Gazzetta n. 62 del 15 marzo 2004 (vai al sommario) |
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO |
CIRCOLARE 9 marzo 2004, n. 1825 |
Normative riguardanti le acque di lavaggio e di sentina, di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182. Chiarimenti ed applicazioni delle modifiche introdotte con la legge 27 febbraio 2004, n. 47. |
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A tutte le Capitanerie di porto A tutti gli uffici circondariali marittimi tramite reparto ambientale marino delle Capitanerie di porto Alla luce dell'esperienza maturata nei primi mesi di applicazione del decreto legislativo in oggetto e delle modifiche introdotte con la legge 27 febbraio 2004, n. 47, in ordine ai tempi di piena attuazione del sistema, si ritiene di dover offrire - anche in riscontro a quesiti pervenuti da parte di autorita' marittime - taluni elementi di interpretazione delle disposizioni ivi contenute. Entrata in vigore dell'art. 2, comma 2. L'art. 10-bis della legge 27 febbraio 2004, n. 47 (che ha convertito, con modifiche, il decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355) ha differito l'entrata in vigore dell'art. 2, comma 2 del decreto legislativo n. 182/2003. Ne consegue che, fino all'entrata in vigore della normativa semplificata di cui agli articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 (c.d. «Decreto Ronchi»), e comunque non oltre il 31 dicembre 2005 le acque di lavaggio e quelle di sentina prodotte dalle navi sono sottratte al regime del «Decreto Ronchi» e conferite agli impianti secondo quanto disposto dallo stesso art. 10-bis. E' il caso di sottolineare che, al di la' di interpretazioni forzatamente letterali, la norma di proroga e' da intendersi riferita esclusivamente alle suddette acque di lavaggio ed alle acque di sentina, cui sono da associare le acque provenienti da zavorra non segregata, ferme ed immutate rimanendo le previsioni (e le relative definizioni) riservate a tutti gli altri rifiuti ed a tutti gli altri residui del carico prodotti dalle navi. Deroga all'obbligo di conferire i rifiuti. La possibilita' per la nave di trattenere i rifiuti a bordo non e' da considerare eccentrica al sistema previsto dal decreto, ne' pratica cui connettere - quasi in forma punitiva - l'applicazione di oneri economici non giustificati. La norma delinea infatti la possibilita' di conferire nel successivo porto di scalo quale opzione ordinaria percorribile previa richiesta del comandante della nave all'autorita' marittima la quale decidera' nel merito in aderenza al dettato normativo di cui all'art. 7 del decreto in parola. Tale valutazione non comportera' quindi necessariamente l'ispezione a bordo, che e' invece espressamente prevista per i casi di cui all'art. 11, ferma restando la percentuale minima delle visite di cui al decreto 19 aprile 2000, n. 432. L'accertamento previsto dal richiamato art. 7 invece, stando alla lettera del testo, consistera' nell'attenta valutazione della notifica cui e' tenuto il comandante della nave a norma dell'art. 6, e della capacita' di stoccaggio dei rifiuti di bordo in funzione degli spazi disponibili, della durata del viaggio, nonche' delle possibilita' di successivo conferimento. Ai fini di snellimento e di trasparenza dell'attivita' amministrativa, nonche' del perseguimento delle ragionevoli aspettative di certezza degli utenti e degli operatori del porto, l'autorita' marittima potra' riportare tali elementi di valutazione in un'unica ordinanza contenente linee guida riferibili in via generale alle navi che con ricorrenza scalano i propri porti di giurisdizione. Per la redazione di tale ordinanza la stessa autorita' potra' avvalersi del parere degli enti tecnici (chimico del porto, sanita' marittima) previsti dal decreto. In un quadro siffatto l'ispezione si rendera' necessaria soltanto nel caso in cui la notifica non sia stata resa dal comandante della nave o quando, seppure resa, essa risulti palesemente incongrua. L'accertamento a bordo riguardera' inoltre le unita' navali non contemplate dall'ordinanza, o quelle che presentano problemi di natura specifica: casi, questi ultimi, per i quali l'autorita' marittima dovrebbe richiedere il parere di quello, fra i due enti tecnici citati nella norma, ritenuto di volta in volta competente ad esprimersi. L'onere economico derivante dall'intervento non andrebbe comunque posto a carico della nave, se non per particolari iniziative direttamente riconducibili all'armatore. Tale orientamento appare in linea -- per quanto piu' specificamente attiene all'intervento del chimico di porto -- con la direttiva di cui alla circolare protocollo DEM3/91160 in data 10 dicembre 1999 del Ministero dei trasporti e della navigazione - unita' di gestione infrastrutture per la navigazione ed il Demanio marittimo a mente della quale l'opera del chimico del porto deve intendersi a titolo gratuito, quando prestata nell'interesse dello Stato e/o in ausilio all'autorita' marittima e portuale. Appare corretto comunque che in via cautelativa l'autorita' non esoneri la nave dall'obbligo di conferire se il porto di destinazione sia sconosciuto o quando nel porto successivo non vi sia certezza di adeguati impianti di raccolta per i rifiuti contenuti a bordo e per quelli che ancora vi si accumuleranno. Tariffe da applicare in caso di mancato utilizzo degli impianti di raccolta. Si richiama innanzitutto il tenore della nota protocollo UL/2003/6610, resa in data 2 settembre 2003 e diffusa con circolare del reparto ambientale marino RAM/2306/C/2003 del 4 settembre 2003, con cui questo ufficio, nel delineare i termini di applicazione del decreto in parola, specifico' che «nelle more della realizzazione o dell'adeguamento degli impianti e dell'affidamento del servizio al gestore, avuto riguardo alla necessita' di attivare comunque -- per l'immediato -- la disciplina recata dal decreto, il regime tariffario del servizio (altrimenti previsto dall'art. 8), sara' determinato dall'autorita' competente, in via provvisoria, sentite le parti interessate». Si sottolinea altresi' che l'allegato IV al decreto prevede l'applicazione alle navi di una incomprimibile quota fissa minima della tariffa per il caso di non conferimento («almeno il 35%...»), e non un suo ammontare determinato. Cio' premesso, e nell'intento -- sancito dalla direttiva 2000/59/CE -- di pervenire ad un regime tariffario che incentivi il conferimento dei rifiuti nei porti anziche' lo scarico in mare, prevedendo al contempo che tutte le navi contribuiscano ai costi di raccolta e di gestione dei rifiuti dalle stesse prodotti, si ritiene conveniente che per l'immediato ed in via temporanea vengano applicate, laddove compatibili con i nuovi indirizzi normativi, le tariffe preesistenti all'emanazione del decreto, certamente frutto del confronto con le parti in causa. Affinche' l'alea d'impresa non superi la soglia di tollerabilita' in funzione del numero delle navi ammesse al regime di deroga, sembrerebbe poi preferibile l'applicazione di una tariffa a quota fissa suscettibile di incentivare il ricorso al conferimento nei confronti delle navi che non conferiscano i rifiuti (fatta comunque salva la possibilita' di calibrare in sede locale eventuali riduzioni rese possibili dai margini di mercato). Tale opzione avrebbe l'indubbio vantaggio di «spingere» le navi verso la scelta del conferimento, il cui costo sarebbe in definitiva in gran parte assorbito dalla quota fissa. Controlli sui residui del carico contenuti nelle navi-cisterna. A margine della problematica prospettata e' infine da sottolineare la necessita' che le ispezioni di cui all'art. 11 del decreto vengano anche indirizzate verso le navi-cisterna. In tal caso controlli sui residui del carico saranno conformati alle previsioni della Marpol 73/78, ed esercitati con l'adozione degli strumenti pertinenti previsti dalla suddetta convenzione. Anche per tale fattispecie si ritiene che l'autorita' competente sia facoltata e non obbligata ad avvalersi della consulenza del chimico di porto. Definizione relativa alle navi di linea. Per la definizione delle «navi in servizio di linea» puo' assumersi quella di cui al Dp. 000724/XI del 10 gennaio 1992 dell'Ispettorato generale delle Capitanerie di porto: «navi che effettuano scali in piu' porti con frequenza e con itinerari prestabiliti». A tal fine sembra necessario che gli scali siano adeguatamente pubblicizzati, e che la loro frequenza e regolarita' nello stesso porto sia ricompresa in un arco temporale di sessanta ore per le navi da passeggeri e/o miste e di centoventi ore per le altre tipologie. La periodicita' della notifica in forma cumulativa resa da tali unita' potra' essere determinata dalle autorita' marittime in relazione ai viaggi di linea in concreto effettuati. Definizione di «rifiuto sanitario». In riscontro allo specifico quesito avanzato da qualche autorita' marittima, va precisato che i «rifiuti sanitari» sono quelli derivanti da attivita' medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca, la cui gestione e' stata disciplinata con decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254. Roma, 9 marzo 2004 Il Ministro: Matteoli |
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