Gazzetta n. 257 del 2 novembre 2004 (vai al sommario)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
DECRETO 19 ottobre 2004
Protezione transitoria accordata a livello nazionale, alla denominazione «Caseus Romae», per la quale e' stata inviata istanza alla Commissione europea, per la registrazione come denominazione di origine protetta.

IL DIRETTORE GENERALE
per la qualita' dei prodotti agroalimentari
e la tutela del consumatore
Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ed in particolare l'articolo 16, lettera d);
Visto il regolamento (CEE) n. 2081/92, del Consiglio del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari;
Visto il regolamento (CE) n. 535/97 del Consiglio del 17 marzo 1997 che modifica il regolamento CEE n. 2081/92 sopra indicato ed in particolare l'articolo 1, paragrafo 2, nella parte in cui integrando l'articolo 5 del predetto regolamento, consente allo Stato membro di accordare, a titolo transitorio, protezione a livello nazionale della denominazione trasmessa per la registrazione e, se del caso, un periodo di adeguamento, anche esso a livello transitorio;
Vista la domanda presentata dal Comitato promotore delle denominazioni di origine protetta «Caseus Romae», «Caseus Romae», «Caciotta Romana» e della indicazione geografica protetta «Abbacchio Romano», con sede in Roma, via Raffaele Piria n. 6, intesa ad ottenere la registrazione della denominazione «Caseus Romae», ai sensi dell'articolo 5 del citato regolamento 2081/92;
Vista la nota protocollo n. 66600 dell'11 ottobre 2004 con la quale il Ministero delle politiche agricole e forestali ritenendo che la predetta domanda soddisfi i requisiti indicati dal regolamento comunitario, ha trasmesso all'organismo comunitario competente la predetta domanda di registrazione, unitamente alla documentazione pervenuta a sostegno della stessa;
Vista l'istanza con la quale il Comitato promotore delle denominazioni di origine protetta «Caseus Romae», «Caseus Romae», «Caciotta Romana» e della indicazione geografica protetta «Abbacchio Romano», ha chiesto la protezione a titolo transitorio della stessa, ai sensi dell'articolo 5 del predetto regolamento (CEE) n. 2081/92 come integrato all'articolo 1, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 535/97 sopra richiamato, espressamente esonerando lo Stato italiano, e per esso il Ministero delle politiche agricole e forestali, da qualunque responsabilita', presente e futura, conseguente all'eventuale accoglimento della citata istanza della denominazione di origine protetta, ricadendo la stessa esclusivamente sui soggetti interessati che della protezione a titolo provvisorio faranno uso;
Considerato che la protezione di cui sopra ha efficacia solo a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 1 paragrafo 2 del citato regolamento (CE) n. 535/97 del Consiglio;
Ritenuto di dover assicurare certezza alle situazioni giuridiche degli interessati all'utilizzazione della denominazione «Caseus Romae», in attesa che l'organismo comunitario decida sulla domanda di riconoscimento della denominazione di origine protetta;
Ritenuto di dover emanare un provvedimento nella forma di decreto che, in accoglimento della domanda avanzata del Comitato promotore delle denominazioni di origine protetta «Caseus Romae», «Caseus Romae», «Caciotta Romana» e della indicazione geografica protetta «Abbacchio Romano», assicuri la protezione a titolo transitorio e a livello nazionale della denominazione «Caseus Romae», secondo il disciplinare di produzione allegato alla nota n. 66600 dell'11 ottobre 2004 sopra citata;
Decreta:
Articolo 1.
E' accordata la protezione a titolo transitorio a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 5 del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio del 14 luglio 1992, come integrato dall'articolo 1, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 535/97 del Consiglio del 17 marzo 1997, alla denominazione «Caseus Romae».
 
Articolo 2.
La denominazione «Caseus Romae» e' riservata al prodotto ottenuto in conformita' al disciplinare di produzione allegato al presente decreto.
 
Articolo 3.
La responsabilita', presente e futura, conseguente alla eventuale mancata registrazione comunitaria della denominazione «Caseus Romae», come denominazione di origine protetta ricade sui soggetti che si avvalgono della protezione a titolo transitorio di cui all'articolo 1.
 
Articolo 4.
La protezione transitoria di cui all'articolo 1 cessera' di esistere a decorrere dalla data in cui sara' adottata una decisione sulla domanda stessa da parte dell'organismo comunitario.
Il presente decreto e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 19 ottobre 2004
Il direttore generale: Abate
 
Allegato

DISCIPLINARE DI PRODUZIONE
DENOMINAZIONE ORIGINE PROTETTA
«CASEUS ROMAE» D.O.P.
Articolo 1.
Denominazione e sua tutela
La denominazione di origine protetta (D.O.P.) «Caseus Romae», accompagnata da una delle seguenti dizioni «Fresco», «Semi-stagionato» e «Stagionato», e' riservata esclusivamente a quel prodotto caseario, rispondente alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.
Articolo 2.
Descrizione del prodotto
All'atto dell'immissione al consumo il «Caseus Romae» presenta le seguenti caratteristiche:
forma: cilindrica;
pezzatura: da 1 a 30 kg, con ideotipo da 1 a 4 kg;
altezza:
per pezzature da 1-4 kg: da 8 cm a 12 cm;
per pezzature sopra i 4 kg fino a 7 kg: da 10 cm a 20 cm;
per pezzature sopra i 7 kg fino a 15 kg: da 18 cm a 25 cm;
per pezzature sopra i 15 kg fino a 30 kg: da 23 cm a 30 cm.
pasta: semi-dura, di colore paglierino, compatta o leggermente occhiata;
sapore: delicato;
crosta: presente, di color paglierino, non edibile;
stagionatura:
per pezzature da 1-4 kg: minimo 1 mese;
per pezzature sopra i 4 kg fino a 7 kg minimo 2 mesi;
per pezzature sopra i 7 kg fIno a 15 kg: minimo 3 mesi;
per pezzature sopra i 15 kg fmo a 30 kg: minimo 6 mesi.
La dizione «Fresco» e' riservata al formaggio stagionato da 1 a 3 mesi.
La dizione «Semi-stagionato» e' riservata al formaggio stagionato oltre i 3 mesi fino ai 6 mesi.
La dizione «Stagionato» e' riservata al formaggio stagionato oltre 6 mesi.
acidita': da 5 a 5,9 pH;
contenuto lipidico: minimo 36% sulla sostanza secca.
Articolo 3.
Delimitazione dell'area di produzione
La zona di provenienza del latte di pecora e le operazioni di lavorazione - trasformazione dello stesso, in formaggio «Caseus Romae», devono avvenire nel solo territorio della regione Lazio, come meglio individuato dalla cartografia allegata.
Articolo 4.
Elementi comprovanti che il prodotto e' originario
della zona geografica di cui all'articolo 3.
La denominazione Caseus Romae tende ad enfatizzare, con l'uso del latino, sia l'antichita' di tale tradizione produttiva, che il ruolo preponderante esercitato dalla Campagna romana nel consolidare storicamente una produzione che risulta in ogni caso diffusa in tutto il territorio regionale fin da epoca remota.
Gli elementi che comprovano l'origine del prodotto sono costituiti da:
1. Riferimenti storici, che risalgono a tempi antichissimi:
Teodoro Pisciano, grammatico dei secoli IV e V, cita per primo il termine Caseus Pecorinus.
I fregi della Tomba etrusca «Golini» presentano, tra gli strumenti da cucina, una grattugia utilizzata per caci asciutti e stagionali.
M.P. Catone raccolse le norme che regolano l'usufrutto della pastorizia nella Roma repubblicana. Il latte di pecora aveva tre destinazioni: religiosa/sacrificale; alimentare come bevanda; trasformazione in formaggi di pecora freschi e stagionati.
Nelle ricette di Catone, il formaggio di pecora riveste un ruolo fondamentale; vengono suggerite, anche, le accortezze per evitare che il formaggio fresco inacidisca.
Virgilio ricorda che il cacio era presente nel rancio delle legioni romane: 27 grammi al giorno.
Columella nel «De re rustica», libro settimo, 7.2-8.3, descrive dettagliatamente la «fabbricazione del cacio».
Tomarelli, armo 1926, nel capitolo «Principali formaggi che si producono con il latte di pecora» descrive la caciotta romana.
Tomassetti nel suo libro «La campagna romana» del 1910, tomo I, riporta «Le pecore che occupano le nostre pianure sono circa 500.000, e producono, ... oltre i latticini squisiti, tra i quali il cacio pecorino ...»
R. Marracino, nel suo libro «Tecnica lattiero-casearia», anno 1962, descrive, riferendosi al 1950, le tecniche di lavorazione della caciotta tipo romano.
2. Riferimenti culturali:
Festa della civilta' romana in onore della divinita' Pale, che nel pantheon romano figurava come protettrice di greggi e pastori. Da questa dea, prese il nome il colle Palatino, dove abitavano, in origine, i pastori.
Festa della divinita' minore Rumina, dea dei poppanti, che veniva venerata in un tempio vicino al ficus rumanilis posto ai piedi del Palatino.
Ercole Metalli, nel suo libro «Usi e costumi della campagna romana», anno 1903, mette in evidenza, come durante la pratica della transumanza e monticazione, il vergaro, in riconoscenza dell'ospitalita' offerta dal guardiano della tenuta, durante le tappe di sosta, gli offre caciotte di pecora.
Nella mostra «Migrazione e lavoro» storia visiva della Campagna romana del 1900, a cura della Cooperativa Pagliaccetto, troviamo numerose fotografie raffiguranti pastori, greggi e formaggi di pecora, caciotte.
Nel trattato di Bartolomeo Scappi del 1570, i menu' per la corte Pontificia comprendevano «casa, ... caciocavalli, provature ...».
3. Riferimenti statistici:
Demarco, nel libro, «Statistica del Regno di Napoli» del 1811, mette in risalto il prezzo piu' basso e piu' alto in grani, del prodotto cado romano.
La presenza del prodotto sui mercati dell'intera regione Lazio, e' avvalorata dai dati rilevati sui mercuriali delle rispettive CCIAA di Roma dal 1922-1949, di Viterbo dal 1949-1964, di Frosinone dal 1955-1999, di Latina dal 1951-1977.
Dalla Borsa merci della CCIAA di Roma si nota la variazione di prezzo che tale prodotto ha subito dal 1979 al 1998.
Il prof. R Marracino nel suo libro «Tecnica lattiero-casearia», anno 1962, riporta che nel 1950 erano prodotte 100.000 q.li di caciotte.
4. Riferimenti sociali ed economici, quali la presenza di produttori che da anni effettuano questo tipo di produzione:
La tenuta di Castel di Guido; da una comunicazione del direttore, l'azienda produceva nel 1969 circa 3500 litri di latte di pecora, che in parte veniva venduto tal quale ed in parte trasformato nel prodotto caciotta, come si evince dalla contabilita' di masseria siglata dal vergaro e dal direttore nel 1958, 1960, 1965 e 1967.
La masseria Gasparri, dai cui libri contabili si mette in evidenza il prezzo al chilo e i chilogrammi totali prodotti di cascio nelle stagioni agrarie che vanno dal 1907 (prezzo al chilo di 1.90 lire per un totale di 3.018,50 Kg) al 1925 (per un totale di 2.751,5 kg)
5. Numerose sono le feste campestri, sagre, manifestazioni che si svolgono nei comuni della regione Lazio:
Dal 1978 si svolge nel comune di Fiamignano (Rieti) la «Mostra rassegna ovina con sagra della pecora e dei suoi prodotti».
Da circa il 1970 si svolge nel comune di Barbarano Romano (Viterbo) la festa della ricotta e del formaggio di pecora.
L'origine e' comprovata, inoltre, dall'iscrizione degli allevatori, dei produttori e confezionatori in appositi elenchi tenuti ed aggiornati dall'organismo di controllo di cui all'art. 7.
Articolo 5.
Metodo di ottenimento del prodotto
Materia prima.
La materia prima del formaggio a pasta semicotta e semidura «Caseus Romae» e' costituita da latte intero di pecora proveniente dalle razze: Sarda e suoi incroci, Comisana e suoi incroci, Sopravvissana e suoi incroci, Massese e suoi incroci.
Il latte viene munto a mano o meccanicamente due volte al giorno: la mattina e la sera. E' ammesso che il latte munto venga stoccato per non oltre 4 mungiture.
Il latte, previa filtrazione o depurazione centrifuga, viene refrigerato a circa 40C e lavorato non oltre le 24 ore dall'ultima mungitura.
Nel periodo estivo, quando l'animale si trova nello stadio fisiologico di asciutta, e' consentita la tradizionale pratica della monticazione.
Le pecore da latte usufruiscono di pascoli naturali, prati - pascolo ed erbai caratteristici dell'area geografica di produzione di cui all'art. 3. E' ammesso il ricorso all'integrazione con foraggi secchi e con concentrati, escludendo l'utilizzo di sostanze di sintesi e di organismi geneticamente modificati.
Le pecore da latte non devono essere soggette a forzature alimentari, a stress ambientali e/o sofisticazioni ormonali finalizzate ad incrementare la produzione.
Metodo di produzione.
Il latte puo' essere lavorato sia crudo che dopo essere sottoposto al trattamento della pastorizzazione a 63-720C per 15-90 secondi e versato nella caldaia di lavorazione. A questo punto si determina il grado di acidita' del latte e si provvede all'aggiunta dei fermenti lattici naturali quali: streptococchi e lattobacilli autoctoni.
Il latte viene riscaldato fino alla temperatura di lavorazione di 35-380C, mantenendolo in agitazione per accelerare ed uniformare la distribuzione del calore. Raggiunta la temperatura desiderata si versa il caglio liquido naturale ottenuto dall'abomaso di agnelli di provenienza nell'area di cui all'art. 3, in quantita' variabile da 30 a 50 g per hl di latte.
Il caglio naturale di origine animale e' costituito da un complesso di enzimi, naturalmente presenti nell'abomaso, quali la chimosina, la pepsina e la gastrina. Tale prodotto enzimatico viene estratto dall'abomaso di abbacchio sacrificato, privato dei tessuti grassi aderenti alle pareti. Gli abomasi «pellette», cosi' ottenuti, sono pronti per essere destinati all'essiccazione o al processo di congelamento.
Per ottenere il caglio liquido, le «pellette», precedentemente essiccate a temperature di 25-300C o congelate alla temperatura di 250C, vengono tagliuzzate e poste a macerare in soluzione d'acqua e sale 10-20% (NaCl) alla temperatura di 12-150C. In queste condizioni gli enzimi passano per diffusione in salamoia. Il caglio liquido ottenuto puo' essere sottoposto alla filtrazione per eliminare le impurezze presenti in sospensione.
Dopo 15-20 minuti dall'aggiunta di caglio nel latte, si forma un coagulo omogeneo a consistenza uniforme, ossia la cagliata. Si procede alla rottura della cagliata con attrezzature quali rompicagliata o spini, fino a raggiungere le dimensioni di un chicco di riso o nocciola, favorendo, cosi', lo spurgo. La cagliata viene riscaldata fino alla temperatura di 40-480C. Viene estratta dal siero in modo manuale con l'uso di teli e posta in apposite fascere o stampi di plastica aventi dimensioni compatibili con le altezze e le pezzature definite all'articolo 2, ed in particolare:
per pezzature da 1-4 kg: da 14 a 20 cm di diametro;
per pezzature sopra i 4 kg fino a 7 kg: da 18 a 22 cm di diametro;
per pezzature sopra i 7 kg fino a 15 kg: da 20 a 30 cm di diametro; fascere regolabili con laccio;
per pezzature sopra i 15 kg fino a 30 kg: da 28 a 38 cm di diametro, fascere regolabili con laccio.
La cagliata, una volta posta nelle fascere, vi rimane per un periodo di circa 24 ore e viene sottoposta a compressione manuale o meccanica, in modo da permettere ulteriormente la fuoriuscita di siero. La formatura deve essere eseguita con 4-5 rivoltamenti in camera calda, in condizioni di temperatura non inferiori a 200C.
Entro le 24 ore il formaggio viene sottoposto alla salatura, che puo' essere praticata:
a secco (a mano), per aspersione o per soffregamento del sale sulle superficie delle forme di pezzatura compresa tra 1-30 kg; in tale caso le forme vengono lasciate a contatto con il sale a secco per un periodo di circa 3 mesi;
in salamoia per pezzature inferiori ai 15 kg, in vasche contenenti una soluzione salma di NaCl minimo del 17%; in tal caso le forme vengono immerse per un periodo minimo di 8 ore per kg di prodotto/forma.
La stagionatura avviene in locali idonei, con umidita' relativa variabile dall'80% al 95% e temperatura fra 12-18°C, per un periodo variabile tra 1 e oltre 6 mesi, proporzionalmente alla pezzatura.
La marchiatura viene effettuata sulla crosta, per il Caseus Romae «Semi-Stagionato» e «Stagionato» e a mezzo di etichetta per quello «Fresco».
Articolo 6.
Elementi che comprovano il legame con l'ambiente
Le condizioni di allevamento degli ovini e di trasformazione del formaggio, devono essere quelle tradizionali della zona, e comunque, atte a conferire al latte e al prodotto derivato le sue specifiche caratteristiche.
Gli elementi che comprovano il legame con l'ambiente sono rappresentati da:
6.1. Fattori naturali.
6.1.1. L'intero territorio della regione Lazio permette, con le proprie caratteristiche pedo-climatiche, quali:
rilievi di varia natura (monti calcarei, vulcanici, colline, pianure alluvionali);
temperatura media annuale variabile tra 13-160C;
precipitazioni annuali comprese tra valori minimi di 650 mm lungo la fascia litoranea, di 1.000-1.500 mm nelle pianure interne fino ai 1.800-2.000 mm in corrispondenza del Terminillo e dei Simbruini;
di sfruttare le condizione migliori per l'allevamento degli ovini, senza provocare stress all'animale.
I fattori naturali consentono di utilizzare i prati naturali, prati-pascolo ed erbai, fonte alimentare per gli ovini, in modo da conferire qualita' al latte destinato alla trasformazione casearia, determinando un sinergismo eccezionalmente favorevole soprattutto per l'omogeneita' dei suoi caratteri.
6.2. Fattori umani.
6.2.1. E' possibile evidenziare due momenti fondamentali per la caratterizzazione qualitativa del prodotto: la rottura della cagliata e la sospensione della fase di riscaldamento differenziato per stagione. Tutto questo e' dettato dalle capacita' operative dei casari, frutto dell'abilita' e dell'esperienza tramandata da secoli nell'intera zona interessata dalla D.O.P.
A questa va aggiunta la tradizionale pratica della monticazione, che permette all'animale di sfuggire alla calura estiva e di conseguenza ai possibili stress ambientali e nutrizionali, che soffiirebbe in pianura. Le pecore, risentendo positivamente di tali fattori, anche appena riscendono a valle, producono latte di ottima qualita', influenzando direttamente la qualita' del formaggio ottenuto dallo stesso.
Articolo 7.
Controlli
Il controllo sulla conformita' del prodotto al disciplinare e' svolto, conformemente a quanto stabilito dall'art. 10 del Reg. CEE 2081/92.
Articolo 8.
Confezionamento ed etichettatura
Il confezionamento del prodotto deve avvenire nel solo territorio di cui all'art. 3. E' consentito la vendita, di formaggio porzionato, posto in sacchetti di pellicola termoplastica saldati sotto moto. Il porzionamento deve avvenire all'interno della zona geografica delimitata.
La confezione reca obbligatoriamente sulla etichetta a caratteri di stampa chiari e leggibili, oltre al simbolo grafico comunitario e relative menzioni (in conformita', alle prescrizioni del reg. CE 1726/98 e successive modifiche) e alle informazioni corrispondenti ai requisiti di legge le seguenti ulteriori indicazioni:
la designazione «Caseus Romae» deve essere apposta con caratteri significatamente maggiori, chiari, indelebili, nettamente distinti da ogni altra scritta ed essere seguita dalla menzione Denominazione origine protetta (D.O.P.);
il nome, la ragione sociale, l'indirizzo dell'azienda produttrice e confezionatrice;
il logo del prodotto e' costituito - come da riproduzione sotto riportata - da un perimetro quadrato formato da tre linee di colore, a partire dall'esterno, verde, bianco e rosso, contenente uno spicchio di formaggio stilizzato di colore rosso che fuoriesce dal perimetro nella parte superiore. Sullo spicchio e' riportata la scritta a caratteri maiuscoli di colore rosso:
CASEUS ROMAE. Il perimetro e' interrotto in basso dalla scritta D.O.P., a caratteri maiuscoli in rosso. Il logo si potra' adattare proporzionalmente alle varie declinazioni di utilizzo. I riferimenti di colore espressi in pantone sono sotto riportati.

----> Vedere logo di pag. 40 <----

E' vietata l'aggiunta di qualsiasi altra qualificazione non prevista dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi: fine, scelto, selezionato, superiore, genuino o comunque elogiativi del prodotto. E' tuttavia ammesso l'utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a marchi privati, purche' questi non abbiano significato laudativo o siano tali da trarre in inganno il consumatore, dell'indicazione del nome dell'azienda dai cui allevamenti il prodotto deriva, nonche' di altri riferimenti veritieri e documentabili che siano consentiti dalla normativa comunitaria, nazionale o regionale e non siano in contrasto con le finalita' e i contenuti del presente disciplinare.
La designazione «Caseus Romae» e' intraducibile.
 
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