| 
| Gazzetta n. 33 del 10 febbraio 2005 (vai al sommario) |  | MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI |  | CIRCOLARE 3 febbraio 2005, n. 4 |  | Lavoro  intermittente, articoli 33 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Chiarimenti e indicazioni operative. |  | 
 |  |  |  | Alle    direzioni    regionali    e provinciali del lavoro
 All'INPS,     direzione    centrale
 ispettorato
 All'INAIL,    direzione    centrale
 ispettorato
 All'ENPALS,    direzione   generale
 servizio contributi e vigilanza
 All'INPGI,    direzione    per   la
 riscossione    dei   contributi   e
 vigilanza
 All'IPSEMA,    direzione   per   la
 riscossione    dei   contributi   e
 vigilanza
 All'ENASARCO,  unita' organizzativa
 vigilanza e coordinamento
 All'Agenzia delle entrate direzione
 centrale accertamento
 e, per conoscenza:
 Comando Carabinieri ispettorato del
 lavoro
 Comando  generale  della guardia di
 finanza
 Alla   direzione  generale  per  la
 tutela delle condizioni di lavoro
 Al SECIN
 Alla provincia autonoma di Bolzano
 Alla provincia autonoma di Trento
 Alla     regione     siciliana    -
 assessorato   lavoro  e  previdenza
 sociale - ispettorato regionale del
 lavoro
 
 Premessa.
 In  attuazione  dell'art. 4 della legge 14 febbraio 2003, n. 30, in materia  di  occupazione e mercato del lavoro e' stata introdotta nel nostro  ordinamento  una  nuovatipologia di contratto denominato - in ragione   della  intermittenza  o  discontinuita'  della  prestazione lavorativa  - «lavoro intermittente». Detta tipologia contrattuale si presenta   in   una  duplice  versione,  con  o  senza  l'obbligo  di corrispondere  una  indennita'  di  disponibilita',  a  seconda della scelta  del lavoratore di vincolarsi o meno all'obbligo di rispondere alla  chiamata  del  datore di lavoro. Ad esso si applica, per quanto compatibile,   la  normativa  prevista  per  il  rapporto  di  lavoro subordinato,  ma  limitatamente  ai  periodi  in cui il lavoratore si trova a svolgere effettivamente la prestazione lavorativa oggetto del contratto.  Durante  i  periodi  di  inattivita' o di disponibilita', invece,  tali  norme non risultano essere applicabili e il lavoratore di   conseguenza   maturera'   esclusivamente   una   indennita'   di disponibilita' se e in quanto contrattualmente prevista.
 Finalita'  della  nuova  tipologia  contrattuale  e' quella di dare adeguata  veste  giuridica  a  prestazioni  di  lavoro  discontinue e intermittenti,  anche  al  fine  di  regolarizzare prassi esistenti e quantitativamente  rilevanti  di lavoro non dichiarato o comunque non regolare.  Emblematico  e',  per  esempio,  il fenomeno del «lavoro a fattura»,  con  l'emissione  di  semplici  note o fatture a titolo di lavoro  autonomo  da  parte di soggetti a cui e' in realta' richiesta una prestazione lavorativa a chiamata con caratteristiche tipiche del lavoro  dipendente.  Si  tratta  di  prassi  che  ledono gravemente i diritti  dei  prestatori  di  lavoro e che risultano distorsive della stessa competizione corretta tra imprese. Definizione e tipologie.
 Il   contratto   di  lavoro  intermittente  e'  disciplinato  dagli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003.
 L'art.  33 definisce il contratto di lavoro intermittente come quel contratto  con  il  quale  un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne puo' utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui al successivo art. 34 e cioe':
 1)  per  lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente   secondo   le   esigenze   individuate  dai  contratti collettivi  stipulali  da  associazioni  dei  datori  e prestatori di lavoro  comparativamente  piu'  rappresentative sul piano nazionale o territoriale;
 2) per periodo predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno ai sensi del successivo art. 37;
 3)  in  via  sperimentale con soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di eta' ovvero con lavoratori con piu' di 45 anni che  siano  stati  espulsi  dal ciclo produttivo o che siano iscritti dalla liste di mobilita' e di collocamento.
 Si  tratta dunque di una particolare tipologia di lavoro dipendente attivabile  in  ragione  della  ricorrenza  di determinate condizioni oggettive,  individuate  come  tali  dai  contratti collettivi ovvero dalla   stesso   decreto   legislativo   n.   276/2003   per  periodi predeterminati  nel  corso della settimana, del mese o dell'anno e in via   sperimentale,   in  ragione  delle  condizioni  soggettive  del prestatore di lavoro.
 L'art.  40 inoltre prevede che, in assenza disciplina contrattuale, il  Ministero  del lavoro e delle politiche sociali «individua in via provvisoria  e con proprio decreto... i casi in cui e' ammissibile il ricorso  al  lavoro  intermittente».  Tale intervento ministeriale e' peraltro  rinvenibile  nel  decreto  ministeriale  23 ottobre 2004 il quale  ammette  la  stipulazione di contratti di lavoro intermittente con  riferimento  alle  tipologie di attivita' indicate nella tabella allegata al regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657. Ambito di applicazione.
 Il  decreto  legislativo  n.  276  del  2003 ammette dunque, in via sperimentale, il ricorso al lavoro intermittente di tipo a-causale in funzione  cioe'  delle  sole  condizioni soggettive del prestatore di lavoro e, precisamente, con riferimento a:
 a) giovani  disoccupati  e inoccupati con meno di 25 anni di eta' ai  sensi  del  decreto  legislativo  n. 181/2000 come modificato dal decreto legislativo n. 297/2002;
 b) disoccupati  con  piu'  di  45  anni  di  eta' che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o siano iscritti alle liste di mobilita' e di collocamento.
 Ai  fini della stipulazione di un contratto di lavoro intermittente di  tipo  a-causale  il concetto di disoccupato si desume dall'art. 1 del  decreto legislativo n. 181 del 2000, come moditicato dal decreto legislativo n. 297 del 2002, la' dove fa riferimento alla «condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimeiito  e  alla  ricerca  di  un'attivita'  lavorativa  secondo modalita'  definite  con  i  servizi  competenti». Lo stesso articolo individua  la condizione di giovane inoccupato in quella del soggetto di  eta'  inferiore  ai  25 anni che, senza aver svolto in precedenza alcuna  attivita' lavorativa, sia alla ricerca di occupazione da piu' di sei mesi. Il concetto di «lavoratore espulso dal ciclo produttivo» va  inteso,  secondo  la  ratio  della  legge n. 3 del 2003, in senso atecnico  e  ampio,  con  riferimento  cioe' anche a coloro che hanno estinto il rapporto usufruendo di incentivi all'esodo.
 Accanto   alle   ipotesi   sperimentali,  il  contratto  di  lavoro intermittente  puo' essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di   carattere   discontinuo  o  intermittente  secondo  le  esigenze individuate  dai  contratti  collettivi stipulati da associazioni dei datori  e  prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul  piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell'arco  della  settimana,  del mese o dell'anno ai sensi dell'art. 37.
 In   attuazione  del  disposto  di  cui  all'art.  40  del  decreto legislativo n. 276 del 2003 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali  e'  peraltro  intervenuto a individuare in via provvisoria e con  proprio  decreto,  stante  la  perdurante  assenza dei contratti collettivi,  i  casi  in  cui  e'  ammissibile  il  ricorso al lavoro intermittente  ai  sensi della disposizione di cui all'art. 34, comma 1,  e dell'art. 37, comma 2. Il decreto ministe-riale 23 ottobre 2004 ha rinviato, a questo proposito, alle tipologie di attivita' indicate nella tabella allegata al regio decreto n. 2657de1 1923.
 Coerentemente   al   disposto   di  cui  all'art.  40  del  decreto legislativo  n.  276 del 2003, e in aderenza alla lettera del decreto ministeriale  23 ottobre 2004 che rinvia alle «tipologie di attivita» di  cui  alla  tabella allegata al regio decreto n. 2657 del 1923, le attivita'  ivi  indicate  devono essere considerate come parametro di riferimento  oggettivo  per  sopperire alla mancata individuazione da parte  della  contrattazione  collettiva  alla  quale  il  decreto ha rinviato  per l'individuazione delle esigenze a carattere discontinuo ed  intermittente  specifiche  per ogni settore. Pertanto i requisiti dimensionali  e  le  altre limitazioni alle quali il regio decreto fa riferimento   (es.  autorizzazione  dell'ispettore  del  lavoro)  non operano  ai  fini  della  individuazione della tipologia di attivita' lavorativa  oggetto del contratto di lavoro intermittente. Non rileva pertanto   neppure   un  giudizio  caso  per  caso  circa  la  natura intermittente  o discontinua della prestazione essendo questo compito rinviato  ex  ante  alla  contrattazione collettiva o, in assenza, al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali cui spetta il  compito di individuare, mediante una elencazione tipologica o per clausole  generali,  quelle  che  sono  le esigenze che consentono la stipulazione dei contratti di lavoro intermittente. Forma del contratto.
 Ai  sensi  dell'art.  35 del decreto legislativo n. 276 del 2003 il contratto  di  lavoro  intermittente  deve  essere stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
 a) l'indicazione  della  durata  e  delle  ipotesi,  oggettive  o soggettive, previste dall'art. 34, del decreto legislativo n. 276 del 2003 che consentono la stipulazione del contratto;
 b)  il  luogo  e la modalita' della disponibilita', eventualmente garantita  dal  lavoratore,  e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore  che  in  ogni  caso non puo' essere inferiore a un giorno lavorativo.  Nel  caso in cui il datore abbia piu' sedi o piu' unita' produttive  deve  essere  espressamente specificato per quale sede si intende  garantire  la  propria  disponibilita' se per una sola o per tutte;
 c) il  trattamento  economico e normativo spettante al lavoratore per   la   prestazione   eseguita   e   la   relativa  indennita'  di disponibilita', ove prevista;
 d) l'indicazione  delle  forme  e  modalita' con cui il datore di lavoro  e' legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro,  nonche'  delle  modalita'  di  rilevazione della prestazione adottate  in  azienda  (registrazione libro presenze, badge ecc.). Ai fini  dell'art. 36, comma 5, nel contratto deve essere specificata la modalita'  della chiamata che deve essere effettuata in forma scritta (fax,  e-mail, telegramma o raccomandata) oppure in forma orale. Deve altresi'  essere  prevista  la forma e la modalita' della conferma da parte  del  lavoratore  come  anche  il  termine entro il quale farla pervenire  al  datore di lavoro. Tale termine deve essere compatibile con il preavviso;
 e) i tempi e le modalita' di pagamento della retribuzione e della indennita'  di  disponibilita'.  Si  ritengono  applicabili  le norme previste  per  il contratto di lavoro subordinato, pertanto il datore di  lavoro  e'  tenuto  a consegnare al lavoratore un prospetto paga, secondo  le  disposizioni previste in materia, contenente gli estremi retribuiti  come gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che compongono la retribuzione nonche' le eventuali trattenute;
 f)  le  eventuali  misure  di  sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attivita' dedotta in contratto.
 Nel caso in cui nel contratto non siano espressamente riportati gli elementi  sopra indicati, lo stesso sara' integrato dalle indicazioni previste  dai  contratti collettivi. Al fine di indicare gli elementi di  cui  sopra, le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti  collettivi  ove  previste. Il datore di lavoro e' altresi' tenuto  a  informare  con  cadenza annuale - o piu' frequentemente se previsto   dalla   contrattazione   collettiva  -  le  rappresentanze sindacali  aziendali,  ove  esistenti,  sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.
 Il   contratto   intermittente   puo'   essere  stipulato  a  tempo determinato ovvero a tempo indeterminato secondo quanto si ricava sia dal  tenore  degli  articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003  sia da quanto esplicitamente previsto dall'art. 33, comma 2, il quale  ammette  la  stipulazione  del contratto intermittente anche a tempo   determinato.   Con   riferimento   alla  assunzione  a  tempo determinato  va  chiarito  che  non  e' applicabile la disciplina del decreto legislativo n. 368 del 2001, che infatti non e' espressamente richiamata  dal  decreto  legislativo  n.  276  del 2003 come avviene invece,  per esempio, con riferimento, al contratto di inserimento al lavoro. Peraltro anche le ragioni che legittimano la stipulazione del contratto  a  termine  sono,  in  questo caso, espressamente indicate dalla  legge  e/o  dalla  contrattazione  collettiva  per cui sarebbe inappropriato  il  richiamo all'art. 1 del decreto legislativo n. 368 del  2001 come condizione per la legittima stipulazione del contratto di lavoro intermittente.
 La  lettera  dell'art.  35,  comma  1,  non  impone  alcun  obbligo contrattuale  in  merito  all'orario  ed  alla collocazione temporale della   prestazione   lavorativa.  Nessuna  specifica  e',  altresi', prevista per regolare l'alternanza dei periodi lavorati con i periodi di inattivita' o disponibilita'.
 Cio'  corrisponde  a  una  scelta  ben  precisa  del legislatore di lasciare  tale determinazione alla libera autonomia contrattale delle parti  in  linea  con l'impostazione complessiva della disciplina del contratto  di  lavoro intermittente che suggerisce esclusivamente uno schema  contrattuale  di  base,  e quindi flessibile, adatto a essere modulato  e  adeguato a seconda delle esigenze specifiche di volta in volta  individuate  dalle  parti  contraenti.  Il  datore  di lavoro, infatti,   puo'   decidere   di  stipulare  un  contratto  di  lavoro intermittente   in   base  alla  sola  previsione  di  una  effettiva necessita'  di  personale  aggiuntivo  in  quanto,  al  momento della stipulazione  del  contratto,  non  gli  e'  dato sapere con assoluta certezza  e precisione le sue reali future esigenze. Non trova dunque applicazione,  neppure per analogia, la disciplina del lavoro a tempo parziale,   configurando  il  lavoro  intermittente  una  fattispecie lavorativa sui generis.
 Resta  tuttavia  da  considerare  che  si  tratta  pur sempre di un contratto   di   lavoro   dipendente,  ragione,  per  cui  la  libera determinazione   delle   parti   contraenti   opera,  quantomeno  con riferimento  alla tipologia con obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro, nell'ambito della normativa di legge e di contratto collettivo  applicabile, con specifico riferimento alla disciplina in materia di orario di lavoro. Adempimenti amministrativi.
 Ai fini degli adempimenti amministrativi previsti per l'assunzione, anche,  per il contratto intermittente valgono le disposizioni di cui al  decreto  legislativo  n.  297  del  2002  e  dunque l'invio della comunicazione ai servizi per l'impiego competenti entro cinque giorni dalla  avvenuta  assunzione.  Con l'unica differenza che il datore di lavoro  sara'  tenuto  a una comunicazione iniziale, al momento della stipulazione del contratto, e non anche alle altre conseguenti, fermo restando  l'obbligo  di  informare  le  rappresentanze sindacali, ove presenti,  con cadenza annuale circa l'andamento delle assunzioni con contratto di lavoro intermittente e le relative chiamate.
 Con  la  comunicazione  ai  servizi  competenti  i datori di lavoro dovranno  specificare  la  obbligatorieta' o meno della chiamata e le modalita' della eventuale disponibilita' concordata.
 Gli  obblighi connessi alla stipulazione del contratto di lavoro e, in   particolare,  l'iscrizione  al  libro  paga  e  matricola  e  la comunicazione  all'INAIL,  saranno  soddisfatti,  alla stessa stregua degli  altri  rapporti  di  lavoro,  solo una volta, al momento della stipulazione del relativo contratto. Cumulo con altri contratti di lavoro.
 Gli  articoli 33-40  del  decreto  legislativo  n. 276 del 2003 non prevedono  alcun  divieto per quanto riguarda la stipulazione di piu' contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro differenti.
 Nulla  vieta,  inoltre,  l'ammissibilita'  di  porre  in  essere un contratto  intermittente  e altre differenti tipologie contrattuali a patto  che siano tra loro compatibili e che non risultino di ostacolo con  i  vari  impegni  negoziali assunti dalle parti. Come detto, nel caso  di  assunzione  a  termine,  non  opera la disciplina di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001. Contratto di lavoro intermittente per periodi predeterminati.
 Ai  fini  dell'applicabilita'  del contratto intermittente ai sensi dell'art. 37, si intende:
 a) week-end:  il  periodo che va dal venerdi' pomeriggio, dopo le ore 13, fino alle ore 6 del lunedi' mattina;
 b) vacanze  natalizie:  il  periodo  che va dal l° dicembre al 1° gennaio;
 c) vacanze pasquali: il periodo che va dalla domenica delle Palme al martedi' successivo il Lunedi' dell'Angelo;
 d)ferie estive: i giorni compresi dal 1° giugno al 30 settembre.
 Ulteriori  periodi predeterminati potranno essere individuati dalla contrattazione  collettiva  a  seconda di esigenze specifiche proprie per  ciascun  settore.  Inoltre  i periodi sopra individuati potranno essere a loro volta modificati da eventuali interventi dell'autonomia collettiva  per  adeguarli alle effettive necessita' di ogni comparto produttivo. Indennita' di disponibilita'.
 Il  contratto  di  lavoro  intermittente si presenta in una duplice versione,  rispettivamente con o senza l'obbligo di corrispondere una indennita'  di disponibilita', a seconda che il lavoratore si vincoli o  meno  a  rispondere  alla  chiamata.  L'obbligo di rispondere alla chiamata  deve  essere espressamente pattuito nel contratto di lavoro intermittente.
 L'indennita'  di  disponibilita' copre i periodi durante i quali il lavoratore  rimane  in  attesa  di  utilizzazione  garantendo  la sua disponibilita' al datore di lavoro.
 L'indennita'  non  e' anticipata alla stipulazione del contratto ma e' corrisposta a consuntivo alla fine del mese.
 Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata del datore di lavoro  da parte del prestatore che si e' obbligato contrattualmente, ricevendo   l'indennita'   di   disponibilita',  puo'  comportare  la risoluzione  del contratto, la restituzione della quota di indennita' di  disponibilita'  riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto,  nonche'  un risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi, in mancanza, dal contratto di lavoro.
 La  misura dell'indennita' mensile di disponibilita', divisibile in quote orario, viene stabilita dai contratti collettivi e comunque non puo'  essere  inferiore alla misura prevista dal decreto ministeriale 10 marzo  2004  individuata  nella  misura  del  20  per  cento della retribuzione  prevista  dal  contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.
 Il   lavoratore   che   svolga   le  prestazioni  solo  in  periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno, cosi' come  indicati  nel  precedente  paragrafo,  nell'ipotesi  in  cui si obblighi  a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, ha diritto a  percepire l'indennita' di disponibilita' solo in caso di effettiva chiamata. Occorre peraltro precisare che, salvo diversa previsionedei contratti  collettivi,  in  tali casi il datore di lavoro e' tenuto a corrispondere  l'indennita' di disponibilita' per tutto il periodo di inattivita'  precedente e posteriore alla chiamata stessa, indennita' calcolata  secondo  le  modalita'  previste  dal decreto ministeriale 10 marzo  2004. Nell'eventualita' in cui, invece, il datore di lavoro non effettui alcuna chiamata per tutta la durata del contratto non e' tenuto a corrispondere al lavoratore alcuna indennita'.
 In  caso  di  malattia  o di altro evento che renda temporaneamente impossibile  rispondere  alla  chiamata,  il  lavoratore  e' tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell'impedimento.  Durante  il periodo di temporanea indisponibilita' non  matura  il  diritto  alla  indennita'  di disponibilita'. Ove il lavoratore  non  provveda  a  tale adempimento, perde il diritto alla indennita' di disponibilita' per un periodo di quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale.
 L'indennita'  di  disponibilita'  e'  esclusa  dal  computo di ogni istituto  di  legge  o di contratto collettivo con la conseguenza che essa  non  rileva  sia  ai  fini  del  calcolo  per  il TFR che della tredicesima e quattordicesima previsti dai contratti collettivi. Trattamento economico normativo e previdenziale.
 Ai  fini  del  trattamento  economico,  normativo  e  previdenziale occorre distingure periodi in cui il lavoratore effettivamente svolge la prestazione lavorativa rispetto a quelli di inattivita'.
 Infatti,  per  i  periodi  lavorati  si applica il principio di non discriminazione  in  base  al  quale,  fermi  restando  i  divieti di discriminazione  diretta  o  inidiretta  previsti  dalla legislazione vigente,   il   lavoratore   intermittente   non   deve  ricevere  un trattamemito  economico  normativo  complessivamente  meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parita' di mansioni svolte. Viceversa,  per  tutto il perido durante il quale il lavoratore resta disponibile  a  rispondere alla chiamata del datore di lavoro, ma non lavora,  non  e' titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati ne' matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l'indennita' di disponibilita'.
 Secondo   quanto   previsto   dal  comma  2  dell'art.  38  trovano applicazione  gli istituti normativi tipici del lavoro subordinato in misura   «proporzionale»   rispetto   alla   prestazione   lavorativa effettivamente eseguita tenendo conto dell'importo della retribuzione globale e delle sue singole componenti nonche' per quanto riguarda le ferie, trattamenti di malattia, infortunio e malattie prolessionali e congedi parentali.
 Si  evidenzia, inoltre, che ai sensi dell'art. 39, il prestatore di lavoro  intermittente  e'  computato  nell'organico  dell'impresa  in proporzione  all'orario  di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre.
 In  caso  di malattia professionale e infortunio trova applicazione la  disciplimia  prevista per il lavoro subordinato, se questi eventi si verificano in ragione del rapporto di lavoro. Se, al contrario, la malattia   e   l'infortunio   si  verificano  durante  i  periodi  di inattivita'   o   disponibilita'  la  predetta  normativa  non  trova applicazione.  Ai  sensi  dell'art.  36,  comma 4, il lavoratore deve tempestivamente  darne  comunicazione  al  datore  di lavoro, per non incorrere nelle sanzioni previste dallo stesso articolo.
 Le  modalita' di calcolo della indennita' di malattia, maternita' e disoccupazione saranno approfondite in apposite circolari esplicative a cura degli enti competenti.
 Occorre   precisare   che,  per  gli  altri  istituti  normativi  e previdenziali non espressamente citati dal decreto legislativo, opera la  disciplina  del  lavoro  subordinato,  per quanto compatibile. In materia  di  assegni per il nucleo familiare e' dunque applicabile al lavoro  intermittente la normativa prevista per il lavoro subordinato secondo  quanto  stabilito  dall'art.  2  del decreto-legge n. 69 del 1988,  convertito  con  la  legge  n.  153  del  1988.  Trova inoltre applicazione  l'indennita'  di  disoccupazione,  ove  ne  ricorrano i requisiti  (ridotti  o  ordinari),  limitatamente  per  i periodi non lavorativi  in  quanto  nel  lavoro  intermittente  la  scelta  della modalita'  e  della  durata  della  prestazione  lavorativa deriva da esigenze   discontinue   ed  intermittenti,  quindi  dalla  oggettive caratteristiche   della  stessa.  Trovano  altresi'  applicazione  le disposizioni  in  materia di permessi e congedi parentali compresa la misura  di  incentivazione  di  cui  all'art. 9 della legge n. 53 del 2000. Trattamento contributivo e fiscale.
 Il  datore  di  lavoro  e' tenuto a versare i contributi, oltre che sull'importo della retribuzione corrisposta, sull'effettivo ammontare della  indennita'  di  disponibilita',  anche  in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo.
 Il   lavoratore,  inoltre,  ha  la  possibilita'  di  integrare  la contribuzione fino a concorrenza della retribuzione convenzionale. In particolare,  ai sensi dell'art. 36, comma 7, del decreto legislativo n.  276 del 2003, con decreto ministeriale verra' stabilita la misura della   retribuzione  convenzionale  in  riferimemito  alla  quale  i lavoratori a chiamata potranno versare la differenza contributiva per i  periodi  in  cui  abbiano  percepito  una  retribuzione  inferiore rispetto  a  quella  convenzionale  ovvero  abbiano  usufruito  della indennita'  di  disponibilita'  fino  a  concorrenza  della  medesima misura.
 Il   trattamento   economico  derivante  dal  contratto  collettivo costituisce   reddito   di   lavoro   subordinato  e  trova  pertanto applicazione  la  disciplina  prevista  dall'art. 51 del TUIR cio' in virtu'  del  fatto  che il contratto intermittente e' un contratto di lavoro subordinato.
 Si precisa, inoltre, che anche l'indennita' ha natura reddituale ex art.  51  in  quanto  rintra  in quelle «somme o valori percepiti» in relazione  al  rapporto di lavoro subordinato. Per quanto riguarda le modalita' di calcolo della deduzione fiscale previsa dall'art. 11 del TUIR si rinvia all e indicazioni operative che saranno fornite in tal senso dalla Direzione generale dell'Agenzia delle entrate.
 Roma, 3 febbraio 2005
 Il Ministro: Maroni
 |  |  |  |  |