| Gazzetta n. 144 del 23 giugno 2001 (vai al sommario) |  
| MINISTERO DELLA SANITA' |  
| CIRCOLARE 14 maggio 2001, n. 5 |  
| Attuazione della legge 14 agosto 1991, n. 281. |  
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                                  Agli  Assessori  alla sanita' delle                                  regioni e delle province autonome                                  Ai Direttori dei servizi veterinari                                  degli   assessorati   alla  sanita'                                  delle   regioni  e  delle  province                                  autonome                                  Ai Direttori generali delle aziende                                  U.S.L. sindaci dei comuni d'Italia                                  Ai    Direttori    degli   istituti                                  zooprofilattici sperimentali                                  Al      Direttore     dell'istituto                                  superiore di sanita'                                  Ai   Presidi   delle   facolta'  di                                  medicina veterinari                                  Al Ministero dell'interno                                  Al Ministero dell'ambiente                                  Al    Ministero   delle   politiche                                  agricole e forestali                                  Al    Ministero    della   pubblica                                  istruzione                                  Ai   Commissari  di  governo  delle                                  regioni e delle province autonome                                  Ai Prefetti della Repubblica                                  Al Comando Carabinieri N.A.S.                                  Alla  Federazione  nazionale  degli                                  ordini   dei  medici  veterinari  -                                  F.N.O.V.l.    Sindacato    italiano                                  veterinari  di  medicina pubblica -                                  S.I.V.E.M.P.                                  Al  Sindacato  italiano  veterinari                                  liberi       professionisti       -                                  S.I.V.E.L.P.                                  Alle Associazioni animaliste                                  Al Presidente dell'I.S.T.A.T
    La  legge  quadro  in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, avviandosi verso il consuntivo del decimo anno, offre diversi aspetti di valutazione:  1)  nonostante  fosse previsto che le regioni dovessero recepire la legge  14 agosto  1991,  n  281  "con  propria  legge  entro sei mesi dall'entrata  in  vigore"  della  stessa e cioe' entro il 28 febbraio 1992,  soltanto recentemente si e' registrato il completo adempimento della  norma  disposta,  nel senso che alcune regioni hanno impiegato otto o nove anni per realizzare il risultato richiesto;  2)  durante  i  primi  anni  di applicazione e' stata sottovalutata l'importanza della legge, probabilmente a motivo del modesto supporto finanziario di cui la stessa era dotata e considerato che quasi tutti gli onerosi compiti ricadevano sulle Autorita' territoriali le quali, nel  frattempo,  lamentavano  difficolta'  economiche anche per altre incombenti  attivita'  sociali  e  si rifligiavano dietro l'equivoco, allora  non  ancora chiarito, delle competenze tra i comuni e le ASL, che in verita' si prestavano ad ambigue interpretazioni  3)    l'eccessiva    proliferazione   canina,   determinata   dalla riproduzione  naturale  dei  cani liberi e vaganti incontrollabile ed incontrollata,  ha  notevolmente  incrementato  il randagismo. Questa realta'  ha  indotto  gli amministratori locali a ricercare soluzioni alternative   individuate   nell'ipotesi   del  cosiddetto  "cane  di quartiere".  In  concreto  si'  tratta  di  catturare i cani randagi, curarli,   tatuarli,   sterilizzarli   e  reimmetterli  nello  stesso territorio  dal quale sono stati prelevati; con l'obiettivo che detti cani  hanno  la  possibilita' di sopravvivere, in relazione alla loro notevole capacita' di adattamento e considerato il fatto che la gente del quartiere, non dovendosi attribuire l'onere della responsabilita' della   proprieta'   del   cane,   si  adoperera'  per  procurare  al tradizionale  amico  dell'uomo  i  parametri  minimi  di  convivenza: alimenti e alloggio di fortuna;  4)  quest'ultima  ipotesi,  per  quanto raccomandata da parte delle Autorita'  regionali  e  nazionali,  non  appare tuttavia risolutiva, soprattutto  quando il numero dei cani nel quartiere e' rilevante Ne' puo'  essere  assunta  come  misura  definitiva, perche' comunque non consente  il  raggiungimento  dell'obiettivo  sancito  dalla legge in parola,   cioe'   l'eliminazione  del  randagismo:  essa  rappresenta tuttavia un rimedio necessario, ma temporaneo per evitare il dilatare del fenomeno;  5)  dal  1995,  dopo  circa  quattro  anni  di  disattenzione quasi generalizzata  che  ha  provocato  il  sopraenunciato  incremento del randagismo  canino, fortemente incidente nel determinismo del degrado igienicoambientale,  si  e'  assistito  ad  un graduale miglioramento della situazione in relazione all'efficacia dei positivi esempi posti in   essere  da  alcune  amministrazioni  regionali  ed  in  rapporto all'aumento  del  finanziamento  della  legge,  cui e' corrisposto un altrettanto valido impegno economico delle regioni;  6)  da  un'indagine  conoscitiva,  effettuata  sulla  base dei dati economici  disponibili  al  31 dicembre  1998,  emergono  i  seguenti significativi risultati:    A.  il finanziamento statale interamente ripartito fra le regioni e  le  province  autonome  dal 1991 al 1998 corrisponde a lire 41.725 milioni, di cui e' stato utilizzato e speso il 30% circa, pari a lire 12.512 milioni;    B.   il   finanziamento   regionale   complessivamente   messo  a disposizione  per le attivita' concernenti l'applicazione della legge 281/1991  durante  lo stesso periodo di otto anni, corrisponde a lire 57.885 milioni, di cui e' stato utilizzato e speso il 92% circa, pari a lire 53.148 milioni;    C.  i  65.660 milioni di lire complessivamente utilizzati e spesi nel periodo 1991-1998 sono stati cosi' impiegati:      l'81,7%  circa,  pari a lire 53.660 milioni, e' stato impiegato per  la  costruzione,  la  ristrutturazione  e la gestione dei canili nonche' per il mantenimento dei numerosi cani randagi ivi rifugiati;      il  restante  18,3%  circa,  pari  a L. 12.000 milioni e' stato impiegato  per corrispondere alle esigenze delle attivita' di seguito indicate con i relativi importi:        a) anagrafe canina lire 2.300 milioni;        b) cattura,  trasporto  e sterilizzazione dei cani lire 2.500 milioni;        c) strutture  ambulatoriali utilizzate per la sterilizzazione dei cani lire 2.700 milioni;        d) convenzioni  con  associazioni  per  soccorso,  cura degli animali e per sterilizzazione delle colonie feline lire 2.000 milioni        e) indennizzi  per  danni causati dai cani randagi lire 1.500 milioni;        f) programma di educazione e formazione lire 1.000 milioni.  Soprattutto  quest'ultima  voce  (punto f) appare carente, ma si ha motivo  di ritenere che l'attivita' degli anni 1999 e 2000, durante i quali  i  finanziamenti  statali  oltre  ad incrementarsi di altri L. 5.200   milioni  hanno  registrato  una  piu'  larga  percentuale  di utilizzazione,  faccia  registrare  risultati  piu' favorevoli e cio' anche  in  relazione  agli  ulteriori  finanziamenti  regionali ed al recepimento  dei concetti operativi affermati con l'atto di indirizzo e  coordinamento  della  Conferenza unificata: provvedimento 18 marzo 1999  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubbilca italiana del 14 aprile 1999 n. 87, serie generale;  7)  in  tale  provvedimento  sono indicati gli obiettivi prioritari della  legge  che  si  coglie  l'occasione  per  riaffermare, perche' costituiscono  ancora  oggi  punti  irrinunciabili della complessa ed impegnativa   programmazione   rivolta   alla  tutela  degli  animali d'affezione:    l'anagrafe  dei  cani  corrisponde  all'esigenza  nazionale della massima   trasparenza   ai   fini  anche  di  consentire  l'immediata identificazione  di  tutti  i  cani  del  territorio  per le esigenze sanitarie e pertanto deve essere realizzata, come ormai da ogni parte del  territorio  e'  stato  accettato,  con  i  piu'  moderni criteri informatici  e  quindi  con  l'uso  del  microchip  leggibile da ogni appropriato  sito  nazionale,  attraverso  l'utilizzazione avvolgente dell'informatica offerta da "internet";    la  sterilizzazione  dei  cani  randagi  nell'ambito di strutture organizzative  delle  ASL  o  attraverso  convenzioni  con ambulatori privati  o  liberi  professionisti, adeguatamente coinvolti in questa operazione,  dovra'  tradursi  in  un  intervento socio-ambientale di grande  efficacia, quasi un risveglio di cultura basata su principi e comportamenti    di    autentica    civilta'.   Gli   interventi   di sterilizzazione  vanno  stimolati  anche  relativamente  ai  cani  di proprieta'  per  evitare  il proliferare della popolazione canina che non  sempre trova accoglienza nel rapporto di coabitazione uomo-cane, rapporto   ormai  ineludibile  per  le  sue  implicazioni  sanitarie, sociali,  etologiche,  alimentari  e di responsabilita' del detentore verso la societa' organizzata;    la  prevenzione  del randagismo, alla quale va rivolta la massima attenzione utilizzando tutte le forme e le strutture sopra descritte, oltre  che  come  necessita'  di tutela igienico-ambientale, va anche considerata  come  deterrente  all'abbandono ed al maltrattamento dei cani  nonche'  per  contrastare  l'uso  dei  cani  randagi stessi per attivita' che non si fa sforzo a definire delinquenziali;  8)  ogni  anno,  in  occasione  della  riunione tecnica organizzata presso  questo  Ministero  della  sanita'  ai  fini  di  valutare  il consuntivo  dell'attivita'  svolta  sul  territorio,  con riferimento all'utilizzazione  del  finanziamento statale dell'anno precedente ed ai  fini  della determinazione dello stesso per l'anno in corso sulla base  dei criteri indicati dal decreto ministeriale 29 dicembre 1992, alcuni  rappresentanti  regionali  hanno lamentato l'incongruita' del criterio  di  ripartizione, giudicato prevalentemente ancorato a dati teorici,  mentre  si  e'  auspicata una revisione dello stesso. Nella riunione dei rappresentanti tecnici regionali, realizzata il 20 marzo 2001,  si  e'  sottoposta  alla  valutazione  degli  stessi  il nuovo criterio di ripartizione, da tutti condiviso, di seguito riportato:    il  finanziamento  nazionale,  previsto  a  regime  di lire 2.600 milioni,  continuera'  ad  essere  ripartito  secondi i parametri del citato  decreto,  mentre  la  parte  eccedente  che  ha  integrato il finanziamento  stesso  (lire  4.400  milioni  per il 2001, lire 3.400 milioni  per  il  2002  e  lire  3.400  milioni  per  il  2003) sara' ripartita, previa l'emanazione di un nuovo decreto di concerto con il Ministero  del  tesoro e sentita la Conferenza Stato-regioni, facendo riferimento a progetti-obiettivi di livello regionale. Detti progetti devono  in  parte  essere finanziati da ciascuna regione, la quale ne curera'  gli  aspetti organizzativi, operativi, della responsabilita' di spesa e di garanzia del risultato che puo' anche essere conseguito in un periodo biennale o triennale.  In  merito  ai criteri riguardanti la gestione dei canili comunali, in  considerazione dell'articolo 2, comma 11 e dell'articolo 4, comma 1  della legge n. 281, nonche' della recente pronuncia interpretativa del  Consiglio  di  Stato  (NRG  5022/1999) secondo la quale la legge 281/1991   non   intende  attribuire  una  riserva  esclusiva,  nelle convenzioni  concesse  dai  comuni alle associazioni animaliste nella gestione  dei  canili  e  dei  rifugi,  vengono  assunte  le seguenti considerazioni:  nel  rispetto  delle  affermazioni  del Consiglio di Stato  e  ferma restando l'assunzione in proprio, da parte dei comuni dei  relativi  oneri di legge, si ritiene che la legge 281/1991 debba essere   interpretata  considerando  i  principi  generali  stabiliti dall'articolo  1, secondo il quale "lo Stato promuove e disciplina la tutela  degli  animali  da  affezione, condanna gli atti di crudelta' contro  di  essi,  i  maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire  la  corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute  pubblica  e  l'ambiente". Partendo da tale considerazione, il criterio  dell'economicita' che legittima la scelta della concessione della  gestione  dei  canili  da  parte  dei  comuni, non deve essere valutato  unicamente come criterio economico ma deve essere inteso in riferimento  al  citato  articolo  1, in sostanza l'economicita' deve essere  riferita  non  solamente  a  chi garantisce i minori costi di gestione  dei  canili  ma  soprattutto  a  chi  garantisce  anche  il benessere  degli  animali.  Il  benessere  animale  dei  cani randagi riguarda  sia  le  loro  condizioni  di  vita  nelle strutture che li ospitano  che  le attivita' dirette al loro affidamento e al relativo controllo.  Pertanto  l'articolo 2, comma 11 e l'articolo 4, comma 1, della legge 281 devono essere intesi nel senso che le convenzioni per la   gestione   dei  canili  e  dei  rifugi  devono  essere  concesse prioritariamente  alle  associazioni  o agli enti aventi finalita' di protezione degli animali.    Roma 14 maggio 2001                                                Il Ministro: Veronesi  |  
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