Gazzetta n. 287 del 11 dicembre 2001 (vai al sommario) |
AUTORITA' DI BACINO INTERREGIONALE DEL FIUME SELE |
DECRETO 30 ottobre 2001 |
Piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico. |
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| ILLUSTRAZIONE NORMATIVA
1. LE FONTI. L'art. 17 della Legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), che precisa "Valore, finalita' e contenuti del piano di bacino", e' stato integrato dall'art. 12 della Legge 4 dicembre 1993, n. 493, con la previsione della facolta' di redigere i piani di bacino idrografico anche per stralci relativi a settori funzionali, purche' essi costituiscano, comunque, fasi sequenziali ed interrelate rispetto ai contenuti delineati dal comma 3 dello stesso art. 17 per i piani di bacino. Piani Stralcio che, garantendo la considerazione sistemica del territorio, predispongano comunque ogni piu' opportuna misura inibitoria e cautelativa a tutela delle situazioni non ancora compiutamente oggetto di specifica disciplina. Successivamente, l'art. 1, comma 1) del Decreto Legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito con modificazioni dalla Legge 3 agosto 1998 n. 267, recante "Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico e a favore delle zone colpite da disastri franosi nella Regione Campania", richiamando espressamente il gia' citato articolo 17, cosi' come fino a quel momento modificato, ha demandato alle Autorita' di Bacino di rilievo nazionale ed interregionale la redazione, ove non vi avessero gia' provveduto, di piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico, che contenessero, in particolare, l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, nonche' le misure di salvaguardia di cui al comma 6 bis dell'art. 17 della legge n. 183/89. Esso ha, in tal modo fornito, un preciso contenuto all'indicazione di "settore funzionale" gia' presente nel sistema normativo. L'art. 1 bis della Legge n. 267/98 cit., come modificato dall'art. 9 comma 2) della legge 13 luglio 1999 n. 226, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 13 maggio1999 n. 132, recante interventi urgenti in materia di protezione civile", e' poi intervenuto a statuire che le Autorita' di Bacino di rilievo nazionale ed interregionale adottassero piani straordinari "diretti a rimuovere le situazioni a rischio piu' alto, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali", prevedendo, altresi', per i bacini ordinati dalle leggi regionali, che siano le Regioni stesse, in coordinamento delle Autorita' di Bacino Regionali, ad adottare i piani stralcio per l'assetto idrogeologico. Allo scopo di consentire che le suddette attivita', rimesse alla complessa dialettica di operatori diversi, dessero vita a prodotti il piu' possibile omogenei e percio' confrontabili con altri su scala nazionale, si e' resa necessaria l'emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento con il quale individuare i criteri ispiratori e le modalita' operative da seguire, al fine della concreta attuazione delle norme teste' citate. A tal uopo, visti: il DPCM 23 marzo 1990 "Atto di indirizzo e coordinamento, ai fini dell'elaborazione e della adozione degli schemi previsionali e programmatici di cui all'art. 31 della L. 183/89"; il D. P. R. 7 gennaio 1992, "Atto di indirizzo e coordinamento per determinare i criteri di integrazione e di coordinamento tra le attivita' conoscitive dello Stato, delle Autorita' di Bacino e delle Regioni per la realizzazione dei piani di bacino di cui alla Legge 183/89"; nonche' il DPR 18 luglio 1995, "Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento concernente i criteri per la redazione dei piani di bacino"; e' stato emanato il DPCM 29 settembre 1998, recante "Atto di indirizzo e coordinamento per la individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'art. 1 commi 1 e 2 del decreto legge 11 giugno 1998 n. 180". In particolare, tale DPCM ha inteso, in un'ottica di forte valorizzazione dei processi di concertazione tra lo Stato e le autonomie locali e territoriali sia in fase di pianificazione che di programmazione degli interventi, dettare metodi e criteri di valutazione, funzionali allo spirito emergenziale del d. l. 180/98, secondo l'indicazione gia' contenuta nel comma 2 dell'art. 17 L. 183/1989. Tali criteri sono stati percio' concepiti come suscettibili di revisione e perfezionamento proprio in ragione dell'evolversi delle situazioni gestite, ed allo scopo di aderirne il piu' possibile alla mutevole fenomenologia. Su questa premessa di metodo, il DPCM ha individuato nella perimetrazione delle aree interessate da rischio idrogeologico su tutto il territorio nazionale, uno degli obiettivi principali del d.l. 180/1998, da raggiungere attraverso l'individuazione esaustiva delle situazioni di pericolosita' derivanti dalle particolari condizioni idrogeologiche del territorio. Tale individuazione e' resa possibile attraverso la localizzazione e caratterizzazione di eventi gia' verificatisi in passato o dei quali vi sia al momento riconoscimento o cognizione, nonche' sulle base dell'esame delle caratteristiche geologiche e geomorfologiche dei siti. I risultati di una indagine siffatta (e dunque il concetto di rischio che tutta la normativa in parola considera come oggetto principale d'indagine, attesa la sua finalita' di mitigazione e, per quanto, possibile prevenzione dello stesso), risiedono nel prodotto di tre fattori: a) pericolosita', intesa come probabilita' del verificarsi dell'evento dannoso; b) valore degli elementi a rischio; c) vulnerabilita' degli elementi a rischio, che a sua volta dipende sia dalla loro capacita' di sopportare le sollecitazioni dell'evento sia dall'intensita' dell'evento stesso. La scansione logico-temporale delle attivita' e' stata identificata in tre fasi: FASE 1: individuazione delle aree soggette a rischio idrogeologico attraverso l'acquisizione delle informazioni disponibili sullo stato del dissesto; FASE 2: perimetrazione, valutazione dei livelli di rischio e definizione delle conseguenti prescrizioni. In tale fase la valutazione vertera' sul rischio idraulico e su quello da frana e valanga e portera' alla espressione di quattro classi di rischio a gravosita' decrescente: a) molto elevato R4, con possibile perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale e distruzione delle attivita' socio-economiche; b) elevato R3, con possibili problemi per l'incolumita' delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture con conseguente loro inagibilita', interruzione di funzionalita' delle attivita' socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale; c) medio R2,con danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, senza pregiudizio per l'incolumita' delle persone, l'agibilita' degli edifici e la funzionalita' delle attivita' economiche; d) moderato R1, con danni sociali economici e ambientali marginali. FASE 3: programmazione della mitigazione del rischio, che dovra' sviluppare all'interno delle aree gia' perimetrate analisi di dettaglio che consentano anche la delocalizzazione degli insediamenti eventualmente presenti sul territorio. E' opportuno chiarire come il DPCM 1998 in commento, in linea con lo spirito emergenziale ed i fini di tutela dell'uomo e dell'ambiente della legislazione primaria, alla quale fornisce elementi attuativi di dettaglio, abbia messo bene in evidenza l'inscindibilita' dei concetti di pericolo e di rischio, intendendo questo come l'aspetto antropico di quello; vale a dire come l'incidenza dell'evento naturalistico sulla vita dell'uomo e le attivita' con le quali, nei modi piu' diversi, egli interagisce con l'ambiente di appartenenza. Questa filosofia si traduce sul piano operativo, nella necessita' che, nei diversi livelli di approfondimento suddescritti vengano predisposte, all'esito di appositi studi su dati esistenti ed elaborati di ricerca, una carta delle aree caratterizzate da pericolo idrogeologico ed una carta degli insediamenti, delle attivita' antropiche e del patrimonio ambientale, dalla cui sovrapposizione si ricava l'individuazione delle zone caratterizzate dai diversi livelli di rischio. Da cio' si deduce che, ove una porzione di territorio ricada contemporaneamente nell'ambito di pertinenza di entrambe le carte, (ciascuna delle quali preveda per essa un differente livello rispettivamente di pericolo e di rischio), la stretta reciproca interrelazione tra i due aspetti impone di applicare il parametro piu' restrittivo; cio', senza che si possa configurare alcun conflitto di prescrizioni normative, neppure a livello potenziale. Al contempo, l'evidenziata stretta relazione dei due aspetti di vulnerabilita' del territorio (pericolo e rischio) consente il residuare di margini di realizzabilita' di interventi nelle zone classificate a bassa pericolosita'. Tali interventi che, in quanto integranti l'uso del territorio vanno sempre ad aumentare i livelli di rischio, devono essere mantenuti entro il limite medio e basso (R1 ed R2), e configurano, percio', casi di rischio sostenibile. Questa interpretazione e' suffragata dalla circostanza che il D.L. 180/1998, e il DPCM in parola, si occupano delle aree a rischio elevato (R3) e molto elevato (R4), per le quali quest'ultimo prescrive specifiche misure, mentre le zone a rischio R1 ed R2, per le quali pure e' prevista la individuazione e perimetrazione, non sono destinatarie di alcuna prescrizione di questo tipo. Dei soli parametri di pericolosita' fissati dal Piano stralcio dovra' invece tenersi conto, evidentemente, quando con nuovi strumenti urbanistici si andranno ad individuare altre aree edificabili, che pero', al momento, sono prive di ogni insediamento. Con decreto del Segretario Generale di questa Autorita' di Bacino, reso il 9 dicembre 1999, e' stato emanato, ai sensi dell'art. 1 bis della L. 267/98, come modificato dall'art. 9, comma 2 L. 226/99, un Piano Straordinario per la rimozione delle situazioni a rischio piu' alto, comprendente prioritariamente le aree a rischio idrogeologico, per le quali era gia' stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. In tale Piano sono contenute, oltre alla individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumita' delle persone, la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale, anche, in relazione ad esse, le misure di salvaguardia aventi il contenuto di cui al comma 6 bis dell'art. 17 L. 183/89 cit., nonche' quello di cui alla lettera d) del comma 3 del medesimo art. 17, attesa la mancanza, al momento, di un piano stralcio di bacino. La redazione del Piano Straordinario si e' attenuta alle linee guida dettate dal citato DPCM del 29 settembre 1998. Cio' nella consapevolezza, che pur essendo quest'ultima fonte riferita ai piani stralcio, l'ottica di emergenza che la connota ben si attagli anche alla pianificazione straordinaria. Con l'art. 1 bis della legge 11 dicembre 2000, n. 365, di "Conversione, con modificazioni, del D.L. 12 ottobre 2000 n. 279 recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonche' a favore delle zone della Regione Calabria danneggiate dalle calamita' idrogeologiche di settembre e ottobre 2000", e' stata fissata la procedura per l'adozione dei piani stralcio. In particolare, il comma 2 di tale articolo fissa, per la relativa adozione, il termine perentorio di sei mesi dall'approvazione del Progetto di Piano. E' opportuno inoltre precisare fin da ora, e salvo approfondimento in prosieguo, che malgrado l'intitolazione, riferita ai soli aspetti procedurali, l'art. 1/bis precitato, contiene una norma di carattere sostanziale, atteso che al comma 5 statuisce "le determinazioni assunte in sede di Comitato Istituzionale a seguito di esame nella Conferenza programmatica, costituiscono variante (di integrazione) agli strumenti urbanistici". 2. PROCEDIMENTO DI ADOZIONE DEL PIANO STRALCIO DI BACINO PER LA TUTELA DAL RISCHIO IDROGEOLOGICO ED AMBITI TERRITORIALI DI APPLICAZIONE. La procedura seguita per l'adozione del presente Piano Stralcio di Bacino per la tutela dal rischio idrogeologico (in prosieguo denominato sinteticamente solo Piano) e' quella delineata dall'art. 18, commi da 1 a 10 della L. n. 183/1989, in virtu' del richiamo operato dal 1o comma dell'art. 19 della stessa legge. E' tuttavia da tener presente che l'art. 1 bis della L. 365/2000, vi ha introdotto alcune varianti per i piani stralcio. Il presente Piano, dunque, in conformita' a tali disposizioni normative, e' stato adottato dal Comitato Istituzionale di questa Autorita' di Bacino, tenuto opportunamente conto del parere espresso dalle Conferenze Programmatiche indette dalla Regione Basilicata e dalla Regione Campania, ed alle quali hanno partecipato le province ed i comuni interessati, in data 10 e 19 ottobre 2001. Le suddette Conferenze sono state precedute da una serie di consultazioni preventive (pre-conferenze) con gli Enti Locali interessati. Le Conferenze programmatiche, introdotte per i piani stralcio di Bacino dal comma 3 dell'art. 1 bis della L. n. 365/2000, hanno espresso un parere (necessario, ma non vincolante) sul progetto di piano. Di tali pareri il Comitato Istituzionale ha tenuto conto nell'adozione del Piano Stralcio; attese, innanzitutto, le risultanze degli studi idrogeologici recependo tutte le informazioni fornite dagli enti locali, si e' nel contempo tenuto presente il carattere di unitarieta' della pianificazione di Bacino, che sia la L. n. 183/1989, sia la successiva L. 365/2000 hanno posto come fondamentale indicazione di metodo. Se e' vero, infatti, che il quadro normativo di riferimento, tiene senz'altro in considerazione le esigenze locali, espresse negli studi geologici, esso tuttavia si ispira al principio di fondo, che la pianificazione di Bacino deve attenersi a criteri che ne assicurino la unitarieta' per tutto il territorio di competenza. Ne consegue, che le istanze locali vi trovano spazio, attraverso i canali predisposti dalla legge, nei soli limiti in cui non contrastino con l'uniformita' dei criteri generali e delle valutazioni obiettive cui si e' attenuta la redazione del Piano. La finalita' di assicurare una pianificazione razionale, perche' coerente nei metodi e negli esiti, non tollera infatti valutazioni ispirate a logiche solamente locali, e da' ragione della natura sovraordinata, del Piano Stralcio. Contestualmente alla pubblicazione dell'avviso di adozione del Piano Stralcio nella Gazzetta Ufficiale, questa Autorita' di Bacino ha consegnato alle competenti province ed ai comuni territorialmente interessati copia delle norme di attuazione e della cartografia tecnica. Inoltre, copia integrale del Piano Stralcio adottato e' depositata presso questa Autorita' di Bacino. Il presente Piano, con le relative norme di attuazione, si applica al territorio compreso nel Bacino idrografico del fiume Sele, di competenza di questa Autorita' di Bacino, cosi' come individuato dal DPCM 22/12/1977 emanato ai sensi dell'art. 89 comma 1 del DPR 24/07/1977 n. 616, poi riperimetrato con il DPR 14 aprile 1994 e delimitato con il DPR 13 aprile 2000. Tale Bacino si estende per circa 3250 kmq, comprende 88 comuni, di cui 67 appartenenti alla Regione Campania e 21 alla Regione Basilicata. E' tuttavia da annotare che con delibera del Comitato Istituzionale n. 14 del 30 Aprile 2001 di questa Autorita' di Bacino ai sensi dell'art. 3 del DPR 13 aprile 2000, in base ad intesa con l'Autorita' di Bacino destra Sele, e' stata effettuata una nuova perimetrazione del territorio di competenza che ha inglobato il Comune di Eboli. Sulla base di quest'ultima delimitazione e' stato redatto il Piano Stralcio. Qualora dovessero ravvisarsi contrasti o scostamenti tra detta perimetrazione e le vigenti delimitazioni di bacini idrografici nazionali, interregionali e regionali confinanti, prevalgono le perimetrazioni dei bacini nazionali ed interregionali sia ai fini dell'applicazione generale delle norme di attuazione, che a quelli particolari della localizzazione degli interventi volti a mitigare il rischio idrogeologico. 3. CONTENUTO NATURA ED EFFETTI DEL PIANO STRALCIO DI BACINO. Il presente Piano viene quindi a costituire Piano Stralcio del Piano di Bacino, relativo al settore funzionale della tutela dal rischio idrogeologico, ai sensi del comma 6-Ter dell'art. 17 della L. 183/1989, e possiede valore di piano territoriale di settore. Esso e' lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni, le norme d'uso del suolo e gli interventi riguardanti l'assetto idrogeologico del territorio di competenza di questa Autorita' di Bacino. Esso, in particolare: individua le aree a rischio idrogeologico molto elevato, elevato, medio e moderato, ne determina la perimetrazione e stabilisce le relative misure di mitigazione del rischio; delimita le aree di pericolo idrogeologico quali oggetto di azioni organiche per prevenire la formazione e l'estensione delle condizioni di rischio; indica gli strumenti per assicurare coerenza tra la pianificazione di bacino per l'assetto idrogeologico e la pianificazione territoriale in ambito regionale ed anche a scala provinciale e comunale; contiene gli elaborati tecnici di cui all'art. 2 delle relative norme di attuazione. Il Piano e' inoltre, accompagnato dagli studi di settore individuati dal Capitolato dell'apposita gara bandita da quest'Autorita'. L'adozione del presente Piano comporta la decadenza delle misure di salvaguardia e di mitigazione del rischio adottate da questa Autorita' di Bacino in sede di approvazione del Piano Straordinario e l'entrata in vigore delle norme di attuazione e di ogni altra prescrizione collegata al Piano stesso. E' opportuno, inoltre, specificare, nell'ambito di un discorso relativo all'efficacia del Piano Stralcio, che esso, in virtu' del comma 5 dell'art. 1bis, della L. 365/2000, costituisce automaticamente variante di adeguamento ad ogni strumento urbanistico vigente. Le norme di attuazione del Piano vanno automaticamente ad inserirsi negli strumenti vigenti che, cosi' modificati, vincolano tanto i privati cittadini quanto le autorita' nei propri poteri di carattere concessorio, autorizzatorio o equivalenti e di vigilanza. Si e' tuttavia tenuto conto di un principio generale dell'ordinamento, codificato nell'art. 11 delle "disposizioni sulla Legge in generale" ossia della non retroattivita' delle prescrizioni normative contenute nelle varie fonti abilitate dall'ordinamento a produrle. Di talche', non ostandovi contrarie disposizioni di legge, e validi motivi di necessita' od opportunita', si e' ritenuto di fare salvi tutti gli interventi, oggetto di regolare autorizzazione, concessione e provvedimenti equivalenti, ove i relativi lavori siano stati iniziati prima dell'adozione del presente Piano Stralcio. Cio' in base all'evidente rilievo che ci si trova di fronte a fattispecie gia' validamente perfezionatesi. E', inoltre, da precisare che le limitazioni all'uso del territorio e alla realizzazione o modifica di opere o infrastrutture presenti nel Piano non hanno natura espropriativa, e non comportano, percio', obbligo alcuno di indennizzo. Al termine di questo "excursus" illustrativo, non risulta superfluo ribadire come la precipua finalita' di interesse pubblico, sottesa alla tutela dal rischio idrogeologico, bene illustri il ruolo attribuito al presente strumento nella gerarchia delle fonti in materia di difesa del suolo. La Legge, infatti, definisce, il Piano Stralcio di bacino come strumento normativo sovraordinato rispetto ad ogni altro strumento di pianificazione di settore, compresi gli strumenti urbanistici ed ogni altra forma di pianificazione territoriale. E tale ruolo e' stato definito pienamente conforme alla Carta Fondamentale dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 85/1990, ha respinto gli attacchi rivolti alla legge 183/1989 in termini di lesione dell'autonomia costituzionale garantita agli enti territoriali, in nome della superiore esigenza di perseguire, attraverso strumenti all'uopo predisposti, la difesa e la salvaguardia del suolo. Obiettivo questo, che, lungi dal frustrare, valorizza il ruolo degli enti territoriali e locali. E' bene, infatti, chiarire che questi Enti sono concepiti dalla legge come i soggetti necessari di una dialettica costante con lo Stato e le altre Autorita' di settore. Solo cosi' e' infatti possibile, sul piano operativo, acquisire informazioni, notizie ed altri elementi che consentano di conoscere il territorio e le sue risorse attuali e potenziali, al fine di sfruttare razionalmente le prime e sviluppare le seconde. E l'iter formativo di questo Piano ha fornito un significativo esempio di questa osmosi operativa, gia' del resto manifestatasi con il Piano Straordinario e che rappresenta oramai un dialogo costante con gli enti locali. Sia le risultanze scientifiche, sia l'esame degli accadimenti idrogeologici e il continuo monitoraggio devono essere considerati, dalle segreterie tecnico-operative delle Autorita' di Bacino, in costante concertazione, intesa come sinergia lavorativa con le autonomie locali, quali amministrazioni provinciali, comuni, enti parco, comunita' montane, consorzi, Arpa, e quanti altri Enti territoriali operano per la salvaguardia idrogeologica. Il collegamento lavorativo con le autonomie locali e' anche essenziale, perche' tali Enti sono i primi responsabili della oculata gestione del territorio. A completamento della funzionalita', la prima attuazione operativa del Piano di Bacino viene realizzata con la immediata trasmissione alla Protezione Civile, competente per territorio, di ogni elaborato tecnico-normativo prodotto. |
| TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 Finalita' e contenuti del piano stralcio per l'assetto idrogeologico. 1. Il piano stralcio per l'assetto idrogeologico del bacino interregionale del fiume Sele, costituisce piano stralcio del piano di bacino, ai sensi dell'articolo 12 della legge 4 dicembre 1993, n. 493, e possiede, per effetto dell'articolo 17 della legge 18 maggio 1989, n. 183, valore di piano territoriale di settore. Il piano stralcio e' lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni, le norme d'uso del suolo e gli interventi riguardanti l'assetto idrogeologico del territorio di competenza dell'Autorita' di bacino interregionale del Sele. 2. Ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 183/1989 e successive modifiche ed integrazioni, dell'articolo 1, commi 1, 4, 5 e 5-bis del decreto legge n. 180/1998 convertito dalla legge n. 267/1998, e successive modifiche ed integrazioni, nonche' ai sensi degli articoli 1 e 1-bis del decreto legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito con modificazioni dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, ed infine ai sensi del D.P.C.M. 29.9.1998, il piano stralcio per l'assetto idrogeologico del bacino interregionale del Sele: A. individua le aree a rischio idrogeologico molto elevato, elevato, medio e moderato, ne determina la perimetrazione, stabilisce le relative norme tecniche di attuazione; B. delimita le aree di pericolo idrogeologico quali oggetto di azione organiche per prevenire la formazione e l'estensione di condizioni di rischio; C. indica gli strumenti per assicurare coerenza tra la pianificazione stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico e la pianificazione territoriale in ambito regionale ed anche a scala provinciale e comunale; D. individua le tipologie, la programmazione degli interventi di mitigazione o eliminazione delle condizioni di rischio e delle relative priorita', anche a completamento ed integrazione dei sistemi di difesa esistenti. 3. In tutte le aree perimetrate con situazioni di rischio o di pericolo il piano persegue in particolare gli obiettivi di: A. salvaguardare al massimo grado possibile l'incolumita' delle persone, l'integrita' delle infrastrutture e delle opere pubbliche o di interesse pubblico, l'integrita' degli edifici, la funzionalita' delle attivita' economiche, la qualita' dei beni ambientali e culturali; B. impedire l'aumento dei livelli attuali di rischio, non consentire azioni pregiudizievoli per la definitiva sistemazione idrogeologica del bacino, prevedere interventi coerenti con la pianificazione di protezione civile; C. prevedere e disciplinare i vincoli e le limitazioni d'uso del suolo, le attivita' e gli interventi antropici consentiti, le prescrizioni e le azioni di prevenzione nelle diverse tipologie di aree a rischio e di pericolo, nei casi piu' delicati subordinatamente ai risultati di appositi studi di compatibilita' idraulica o idrogeologica; D. stabilire norme per il corretto uso del territorio e delle risorse naturali nonche' per l'esercizio compatibile delle attivita' umane a maggior impatto sull'equilibrio idrogeologico del bacino; E. porre le basi per l'adeguamento della strumentazione urbanistico-territoriale e delle modalita' d'uso del suolo in relazione ai diversi gradi di rischio; F. conseguire condizioni di sicurezza del territorio mediante la programmazione degli interventi non strutturali ed interventi strutturali e la definizione delle esigenze di manutenzione, completamento ed integrazione dei sistemi di difesa esistenti; G. e di conseguenza prevedere la sistemazione, la difesa e la regolazione dei corsi d'acqua, anche attraverso la moderazione delle piene e la manutenzione delle opere, adottando modalita' di intervento che privilegino la conservazione ed il recupero delle caratteristiche naturali del territorio; H. prevedere altresi' la sistemazione dei versanti e delle aree instabili a protezione degli abitati e delle infrastrutture, adottando modalita' di intervento che privilegino la conservazione ed il recupero delle caratteristiche naturali del territorio; I. definire le necessita' di manutenzione delle opere in funzione del grado di sicurezza compatibile e del rispettivo livello di efficienza ed efficacia; J. indicare le necessarie attivita' di prevenzione, di allerta e di monitoraggio dello stato dei dissesti. 4. A tali fini inoltre il piano stralcio: A. costruisce un quadro conoscitivo dei processi di versante e fluviali attraverso la raccolta, l'organizzazione e l'integrazione delle conoscenze disponibili, in modo da rappresentare il quadro dei fenomeni dell'intero bacino su elaborati cartografici normalmente alla scala 1:25.000 o, per i casi particolarmente complessi, alla scala 1:5.000; B. produce la definizione del quadro della pericolosita', del danno potenziale e del rischio idrogeologico esistente considerando le perimetrazioni dei dissesti e le rispettive interferenze con la presenza di beni e interessi vulnerabili; C contiene un atlante delle perimetrazioni alle scale indicate delle aree soggette a quattro livelli di rischio a gravosita' decrescente.
Art. 2 Elaborati del piano. 1. Il piano e' costituito dagli elaborati di cui all'Allegato H. 2. Esso e' accompagnato dagli studi di settore individuati dal capitolato dell'apposita gara bandita dall'Autorita' di bacino interregionale del Sele in quanto sviluppato dall'offerta tecnica presentata dal raggruppamento temporaneo di imprese risultato aggiudicatario.
Art. 3 Definizioni. 1. Le relazioni tecniche di piano e gli allegati in esse richiamati individuano la lista dei beni e degli interessi vulnerabili, i criteri di stima dei danni attesi, le metodologie di individuazione delle aree di pericolo e di rischio. 2. La Carta della Pericolosita' e' la carta della definizione delle aree a diverso grado di pericolosita' determinato dai fattori naturali ed ambientali: geologia, morfologia, pendenza, ecc., in una predisposizione e tendenza dei terreni al movimento. Sulla base di questa carta, le Amministrazioni locali dovranno programmare, aggiornare ed adeguare i propri programmi e piani urbanistici. 3. La carta del rischio da frana e' la carta in cui sono evidenziate le classi di rischio determinate sulla base della sovrapposizione degli elementi di valore alla carta della pericolosita'. E' una carta che riflette l'attuale situazione di rischio e va, pertanto, utilizzata dalle Amministrazioni locali, in modo tale da non aumentarne il grado: va utilizzata e rispettata per il completamento degli strumenti urbanistici vigenti.
Art. 4 Ambiti territoriali di applicazione. 1. Il piano stralcio con le relative norme tecniche di attuazione si applica al territorio del bacino idrografico del fiume Sele, di competenza dell'Autorita' di Bacino Interregionale del Sele, cosi' come individuato dal D.P.C.M. 22/12/77, emanato ai sensi dell'art. 89, comma 1, del D.P.R. 24/07/1977 n. 616, riperimetrato con il D.P.R. 14 aprile 1994 e delimitato con il D.P.R. del 13 aprile 2000. In particolare, ai sensi dell'art. 3 di tale D.P.R. e in base ad intesa con l'Autorita' di Bacino Destra Sele, e' stata effettuata una nuova perimetrazione del territorio di competenza che ha inglobato il Comune di Eboli. Il bacino si estende per circa 3.250 Kmq, comprende n. 88 Comuni, di cui 67 appartenenti alla Regione Campania e 21 alla Regione Basilicata. 2. Il perimetro del bacino interregionale del Fiume Sele e' specificamente indicato nella cartografia alla scala 1:250.000 allegata al piano. 3. Nell'ipotesi di scostamenti o contrasti tra la perimetrazione di cui al precedente comma e le vigenti delimitazioni di bacini idrografici nazionali, interregionali e regionali confinanti prevale, salvo varianti, ai fini dell'applicazione delle norme di attuazione e della localizzazione degli interventi di mitigazione dei rischi idrogeologici, la perimetrazione dei bacini Nazionali e Interregionali.
Art. 5 Procedimento di adozione. 1. Il piano stralcio e' adottato dal Comitato Istituzionale dell'Autorita' di Bacino interregionale del Sele, tenuto conto dei pareri delle Conferenze programmatiche indette dalle Regioni Campania e Basilicata, alle quali partecipano le Province ed i Comuni interessati. La Conferenza, in luogo del parere di cui al comma 9 dell'articolo 18 della legge n. 183/1989, si esprime sulla coerenza tra il progetto di piano stralcio e gli altri strumenti di pianificazione territoriale con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano. 2. Copie integrali del piano adottato e pubblicato in G.U. sono depositate presso l'Autorita' di Bacino Interregionale del Fiume Sele.
Art. 6 Efficacia ed effetti del piano stralcio adottato e approvato. 1. Al piano stralcio adottato e approvato si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 17, 18 e 19 della legge n. 183/1989 e successive modifiche ed integrazioni e quelle dell'articolo 1-bis commi 3-5, della legge n. 365/2000. 2. Con l'adozione del piano stralcio decadono le misure di salvaguardia adottate dall'Autorita' di Bacino in sede di approvazione del Piano straordinario per le aree a rischio idrogeologico. 3. Le norme di attuazione e le prescrizioni che accompagnano il piano adottato dal Comitato Istituzionale in data 29 ottobre 2001, sono tutte immediatamente vincolanti. 4. Ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 5, della legge n. 365/2000 le previsioni e le prescrizioni del piano stralcio adottato, costituiscono variante agli strumenti urbanistici vigenti. 5. I provvedimenti di autorizzazione e concessione in sanatoria non ancora emanati e relativi ad abusi edilizi realizzati entro il 31 dicembre 1993, all'interno delle aree perimetrate dal presente piano, possono essere perfezionati positivamente, anche con le opere di completamento e di adeguamento statico, solo a condizione che - considerate natura, destinazione dei lavori eseguiti e rilevanza delle alterazioni prodotte - gli interventi abusivamente realizzati non siano tali da pregiudicare gli interessi tutelati dai vincoli di salvaguardia dai rischi idrogeologici. 6. Sono fatti salvi tutti gli interventi oggetto di regolare autorizzazione, concessione e provvedimenti equivalenti, i cui lavori siano stati iniziati prima dell'adozione del piano. 7. Le limitazioni all'uso del territorio, i vincoli alle attivita' economiche, le limitazioni agli interventi sulle infrastrutture ed opere pubbliche e sul patrimonio edilizio, nonche' tutte le altre prescrizioni poste dal presente piano a carico di soggetti pubblici e privati, rispondono all'interesse pubblico generale di tutela da situazioni di rischio idrogeologico, non hanno contenuto espropriativo e non comportano corresponsione di indennizzi. Nessun indennizzo e' peraltro dovuto per danni a cose e persone a seguito di interventi non conformi alle presenti norme. 8. Per le nuove edificazioni, in aree non ancora destinate a tale uso, e da individuare con nuovi strumenti urbanistici, bisognera' attenersi alla vincolistica esistente, secondo i parametri di pericolosita' fissati nel presente Piano. 9. Sono fatte salve in ogni caso le disposizioni piu' restrittive contenute nella legislazione nazionale e regionale, con particolare riferimento ai vincoli di tutela ambientale e del patrimonio archeologico ed alle norme in materia di protezione civile, nonche' quelle contenute in strumenti di pianificazione del territorio, strumenti di pianificazione di settore o provvedimenti puntuali previsti e regolati da norme nazionali e regionali in vigore. 10. Il piano stralcio e' coordinato con i programmi nazionali, regionali e locali di sviluppo economico e di uso del suolo; ai suoi indirizzi ed obiettivi, entro 12 mesi dalla data di pubblicazione, vanno adeguati gli strumenti di pianificazione settoriale che, in coerenza ed a completamento di quelli indicati all'art. 17, comma 4, della Legge 183/1989, sono di seguito individuati: piani territoriali e programmi regionali di cui alla legge n. 984/1977, nei settori della zootecnia, della produzione ortofrutticola, della forestazione, dell'irrigazione, delle colture mediterranee, dell'utilizzazione e valorizzazione dei terreni collinari e montani, della vitivinicoltura; piani di tutela delle acque; piani di smaltimento e gestione dei rifiuti; piani di bonifica; piani delle attivita' estrattive; pianificazione di reti e servizi infrastrutturali di rilevanza strategica ed economico-sociale; pianificazioni agro forestali e piani di assestamento forestale; pianificazione dell'uso del territorio per attivita' produttive (industriali, commerciali e/o comunque di rilevante valore socio-economico) e tutto quanto previsto dalla vigente normativa. 11. Per le finalita' di cui al precedente comma nonche' per l'efficacia, l'efficienza e l'economicita' dell'azione della pubblica amministrazione, il coordinamento del piano con gli strumenti di pianificazione settoriale e' oggetto di concertazione, da perseguire entro 12 mesi dall'approvazione del piano. 12. I Comuni interessati introducono nei certificati di destinazione urbanistica informazioni sulla perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico.
Art. 7 Pareri dell'Autorita' di Bacino Interregionale del Fiume Sele. 1. All'Autorita' di Bacino sono preventivamente sottoposti per un parere obbligatorio sulla compatibilita' idrogeologica con le prescrizioni del piano stralcio: A. i piani territoriali di coordinamento provinciale; B. gli strumenti urbanistici comunali, loro varianti e piani attuativi formati dopo l'approvazione del piano; C. piani regolatori delle aree di sviluppo industriale; D. i piani regionali di settore nelle materie di cui all'articolo 17 della legge n. 183/1989; E. i piani regionali delle attivita' estrattive di cui all'art. 40; F. i progetti di realizzazione e/o manutenzione di opere pubbliche localizzate nelle aree delimitate dal piano come fasce fluviali A e B, come aree di pericolosita' elevata e media da dissesti di versante e/o ricadenti nelle classi R4 e R3 del rischio idrogeologico.
TITOLO II AREE A RISCHIO IDRAULICO
CAPO I. PRESCRIZIONI COMUNI PER LE AREE A RISCHIO IDRAULICO
Art. 8 Disposizioni generali per le aree a rischio idraulico e per gli interventi ammissibili. 1. Gli elaborati tecnici individuati nell'articolo 2, definiscono per il bacino idrografico del fiume Sele le aree a rischio idraulico molto elevato (R4), elevato (R3), medio (R2) e moderato (R1). Definiscono altresi' le seguenti fasce fluviali: - Alveo di piena ordinaria. Si definisce alveo di piena ordinaria la parte della regione fluviale interessata dal deflusso idrico in condizioni di piena ordinaria, corrispondente al periodo di ritorno T=2-5 anni. Nel caso di corsi d'acqua di pianura, l'alveo di piena ordinaria coincide con la fascia fluviale compresa tra le sponde dell'alveo incassato. Nel caso di alvei alluvionati, l'alveo di piena ordinaria coincide con il greto attivo, interessato (effettivamente nella fase attuale oppure storicamente) dai canali effimeri in cui defluisce la piena ordinaria. La delimitazione puo' essere effettuata considerando il piu' esterno tra il limite catastale demaniale ed il piede esterno delle opere di arginatura e protezione esistenti. - Alveo di piena standard (Fascia A). La Fascia A viene definita come l'alveo di piena che assicura il libero deflusso della piena standard, di norma assunta a base del dimensionamento delle opere di difesa. Nel presente Piano si e' assunta come piena standard quella corrispondente ad un periodo di ritorno pari a 100 anni. Il "limite di progetto tra la Fascia A e la successiva Fascia B" coincide con le opere idrauliche longitudinali programmate per la difesa del territorio. Allorche' dette opere entreranno in funzione, i confini della Fascia A si intenderanno definitivamente coincidenti con il tracciato dell'opera idraulica realizzata. - Fascia di esondazione (Fascia B). La Fascia B comprende le aree inondabili dalla piena standard, eventualmente contenenti al loro interno sottofasce inondabili con periodo di ritorno T < 100 anni. In particolare, sono state considerate tre sottofasce: * la sottofascia B1 e' quella compresa tra l'alveo di piena e la linea piu' esterna tra la congiungente l'altezza idrica h=30 cm delle piene con periodo di ritorno T=30 anni e altezza idrica h=90 cm delle piene con periodo di ritorno T=100 anni; * la sottofascia B2 e' quella compresa fra il limite della Fascia B1 e quello dell'altezza idrica h=30 cm delle piene con periodo di ritorno T=100 anni; * la sottofascia B3 e' quella compresa fra il limite della Fascia B2 e quello delle piene con periodo di ritorno T=100 anni. - Fascia di inondazione per piena d'intensita' eccezionale (Fascia C). La fascia C comprende le aree inondabili dalla piena relativa a T=300 anni o dalla piena storica nettamente superiore alla piena di progetto. 2. In tutte le aree a rischio idraulico si applicano, oltre a quelle del presente Titolo II, le disposizioni del Titolo IV relative alla disciplina delle fasce fluviali, secondo i criteri stabiliti nell'articolo 33, commi 2 e 3. 3. Nelle aree a rischio idraulico continuano a svolgersi le attivita' antropiche ed economiche esistenti alla data di adozione del piano stralcio osservando le cautele e le prescrizioni disposte dal presente Titolo II, Capi II, III e IV. 4. Nelle stesse aree sono consentiti esclusivamente i nuovi interventi indicati nei Capi II, III e IV del presente Titolo II, anche in riferimento ai paragrafi 3. 1. a) e 3. 1. b) del D. P. C. M. 29 settembre 1998, nel rispetto delle condizioni e delle prescrizioni generali stabilite nei commi seguenti e nello studio di compatibilita' idraulica di cui all'articolo 43. 5. Tutte le nuove attivita', opere e sistemazioni e tutti i nuovi interventi consentiti nelle aree a rischio idraulico con riferimento al territorio del bacino idrografico del fiume Sele devono essere conformi alle leggi di settore, alle norme in materia di realizzazione delle opere pubbliche e alle norme di tutela ambientale, nonche' alle disposizioni degli strumenti urbanistici adottati o vigenti nello Stato, nella Regione Campania e nella Regione Basilicata in quanto applicabili a ciascuna fattispecie. 6. Tutte le nuove attivita', opere e sistemazioni e tutti i nuovi interventi consentiti nelle aree a rischio idraulico, devono essere tali da non superare mai il livello di rischio sostenibile nella situazione attuale del territorio. Devono essere quindi tali da: A. migliorare o comunque non aggravare o peggiorare le condizioni di funzionalita' idraulica; B. non costituire in nessun caso un fattore di aumento del rischio idraulico, ne' localmente ne' nei territori a valle o a monte, producendo significativi ostacoli al normale libero deflusso delle acque ovvero causando una riduzione significativa della capacita' di invaso delle aree interessate; C. non costituire un elemento pregiudizievole all'attenuazione o all'eliminazione delle specifiche cause di rischio esistenti; D. non pregiudicare le sistemazioni idrauliche definitive ne' la realizzazione degli interventi previsti dalla pianificazione di bacino o dagli strumenti di programmazione provvisoria e urgente; E. garantire condizioni adeguate di sicurezza durante la permanenza del cantiere, in modo che i lavori si svolgano senza creare, neppure temporaneamente, un ostacolo significativo al regolare deflusso delle acque, un significativo aumento del livello di rischio o del grado di esposizione al rischio esistente. F. impiegare modalita' esecutive tali da limitare l'impermeabilizzazione superficiale del suolo, controllando la ritenzione temporanea delle acque attraverso adeguate reti di regimazione e di drenaggio; G. impiegare ove possibile tecniche a basso impatto ambientale e tecniche di ingegneria naturalistica. H. salvaguardare le risorse idriche del sottosuolo e del soprassuolo, con particolare riferimento alle riserve al minimo di deflusso vitale dei corsi d'acqua. 7. Per gli interventi consentiti sul patrimonio edilizio esistente nelle aree a rischio idraulico sono richiamate le definizioni di cui all'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, come eventualmente integrate dalle norme di settore regionale. Art. 9 Studi di compatibilita' idraulica nelle aree a rischio idraulico. 1. I progetti per nuovi interventi, nuove opere e nuove attivita' di cui all'art. 7, consentiti nelle aree delimitate a rischio idraulico molto elevato ed elevato sono accompagnati dallo studio di compatibilita' idraulica di cui all'articolo 43, preventivamente sottoposti al parere dell'Autorita' di bacino la quale verifica che gli interventi proposti non aumentino le attuali condizioni di rischio e non siano pregiudizievoli all'eliminazione delle situazioni di rischio. Sono fatte salve le fattispecie in cui lo studio di compatibilita' idraulica e' espressamente escluso dalle norme del presente Titolo II, Capi II e III. 2. Nelle aree a rischio idraulico medio lo studio di compatibilita' idraulica deve essere prodotto solo nelle fattispecie in cui e' espressamente richiesto dalle norme del presente Titolo II, Capo IV. CAPO II. LE AREE A RISCHIO IDRAULICO MOLTO ELEVATO Art. 10 Interventi vietati nelle aree a rischio idraulico molto elevato. 1. Nelle aree a rischio idraulico molto elevato del bacino idrografico del Fiume Sele sono consentiti esclusivamente gli interventi e le attivita' espressamente ammessi ai sensi del presente Titolo II. 2. Nelle aree a rischio idraulico molto elevato si applicano le disposizioni del Titolo IV relative alla disciplina delle fasce fluviali secondo i criteri stabiliti nell'articolo 33, commi 2 e 3. Art. 11 Interventi idraulici, opere idrauliche e interventi di sistemazione ambientale per la riduzione del rischio idraulico. 1. Nelle aree perimetrate a rischio idraulico molto elevato sono ammessi: A. gli interventi idraulici e le opere idrauliche per la riduzione o l'eliminazione del rischio; B. gli interventi idraulici e le opere idrauliche, gli interventi di sistemazione e miglioramento ambientale finalizzati a ridurre il rischio idraulico, che favoriscano tra l'altro la ricostruzione dei processi e degli equilibri naturali, il riassetto delle cenosi di vegetazione riparia, la ricostituzione della vegetazione spontanea autoctona. Tra tali interventi sono compresi i tagli di piante stabiliti dall'autorita' forestale o idraulica competente per territorio per assicurare il regolare deflusso delle acque, tenuto conto di quanto disposto dal Decreto del Presidente della Repubblica 14 aprile 1993 "Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni recante criteri e modalita' per la redazione dei programmi di manutenzione idraulica". C. gli interventi urgenti degli Enti preposti alla difesa idraulica e di protezione civile competenti per la salvaguardia di persone e beni a fronte di eventi pericolosi o situazioni di rischio eccezionali. Art. 12 Interventi ammessi sul patrimonio edilizio: demolizione di edifici senza ricostruzione. Manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo, opere per mitigare la vulnerabilita' degli edifici. 1. Fermo restando le disposizioni generali per gli interventi ammissibili di cui all'articolo 8, tutti gli interventi di cui al presente articolo devono essere attuati senza aumenti di superficie o volume entro e fuori terra e senza aumento del carico urbanistico. 2. Nelle aree perimetrate a rischio idraulico molto elevato sono esclusivamente consentiti in relazione al patrimonio edilizio esistente: A. la demolizione di edifici senza ricostruzione, senza che sia richiesto uno studio di compatibilita' idraulica; B. la manutenzione ordinaria e straordinaria; C. il restauro, il risanamento conservativo; D. gli interventi finalizzati a mitigare la vulnerabilita' di edifici e di costruzioni. In questi interventi e' ammesso un aumento di superficie non superiore a quella esposta ad allagamento dei singoli edifici, purche' con contestuale dismissione delle citate superfici esposte e verifica strutturale, nello studio di compatibilita' idraulica, sull'idoneita' delle fondazioni e delle altre strutture portanti; E. l'installazione di impianti tecnologici, irrinunciabili a giudizio dell'autorita' competente, per la concessione o l'autorizzazione, posti a servizio di edifici esistenti, unitamente alla realizzazione di volumi tecnici connessi purche' si tratti di interventi conformi agli strumenti urbanistici. F. gli interventi di adeguamento igienico-sanitario degli edifici ad uso residenziale, purche' diretti all'osservanza di obblighi sanitari stabiliti da leggi, senza necessita' di uno studio di compatibilita' idraulica; G. gli interventi di sistemazione e manutenzione di superfici scoperte di edifici esistenti (rampe, muretti, recinzioni, opere a verde e simili), senza necessita' di uno studio di compatibilita' idraulica; H. i mutamenti di destinazione d'uso, a condizione che gli stessi non comportino aumento del rischio, inteso quale incremento di uno o piu' dei fattori che concorrono a determinarlo. 3. Gli interventi di cui al presente articolo sono ammessi, alle medesime condizioni, per l'adeguamento degli edifici alle norme vigenti in materia di eliminazione delle barriere architettoniche ed in materia di sicurezza del lavoro. 4. Gli interventi di cui ai precedenti commi sono realizzabili in edifici pubblici anche al fine di migliorare la tutela dell'incolumita' pubblica, con l'osservanza delle medesime condizioni e con la possibilita' di realizzare volumi tecnici compatibili. 5. Sono ammessi gli interventi di ricostruzione di edilizia pubblica e privata non delocalizzabili (anche quelli di cui alle leggi 219/81 e 47/85 e successive modifiche ed integrazioni) e che prevedano preventivamente eventuali interventi di recupero statico della porzione di territorio sottesa all'area in esame, risultanti necessari da specifici studi geologici, geomorfologici ed idrogeologici, se inseriti in appositi programmi integrati, di iniziativa delle amministrazioni locali. Sono ammessi gli interventi di sistemazione di cui al comma 2 relativi all'edilizia pubblica e privata non delocalizzabile, autorizzati o in corso di autorizzazione ai sensi della stessa legge n. 219/1981 alla data di entrata in vigore delle presenti norme. Art. 13 Opere e infrastrutture a rete o puntuali, pubbliche e di interesse pubblico: manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzazione, ampliamento, ristrutturazione. 1. Nelle aree perimetrate a rischio idraulico molto elevato sono ammessi esclusivamente: A. gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere e infrastrutture a rete o puntuali pubbliche e di interesse pubblico; B. la realizzazione, l'ampliamento o la ristrutturazione delle opere e delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico riferite a servizi pubblici essenziali che non siano delocalizzabili o per le quali il progetto sottoposto all'approvazione dell'autorita' competente dimostri l'assenza di alternative tecnicamente ed economicamente sostenibili, e sempre a condizione che risultino coerenti con la pianificazione degli interventi di emergenza di protezione civile ed a condizione che siano realizzate idonee opere di mitigazione del rischio. Non sono in ogni caso consentite le realizzazioni di opere pubbliche o di interesse pubblico quali scuole, edifici religiosi, ed altre opere di urbanizzazione secondaria, di edilizia residenziale pubblica, insediamenti produttivi, ne' le opere a rete a servizio di nuovi insediamenti previsti dai piani di insediamenti produttivi e dai piani di edilizia economica e popolare; gli interventi di adeguamento degli impianti esistenti di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti, principalmente per aumentarne le condizioni di sicurezza e igienico-sanitarie di esercizio o per acquisire innovazioni tecnologiche; C. gli interventi di edilizia cimiteriale, a condizione che siano realizzati negli spazi interclusi e nelle porzioni libere degli impianti esistenti; D. la realizzazione di sottoservizi a rete interessanti tracciati stradali esistenti. I relativi studi di compatibilita' idraulica devono essere predisposti per i soli sottoservizi che comportano opere significative; E. l'esecuzione di opere di allacciamento alle reti principali. Art. 14 Casi di esclusione. 1. I vincoli di cui al precedente articolo non concernono le opere pubbliche per le quali alla data di adozione del piano siano iniziati i lavori. 2. Gli interventi consentiti dal precedente articolo sono coerenti con la pianificazione degli interventi di emergenza in materia di protezione civile ed osservano le altre condizioni generali di cui all'articolo 8. CAPO III. LE AREE A RISCHIO IDRAULICO ELEVATO Art. 15 Interventi consentiti nelle aree a rischio idraulico elevato. 1. Nelle aree a rischio idraulico elevato del bacino idrografico del Sele, sono consentiti esclusivamente gli interventi e le attivita' espressamente ammessi ai sensi del presente Titolo II. 2. Nelle aree a rischio idraulico elevato sono consentiti gli interventi e le attivita' possibili nelle aree a rischio molto elevato, alle medesime condizioni generali per queste stabilite dall'articolo 8, nonche' quelli indicati nei seguenti articoli del presente Titolo II, Capo III. 3. Nelle aree a rischio idraulico elevato si applicano le disposizioni del Titolo IV relative alla disciplina delle fasce fluviali secondo i criteri stabiliti nell'articolo 33, commi 2 e 3. Art. 16 Ulteriori interventi ammessi sul patrimonio edilizio: ristrutturazione edilizia, ampliamento per adeguamento igienico-sanitario, manufatti non qualificabili come volumi edilizi. 1. Purche' siano soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 8, e fatto salvo quanto disposto dal successivo comma 2 del presente articolo, nelle aree ad elevato rischio idraulico sono consentiti sul patrimonio edilizio esistente: A. gli interventi di ristrutturazione edilizia, sempre che lo studio di compatibilita' idraulica di cui all'articolo 43 dimostri che le superfici destinate ad uso abitativo o comunque economicamente rilevante sono realizzate a quote compatibili con la piena di riferimento; B. gli ampliamenti di edifici esistenti esclusivamente per motivate necessita' di adeguamento igienico-sanitario valutate e certificate espressamente nel provvedimento di concessione e verificate dallo studio di compatibilita' idraulica; C. le realizzazioni di manufatti non qualificabili come volumi edilizi, senza necessita' dello studio di compatibilita' idraulica, nei casi in cui non sia richiesta la concessione edilizia. 2. All'interno dei soli perimetri dei centri edificati come individuati ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 865/1971, fatti sempre salvi i risultati dello studio di compatibilita' idraulica, l'attivita' edilizia resta regolata dalle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi approvati o adottati prima dell'adozione del presente piano. In tali perimetri la ricostruzione di edifici demoliti e' tuttavia possibile esclusivamente alla condizione di essere compatibile con la piena di riferimento, di conservare l'area di sedime, la volumetria dentro e fuori terra, le superfici utili, la destinazione d'uso ed il carico insediativo preesistente. Negli stessi perimetri gli interventi di nuova costruzione previsti dagli strumenti urbanistici approvati o adottati prima dell'adozione del presente piano sono ammessi soltanto se ricadenti all'interno delle zone urbane B di completamento definite dal D. M. 2 aprile 1968. CAPO IV. LE AREE A RISCHIO IDRAULICO MEDIO E MODERATO Art. 17 Interventi consentiti nelle aree a rischio idraulico medio e moderato 1. Nelle aree a rischio idraulico medio e moderato sono consentiti tutti gli interventi e le attivita' possibili nelle aree a rischio molto elevato ed elevato, alle medesime condizioni generali per queste stabilite dall'articolo 8, nonche' quelli indicati nei seguenti articoli 18 e 19. 2. Tutti gli interventi ammessi nelle aree a rischio idraulico medio e moderato sono realizzati con tipologie costruttive finalizzate alla riduzione della vulnerabilita' delle opere e del rischio per la pubblica incolumita' e, su dichiarazione del progettista, coerentemente con le azioni, le misure e la pianificazione degli interventi di emergenza di protezione civile previste dal presente piano e dai piani di protezione civile comunali, secondo le indicazioni dell'Allegato F. 3. Nelle aree a rischio idraulico medio e moderato si applicano le disposizioni del Titolo IV relative alla disciplina delle fasce fluviali secondo i criteri stabiliti nell'articolo 33, commi 2 e 3. Art. 18 Interventi consentiti nelle aree a rischio idraulico medio. 1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 8, commi 5 e 6, e dalle disposizioni del Titolo IV, nelle aree a rischio idraulico medio sono consentiti tutti gli interventi previsti dagli strumenti urbanistici. 2. Gli interventi di cui al comma 1 sono soggetti a previo studio di compatibilita' idrogeologica. 3. I vincoli di cui ai precedenti commi non concernono gli interventi e le opere pubbliche per cui alla data di adozione del piano siano stati iniziati i lavori. Art. 19 Interventi consentiti nelle aree a rischio idraulico moderato. 1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 8, commi 5 e 6 e dalle disposizioni del Titolo IV, nelle aree a rischio idraulico moderato gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, i cambiamenti di destinazione d'uso, gli interventi di nuova costruzione e la realizzazione di nuovi impianti, opere ed infrastruttutre pubbliche o di interesse pubblico sono quelli previsti dagli strumenti urbanistici e dai piani di settore. TITOLO III AREE A RISCHIO DA FRANA CAPO I. DEFINIZIONE ED INDIVIDUAZIONE DELLE AREE A DIVERSO GRADO DI SUSCETTIVITA' AL DISSESTO-PERICOLOSITA' 1. Il Piano definisce, in funzione delle caratteristiche di dissesto del territorio, le aree caratterizzate da diverso grado di suscettivita' al dissesto, rispetto alle quali si sono impostate le attivita' di programmazione contenute nel Piano. Le aree sono individuate nella "Carta della pericolosita'". 2. Le aree a diverso grado di pericolosita' sono cosi' definite: - PERICOLOSITA' ALTA. Aree caratterizzate dalla presenza di fenomeni di dissesto attivi, da fenomeni di dissesto attualmente quiescenti, ma con elevata probabilita' di riattivazione per la presenza di evidenze manifeste di fenomeni di dissesto potenziale o per la concomitanza di piu' fattori con caratteristiche fortemente predisponenti al dissesto (acclivita', spessori consistenti di depositi sciolti di copertura, caratteristiche strutturali del substrato roccioso, caratteristiche idrogeologiche e contrasti di permeabilita', condizioni attuali di uso del suolo), da immediata prossimita' ad aree in dissesto attivo o con elevata probabilita' di riattivazione, nonche' aree potenzialmente interessate da transito ed accumulo di flussi detritico-fangosi e/o blocchi rocciosi. Aree interessate da fenomeni franosi con velocita' di movimento rapida (V >1,8 mt/sec. ). - PERICOLOSITA' MEDIA. Aree caratterizzate dalla presenza di fenomeni di dissesto quiescenti e/o inattivi, da limitate evidenze di fenomeni di dissesto potenziale o dalla concomitanza di piu' fattori predisponenti al dissesto (acclivita', spessori consistenti di depositi sciolti di copertura, caratteristiche strutturali del substrato roccioso, caratteristiche idrogeologiche e contrasti di permeabilita', condizioni attuali di uso del suolo), da prossimita' ad aree in dissesto attivo o potenzialmente riattivabile. Aree interessate da fenomeni franosi con velocita' di movimento media (V 18 mm/sec < V < 1,8 mt/sec). - PERICOLOSITA' BASSA. Aree caratterizzate da scarse evidenze di fenomeni di dissesto potenziale o dalla presenza di alcuni fattori predisponenti al dissesto (acclivita', spessori consistenti di depositi sciolti di copertura, caratteristiche strutturali del substrato roccioso, caratteristiche e contrasti di permeabilita', condizioni attuali di uso del suolo, prossimita' ad aree interessate da dissesto). Aree interessate da fenomeni franosi con velocita' di movimento lenta (V < 18 mm/sec). - PERICOLOSITA' IRRILEVANTE. Aree di ambito collinare o montuoso in cui non si rilevano evidenze di dissesto in atto o potenziale, che non sono soggette agli effetti di fenomeni di dissesto presenti in aree adiacenti e nelle quali non si rilevano fattori predisponenti al dissesto (acclivita', spessori consistenti di depositi sciolti di copertura, caratteristiche strutturali del substrato roccioso, caratteristiche e contrasti di permeabilita', condizioni attuali di uso del suolo, prossimita' ad aree interessate da dissesto). CAPO II. PRESCRIZIONI COMUNI PER LE AREE A RISCHIO DA FRANA Art. 20 Disposizioni generali per le aree a rischio da frana e per gli interventi ammissibili. 1. Gli elaborati tecnici individuati nell'articolo 2 delle presenti norme definiscono per il bacino idrografico Interregionale del Fiume Sele le aree a rischio da frana molto elevato (R4) , elevato (R3), medio (R2) e moderato (R1). 2. In tutte le aree a rischio da dissesti di versante si applicano, oltre a quelle del presente Titolo III, le disposizioni del Titolo IV relative alla disciplina delle aree di pericolo da dissesti di versante, secondo i criteri stabiliti nell'articolo 33, commi 2 e 3. 3. Nelle aree a rischio da frana continuano a svolgersi le attivita' antropiche ed economiche esistenti alla data di adozione del piano stralcio osservando le cautele e le prescrizioni disposte dal presente Titolo III, Capi II, III e IV. 4. Nelle stesse aree sono consentiti esclusivamente i nuovi interventi indicati nei Capi II, III e IV del presente Titolo III, anche in riferimento ai paragrafi 3. 2. a) e 3. 2. b) del D. P. C. M. 29 settembre 1998, nel rispetto delle condizioni e delle prescrizioni generali stabilite nei commi seguenti e nello studio di compatibilita' idrogeologica di cui all'articolo 48. 5. Tutte le nuove attivita', opere e sistemazione e tutti i nuovi interventi consentiti nelle aree a rischio da frana con riferimento al territorio del Bacino Interregionale del Fiume Sele devono essere conformi alle leggi di settore, alle norme in materia di realizzazione delle opere pubbliche e alle norme di tutela ambientale, nonche' alle disposizioni degli strumenti urbanistici adottati o vigenti nello Stato, nella Regione Campania e nella Regione Basilicata. 6. Tutte le nuove attivita', opere e sistemazioni e tutti i nuovi interventi consentiti nelle aree a rischio da frana devono essere tali da non superare mai il livello di rischio sostenibile nella situazione attuale del territorio. Devono essere quindi tali da: A. migliorare o comunque non aggravare le condizioni di sicurezza del territorio e di difesa delsuolo; B. non costituire in nessun caso un fattore di aumento del rischio da frana o colata detritica, attraverso significative e non compatibili trasformazioni del territorio nelle aree interessate; C. non compromettere la stabilita' dei versanti; D. non costituire elemento pregiudizievole all'attenuazione o all'eliminazione definitiva delle specifiche cause di rischio esistenti; E. non pregiudicare le sistemazioni definitive delle aree a rischio ne' la realizzazione degli interventi previsti dalla pianificazione di bacino o dagli strumenti di programmazione provvisoria e urgente; F. garantire condizioni adeguate di sicurezza durante la permanenza del cantiere, in modo che i lavori si svolgano senza creare, neppure temporaneamente, un significativo aumento del livello di rischio o del grado di esposizione al rischio esistente; G. impiegare modalita' esecutive tali da limitare l'impermeabilizzazione superficiale del suolo, controllando la ritenzione temporanea delle acque attraverso adeguate reti di regimazione e di drenaggio; H. impiegare ove possibile tecniche a basso impatto ambientale e di ingegneria naturalistica (vedi allegato tecnico "I"). I. salvaguardare le risorse idriche del sottosuolo e del soprassuolo, con particolare riferimento alle riserve regolatrici e geologiche delle falde, nonche' al minimo deflusso vitale dei corsi d'acqua. 7. Per gli interventi consentiti sul patrimonio edilizio esistente nelle aree a rischio da frana sono richiamate le definizioni di cui all'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, come eventualmente integrate dalle norme di settore regionale emanate. Art. 21 Studio di compatibilita' idrogeologica nelle aree a rischio da frana. 1. I progetti di cui all'art. 7, per nuovi interventi, nuove opere e nuove attivita' consentiti nelle aree delimitate a rischio da frana molto elevato ed elevato, sono accompagnati dallo studio di compatibilita' idrogeologica di cui all'art. 48, preventivamente sottoposti al parere dell'Autorita' di Bacino la quale verifica che gli interventi proposti non aumentino le attuali condizioni di rischio e non siano pregiudizievoli alla eliminazione delle situazioni di rischio. Sono fatte salve le fattispecie in cui lo studio di compatibilita' idrogeologica e' espressamente escluso dalle norme del presente Titolo III, Capi II e III. 2. Nelle aree a rischio medio e/o moderato da frana lo studio di compatibilita' idrogeologica deve essere prodotto solo nelle fattispecie in cui e' espressamente richiesto dalla norme del presente Titolo III, Capo IV. CAPO III. LE AREE A RISCHIO MOLTO ELEVATO DA FRANA Art. 22 Interventi consentiti nelle aree a rischio molto elevato da frana. 1. Nelle aree a rischio molto elevato da frana del bacino idrografico Interregionale del Fiume Sele sono consentiti esclusivamente gli interventi e le attivita' espressamente ammessi ai sensi del presente Titolo III. 2. Nelle aree a rischio molto elevato da dissesti di versante si applicano le disposizioni del Titolo IV relative alla disciplina delle aree di pericolo da dissesti di versante secondo i criteri stabiliti nell'articolo 33, commi 2 e 3. Art. 23 Opere di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi e dei dissesti di versante, interventi di sistemazione ambientale per la riduzione del rischio da frana. 1. Nelle aree perimetrate a rischio molto elevato da frana sono ammessi: A. gli interventi di bonifica e di sistemazione delle aree di possibile innesco e sviluppo dei fenomeni di dissesto nonche' le opere di difesa attiva e passiva; B. gli interventi di sistemazione e miglioramento ambientale finalizzati a ridurre i rischi, a condizione che siano compatibili con la stabilita' dei terreni e favoriscano, tra l'altro, la ricostruzione dei processi e degli equilibri naturali, la ricostituzione della vegetazione spontanea autoctona; C. gli interventi urgenti degli Enti preposti alla difesa del suolo e di protezione civile competenti per la salvaguardia di persone e beni a fronte di eventi pericolosi o situazioni di rischio eccezionale. 2. Per tutte le opere ed interventi di cui sopra, bisognera' attenersi alle direttive di cui all'allegato tecnico "I", laddove le condizioni ambientali e tipologiche, risultino compatibili con l'utilizzo di tali soluzioni. Art. 24 Interventi consentiti sul patrimonio edilizio: demolizione di edifici senza ricostruzione, manutenzione ordinaria di edifici, opere per mitigare la vulnerabilita' degli edifici. 1. Ferme restando le disposizioni generali per gli interventi ammissibili nelle aree a rischio da frana di cui all'articolo 20, tutti gli interventi di cui al presente articolo devono essere attuati senza aumenti di superficie o volume entro e fuori terra e senza aumento del carico urbanistico. 2. Nelle aree perimetrate a rischio molto elevato da frana sono esclusivamente consentiti in relazione al patrimonio edilizio esistente: A. la demolizione di edifici senza ricostruzione, senza che sia richiesto uno studio di compatibilita' idrogeologica; B. la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici, senza che sia richiesto uno studio di compatibilita' idrogeologica. C. gli interventi finalizzati a mitigare la vulnerabilita' di edifici e costruzioni; D. l'installazione di impianti tecnologici irrinunciabili a giudizio dell'autorita' competente per la concessione o l'autorizzazione, posti a servizio di edifici o di attrezzature esistenti, unitamente alla realizzazione di volumi tecnici connessi, purche' si tratti di interventi conformi agli strumenti urbanistici; E. gli interventi di adeguamento igienico-sanitario degli edifici ad uso residenziale, purche' diretti all'osservanza di obblighi sanitari stabiliti da norme di legge, senza necessita' di studio di compatibilita' idrogeologica; F. gli interventi di sistemazione e manutenzione di superfici scoperte di edifici esistenti (rampe, muretti, recinzioni, opere a verde e simili), senza necessita' dello studio di compatibilita' idrogeologica; G. i mutamenti di destinazione d'uso, a condizione che gli stessi non comportino aumento del rischio, inteso quale incremento di uno o piu' fattori che concorrono a determinarlo; H. restauro e risanamento conservativo. 3. Gli interventi di cui al presente articolo sono ammessi, alle medesime condizioni, per l'adeguamento degli edifici alle norme vigenti in materia di eliminazione delle barriere architettoniche ed in materia di sicurezza del lavoro. 4. Gli interventi di cui ai precedenti commi sono realizzabili in edifici pubblici anche al fine di migliorare la tutela dell'incolumita' pubblica, con l'osservanza delle medesime condizioni e con la possibilita' di realizzare volumi tecnici compatibili. 5. Sono ammessi gli interventi di ricostruzione di edilizia pubblica e privata non delocalizzabili (anche quelli di cui alle leggi 219/81 e 47/85 e succ. mod. ed int. ) e che prevedano preventivamente eventuali interventi di recupero statico della porzione di territorio sottesa all'area in esame, risultati necessari da specifici studi geologici, geomorfologici ed idrogeologici, se inseriti in appositi programmi integrati, di iniziativa delle amministrazioni locali. 6. Sono ammessi gli interventi di sistemazione di cui al comma 2 relativi all'edilizia pubblica e privata non delocalizzabile, autorizzati o in corso di autorizzazione ai sensi della stessa legge n. 219/1981 alla data di entrata in vigore delle presenti norme. Art. 25 Opere e infrastrutture a rete o puntuali pubbliche e di interesse pubblico; manutenzione ordinaria e straordinaria. Realizzazione, ampliamento, ristrutturazione. 1. Nelle aree perimetrate a rischio molto elevato da frana sono ammessi esclusivamente: A. gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere e infrastrutture a rete o puntuali pubbliche e di interesse pubblico. B. gli interventi di adeguamenti degli impianti esistenti di depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti, principalmente per aumentarne le condizioni di sicurezza e igienico-sanitarie di esercizio o per acquisire innovazioni tecnologiche. C. gli interventi di edilizia cimiteriale, a condizione che siano realizzati negli spazi interclusi e nelle porzioni libere degli impianti esistenti; D. la realizzazione di sottoservizi a rete interessanti tracciati stradali esistenti. I relativi studi di compatibilita' idrogeologica devono essere predisposti per i soli sottoservizi che comportano opere significative; E. l'esecuzione di opere di allacciamento alle reti principali; F. la realizzazione, l'ampliamento o la ristrutturazione delle opere e delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico che non abbiano natura di opere puntuali e che siano riferite a servizi pubblici essenziali non delocalizzabili o per le quali il progetto sottoposto all'approvazione dell'Autorita' competente dimostri l'assenza di alternative tecnicamente ed economicamente sostenibili, e sempre a condizione che risultino coerenti con la pianificazione degli interventi di emergenza di protezione civile ed a condizione che siano realizzate idonee opere di mitigazione o eliminazione del rischio ed inoltre a condizione di essere sottoposte ad una valutazione tecnico-economica di congruita'. Non sono in ogni caso consentite le realizzazioni di opere pubbliche o di interesse pubblico quali scuole, edifici religiosi, ed altre opere di urbanizzazione secondaria, di edilizia residenziale pubblica, insediamenti produttivi, ne' le opere a rete a servizio di nuovi insediamenti previsti dai piani di insediamenti produttivi e dai piani di edilizia economica e popolare. Art. 26 Casi di esclusione. 1. I vincoli di cui al precedente articolo non concernono le opere pubbliche per le quali alla data di adozione del piano siano stati iniziati i lavori. 2. Gli interventi consentiti dal precedente articolo sono coerenti con la pianificazione degli interventi di emergenza in materia di protezione civile ed osservano le altre condizioni generali di cui all'articolo 20. CAPO IV. LE AREE A RISCHIO ELEVATO DA FRANA Art. 27 Interventi consentiti nelle aree a rischio elevato da frana 1. Nelle aree a rischio elevato da frana del bacino idrografico interregionale del fiume Sele sono consentiti esclusivamente gli interventi e le attivita' espressamente ammessi ai sensi del presente Titolo III. 2. Nelle aree a rischio elevato da frana sono consentiti, alle medesime condizioni generali per queste stabilite dall'articolo 20, tutti gli interventi e le attivita' possibili nelle aree a rischio molto elevato nonche' quelli indicati nei seguenti articoli del presente Titolo III, Capo IV. 3. Nelle aree a rischio elevato da dissesti di versante si applicano le disposizioni del Titolo IV relative alla disciplina delle aree di pericolo da dissesti di versante secondo i criteri stabiliti nell'articolo 33, commi 2 e 3. Art. 28 Ulteriori interventi consentiti su patrimonio edilizio: manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, ampliamento per adeguamento igienico-sanitario. 1. Purche' siano soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 20 e subordinatamente alle conclusioni dello studio di compatibilita' idrogeologica, nelle aree ad elevato rischio da frana sono consentiti sul patrimonio edilizio esistenti: A. gli interventi di manutenzione straordinaria; B. le opere di restauro e risanamento conservativo; C. gli ampliamenti di edifici esclusivamente per motivate necessita' di adeguamento igienico-sanitario valutate e certificate espressamente nel provvedimento di concessione. CAPO V. LE AREE A RISCHIO MEDIO E MODERATO DA FRANA Art. 29 Interventi consentiti nelle aree a rischio medio e moderato da frana. 1. Nelle aree a rischio medio e moderato da frana sono consentiti tutti gli interventi e le attivita' possibili nelle aree a rischio molto elevato ed elevato, alle medesime condizioni generali per queste stabilite dall'articolo 20, nonche' quelli indicati nei seguenti articoli 30 e 31. 2. Tutti gli interventi ammessi nelle aree a rischio medio e moderato da frana: A. sono realizzati con tipologie costruttive finalizzate alla riduzione della vulnerabilita' delle opere e del rischio per la pubblica incolumita' e, su dichiarazione del progettista, coerentemente con le azioni, le misure e la pianificazione degli interventi di emergenza di protezione civile previste dal presente piano e dai piani di protezione civile comunali, secondo le indicazioni dell'allegato E. B. sono corredati da indagini geologiche e geotecniche, ai sensi della normativa in vigore estese ad un ambito morfologico o a un tratto di versante significativo. 2. Nelle aree a rischio medio e moderato da dissesti di versante si applicano le disposizioni del Titolo IV relative alla disciplina delle aree di pericolo da dissesti di versante secondo i criteri stabiliti nell'articolo 33, commi 2 e 3. Art. 30 ce; Ulteriori interventi consentiti nelle aree a rischio medio da frana. 1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 20, commi 5 e 6, e dalle disposizioni del Titolo IV, nelle aree a rischio medio da frana sono consentiti tutti gli interventi previsti dagli strumenti urbanistici. 2. Gli interventi di cui al comma 1 sono soggetti a previo studio di compatibilita' idrogeologica. Art. 31 Ulteriori interventi consentiti nelle aree a rischio moderato da frana 1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 20, commi 5 e 6, e dalle disposizioni del Titolo IV gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, i cambiamenti di destinazione d'uso, gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica e la realizzazione di nuovi impianti, opere ed infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico sono quelli previsti dagli strumenti urbanistici e dai piani di settore. TITOLO IV DISPOSIZIONI PER LA TUTELA DAL PERICOLO IDROGEOLOGICO CAPO I. LE PRESCRIZIONI COMUNI PER LE AREE DI PERICOLO IDROGEOLOGICO. Art. 32 Finalita' e contenuti. 1. Le disposizioni del presente Titolo IV contengono prescrizioni generali e specifiche, vincoli puntuali e vincoli di obiettivo, nonche' linee guida in materia di assetto e gestione del territorio, destinazioni di uso del suolo, criteri di realizzazione di interventi e modalita' di esercizio di attivita' economiche o altre attivita' antropiche allo scopo di assicurare la prevenzione dai pericoli idrogeologici nel bacino del fiume Sele e di impedire la nascita di nuove situazioni di rischio a carico degli elementi definiti vulnerabili dal D. P. C. M. 29 settembre 1998 e/o dal presente piano stralcio. 2. Le disposizioni di questo Titolo IV si applicano quindi nelle aree complessivamente individuate nelle cartografie della pericolosita' del piano stralcio come aree caratterizzate da pericolo idrogeologico, indipendentemente dal fatto che in esse siano perimetrate aree a rischio. 3. Le disposizioni del presente Titolo IV si applicano anche in tutte le tipologie di zone a rischio idraulico e da dissesti di versante delimitate dal piano ai sensi dei Titoli II e III, indipendentemente dalla classe di rischio attribuita, fatte salve le specificazioni espressamente formulate dagli articoli seguenti. 4. Le aree di pericolo idrogeologico nel bacino interregionale del Sele ai sensi del precedente comma sono identificate negli elaborati tecnici di cui all'articolo 2 e sono: A. l'alveo della piena ordinaria; B. le fasce fluviali delle categorie A,B e C; C. le aree di pericolo da esondazione non comprese nelle fasce fluviali; D. le aree di pericolo molto elevato, elevato, medio e basso da dissesti di versante. Art. 33 Disposizioni generali 1. Nelle aree caratterizzate da pericolo idrogeologico continuano a svolgersi le attivita' antropiche ed economiche esistenti alla data di adozione del piano stralcio osservando le cautele, le prescrizioni ed i vincoli stabiliti dalle presenti norme di attuazione. 2. Nelle aree individuate, delimitate e perimetrate dal presente piano stralcio le prescrizioni relative alle aree caratterizzate da pericolo idrogeologico e le prescrizioni relative alle aree a rischio idrogeologico si applicano ciascuna in funzione della rispettiva specifica finalita'. 3. Le disposizioni piu' restrittive, tra quelle di cui al comma precedente, prevalgono sempre su quelle meno restrittive. 4. Tutte le nuove attivita', opere e sistemazioni e tutti i nuovi interventi avviati nelle aree caratterizzate da pericolo idrogeologico devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo 8, commi 4-6, e all'articolo 20, commi 4-6. 5. Le disposizioni del presente Titolo IV sono rese a cura dell'Autorita' di Bacino Interregionale del Sele e perseguono le finalita' dei piani, dei parchi nazionali presenti sul territorio, in quanto dirette alla tutela e alla zonizzazione di tali aree. 6. Per tutti i nuovi interventi e le nuove opere consentiti nelle fasce fluviali A e B nonche' nelle aree di pericolo molto elevato ed elevato da dissesti di versante lo studio di compatibilita' idraulica o idrogeologica verifica che non vengano create: a) nuove condizioni di rischio incompatibili con il rischio sostenibile di cui agli articoli 8, comma 6 e articolo 20, comma 6; b) nuove condizioni di rischio appartenenti ad una classe di rischio piu' gravosa di quella esistente nella corrispondente area di pericolo. Per tutti i nuovi interventi e le nuove opere consentiti nelle fasce fluviali C e nelle aree di pericolo medio e basso da dissesti di versante, tale verifica e' effettuata dallo studio di compatibilita', ove previsto, ovvero dal provvedimento di autorizzazione o concessione dell'autorita' competente. 7. In tutte le fasce fluviali nelle aree esterne ai perimetri urbani, ogni riferimento contenuto nelle presenti norme alle fasce di rispetto si intende riferito a fasce di territorio profonde almeno quanto la larghezza della porzione interessata del corso d'acqua misurata dal limite piu' esterno della sponda o dal piede arginale, e comunque non inferiore a 10 metri. 8. In tutte le fasce fluviali, nei locali interrati o comunque posti sotto il livello della piena di riferimento e' vietato detenere macchinari elettrici, sostanze tossiche o nocive, materiali d'uso potenzialmente inquinanti. L'uso e la fruizione dei predetti locali sono comunque subordinati all'adozione dei Piani di Protezione Civile e del relativo sistema di monitoraggio e allerta. Art. 34 Criteri e linee guida per le azioni di riqualificazione ambientale e di recupero naturalistico nelle fasce fluviali e nelle aree di pericolo da dissesti di versante 1. Gli interventi di riqualificazione e recupero ambientale promossi dall'Autorita' di Bacino e dalle amministrazioni competenti nelle aree di interesse del piano stralcio rispondono alle finalita' di ripristinare le zone umide, sviluppare la biodiversita' e le specie vegetali autoctone, rispettare i processi naturali spontanei. 2. Con riferimento alle fasce fluviali A e B, in particolare, l'Autorita' di Bacino Interregionale del Sele promuove ogni utile iniziativa, con i comuni e i soggetti interessati, per acquisire ed utilizzare aree utili per l'incremento e la realizzazione di zone di esondazione controllata. Art. 35 Tutela e gestione quantitativa delle risorse idriche. 1. Nell'alveo di piena ordinaria sono consentite esclusivamente le derivazioni idriche superficiali, per le stesse finalita' di cui al successivo comma. 2. In attesa della definizione del piano di tutela e gestione della risorsa idrica, nelle fasce fluviali A e B, nelle aree a rischio idraulico molto elevato ed elevato, nelle aree di pericolo molto elevato ed elevato da dissesti di versante, ogni nuova captazione o derivazione di risorse idriche superficiali e sotterranee puo' essere consentita solo per gli usi potabili, per gli usi dell'agricoltura tradizionale o comunque gia' esistente, per gli usi connessi alle attivita' agrosilvopastorali, per il rifornimento di serbatoi antincendio. 3. In applicazione dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 275/1993 e dell'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 152/1999, le domande per autorizzazione a ricerca e concessioni di risorse idriche, i fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche tenendo conto delle indicazioni derivanti dal piano stralcio per l'assetto idrogeologico, dovranno essere uniformate alla direttiva emanata da questa Autorita' di Bacino e depositata presso le competenti province. Art. 36 Esercizio delle attivita' agricole. 1. In tutte le fasce fluviali, entro la fascia di rispetto di 10 metri dalle sponde o dai piedi degli argini dei corsi d'acqua e' vietato l'esercizio dell'agricoltura. 2. Nelle fasce fluviali A e B ed in tutte le aree pericolose per dissesti di versante, mediante l'avvio di progetti compresi nel programma triennale di interventi di cui all'articolo 52: A. i metodi di irrigazione non compatibili con le esigenze dell'equilibrio idrogeologico dei terreni, individuati dall'Autorita' di Bacino, sono sostituiti entro due anni dall'adozione del Piano; B. sono incentivate le colture ad alto fusto e le colture estensive anche prative; C. sono incentivate le colture, frutticole e le altre che non impegnino tutta la superificie del terreno agricolo esistente lungo i versanti collinari fino alla quota media di metri 400. 3. L'Autorita' di Bacino Interregionale promuove azioni coordinate con altri enti pubblici, con l'obiettivo di inserire aziende agricole delle aree oggetto del Piano all'interno del quadro comunitario di misure agroambientali, previste nell'ambito dei programmi per l'impiego dei fondi strutturali 2000-2006, in particolare allo scopo di: a) contenere gli effetti negativi di alcune tecniche agricole sull'equilibrio idrogeologico dei terreni; b) avviare sperimentazioni di turnazioni di riposo nella lavorazione dei terreni; c) ristrutturare i sistemi irrigui; d) trasformare determinati seminativi in prati permanenti o pascoli. Art. 37 Esercizio delle attivita' silvocolturali. 1. In tutte le fasce fluviali, entro la fascia di rispetto di dieci metri dalle sponde o dai piedi degli argini dei corsi d'acqua e' vietato il taglio della vegetazione riparia naturale. 2. Nelle fasce fluviali A e B e nelle aree di pericolo molto elevato ed elevato da dissesti di versante, il taglio dei boschi o di singoli individui arborei isolati o di sistemi di siepi naturali di qualunque eta' ed altezza, e' consentito esclusivamente per la realizzazione degli interventi previsti dalle presenti norme di attuazione e nei casi di colture arboree da frutto o da legno regolati da norme di settore vigenti. Il patrimonio forestale esistente e' orientato verso l'assetto ad alto fusto mantenendo le radure. 3. In tutte le aree di interesse del piano stralcio sono ammesse le opere di miglioramento del patrimonio forestale. I rimboschimenti devono avere forma ed andamento irregolari ogni qualvolta l'andamento e le caratteristiche dei terreni lo consentano e non devono aumentare le condizioni di pericolo o di rischio. Art. 38 Contenuto dei piani di assestamento forestale 1. I vigenti piani di assestamento forestale raccolgono l'indicazione dei precedenti commi, disciplinano i lavori di sistemazione idraulico-forestale e non ammettono altre attivita' o interventi incompatibili con le condizioni di rischio o di pericolo. Art. 39 Modalita' generali di uso del territorio in rapporto con gli strumenti urbanistici generali ed attuativi. 1. In tutte le fasce fluviali A e B e in tutte le aree di pericolo molto elevato, elevato da dissesti di versante coperte da vegetazione arborea e' inibita qualsiasi trasformazione dello stato dei luoghi (comma 1, art. 37). 2. Ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m), della legge n. 183/1989, in tutte le fasce fluviali, nelle aree di pericolo da esondazione non comprese nelle fasce fluviali, in tutte le aree delimitate a pericolo da dissesti di versante, compresi i centri edificati, le autorizzazioni e le concessioni edilizie nonche' gli atti di adozione ed approvazione degli strumenti urbanistici o di settore, fermo restando quanto disposto nei Titoli II e III, prendono espressamente in considerazione e valutano le scelte anche in funzione dei pericoli e dei rischi segnalati dal presente piano stralcio. Art. 40 Disciplina delle attivita' estrattive. 1. In preparazione del parere di cui all'articolo 7, punto E, il piano di settore della Regione Campania e della Regione Basilicata in materia di attivita' estrattive e' sottoposto ad uno studio di compatibilita' idraulica e idrogeologica ai sensi degli articoli 43 e 48 delle presenti norme di attuazione. Nello stesso Piano, di concerto con le Regioni Campania e Basilicata, vengono stabiliti i criteri e le linee guida degli interventi di ripristino e sistemazione delle aree estrattive, anche in corso di coltivazione, per quanto attiene agli interessi della tutela dal pericolo idrogeologico. 2. Il piano regionale di settore assicura che tutte le attivita' estrattive, limitino per quanto possibile il consumo di suolo, adottino prevalentemente i metodi della coltivazione in sotterraneo e provvedano alla mitigazione degli impatti ed al ripristino ambientale delle aree di coltivazione normalmente in modo graduale e progressivo secondo lo sviluppo delle estrazioni, curando i rimodellamenti del suolo secondo la morfologia dei luoghi (allegato I). 3. I depositi temporanei di materiali estrattivi non costituenti rifiuti ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche ed integrazioni sono consentiti nelle sole fasce fluviali C e nelle aree a rischio idrogeologico medio e moderato, purche' all'interno delle aree di estrazione autorizzate ed operative, conformemente alle autorizzazioni ottenute ed a condizione che l'esistenza e le modalita' di costituzione dei depositi ed i relativi termini siano comunicati all'Autorita' di Bacino. 4. Nelle aree perimetrate a rischio idraulico molto elevato e nelle aree a rischio da frana molto elevato, negli alvei di piena ordinaria e nelle fasce fluviali A, l'estrazione di materiali litoidi cessa entro un anno dall'entrata in vigore del presente Piano, a meno che non si tratti di estrazioni collegate ad interventi necessari alla messa in sicurezza delle aree, al mantenimento ed al ripristino della sezione utile di deflusso, alla conservazione dell'efficienza delle opere idrauliche, alla tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico delle aree circostanti, in conformita' con la normativa di settore vigente. 5. Per le aree perimetrate a rischio idraulico molto elevato ed elevato, a rischio da frana molto elevato ed elevato e nelle fasce fluviali A e B, l'Autorita' di Bacino richiede alle Autorita' regionali competenti la sospensione di tutte le attivita' estrattive in corso, comprese quelle di materiali litoidi dalle zone di alveo, dalle quali derivi un grave pericolo di dissesto capace di mettere a rischio la sicurezza delle persone e degli insediamenti, fino alla realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio, salvi gli altri provvedimenti previsti dall'articolo 1, comma 5 bis, del decreto legge n. 180/1998, convertito con modificazioni nella legge 267/1998, e successive modifiche ed integrazioni. 6. Nelle aree perimetrate a rischio idraulico molto elevato ed elevato, a rischio da frana molto elevato ed elevato, negli alvei di piena ordinaria, nelle fasce fluviali A e B e nelle aree di pericolo molto elevato ed elevato da dissesti di versante e' inibito l'aumento di produzione delle attivita' estrattive esistenti. Le attivita' estrattive relative alla geotermia e alla ricerca degli idrocarburi, dovranno essere preventivamente subordinate ad uno studio di compatibilita' idrogeologica sottoposto al parere obbligatorio di questa Autorita' di Bacino. 7. Nelle aree oggetto del piano, l'escavazione di materiale sciolto o litoide a fini di ricerca archeologica e' ammessa previo studio di compatibilita' idraulica e idrogeologica e a condizione di ricollocare il materiale scavato nello stesso sito o nella stessa zona di scavo. 8. Le aree di cava abbandonate, quelle chiuse ed in corso di dismissione in attuazione del presente piano sono assoggettate ad interventi di messa in sicurezza e ripristino ambientale in applicazione delle normative regionali di settore. 9. Per tutto quanto non previsto nel presente articolo si rimanda al R. D. 29 luglio 1927, n. 1443 ed a tutta la normativa, anche regionale, vigente in materia. CAPO II. LA DISCIPLINA SPECIFICA DELLE FASCE FLUVIALI Art. 41 Disciplina delle aree delimitate da fasce fluviali 1. Nell'alveo di piena ordinaria il Piano persegue gli obiettivi di assicurare il deflusso della piena ordinaria, di garantire il mantenimento e/o il recupero delle condizioni di equilibrio dinamico dell'alveo, di favorire ovunque possibile l'evoluzione naturale del fiume in rapporto alle esigenze di stabilita' delle difese idrauliche e delle opere d'arte, di garantire il minimo deflusso vitale in periodi di magra. Ai sensi dell'art. 822 del codice civile, l'alveo di piena ordinaria appartiene al demanio pubblico (circolare Min. LL. PP. 28/02/07, n. 780). All'alveo di piena ordinaria si applicano le norme prescritte dagli articoli 93 - 98 del T. U. 523/1904 - capo VII - Polizia delle acque pubbliche. Nell'alveo di piena ordinaria non sono consentiti: A. interventi di nuova edificazione, di ampliamento dei manufatti esistenti e di recupero del patrimonio edilizio esistente eccedenti quelli di manutenzione ordinaria come definita dalla lett. a), comma 1, dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, salve le demolizioni senza ricostruzioni e gli interventi di rimozione di manufatti esistenti; B. l'installazione di manufatti anche non qualificabili come volumi edilizi e la sistemazione di aree che comportino la permanenza o la sosta di persone; C. scavi e posa in opera di cavi, tubazioni o similari, che comportino possibili interferenze con l'assetto fluviale o precludano la possibilita' di attenuare o di eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio; D. depositi di materiale e rifiuti di qualsiasi genere; E. opere di regimazione idraulica o altri interventi che restringano l'alveo, salvo quelle necessarie ad ovviare a situazioni di pericolo ed a tutelare la pubblica e privata incolumita'; F. le plateazioni, le deviazioni, le rettificazioni, salvo quelle necessarie ad ovviare a situazioni di pericolo ed a tutelare la pubblica e privata incolumita'. 2. Nella fascia A il Piano persegue gli obiettivi di assicurare il deflusso della piena di riferimento, di garantire il mantenimento e/o il recupero delle condizioni di equilibrio dinamico dell'alveo, di salvaguardare gli ambienti naturali, prossimi all'alveo, da qualsiasi forma di inquinamento, di favorire ovunque possibile l'evoluzione naturale del fiume in rapporto alle esigenze di stabilita' delle difese idrauliche e delle opere d'arte, rendendo le sponde piu' stabili, limitando la velocita' della corrente, evitando che i materiali di deriva creino, in caso di esondazione, ostacolo al deflusso delle acque e trasporto di eccessivi materiali solidi. Nella fascia A e nella sottofascia B1 non sono consentiti: A. interventi di nuova edificazione, di ampliamento dei manufatti esistenti, e di recupero del patrimonio edilizio esistente eccedenti quelli di restauro o risanamento conservativo come definito dalla lett. c), comma 1, dell'art. 31 della legge n. 457/78, fermo restando che gli interventi ammessi sul patrimonio edilizio esistente non devono comunque aumentarne la vulnerabilita' rispetto ad eventi alluvionali e non devono comportare cambi di destinazione d'uso, che aumentino il carico insediativo anche temporaneo; B. l'installazione di manufatti anche non qualificabili come volumi edilizi e la sistemazione di aree che comportino la permanenza o la sosta di persone, salvo gli interventi inseriti nell'ambito di parchi urbani o di aree di verde attrezzato, come individuati dagli strumenti urbanistici comunali, i cui progetti prevedano l'assunzione delle azioni e delle misure di protezione civile di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile, purche' corredati da parere positivo dell'Autorita' di Bacino; C. la realizzazione di nuove infrastrutture, ad eccezione di quelle pubbliche o di interesse pubblico essenziali e non delocalizzabili, purche' non concorrenti ad incrementare le condizioni di rischio, progettate sulla base di uno specifico studio di compatibilita' idraulica e sottoposte al parere vincolante dell'Autorita' di Bacino; D. interventi di manutenzione, ampliamento o ristrutturazione di infrastrutture pubbliche esistenti, salvo quelli progettati sulla base di uno specifico studio di compatibilita' idraulica, sottoposti al parere vincolante dell'Autorita' di Bacino, che non aumentino le condizioni di rischio, ed in relazione ai quali risultino assunte le azioni e misure di protezione civile di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile; E. l'installazione di impianti di smaltimento rifiuti (incluse discariche, depositi a cielo aperto di materiali o di rifiuti di qualsiasi genere). Nella fascia A e nella sottofascia B1sono, invece, esclusivamente consentiti: A. entro il limite dei 10 mt. dalla sponda nelle aree incolte, gli interventi di rinaturazione finalizzati alla ricostituzione di una zona di vegetazione ripariale come da successivo art. 45. In caso di incerto limite di sponda valgono le norme di cui all'art. 94 del R. D. 523/1904. La zona di rispetto di 10 mt. viene stabilita in attuazione di quanto previsto dall'art. 96, lettera d) dello stesso R. D.. Qualora la fascia A risulti di ampiezza minore di 10 mt. o assente, il divieto si intende esteso anche alle fasce successive fino al raggiungimento di tale ampiezza; B. oltre il limite dei 10 mt. nelle aree incolte, l'impianto di nuove coltivazioni, secondo gli indirizzi proposti al successivo articolo 42; C. nelle aree agricole e/o incolte, la costruzione di baracche con struttura amovibile (ferro e lamiera, legno, etc. ) costituite da un solo piano fuori terra e destinate a rimessa, deposito materiali, o ricovero animali domestici. Tali interventi non sono soggetti al rispetto della normativa tecnica di cui all'allegato D; D. il passaggio di nuove infrastrutture di trasporto (strade ferroviarie etc. ) o di servizio (elettrodotti, acquedotti, reti idriche, metanodotti, collettori fognari etc. ), che debbano necessariamente attraversare il corso d'acqua, con le prescrizioni contenute nell'allegato C e con l'esclusione di ogni opera complementare (caselli autostradali, stazioni ferroviarie, intersezioni, svincoli etc. ); E. le nuove estrazioni di materiale litoide nei modi e nelle forme stabilite nel precedente articolo 40; F. la realizzazione di parchi fluviali. Nella fascia A sono, in particolare, sottoposte a tutela e salvaguardia le zone umide, zone di riserva e zone con vegetazione naturale. Gli Enti locali, gli altri organismi pubblici, nonche' le aziende pubbliche, ciascuno relativamente al territorio e all'ambito delle proprie competenze, hanno l'obbligo di trasmettere semestralmente all'Autorita' di Bacino una relazione illustrante lo stato di tali zone, nonche' le azioni di controllo svolte. 3. Nelle fasce B il Piano persegue gli obiettivi di mantenere e migliorare le condizioni di funzionalita' idraulica ai fini principali dell'invaso e della laminazione delle piene, nonche' di conservare e migliorare le caratteristiche naturali ed ambientali. Nella sottofascia B2 non sono consentiti: A. gli interventi di nuova edificazione nonche' di ristrutturazione urbanistica, come definita dalla lett. e), comma 1, dell'art. 31 della legge 457/78, salvo i casi in cui gli stessi siano basati su uno specifico studio di compatibilita' idraulica e corredati da parere favorevole dell'Autorita' di Bacino, ricadano in contesti di tessuto urbano consolidato, o da completare mediante interventi di integrazione urbanistico-edilizia sempre all'interno di ambiti gia' edificati, e purche' prevedano opportune misure od accorgimenti tecnico-costruttivi di cui all'allegato F, e risultino assunte le azioni e le misure di protezione civile di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile; B. gli interventi di ampliamento dei manufatti esistenti e di recupero del patrimonio edilizio esistente eccedenti la ristrutturazione edilizia come definita dalla lett. d), comma 1, dell'art. 31 della legge n. 457/78, salvo i casi in cui gli stessi siano basati su uno specifico studio di compatibilita' idraulica, ricadano in contesti di tessuto urbano consolidato, o da completare mediante interventi di integrazione urbanistico-edilizia sempre all'interno di ambiti gia' edificati, purche' non aumentino la vulnerabilita' degli edifici stessi rispetto ad eventi alluvionali, anche attraverso l'assunzione di misure e di accorgimenti tecnico-costruttivi di cui all'allegato F, e purche' risultino assunte le azioni e le misure di protezione civile di cui al presente Piano ed ai piani comunali di protezione civile; C. la realizzazione di nuove infrastrutture di qualunque genere, salvo quelle progettate sulla base di uno specifico studio di compatibilita' idraulica sottoposte a parere vincolante da parte dell'Autorita' di Bacino, che non aumentino le condizioni di rischio, e in relazione alle quali risultino assunte le azioni e le misure di protezione civile di cui al presente piano e ai piani comunali di protezione civile. Nella sottofascia B2 sono, invece, esclusivamente consentiti: A. gli interventi consentiti nelle fasce A e B1 e riportati nei precedenti commi; B. la realizzazione di impianti sportivi, per attivita' all'aperto, che non prevedano la presenza di pubblico; C. l'edificazione di singoli corpi di fabbrica ad uso agricolo, zootecnico o agrituristico in aree agricole e/o incolte. Le nuove costruzioni non devono essere destinate ad uso abitativo e/o prevedere la presenza continuata di persone all'interno. Tali edificazioni sono soggette alle prescrizioni contenute nella normativa tecnica; D. ogni opera a servizio di infrastrutture di trasporto e/o di servizio (caselli autostradali, stazioni ferroviarie, intersezioni, svincoli etc. ), con le prescrizioni contenute nella normativa tecnica; E. le nuove edificazioni di tipo residenziale o produttivo, all'interno di aree gia' destinate a tale uso ed individuate in strumenti urbanistici (P. R. G., piani PIP, piani ASI etc. ) con le prescrizioni contenute nella normativa tecnica. Nella sottofascia B3 non sono consentiti: A. gli interventi che comportino una riduzione apprezzabile o una parzializzazione della capacita' di invaso; B. l'installazione di impianti di smaltimento di rifiuti (incluse discariche, depositi a cielo aperto di materiali o di rifiuti di qualsiasi genere). Nella sottofascia B3 sono invece esclusivamente consentiti: A. gli interventi consentiti nella fascia A e nelle sottofasce B1 e B2; B. le nuove costruzioni, purche' realizzate con tipologie costruttive finalizzate alla riduzione della vulnerabilita' e, quindi, del rischio per la pubblica e privata incolumita', e coerenti con le azioni e misure di protezione civile previste dal presente piano e dai piani di protezione civile. Nelle fasce B sono, in particolare, sottoposte a tutela e salvaguardia le zone umide, zone di riserva e zone con vegetazione naturale. Gli Enti locali, gli altri organismi pubblici nonche' le aziende pubbliche, ciascuno relativamente al territorio e all'ambito delle proprie competenze, hanno l'obbligo di trasmettere semestralmente all'Autorita' di Bacino una relazione illustrante lo stato di tali zone nonche' le azioni di controllo svolte. 4. Nella fascia C il Piano persegue l'obiettivo di assicurare un sufficiente grado di sicurezza alle popolazioni e ai luoghi di riferimento, mediante la predisposizione prioritaria, ai sensi della legge 225/92, di Programmi di previsione e prevenzione. Al fine di dare carattere di unitarieta' di indirizzo e di procedure alle pianificazioni provinciali e comunali nelle aree ricadenti nel bacino del fiume Sele, l'Autorita' di Bacino, in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile, le Regioni e le Province interessate, predispone il Programma di previsione e prevenzione per il rischio da alluvioni, tenuto conto delle ipotesi di rischio derivanti dalle indicazioni del presente Piano. I Programmi di previsione e prevenzione per la difesa dalle alluvioni ed i relativi Piani di Emergenza, investono anche i territori individuati come fascia A e come fascia B. Nella fascia C sono, in particolare, sottoposte a tutela e salvaguardia le zone umide, zone di riserva e zone verdi con vegetazione naturale. Gli Enti locali, gli altri organismi pubblici nonche' le aziende pubbliche, ciascuno relativamente al territorio e all'ambito delle proprie competenze hanno l'obbligo di trasmettere semestralmente all'Autorita' di Bacino una relazione illustrante lo stato di tali zone nonche' le azioni di controllo svolte. Nella fascia C e' consentito ogni tipo di intervento purche' realizzato con tipologie costruttive finalizzate alla riduzione della vulnerabilita' delle opere (di cui all'allegato F) e, quindi, del rischio per la pubblica e privata incolumita', e coerenti con le azioni e misure di protezione civile previste dal presente Piano e dai piani di protezione civile comunali. 5. Le norme di attuazione del presente Piano, sostituiscono tutti i precetti, contenuti nelle misure di salvaguardia del Piano straordinario. 6. Il Piano assume l'obiettivo di assicurare la migliore gestione del demanio fluviale. A questi fini l'Amministrazione competente dello Stato e' impegnata a trasmette all'Autorita' di Bacino i documenti di ricognizione, anche catastale del demanio dei corsi d'acqua, nonche' le concessioni relative a detti territori, con le date di rispettiva scadenza. Fatto salvo quanto previsto dalla legge 37/94 per i territori demaniali, le Regioni, le Province, i Comuni, anche riuniti in consorzio formulano progetti di utilizzo con finalita' di recupero ambientale e tutela del territorio in base ai quali esercitano il diritto di prelazione previsto dall'art. 8 della Legge 37/94, per gli scopi perseguiti dal presente piano. Per le finalita' di cui al presente comma, l'Autorita' di Bacino, nei limiti delle sue competenze, si pone come struttura di servizio. 7. In ogni caso sono consentiti gli interventi di sistemazione idraulica ed idraulico-ambientale, comunque subordinati al parere positivo dell'Autorita' di Bacino. 8. A seguito della realizzazione degli interventi di sistemazione idraulica comportanti una effettiva riduzione della pericolosita', l'Autorita' di Bacino provvede alla conseguente modifica dei limiti delle fasce A, B, e C di cui ai commi precedenti, al fine di conformarli alla nuova situazione. 9. Relativamente ai manufatti edilizi, alle opere, a depositi o insediamenti esistenti nelle fasce A e B, oltre a quanto gia' disposto dal Piano relativamente a casi specifici e contenuto nel programma di interventi di mitigazione del rischio o nelle misure di protezione civile, il Piano demanda ai Comuni l'assunzione, nell'ambito degli strumenti urbanistici, dei piani di settore, e dei piani di prevenzione ed emergenza di protezione civile, di tutte le misure opportune per ridurre il rischio per la pubblica incolumita', delle quali e' riportata una elencazione non esaustiva nell'allegato G, da promuovere anche attraverso incentivi, e da attivare prioritariamente per le strutture altamente vulnerabili. Art. 42 L'assetto del regime idrografico. Criteri, modalita' e linee guida nella progettazione, realizzazione e manutenzione delle opere idrauliche e degli interventi di difesa, regimazione e manutenzione dei corsi d'acqua. 1. I provvedimenti regionali che autorizzano la regolazione del corso dei fiumi e torrenti, gli interventi di bonifica ed altre opere o attivita' estrattive dagli alvei incapaci di incidere sul regime delle acque, valutano preventivamente - ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge n. 37/1994 - anche gli effetti sulle condizioni di pericolo e rischio idraulico esistenti in tutte le tipologie di fasce fluviali delimitate dal presente Piano. 2. I criteri di massima per la progettazione, la realizzazione e la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere idrauliche e degli interventi di manutenzione dei corsi d'acqua, ammissibili nelle diverse fasce fluviali ed aree a rischio idraulico, ai sensi delle presenti norme, sono indicati nell'allegato B. 3. Nelle fasce fluviali delimitate dal Piano l'approvazione dei progetti delle opere idrauliche e degli interventi di manutenzione dei corsi d'acqua e' subordinata all'osservanza delle prescrizioni tecniche di cui al precedente comma. 4. In tutte le fasce fluviali delimitate nel bacino e' vietato l'impianto di nuove colture arboree produttive ad alto fusto per una larghezza di almeno 15 metri dal ciglio della sponda dei corsi d'acqua. Le coltivazioni in corso in tale larghezza alla data di entrata in vigore del presente Piano proseguono fino alla naturale scadenza delle concessioni. 5. Le modalita' di uso e le forme di destinazione delle pertinenze idrauliche demaniali dei corsi d'acqua che le " Commissioni provinciali per l'incremento delle coltivazioni arboree sulle pertinenze demaniali dei corsi di acqua pubblica " determinano ai sensi dell'articolo 6 della legge 5 gennaio 1994, n. 37, tengono conto delle delimitazioni e perimetrazioni stabilite dal presente Piano assicurando la compatibilita' con la tutela dal pericolo e dal rischio idraulico. 6. In applicazione di quanto disposto dall'articolo 8 della legge n. 37/1994, nelle fasce fluviali le nuove concessioni di pertinenze idrauliche demaniali ai sensi degli articoli 5 e 6 del R. D. 18 giugno 1936, n. 1338, convertito con modificazioni dalla legge 14 gennaio 1937, n. 402, recante " Provvedimenti per agevolare e diffondere la coltivazione del pioppo e di altre specie arboree nelle pertinenze idrauliche-demaniali ", sono subordinate alla presentazione e alla approvazione di programmi di gestione finalizzati anche al miglioramento del regime idraulico e idrogeologico, alla ricostruzione dell'ambiente fluviale tradizionale, all'incremento della biodiversita' e del livello di interconnessione ecologica tra aree naturali. In mancanza di tali programmi, sono vietate nuove concessioni di pertinenze idrauliche-demaniali e non sono rinnovate quelle giunte a scadenza. 7. Sono vietate tutte le opere idrauliche, le costruzioni ed i manufatti che possano deviare la corrente verso rilevati ed ostacoli nonche' scavi o abbassamenti del piano di campagna che possano compromettere la stabilita' delle fondazioni degli argini. 8. Nell'alveo di piena ordinaria sono consentite esclusivamente: A. le opere di regimazione idraulica strettamente necessarie ad ovviare a situazioni di pericolo ed a tutelare la pubblica incolumita'; B. le plateazioni, le deviazioni, le rettificazioni strettamente necessarie ad ovviare a situazioni di pericolo ed a tutelare la pubblica incolumita'. 9. Fatta esclusione per le fasce fluviali C, e fatto salvo quanto disposto dal precedente comma, in tutto il territorio oggetto del piano stralcio sono inibite le aperture di nuovi fossi o canali per qualsiasi uso, la variazione dei tracciati di quelli esistenti, l'intubazione o la tombinatura dei corsi d'acqua superficiali. Fanno eccezione gli interventi di mitigazione del rischio e quelli previsti dal Piano Stralcio. 10. Ove la realizzazione di opere idrauliche e gli interventi di sistemazione dei corsi d'acqua prevedano anche il prelievo di materiali litoidi il progetto esecutivo individua le quantita' da asportare, ne indica la destinazione e ne stima gli effetti sotto il profilo idraulico, morfologico e ambientale, proponendo eventuali misure di compensazione. 11. Gli interventi di manutenzione idraulica nelle fasce fluviali e nelle aree perimetrate a rischio idraulico devono comunque conservare i caratteri naturali esistenti degli alvei, tutelare la biodiversita' degli ambienti fluviali, assicurare l'efficienza delle opere idrauliche, rimuovere gli ostacoli al libero deflusso delle acque. Gli eventuali prelievi di materiali litoidi connessi all'esecuzione di lavori di manutenzione idraulica, da individuarsi nel progetto esecutivo con riferimento alle tipologie ed alle quantita' asportate, sono ammessi solo se finalizzati al mantenimento e al ripristino delle sezioni di deflusso e della funzionalita' delle opere idrauliche, alla conservazione dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni interessati. Art. 43. Studio di compatibilita' idraulica. 1. Fermo restando quanto stabilito per fattispecie specifiche dalle presenti norme di attuazione, in tutti i progetti per i quali sia previsto dalle presenti norme di attuazione uno studio di compatibilita' idraulica, esso deve contenere valutazioni e verifiche sulla ammissibilita', la natura e l'importanza qualitativa e quantitativa degli effetti di ciascun progetto. L'approvazione dei progetti, salvo che non sia altrimenti stabilito dalle presenti norme, e' subordinata all'approvazione del relativo studio di compatibilita' idraulica da parte di questa Autorita' di Bacino. Lo studio non sostituisce comunque le valutazioni di impatto ambientale, gli studi e gli atti istruttori di qualunque tipo richiesti al soggetto promotore dalla normativa dello Stato e della Regione Campania e Regione Basilicata, in quanto applicabili, tenendo conto delle disposizioni prescritte nell'ultimo comma. 2. Gli studi di compatibilita' idraulica sono predisposti secondo le indicazioni delle schede Tecniche, D,F e G allegati alle presenti norme. 3. Ciascuno studio di compatibilita' idraulica: A. e' firmato da un tecnico laureato iscritto all'albo professionale idoneo; B. offre valutazioni adeguate in ordine alla finalita' del progetto, al rapporto costi-benefici, agli effetti ambientali; C. verifica la coerenza del progetto con la normativa di salvaguardia stabilita dal piano, con particolare riferimento alle garanzie ed alle condizioni richieste per ogni singolo tipo di intervento; D. verifica, secondo le caratteristiche e le necessita' relative a ciascuna fattispecie, che nei progetti degli interventi siano soddisfatte le condizioni generali o specifiche per consentirli, stabilite dalle presenti norme di attuazione. (artt. 8-20 e 32). 4. La compatibilita' idraulica: e' verificata in funzione dei dissesti idraulici attivi o potenziali che interessano le aree a rischio idraulico perimetrate; e' stimata in base alla definizione ed alla descrizione precisa delle interferenze tra i dissesti idraulici presenti o potenziali, le destinazioni o le trasformazioni d'uso del suolo attuali o progettate, l'esistenza di elementi a rischio; e' valutata confrontando gli interventi proposti con il grado di pericolosita' attuale o potenziale dell'area interessata e con gli effetti sull'ambiente. Art. 44. Aree di pericolo da esondazione non comprese nelle fasce fluviali. 1. Ai tratti dei corsi d'acqua prevalentemente montani che non sono compresi nelle fasce fluviali e che presentano i pericoli di esondazione individuati dal piano stralcio si applicano gli articoli 8 e 43 delle presenti norme. 2. Gli stessi tratti di corso d'acqua sono presi in considerazione dai piani urgenti di protezione civile ciascuno in funzione dei livelli di pericolo messi in evidenza dal piano stralcio. 3. Relativamente ai corsi d'acqua di cui ai precedenti commi e' stabilita una fascia di rispetto pari alla larghezza del corso d'acqua misurata dalle rive o dalle opere di difesa idraulica. In tale fascia sono consentiti interventi urbanistico-edilizi, a condizione che l'Autorita' di Bacino esprima un parere favorevole subordinato alla presentazione di uno studio idraulico di dettaglio finalizzato a determinare l'inondabilita' delle aree interessate e redatto secondo i criteri di cui all'Allegato D. Art. 45. Gli interventi sul patrimonio edilizio nelle fasce fluviali. 1. In tutte le fasce fluviali sono stabilite: a) una fascia di inedificabilita' assoluta dai limiti dell'alveo pari a metri dieci sia all'interno che all'esterno del perimetro dei centri edificati; b) una fascia di rispetto pari alla lunghezza del corso d'acqua misurata dalle rive o dalle opere di difesa idraulica in cui sono possibili gli interventi urbanistico-edilizi consentiti dalle presenti norme. Le distanze predette si misurano dal limite piu' esterno delle sponde dei corsi d'acqua o dal piede arginale ovvero dal limite catastale demaniale, se piu' esterno. 2. Nell'alveo di piena ordinaria sono consentiti esclusivamente gli interventi di rimozione di manufatti esistenti e le demolizioni senza ricostruzione. 3. Fermo restando quanto disposto nel Titolo II per le aree a rischio idraulico, e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 33, commi 2 e 3, nelle fasce fluviali A si applicano al patrimonio edilizio esistente le previsioni di cui agli articoli 12 e 13. 4. Sono consentite l'installazione di manufatti e la sistemazione di aree che comportino la permanenza o la sosta di persone nell'ambito di parchi urbani o di aree di verde attrezzato, come individuati dagli strumenti urbanistici comunali, i cui progetti prevedano le misure di protezione di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile, previo parere positivo dell'Autorita' di Bacino. 5. Fermo restando quanto disposto nel Titolo II per le aree a rischio idraulico, e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 33, commi 2 e 3, nelle fasce fluviali B si applica al patrimonio edilizio esistente la disciplina stabilita dagli articoli 15 e 16. 6. Ad integrazione della disciplina di cui al precedente comma nelle fasce fluviali B: con riferimento agli edifici a servizio delle attivita' agricole ovvero di residenza dei conduttori del fondo ed inoltre per le finalita' dell'agriturismo compatibile, sono consentiti esclusivamente, e per una sola volta in tutto il fondo esistente all'atto di adozione del presente Piano, nuove edificazioni non altrimenti localizzabili, secondo le previsioni degli strumenti urbanistici, a condizione di collocare le superfici abitabili o comunque utili a quote superiori alla piena di riferimento. 7. Nelle fasce fluviali C, fatto salvo quanto stabilito per le aree a rischio idraulico in esse eventualmente comprese e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 33, commi 2 e 3, e' consentito ogni tipo di intervento purche' realizzato con tipologie costruttive finalizzate alla riduzione della vulnerabilita' delle opere di cui all'Allegato F e purche' il relativo progetto preveda le misure di protezione di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile. Art. 46. La realizzazione di impianti, opere ed infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico nelle fasce fluviali. 1. Fermo restando quanto stabilito nel Titolo II per le aree a rischio idraulico, e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 33, commi 2 e 3, tutti i nuovi impianti, opere ed infrastrutture pubblici e di interesse pubblico ammissibili nelle fasce fluviali: A. sono accompagnati dal piano di manutenzione di cui all'articolo 40 del D. P. R. n. 544/1999; B. sono assoggettate ad uno studio di compatibilita' idraulica ai sensi dell'articolo 43 delle presenti norme di attuazione. 2. Nell'alveo di piena ordinaria sono consentiti esclusivamente gli attraversamenti di sottoservizi a rete. 3. Nelle fasce fluviali A sono ammessi esclusivamente: A. la realizzazione di nuove infrastrutture a rete pubbliche o di interesse pubblico, dichiarate essenziali e non altrimenti localizzabili dall'autorita' competente, i cui progetti prevedano le misure di protezione di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile; B. la realizzazione di sottoservizi a rete interessanti tracciati stradali esistenti. I relativi studi di compatibilita' idraulica devono essere predisposti per i soli sottoservizi che comportino opere significative. 4. Nelle fasce fluviali B, oltre agli interventi ammissibili nella fasce A, e' consentita la realizzazione di sottoservizi a rete i cui progetti prevedano le misure di protezione di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile. 5. Nelle fasce fluviali C e' consentito ogni tipo di intervento purche' previsto dagli strumenti urbanistici vigenti e realizzato con tipologie costruttive finalizzate alla riduzione della vulnerabilita' delle opere e del rischio per la pubblica incolumita' (Allegati F ed I), coerentemente con le azioni e misure di protezione civile previste dal presente piano e dai piani di protezione civile comunali. 6. In conformita' a quanto disposto nel comma 1, tutti i nuovi impianti di depurazione delle acque o di smaltimento o stoccaggio, anche provvisorio, di rifiuti ammissibili nelle fasce fluviali sono assoggettati anche ad uno studio di compatibilita' idrogeologica ai sensi dell'articolo 48 delle presenti norme di attuazione. CAPO III. LA DISCIPLINA SPECIFICA DELLE AREE DI PERICOLO DA DISSESTI DI VERSANTE. Art. 47. Criteri, modalita' e linee guida per la progettazione, la realizzazione e la manutenzione delle opere di difesa, sistemazione ed uso del suolo. 1. I provvedimenti regionali che autorizzano le opere di difesa dai dissesti di versante ne valutano preventivamente anche gli effetti sulle condizioni di rischio idrogeologico esistenti in tutte le tipologie di aree perimetrate a rischio da frana. 2. I criteri di massima per la progettazione, la realizzazione e la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli interventi di difesa ammissibili nelle diverse aree di pericolo da dissesti di versante e nelle aree a rischio da frana ai sensi delle presenti norme, sono indicati negli Allegati Tecnici. 3. Nelle aree di pericolo da dissesti di versante delimitate dal Piano, l'approvazione dei progetti delle opere e degli interventi di difesa dai dissesti di versante e' subordinata all'osservanza delle prescrizioni tecniche di cui al precedente comma. 4. Gli interventi di manutenzione delle opere di prevenzione e protezione nelle aree di pericolo da dissesti di versante e nelle aree perimetrate a rischio da frana devono comunque garantire le condizioni di stabilita' dei versanti, tutelare l'equilibrio geostatica e geomorfologico dei terreni interessati, evitare l'erosione del suolo, ridurre i deflussi idrici superficiali, aumentare i tempi di corrivazione. 5. Lungo tutti i crinali, principali o secondari, sovrastanti i territori oggetto delle presenti norme di piano l'esecuzione di movimenti di terra e di sbancamenti per interventi consentiti e regolarmente autorizzati, anche dovuti a ragioni di sicurezza, che comportino la demolizione e lo spostamento di volumi di roccia o terra superiori ai 5. 000 metri cubi o relativi ad estensioni superiori a un ettaro, e' subordinata alla formazione di uno studio di compatibilita' idrogeologica ai sensi dell'articolo 48, recante considerazioni relative agli specifici effetti sull'equilibrio idrogeologico. Sono fatte salve le condizioni di urgenza per motivi di protezione civile. In particolare: Disciplina delle aree a pericolosita' alta. 1. Nelle aree a pericolosita' alta non sono consentiti: A. gli interventi di nuova edificazione; B. la realizzazione di nuove infrastrutture, pubbliche o di interesse pubblico, fatta eccezione per i sottoservizi a rete essenziali e non altrimenti localizzabili, il cui progetto sia basato su studi che verifichino che la realizzazione dell'opera non interferisca negativamente con le condizioni di stabilita' dell'area; C. l'installazione di manufatti anche non qualificabili come volumi edilizi e la sistemazione di aree che comportino la permanenza o la sosta delle persone; D. l'avvio di nuove attivita' di escavazione e/o prelievo di qualunque forma e quantita' di materiale sciolto o litoide, fatta eccezione per le attivita' relative alla ricerca archeologica; E. la realizzazione di depositi e/o discariche di materiali, rifiuti o simili; F. in genere qualunque trasformazione dello stato dei luoghi, sotto l'aspetto morfologico, infrastrutturale ed edilizio, che non rientri tra gli interventi espressamente consentiti di cui al successivo comma 2. Gli interventi consentiti non possono in ogni caso comportare aumento del carico insediativo. 2. Nelle aree a pericolosita' alta sono invece consentiti: A. interventi di demolizione senza ricostruzione; B. interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e b) dell'art. 31 della legge 457/1978; C. interventi di restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia di cui alle lettere c) e d) della legge 457/1978, che non comportino aumenti di superficie e volume, entro e fuori terra, ad esclusione degli adeguamenti igienico-funzionali, a condizione che gli stessi siano previsti dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi vigenti, e sempre che risultino necessari per mitigare la vulnerabilita' degli edifici. E' ammesso altresi' il cambio di destinazione d'uso, a condizione che lo stesso non comporti aumento del rischio, inteso quale incremento di uno o piu' dei fattori che concorrono a determinarlo, secondo la formulazione di riferimento del DPCM 29. 9. 1998. D. opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti, realizzate ai sensi della normativa vigente. E. installazione di impianti tecnologici a servizio di edifici o di attrezzature esistenti, nonche' realizzazione di volumi tecnici, purche' in regola con le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti; F. interventi di riparazione e/o di costruzione di edilizia pubblica e privata, gia' autorizzata o in corso di autorizzazione ai sensi della Legge 219/81, a condizione che sia verificata ed accertata la impossibilita' di una loro delocalizzazione; G. realizzazioni di parcheggi pertinenziali ai sensi dell'art. 9 della legge 122/1989 e successive modifiche ed integrazioni, a condizione che non comportino aumento del rischio, inteso quale incremento di uno o piu' dei fattori che concorrono a determinarlo, secondo la formulazione di riferimento del DPCM 29. 9. 1998 [il DPCM 29. 9. 1998, pubblicato sulla G. U. n. 3 del 5. 1. 1999, meglio noto come Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione del D. L. 180/98, al paragrafo 2. 1 richiama il concetto di rischio, espresso qualitativamente come il prodotto di tre fattori secondo la formula: RISCHIO = PERICOLOSITA' x VALORE x VULNERABILITA', introdotta dalla comunita' scientifica internazionale (UNDRO 1991)]; H. varianti non sostanziali a concessioni edilizie gia' rilasciate, intese come varianti che non comportino aumento del rischio ne' del volume complessivo dell'intervento precedentemente assentito; I. modesti interventi di sistemazione delle superfici scoperte di pertinenza di edifici preesistenti (rampe, muretti, recinzioni, opere a verde, ecc. ) e loro manutenzione, purche' non comportino modifiche all'assetto idrogeologico del territorio; J. interventi di edilizia cimiteriale; K. realizzazione e regolarizzazione di serre agricole ai sensi della vigente normativa statale e regionale; L. realizzazione di sottoservizi a rete che interessino tracciati stradali esistenti ed allacciamenti alle reti principali; M. manutenzione e/o ristrutturazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, riferite a servizi essenziali e non delocalizzabili; N. realizzazione di nuove infrastrutture a rete pubbliche o di interesse pubblico, riferite a servizi essenziali e non delocalizzabili; O. opere di regimazione delle acque di ruscellamento superficiale; P. opere di bonifica e sistemazione di movimenti franosi. Disciplina delle aree a pericolosita' media. 1. Nelle aree a pericolosita' media non sono consentiti: A. gli interventi di nuova edificazione; B. l'avvio di nuove attivita' di escavazione e/o prelievo in qualunque forma e quantita' di materiale sciolto o litoide, fatta eccezione per le attivita' relative alla ricerca archeologica; C. la realizzazione di depositi e/o discariche di materiale, rifiuti, o simili; D. in generale qualunque trasformazione dello stato dei luoghi, sotto l'aspetto morfologico, infrastrutturale ed edilizio che non rientri tra gli interventi espressamente consentiti di cui al successivo comma 2. 2. Nelle aree a pericolosita' media sono invece consentiti: A. interventi di demolizione senza ricostruzione; B. interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e b) dell'art. 31 della legge 457/1978; C. interventi di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia di cui alle lettere c) e d) dell'art. 31 della legge 457/1978, che non comportino aumenti di superficie e volume, entro e fuori terra, ad esclusione degli adeguamenti igienico-funzionali, a condizione che gli stessi siano previsti dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi vigenti, e sempre che risultino necessari per mitigare la vulnerabilita' degli edifici. E' ammesso altresi' il cambio di destinazione d'uso, a condizione che lo stesso non comporti aumento del rischio, inteso quale incremento di uno o piu' dei fattori che concorrono a determinarlo, secondo la formulazione di riferimento del DPCM 29. 9. 1998. D. opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti, realizzate ai sensi della normativa vigente; E. installazione di impianti tecnologici a servizio di edifici o di attrezzature esistenti, nonche' realizzazione di volumi tecnici, purche' in regola con le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti; F. interventi di riparazione e/o ricostruzione di edilizia pubblica e privata, gia' autorizzati o in corso di autorizzazione ai sensi della legge 219/81, a condizione che sia verificata ed accertata l'impossibilita' di una loro delocalizzazione; G. realizzazione di parcheggi pertinenziali ai sensi dell'art. 9 della legge 122/1989 e successive modifiche ed integrazioni, a condizione che non comportino aumento del rischio, inteso quale incremento di uno o piu' dei fattori che concorrono a determinarlo, secondo la formulazione di riferimento del DPCM 29. 9. 1998. H. varianti non sostanziali a concessioni edilizie gia' rilasciate purche' non comportino aumento del rischio ne' del volume complessivo dell'intervento precedentemente assentito; I. modesti interventi di sistemazione delle superfici scoperte di pertinenza di edifici preesistenti (rampe, muretti, recinzioni, opere a verde, ecc. ) e la loro manutenzione, purche' non comportino modifiche all'assetto idrogeologico del territorio; J. interventi di edilizia cimiteriale; K. realizzazione e regolarizzazione di serre agricole ai sensi della vigente normativa statale e regionale; L. realizzazione di sottoservizi a rete che interessano tracciati stradali esistenti ed allacciamenti alle reti principali; M. manutenzione e/o ristrutturazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, riferite a servizi essenziali e non delocalizzabili; N. realizzazioni di nuove infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico, riferite a servizi essenziali e non delocalizzabili, a condizione che vengano eseguite tutte le opere per la mitigazione del rischio e che le stesse risultino coerenti con la pianificazione degli interventi di emergenza di protezione civile; O. interventi di edilizia pubblica e privata, se inseriti in appositi programmi integrati, di iniziativa delle amministrazioni locali, previo specifico studio di compatibilita' idrogeologica che interessi la porzione di territorio sottesa all'area in esame, e previ eventuali interventi di bonifica e stabilizzazione dell'area che dovessero emergere come necessari ed indispensabili dallo studio idrogeologico stesso; P. interventi di edilizia rurale, previo specifico studio di compatibilita' idrogeologica che interessi la porzione di territorio sottesa all'area in esame; Q. opere di regimazione delle acque di ruscellamento superficiale; R. opere di bonifica e sistemazione di movimenti franosi. Disciplina delle aree a pericolosita' bassa. 1. Nelle aree a pericolosita' bassa si demanda ai comuni, nell'ambito dell'attuazione degli strumenti urbanistici o in occasione dell'approvazione sotto il profilo urbanistico-edilizio di nuovi interventi insediativi e infrastrutturali, la definizione della disciplina specifica di dette aree, attraverso indagini specifiche, che tengano conto del relativo grado di suscettibilita' al dissesto. Le indagini dovranno essere svolte nella stretta osservanza della normativa di cui al D. M. 11/3/1988 e di tutta la restante normativa vigente in materia, seguendo le indicazioni contenute nell'Allegato E. Tali indagini devono essere volte a definire gli elementi che determinano il livello di pericolosita', ad individuare le modalita' tecnico-esecutive dell'intervento, nonche' ad attestare che lo stesso non aggravi le condizioni di stabilita' dell'area. 2. Le indagini e gli studi di cui ai commi precedenti devono tenere in debita considerazione eventuali aree a maggiore suscettivita' presenti nei pressi della zona di intervento, valutando anche possibili espansioni di movimenti gravitativi. 3. In ogni caso sono consentiti gli interventi di realizzazione di opere di bonifica e di sistemazione dei movimenti franosi, dirette alla messa in sicurezza degli edifici, delle strutture esistenti e delle aree in dissesto. Tali interventi devono essere preventivamente approvati dall'Autorita' di Bacino Interregionale del Fiume Sele. 4. A seguito della realizzazione degli interventi di bonifica e di sistemazione l'Autorita' di Bacino, su richiesta del soggetto attuatore, corredata di idonei monitoraggi comprovanti la stabilizzazione dell'area oggetto di intervento, modifica la perimetrazione delle zone e ridefinisce la classe di suscettivita' al dissesto. 5. Relativamente ai manufatti edilizi, opere depositi e insediamenti gia' esistenti, il Piano demanda ai Comuni l'assunzione, nell'ambito degli strumenti urbanistici, dei piani di settore, e dei piani di prevenzione ed emergenza di protezione civile, di tutte le misure opportune per ridurre il rischio per la pubblica incolumita', delle quali e' riportata un'elencazione non esaustiva nell'Allegato G, da promuovere anche attraverso incentivi e da attivare prioritariamente per le strutture altamente vulnerabili. Art. 48. Studio di compatibilita' idrogeologica. 1. Fermo restando quanto stabilito per singole fattispecie dalle presenti norme di attuazione, tutti i progetti proposti per l'approvazione nelle aree a rischio molto elevato ed elevato da dissesti di versante, nonche' nelle aree di pericolo alto e medio da dissesti di versante, sono accompagnati da uno studio di compatibilita' idrogeologica contenente valutazioni e verifiche sull'ammissibilita', la natura e l'importanza qualitativa e quantitativa degli effetti di ciascun progetto. L'approvazione dei progetti, salvo che non sia specificamente altrimenti stabilito, e' subordinata all'approvazione del relativo studio di compatibilita' idrogeologica da parte della competente autorita' amministrativa: Lo studio non sostituisce comunque le valutazioni di impatto ambientale, gli studi e gli atti istruttori di qualunque tipo richiesti al soggetto promotore dalla normativa dello Stato e della Regione Campania e Regione Basilicata, in quanto stabilito dalle disposizioni dell'ultimo comma. 2. Gli studi di compatibilita' idrogeologica sono predisposti secondo le indicazioni dell'Allegato E alle presenti norme. 3. Ciascuno studio di compatibilita' idrogeologica: A. e' firmato da un tecnico laureato iscritto all'albo professionale dei geologi; B. offre valutazioni adeguate in ordine alla finalita' del progetto, al rapporto costi-benefici, agli effetti ambientali; C. verifica la coerenza del progetto con la normativa di salvaguardia stabilita dal presente Piano, con particolare riferimento alle garanzie ed alle condizioni richieste per ogni singolo tipo di intervento; D. verifica, secondo le caratteristiche e le necessita' relative a ciascuna fattispecie, che nei progetti degli interventi siano soddisfatte le condizioni generali o specifiche per consentirli, stabilite dalle presenti norme di attuazione. 4. La compatibilita' idrogeologica: e' verificata in funzione dei dissesti attivi o potenzialmente attivi che interessano le aree a rischio geologico perimetrate dal presente Piano; e' stimata in base alla definizione ed alla descrizione precisa delle interferenze tra i dissesti presenti o potenziali, le destinazioni o le trasformazioni d'uso del suolo attuali o progettate, l'esistenza di elementi a rischio; e' valutata confrontando gli interventi proposti con il grado di pericolosita' attuale o potenziale dell'area interessata e con gli effetti sull'ambiente. Art. 49. Gestione dei vincoli idrogeologici. 1. L'Autorita' Amministrativa competente estende ai territori delimitati e perimetrati dal presente Piano la tutela assicurata dal vincolo idrogeologico, ove non esistente. 2. Con riferimento alle aree pericolose o alle aree a rischio delimitate o perimetrate dal piano stralcio che siano anche soggette a vincolo idrogeologico: A. l'esenzione totale o parziale dal vincolo e' sempre negata; B. non e' consentito il pascolo nei boschi e nei terreni cespugliati con funzioni protettive; C. le ulteriori limitazioni dei pascoli deteriorati ai fini della ricostruzione della cotica erbosa sono stabilite dalle prescrizioni di massima e di polizia forestale; D. le autorizzazioni alle trasformazioni colturali considerano con particolare attenzione l'esigenza di prevenire erosione dei suoli e squilibri idraulici; E. qualsiasi utilizzazione ed opera che possa comportare distruzione della vegetazione o modifiche nell'assetto idrogeologico dei terreni, e che sia consentita dalle presenti norme, deve essere espressamente autorizzata dall'autorita' competente; F. l'applicazione delle prescrizioni di massima e di polizia forestale tiene comunque sempre conto della situazione di rischio o pericolo idrogeologico disciplinata dal presente piano stralcio: 3. L'autorita' competente sottopone a particolari limiti di utilizzazione individuati ai sensi degli articoli 17 e seguenti del R. D. n. 3267/1923 i boschi che, per la loro particolare ubicazione, svolgono evidenti funzioni di salvaguardia idrogeologica. Art. 50. Gli interventi sul patrimonio edilizio nelle aree di pericolo da dissesti di versante. 1. Fermo restando quanto disposto nel titolo III per le aree a rischio da dissesti di versante, e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 33, commi 2 e 3, nelle aree di pericolo alto da dissesti di versante si applica al patrimonio edilizio esistente la disciplina stabilita dall'articolo 24 e 25. 2. Fermo restando quanto disposto nel titolo III per le aree a rischio da dissesti di versante, e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 33, commi 2 e 3, nelle aree di pericolo medio da dissesti di versante si applica al patrimonio edilizio esistente la disciplina stabilita dagli articoli 27 e 28. 3. Ad integrazione della disciplina di cui al precedente comma nelle fasce fluviali B: A. con riferimento agli edifici a servizio delle attivita' agricole ovvero di residenza dei conduttori del fondo ed inoltre per le finalita' dell'agriturismo compatibile sono consentiti esclusivamente e per una sola volta in tutto il fondo esistente all'atto di adozione del presente Piano, nuove edificazioni non altrimenti localizzabili, secondo le previsioni degli strumenti urbanistici, a condizione di collocare le superfici abitabili o comunque utili a quote superiori alla piena di riferimento; B. sono consentite l'installazione di manufatti e la sistemazione di aree che comportino la permanenza o la sosta di persone nell'ambito di parchi urbani o di aree di verde attrezzato, come individuati dagli strumenti urbanistici comunali, i cui progetti prevedano le misure di protezione di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile, previo parere positivo dell'Autorita' di Bacino. 4. Nelle aree di pericolo basso da dissesti di versante, fatto salvo quanto stabilito per le aree a rischio da dissesti di versante in esse eventualmente comprese e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 33, commi 2 e 3, e' consentito ogni tipo di intervento ammesso dagli strumenti urbanistici vigenti, purche' realizzato con tipologie costruttive finalizzate alla riduzione della vulnerabilita' delle opere di cui all'Allegato F e purche' il relativo progetto preveda le misure di protezione di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile. 5. Nelle sole aree di pericolo da dissesti di versante caratterizzate esclusivamente da dissesti non esauriti, ma che negli ultimi 100 anni non hanno mostrato segni di riattivazione, si applicano le disposizioni degli articoli 29 e 30. Art. 51. La realizzazione di impianti, opere ed infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico nelle aree di pericolo da dissesti di versante. 1. Fermo restando quanto stabilito nel Titolo II per le aree a rischio da dissesti di versante e nell'articolo 33, commi 2 e 3, tutti i nuovi impianti, opere ed infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico ammissibili nelle aree di pericolo da dissesti di versante: A. sono accompagnati dal piano di manutenzione di cui all'articolo 40 del D. P. R. n. 544/1999; B. sono assoggettati ad uno studio di compatibilita' idrogeologica ai sensi dell'articolo 48 delle presenti norme di attuazione. 2. Nelle aree di pericolo elevato da dissesti di versante e' consentita esclusivamente: la realizzazione di sottoservizi a rete interessanti tracciati stradali esistenti. I relativi studi di compatibilita' idrogeologica devono essere predisposti per i soli sottoservizi che comportano opere significative, non essendo tali quelle che in aree pianeggianti sono ubicate nello spazio di un metro dal ciglio stradale purche' la scarpata non abbia pendenza superiore ai dieci gradi. 3. Nelle aree di pericolo medio da dissesti di versante, oltre agli interventi ammissibili nelle aree di pericolo elevato, e' consentita la realizzazione di sottoservizi a rete i cui progetti prevedano le misure di protezione di cui al presente piano e ai piani comunali di protezione civile. 4. Nelle aree di pericolo basso da dissesti di versante e' consentito ogni tipo di intervento purche' previsto dagli strumenti urbanistici vigenti e realizzato con tipologie costruttive finalizzate alla riduzione della vulnerabilita' delle opere e del rischio per la pubblica incolumita', coerentemente con le azioni e misure di protezione civile previste dal presente Piano e dai piani di protezione civile comunali. 5. In conformita' a quanto disposto nel comma 1, tutti i nuovi impianti di depurazione delle acque o di smaltimento o stoccaggio anche provvisorio di rifiuti ammissibili nelle aree di pericolo basso da dissesti di versante, sono assoggettati ad uno studio di compatibilita' idrogeologica ai sensi dell'articolo 48. 6. Nelle aree di pericolo da dissesti di versante, le nuove opere pubbliche consentite non possono in ogni caso essere realizzate sui crinali sovrastanti le aree pericolose, devono seguire l'andamento del terreno e non possono normalmente modificarne la conformazione altimetrica. Eventuali terrazzamenti strettamente necessari e approvati dal provvedimento di autorizzazione o di concessione non possono avere altezza superiore a metri 2 e devono essere sistemati con le tecniche dell'ingegneria a basso impatto ambientale. TITOLO V. ATTUAZIONE DEL PIANO. Art. 52. Modalita' e strumenti di attuazione. 1. I mezzi di attuazione del Piano Stralcio per l'assetto idrogeologico del bacino interregionale del Sele sono: A. gli interventi identificati nella relazione illustrativa, nelle relazioni tecniche, nelle cartografie e negli altri elaborati di piano; B. i programmi triennali di intervento predisposti dall'Autorita' di Bacino ai sensi dell'articolo 21 e seguenti della legge 183/89 sulla difesa del suolo, e successive modifiche ed integrazioni, con contenuti e graduazione delle priorita' che la stessa Autorita' desume dal quadro generale degli interventi, dalle linee guida per la redazione delle proposte d'intervento e dal quaderno delle opere tipo di cui all'articolo 2 delle presenti norme; C. gli accordi di programma per l'esecuzione dei programmi triennali di intervento, ai sensi dell'articolo 22, comma 6 bis, della legge n. 183/1989. D. il parco progetti costituito dall'Autorita' di Bacino come base per la formazione dei programmi triennali di intervento; E. le attivita' dell'Autorita' di Bacino per la ricerca e l'acquisizione delle risorse disponibili all'interno di programmi comunitari, nazionali e regionali, anche nel quadro delle azioni di programmazione negoziata, intese istituzionali, accordi di programma allo scopo di promuovere o realizzare interventi per la tutela idrogeologica nel bacino; F. la promozione e l'adozione di provvedimenti amministrativi, anche non previsti dal Piano Stralcio, di competenza dell'Autorita' di Bacino, della Regione Campania, della Regione Basilicata, delle province di Avellino, Salerno e Potenza, degli enti locali nonche' di amministrazioni diverse anche di livello statale, allo scopo di assicurare il raggiungimento delle finalita' del Piano; G. l'impiego con soggetti pubblici e privati degli strumenti di tipo negoziale consensuale per il perseguimento degli obiettivi di tutela idrogeologica propri del Piano Stralcio (convenzioni, intese, atti e contratti di diritto privato); H. i piani di adeguamento, di rilocalizzazione e di intervento che la Regione Campania e la Regione Basilicata approvano in approvazione dell'articolo 1, commi 5 e 5 bis, del Decreto Legge n. 180/1998 convertito con modificazione dalla legge n. 267/1998, e successive modifiche ed integrazioni: 2. Il piano stralcio per l'assetto idrogeologico fornisce elementi propedeutici alla predisposizione dei programmi e dei piani regionali, provinciali e comunali di previsione, prevenzione ed emergenza di cui alla legge n. 225/1992 ed all'articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 180/1998 convertito dalla legge n. 267/1998 e successive modifiche ed integrazioni. Art. 53. Vigilanza sull'attuazione del piano. 1. L'Autorita' di Bacino Interregionale del Sele: A. predispone il monitoraggio e valuta l'efficacia, l'efficienza e l'economicita' delle azioni del Piano; B. analizza le interazioni delle azioni programmate con il territorio interessato; C. elabora ed imposta le misure e le azioni correttive anche non comportanti varianti formali di Piano. Art. 54. Aggiornamento e varianti del piano. 1. Il piano stralcio puo' essere integrato e sottoposto a varianti su iniziativa dell'Autorita' di Bacino o a seguito di istanze di soggetti pubblici corredate da documentazione e rappresentazione cartografica idonea, con le stesse procedure necessarie per la sua adozione in relazione a: A. studi specifici corredati da indagini ed elementi informativi a scala di maggior dettaglio prodotti da pubbliche amministrazioni; B. nuovi eventi idrogeologici da cui venga modificato il quadro della pericolosita' idrogeologica; C. nuove emergenze ambientali; D. significative modificazioni di tipo agrario-forestale sui versanti o incendi su grandi estensioni boschive; E. acquisizione di nuove conoscenze in campo scientifico e tecnologico, o storiche, provenienti da studi o dai risultati delle attivita' di monitoraggio del Piano; F. variazione significativa delle condizioni di rischio o di pericolo derivanti da azioni e di interventi non strutturali e strutturali di messa in sicurezza delle aree interessate; G. evoluzione della domanda d'uso del territorio in funzione dei rischi residuali. 2. Il Comitato Istituzionale dell'Autorita' di Bacino puo' deliberare in qualsiasi momento l'integrazione o la modifica del quadro degli interventi delineato dal Piano in funzione delle acquisizioni di nuove conoscenze ed in funzione di esigenze sopravvenute, senza che cio' costituisca variante di Piano. 3. Nel caso in cui un intervento delineato dal Piano divenga inattuale o non piu' rispondente alle esigenze della tutela idrogeologica del territorio il Comitato Istituzionale dell'Autorita' di Bacino puo' deliberarne la sostituzione con altro intervento, a condizione che, l'intervento sostitutivo, eventualmente localizzato in area diversa, possieda finalita' equivalenti al precedente, senza che cio' costituisca variante di Piano. 4. Le modifiche degli allegati tecnici del Piano denominati A, B, C, D, E, F, G, H e I che hanno carattere di riferimento conoscitivo, o di metodologia scientifico-tecnica, e non aventi natura normativa, non costituiscono varianti del Piano e sono approvate dal Comitato Istituzionale dell'Autorita' di Bacino senza l'osservanza delle procedure di cui al comma 1. Art. 55. Programmazione finanziaria. 1. L'Autorita' di Bacino predispone il piano finanziario per l'attuazione del Piano Stralcio, definisce i fabbisogni per la realizzazione degli interventi previsti ed in particolare precisa le forme di diversificazione delle risorse utilizzabili mettendo anche in evidenza i tempi ed i costi di investimento, i costi di gestione ed i potenziali benefici di ciascun intervento. |
| ALLEGATO A ----> vedere allegato da pag. 47 a pag. 49 del S.O. <---- |
| ALLEGATO B INDIRIZZI PER UNA CORRETTA GESTIONE DEL TERRITORIO
Al fine di prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico devono essere applicati i seguenti indirizzi: 1. vanno promosse le attivita' dirette a mantenere efficiente la rete scolante generale (fossi, cunette stradali) e la viabilita' minore (poderale, interpoderale, sentieri mulattiere e le carrarecce), che a tal fine deve essere dotata di cunette taglia acqua e di altre opere simili; 2. qualora venga individuata, in occasione di scavi connessi alla realizzazione di interventi urbanistico-edilizi, la presenza di acqua sotterranee, vanno eseguite opere dirette alla relativa intercettazione; 3. vanno favoriti, nei territori boschivi in abbandono e nelle zone arbustive e prative un tempo coltivate, sistematici interventi di recupero qualitativo dell'ambiente mediante l'introduzione di specie autoctone arboree ed arbustive. Nelle aree perimetrate a rischio idraulico molto elevato e' comunque e tra l'altro vietato: a. posare in opera strutture mobili e immobili, anche a carattere provvisorio o precario, fatta eccezione per quelle necessarie al funzionamento dei cantieri; b. costruire rilevati a protezione di zone adibite a colture agricole suscettibili di ostacolare il regolare deflusso delle acque; c. effettuare interventi che occupino in modo stabile le fasce di percorrenza al piede degli argini; d. realizzare incrementi delle attivita' agricole, cambiamenti colturali ed impianti di nuove colture arboree capaci di ostacolare il libero deflusso delle acque e di favorire l'indebolimento degli argini. Sono in ogni caso tra l'altro vietati: a. l'apertura di nuove discariche e la realizzazione di nuovi impianti per lo smaltimento di rifiuti; b. il deposito e lo stoccaggio anche temporaneo di rifiuti e di sostanze pericolose o tossiche; c. la realizzazione di nuovi impianti di depurazione delle acque; d. la costruzione di nuovi impianti tecnologici fuori terra; e. le nuove tombinature di corsi d'acqua; f. l'impermeabilizzazione dei suoli nei casi in cui sia impossibile controllare la ritenzione temporanea delle acque attraverso adeguate reti di regimazione e di drenaggio; g. la realizzazione di nuove reti di smaltimento o conferimento di acque reflue che non afferiscano ad impianti di depurazione gia' esistenti. Sono in ogni caso tra l'altro vietati: a. l'apertura di nuove discariche e la realizzazione di nuovi impianti per lo smaltimento di rifiuti; b. il deposito e lo stoccaggio anche temporaneo di rifiuti e di sostanze pericolose o tossiche; c. la realizzazione di nuovi impianti di depurazione delle acque; d. la costruzione di nuovi impianti tecnologici fuori terra, fatta eccezione per quelli indicati nell'articolo 24; e. le nuove tombinature di corsi d'acqua; f. la realizzazione di nuove reti di smaltimento o conferimento di acque reflue che non afferiscano ad impianti di depurazione gia' esistenti. |
| ALLEGATO C INDIRIZZI TECNICI PER LA REDAZIONE DI STUDI IDRAULICI
Gli studi idraulici di cui alla presente normativa, finalizzati alla determinazione delle aree inondabili, devono essere conformi alle seguenti indicazioni. 1. Caratteristiche tecniche degli studi Gli studi idraulici devono contenere il censimento ed il rilievo delle opere e del profilo dell'alveo, sul quale basare le verifiche idrauliche per le diverse portate. Sulla base di tali dati e della conoscenza topografiche delle aree limitrofe del corso d'acqua si determinano i livelli idrici attesi in corrispondenza alle portate di piena da esaminare. In considerazione della complessita' del fenomeno da studiare e del grado di approfondimento necessario, possono essere utilizzati schemi di moto permanente mono dimensionale, moto vario monodimensionale o quasi-bidimensionale, moto vario bidimensionale, ciascuno dei quali tiene conto di rappresentazioni delle condizioni di moto di complessita' cresente. Di norma, ed in particolare nel caso della verifica di opere, puo' essere impiegato la schema di corrente monodimensionale in condizioni di moto permanente, salvo specifiche indicazioni dell'Autorita' di Bacino e salvi i casi in cui sia necessario determinare valori locali della velocita' della corrente o modificazioni della capacita' di laminazione. In ogni caso, lo studio va condotto per tratti idraulicamente significativi del corso d'acqua, delimitati cioe' da sezioni in cui sia possibile assegnare il valore del livello idrico della corrente. Nello studio deve essere sinteticamente descritto il modello matematico utilizzato per le verifiche idrauliche, con l'esplicita indicazione di ogni elemento utile alla interpretazione dei profili di rigurgito, con particolare riferimento alle scabrezze utilizzate, alle condizioni al contorno assunte, e a ogni altra ipotesi adottata nel calcolo. Negli studi finalizzati alla determinazione dei tratti critici e alle aree inondabili, particolare attenzione va posta ai tratti in corrispondenza di opere, per le quali devono essere previste opportune valutazioni di riduzione di sezione utile per gli effetti di piena (ostruzione di arcate di ponti o coperture per eccezionale trasporto solido, etc). Nei vari tratti del corso d'acqua si deve determinare, inoltre, il valore della massima portata smaltibile allo stato attuale senza esondazione. Nei tratti in cui le portate di massima piena, corrispondenti ai vari tempi di ritorno, non trovano piu' capienza certa nell'area, devono essere determinate, alla scala almeno di 1:5000 le aree perifluviali contigue ai corsi d'acqua conseguentemente inondabili. La relativa determinazione e' effettuata applicando l'opportuno schema dio moto, come sopra indicato, in considerazione della morfologia del sito e delle caratteristiche dei fenomeni fisici da considerare. In particolare, al fine di valutare il grado di pericolosita' delle aree inondabili, devono essere determinati i livelli idrici che vi si realizzano, anche attraverso la suddivisione in opportune classi di tiranti idrici, nonche', con particolare riferimento alle aree urbane, le zone a piu' alta velocita' di scorrimento. 2. Parametro di scabrezza Nella modellazione di moto permanente monodimensionale il parametro di scabrezza rappresenta, per il tronco fluviale compreso fra due sezioni di calcolo, oltre alla natura e alle condizioni dell'alveo e delle sponde, macroresistenze dovute alla variabilita' longitudinale della geometria o a possibili variazioni brusche del perimetro bagnato al crescere della portata; cio' assume particolare rilevanza in casi in cui il rilievo delle sezioni disponibile non sia fitto lungo il corso d'acqua. In questi casi il parametro di scabrezza deve tener conto di molteplici processi di resistenza e dovrebbe essere assunto inferiore (in termini di Strickler) a quanto deterrebbero condizioni solo locali dell'alveo. I parametri di scabrezza da utilizzare nel calcolo idraulico devono tener conto delle reali e documentabili condizioni di manutenzione del corso d'acqua. Tali valori di parametro di scabrezza, di norma assunti con riferimento corsi d'acqua naturali, devono essere desunti da quelli individuati dalla tabella seguente (per semplicita' riportati solo in termini di scabrezza di Gauckler-Strickler), tenendo conto che gli stessi dovrebbero essere considerati valori massimi non superabili.
Descrizione corso d'acqua
Ks di Strickler (m1/3S-1) Tratti di corsi d'acqua naturali con salti, rocce o vegetazione anche arbustiva-arborea in alveo 25-30 Corsi d'acqua naturali con vegetazione e movimento di materiali sul fondo 30-35 Tratti urbanizzati di corsi d'acqua naturali con argini cementati (e/o platee) in buono stato 35-40 Corsi d'acqua con fondo ed argini totalmente cementati in ottimo stato ed assenza di manufatti (tubi, cavi, ecc. ) o discontinuità interferenti con le acque 40-45 Tombinature perfettamente lisciate e dotate a monte di dispositivi atti ad assicurare la trattenuta di trasporto solido di fondo e in sospensione (briglie selettive, vasche di sedimentazione, ecc. ) 45-55
3. Franchi di sicurezza nelle verifiche di opere esistenti Tutte le opere esistenti dovrebbero avere franchi adeguati, rispetto al livello di piena previsto per la portata centennale. Alla loro valutazione devono concorrere considerazioni sia relative all'opera e alla sua rilevanza determinata anche dalla vulnerabilita' delle zone limitrofe, sia relative alle caratteristiche cinetiche della corrente, con la distinzione dei casi di correnti lente e di correnti veloci. In ogni caso i franchi non dovrebbero essere inferiori al valore maggiore tra: a) 0,5 volte il carico cinetico della corrente determinabile come U2/2g, dove U e' la velocita' media della corrente (m/s) e g e' l'accelerazione di gravita' (m/s2) (valore particolarmente rilevante per correnti veloci) ed b) il valore di cm. 50/100 per argini e difese spondali, ove i valori estremi corrispondono a bacini poco dissestati con modesto trasporto solido ed a bacini molto dissestati con forte trasporto solido in caso di piena. Vanno pertanto evidenziate le opere esistenti nel tronco fluviale oggetto di studio che non garantiscono tali franchi di sicurezza. Per quanto concerne la progettazione di nuove opere idrauliche si fara' riferimento a quanto descritto con maggiore dettaglio nell'Allegato D. |
| ALLEGATO D
NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI RICADENTI IN AREE INONDABILI. CRITERI PER LA REDAZIONE DEI PROGETTI DEGLI ATTRAVERSAMENTI E RILEVATI INTERFERENTI CON LA RETE IDROGRAFICA, DEGLI INTERVENTI DI RINATURAZIONE, DI MANUTENZIONE, DI REGIMAZIONE E DIFESA IDRAULICA, DI IDRAULICA FORESTALE
1. Normativa tecnica per le costruzioni ricadenti in aree inondabili A. Tipologie edilizie. Per le nuove costruzioni ammesse ai sensi delle norme di cui agli articoli precedenti nelle fasce B e C, e' fatto obbligo, salvo maggiori prescrizioni di osservare le seguenti prescrizioni tipologico-dimensionali e d'uso. * la quota minima del primo livello utile a fini residenziali e/o produttivi, non deve essere inferiore ai seguenti valori rispetto alla quota massima del piano di campagna a sistemazione di progetto eseguita: * per la fascia B mt. 1. 00; * al di sotto di detto primo livello utile non possono essere previsti neppure ambienti di servizio o pertinenze tecniche di alcun tipo; * il primo livello utile deve essere realizzato con solaio latero-cementizio o in travetti prefabbricati in conglomerato cementizio armato; * eventuali serbatoi di carburanti per impianti di riscaldamento debbono essere a tenuta stagna ed ubicati all'esterno dei fabbricati; * eventuali impianti di ascensori o elevatori debbono avere il motore collocato al di sopra del vano di corsa; * le colonne fecali e le tubature di scarico verticale delle cucine debbono essere poste sotto traccia in adiacenza a pilastri o all'interno di elementi murari verticali della struttura portante degli edifici; e' esclusa la possibilita' di realizzare pozzetti (o altri impianti di decantazione per le acque di lavorazione) a cielo libero o comunque non a tenuta stagna al servizio di officine o impianti che utilizzino direttamente o indirettamente oli minerali o loro derivati; * e' vietato il deposito all'aperto di prodotti chimici o altri materiali inquinanti di qualunque genere, anche in contenitori fissi se non garantiscano la tenuta stagna e la resistenza agli urti. B. Tipologie strutturali. Per le nuove costruzioni ammesse ai sensi delle norme di cui agli articoli precedenti nelle Fasce B e C, e' fatto obbligo di osservare le seguenti prescrizioni per le strutture portanti: * e' fatto divieto di utilizzare strutture portanti in ferro o legno; * nelle strutture portanti in muratura debbono essere impiegate malte la cui durevolezza non venga pregiudicata da immersione prolungata in acqua; e' fatto divieto di utilizzare al piano rialzato tramezzi o divisori in cartongesso e simili o realizzati con elementi gessosi, del tipo del clinker e similari; * nelle strutture portanti in conglomerato cementizio armato occorre prevedere in sede di progetto e garantire attraverso manutenzione periodica documentata che ogni elemento dell'armatura in ferro risulti coperto da uno spessore di conglomerato cementizio non inferiore in alcun punto a 2,5 cm; * il proporzionamento delle strutture portanti deve essere effettuato tenendo conto anche di carichi orizzontali, statici e dinamici, ipotizzabili in rapporto ad eventi di esondazione da piena eccezionale. Attraversamenti e rilevati interferenti con la rete idrografica Per la progettazione dei ponti stradali si richiamano le norme vigenti, D. M. del 2 agosto 1980 e D. M. del 4 maggio 1990 "Norme tecniche per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo dei ponti stradali" e la Circolare del Ministero LL. PP. n. 34233 del 25 febbraio 1991 recante "Istruzioni relative alla normativa tecnica dei ponti stradali" in cui sono contenuti indirizzi e prescrizioni circa il dimensionamento idraulico dei manufatti. Il valore della portata di piena da assumere per le verifiche idrauliche delle opere interferenti con la rete idrografica e' fissata pari a quella con tempo di ritorno di 100 anni, salvo i casi particolari in cui sia necessario assumere un tempo superiore ovvero in cui le opere di protezione e sistemazione presenti siano dimensionate per un tempo superiore. Il progetto delle opere stradali o ferroviarie, oltre alla documentazione prevista dalla normativa vigente, dovra' essere corredato da una relazione di progetto idraulico dei manufatti contenente: * descrizione e giustificazione della soluzione progettuale proposta in relazione all'ubicazione e alle dimensioni degli elementi strutturali interessanti l'alveo (sia in fase di costruzione che d'esercizio) in rapporto all'assetto morfologico attuale dello stesso e alla sua prevedibile evoluzione, alla natura geologica della zona interessata, al regime idraulico del corso d'acqua; * definizione della portata di piena di progetto e del relativo tempo di ritorno, non inferiore a 100 anni; * calcolo del profilo per la piena di progetto in condizioni di molo stazionario in assenza ed in presenza dei manufatti stradali o ferroviari con evidenziazione degli effetti di rigurgito eventualmente indotti; * evidenziazione delle interazioni con l'alveo di piena in termini di eventuale restringimento della sezione di piena, orientamento delle pile in alveo in rapporto alla direzione della corrente, eventuale riduzione delle aree allagabili, eventuali effetti di possibili parziali ostruzioni delle luci a causa del materiale galleggiante trasportato dall'acqua; * individuazione e progettazione degli eventuali interventi di sistemazione idraulica (difesa di sponda, soglia di fondo, argini) che si rendano necessari in relazione alla realizzazione delle opere secondo criteri di compatibilita' e integrazione con le opere idrauliche esistenti; * quantificazione dello scalzamento necessario prevedibile sulle fondazioni delle pile in alveo, delle spalle e dei rilevati e progettazione delle eventuali opere di protezione necessarie; * indicazione delle eventuali interferenze delle opere di attraversamento con le sistemazioni idrauliche presenti (argini, opere di sponda, ecc. ) e delle soluzioni progettuali che consentano di garantirne la compatibilita'. L'ampiezza e l'approfondimento del progetto idraulico e delle indagini che ne costituiscono la base dovranno essere commisurati al grado di elaborazione del progetto generale. I progetti degli attraversamenti dovranno prevedere, ai fini della sicurezza delle stesse strutture, le seguenti verifiche: * franco minimo tra quota di massima piena di progetto e quota di intradosso del ponte pari a 0. 5 volte l'altezza cinetica della corrente e comunque non inferiore a 1. 00 m. ; * interasse minimo tra le pile adeguato a non provocare fenomeni di ostruzione; * scalzamento massimo, in corrispondenza delle fondazioni delle pile e delle spalle, che tenga conto dello scalzamento diretto e della tendenza evolutiva dell'alveo tale da non compromettere la stabilita' della struttura. Il progetto dei rilevati in area perifluviale dovra' prevedere le seguenti verifiche: * franco minimo tra quota di massima piena di progetto e quota del piano viabile pari a 0. 5 volte l'altezza cinetica della corrente e comunque non inferiore a 1. 00 m. ; * scalzamento massimo ammissibile al piede compatibile con la stabilita' del rilevato ed eventuali opere di protezione. Dovra' essere, inoltre, verificato che la presenza dell'attraversamento e/o del rilevato non provochi ostruzioni e condizionamenti delle modalita' di deflusso dell'alveo di piena incompatibili con le condizioni di sicurezza dell'area circostante e con le caratteristiche delle opere di difesa esistenti. Dovra' pertanto essere condotta la valutazione della compatibilita' dei manufatti con l'assetto dell'alveo in termini di: * effetti di restringimento dell'alveo e/o di indirizzamento della corrente; * effetti di rigurgito a monte; * compatibilita' locale con le opere idrauliche esistenti; * effetto di riduzione della capacita' di invaso dovuto alla realizzazione dei rilevati. Per le opere minori di attraversamento (ponticelli e scatolari) il dimensionamento idraulico dei manufatti dovra' considerare e definire i seguenti elementi essenziali: * condizioni di deflusso in funzione della portata liquida di progetto; * condizioni di deflusso in funzione della portata solida di progetto; * effetti di erosione allo sbocco e relative protezioni. I criteri descritti si riferiscono anche alla verifica delle opere di attraversamento e dei rilevati esistenti. Rispetto a tali opere dovra' essere definito, a cura degli Enti gestori, un programma di graduale adeguamento per quelle che risultassero inadeguate rispetto alle verifiche fissate. Per quelle opere che risultassero incompatibili con le sistemazioni idrauliche previste nel presente piano, dovranno essere adottati i provvedimenti necessari contestualmente alla realizzazione degli interventi idraulici. Interventi di rinaturazione, manutenzione idraulica, idraulica forestale Il valore della portata di piena da assumere per il dimensionamento del ripristino della sezione dell'alveo e' fissata pari a quella con tempo di ritorno di 30 anni, salvo i casi particolari in cui sia necessario assumere un tempo superiore ovvero in cui le opere di protezione e sistemazione presenti siano dimensionate per un tempo superiore. I progetti di rinaturazione, di manutenzione idraulica, di idraulica forestale devono tendere al recupero e alla salvaguardia delle caratteristiche naturali ed ambientali degli alvei. In merito alle tipologie di intervento, l'uso dei mezzi meccanici dovra' essere preferito in quanto di maggiore economicita' e celerita', esclusivamente nel caso che riesca a garantire una qualita' d'intervento non inferiore a quella ottenibile mediante l'uso di manodopera. Si precisa che, per qualita' di intervento si intende una salvaguardia della vegetazione ed in generale degli habitat presenti nelle aree di intervento che l'utilizzo di mezzi meccanici non e' sempre in grado di garantire. L'esecuzione degli interventi volta a realizzare sezioni d'alveo che garantiscono il deflusso delle portate di piena ammissibili deve essere effettuata in modo tale da non compromettere le funzioni biologiche del corso d'acqua e delle comunita' vegetali riparali (art. 2 comma I lett. b - D. P. R. 14/4/93). Eventuali deroghe sono da porre in relazione a fenomeni di rischio per i centri abitati e per le infrastrutture, e pertanto da giustificare dal punto di vista tecnico (art. 1, comma 1, D. P. R. 14/4/93). La manutenzione ed il ripristino, anche parziale, delle opere trasversali in alveo deve prevedere gli opportuni accorgimenti per assicurare il mantenimento della continuita' biologica del corso d'acqua tra monte e valle, con particolare riferimento alla fauna ittica (scale di monta dei pesci, rampe, piani inclinati, ecc. ). Il progetto esecutivo delle opere di rinaturazione, manutenzione ed idraulica forestale deve contenere, oltre alla descrizione degli interventi, una relazione concernente: 1) le finalita' e gli obiettivi dell'intervento; 2) la descrizione del contesto ambientale entro cui l'intervento si inserisce, corredata di documentazione fotografica d'insieme e di dettaglio dell'area; 3) gli aspetti ideologici caratterizzanti il regime delle portate di piena del corso d'acqua; 4) per il tratto d'asta d'influenza, il grado di stabilita' attuale dell'alveo e delle sponde, gli eventuali dissesti in atto e potenziali e le probabili tendenze evolutive degli stessi anche in connessione con la stabilita' dei versanti; 5) la valutazione degli effetti che l'intervento produce sulle condizioni di stabilita' attuali per un significativo tratto del corso d'acqua, sia a monte che a valle dell'intervento; 6) ove significativa, l'illustrazione della vegetazione presente nella zona d'intervento e nel territorio circostante con relativa carta tematica, nonche' gli effetti che l'intervento produce sull'assetto vegetazione preesistente; 7) l'indicazione delle sezioni da tenere sotto osservazione per valutare gli effetti degli interventi; 8) la conduzione dei lavori e l'organizzazione del cantiere, con l'indicazione dei mezzi meccanici utilizzati, della localizzazione delle discariche autorizzate al conferimento dei materiali di risulta, della destinazione degli eventuali beni demaniali reperiti (materiali litoidi, legname). Il grado di approfondimento della relazione sara' necessariamente commisurato alla tipologia ed all'importanza degli interventi proposti. Quando si prevede la ricollocazione in alveo del materiale di risulta degli interventi, il progetto dovra' contenere l'individuazione cartografica delle aree di accumulo, la giustificazione e le finalita' perseguite da tale proposta. L'asportazione di materiale dal corso d'acqua dovra' essere giustificata da situazioni di manifesto sovralluvionamento (art. 2, comma I lett. c D. P. R. 14/4/93), verificando comunque la compatibilita' dell'operazione con il complessivo equilibrio trasporto/sedimentazione del corso d'acqua. Le alberature interessate dagli eventi di piena con tempo di ritorno trentennale, nei tratti fluviali di intervento, devono essere sottoposte al taglio selettivo, al fine di evitare la formazione di sezioni critiche in occasione del possibile sradicamento; la vegetazione arbustiva sulle sponde potra' essere controllata nel suo sviluppo attraverso il taglio periodico (ceduazione). Il materiale legnoso di risulta dai tagli delle alberature, se collocabile sul mercato, dovra' preferibilmente essere alienato alla ditta esecutrice dei lavori, sulla base di un prezzo concordato precedentemente, di intesa con le intendenze di Finanza e fissato contestualmente all'affidamento dei lavori secondo quanto previsto dall'art. 4, comma 10bis della Legge 677/96. Gli alvei e i canali oggetto d'intervento devono essere resi percorribili almeno da un lato con stradelle di servizio per l'uso dei mezzi meccanici, o attraverso servitu' dei terreni frontisti o con espropriazioni delle striscie di servizio. Il Capitolato Speciale d'Appalto dovra' contenere le prescrizioni relative al taglio, al reimpiego e all'allontanamento del legname. Il materiale legnoso non potra' di norma essere lasciato a rifiuto in alveo. Quello non collocabile sul mercato - arbusti, ramaglia, ecc. - dovra' essere ridotto in scaglie sul posto e comunque collocato al di fuori dell'alveo. L'impresa appaltatrice dei lavori deve altresi' impegnarsi al trasporto in discarica autorizzata ed a proprie spese dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali raccolti nell'alveo (D. P. R. 915/82). 4. Interventi di regimazione e di difesa idraulica Il valore della portata di piena da assumere per il dimensionamento delle opere finalizzate alla regimazione ed alla difesa idraulica e' fissata pari a quella con tempo di ritorno di 100 anni, salvo i casi particolari in cui sia necessario assumere un tempo superiore ovvero in cui le opere di protezione e sistemazione presenti siano dimensionate per un tempo superiore. Gli Enti territorialmente competenti presenteranno proposte d'interventi finalizzati al superamento delle situazioni di rischio individuate. Ciascuna soluzione deve essere proposta attraverso una progettazione di fattibilita', con la presentazione di elaborati che forniscano un quadro descrittivo-informativo in grado di consentire analisi e valutazioni in merito a quanto sopra riportato avendo a riferimento quanto disposto al punto 7 del DPCM 23 marzo 1990 (Atto di indirizzo e coordinamento ai fini della elaborazione e adozione degli schemi revisionali e programmatici di cui all'art. 31 della L. 18 maggio 1989, n. 183). Devono essere esaminate diverse soluzioni, tenendo conto della valutazione costi-benefici e considerando anche i costi di carattere ambientale, optando per la soluzione che realizza il miglior grado di integrazione tra i diversi obbiettivi. Gli elaborati da allegare alla progettazione di fattibilita' sono: * Un testo sintetico con la giustificazione del progetto, la descrizione dei risultati che con esso si intende raggiungere e le eventuali interconnessioni con i progetti riguardanti altre are critiche; * Una cartografia in scala non inferiore a 1:25. 000, con la localizzazione delle opere e degli interventi proposti; * Una scheda con le indicazioni delle caratteristiche dell'intervento, il grado di dettaglio nella descrizione dell'opera deve essere sufficiente per un'attendibile stima dei costi; * L'analisi costi-benefici delle soluzioni esaminate. La progettazione deve assumere quali obbiettivi primari la conservazione delle caratteristiche di naturalita' dell'alveo fluviale ed il rispetto dell'area di naturale espansione. Nel momento della progettazione esecutiva il dimensionamento delle opere di difesa idraulica andra' definito in funzione: 1) degli interventi idrologici del corso d'acqua in termini di portata di piena di progetto ed eventualmente di altre portate caratteristiche, nel caso di opere di regimazione; 2) delle valutazioni sull'assetto morfologico dell'alveo e della relativa tendenza evolutiva (erosioni di sponda e di fondo, depositi, caratteristiche tipologiche dell'alveo); 3) delle valutazioni sulle componenti naturali proprie del corso d'acqua e sulle relative esigenze di protezione, ripristino, conservazione; 4) delle caratteristiche idrauliche della corrente in relazione alle portate di dimensionamento delle opere (velocita' di corrente, altezza idrica, resistenza dell'alveo); 5) della dinamica del trasporto solido e delle relative fonti di alimentazione, per tutti gli aspetti interferenti con il buon funzionamento delle opere in progetto; 6) degli effetti indotti dalle opere in progetto sul comportamento del corso d'acqua per tratti di monte e di vale; 7) delle condizioni d'uso a cui destinare le pertinenze demaniali in rapporto alla situazione in atto. Deve costituire parte integrante del progetto la definizione delle esigenze di manutenzione delle opere da realizzare, corredata dalla stima dei costi connessi. Il progetto deve evidenziare gli aspetti connessi alla fase realizzativa delle opere che possono indurre effetti negativi sull'ambiente in cui si inseriscono le opere da realizzare; in particolare vanno valutati i problemi posti dal cantiere dalla viabilita' di accesso allo stesso e dee essere prevista, nella fase esecutiva del progetto, la definizione precisa dei ripristini e delle sistemazioni necessarie per ridurre i danni ambientali conseguenti. Il progetto generale delle opere dove consentire il raggiungimento delle finalita' prefissate senza necessita' di successivi interventi. Particolare attenzione va posta al fatto che gli interventi abbiano una sufficiente flessibilita' atta a garantire la necessaria compatibilita' con la possibile evoluzione dei fenomeni oggetto di controllo. Gli eventuali interventi a stralcio, rispetto al progetto complessivo, devono essere comunque carattere di completezza e funzionalita' in rapporto al conseguimento almeno parziale delle finalita' generali che presiedono all'insieme delle azioni da attuare. Oltre alla documentazione progettuale prevista dalla normativa vigente, dovra' essere predisposta: * la documentazione attestante le finalita' da conseguire attraverso l'intervento proposto e le conseguenti modalita' esecutive prescelte; * una relazione geologica, geomorfologica finalizzata all'individuazione, per il tratto d'asta d'influenza, del grado di stabilita' attuale dell'alveo e delle sponde, di eventuali dissesti in atto e potenziali e delle probabili tendenze evolutive degli stessi anche in connessione con la stabilita' dei versanti, la relazione dovra' contenere una valutazione degli effetti che l'intervento produce sulle condizioni di stabilita' attuali per un significato tratto del corso d'acqua, sia a monte che a valle dell'intervento; * una relazione idrologica ed idraulica finalizzata all'individuazione, per il tratto d'asta di influenza, dei parametri idraulici ed idrologici in relazione sia allo stato di fatto che alle previsioni di progetto; infine, dovranno essere evidenziati gli effetti che l'intervento produce sulla dinamica fluviale; * ove significativa, una relazione che illustri la vegetazione presente nella zona d'intervento e nel territorio circostante con relativa carta tematica; verranno quindi valutati gli effetti che l'intervento produce sull'assetto vegetazionale preesistente; * qualora nelle zone oggetto di intervento siano presenti opere d'arte o manufatti, dovranno essere allegate sezioni eseguite in corrispondenza di dette strutture, di cui dovranno essere riportate dimensioni e caratteristiche. Gli interventi dovranno essere progettati e realizzati anche in funzione della salvaguardia e della promozione della qualita' dell'ambiente; e' pertanto necessario che nella costruzione delle opere siano adottati metodi e tipologie che consentano il migliore inserimento ambientale delle stesse, prendendo in considerazione le piu' recenti tecniche di ingegneria naturalistica, in modo da non compromettere in modo irreversibile le funzioni biologiche del l'ecosistema in cui vengono inserite, rispettando ne contempo i valori paesaggistici dell'ambiente fluviale, vallivo e litoraneo. Gli alvei e i canali oggetto d'intervento devono, analogamente a quanto previsto per la manutenzione, essere resi percorribili almeno da un lato con strabelle di servizio per l'uso dei mezzi meccanici, o attraverso servitu' dei terreni frondisti o con espropriazione delle strisce di servizio. |
| ALLEGATO E
CONTENUTI TECNICI DEGLI STUDI DI COMPATIBILITA' IDROGEOLOGICA
Per gli interventi consentiti di cui all'art. 29, comma 2, delle presenti norme, deve essere predisposto uno studio di compatibilita' idrogeologica commisurato all'entita' e dimensione dell'intervento stesso ed alle effettive problematiche dell'area di intervento e di uno studio congruo intorno. Detto studio di compatibilita' idrogeologica, che comunque non sostituisce gli studi e gli atti istruttori di qualunque tipo richiesti al soggetto promotore dalla normativa vigente, dovra' dimostrare: La compatibilita' del progetto con quanto previsto dalla presente normativa, con particolare riferimento alle garanzie ed alle condizioni vincolanti rispetto alle problematiche connesse al rischio idrogeologico; Che le realizzazioni garantiscono, secondo le caratteristiche e le necessita' relative a ciascuna fattispecie, la sicurezza del territorio in coerenza di quanto disposto all'art. 31 lettera c) della L. 183/89 sulla base dei tre criteri: "incolumita' delle popolazioni, danno incombente, organica sistemazione". La compatibilita' idrogeologica deve essere: - Verificata in funzione dei dissesti che interessano le aree a diversa suscettivita' al dissesto perimetrate ai sensi del presente piano; - Stimata in base alle interferenze tra i dissesti idrogeologici individuati e le destinazioni o le trasformazioni d'uso del suolo in progetto; - Valutata confrontato gli interventi proposti con gli effetti sull'ambiente. Indicativamente, ed in funzione delle aree di intervento e delle problematiche presenti, lo studio di compatibilita' idrogeologica deve contenere: - Cartografia topografica in scala adeguata alla localizzazione dell'intervento: - Cartografia tematica in scala adeguata relativa a: * Geolitologica; * Spessori delle coperture; * Geomorfologia; * Idrologia; * Idrogeologia; * Individuazione e caratterizzazione dei fenomeni franosi; * Individuazione e caratterizzazione dei danni esistenti e pregessi; - Indagini specifiche, laddove necessarie, finalizzate alla comprensione della causa del dissesto; - Sezioni geologiche illustrative, in numero significativo ed integrate, dove necessario con i risultati di indagini in sito; - Verifiche di stabilita' del pendio; - Relazione di compatibilita'. Per gli interventi di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi, laddove risulta possibile a seguito di valutazioni accurate, e' consentito il ricorso alle tecniche di ingegneria naturalistica descritte nelle "linee guida" del Ministero dell'Ambiente. Lo studio di compatibilita' idrogeologica deve contenere: - Cartografia topografica in scala adeguata alla localizzazione dell'intervento; - Carta dei vincoli; - Cartografia tematica in scala adeguata relativa a: * Geolitologia; * Spessori delle coperture; * Geomorfologia; * Idrologia; * Idrogeologia; * Individuazione e caratterizzazione dei fenomeni franosi; * Individuazione e caratterizzazione dei danni esistenti e pregessi; * Insediamenti ed uso del suolo; - Indagini specifiche, laddove necessarie, finalizzate alla comprensione della causa del dissesto; - Sezioni geologiche illustrative, in numero significativo ed integrate, dove necessario con i risultati di indagini in sito; - Verifiche di stabilita' del pendio; - Relazione di compatibilita'. La cartografia si intende estesa al tratto di territorio utile per la comprensione del fenomeno franoso incluse le aree di alimentazione e di possibile invasione e delle aree oggetto dell'intervento. - Indagini dirette ed indirette per una corrette caratterizzazione litostratigrafica, geomeccanica, idrogeologica, del sottosuolo; - Monitoraggio strumentale; - Sezioni stratigrafiche di progetto delle quali risulti con chiarezza la costituzione del sottosuolo, le proprieta' fisico-meccaniche dei terreni, il regime delle acque sotterranee e le superfici di scorrimento evidenziate dal monitoraggio strumentale e da altre metodologie di osservazione; - Verifiche di stabilita' del pendio in assenza e in presenza degli interventi di stabilizzazione, con descrizione dei metodi di calcolo adottati; - Le diverse tipologie delle opere di consolidamento e le finalita' di ognuna di essa con valutazione di tipo analitico che ne evidenziano l'efficacia in riferimento alle condizioni pre-intervento; - Il piano di manutenzione dell'intervento; - Il piano di monitoraggio per il controllo della efficacia degli interventi di consolidamento ed il programma delle misure sperimentali; - Una valutazione analitica del costo complessivo dell'intervento. |
| ALLEGATO F
ACCORGIMENTI TECNICO COSTRUTTIVI PER IL NON AUMENTO DELLE CONDIZIONI DI RISCHIO IDRAULICO
Vengono di seguito definiti gli accorgimenti tecnico-costruttivi finalizzati al non aumento del rischio attuale, da adottarsi ai sensi dell'art. 19 della presente normativa. A tal fine rileva la definizione di rischio assunta nel presente Piano, che, come e' noto, risulta dalla combinazione dei seguenti tre fattori: (1) pericolosita', (2) valore degli elementi a rischio in termini di persone e beni, (3) vulnerabilita' degli elementi a rischio, intesa come capacita' dell'elemento a resistere all'evento. Nella specie, con riferimento al rischio idraulico, la pericolosita' e' rappresentata dalle fasce di inondabilita'. Dalla definizione generale del rischio si evince che, finche' l'introduzione di un nuovo elemento in un'area interessata da possibili inondazioni non determini un aumento delle condizioni di rischio, deve poter essere eliminata la vulnerabilita' dell'elemento stesso nei confronti dell'evento temuto. Pertanto, gli accorgimenti tecnico-costruttivi finalizzati al non aumento del rischio attuale devono essere in grado di proteggere l'elemento stesso dagli allagamenti e limitare gli effetti dannosi per la pubblica incolumita' conseguenti all'introduzione del nuovo elemento in occasione di un evento alluvionale. Ai fini dell'ammissibilita' degli interventi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3 dell'art. 19 della presente normativa, occorre verificare, caso per caso, l'efficacia degli accorgimenti nella protezione del nuovo elemento dagli allagamenti, in considerazione, in particolare, sia delle caratteristiche dell'evento atteso (quali altezze idriche e velocita' di scorrimento previste in caso di piena centennale) sia dell'alta vulnerabilita' intrinseca di alcuni elementi (per esempio, locali interrati o campeggi); tale verifica deve essere effettuata mediante un'analisi tecnico-idraulica basata sulle determinazioni del presente piano relativamente alla portata centennale. Qualora tali determinazioni non risultino sufficientemente approfondite per i casi in questione, deve essere prodotto uno studio idraulico di dettaglio finalizzato a valutare l'entita' e le caratteristiche del fenomeno nell'area interessata dall'edificazione. Le finalita' sopra indicate possono essere perseguite attraverso l'adozione, sia singolarmente sia congiuntamente, delle seguenti misure od accorgimenti tecnico-costruttivi, elencati a titolo meramente esemplificativo: 1) il confinamento idraulico dell'area oggetto dell'intervento mediante sopraelevazione o realizzazione di barriere fisiche per la corrente di inondazione; 2) l'impermeabilizzazione dei manufatti fino a una quota congruamente superiore al livello di piena di riferimento mediante sopralzo delle soglie di accesso, delle prese d'aria ed in generale di qualsiasi apertura; 3) il diniego di concessioni per locali interrati o insediamenti al alta vulnerabilita'; 4) il divieto di destinazioni d'uso che comportino la permanenza nei locali interrati. In ogni caso, la quota del piano terra abitabile delle nuove edificazioni deve essere posta ad un livello adeguatamente superiore a quello del tirante idrico associato alla piena di riferimento, e le eventuali strutture interrate devono prevedere accessi posti ad una quota superiore al tirante anzidetto maggiorato di metri 0. 50 ed essere completamente stagne e collegate direttamente con le reti di smaltimento bianche e nere. Ulteriori accorgimenti tecnico-costruttivi complementari ai precedenti possono essere: 1. l'installazione di stazioni di pompaggio; 2. la riorganizzazione della rete di smaltimenti delle acque meteoriche nelle aree limitrofe; 3. l'installazione di sistemi di allarme. |
| ALLEGATO G
INDIVIDUAZIONE DI MISURE FINALIZZATE ALLA RIDUZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO PER OPERE ESISTENTI
Viene di seguito riportata una elencazione non esaustiva delle possibili misure dirette alla mitigazione del rischio del patrimonio edilizio ed infrastrutturali esistente sito in aree ed elevata probabilita' di inondazione o di frana, da adottare da parte dell'Ente locale competente, e da attivare prioritariamente per le strutture altamente vulnerabili. 1. La delocalizzazioni o rilocalizzazione degli elementi maggiormente a rischio, situati in particolare nella fascia A e sottofascia B1, e nelle aree a suscettivita' al dissesto molto elevata ed elevata; 2. provvedimenti di inabitabilia' per locali posti a quote non compatibili con l'inondabilita' dell'area e/o diniego di concessione edilizia per locali seminterrati; 3. la messa in opera di misure o accorgimenti tecnico costruttivi o, in generale, la realizzazione di opere per la riduzione del rischio dei locali soggetti ad alto rischio idraulico; 4. variazioni di destinazione d'uso dei manufatti edilizi esistenti finalizzate a renderli il piu' possibile compatibili con l'inondabilita' o la propensione al dissesto dell'area. |
| ALLEGATO H ----> vedere allegato da pag. 63 a pag. 74 del S.O. <---- |
| ALLEGATO I
DIRETTIVA SUI CRITERI PER L'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI DI INGEGNERIA NATURALISTICA
In Collaborazione con l'A. I. P. I. N Campania Premessa La presente direttiva fissa i criteri e gli indirizzi in materia di ingegneria naturalistica, a cui dovranno fare riferimento gli organismi e gli enti soggetti alla pianificazione di bacino. Il processo di programmazione e di progettazioni di opere nel campo della difesa del suolo parte da una piu' attenta analisi degli elementi costitutivi dell'ecosistema e delle interrelazioni fra i diversi ecosistemi. L'esecuzione di opere di difesa del suolo, siano esse sistemazioni idrauliche, stabilizzazione di versanti, o di salvaguardia e recupero ambientale, vengono progettate ed eseguite con ricorso in via prioritaria alle tecniche dell'ingegneria naturalistica. Nel rispetto della vigente normativa in materia di LL Pp in sede di programmazione degli interventi. d studio di fattibilita' e di progettazione e' indispensabile valutare la possibilita' di far ricorso alle tecniche dell'ingegneria naturalistica. Il giudizio tecnico di applicabilita' o meno di dette tecniche deve risultare da uno specifico studio riportato in una "Relazione sull'applicabilita' delle tecniche dell'Ingegneria Naturalistica". Tale relazione sulla base degli studi, paesaggistico, ideologico, idraulico, geologico, geotecnica, vegetazionale e faunistico, deve riportare i criteri adottati nella valutazione della compatibilita' degli interventi di ingegneria naturalistica con la natura delle opere a farsi in, relazione al paesaggio in cui le stesse opere saranno calate; si dara' conto dei criteri di scelta delle tecniche , dei modelli di calcolo, del ruolo e dell'influenza della vegetazione nella stabilita' e funzionalita' dell'opera. In particolare la relazione riportera' i risultati dell'analisi ecosistemica, intesa quale conoscenza e valutazione di fattori che compongono l'ecosistema, lo studio delle relazioni che intercorrono tra essi e con il territorio circostante, non la stima delle probabili evoluzioni. La relazione e' redatta a cura di tecnico che con apposito curriculum dimostri la propria esperienza nel campo dell'ingegneria naturalistica. L'ingegneria naturalistica, disciplina tecnico-scientifica che coniuga i principi dell'ingegneria con l'ecologia e le scienze naturali, e' intesa come insieme di tecniche di costruzione del paesaggio, che utilizza piante o parti di esse in abbinamento con altri materiali inerti, provocando processi naturali finalizzati alla ricostruzione ambientale, alla rinaturazione con la creazione di nuove unita' ecosistemiche stabili. Funzioni dell'ingegneria naturalistica - Gli obiettivi che l'ingegneria naturalistica intende raggiungere cosi' si riassumono: - funzione idrogeologica, con il consolidamento del terreno e la sua protezione dall'erosione; - funzione ecologica, con la ricostruzione di ambienti naturali; - funzione estetico-paesaggistica, di corretto inserimento ambientale delle opere a farsi; - funzione socio-economica, conseguente alla gestione economica delle risorse naturali. Obiettivo finale dell'ingegneria naturalistica e' quello di aumentare la diversita' e complessita' ambientale con il raggiungimento peraltro di condizioni di stabilita' idrogeologica. - I campi di intervento dell'ingegneria naturalistica nello specifico sono: - consolidamento di sponde fluviali e lacuali; - consolidamento di versanti; - consolidamento di rilevati di infrastrutture; - recupero di cave e discariche; - realizzazione di barriere antirumore, antismog, visive; - realizzazione di ecosistemi filtro; - recuperi di aree dimesse e di aree di cantiere. ALLEGATO I Principi di intervento con tecniche di ingegneria naturalistica nella sistemazione dei corsi d'acqua I progetti nel campo della difesa del suolo dovranno ispirarsi ai seguenti principi generali: - aumento delle aree di pertinenza fluviale, in primo luogo con il recupero delle aree gia' di proprieta' demaniale; - laddove possibile consentire il divagamento d'alveo; - attuare difese passive dalle acque; - diversificare la germofologia fluviale; - laddove possibile tendere a condizioni di equilibrio idraulico (pendenza di compenso); - fare ricorso a briglie selettive nel controllo del trasporto solido; - se necessario regolarizzare la pendenza di fondo fare ricorso in via prioritaria a rampe di risalita per pesci. A fine di valutare prima l'applicabilita' dell'ingegneria naturalistica, o a quali condizioni essa sia applicabile e quindi poter scegliere le tecniche che si addicano alle varie condizioni occorre in primo luogo valutare i livelli medi di magra, morbida e piena di un corso d'acqua. Andra' ricostruita, esponendola in apposite tavole, l'evoluzione geomorfologia del corso d'acqua, e valutate le unita' di paesaggio attraversate dallo stesso corso d'acqua; sia l'una che l'altro aspetto andra' salvaguardato e non drasticamente modificato. Lungo il corso d'acqua andra' garantita la continuita' degli scambi biologici fra i vari tronchi, mentre lungo le sponde dovra' essere garantita la continuita' del corridoio ecologico costituito dalla vegetazione ripariale, compatibilmente con il regime ideologico del corso d'acqua ed i livelli di sicurezza. Qualora la presenza di vegetazione in alveo riduca la capacita' di deflusso in misura da abbassare sensibilmente i coefficienti di sicurezza idraulica e' ammesso il ricorso al taglio periodico della vegetazione, avendo cura di non danneggiare definitivamente gli apparati radicali delle piante ubicate sulla parte alta delle sponde. Principi di intervento con tecniche di ingegneria naturalistica nella sistemazione dei versanti Nella sistemazione dei versanti l'ingegneria naturalistica e' utilizzabile per il controllo dell'erosione e per il recupero di aree interessate da fenomeni franosi superficiali. Inoltre e' possibile far ricorso all'ingegneria naturalistica anche fuori da tali campi in abbinamento ad altre tecniche anche a maggior impatto nel qual caso le tecniche dell'ingegneria naturistica assolveranno principalmente alla funzione di favorire l'inserimento ambientale delle opere. Per quanto riguarda le opere di sostegno (palificate, gabbionate, palizzate, muri cellulari, scogliere,ecc. ) ai sensi del D. M. 11 marzo 1988, queste devono essere preventivamente calcolate e verificate tramite normali metodi ingegneristici applicati per la stabilita' dei muru di sostegno e delle terre. Nella sistemazione di un versante particolare cura occorre riservare allo studio della circolazione idrica, subsuperficiale e profonda ed individuare i sistemi di drenaggio piu' opportuni privilegiando quelli che fanno ricorso alle piante vive. Le tecniche dell'ingegneria naturalistica Nella scelta delle tecniche di ingegneria naturalistica da adottare occorre basarsi sul principio del livello minimo di energia: occorre utilizzare la tecnica piu' semplice purche' sufficiente a raggiungere lo scopo per cui la si progetta. Il sovradimensionamento di opere, la scelta di tecniche piu' complesse laddove sufficienti tecniche elementari risulta essere in contrasto con i principi base di una corretta progettazione ambientale. La dimostrazione della corretta applicazione di tale principio progettuale deve risultare chiaramente dagli elaborati progettuali, cio' costituisce condizione per l'approvazione dei progetti. ALLEGATO I Le tecniche di ingegneria naturalistica adottabili hanno come principio l'utilizzo di piante vive o parti di esse, in modo che alla vegetazione sia riservato un reale e principale ruolo nell'azione stabilizzante. Nel transitorio, fino al completo attecchimento della vegetazione il compito di stabilizzare potra' essere assolto dai materiali morti o inerti. In ogni caso la parte inerte non dovra' avere un ruolo assorbente ed esclusivo nell'azione di stabilizzazione e protezione. Nella individuazione delle tecniche dell'ingegneria naturalistica si fa riferimento a quelle riportate nelle "Linee guida per capitolati speciali per interventi di ingegneria naturalistica e lavori di opere a verde" edito dal Ministero dell'Ambiente nel Settembre del 1997 con il contributo tecnico-scientifico dell'AIPIN (Associazione Italiana per l'Ingegneria Naturalistica), a quelle di uso corrente nella regione o ad altre che possono proporre i progettisti nel rispetto del principio base che alla vegetazione spetta il ruolo esclusivo o preminente nell'azione di stabilizzazione e protezione. Elenco delle tecniche: - interventi di semina e rivestimenti: * semina a spaglio * semina con fiorame * semina paglia e bitume * idrosemina * idrosemina a spessore * semina a strato con terriccio * semina di piante legnose * biotessile in juta * biostuoia in paglia * biostuoia in cocco * biostuoia in cocco e paglia * biostuoia in trucioli in legno * biofeltro in fibre miste * biotessile in cocco * biorete di cocco * biostuoia tridimensionale in cocco * geostuoia tridimensionale in materiale sintetico * geostuoia tridimensionale in materiale sintetico bitumata in opera a freddo * geostuoia tridimensionale in materiale sintetico prebitumata industrialmente a caldo * geocelle a nido d'ape in materiale sintetico - interventi stabilizzanti * messa a dimora di talee * piantagione di arbusti * piantagione di alberi copertura diffusa con ramaglia viva * copertura diffusa con culmi di canna * viminata viva * fascinata viva * fascinata sommersa * cordonata viva * cordonata viva con piloti * gradinata viva * graticciata di ramaglia * graticciata in rete zincata e stuoia ALLEGATO I * ribalta viva * palizzata viva * palificata con graticcio "Tipo Vallo di Diano" * interventi combinati di consolidamento: * grata viva * palificata viva * sbarramento vivo * traversa viva * repellente di ramaglia * rullo spondale * muro cellulare rinverdito * gabbionate rinverdite * materasso in rete metallica rinverdito * terra rinforzata a paramento vegetato * muro a secco rinverdito * cuneo filtrante * rampa a blocchi * scogliera rinverdita * briglia viva in legname e pietrame. Monitoraggio e controllo delle opere Al fine del controllo della corretta applicazione della presente direttiva l'Autorita' di Bacino Interregionale costituira' un'apposita commissione tecnica composta da esperti del settore dell'Ingegneria Naturalistica. La commissione avra' il compito di proporre all'Autorita' di Bacino modifiche o ampliamenti della presente direttive, nuove direttive tecniche, esprimera' un parere sulla progettazione che fara' ricorso alle tecniche dell'ingegneria naturalistica e valutera' le "Relazioni sull'applicabilita' delle tecniche dell'Ingegneria Naturalistica" allegate ai singoli progetti presentati all'esame dell'autorita' di bacino. La commissione tecnica dettera' criteri per l'azione di monitoraggio delle opere di Ingegneria Naturalistiche. |
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