| Gazzetta n. 223 del 25 settembre 2001 (vai al sommario) |  
| PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA |  
| DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 11 settembre 2001 |  
| Scioglimento   del  consiglio  comunale  di  Pompei  e  nomina  della commissione straordinaria. |  
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                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA  Considerato che il consiglio comunale di Pompei (Napoli), rinnovato nelle   consultazioni   elettorali   del   13 giugno  1999,  presenta collegamenti diretti ed indiretti tra parte dei componenti del civico consesso  e  la  criminalita'  organizzata,  rilevati  dai competenti organi investigativi;  Constatato  che  tali  collegamenti con la criminalita' organizzata espongono  gli  amministratori  stessi  a  pressanti condizionamenti, compromettendo  la  libera  determinazione dell'organo elettivo ed il buon andamento dell'amministrazione comunale di Pompei;  Rilevato,    altresi',    che   la   permeabilita'   dell'ente   ai condizionamenti  esterni  della criminalita' organizzata arreca grave pregiudizio  allo  stato  della  sicurezza  pubblica  e  determina lo svilimento   delle  istituzioni  e  la  perdita  di  prestigio  e  di credibilita' degli organi istituzionali;  Ritenuto  che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e  deterioramento  dell'amministrazione comunale, si rende necessario far  luogo  allo  scioglimento  degli  organi  ordinari del comune di Pompei,  per  il  ripristino  dei  principi democratici e di liberta' collettiva;  Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;  Vista  la  proposta  del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;  Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 31 agosto 2001;                              Decreta:                               Art. 1.  Il  consiglio  comunale di Pompei (Napoli) e' sciolto per la durata di diciotto mesi.  |  
|   |                                 Art. 2.  La  gestione  del  comune  di  Pompei  (Napoli)  e'  affidata  alla commissione straordinaria composta da:    dott.ssa Maria Pia Larciprete Weber - viceprefetto;    dott.ssa Giovanna Cerni - viceprefetto aggiunto;    dott. Gianfranco D'Angelo - direttore amministrativo contabile.  |  
|   |                                 Art. 3.  La  commissione  straordinaria  per la gestione dell'ente esercita, fino  all'insediamento  degli  organi  ordinari  a norma di legge, le attribuzioni  spettanti  al  consiglio  comunale,  alla  giunta ed al sindaco  nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.    Dato a Roma, addi' 11 settembre 2001                               CIAMPI                              Berlusconi,  Presidente  del  Consiglio                              dei Ministri                              Scajola, Ministro dell'interno Registrato alla Corte dei conti il 14 settembre 2001 Ministeri istituzionali - Interno, registro n. 12, foglio n. 67  |  
|   |                                                               Allegato                   Al Presidente della Repubblica    Il   consiglio  comunale  di  Pompei  (Napoli),  rinnovato  nelle consultazioni  amministrative  del  13 giugno 1999, presenta forme di condizionamento   da   parte   della   criminalita'  organizzata  che compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' degli organi elettivi,  il buon andamento dell'amministrazione ed il funzionamento dei  servizi,  con grave pregiudizio per lo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica.    Invero,   a   seguito   di   rilevate   interferenze  nella  vita amministrativa  dell'ente  da  parte  della criminalita' organizzata, massicciamente  presente  nell'area  dei  comuni  vesuviani in cui e' ricompreso  il territorio del comune di Pompei, il prefetto di Napoli ha  disposto  l'accesso  presso la suddetta amministrazione, ai sensi dell'art.  1,  quarto  comma,  del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, e successive modificazioni ed integrazioni.    Gli   accertamenti   svolti   tanto  dalle  competenti  autorita' investigative  quanto  dalla  commissione  d'accesso, nel rilevare la sussistenza   di   forme   di   condizionamento   della  criminalita' organizzata  nell'azione amministrativa dell'ente locale, hanno posto in risalto come, nel tempo, l'uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato   nel   favorire   soggetti  collegati  direttamente  o indirettamente con gli ambienti della cosca locale.    Una  fitta  ed intricata rete di parentele, affinita', amicizie e frequentazioni,  e'  il  tramite  che  lega  taluni  amministratori e dipendenti  comunali ad esponenti vicini all'organizzazione criminale locale  i  quali,  in  tal  modo,  riescono ad ingerirsi negli affari dell'ente,  strumentalizzandone le scelte e sottomettendole ai propri interessi.    Il   comune,   per  la  presenza  dell'area  archeologica  e  del santuario,  costituisce  un  centro  di rilevanti interessi economici tali   da   richiamare   l'attenzione  dei  sodalizi  criminosi  gia' attivamente  presenti nella zona, che da tempo cercano di partecipare alle  attivita'  economiche  gestite  per  conto dell'ente e di avere liberta' di movimento per l'edilizia abusiva.    Il rilevante grado di collegamento di alcuni amministratori, gia' presenti  nella compagine amministrativa delle precedenti gestioni, e di  dipendenti  del  comune  di  Pompei  e' peraltro suffragato dalle risultanze  investigative  cui sono pervenute le competenti autorita' giudiziarie   in  occasione  di  recenti  operazioni  di  lotta  alla criminalita' organizzata.    L'esistenza  di  un  centro  di  potere  esterno  che  condiziona l'operato  degli  amministratori appare suffragata dalla circostanza, rilevata nel corso delle indagini, che personaggi risultati affiliati alla cosca locale, pur non rivestendo alcuna carica pubblica, fossero presenti notoriamente ed assiduamente all'interno dell'ente. L'anello di    congiunzione    tra   il   predetto   sodalizio   criminale   e l'amministrazione  comunale  e'  stato,  in  particolare, individuato nella figura di un affiliato della cosca locale assiduo frequentatore di   esponenti   della   maggioranza,  funzionari  del  comune  e  di appartenenti al comando della polizia municipale, e legato da stretta amicizia  con  il  presidente  del  consiglio  comunale. Quest'ultimo amministratore,  raggiunto  nel  corso  dell'anno,  insieme al citato esponente,   da  ordinanza  di  custodia  cautelare  in  carcere  per associazione  a  delinquere  di  stampo mafioso, ha fatto parte anche delle  precedenti  amministrazioni  rivestendo  incarichi  di governo soprattutto  nei  settori  dell'urbanistica  e  dei  lavori pubblici. Alcuni   componenti   dell'organo   esecutivo  risultano  attualmente indagati  per  delitti  contro  la  pubblica  amministrazione.  Degli appartenenti  al  comando  di  polizia  municipale  hanno rapporti di parentela  con esponenti di spicco della cosca locale. Uno di essi e' stato  riassegnato  al  comando  dopo  la  sospensione dal servizio a seguito  di  arresto  per  il delitto di peculato, beneficiando anche illegittimamente di indennita' accessorie, ed e' attualmente indagato in  quattro  procedimenti  penali per i reati di falsita' ideologica, appropriazione indebita, usura, truffa e associazione per delinquere.    Come  ampiamente esposto nella relazione commissariale conclusiva dell'accesso,  cui  si  rinvia integralmente, i settori in cui emerge segnatamente  l'utilizzo della pubblica amministrazione per personali tornaconti  affaristici  sono  quelli  dell'edilizia  e degli appalti pubblici.    I  condizionamenti  operati  dalla  criminalita'  organizzata nel settore  edilizio,  resi ancora piu' gravi dai vincoli ambientali cui e'  sottoposto  il  territorio  comunale  di  Pompei  e  dal  rischio derivante  dalla  presenza  del  Vesuvio  nelle  immediate vicinanze, emergono,  in  particolare,  da una serie di attivita' amministrative palesemente  illecite  che  vanno  dall'accertata costante violazione delle  norme  del  regolamento edilizio, all'inesistente attivita' di controllo  urbanistico,  intesa sia come repressione degli abusi, sia come  controllo  della  conformita'  dei  lavori  rispetto  a  quelli consentiti.  In  ordine  a  tale ultimo profilo risulta che a nessuna delle ordinanze di sospensione dei lavori edilizi abusivi abbia fatto seguito  l'abbattimento  del manufatto o l'acquisizione al patrimonio comunale.    La  commissione  di  accesso  ha  posto  dunque  in rilievo come, segnatamente  nel  settore  urbanistico, l'attivita' del comune abbia risposto,  per  effetto  dell'interferenza operata da fattori esterni riconducibili  alla criminalita' organizzata, a criteri svincolati da qualsiasi  valutazione tecnica delle domande di concessione edilizia. Tutte  le  vicende, ampiamente esposte nella relazione commissariale, evidenziano,  infatti, un'accentuata propensione dell'amministrazione comunale  a  deviazioni  dal  sistema  di  legalita',  che  la  rende particolarmente vulnerabile alle pressioni esercitate dall'esterno.    Sintomatica   della  sussistenza  di  condizionanti  collegamenti risulta   la   vicenda   dell'approvazione   del  piano  di  sviluppo commerciale.  La  commissione  ha  rilevato  elementi  che inducono a ritenere  sussistere  in  alcuni  amministratori  comunali  un vero e proprio interesse nel predisporre in commissione, e poi far approvare dagli  organi  comunali  competenti, un progetto di piano di sviluppo commerciale  che  comprendesse aree ben definite. Sono infatti emerse coincidenze  temporali  tra  le fasi di definizione e di approvazione del  piano  presso le competenti commissioni comunali e le trattative condotte  da  persone legate alla locale organizzazione criminale per l'acquisto  di  terreni  situati  nelle  aree  interessate dal piano, conclusesi, poi, con la cessione dei suoli.    L'assoggettamento    dell'ente    alle    scelte   della   locale organizzazione  criminale  e'  emerso anche nel settore degli appalti pubblici.   La   commissione   ha  rilevato  procedure  disinvolte  e disinibite   nella   gestione   dei  fondi  pubblici  destinati  alla realizzazione  di  opere  e lavori pubblici e dei relativi appalti di affidamento,  nonche'  in  materia  di  aggiudicazione  di  pubbliche forniture  e  servizi  pubblici.  L'attivita'  amministrativa in tale settore  non  e' stata quasi mai ispirata a principi di tempestivita' di  intervento,  correttezza  e  trasparenza  delle scelte al fine di garantire  la  libera ed efficace concorrenzialita' tra gli operatori per il bene pubblico.    Emblematica  dell'atteggiamento  rinunciatario  o  inerte  tenuto dall'amministrazione  in contrasto con i principi ordinamentali della tempestivita', dell'efficacia e della trasparenza e' stata la proroga e  la successiva proposta di proroga dell'affidamento del servizio di accertamento  e  riscossione dell'imposta di pubblicita' ad una ditta in  vertenza  con  il comune dopo che accertamenti ispettivi da parte del  Ministero  delle finanze avevano evidenziato gravi irregolarita' gestionali  comportanti  in  danno  dell'ente  un mancato introito di imposta di centinaia di milioni. Le pressioni effettuate dagli organi politici  alla  struttura burocratica per la concessione di una nuova proroga  sarebbero terminate in concomitanza con il diffondersi della notizia dell'arresto del presidente del consiglio comunale e di altri elementi di spicco della criminalita' organizzata.    Un  ulteriore  segnale  della soggezione dell'apparato politico e gestionale  a  scelte  rispondenti  ad  interessi  estranei  a quelli dell'ente  e'  dato dalla vicenda relativa all'affidamento del locale campo  sportivo.  L'affidamento  e'  stato  disposto  in favore di un consorzio  direttamente  dal  sindaco,  che  ha  di  fatto consentito l'utilizzo   dell'impianto   anche   in   assenza   della  necessaria preliminare  sottoscrizione  di  apposita  convenzione  tra  comune e concessionario.  La mancanza di un piano di adeguamento dell'impianto e  la presenza tra i soci del consorzio affidatario del nominativo di un  affiliato  alla  cosca  locale,  colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso, costituivano,   infatti,   motivi   ostativi   alla   stipula   della convenzione.  Il  consorzio,  inoltre,  non  risultava presente nella banca  dati  dell'anagrafe  tributaria e della Camera di commercio e, nell'atto  costitutivo  e  nello statuto, recati da scritture private ne'  autenticate ne' registrate, non erano indicati i dati anagrafici dei soci.    La penetrazione dell'attivita' criminosa nell'ente ha favorito il consolidamento  di un sistema di connivenze e collusioni che di fatto priva la comunita' delle fondamentali garanzie democratiche e pone in pericolo lo stato generale della sicurezza civile.    Il  delineato  clima  di  grave  condizionamento e degrado in cui versa il comune di Pompei, la cui capacita' di determinazione risulta assoggettata  alle  scelte  delle locali organizzazioni criminali, la palese   inosservanza  del  principio  di  legalita'  nella  gestione dell'ente  e  l'uso  distorto  della cosa pubblica, utilizzata per il perseguimento  di  fini  contrari al pubblico interesse, hanno minato ogni  principio  di  salvaguardia  della  sicurezza pubblica ed hanno compromesso  le  legittime  aspettative  della  popolazione ad essere garantita  nella  fruizione  dei  diritti  fondamentali,  ingenerando sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini.    Invero,  la  descritta  condizione  di  degrado  del  comune e le esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonche' di garanzia  dei  valori costituzionali, in larga misura compromessi dal diffuso  sistema  di  illegalita', richiedono l'intervento risolutivo dello  Stato  finalizzato  a recidere i legami tra gli amministratori locali  e gli esponenti della criminalita' organizzata ed a prevenire l'ulteriore deterioramento dell'ente.    A  tal  fine,  il prefetto di Napoli, pertanto, con relazione del 25 luglio  2001, che qui si intende integralmente richiamata, ha dato avvio alla procedura di scioglimento del consiglio comunale di Pompei ai  sensi  dell'art.  143  del decreto legislativo 18 agosto 2001, n. 267.    La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.    Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni indicate  nell'art.  143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che legittimano lo scioglimento del consiglio comunale di Pompei (Napoli),  si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore.      Roma, 30 agosto 2001                                    Il Ministro dell'interno: Scajola  |  
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