Stazione appaltante: Azienda ospedaliera Universitaria di Ferrara; Riferimenti normativi: articoli 2 e 19, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e s.m.i.
IL CONSIGLIO dell'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici
Vista la legge quadro sui lavori pubblici, legge 11 febbraio 1994, n. 109; Visto il decreto del Presidente della Repubblica del 21 dicembre 1999, n. 554 Vista la relazione redatta dal servizio ispettivo;
Considerato in fatto
L'Autorita' nell'espletamento dell'attivita' di vigilanza ad essa demandata dalla legge 11 febbraio 1994 n. 109 ha rilevato il sussistere di specifici profili di interesse correlati alla particolare formulazione del bando di gara indicato in oggetto, predisposto dall'Azienda ospedaliera Universitaria di Ferrara. L'Autorita' ha di conseguenza acquisito la documentazione tecnico-amministrativa relativa all'appalto, effettuando in data 7 novembre ultimo scorso l'audizione della stessa Amministrazione al fine di poter acquisire gli elementi informativi necessari per la complessiva valutazione della procedura posta in essere. L'esame successivamente condotto ha evidenziato in particolare che il procedimento adottato per pervenire alla realizzazione ed al successivo godimento "chiavi in mano" del blocco "A" del nuovo Arcispedale di S. Anna in Ferrara, completo delle attrezzature e delle strumentazioni necessarie a garantire l'operativita' dello stesso, concreta il ricorso ad un contratto di "leasing" relativo ad un immobile da costruire e da attrezzare nell'ambito del quale, tra le obbligazioni a carico del locatore, e' stata pure prevista nei modi specificati nel relativo capitolato speciale d'appalto l'esecuzione delle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione necessarie a garantire le condizioni d'uso ottimali della struttura. Tale scelta come chiarito dalla direzione ospedaliera e' stata determinata dalla limitatezza delle risorse economiche attribuite all'azienda che non avrebbero consentito nel rispetto dei termini temporali compatibili con gli obiettivi e le necessita' della stessa, la realizzazione delle opere seguendo le procedure tipiche codificate dalla legge n. 109/1994. La stazione appaltante nella memoria prodotta in data 31 ottobre ultimo scorso ha altresi' evidenziato che il leasing di cui si tratta concreta un regolare appalto di servizi ai sensi del decreto legislativo n. 157/1995 e, in particolare, un contratto atipico nella forma del mandato senza rappresentanza per effetto del quale si stabilisce una intermediazione con un soggetto privato che, in quanto finanziatore, provvede direttamente all'esecuzione dell'opera nel rispetto delle indicazioni del futuro conduttore e rimane proprietario del bene e del suo mantenimento fino all'estinzione del debito. E' significativo rilevare infine che la realizzazione dell'opera suddetta e' prevista su area di proprieta' dell'Azienda sulla quale dovra' essere necessariamente costituito un diritto di superficie a favore della societa' aggiudicataria dell'appalto.
Ritenuto in diritto
Si osserva preliminarmente come ai fini della presente disamina non rilevino ne' le cause genericamente evidenziate dalla stazione appaltante circa la necessita' di ricorrere al leasing per le difficolta' finanziarie che avrebbero reso altrimenti impossibile la realizzazione dell'opera con le diverse modalita' comunque codificate dall'ordinamento (causale del tutto generica che nella congiuntura attuale potrebbe invero essere invocata dalla maggioranza delle stazioni appaltanti), ne' la circostanza rilevata circa il ricorso ai sensi del decreto legislativo n. 157/1995 a procedure selettive ad evidenza pubblica per la scelta del soggetto contraente che garantiscono comunque la trasparenza del procedimento ed il vaglio del mercato. In questa sede devesi infatti valutare in particolare se l'oggetto contrattuale di che trattasi sia o meno riconducibile alla definizione di lavoro pubblico che, qualora accertata, ricondurrebbe la presente fattispecie nell'ambito applicativo della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e s.m.i. Devesi in tal senso rilevare che il punto 2 del bando di gara, individuando l'oggetto dell'appalto, testualmente riporta: "appalto di servizi categoria 6b allegato I decreto legislativo n. 157/1995" (servizi bancari e finanziari); l'art. 1 del capitolato speciale d'appalto (parte II - Disciplinare d'oneri) specifica, invero, che costituisce oggetto dell'appalto "la realizzazione e consegna in godimento "chiavi in mano delle opere edili ed impiantistiche previste nel blocco A del Nuovo Arcispedale S.Anna di Ferrara..." Il medesimo art. 1 descrive i lavori, forniture ed impianti compresi nell'oggetto dell'appalto ed infine precisa che "l'`immobile oggetto di leasing (blocco A e opere di completamento di palazzine esistenti) una volta realizzato a proprie spese ed a proprio rischio dall'appaltatore tramite imprese di propria fiducia" deve essere concesso in leasing all'amministrazione appaltante, la quale conserva la piena facolta' durante il periodo contrattuale di riscattare, in una o piu' volte, la proprieta' di quota parte dell'immobile o dei singoli arredi e apparecchiature, nonche' di riscattare, al termine del periodo contrattuale, tutte le apparecchiature, tutti gli arredi e l'intero compendio immobiliare dietro versamento dell'importo determinato nella parte prima del capitolato speciale. Inoltre l'art. 3.2 del capitolato speciale d'appalto (parte I - Norme di gara e requisiti di partecipazione) prevede che l'offerta abbia ad oggetto anche i documenti tecnici relativi alla esecuzione dei lavori e al cronoprogramma. Tali semplici citazioni dedotte dagli atti di gara sono sufficienti da sole a dimostrare che l'oggetto dell'appalto, in concreto, non e' un servizio (finanziario) come conclamato nel bando stesso, ma prestazioni di lavori, come specificato nel capitolato speciale d'appalto. Piu' in particolare, i lavori dedotti nel rapporto non hanno una valenza meramente strumentale o indiretta o accessoria, ma concretizzano l'interesse concreto che la pubblica amministrazione intende conseguire dal rapporto. Peraltro anche a voler considerare la presente fattispecie riconducibile a un contratto misto, la prevalenza dei lavori attrarrebbe comunque in orbita 109 la disciplina applicabile (cfr. art. 2, comma primo, legge Merloni, art. 3, comma 3, decreto legislativo n. 157/1995, come significativamente modificato dalla legge 18 novembre 1998 n. 415 e dal decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 65). Ne deriva che la fattispecie, gia' solo per questo, determina una violazione surrettizia della disciplina su lavori. Tuttavia anche a voler ipoteticamente considerare che, nonostante quanto dichiarato nel capitolato speciale d'appalto, l'oggetto diretto del rapporto sia il finanziamento, resta fermo che nella specie deve applicarsi la legge n. 109/1994 (e non gia' il decreto legislativo n. 157/1995 sui servizi) in quanto quest'ultima si impone allorche' una pubblica amministrazione commissioni in qualsiasi modo l'esecuzione di lavori, verso qualsiasi forma di corrispettivo, indipendentemente dall'assetto complessivo del rapporto. In tal senso l'art. 19 della legge n. 109/1994 stabilisce che i lavori pubblici possono essere realizzati esclusivamente mediante appalti o concessioni di lavori (imponendo le procedure di gara previste per i lavori pubblici anche nel caso in cui il soggetto affidatario sia un concessionario di lavori, cioe' un soggetto al quale come nella specie si fa ricorso per ottenere un finanziamento privato diretto a realizzare lavori rispondenti ad esigenze specificamente indicate dalla pubblica amministrazione committente, sebbene il concessionario possa eseguire tutti i lavori mediante imprese terze e con finanziamenti propri e riferisca la titolarita' dell'opera alla pubblica amministrazione solo dopo la esecuzione dei lavori). La circostanza che la pubblica amministrazione non paghi un corrispettivo o prezzo di appalto non e' decisiva, di fatti, per escludere l'assoggettamento alla normativa sui lavori, in quanto e' sufficiente il carattere di onerosita' o l'esistenza di una controprestazione a carico della pubblica amministrazione per essere ricondotti a tale obbligo. In tal senso si e' espressa di recente la Corte di Giustizia CE (sentenza 12 luglio 2001 c. 399/1988 sulle opere di urbanizzazione) ed il Consiglio di Stato (V Sez., 4 novembre 1994 n. 1257), che stigmatizza proprio il ricorso al leasing immobiliare come elusivo della disciplina sugli appalti pubblici. In particolare, a fronte delle eccezioni della stazione appaltante che deduceva l'inapplicabilita' della normativa sui lavori pubblici, in quanto non aveva erogato somme per la realizzazione di lavori, il Supremo Consesso ha stabilito: "ritiene al riguardo la Sezione che la normativa che impone la pubblica gara per la scelta dell'appaltatore di opere pubbliche deve trovare applicazione ogni volta che tra questi e l'amministrazione si instaura un rapporto a prestazioni corrispettive. Poco importa il nomen iuris attribuito dalle parti alla fonte di tale rapporto (ad esempio contratto di appalto, contratto di vendita di cosa futura, contratto di leasing immobiliare, contratto di locazione con facolta' di apportare modifiche alla cosa locata, concessione di costruzione, concessione di committenza, ecc.); la normativa comunitaria e quella italiana, oltre ad avere equiparato al contratto di appalto la concessione di opere pubbliche, comportano che la disciplina della gara per la scelta dell'esecutore deve applicarsi a prescindere dai singoli procedimenti e dai singoli istituti che gli Stati comunitari conoscono o che nella prassi si affermano per la realizzazione delle opere pubbliche (Cons. Stato, II sez., 11 dicembre 1991 n. 1221/1991; II sez., 11 dicembre 1991 n. 1208/1991; II sez., 19 giugno 1991 n. 570/1991)". Nel caso di specie non puo' peraltro porsi in dubbio la natura di rapporto a prestazioni corrispettive; anzi, i canoni, che saranno proposti dalla societa' di leasing, coprono anche il costo realizzativo dell'opera (oltre all'onere finanziario in senso proprio), tenuto conto altresi' del riconosciuto diritto di riscatto/opzione, e quindi si configurano come veri e propri corrispettivi di lavori. Nel caso di specie appare evidente, al di la' del tipo contrattuale utilizzato, che la realizzazione dell'opera con caratteristiche predefinite dall'amministrazione (sulla base delle stringenti specifiche desumibili dagli atti di gara assimilabili per contenuti ad un puntuale progetto preliminare) per soddisfare specifici interessi pubblici, da costruire peraltro su un'area di proprieta' dell'amministrazione ubicata all'interno di un comprensorio ospedaliero, qualifica ex se la natura pubblica dell'opera stessa. Non paiono in tal senso rilevare le argomentazioni della stazione appaltante in merito al mancato interesse all'acquisizione finale degli immobili e delle attrezzature oggetto del contratto in questione tese a giustificare il ricorso alla procedura di leasing (con la quale, come e' noto, tutti i diritti reali e relativi obblighi e rischi accessori rimangono nella sfera soggettiva della stessa societa' di leasing che rimane titolare del diritto di proprieta' e della garanzia sui beni oggetto del contratto sino all'estinzione del debito da parte del conduttore) e, in relazione a cio', il richiamo effettuato dall'art. 35 del capitolato speciale d'appalto alla mera eventualita' dell'acquisizione dei beni tenuti in locazione. La mera eventualita' dell'esercizio positivo del riscatto e' difatti sufficiente ad implicare l'assoggettamento alla legge n. 109/1994, non potendosi utilizzare l'opzione in via strumentale per giustificare l'inapplicabilita' della normativa comunitaria e interna sui lavori pubblici. D'altro canto, si sottolinea come per gli enti pubblici l'esercizio del diritto di riscatto sia, in concreto, inevitabile, in ragione del fatto che la gran parte del canone "pesa" sulle casse erariali a titolo di costo per l'acquisizione del bene (autorevole dottrina sostiene infatti che "se l'amministrazione pubblica assume la determinazione motivata di corrispondere un canone superiore a quello di locazione e' proprio, perche' intende fin dall'inizio esercitare l'opzione, in quanto altrimenti la sua scelta sarebbe censurabile perche' antieconomica. Occorre ricordare come il diritto di acquisire il bene mediante l'esercizio dell'opzione puo' costituire giustificazione del maggior costo del leasing immobiliare rispetto ad una ordinaria operazione di mutuo"), configurandosi eventualmente una palese ipotesi di responsabilita' patrimoniale. D'altra parte nel caso specifico l'evenienza della mancata opzione sembra effettivamente costituire una mera ipotesi perche' per sua vocazione l'opera e' destinata ad entrare con estrema certezza nel patrimonio dell'ente pubblico, vuoi per la sua particolare natura, vuoi per la sua collocazione all'interno di area demaniale destinata ad attrezzature sanitarie che ne renderebbe al locatore non agevole il successivo utilizzo nel caso di mancata acquisizione da parte del conduttore. La mancata acquisizione dei beni oggetto del leasing pare meramente ipotetica anche in relazione all'improbabile verificarsi di condizioni tanto diverse da quelle attuali tali da legittimare, a distanza di pochi anni (cfr. tempi previsti dal capitolato speciale d'appalto per l'ammortamento dei diversi beni), il mancato esercizio da parte della azienda ospedaliera universitaria di Ferrara della richiamata opzione di riscatto, cio' anche in relazione alla gia' ricordata ipotesi di danno all'erario derivante dalla mancata acquisizione di beni oramai in concreto "riscattati" a fronte dei corrisposti canoni di leasing. Devesi pure considerare come non puo' ammettersi la natura privata della realizzanda costruzione o l'esclusione dall'ambito di operativita' della Merloni invocando l'orientamento che ammette, peraltro in via del tutto eccezionale, la vendita/locazione di cosa futura, non ricorrendone i presupposti in punto di fatto. Infatti, come ha precisato il Consiglio di Stato (v. per tutti III Sez., n. 596/1999, 1835/1998, 1838/1989) la vendita/locazione di cosa futura, istituto derogatorio della normativa sugli appalti, puo' giustificarsi unicamente nel caso in cui l'immobile da acquisire possegga caratteristiche che lo rendano infungibile, per esempio, per effetto della localizzazione delle aree e comunque solo in presenza di un bene che abbia una conformazione da soddisfare ex se conseguentemente le esigenze della pubblica amministrazione. Nella specie le aree, come gia' ricordato, sono di proprieta' dell'A.S.L. ed e' oggettivamente incontestabile che i lavori siano eseguiti su specifica, dettagliata e puntuale richiesta del committente, come emerge dall'art. 1 del capitolato speciale d'appalto (II parte) relativo all'oggetto del rapporto che non a caso qualifica l'impresa in termini di appaltatore, cioe' di soggetto che esegue su specifica richiesta del committente. Dalle considerazioni svolte consegue che l'operazione suddetta, da ritenersi in concreto finalizzata alla realizzazione, al godimento ed all'acquisizione dei beni citati, e' qualificabile come lavoro pubblico ai sensi dell'art. 2 della legge n. 109/1994 e s.m.i. e che pertanto e' alla citata legge quadro che occorre riferirsi per individuare gli ambiti tipologici entro i quali effettuare la scelta del contratto da utilizzare, ambiti tipologici peraltro chiaramente indicati all'art. 19, comma 1 della stessa legge quadro. In tal senso si e' espressa in precedenza questa l'Autorita' in relazione a fattispecie similari alla presente, con la determinazione n. 22 del 30 luglio 2002 "Possibilita' di ricorrere a procedure concorsuali anomale difformi da quelle tipologicamente individuate nella legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m." nella quale e' stata, tra l'altro, richiamata la tassativita' del disposto di cui al citato articolo di legge che prevede l'indicazione dei tipi di contratto ammessi (contratto di appalto e di concessione) e l'esclusione, con riferimento alla realizzazione di un lavoro pubblico, dell'utilizzazione di differenti moduli negoziali; al riguardo, come osservato nella richiamata determinazione, assume particolare significato l'aggiunta nel testo della norma, ad opera dell'art. 3, comma 3, della legge 18 novembre 1998, n. 415, dell'avverbio "esclusivamente", con la conseguenza che i due moduli enucleati nella norma costituiscono gli unici strumenti, insieme al project financing e agli altri istituti previsti espressamente dalla legge n. 109/1994, cui e' possibile ricorrere nel caso della realizzazione di opere pubbliche, risultando quindi inammissibile che la scelta del tipo contrattuale resti affidata al prudente apprezzamento della pubblica amministrazione, la quale sarebbe in definitiva arbitra di decidere se applicare o meno la legislazione sui lavori pubblici e, quindi, per le opere c.d. sopra soglia, se sottostare o meno alla concorrenza comunitaria. Devesi in subordine inoltre osservare come le disposizioni di gara di che trattasi non paiono strettamente riconducibili al modello tipico della figura contrattuale di leasing. Ai sensi dell'art. 106, comma 2, decreto legislativo n. 385/1993 gli intermediari finanziari possono infatti svolgere esclusivamente attivita' finanziaria. E', pertanto, illegittima l'assunzione da parte della societa' di leasing delle obbligazioni afferenti la esecuzione di lavori, di cui garantisce il risultato (art. 12 capitolato speciale d'appalto) o addirittura della direzione lavori. Si sottolinea altresi' che nella locazione finanziaria il concedente sopporta i rischi esclusivamente di carattere finanziario, e soprattutto la manutenzione ordinaria e straordinaria sono ad esclusivo carico dell'utilizzatore, cosi' come tutti i rischi attinenti alla disponibilita', gestione e deperimento anche per causa non imputabile all'utilizzatore stesso. Conclusivamente, e' appena il caso di evidenziare come, le modifiche apportate dalla legge 1 agosto 2002, n. 166, all'art. 19 della legge quadro "sistemi di realizzazione dei lavori pubblici", con l'inserimento del comma 2-ter, laddove si prevede che "le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare in concessione opere destinate alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, in quanto funzionali alla gestione di servizi pubblici, a condiziona che resti al concessionario l'area economico-finanziaria della gestione dell'opera", avrebbero potuto utilmente soccorrere la stazione appaltante nella risoluzione della presente fattispecie. Alla luce del nuovo disposto normativo, difatti, le specifiche necessita' della azienda ospedaliera universitaria di Ferrara, cosi' come richiamate in premessa, avrebbero potuto essere legittimamente soddisfatte evitando peraltro il ricorso all'esaminata procedura di leasing. Giova a tal riguardo rammentare che il bando di gara in questione e' di pochi giorni precedente (7 agosto 2002) all'entrata in vigore della nuova norma (18 agosto 2002). In base a quanto sopra considerato, il consiglio
Rileva
che l'esaminato bando di gara predisposto dall'Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara non e conforme, nei sensi su indicati, a quanto specificatamente disposto dagli articoli 2 e 19, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e s.m.i., secondo quanto ulteriormente chiarito dalla determinazione n. 22 in data 30 luglio 2002 di questa Autorita';
Manda
al Servizio ispettivo la presente deliberazione perche' la comunichi alla stazione appaltante affinche' ne tenga conto nelle proprie scelte e per l'adozione dei conseguenti provvedimenti da intraprendere in via di autotutela; cio' anche alla luce delle richiamate innovazioni normative in materia di contratti di "concessione di costruzione e gestione". Dei provvedimenti intrapresi dovra' darsi comunicazione a questa Autorita' entro il termine di trenta giorni dalla notificazione della presente. Roma, 4 dicembre 2002 Il presidente: Cheli |