Gazzetta n. 163 del 16 luglio 2001 (vai al sommario)
REGIONE SICILIA
DECRETO 13 giugno 2001
Vincolo paesaggistico imposto sul "Territorio costiero dalla foce del torrente di Sumera al castello di Montechiaro", ricadente nei comuni di Agrigento e Palma di Montechiaro.

IL DIRIGENTE GENERALE
del Dipartimento regionale
dei beni culturali ed ambientali

Visto lo statuto della Regione Siciliana;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n. 637, recante norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana in materia di tutela del paesaggio, di antichita' e belle arti;
Visto il testo unico delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'amministrazione della Regione Siciliana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 1979, n. 70;
Vista la legge regionale 1o agosto 1977, n. 80;
Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116;
Vista la legge 8 agosto 1985, n. 431;
Visto il testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352, approvato con decreto-legge 29 ottobre 1999, n. 490, che ha abrogato la legge 29 giugno 1939, n. 1497;
Visto il regolamento di esecuzione approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357;
Visto il decreto amministrativo n. 6010 del 10 maggio 1999 con il quale e' stata ricostituita per il quadriennio 1999-2003 la Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Agrigento;
Esaminato il verbale n. 59 del 9 dicembre 1999 con il quale la Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Agrigento ha proposto di sottoporre a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, "il territorio costiero dalla foce del Vallone di Sumera al castello di Montechiaro" ricadente nei comuni di Agrigento e Palma di Montechiaro, delimitato perimetralmente secondo quanto descritto nel verbale del 9 dicembre 1999, a cui si rimanda e che fa parte integrante del presente decreto;
Accertato che il verbale del 9 dicembre 1999 contenente la suddetta proposta e' stato pubblicato all'albo pretorio del comune di Agrigento dal 20 dicembre 1999 al 20 marzo 2000 e a quello di Palma di Montechiaro dal 17 dicembre 1999 al 18 marzo 2000 ed e' stato depositato nelle segreterie dei comuni stessi per il periodo previsto dalla legge n. 1497/1939;
Viste le opposizioni alla proposta di vincolo paesaggistico del territorio costiero dalla foce del Vallone di Sumera al castello di Montechiaro prodotte la prima, nei termini (17 giugno 2000) e l'altra fuori termine (20 giugno 2000) e precisamente: quella del Sig. Angelo Scifo rappresentante della ditta "Sigest" e quella del sig. Stefano Bonanno presidente della societa' "Maredem Village" proprietari entrambi di due fondi agricoli ricadenti all'interno dell'area in esame proposta a vincolo paesaggistico e appartenente al territorio di Palma di Montechiaro.
Le opposizioni sopra citate presentano analoghe argomentazioni. Gli opponenti lamentano:
1) errata composizione della Commissione, che doveva essere composta piu' correttamente e coerentemente, ai sensi dell'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975, oltre che dal soprintendente unico anche dal direttore della sezione paesaggistica e da quello della sezione archeologica piu' l'esperto in materia forestale;
2) la composizione della Commissione e' errata anche in relazione al fatto che il decreto legislativo n. 490 del 29 ottobre 1999, intervenuto subito dopo la proposta della soprintendenza ha modificato la composizione della Commissione di cui all'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975. Pertanto alla luce della nuova legge la Commissione di Agrigento doveva essere composta da rappresentanti regionali, provinciali, dai sindaci interessati, oltre che dal soprintendente e dal direttore della sezione paesaggistica e da quello della sezione archeologica;
3) la proposta di vincolo doveva essere depositata presso alcune associazioni professionali e produttive cosi' come previsto dall'u.c. dell'art. 2 della legge n. 1497/1939;
4) la Commissione inoltre avrebbe dovuto tentare di conciliare l'interesse pubblico con gli interessi dei privati, per cui le attivita' che attualmente si svolgono nel territorio sottoposto a tutela paesaggistica verrebbero fortemente danneggiate dalla presenza del vincolo;
5) infine le riferite valutazioni della Commissione denotano una imprecisa conoscenza dei luoghi, peraltro gia' tutelati dalla legge n. 431/1985 e dalla legge n. 1089/1939;
Viste le controdeduzioni della soprintendenza;
Ritenuto che "le opposizioni previste dall'art. 3 della legge n. 1497/1939 ... non sono veri e propri rimedi giuridici, ma semplici apporti collaborativi forniti dal cittadino ..." (T.A.R. Sicilia, Catania, 28 novembre 1995, n. 2525) e che quindi si palesa opportuno prendere in considerazione tutte quelle pervenute, cosi' come sopra descritte, per quanto tardivamente e irritualmente prodotte;
In merito ai profili di censura ivi dettagliati, si osserva:
1) per quanto attiene la doglianza relativa all'errata composizione della Commissione di Agrigento va evidenziato che in forza della legge regionale n. 80/1977 il Soprintendente "unico" per i beni culturali e ambientali e' subentrato nelle competenze (in precedenza limitate per materia) dei soprintendenti esistenti sulla base della previgente normativa (T.A.R. di Catania, 5 giugno 1997, n. 1260). Ne consegue che la ricostruzione giuridica effettuata dagli opponenti, secondo cui la Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche dovrebbe essere composta dai direttori di sezione, non appare in sintonia con l'attuale sistema.
Ed invero, compito delle sezioni tecnico-scientifiche e' attualmente quello di svolgere il lavoro istruttorio della proposta di vincolo, che dovra' poi essere valutato dalla Commissione provinciale presieduta dal soprintendente.
Per il resto, nessuna norma prevede che la predetta Commissione debba essere composta con la presenza dei direttori di sezione (T.A.R. di Catania 5 giugno 1997, n. 1260). Inoltre si appalesa inammissibile la doglianza relativa al preteso obbligo di integrazione della Commissione con un esperto in materia forestale. La stessa normativa invocata dagli opponenti prevede, infatti, che tali esperti debbano essere presenti esclusivamente nell'ipotesi - non realizzatasi nella fattispecie - in cui l'esistenza di foreste costituisca presupposto (o quantomeno presupposto concausale) per l'apposizione del vincolo (T.A.R. di Palermo 16 febbraio 2000, n. 1074);
2) per quanto attiene la doglianza relativa all'errata composizione della Commissione anche ai sensi dell'art. 140 del testo unico n. 490/1999, va sottolineato che l'istruttoria del procedimento di apposizione del vincolo paesaggistico in esame si e' svolta e conclusa prima dell'entrata in vigore del testo unico n. 490/1999 e quindi in vigenza dell'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975;
3) in merito al mancato deposito del verbale del 9 dicembre 1999 presso le Unioni dei professionisti ed artisti, degli agricoltori e degli industriali e' opportuno rilevare che secondo gli articoli 2 e 3 della legge n. 1497/1939 e l'art. 1 del regio decreto n. 1357/1940, le Unioni dei professionisti ed artisti, degli agricoltori e degli industriali, intervenivano nel procedimento di individuazione delle bellezze naturali con un triplice ruolo: come fonte di designazione di membri della Commissione provinciale, in rappresentanza "delle categorie interessate"; come luogo di deposito degli elenchi delle bellezze di insieme compilati dalla Commissione predetta; come soggetti preposti alla ricezione dei reclami e delle proposte degli interessati, e al loro coordinamento al fine della successiva trasmissione al Ministero.
Queste tre forme di partecipazione derivano dall'allora vigente ordinamento corporativo, di rappresentanza istituzionale delle categorie produttive.
Tale situazione normativa e' stata pero' radicalmente innovata dall'art. 31, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 805/1975, che ha diversamente regolato la composizione delle Commissioni provinciali.
Prevedendosi ora una composizione data da funzionari preposti al settore della tutela culturale e ambientali e da "esperti" con l'esclusione sia dei rappresentanti di categoria sia dell'Ente per il turismo, si e' pervenuti ad un assetto totalmente coerente con la funzione della Commissione che, concernendo la ricognizione dei luoghi dotati di pregio paesistico degno di tutela, e' essenzialmente improntata, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, da discrezionalita' tecnica.
Sulla base di questa rilevanza di fondo dell'innovazione legislativa pare consentito di ritenere che essa, ancorche' formalmente e oggettivamente limitata alla norma regolatrice della composizione della Commissione, estende la sua forza abrogante, sotto il profilo di una funzionale incompatibilita', alle altre norme citate che attribuiscono alle Unioni provinciali ulteriori titoli di presenza nel procedimento amministrativo;
4) in merito al quarto punto di doglianza si puo' rilevare che gli interessi dei privati sono maggiormente tutelati in presenza del vincolo paesaggistico, anziche' nella pregressa situazione di inadeguatezza normativa e regolamentare, certamente foriera di ulteriore degrado territoriale. Del resto la tesi secondo cui il vincolo pregiudicherebbe l'espansione industriale e commerciale appare priva di effettiva consistenza. "Unico effetto diretto (rectius: direttamente incidente sulle posizioni giuridiche soggettive dei privati) dell'apposizione del vincolo, e' infatti quello dell'introduzione, a carico dei proprietari (possessori o detentori) delle aree ad esso assoggettate, dell'onere di richiedere alla competente soprintendenza per i beni culturali ed ambientali il nulla osta per la realizzazione di opere che possano modificare il paesaggio. Il che lungi dal determinare il paventato blocco assoluto di ogni attivita' costituisce una civile misura di razionalizzazione strumentale al corretto uso del territorio ed un freno alla realizzazione di opere che possano finire con il deteriorare le valenze paesaggistiche del luogo oggetto di tutela" (T.A.R. sez. I, sent. n. 1074 del 16 febbraio 2000);
5) per quanto concerne la doglianza degli opponenti relativa ad una presunta imprecisa conoscenza della zona in argomento, peraltro gia' tutelata dalla legge n. 431/1985 e dalla legge n. 1089/1939, si puo' affermare che le scelte discrezionali delle amministrazioni non sono sindacabili salvo che in presenza di un obiettivo errore, di conclamato travisamento dei fatti o di una manifesta illogicita'.
Dalla lettura del verbale emerge chiaramente che la Commissione ha condotto l'istruttoria per l'applicazione del vincolo con il dovuto scrupolo, mediante un'analitica e compiuta conoscenza dei luoghi.
Pertanto i giudizi di valore e di merito espressi dalla predetta Commissione costituiscono manifestazione non gia' di mero arbitrio, ma di un potere di valutazione che, pur connotandosi come ampiamente discrezionale, (essendo rivolte alla individuazione e valorizzazione di canoni estetici e relativi) appare nella fattispecie usato correttamente (T.A.R. sez. I, sent. n. 1074 del 16 febbraio 2000).
Infine gli opponenti affermano che la proposta di vincolo paesaggistico in argomento sarebbe illegittima in quanto il territorio costiero dal vallone di Sumera al castello di Montechiaro, ricadente nei comuni di Agrigento e Palma di Montechiaro risulta gia' vincolato ai sensi della legge n. 1089/1939 e dalla legge n. 431/1985. Ma tale rilievo appare destituito di fondamento, poiche' la legge n. 1089/1939 e' uno strumento di tutela che vale a salvaguardare singole cose di interesse storico-artistico, incidendo sul regime giuridico della loro fruibilita' e trasferibilita'. La valenza del bene e' il presupposto di fatto che vale a legittimare l'eventuale adozione di una siffatta misura, ma cio' non esclude che essa insieme a tutte le altre caratteristiche ambientali, storiche, archeologiche, geologiche e botaniche presenti in un dato territorio, concorre a definire l'interesse pubblico paesaggistico di quel determinato contesto, quali un patrimonio collettivo di bellezze naturali e paesaggistiche meritevole di tutela.
E' noto a tale riguardo, che il concetto di paesaggio accolto e postulato dalla legislazione di settore dell'ultimo ventennio (decreto del Presidente della Repubblica n. 637/1975, legge regionale n. 80/1977 e n. 116/1980; legge n. 431/1985; legge n. 326/1986; decreto del Presidente della Repubblica n. 760/1994) e dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. del 28 luglio 1795, n. 417), non coincide con quello, meramente estetico, fatto proprio dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497; e che dunque l'oggetto della tutela non e' il solo valore estetico-percettivo di un territorio, ma il compendio di valenze che, congiuntamente, vale a configurare l'interesse scientifico di quell'area e a dare allo stesso quell'interesse pubblico richiesto dalla legge n. 1497/1939, in funzione della realta' della risorsa ambiente, per l'emanazione dei provvedimenti dovuti;
Ritenuto che le motivazioni riportate nel succitato verbale del 9 dicembre 1999 sono sufficienti e congrue rispetto alla proposta di vincolo formulata e testimoniano l'esigenza di proteggere un ambiente singolare, che presenta tutti i requisiti per essere oggetto di una studiata e corretta tutela che impedisca alle bellezze naturali e paesaggistiche della zona in questione di subire alterazioni di degrado irreversibili;
Considerato quindi, nel confermare la proposta di vincolo in argomento di potere accogliere nella loro globalita' le motivazioni, espresse in maniera esaustiva e congrua dalla Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Agrigento nel verbale del 9 dicembre 1999 e correttamente approfondite nelle planimetrie sub "A" e sub "B" ivi allegate, documenti ai quali si rimanda e che formano parte integrante del presente decreto;
Ritenuto pertanto, che nella specie ricorrono evidenti motivi di pubblico interesse, per il cospicuo carattere di bellezze naturali e di singolarita' geologica, che suggeriscono l'opportunita' di sottoporre a vincolo paesaggistico il territorio costiero dalla foce del vallone di Sumera al castello di Montechiaro ricadente nei comuni di Agrigento e Palma di Montechiaro in conformita' alla proposta verbalizzata dalla Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Agrigento nella seduta del 9 dicembre 1999;
Rilevato che l'apposizione del vincolo comporta l'obbligo per i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili ricadenti nella zona vincolata, di presentare alla competente soprintendenza, per la preventiva autorizzazione, qualsiasi progetto di opere che possa modificare l'aspetto esteriore della zona stessa;

Decreta:
Art. 1.
Per le motivazioni espresse in premessa il territorio costiero dalla foce del torrente di Sumera al castello di Montechiaro ricadente nei comuni di Agrigento e Palma di Montechiaro descritto nel verbale del 9 dicembre 1999 della Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Agrigento e delimitata nelle planimetrie ivi allegate, che insieme al verbale del 9 dicembre 1999 formano parte integrante del presente decreto, e' dichiarato di notevole interesse pubblico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 139 lettere C e D del testo unico approvato con decreto-legge 29 ottobre 1999, n. 490, che ha abrogato la legge n. 1497/1939, e dell'art. 9 del regolamento di esecuzione, approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357.
 
Art. 2.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, unitamente al verbale del 9 dicembre 1999 della competente Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Agrigento e alla planimetria sub "A" di cui sopra cenno ai sensi degli articoli 142, comma 1, del testo unico n. 490/1999 e 12 del regio decreto n. 1357/1940.
Una copia della Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana contenente il presente decreto, sara' trasmessa entro il termine di mesi uno dalla sua pubblicazione, per il tramite della competente soprintendenza, ai comuni di Agrigento e Palma di Montechiaro, perche' venga affissa per tre mesi naturali e consecutivi all'albo pretorio del comune stesso.
Altra copia della Gazzetta, assieme alla planimetria della zona vincolata, sara' contemporaneamente depositata presso gli uffici dei comuni di Agrigento e Palma di Montechiaro ove gli interessati potranno prenderne visione.
La soprintendenza competente comunichera' a questo Dipartimento la data dell'effettiva affissione del numero della Gazzetta sopra citata all'albo dei comuni di Agrigento e Palma di Montechiaro.
 
Art. 3.
Avverso il presente decreto e' ammesso ricorso giurisdizionale innanzi al T.A.R. entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, nonche' ricorso straordinario al presidente della Regione entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.
Palermo, 13 giugno 2001
Il dirigente generale: Grado
 
VERBALE N. 59
L'anno millenovecentonovantanove, alle ore 11 del giorno 9 del mese di dicembre, presso la sede della soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Agrigento, sita presso villa Genuardi, si e' riunita la Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche, giusta nota di convocazione n. 453 del 1o dicembre 1999, per discutere i punti iscritti all'ordine del giorno:
1) proposta di vincolo territorio costiero "dalla foce del Vallone di Sumera al castello di Montechiaro" ricadente nei comuni di Agrigento e Palma Montechiaro;
2) varie.
Sono presenti, il presidente, dott.ssa Graziella Fiorentini, i componenti, arch. Domenico Fontana e sig. Angelo Napoli, il segretario, arch. Agostino Marrella.
Essendo presenti tutti i membri della Commissione, constatata la regolarita' della riunione, si apre la discussione sulla proposta di vincolo dell'area summenzionata, la cui istruttoria con relativi sopralluoghi era stata avviata dalla precedente Commissione (verbali n. 44 del 3 maggio 1997, n. 49 del 21 ottobre 1998, n. 51 del 14 dicembre 1998, n. 53 dell'8 febbraio 1999) e la cui emanazione era stata fra l'altro richiesta dall'associazione ambientalista "Marevivo", con nota pervenuta in segreteria il 23 novembre 1996, e dalla Societa' siciliana di scienze naturali con nota pervenuta il 27 luglio 1999.
Partecipa alla seduta, come membro aggregato, il per. min. dott. Luigi Infantino, rappresentante del Distretto minerario di Caltanissetta, giusta delega n. 7260 del 3 dicembre 1999.
L'arch. Pietro Meli, invitato dal presidente in qualita' di direttore della sezione beni paesaggistici, naturali, naturalistici e urbanistici della soprintendenza di Agrigento, non e' potuto essere presente per altri improrogabili impegni di servizio. Egli comunque ha partecipato alle precedenti sedute istruttorie, fornito la documentazione di competenza della sezione, condiviso le valutazioni espresse, nonche' l'individuazione della perimetrazione del territorio in esame.
Facendo seguito alle precedenti sedute e ai sopralluoghi effettuati sul territorio, sulla base di apposita cartografia e di documentazione fotografica, visionato quanto forma oggetto della documentazione scientifica sugli aspetti archeologici, etnoantropologici, e naturalistici dell'intera area costiera, specificatamente:
1) la relazione di accompagnamento alla richiesta dell'associazione "Marevivo";
2) il materiale documentario e bibliogafico pervenuto in data 25 novembre 1999 da parte della Societa' siciliana di scienze naturali;
3) la relazione pervenuta dalla sezione per i beni etno-antropologici del centro regionale per la progettazione e il restauro, nonche' la nota n. 253 del 25 novembre 1999 della sezione per i beni etno-antropologici della soprintendenza di Agrigento;
4) la relazione del direttore agli scavi archeologici di Monte Grande, dott. Giuseppe Castellana, datata 21 ottobre 1998, nonche' il suo volume "Il santuario castellucciano di Monte Grande e l'approvvigionamento dello zolfo nel Mediterraneo nell'eta' del Bronzo";
5) la relazione descrittiva degli aspetti naturalistici allegata alla nota n. 179 del 12 febbraio 1999 della sezione ai beni naturali e naturalistici della soprintendenza di Palermo;
6) la relazione di vincolo architettonico relativo al castello di Montechiaro ed aree limitrofe, trasmesso dalla sezione per i beni architettonici di Agrigento con nota n. 8653 del 25 novembre 1999;
7) la relazione sugli aspetti geologici e geomorfologici trasmessa dalla sezione per i beni paesistici, naturali, naturalistici e urbanistici di Agrigento;
8) la relazione pervenuta dal Distretto minerario di Caltanissetta con nota n. 7108 del 29 novembre 1999;
9) la relazione sugli aspetti di natura archeologica pervenuta dalla dott.ssa Maria Musumesi, direttore della sezione archeologica della soprintendenza di Agrigento.
La Commissione rileva che l'area individuata in apposita allegata planimetria, il cui perimetro in appreso viene descritto, offre le seguenti caratteristiche dal punto di vista ambientale e paesaggistico.
Per quanto riguarda l'inquadramento geografico, l'area in esame ricade in parte nel territorio del comune di Agrigento ed in parte in quello di Palma di Montechiaro, nella zona della fascia costiera. Ha un'estensione in lunghezza di km 7 circa, allargandosi in profondita', nella sua massima penetrazione, di circa 3 km.
Procedendo da ovest verso est, topograficamente si sviluppa dal vallone Sumera sino al vallone di Montechiaro includendo l'area del medievale castello di Montechiaro, mentre il suo confine settentrionale e' quasi interamente costituito dalla strada statale 115.
La morfologia dei luoghi appare complessivamente caratterizzata dalla presenza del rilievo di Monte Grande attorniato da blande informazioni collinari e dall'aperto pianoro Gelardo, solo animati dalle incisioni dei corsi d'acqua e da qualche crinale isolato con spuntoni lapidei piu' resistenti all'erosione.
Pur prevalendo una tettonica plicativa sulla quale l'erosione ha agito in modo selettivo producendo una generale morfologia ondulata, il paesaggio e' contemporaneamente segnato dall'assetto delle rocce affioranti. Al variare infatti della giacitura degli strati cambia la struttura del paesaggio: superfici sub-orizzontali in corrispondenza di strati resistenti aventi questa giacitura e creste laddove gli strati sono inclinati rispetto all'orizzontale.
Il paesaggio che caratterizza il nostro territorio e' quello comune agli ambiti in cui affiorano i vari termini della serie gessoso-solfifera. In particolare si distinguono vaste pianure costituite da depositi alluvionali, da depositi continentali vari del Pleistocene medio superiore, con terrazzamenti secondo due o piu' ordini intorno ai 50.0 e 100.0 m s.l.m., in discordanza sui terreni a facies argilloso-sabbiosa della sequenza pliocenica, nonche' la presenza di lembi piu' o meno estesi di calcari zoogeni arenacei, giallastri affioranti al margine orientale del territorio in esame.
Tra Punta Bianca ed il castello di Palma di Montechiaro, la zona costiera si presenta alquanto frastagliata in conseguenza della forte pendenza assunta dalla formazione dei Trubi e dalle argille del Pliocene, spesso strapiombanti sul mare anche con tipico assetto giaciturale rovesciato degli strati.
Il maggior rilievo presente in ambito locale, Monte Grande, culminante alla quota di 267.0 m s.l.m., di aspetto rupestre ed interessato da fratture e faglie di carattere locale, e' costituito in prevalenza dai termini calcareo-marnosi della serie gessoso-solfifera.
Tale zona mostra la presenza di numerosi esotici calcarei, terziari e mesozoici, inclusi disordinatamente in una coltre di argille a struttura caotica con elementi di eta' varia, a sua volta facente parte della formazione argilloso-sabbiosa molassica ritenuta di eta' tortoniana, almeno limitatamente alla biocenosi riscontrata.
La presenza nel territorio in esame di questi singolari orizzonti argillosi a struttura brecciata inglobanti esotici calcarei di eta' diversa ed altri elementi litoidi di natura basaltica di incerta provenienza, non e' di facile interpretazione.
Tuttavia l'ipotesi piu' probabile, riportata nella letteratura di settore, e' quella dei depositi per frana di ampiezza variabile che hanno interessato tutte le formazioni plastiche della regione. Nel caso in specie si tratterebbe cioe' di una colata gravitativa convogliante elementi litoidi di varia eta' e provenienza, alternati con i depositi sinsedimentari del tortoniano.
Nel vasto comprensorio in cui ricade il territorio di cui sopra, due sono i motivi tettonici dominanti:
a) l'ampia siclinale, il cui fianco meridionale e' poco visibile, data la costa falcata dall'attuale litorale per successive ingressioni del mare. Tale sinclinale e' stata successivamente e trasgressivamente colmata dai depositi pleistocenici ed olocenici, che costituiscono le attuali vaste pianure del Cannatello, Misilina, Pitarri e Puleri a diverse quote;
b) la struttura di Monte Grande, a cupola ellissoidica, dalla ricostruzione morfologica complessa in conseguenza delle fratture e dei diversi sistemi di faglia riscontrati nei termini della serie solfifera e dei Trubi. Il sistema di fratturazione piu' importante ha direzione preferenziale NE-SW ed esso, presumibilmente, ha determintato lo smembramento della serie solfifera, la cui parte centrale costituisce il rilievo di Monte Grande.
A parte la caratteristica "Punta Bianca" e la collinetta allungata di calcare solfifero contornato da Tripoli su cui sorge l'antico castello di Montechiaro che ripete in piccolo la struttura a cupola della zona, il tratto costiero da Punta Bianca verso Marina di Palma Montechiaro si presenta dirupato e inaccessibile a causa dei continui scalzamenti operati dal moto ondoso nei trubi, a tratti verticalizzati o completamente rovesciati, nei calcari, nei gessi e nelle argille tortoniane strapiombanti sul mare.
La rete idrografica e' molto complessa, con reticoli fluviali a regime torrentizio, a corso breve e rapido. Tali caratteristiche sono da attribuire soprattutto alla struttura compartimentata della morfologia del territorio che favorisce la formazione di un cospicuo numero di elementi fluviali indipendenti, ma di sviluppo limitato e bacino poco esteso.
I corsi d'acqua che solcano il territorio in esame sono il vallone di Sumera, che incide profondamente le argille della serie pliocenica nella localita' Mandrascava, il vallone Monte Grande che nel suo breve percorso attraversa le argille tortoniane sboccando subito dopo nella spiaggia ad Oriente del caratteristico promontorio di Punta Bianca, il vallone Mintina con il suo affluente di destra denominato vallone di Montechiaro, che scorre ad oriente di Monte Grande interessando progressivamente le argille brecciate e quelle della serie tortoniana verso la costa, incidendo ancora piu' profondamente i Trubi con serie rovesciata aggettante sul mare.
Il paesaggio fisico della linea di costa e dei versanti delle aste torrentizie e' soggetto ad un continuo processo di modellamento geomorfologico, principalmente sotto l'effetto delle azioni delle gravita' delle acque correnti supeficiali incanalate e non, nonche' delle acque marine.
L'azione delle acque correnti superficiali genera fenomeni spettacolari sulle formazioni prevalentemente argillose, quali i calanchi e i denudamenti talora anche estesi o con la formazione di fossi di diversa entita'.
Le componenti della vegetazione del territorio concorrono in maniera altamente significativa alla definizione dei caratteri paesaggistici e ambientali.
I caratteri morfologici del territorio combinati con le caratteristiche climatiche e con le scarse disponibilita' idriche, hanno consentito nel tempo la diffusione di una macchia bassa formata da arbusti e alberelli sempreverdi dell'Oleo-Ceratonion.
Spesso a queste formazioni sono associati siti di grande interesse floristico, in cui si registrano numerosi endemiti di particolare interesse e specie rare ed espressive o espressioni biologiche insolite per la flora europea e fortemente caratterizzanti, come la Palma nana (Chamaerops humilis).
Questo tratto di territorio costiero, attualmente di non facile accesso, e' caratterizzato da una scarsa antropizzazione. La modesta presenza di infrastrutture e di insediamenti, ha consentito di conservare un carattere di semi-naturalita' di grande interesse anche comunitario (Direttiva CEE n. 79/409 sulla "conservazione degli uccelli selvatici" e n. 92/43 relativa alla "conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche" recepita con decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997).
Dal crinale di Montegrande si colgono i caratteri essenziali del sito. Il versante meridionale di Montegrande, costituisce il fondale scenogafico di questo tratto di costa; esso presenta una discontinua copertura vegetale di macchia termoxerofila, rarefatta e tipica dei pendii aridi esposti ai venti salmastri.
La formazione, ascrivibile ai Pistacio-Rhamnatalia alaterni, e' rappresentata dall'associazione Pistacio-Euphorbietum dendroidis rhamnetosum, distinta dalla presenza cospicua di Rhamnus alaternus, arbusto sclerofillo termoxerofilo diffuso abbondantemente nella vegetazione delle macchie costiere.
Nel caso in questione, la formazione e' insediata su un substrato appartenente ai rilievi delle estreme propaggini meridionali della serie gessoso-solfifera, su cui si e' sviluppato un substrato pedologico di scarsa potenzialita', che, unitamente alle forti limitazioni dovute all'aridita' dell'area e alla vicinanza dell'ambiente marino, determinano un quadro di condizioni ambientali in cui la macchia rappresenta lo stadio climacico della vegetazione.
Ai piedi del rilievo di Montegrande e' presente una scaturigine che consente l'insediarsi di facies piu' igrofile della vegetazione, la cui maggiore espressione e' rappresentata dal canneto (Arundo pliniana).
La vegetazione del piano sopralitorale consta della serie evolutiva del Ceratonietum i cui stadi sono composti da una cintura a Chamaerops humilis - nella quale si nota l'assenza totale di Cerotonia siliqua - e da estese praterie xerofitiche di tipo africano Lygeum spartum tra le quali talvolta si inserisce col variare del substrato, l'associazione rudero-vegetale a Lupsia galactites ed Echium plantagineum.
Al limite della battigia si rinviene infine un orlo a Salsola longifolia e Thymelaea hirsuta.
La cintura a Chamaerops humilis si rinviene nella porzione piu' alta del piano ed ha una copertura pressoche' continua, divenendo uno degli elementi dominanti di quest'area costiera.
Le specie riscontrate, che contribuiscono a rendere questo territorio tra le aree a piu' elevata biodiversita' vegetale sul territorio isolano, hanno una forte componente endemica o comunque di interesse fitogeografico. Tra queste, sono maggiormente minacciate alcune di grande interesse biologico-naturalistico e meritevoli di considerazione ai fini della salvaguardia della biodiversita' locale (Lavatera agrigentina, Iberis semperflorens L., Onobrychis aequidentata, Limonium narbonense, Echium arenarium, Satureja nervosa, Satureja fruticulosa, Orobanche minor, Carlina sicula, Iris juncea).
Relativamente agli aspetti legati alla fauna si segnalano presenze avifaunistiche di rilievo rappresentative anche del grado di naturalita' del territorio, che, sebbene non immediatamente percepibili come elementi del paesaggio, ne costituiscono parte integrante.
La struttura delle biocenosi in quest'area costiera e' costituita nella sua composizione faunistica da specie di notevole interesse sia per la loro rarita' che per il ruolo svolto nell'ecosistema.
Per quanto riguarda mammiferi e rettili si posseggono solo dati relativi a segnalazioni e/o avvistamenti dai quali e' possibile compilare il seguente elenco di specie: istrice, volpe, coniglio selvatico, chiotteri (almeno tre specie), roditori e insettivori, geco comune, lucertola comune, luscengola, biacco, colubro di Esculapio, biscia dal collare.
Tra la fauna vertebrata stazionaria che caratterizza questo territorio va sottolineata la presenza di alcune specie ornitiche di particolare rilievo quali: il falco grillaio, che in colonia utilizza le pareti rocciose in periodo primaverile e estivo, la coturnice, specie nidificante, relegata alle zone piu' impervie, la ghiandaia marina, caratteristico per il suo piumaggio blu-azzurro pallido, il dorso castano e le ali blu intenso con margini neri e la coda verdastra, che nidifica in buche nelle piccole pareti rocciose, e altre innumerevoli specie quali la poiana, il gheppio, il fratino, il piccione selvatico, il colombaccio, il barbagianni, la cappellaccia, tottavilla, lo scricciolo, il saltimpalo, il beccamoschino, l'occhiocotto, la cinciallegra, la ghiandaia, il corvo imperiale, ed altri.
Nei periodi interessati dai flussi migratori, grazie alla scarsa antropizzazione, questo territorio diventa un punto di concentrazione e di sosta in cui e' possibile osservare molte specie (tuffetto, svasso, berta, garzetta, airone rosso, mignattaio, fischione, germano reale, marzaiola, moretta, falco pecchiaiolo, nibbio bruno, falco di palude, albanella reale, quaglia, porciglione, folaga, gru, beccaccia di mare, cavaliere d'Italia, pernice di mare, corriere, piviere dorato, piovanello tridattilo,gambecchio, piovanello pancianera, pittima reale, pettegola, pantana, voltapietre, fraticello, mignattino, tortora, cuculo, rondone, gruccione, upupa, usignolo, codirosso, culbianco, monachella, tordo, sterpazzola, beccafico, capinera, balia, rigogolo, averla capirossa). Saltuariamente sono state avvistate infine altre specie tra i quali l'airone bianco maggiore, la cicogna bianca, il fenicottero, l'oca selvatica, il biancone, il falco pescatore, il falco cuculo, l'occhione, la pavoncella, il gabbiano corso, il gufo di palude.
Tutta l'area costiera si ritiene abbia un alto interesse culturale per la rilevanza paesaggistica, dovuta sia all'ambiente naturale nelle sue componenti biotiche e abiotiche, che grazie alla scarsa antropizzazione dei luoghi ha mantenuto valori molto alti, sia alla presenza dielementi culturali di interesse storico presenti quali il castello medievale, gli insediamenti archeologici, nonche' quelli d'interesse etno-antropologico, che testimoniano la storia di questo territorio sin dalla preistoria.
Nel comprensorio considerato i due siti di Piano Vento e Monte Grande rivestono particolare importanza dal punto di vista archeologico.
Il sito di Piano Vento si trova su una collina di modesta altitudine, in parte di natura gessosa e in parte di natura calcarea. Esso e' posto in un'area strategicamente importante e domina a sud le terre bagnate dal vallone della Battaglia e del vallone Mintina ed inoltre l'imboccatura occidentale della Conca Palmese e la Portella di Rocca di Corvo. In questo sito e' stato messo in luce un abitato neolitico con resti di capanne, dove sono state individuati diversi livelli di vita, con testimonianze costituite da ceramiche di tipo prestentinelliano, stentilleniano e ceramiche dipinte, e che appare caratterizzato da un sistema difensivo costituito da una struttura muraria che si sviluppa soprattutto sul lato che guarda a mare, da dove e' evidente si temevano pericoli. Ma e' sempre dal mare che tale villaggio doveva la sua prosperita' e doveva essere collegato alle rotte commerciali dell'epoca, come sembra essere dimostrato dalla presenza di ossidiana e pomice che si suppone provengano dalle isole Eolie. Alla fine dell'eta' neolitica il pianoro, che sembra essere poco frequentato nel periodo nel quale a Lipari e' presente una fase culturale ben caratterizzata dalla ceramica dello stile di Diana, torna ad essere frequentato, ma diventa luogo di necropoli con tombe terragne, scavate nella marna giallastra o, in prevalenza, del tipo a cameretta ipogeica, sia monosome che polisome, con pozzetti di accesso verticale, e in qualche caso con cippo di pietra. Tale tipologia tombale, che include diversi e nuovi tipi di sepoltura, viene riferita ad apporti culturali del mediterraneo orientale e si puo' collocare in un periodo di transizione dal Neolitico all'Eneolitico (Protoeneolitico). Nell'ambito di tale necropoli sono state anche individuate fosse sacrificali e votive, di varie dimensioni, con resti di ceneri, frammenti ceramici e materiali votivi, ed inoltre una vera e propria area sacrificale, che appare come un grande recinto rettangolare, all'interno del quale si rinvenne un bothros ed un'area sacra che presenta due fasi, si delimitata da un vero e proprio recinto con all'interno cinque fossette votive. A questa necropoli e' collegato l'abitato posto nella parte settentrionale dello stesso pianoro collinare. Le capanne circolari hanno il perimetro scavato nel gesso e con muretto di pietre attorno.
Se da un lato il sito archeologico di Piano Vento mostra quanto questo centro possa essere un punto di riferimento per la conoscenza del momento in cui nuove tendenze socio-economiche e culturali si innestano in un mondo culturale di tradizione neolitica, altrettanto importante e' il non lontano sito di Monte Grande che costituisce un punto di riferimento estremamente rilevante per la conoscenza della cultura castellucciana e dei suoi rapporti con il mondo egeo ed orientale.
A Monte Grande, gli scavi condotti annualmente dal 1987 ad oggi, che hanno portato all'esproprio di notevoli settori di zone monumentali, hanno messo in evidenza uno straordinario complesso archeologico, unico al mondo, legato alla estrazione e alla lavorazione dello zolfo. Le zone archeologiche presenti nel comprensorio di Monte Grande sono diverse e sono situate in diversi punti anche tra loro distanti. Questo fatto appare significativo per la grande rilevanza monumentale che la zona di Monte Grande presenta. Innanzitutto non pare inutile sottolineare la presenza del grande santuario databile nel II millennio a.C. situato a Baffo Superiore di Monte Grande e caratterizzato da grande recinti circolari nel cui ambito dovevano svolgersi festivals religiosi da parte delle genti castellucciane. Strettamente collegata al santuario appare la zona delle fornaci a canaletta dell'eta' del Bronzo per la fusione dello zolfo che veniva estratto nello stesso luogo in localita' Baffo Calcarone di Monte Grande. La vastita' e la grandezza delle zone archeologiche viene ancora di piu' messa in evidenza dalle aree di Baffo Superiore con la presenza di un santuario dell'eta' del rame di cui restano due grandi recinti tra di loro tangenti attorno ai quali si e' scoperta una grande superficie acciottolata.
Nella parte sommitale di Monte Grande a Pizzo Italiano si pone un'altra grande area archeologica dell'eta' del Bronzo con la presenza di un poderoso muro megalitico che fa da sostruzione ai recinti castellucciani. Nello stesso luogo si segnala la presenza di alcune capanne dell'eta' del rame, assegnabili alla cultura del S. Cono-Piano Notaro-Grotta Zubbia-Piano Vento.
Gli scavi piu' recenti hanno ancora di piu' ampliato la presenza di aree archeologiche monumentali a Montegrande e precisamente sulle prime pendici collinari sud-orientali, in localita' S. Francesco in localita' Vicinzina e in localita' Marcatazzo di Monte Grande, per alcune delle quali e' in corso l'istruttoria dell'imposizione del vincolo ex legge n. 1089/1939.
A S. Francesco e' stato portata alla luce una miniera di zolfo dell'eta' del Bronzo delimitata da un muro di recinto; a Marcatazzo e' stato localizzato ed in buona parte scavato un grande emporio egeo databile nel XVI sec. a.C. con due grandi costruzioni rettangolari ed una grande capanna circolari recintati da un muro di fortificazione. In localita' Vicentina le arature profonde agricole hanno in parte distrutto un grande insediamento dell'eta' del Bronzo, portando alla luce una quantita' impressionante di ceramiche dell'eta' del rame e dell'eta' del Bronzo.
Questa monumentale presenza preistorica e protostorica si giustifica con il fatto che Monte Grande presenta un incredibile giacimento di zolfo nativo che in alcune zone si trova affiorante. Da qui la utilizzazione di questo metalloide in eta' preistorica e protostorica che spiega i rapporti continui e duraturi tra le popolazioni castellucciane e i mercanti egei con presenza di qualche migliaio di frammenti egei. Ma la estrazione dello zolfo a Monte Grande in evo antico e' documentata fino ad eta' romana come testimoniano le tegulae sulfuris di eta' imperiale di II-III sec. d.C. rinvenute in localita' S. Francesco e in localita' Vicinzina assieme a sigillata africana.
Nel corso dei secoli successivi, l'attivita' estrattiva, protrattasi sino al secolo scorso, seppure diffusamente estesa ad altre contrade, ha dato luogo a elementi specifici connotanti l'area di Monte Grande.
Le solfare abbandonate, presenti lungo le sue pendici suddorientali sino alla costa, sono strutture produttive complesse fatte di architetture, di attrezzature tecnologiche, di manufatti diversi e estremamente significativi, costituiti da pozzi verticali, calcararoni, calcarelle e da cumuli di rosticcio. Elementi di siti minerari per l'estrazione dello zolfo abbandonati per esaurimento, la cui presenza testimonia che nel sito di Monte Grande, per quello che riguarda la frequentazione legata allo sfruttamento del metalloide, non vi e' stata soluzione di continuita' sino agli ultimi decenni del XIX sec. Il nuovo e l'antico si coniugano in maniera inscindibile; spesse volte la fornace moderna si sovrappone alla fornace protostorica che talvolta e' coperta da uno spessissimo strato di rosticcio rinascimentale e moderno.
Tale insediamento produttivo era formato oltre che dalle strutture proprie della "zolfara", anche da quelle abitative, considerata l'enorme distanza del sito dal centro abitato.
Sono stati riscontrati infatti ruderi di edifici, da identificare con le abitazioni dei minatori e delle loro famiglie. Nella parte piu' a monte, rispetto al probabile insediamento abitativo, vi era un piccolo edificio che sembra identificabile come una chiesetta, cosa che avvalora che il centro minerario era abitato.
Il mancato ammodernamento tecnologico, e la marginalita' geografica aggravata dall'ormai vetusto sistema di trasporto dello zolfo, determinarono alla fine del secolo scorso, l'abbandono delle miniere che comunque da quel momento in poi, probabilmente, furono sfruttate per un'attivita' molto esigua.
La miniera non e' un luogo di riferimento concentrato e puntiforme, ma piuttosto il luogo di un sistema di estrazione legato a un sistema di architetture e manufatti che riguarda aree di notevole dimensione e consistenza da preservare sia per i valori intrinseci, esemplari dell'archeologia industriale siciliana, sia per le connessioni con il sistema economico, storico, produttivo del territorio.
Altri elementi connotanti il paesaggio sono una molteplicita' di edifici e di manufatti di tipo civile, difensivo, produttivo, estremamente diversificati per origine storica e per caratteristiche architettoniche e costruttive.
A 5 km. Ad ovest della citta' di Palma di Montechiaro si erge, su un terrazzo roccioso in localita' "Capreria", il castello, costruito nel 1358 da Federico III Chiaramonte - Conte di Modica (vincolato ai sensi della legge n. 1089/1939).
Il fortilitium mirabile presenta una pianta irregolare uniformandosi al terreno su cui insiste. Svetta sugli altri corpi di fabbrica, la torre, a pianta quadrilatera irregolare dettata dalle caratteristiche del terreno. La parte piu' integra di tutto il complesso, che denuncia il degrado e il dissesto causato da vari fattori nel corso dei secoli, e' quella settentrionale, luogo della Cappella.
L'accesso al castello e' a sud. Vi si arriva percorrendo uno stretto ed aspro sentiero ricavato dal taglio della roccia ai margini dell'alta scogliera: una porta archiacuta poi immette in un cortiletto esterno e da qui infine si arriva al piano del castello. Gli alloggi, dislocati a ponente e a mezzogiorno, sono oramai inesistenti: restano in piedi solo le cortine murarie realizzate in conci di pietra e malta. I camminamenti di ronda e alcuni ambienti, tra i quali la cappella, si conservano solo sul lato nord. Le merlature di coronamento sono evidenti sui lati settentrionale e meridionale.
Dall'alloggio baronale (non piu' esistente) che insisteva sul lato meridionale da cui si gode la vista della stupenda riviera sottostante, si accedeva alla torre che si svolge su tre elevazioni eccessibili attraverso una stretta scala. I tre piani coperti a volta, prendono luce da finestre archiacute dislocate sulle quattro pareti.
Il castello, di particolare caratterizzazione paesaggistica, e' posto sulla sommita' di una rupe dominante il mare, il fondo cerearicolo "nudo" dell'intorno e il percorso verso l'entroterra per il controllo della circolazione delle merci.
In assenza di vere e proprie strade le trazzere di comunicazione tra la costa e l'entroterra, da identificare forse come traccia dell'antica rete romana, costituivano una viabilita' naturale che rispondeva a due fini opposti: assicurare le comunicazioni e al tempo stesso l'incomunicabilita' a fini difensivi. Il complesso sistema di castelli medievali esercitava infatti sulle valli un rilevante ruolo di controllo territoriale interno e costituiva scacchiere strategico per operazioni di difesa a vasto raggio, in un quadro nel quale castelli, centri abitati e condizioni naturali risultavano uniti da un legame strettissimo.
Quando si intensifico' il fenomeno della pirateria e nel corso del Cinquecento la frequenza e la pericolosita' delle incursioni turche assunsero proporzioni tali da porre in primo piano il problema della difesa del territorio dagli attacchi esterni, il castello muto' la propria funzione originaria di sicurezza interna in funzioni difensive e di avvistamento, collegandosi all'altro sistenia in costruzione delle torri di avvistamento costiero.
Inoltre, fanno parte del patrimonio insediativo del territorio in esame una serie di edifici di carattere abitativo e produttivo di valore storico testimoniale che documentano momenti e modi di vita e di lavoro nelle zone rurali, pur essendo di piccole dimensioni e di "povera" architettura. Direttamente collegato con l'uso del suolo, la presenza di masserie rimanda ad una organizzazione capillare ai fini agricoli, che tra distruzioni e ricostruzioni, attraversera' pressocche' indenne l'eta' romana, la bizantina, l'islamica, e la medievale. Tale organizzazione contribuira' ad individuare un paesaggio agricolo connotato dalla presenza di manufatti puntuali d'uso rurale, giunto sino ad eta' moderna (bagli, masserie) e che caratterizza ancora oggi il nostro territorio.
Il paesaggio costiero, aperto verso il Mare d'Africa, e' caratterizzato da numerose piccole spiagge strette delimitate da scarpate di terrazzo e da balze. Il paesaggio e' di eccezionale bellezza ancora non alterato e poco compromesso da urbanizzazioni e da case di villeggiatura, ma soggetto a forti rischi e a pressioni insediative. Da Monte Grande la visione spazia libera verso ponente sino al promontorio di Capo Rossello includendo la magnifica Valle dei Templi ed il panorama delle blande colline della Sicilia centro meridionale.
Il paesaggio e' segnato dall'articolato percorso dei torrenti incisi sugli isteriliti colli argillosi e da distese che contrastano con le formazioni marnose, rotte qua e la' da calanchi e da spuntoni rocciosi. I caratteri del paesaggio risultano ancora oggi profondamente incisi dal tipo di utilizzazione del suolo e dal sistema di proprieta' vigente nel passato. I segni possono leggersi per la diffusione delle grandi estensioni di campi aperti legate da sempre alla coltura cerearicola e alla dominante grande proprieta' feudale.
In tal senso il paesaggio costituisce la sintesi espressiva della natura e della storia di quei luoghi. Di fatto tutte le caratteristiche sopra delineate, culturali e naturali, insieme costituiscono una connotazione "unica", e di rara bellezza, peculiare di questa parte di territorio costiero.
Il quadro che si offre al visitatore che si introduce, godibile da ogni suo punto di vista, assume aspetti suggestivi rafforzati da una modesta presenza dell'azione antropica.
Dal mare e' possibile percepire, anche in lontananza, Punta Bianca, come un faro naturale. Il contrasto cromatico tra il blu del mare limpido ed il bianco dei trubi che protendono verso esso, quasi modellati dall'azione scultorea della natura, costituisce un segno di grande rilievo estetico-percettivo.
Le connotazioni di pregio paesaggistico di quest'ambiente, oltre a quelle illustrate di tipo storico e naturalistico, sono anch'esse riferibili all'accentuata naturalita' dell'ambiente umido.
La vegetazione tipica di questi ambienti, (palme nane, salsole, ampelodesma) con il suo limitato sviluppo in altezza e la sua diffusione planimetrica accentua e caratterizza la conformazione orografica della zona, esaltandone il contrasto con i rilievi circostanti sia dal punto di vista morfologico che da quello cromatico.
Ne risulta un paesaggio estremamente variegato, dotato di eccezionali punti di vista sui rilievi e di nicchie ecologiche di rilevante interesse in corrispondenza delle gole, che con andamento perpendicolare alla linea di costa consentono la penetrazione verso l'entroterra delle presenze florofaunistiche descritte in precedenza.
Per tutto quanto sopra descritto, il territorio in esame presenta elementi di grande interesse, per la persistenza di alcuni dei caratteri della vegetazione naturale, per l'essere inserito in un contesto paesaggistico di grande pregio non compromesso da vistosi interventi insediativi a carattere speculativo, per i caratteri geomorfologici, percettivi ed in generali ambientali e per la compresenza di un variegato patrimonio culturale.
In considerazione che per i siti descritti, i principali elementi di criticita' sono connessi alle dinamiche di tipo edilizia nelle aree prospicienti la costa, piu' appetibili per fini turistico-insediativi e alle caratteristiche strutturali delle formazioni vegetali, generalmente avviate verso lenti processi di rinaturazione il cui esito puo' essere fortemente condizionato dalla persistenza di fattori di limitazione, quali il pascolo, l'incendio e l'antropizzazione, la Commissione ritiene di proporre a vincolo ai sensi dell'art. 1 della legge n. 1497/1939 il territorio perimetrato cosi' come di seguito indicato.
In tale contesto di eccezionale rilevanza la Commissione ritiene infine che, soprattutto per le aree prospicienti il mare, solo modeste opere con caratteristiche tipologiche proprie della tradizione dell'architettura rurale, potrebbero non influire negativamente sull'esigenza di salvaguardia delle aree il cui pregio, sotto vari aspetti, e' stato sopra descritto. Fermo restando la prioritaria necessita' di salvaguardia degli habitat ecologici naturali e seminaturali delle specie vegetali e della fauna selvatica protetta al sensi delle direttive CEE 79/409 e 42/93. Perimetro ricadente nel comune di Agrigento.
Dalla foce del vallone di Sumera si sale il suo letto sino ad incontrare la strada che congiunge la via Cavaleri Magazzeni alla strada statale 115; si prosegue verso oriente lungo questa tratto di strada sino ad intersecare la linea di confine comunale, per poi proseguire lungo tale confine sino al punto in cui detto confine interseca il vallone Montegande; da questo punto si prosegue lungo il vallone sino alla sua foce. Perimetro ricadente nel comune di Palma Montechiaro.
Dalla foce del vallone di Monteande si sale sino al punto in cui si interseca il limite del territorio comunale, che si percorre sino a raggiungere la strada che congiunge la via Cavaleri Magazzeni alla statale 115; da qui si prosegue sino ad incontrare di nuovo il perimetro comunale che si segue fino al punto in cui questo interseca la strada statale 115 al km 203,5 circa; si prosegue da questo punto lungo il tracciato della strada verso est sino ad incontrare il ramo occidentale del vallone di Montechiaro; si scende lungo il suo letto sino ad incontrare la trazzera (che nel suo proseguimento verso nord-ovest conduce al Piano Carrubba ) che si segue verso sud sino ad incontrare la strada vicinale Castello Montechiaro; da questo punto spostandosi verso ponente per circa 50 mt si percorre in direzione sud-est la strada che conduce in localita' Giardinazzo, percorrendola interamente sino al mare lungo il suo braccio orientale.
(Omissis).

Il presidente
Fiorentini

Il segretario
Marrella

I componenti
Fontana - Napoli

Il membro aggregato
Infantino
 
Allegato A
----> vedere Planimetria da pag. 51 a pag. 52 della G.U. <----
 
Allegato B
----> vedere Planimetria da pag. 53 a pag. 55 della G.U. <----
 
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