Gazzetta n. 115 del 19 maggio 2005 (vai al sommario) |
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI |
COMUNICATO |
Proposta di riconoscimento della denominazione d'origine protetta «Gran Suino Padano» |
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Il Ministero delle politiche agricole e forestali esaminata l'istanza intesa ad ottenere la protezione della denominazione d'origine protetta «Gran Suino Padano», ai sensi del Reg. (CEE) 2081/92 del Consiglio del 14 luglio 1992, presentata dall'Associazione temporanea di imprese con sede in Roma - c/o Anas via Lazzaro Spallanzani, 4 esprime parere favorevole e formula la proposta di disciplinare di produzione nel testo di seguito riportato. Le eventuali osservazioni, adeguatamente motivate, relative alla presente proposta dovranno essere presentate, nel rispetto della disciplina fissata dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, «disciplina dell'imposta di bollo» e successive modifiche, al Ministero delle politiche agricole e forestali - Dipartimento della qualita' dei prodotti agroalimentari e dei servizi - Direzione generale per la qualita' dei prodotti agroalimentari e la tutela del consumatore - QTC III, via XX settembre n. 20 - 00187 Roma, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della presente proposta, dai soggetti interessati e costituiranno oggetto di opportuna valutazione da parte del predetto Ministero, prima della trasmissione della suddetta proposta di riconoscimento alla Commissione europea. Decorso tale termine, in assenza delle suddette osservazioni o dopo la loro valutazione ove pervenute, la predetta proposta sara' notificata, per la registrazione ai sensi dell'art. 5 del regolamento (CEE) n. 2081/92, ai competenti organi comunitari.
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE GRAN SUINO PADANO Denominazione d'origine protetta
Art. 1. Denominazione
La denominazione di origine protetta «Gran Suino Padano» e' riservata alle carcasse ed ai tagli, anche confezionati, ottenuti dai suini nati, allevati, macellati e sezionati secondo le prescrizioni del presente disciplinare. |
| Art. 2. Descrizione del prodotto
La denominazione «Gran Suino Padano» e' riservata ai seguenti tagli di carne fresca, refrigerata ovvero congelata, ottenuti dal sezionamento successivo alla macellazione dei suini descritti all'art. 5: mezzena; coppa; lombo; coscia disossata rifilata; lardo; spalla; pancetta integrale; gola; trito. Il peso a freddo della carcassa, cosi' come definita dalla regolamentazione comunitaria, e' tale da consentire la sua classificazione nella categoria pesante ed e' superiore a kg 110. Le carni, al momento della attribuzione della denominazione, presentano le seguenti caratteristiche chimico-fisiche e bromatologiche: a) sono mature, sode e compatte; b) possiedono una buona tenuta alla cottura ed adeguata tenerezza, da riscontrarsi obiettivamente sul muscolo Longissimus dorsi; c) manifestano un'ottima idoneita' alla trasformazione; d) il grasso di copertura si presenta di colore bianco o rosato, senza altre colorazioni anomale, consistente, non ossidato od untuoso; e) l'assenza di miopatie e di macro/microemorragie nella frazione muscolare, che si presenta con marezzatura moderata; f) valore di pH, nel muscolo Longissimus dorsi all'altezza dell'ultima costola, compreso nell'intervallo tra 5,8 e 6,0, se rilevati entro un'ora dalla macellazione e tra 5,4 e 6,0, se rilevato tra le ventidue e le ventisei ore dalla macellazione; g) valori del numero di jodio, rilevato dalla porzione collocata alla base della coscia e riferito al grasso di copertura corrispondente (comprendente sia lo strato lipidico esterno che quello piu' interno), nel limite massimo di 70; h) lipidi intramuscolari rilevati nel muscolo ξLongissimus dorsi, all'altezza dell'ultima costola, non inferiori all'1,4% e non superiori al 5,0%. Le carni ottenute ai sensi del presente disciplinare, sono immesse al consumo previa frollatura e presentano le seguenti caratteristiche necessarie ai fini dell'ottenimento della DOP: a) mezzena: carcassa di suino, divisa a meta' mediante sezionamento longitudinale con resezione dei corpi vertebrali, dal sacro all'atlante, senza lingua, setole, unghie, organi genitali, rognoni, diaframma, piede anteriore, testa, coda e sugna; b) coppa con osso: sezione della colonna vertebrale tra la terza e la quarta vertebra dorsale - ovvero tra la quarta e la quinta - ottenuta tagliando le relative costole agli angoli, mantenendo le corrispondenti epifisi, le sette emivertebre cervicali, le tre o quattro emivertebre dorsali, privata della cotenna e del grasso di copertura, con peso unitario minimo di kg 2,5; c) lombo modena: (con costina e fondello), ottenuto dopo il distacco dell'ultima emivertebra lombare, del Sacro e della terza articolazione intervertebrale dorsale, del muscolo &ix;Longissimus dorsi e della testa del filetto, composto dalle costole, dalle cartilagini di prolungamento, dalle rimanenti emivertebre dorsali, lombari e sacrali, con i muscoli del dorso privati del lardo e della cotenna, con peso unitario minimo di kg 8,5; d) lombo milano: (senza costina e con fondello) ottenuto come indicato alla lettera c) per quanto attiene alla base ossea, ma con il taglio delle costole in corrispondenza del loro angolo toracico, con peso unitario minimo di kg 6,8; e) lombo Bologna: (senza costina e senza fondello) ottenuto come indicato alla lettera c), previa asportazione del fondello (ovvero fondo di lombo) ed isolamento al livello dell'ultima emivertebra lombare, con peso unitario minimo di kg 5,5; f) lombo Padova ovvero Venezia: (con costina e senza fondello) ottenuto come indicato alla lettera c) per quanto attiene alla base ossea, previa asportazione del fondello (ovvero fondo di lombo) ed isolamento al livello dell'ultima emivertebra lombare, con peso unitario minimo di kg 7,2; g) coscia disossata rifilata: ottenuta previo disossamento integrale e costituita dai muscoli Semimembranoso, Semitendinoso, Bicipite femorale, previa asportazione del filetto, della cartilagine dell'anca e del grasso sotto-fesa e con sezionamento trasversale dei muscoli per il taglio esterno, presentata con o senza fesa ovvero cono senza stinco, con peso unitario minimo di kg 6,5; h) lardo (ovvero spallotto): ottenuto dalla copertura adiposa di coppa, spalla e lombo, con spessore minimo (comprensivo di cotenna e misurato al momento della rilevazione del tenore di carne magra) di mm 20,00; i) spalla con cotenna: ottenuta dal sezionamento della massa dei muscoli della spalla e del braccio e costituita dai muscoli Deltoide, Sopraspinato, Infraspinato, Piccolo rotondo, Grande rotondo, Sottoscapolare, Capsulare e dai muscoli flessori ed estensori dell'avanbraccio, con peso unitario minimo di kg 5,5; j) pancetta integrale con cotenna: ottenuto dal sezionamento del mantello suino e costituito da cute, sottocute, grasso superficiale e muscoli interni della regione toracica ed addominale compresa tra l'intersezione dell'arto anteriore (loggia ascellare) e dell'arto posteriore (loggia inguinale), con peso unitario minimo di kg 6,8; k) gola integrale con cotenna: ottenuta dal sezionamento del mantello suino e costituita dalla regione compresa tra il padiglione auricolare, la commessura labiale e la sezione di taglio della mezzeria, chiusa con un taglio trasversale condotto in corrispondenza della terza vertebra toracica e privata della porzione a diretto contatto con i vasi sanguigni recisi nel corso della iugulazione, con peso unitario minimo di kg 2,5; l) trito di ... la denominazione e' completata dal nome del taglio anatomico dal quale ha origine il trito, ovvero e' costituita dalla dicitura «trito misto»; il trito misto e' ottenuto mediante assemblaggio di porzioni dei diversi tagli anatomici, di dimensioni variabili, ottenuti dal sezionamento e dalla elaborazione di quelli elencati ovvero dalla loro macinatura, comprese quelle derivanti dalla attivita' di sezionamento e di rifilatura delle cosce. Sono ammesse ulteriori specifiche accessorie esclusivamente su singoli tagli, se corrispondenti agli usi leali e costanti codificati presso le Camere di commercio, industria, artigianato agricoltura. |
| Art. 3. Zona di produzione
La zona di produzione del Gran Suino Padano, intesa come la zona dove avviene la nascita, l'allevamento, la macellazione dei suini, il sezionamento e il confezionamento delle carni, e' costituita dal territorio delle seguenti regioni: Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto. |
| Art. 4. Origine del prodotto
La tracciabilita' della denominazione d'origine protetta Gran Suino Padano e' garantita dal «codice d'origine», individuato dal timbro indelebile recante il codice di identificazione dell'allevamento e quello del mese di nascita di ogni animale. Ogni fase del processo produttivo viene monitorata documentando per ognuna gli input (prodotti in entrata) e gli output (prodotti in uscita). In questo modo, e attraverso l'iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, degli allevatori, macellatori, sezionatori e dei confezionatori, nonche' attraverso la dichiarazione tempestiva alla struttura di controllo del numero dei suini nati, allevati, macellati e sezionati, e' garantita la tracciabilita' e la rintracciabilita' del prodotto. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo. E' prevista l'attribuzione del codice del lotto di macellazione a tutti i tagli nonche' l'attribuzione della partita di provenienza ai tagli interi o parziali destinati al consumo fresco (mezzena, coppa, lombo). La prova dell'origine del «Gran Suino Padano» e' certificata dalla struttura di controllo di cui all'art. 8, sulla base di numerosi adempimenti cui si sottopongono i produttori nell'ambito dell'intero ciclo produttivo. Gli adempimenti principali, che assicurano la rintracciabilita' del prodotto in ogni segmento della filiera sono: 1) gli allevamenti da riproduzione sono tenuti ad apporre, su entrambe le cosce di ogni singolo suino, entro trenta giorni dalla nascita, un timbro recante il proprio codice di identificazione ed un ulteriore codice alfabetico che attesta il mese di nascita dell'animale; il codice d'origine cosi' ottenuto e' apposto sulle cosce in modo da risultare inamovibile ed indelebile fino a macellazione avvenuta; 2) il codice d'origine deve essere indicato sui documenti che accompagnano le partite di suini ad ogni transazione o trasferimento e nell'ambito delle registrazioni e del controllo incrociato operati dalla struttura di controllo; 3) la tracciabiita' del prodotto e' garantita da procedure di registrazione adottate dal macello e dal laboratorio di sezionamento e soggette all'omologazione da parte della struttura di controllo; 4) gli stabilimenti che eseguono la macellazione dei suini ed il sezionamento delle carcasse per l'elaborazione dei tagli, ai sensi del presente disciplinare, sono identificati in base al singolo insediamento produttivo. Effettuano la classificazione delle carcasse e sono autorizzati a commercializzare il prodotto nel territorio della Comunita' Europea. 5) ove le operazioni di confezionamento siano operate presso un laboratorio diverso dallo stabilimento di macellazione, gli adempimenti relativi al «lotto di macellazione» o «partita di provenienza» sono integrati dalla implementazione del «lotto di vendita» che assicura gli obiettivi della rintracciabilita' della prova dell'origine oltre il livello della lavorazione e del confezionamento. Alle medesime condizioni sono subordinate sia l'elaborazione delle cosce disossate e rifilate sia l'elaborazione previa macinatura ed il confezionamento del trito presso laboratori diversi dallo stabilimento di macellazione. |
| Art. 5. Metodi di ottenimento
Le tecniche di allevamento sono finalizzate ad ottenere un suino pesante tradizionale, obiettivo che, unitamente all'osservanza delle prescrizioni che seguono, e' perseguito con la produzione di carcasse incluse nelle classi centrali dei vigenti sistemi di classificazione a peso morto. Il ciclo di allevamento praticato ai sensi del presente disciplinare comprende l'allattamento e lo svezzamento (dalla nascita fino a 30 chilogrammi di peso vivo), il magronaggio (da 30 ad 80 chilogrammi di peso vivo) e l'ingrasso (oltre 80 chilogrammi di peso vivo). Le strutture e le attrezzature dell'allevamento garantiscono agli animali condizioni di benessere. I ricoveri devono garantire il ricambio dell'aria e l'eliminazione dei gas nocivi. I pavimenti sono compatti o caratterizzati da una bassa incidenza di fessurazione e realizzati con materiali idrorepellenti, atermici ed antisdrucciolevoli. Tutte le strutture e le attrezzature presentano adeguati requisiti tali da evitare il pericolo di traumatismi per gli animali. In ogni fase di allevamento, incluso il carico dei suini da inviare alla macellazione, vengono adottate sugli animali tutte le migliori pratiche e tecniche per garantire l'intrinseca valorizzazione delle carni del Gran Suino Padano ed il rispetto del benessere animale, nonche' tali da evitare fenomeni stressogeni. 5.1 - Tipo genetico. Al fini previsti dal presente disciplinare, possono essere utilizzati: a) suini delle razze tradizionali Large White Italiana e Landrace Italiana, cosi' come migliorate dal Libro Genealogico Italiano, o figli di verri delle stesse razze; b) suini figli di verri di razza Duroc Italiana, cosi' come migliorata dal Libro Genealogico Italiano; c) suini figli di veri di altre razze ovvero di verri ibridi purche', provengano da schemi di selezione o incrocio attuati con finalita' e obiettivi compatibili con quelli del Libro Genealogico Italiano per la produzione del suino pesante e quindi Gran Suino Padano. Non sono in ogni caso ammessi: a) animali in purezza delle razze Landrace Belga, Hampshire, Pietrain, Duroc e Spotted Poland; b) suini portatori di caratteri antitetici, con particolare riferimento al gene responsabile della sensibilita' agli stress (PSS); c) tipi genetici ed animali con caratteri ritenuti non conformi a quelli previsti dal presente disciplinare di produzione. 5.2 - Alimentazione dei suini. L'alimentazione, unitamente alle tecniche di allevamento, concorre ad assicurare l'ottenimento di un suino pesante, mediante moderati accrescimenti giornalieri. A tal fine, sono osservate le prescrizioni che seguono. Gli alimenti utilizzati devono essere conformi agli standard merceologici. Per l'alimentazione dei suini da 30 fino ad 80 chilogrammi di peso vivo sono utilizzati, oltre a quelli considerati in tabella n. 2, ed impiegati in idonea concentrazione, gli alimenti di seguito elencati in tabella n. 1, come sostanza secca, con l'osservanza dei limiti specifici contestualmente prescritti per il loro impiego, da operare in modo tale che la sostanza secca da cereali non risulti inferiore al 45% di quella totale:
Tabella 1
===================================================================== Mais, semola glutinata (1) |fino al 5% della ss della razione ===================================================================== Carubbe denocciolate |fino al 3% della ss della razione Aringhe (2) |fino all'1% della ss della razione Distillers (3) |fino al 3% della ss della razione Latticello |fino a max 1.6 capo/giorno Lipidi (4) |fino al 2% della ss della razione Lisati proteici |fino all'1% della ss della razione Silomais |fino al 10 % della ss della razione
Proteine animali ove ammesse dalla normativa comunitaria, tino al 2% della ss. della razione. (1) ovvero corn gluten feed; (2) farina; (3) per «distillers» si intende il sottoprodotto ottenuto dal mais sottoposto a fermentazione alcoolica, costituito principalmente da trebbie solubili; esso puo' contenere analoghi sottoprodotti della distillazione dei cereali; l'impiego di distillers (ovvero le borlande), praticato come supporto di additivi ammessi, e' sempre consentito nel limite massimo del 2% sulla ss; (4) con punto di fusione superiore a 36 C°; ss = sostanza secca. Per l'alimentazione dei suini oltre 80 chilogrammi di peso vivo, sono utilizzati gli alimenti di seguito elencati come sostanza secca, con l'osservanza dei limiti specifici contestualmente prescritti per il loro impiego, da operare in modo che la sostanza secca da cereali non risulti inferiore al 55% di quella totale:
Tabella 2
===================================================================== Mais (*) |fino al 55% della ss della razione ===================================================================== Mais, pastone di granella (1) |fino al 55% della ss della razione Sorgo |fino al 40% della ss della razione Orzo |fino al 40% della ss della razione Frumento |fino al 25% della ss della razione Triticale |fino al 25% della ss della razione Avena |fino al 25% della ss della razione Cereali minori (2) |fino al 25% della ss della razione Cruscami ed altro (3) |fino al 20% della ss della razione Patata disidratata |fino al 15% della ss della razione Manioca |fino al 5% della ss della razione Barbabietola, polpe umide (4) |fino al 15% della ss della razione Lino, expeller |fino al 2% della ss della razione Barbabietola, polpe secche (5) |fino al 4% della ss della razione Marco mele-pere; buccette (6) |fino al 2% della ss della razione Latte, siero |fino a max l. 15 capo/giorno Latticello |fino a max ss di gr 250 capo/giorno Erba medica disidratata |fino al 2% della ss della razione Melasso |fino al 5% della ss della razione Soia, F.e. (**) |fino al 15% della ss della razione Girasole, Fe. |fino all'8% della ss della razione Sesamo, Fe. |fino al 3% della ss della razione Mais germe, Fe. |fino al 5% della ss della razione Pisello (7) |fino al 5% della ss della razione Lievito di birra e/o di torula |fino al 2% della ss della razione Lipidi (8) |fino al 2% della ss della razione
(1) e/o pannocchia; (2) ad esempio: riso sbramato; (3) sottoprodotti della lavorazione del frumento; (4) surpressate ed insilate; (5) esauste; (6) buccette d'uva e di pomodori, impiegati quali veicoli di integratori; (7) e/o altri semi di leguminose; (8) con punto di fusione superiore a 40C0; ss = sostanza secca; (*) se indicati senza altra specificazione, i cereali sono somministrati come granella secca sfarinata; (**) farina di estrazione. L'uso congiunto di siero e di latticello non deve essere superiore a litri 15 capo/giorno. Il contenuto di azoto associato a borlande deve essere inferiore al 2%. L'uso congiunto di patata disidratata e di manioca non deve superare il 15% della sostanza secca della razione. Tutti i parametri sopra indicati ammettono tolleranze non superiori al 10%. Le caratteristiche di composizione della razione somministrata devono essere tali da soddisfare i fabbisogni degli animali nelle diverse fasi del ciclo di allevamento in relazione agli obiettivi del presente disciplinare. Sono inoltre osservati i seguenti parametri chimici, costituenti limiti percentuali di ammissibilita' nella composizione della sostanza secca della razione alimentare somministrata:
Tabella 3
===================================================================== composizione | fino a 80 kg di peso vivo |da 80 kg di peso vivo ===================================================================== Fibra greggia |Min. 3% - Max. 10% |Min. 3% - Max. 8% Grassi |Min. 3% - Max 7% |Min. 3% - Max. 6% Proteina greggia |Min. 14% - Max. 20% |Min. 12% - Max. 18% Ceneri |Min. 5% - Max. 9 % |Min. 4% - Max. 8% Amido |> 25 % |> 30 % Acido linoleico |<= 2% |<= 2%
E' ammessa l'integrazione minerale e vitaminica della razione nei limiti definiti dalla vigente legislazione di ordine generale. 5.3 - Eta' dei suini alla macellazione I suini sono inviati alla macellazione non prima che sia trascorso il nono mese e non dopo che sia trascorso il quindicesimo mese dalla nascita. 5.4 - Peso dei suini alla macellazione I suini vengono trasferiti al macello in partite omogenee. Il peso medio della partita di animali deve corrispondere a kg 160, piu' o meno 10% compreso quindi tra kg 144 e kg 176. La carnosita' media delle carcasse dei suini inviati al macello in partite omogenee per provenienza deve rientrare nelle classi centrali della griglia EUROP di cui al Reg. (CEE) n. 3220/84. 5.5 - Macellazione Durante la fase di pre-macellazione lo scarico, il ricovero, la movimentazione, le strutture, le attrezzature e l'interazione uomo/animale devono essere tali da assicurare il rispetto del benessere animale, evitare fenomeni stressogeni e garantire la valorizzazione intrinseca delle carni del Gran Suino Padano. 5.6 - Sezionamento Le attivita' di separazione in mezzene e di sezionamento dei tagli avvengono «a caldo», immediatamente dopo la macellazione. I tagli cosi' come sopra sezionati sono immessi in un percorso di refrigerazione, durante il quale le carni devono raggiungere temperature di non oltre 4° C al cuore entro il termine massimo di ventiquattro ore. La conservazione tramite refrigerazione delle carni e' ammessa per non oltre dieci giorni dalla data di macellazione. Inoltre la conservazione mediante congelamento delle carni non destinate alla trasformazione e' limitata a sei mesi dalla data di macellazione. I medesimi adempimenti relativi alle condizioni di trattamento termico delle carni sono osservati anche da eventuali laboratori di sezionamento autonomamente interagenti dopo la macellazione. Ogni macellatore adottera' uno schema di raffreddamento documentato che garantira' l'abbassamento della temperatura della carcassa dopo la macellazione. Le carni sono immesse al consumo previa frollatura. 5.7 - Elaborazione dei tagli Le attivita' di separazione in mezzene e di sezionamento danno luogo alla elaborazione dei tagli elencati all'art. 2. Nell'ambito della attivita' di elaborazione: a) la pancetta integrale e' delimitata da una sezione che corre lungo la linea mediana addominale e, dorsalmente, lungo una linea interna che tende a corrispondere con l'intersezione prossimale dei muscoli intercostali e successivamente rifilato asportando prossimalmente e con un taglio trasversale la porzione di grasso e cotenna situata all'altezza della spalla e la porzione di grasso molle situata alla congiunzione con la coscia (bronza); successive mondature possono comportare l'asportazione degli strati interni del grasso molle e delle porzioni piu' interne dei muscoli respiratori intercostali ed addominali (carnetta di pancetta); b) la coscia disossata e' ottenuta mediante rimozione dell'ala iliaca, del femore,della rotula, della tibia, del perone e, parzialmente, delle ossa del tarso; c) il trito derivante da carni macinate presenta valori di Aw (water activity) superiori a 0,97. Le carni, ai fini della attribuzione della denominazione protetta, possono essere lavorate sia sotto forma di tagli anatomici interi che parziali, preparate sfuse o confezionate a condizione che, in ogni caso, le corrispondenti attivita' produttive risultino sempre documentate in funzione della rintracciabilita' e della prova dell'origine. 5.8 - Confezionamento I tagli interi possono essere lavorati per il confezionamento e la successiva immissione al consumo, con l'uso della denominazione Gran Suino Padano, a condizione che tutte le operazioni corrispondenti si svolgano presso laboratori, anche diversificati, comunque ubicati nel territorio indicato all'art. 3 e soggetti al sistema di controllo di cui all'art. 8. |
| Art. 6. Elaborazioni e trasformazioni
I prodotti per la cui preparazione sono utilizzate carni di Gran Suino Padano, anche a seguito di processi di ulteriore elaborazione non prevista dal presente disciplinare o di trasformazione, possono essere immessi al consumo in confezioni recanti il riferimento a detta denominazione al di fuori della lista degli ingredienti, senza l'apposizione del logo comunitario, a condizione che: a) la carne di Gran Suino Padano costituisca il componente esclusivo della categoria merceologica di appartenenza; b) gli utilizzatori del prodotto siano autorizzati dai titolari del diritto di proprieta' intellettuale conferito dalla registrazione della denominazione di origine protetta riuniti nel Consorzio incaricato per la tutela dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Lo stesso Consorzio incaricato provvedera' anche ad iscriverli in appositi registri ed a vigilare sul corretto uso della denominazione protetta. In assenza di un Consorzio di tutela incaricato, le predette funzioni saranno svolte dal MIPAF in quanto autorita' nazionale preposta all'attuazione del Reg. (CEE) 2081/92. |
| Art. 7. Legame con l'ambiente geografico
Nel piu' vasto contesto europeo, la storia della suinicoltura padano-italica e delle sue implicazioni di carattere produttivo ed alimentare documenta in modo palese i requisiti di un autonomo percorso evolutivo strettamente coordinato con l'ambiente, inteso nelle sue implicazioni geografiche, storiche, sociali ed economico-produttive. Sotto il profilo della omogeneita' geografica del territorio, va osservato che le regioni delimitate (che vanno dalla pianura padana al Molise) appartengono a due zone climatiche molto simili, quella a clima temperato subcontinentale e quella a clima temperato sublitoraneo, con temperature medie annue comprese tra i 10° ed i 14,5° ed una notevole uniformita' di condizioni generali quali la luminosita', le precipitazioni, la ventosita', le escursioni termiche, ecc., con una netta distinzione con la zona a clima temperato caldo, che comprende viceversa le regioni dell'Italia meridionale ed insulare (estranee all'areale delimitato dall'art. 3). L'allevamento del Gran Suino Padano si e' sviluppato in queste due zone proprio grazie alla citata uniformita' delle condizioni climatiche, associata all'uso di una alimentazione basata prevalentemente - come gia' sostenuto all'art. 4 - sulla produzione cerealicola (mais, orzo, avena, ecc.) e sui sottoprodotti della attivita' casearia (siero, cagliate e latticello) notoriamente coincidenti, sul territorio, in una straordinaria sintesi di interagenti fattori naturali ed umani. Nell'ambito del territorio considerato dal presente disciplinare, il radicamento e la diffusione dell'allevamento suino sono documentati fin da epoche remotissime e con grande profusione di riscontri storici. Nell'ambito del medesimo territorio, e' parimenti e notoriamente documentato lo sviluppo di esperienze produttive organiche di elaborazione delle carni suine, tutte basate sul principio elementare dello sfruttamento della carne resa disponibile da una suinicoltura sviluppatasi per assecondare: in primis, la domanda di cibo (proteine e calorie) originata dalle esigenze alimentari primordiali; successivamente, la domanda di prodotti da stagionare, cresciuta con l'evolvere di una societa' urbanizzata; da ultimo, piu' recentemente, la domanda di materia prima necessaria per sostenere un autentico sistema produttivo moderno, tra i piu' integrati ed evoluti del panorama agroindustriale mondiale. Questo percorso evolutivo ha trovato nelle condizioni dell'ambiente il fulcro per il prodursi di interrelazioni sinergiche tra l'allevamento zootecnico del bovino e quello suinicolo. L'asse derivatone, che sta all'origine dell'indissolubile saldatura territoriale tra allevamento zootecnico e trasformazione delle carni, e' stato progressivamente integrato e potenziato dall'evoluzione di un tipo genetico specificamente vocato, della sua utilizzazione su scala sempre piu' vasta, fino a produrre - in epoca moderna - la definizione di «suino pesante», da contrapporsi inevitabilmente a quello «leggero», evoluto sulla base di indirizzi ed esigenze diversi anche su base territoriale. Questa specifica caratterizzazione e' stata finanche riconosciuta a livello istituzionale europeo e nazionale, con l'adozione di misure applicative «personalizzate» per l'Italia, la cui popolazione suinicola continentale e' attualmente caratterizzata per circa il 75% dal suino pesante, che interessa - in termini di presenza sul territorio - non meno dell'85 % dell'intera popolazione censibile nelle regioni indicate all'art. 3 del presente disciplinare. L'importanza dei fattori umani e' dimostrata dalla stessa tecnica di elaborazione di uno dei principali tagli tra quelli considerati dal presente disciplinare. Non e' infatti un caso che il lombo, tradizionalmente, venga preparato sulla base di un rituale di elaborazione rigorosamente codificato attraverso il nome della citta' (e, quindi, del mercato di riferimento di elaboratori ed utilizzatori) presso il quale veniva praticato, con modalita' «leali e costanti», in quell'asse compreso tra Milano, Bologna, Modena e Padova-Venezia che percorre idealmente il territorio considerato dal presente disciplinare. Da ultimo, con riferimento alla connotazione geografica insita nella denominazione, e' fuori discussione la «padanita» del contesto evolutivo, storico ed economico del sistema produttivo descritto dal disciplinare, tale da avere pervaso larga parte della penisola italica, fino alle zone di confine con quei tratti «mediterranei» del territorio piu' meridionale della penisola. Il termine «gran» (grande) che qualifica la denominazione Suino Padano e' sinonimo di pesante, maturo e descrive la caratteristica principale del suino stesso, rappresentata da un peso ed una taglia elevati rispetto al suino tradizionalmente allevato al di fuori della zona tipica di produzione. Nel 1584, Agostino Gallo, nobile bresciano, in «Le Vinti Giornate dell'Agricoltura et de Piaceri della Villa» cita riferimenti al suino grasso, alla sua alimentazione, genetica, origine e qualita' della carne: «....si debbe tenere de' porci, per ammazzarli grassi...»; «Ai quali si possono dare le lavature della cucina, il brodo del latte, le ghiandole di rovere, i frutti dei giardini, la diversita' dell'herbe, le rape cotte con semola, e senza, la melica macinata, o cotta, e il farinaccio de' pellizzari ...»; «no' ogni porco e' buono d'ingrassare; atteso che secondo la buona, e cattiva natura vengano anco piu', e meno grandi e grassi. Et pero' quando non si sa' da chi siano nati, si piglino lunghi di schiena, di muso, di orecchie, e che mangino assai»; «....ma no' gia' quello de molinari, percioche fa la carne spongosa che abbonda di spuma nel cuocerla», «Et chi puo' havere il porco maschio, lasci la femmina percioche la carne sua sminuisce piu' nel cuocerla, per non esser cosi soda, come quella del maschio.». Nel 1820, il direttore veterinario dell'armata piemontese scriveva a Torino in ordine ai «porci d'Italia ..., i quali sono robusti, fecondi, di buona bocca ed ingrassano facilmente ... la loro carne... e' di un gusto squisitissimo e, allorquando e' manipolata, si conserva molto tempo ... pesano 24, 26 e persino 30 rubbi cadauno» (equivalenti a 196, 212 e 245 chilogrammi - NdR). Il notista descriveva, in realta', i prodromi del Gran Suino Padano, il cui allevamento intensivo trova radicamento a partire dall'ultimo quarto del secolo XIX, nell'ambito di un fenomeno complesso originato dalla straordinaria sintesi territoriale prodottasi nell'integrazione tra l'allevamento suinicolo, la produzione cerealicola e quella lattiero-casearia. La testimonianza piu' autorevole in ordine all'origine del prodotto e della sua denominazione viene in realta' dalla stessa normativa comunitaria pregressa, grazie alla quale, l'Italia - la cui popolazione suina e' sicuramente connotata in modo molto rilevante da quella che si identifica nel Gran Suino Padano - e' stata autorizzata ad adottare propri autonomi criteri di classificazione e di valutazione delle carcasse suine, in applicazione della corrispondente disciplina europea, fin dal 1988, con la motivazione che «... in Italia sono presenti due distinte popolazioni suine, le cui carni danno luogo a differenti mercati .... uno al suino di tipo leggero ... (e l'altro al) .... suino di tipo pesante (carcasse di peso da 120 a 180 chilogrammi)» (vedi Decisione della Commissione 89/53/CEE del 21 dicembre 1988). |
| Art. 8. Struttura di controllo
Il controllo per l'applicazione delle disposizioni del presente disciplinare e' svolto da una struttura di controllo autorizzata, conformemente a quanto stabilito dall'art. 10 del regolamento (CEE) n. 2081/92. |
| Art. 9. Etichettatura
Le carni ottenute dal Gran Suino Padano sono immesse al consumo tal quali o secondo le modalita' di lavorazione e di confezionamento previste dal presente disciplinare, identificate con la denominazione «Gran Suino Padano», seguita dalla dicitura «Denominazione di origine protetta» o, alternativamente, l'acronimo «D.O.P.», mediante l'uso del simbolo grafico di cui all'art. 10. La denominazione «Gran Suino Padano» e' completata ed integrata dalla indicazione merceologica ovvero dalla denominazione commerciale del singolo taglio, sia integrale che parziale, cosi' come individuato all'art. 2. Alla denominazione puo' essere associato il simbolo comunitario introdotto dal regolamento (CEE) n. 2037/93 e sue successive modifiche. E' vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste dal presente disciplinare. E' consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento ad aziende, nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente. Tali indicazioni non devono essere prevalenti rispetto alla denominazione ed alle altre diciture sopra citate. In ogni caso, la denominazione, le indicazioni che la implementano ed i simboli previsti dal presente disciplinare devono essere riprodotti nel medesimo campo visivo. |
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