile 1989, n. 1751 gia' richiamata dalla circolare n. 3/2004), ma trovasse in tale esito la sua propria giustificazione.
 La  possibilita'  quindi  di  disporre  il  distacco per evitare il ricorso  alla  cassa integrazione potrebbe apparire dettata non tanto da  un  interesse  proprio  del  distaccante,  affinche' i lavoratori eseguano  presso il terzo la prestazione lavorativa, quanto piuttosto dalla  esigenza  di  sostenere  l'impresa,  temporaneamente in crisi, attraverso  il rimborso del costo della manodopera in distacco; tanto piu' che l'operazione complessiva troverebbe riscontro in un autonomo e  rilevante  interesse  del  distaccatario  a  fronteggiare, proprio attraverso  la  fornitura  della  manodopera  in  distacco,  punte di intensificazione della attivita' produttiva.
 In  questo senso depone anche il confronto con la specifica ipotesi di  distacco  prevista  dall'art.  8,  legge n. 236/1993. La norma in esame  rinvia,  infatti,  ad  accordi collettivi che regolamentino il distacco   di  personale  per  evitare  il  ricorso  a  procedure  di licenziamento collettivo.
 In  questo caso l'interesse che legittima il distacco e' quello dei lavoratori  a  non  essere  licenziati  (ed eventualmente l'interesse pubblico  a  preservare i livelli occupazionali) mentre, a fronte del filtro  dato  dal  controllo  sindacale  sulla operazione, l'autonomo interesse  del  distaccante puo' anche mancare ovvero puo', in questa ipotesi,  coincidere con il mero passaggio dei costi della manodopera eccedentaria in capo al distaccatario.
 Non sembra, peraltro, che questa ipotesi possa essere estesa in via analogica  a  quella  in  esame  sia  per la natura eccezionale della fattispecie  sia  per  la  differenza  sussistente fra una situazione tendenzialmente   irreversibile,   quale  quella  che  porta  ad  una procedura  di  licenziamento  collettivo,  rispetto ad una ipotesi di temporanea  concentrazione dell'attivita' produttiva cui e' possibile far fronte con un trattamento di integrazione salariale.
 Peraltro  proprio  il  dato della temporaneita' puo' consentire una ricostruzione  dell'interesse  del  distaccante  che,  nella  ipotesi prospettata,  sia  ulteriore  rispetto  ad  una  mera opportunita' di escludere  il  ricorso alla cassa integrazione. Da questa prospettiva sembra  anche possibile accordare rilevanza come presupposto di fatto al gruppo di impresa entro cui ricondurre l'operazione di distacco.
 Poiche'  infatti  l'ipotesi  in  esame postula una contrazione solo temporanea  del  volume d'attivita' dell'impresa distaccante, si puo' configurare  in  capo  al  datore  di lavoro un interesse specifico a preservare  in  forza  (e  nella  propria disponibilita) i lavoratori temporaneamente   sospesi.   Il   ricorso  alla  cassa  integrazione, potrebbe,  di  contro,  indurre  i  lavoratori  a cercare una diversa occupazione  a  fronte  della riduzione della retribuzione, questo in particolare  per  i  lavoratori  con  qualifiche elevate. Inoltre, la sospensione  della  attivita',  ove  protratta  nel  tempo,  potrebbe incidere per se' sola sulla crescita professionale dei lavoratori.
 A  fronte  di  tali  considerazioni  si puo' pertanto ritenere che, nell'ipotesi in esame, il distacco risponda al legittimo interesse di preservare  il  patrimonio  professionale  dell'impresa attraverso le opportunita'  di  scambio tra i lavoratori delle imprese appartenenti al   medesimo  gruppo.  In  questo  caso,  quindi,  il  distacco  non costituirebbe un mero scambio/prestito di manodopera per fronteggiare esigenze  contingenti  relative  alla  gestione del personale o della attivita'  dell'impresa  - ipotesi questa espressamente esclusa dalla giurisprudenza   (Cass.   2   novembre   1999,  n.  12224)  -  ma  la realizzazione  di  uno specifico interesse dell'impresa attraverso le opportunita'  che  derivano  dalla  struttura  integrata  tra imprese appartenenti al medesimo gruppo.
 Infine,  con  riferimento  alle  concrete  modalita'  operative  si ritiene opportuno rilevare che:
 1) il  distacco  di manodopera intra-gruppo non dovrebbe, in ogni caso, incidere sulla autonomia di gestione delle singole imprese onde evitare che il gruppo appaia una frammentazione artificiosa (e quindi fraudolenta) di un unico soggetto giuridico;
 2) in  caso  di  distacco  occorre  tenere  presente  non  solo i presupposti  di  legittimo  ricorso  all'istituto  ma anche i vincoli derivanti  dall'applicazione  della disciplina ed, in particolare, di quelli  afferenti al mutamento di mansioni e di quelli relativi ad un possibile  spostamento  della  sede  di lavoro oltre 50 km rispetto a quella originaria.
 
 Roma, 24 giugno 2005
 Il Ministro del lavoro
 e delle politiche sociali
 Maroni
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