Gazzetta n. 101 del 3 maggio 2001 (vai al sommario)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
CIRCOLARE 2 maggio 2001, n. 1088
Guida alla redazione dei testi normativi.

A tutti i Capi Uffici legislativi - LORO SEDI

Facendo seguito alla circolare del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 aprile 2001, n. 1.1.26/10888/9.92, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 97 del 27 aprile 2001, si trasmette il testo della "Guida alla redazione dei testi normativi" elaborata da questo Dipartimento in esecuzione di quanto previsto dalla circolare medesima.
La Guida indica le regole, di carattere formale e sostanziale, cui si attengono le amministrazioni nella redazione dei testi normativi, legislativi o di altra natura. Dette regole sono tratte, per quanto riguarda le fonti legislative, dalla citata circolare del Presidente del Consiglio dei Ministri; esse sono completate ed estese, con i dovuti accorgimenti, alle altre fonti ed in particolare ai regolamenti. La Guida, inoltre, fornisce elementi di redazione sostanziale, cioe' requisiti e contenuti da prendere in considerazione nella redazione di testi normativi.
Le indicazioni della Guida costituiscono, pertanto, da un lato, un ausilio alla corretta o comunque omogenea redazione dei testi e, dall'altro, la preventiva indicazione dei parametri cui si atterranno gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri per valutarne il grado di maturazione ai fini della presentazione al Consiglio dei Ministri e per gli eventuali successivi interventi di coordinamento formale.
Le SS.LL. sono invitate ad assicurarne l'applicazione da parte degli uffici di rispettiva competenza.

Roma, 2 maggio 2001
Il capo del Dipartimento
per gli affari giuridici e legislativi
MALICONICO

PRESENTAZIONE

L'attenzione verso la qualita' della regolazione si e' andata accentuando in questi ultimi anni. Alla base ditale attenzione v'e' la constatazione che la norma giuridica non e' neutra, ma anzi orienta la dislocazione di risorse materiali ed umane. Essa e' quindi parametro di efficienza o d'inefficienza del sistema economico e sociale. Le regole non sono di per se' troppe o poche in termini assoluti. Sono troppe le regole cattive, e sono tali quelle che costituiscono onere ingiustificato per cittadini ed imprese. Come quei rimedi che, nell'intento di curare un male, ne provocano di nuovi e maggiori o comunque generano gravi effetti collaterali.
In Italia si e' recentemente provveduto, anche su sollecitazione di organismi internazionali, ad introdurre uno strumento di valutazione degli effetti diretti ed indiretti delle regole con la legge di semplificazione 8 marzo 1999, n. 50, con la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 2000 (1) e con la conseguente Guida alla sperimentazione dell'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) del 16 gennaio 2001 (2)
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(1) (Pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 23 maggio
2000, n.118)
(2) (Pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 7 marzo
2001, 55, supplemento ordinario n.46.).
Si tratta di un importante passo in avanti. Nondimeno non deve essere tralasciato l'altro, e piu' tradizionale, aspetto della qualita' della regolazione. Quello del linguaggio usato dal regolatore, della sua comprensibilita' da parte del destinatario dei precetti, del carattere sistematico ed organico delle disposizioni.
Anche rispetto a questi profili e' aumentata la sensibilita' nazionale e internazionale. Basti considerare la recente Guide Pratique Commun della Comunita' europea, la legge 27 luglio 2000, n.2l2, sullo statuto del contribuente, la circolare del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di redazione degli atti legislativi, elaborata d'intesa con i Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, che ha aggiornato la precedente analoga circolare datata 24 febbraio 1986.
La presente Guida alla redazione dei testi normativi si propone di raccogliere, da un lato, in forma piu' analitica le regole e raccomandazioni in tema di redazione dei testi legislativi risultanti dalla suddetta circolare del Presidente del Consiglio dei ministri e, dall'altro, quelle che riguardano piu' specificamente l'istruttoria normativa del Governo nonche' le fonti tipiche dell'amministrazione, e cioe' i regolamenti. Essa tenta quindi di riassumere in un unico contesto regole formali e sostanziali. Le prime, riguardanti il linguaggio normativo e la ricerca di moduli omogenei di redazione dei testi. Le seconde, rivolte a richiamare l'esigenza di tenere conto, al momento della redazione dei testi, dei limiti della varie fonti e della necessita' di programmare la ripartizione tra queste della disciplina della materia, nonche' di impostare correttamente il processo di produzione delle norme, in modo da evitare che una cattiva o perplessa impostazione iniziale comprometta la fase attuativa.
In questo compito, la Guida vuole essere anche la ricognizione e l'ideale trasmissione delle esperienze maturate nel corso della legislatura in via di conclusione, specialmente nelle riunioni preparatorie del Consiglio dei Ministri. Ai colleghi di queste ultime, che ritroveranno spesso in questa Guida l'eco di argomenti trattati insieme nel "preconsiglio", il ringraziamento per il lavoro svolto in comune.
Il capo del Dipartimento
per gli affari giuridici e legislativi
MALICONICO

REGOLE DI REDAZIONE DEI TESTI NORMATIVI 7

1 REGOLE FORMALI - IL LINGUAGGIO NORMATIVO 7

1.1 STILE DELLE DISPOSIZIONI 7
1.2 ABBREVIAZIONI E SIGLE 8
1.3 CONGIUNZIONI 9
1.4 MAIUSCOLE 10
1.5 NEOLOGISMI 10
1.6 TERMINI GIURIDICI, TECNICI E STRANIERI 11
1.7 OMOGENEITA' TERMINOLOGICA 11
1.8 VERBI 11
1.9 RIFERIMENTI NORMATIVI 14
1.9.1 Riferimenti interni 14
1.9.2 Riferimenti esterni 14

2 LA STRUTTURA DELL'ATTO NORMATIVO 18

2.1 IL TITOLO DELL'ATTO NORMATIVO 18
2.2 LE PREMESSE DELL'ATTO NORMATIVO 18
2.2.1 Premesse in generale 18
2.2.2 Premesse dei decreti legislativi 20
2.2.3 Premesse dei decreti-legge 21
2.2.4 Premesse dei regolamenti 21
2.2.5 Regolamenti di delegificazione 22
2.2.6 Concerti e intese 23

2.3 LE PARTIZIONI DEL TESTO 24

2.3.1 L'articolo 24
2.3.2 Numerazione e rubriche degli articoli 24
2.3.3 Il comma 24
2.3.4 Partizioni di livello superiore
all'articolo 26
2.3.5 Gli allegati 27

3 RAPPORTI FRA ATTI NORMATIVI 28

3.1 ABROGAZIONE 28
3.2 DEROGA 28
3.3 NOVELLA 29
3.3.1 Numerazione e rubricazione degli
articoli aggiunti con novella 31
3.3.2 Numerazione dei commi nella novella 32
3.4 PROROGA E SOSPENSIONE 33
3.5 REVIVISCENZA 34

4 ASPETTI SOSTANZIALI DI REDAZIONE E
CONTENUTO TIPO DELL'ATTO 35

4.1 FINALITA' E OGGETTO DELL'INTERVENTO NORMATIVO 35
4.2 AMBITO DI EFFICACIA DELL' ATTO 36
4.3 DEFINIZIONI NORMATIVE 36
4.4 CONTENUTO DISPOSITIVO: DISPOSIZIONI SOSTANZIALI
O PROCEDURALI 36
4.5 DIVIETO DI NORME INTRUSE 37
4.6 DISPOSIZIONI CHE RINVIANO A REGOLAMENTI 37
4.7 MODALITA' DI ADOZIONE DI SUCCESSIVI ATTI
APPLICATIVI 37
4.8 DISPOSIZIONI CONCERNENTI REGOLE TECNICHE
ED AIUTI DI STATO 38
4.9 COPERTURA AMMINISTRATIVA 38
4.10 DISPOSIZIONI CHE PREVEDONO COMPETENZE DI
REGIONI ED ENTI LOCALI 40
4.11 DISPOSIZIONI TRIBUTARIE 40
4.12 DISPOSIZIONI INTERPRETATIVE 42
4.13 DISPOSIZIONI CONTENENTI TERMINI 42
4.14 DISPOSIZIONI SANZIONATORIE 43
4.15 DISPOSIZIONI DI COPERTURA FINANZIARIA 45
4.16 DISPOSIZIONI ABROGATIVE 48
4.17 DISPOSIZIONI TRANSITORIE 48
4.18 ENTRATA IN VIGORE E DECORRENZA DI EFFICACIA 49
4.19 CLAUSOLA DI INSERZIONE NELLA RACCOLTA
DEGLI ATTI NORMATIVI 49

5 REGOLE SPECIALI PER PARTICOLARI ATTI 51

5.1 REGOLE PERI DECRETI-LEGGE EI DiSEGNI DI LEGGE
DI CONVERSIONE 51
5.2 REGOLE PER I DISEGNI DI LEGGE DI DELEGAZIONE
ED I DECRETI LEGISLATIVI 52
5.2.1 Termine per l'esercizio della delega 53
5.2.2 Oggetto della delega 54
5.2.3 Principi e criteri direttivi 54
5.2.4 Altre disposizioni da inserire nella delega 54
5.2.5 Aspetti formali del decreto legislativo 54
5.2.6 Aspetti sostanziali del decreto legislativo 55
5.2.7 Decreti legislativi correttivi 55
5.3 REGOLE PER IL DISEGNO DI LEGGE COMUNITARIA 55
5.4 REGOLE PER I DISEGNI DI LEGGE SULLE INTESE CON
LE CONFESSIONI RELIGIOSE 56
5.5 REGOLE PER I DECRETI LEGISLATIVI DI ATTUAZIONE
DI STATUTI SPECIALI 57
5.6 REGOLE PER LE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI 57
5.6.1 - Regolamenti governativi 57
5.6.2 - Regolamenti di delegificazione 58
5.6.3 - Regolamenti ministeriali 58
5.7 - REGOLE PER I TESTI UNICI 59

ALL. 1 61 ALL. 2 63 ALL. 3 65 ALL. 4 67 ALL. 5 69 ALL. 6 71 ALL. 7 73

REGOLE DI REDAZIONE DEI TESTI NORMATIVI

1 REGOLE FORMALI - IL LINGUAGGIO NORMATIVO

1.1 Stile delle disposizioni
Il precetto normativo ha la valenza di un ordine. Esso, dunque, e' efficace ed autorevole solo se e' preciso, sintetico e chiaro per il destinatario.
Ottengono tale risultato le disposizioni brevi, chiare, non involute, caratterizzate dalla forma precettiva e prive di premesse che si propongano di darne una motivazione. La corretta formulazione della disposizione normativa evita qualsiasi ambiguita' semantica e sintattica, e persegue gli obiettivi della semplicita' espositiva e della precisione di contenuto.
Quanto alla brevita', il periodo non contiene incisi complessi, che rendono difficile la lettura e la comprensione generale del testo. Piuttosto che ricorrere ad incisi involuti, e' preferibile interrompere il periodo con il punto e ricominciare la frase, in modo che ciascuna disposizione abbia un contenuto preciso.
La previsione normativa procede rapidamente alla definizione degli elementi principali della fattispecie, con la precisa indicazione di soggetto, predicato verbale e oggetto. Seguono ulteriori periodi che meglio delimitano la fattispecie, quanto a presupposti, condizioni o deroghe alla stessa.
Quanto alla chiarezza, e' necessario ricordare che in sede di attuazione le disposizioni dovranno essere interpretate, anzitutto, nel senso reso "palese dal significato proprio delle parole" (articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale).
L'esigenza di chiarezza per il legislatore e' maggiore quando ad una disposizione si attribuiscono effetti derogatori rispetto ad altre disposizioni o a principi generali. in caso contrario, l'interpretazione non potra' che penalizzare l'asserzione di chi invoca l'ampliamento dei propri poteri o diritti.
Quanto alla sinteticita', il linguaggio della disposizione deve essere asciutto e non contenere aggettivi o avverbi che non aggiungono nulla all'imperativita' della disposizione medesima.
Ad esempio, non v'e' ragione di utilizzare l'aggettivo "tutti" quando la disposizione di per se' non esclude alcun soggetto o elemento della fattispecie. Cosi, non e' corretto usare l'espressione "Il Ministro convoca periodicamente una riunione di tutte le organizzazioni non governative", perche' e' di per se' sufficiente il riferimento alle organizzazioni non governative.
Quanto alla precisione, le disposizioni individuano, in modo chiaro, i fatti giuridici oggetto di regolazione, gli effetti che ad essi si connettono, definiscono in modo univoco le situazioni giuridiche soggettive, attive o passive, che ne derivano, evitano formulazioni dal significato incerto o non pienamente capaci di garantire la corrispondenza dell'elemento disciplinato al nomen iuris utilizzato.
Quanto all'univocita', la redazione delle disposizioni e' rivolta ad assicurare la coerenza, la non contraddittorieta' e l'omogeneita' terminologica delle disposizioni, sia all'interno dello stesso atto normativo, sia tra atti normativi diversi. Assicura, altresi', l'aderenza del precetto all'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione dell'atto.
Naturalmente, il carattere di generalita' o di dettaglio del precetto e' relazionato al tipo di fonte cui l'atto afferisce. In generale, alla legge e' riservata la previsione delle regole generali e di inquadramento della materia, regole generalmente destinate a durare nel tempo. Ai regolamenti ed alle fonti ulteriormente subordinate e' affidata la normativa di dettaglio e di carattere organizzativo, suscettibile di piu' frequenti mutamenti o adattamenti.

1.2 Abbreviazioni e sigle
Le abbreviazioni, consistenti nel troncamento della parte finale della parola o di altre parti che compongono la parola, sono escluse, con la sola eccezione dell'abbreviazione "ART." per la parola articolo, ma limitatamente all'intestazione di ciascun articolo.
Le sigle, costituite dalle iniziali di piu' parole, sono utili solo se esplicitate nel testo medesimo. Percio', se un ente, un organo o un qualunque istituto (ad esempio, imposta sul valore aggiunto, valutazione di impatto ambientale) sono citati ripetutamente nel medesimo atto normativo, e' ammesso che, dopo la prima citazione fatta per esteso e seguita dalla sigla tra parentesi, le successive citazioni siano effettuate con la sola sigla.
Le lettere che compongono la sigla sono scritte in maiuscolo e, al fine di agevolare la ricerca con strumenti informatici, non sono separate da punti.
E' opportuno che, ove si ricorra a denominazioni abbreviate, queste contengano almeno una parola che specifichi il contenuto relativamente alla materia trattata, al fine di agevolare la ricerca elettronica. Nello stesso caso, nella prima citazione va posta l'espressione per esteso, seguita dalla denominazione abbreviata che sara' usata al suo posto, preceduta dalle parole "di seguito denominato(a)".

1.3 Congiunzioni
L'uso delle congiunzioni tiene conto dell'effetto che ne consegue sul piano precettivo.
La congiunzione "e" implica che, in una enumerazione di requisiti o presupposti o condizioni, tutti tali elementi devono concorrere perche' l'effetto della disposizione si verifichi.
La congiunzione disgiuntiva "o" ha significati diversi a seconda che implichi previsioni alternative tra loro, l'una escludente altra, o invece previsioni non alternative tra loro, che possono ricorrere insieme o disgiuntamente. Nel primo caso si parla di formulazione disgiuntiva assoluta ("aut...aut"), nell'altro di formulazione disgiuntiva relativa ("vel...vel").
Quando dal contesto della disposizione non risulta evidente l'una o l'altra opzione il dubbio va sciolto come segue:
a) per specificare la disgiuntiva assoluta si ripete la disgiunzione "o" due volte;
b) per esprimere la congiunzione disgiuntiva relativa, va comunque evitato l'impiego dell'espressione "e/o", e si utilizzano formule che con chiarezza esprimono il carattere additivo della elencazione, quali "ovvero" o "congiuntamente o disgiuntamente" e simili.
Quando la disposizione e' articolata in una serie di lettere o di numeri, e' necessario tenere conto del vincolo che si intende o meno istituire tra le diverse previsioni. A tale fine, per evitare equivoci e sempre che il contesto non renda palese la scelta perseguita, si specifica nell'alinea del comma se le previsioni contenute nelle lettere o nei numeri sono richieste alternativamente o congiuntamente.
Per evitare cacofonie, davanti a parole che iniziano con la stessa vocale, le congiunzioni assumono la "d": "ed", "od".
Va evitata la doppia negazione.

1.4 Maiuscole
Per evitare forme enfatiche di redazione del testo, l'uso delle lettere iniziali maiuscole e' limitato ai soli casi di uso corrente, strettamente necessari, come i nomi propri, le denominazioni geografiche, o quelli che, con iniziale maiuscola, hanno un effetto indicativo puntuale (ad esempio, Stato, Repubblica, ecc.).
Inoltre, anche quando l'uso della maiuscola e' consentito, esso, nel caso di espressioni composite, e' limitato alla prima parola soltanto. Ad esempio, Ministro dell'interno, non Ministro dell'interno; Consiglio dei ministri, non Consiglio dei Ministri, ecc.
In ogni caso, all'interno di uno stesso testo normativo, il criterio seguito deve essere rigorosamente uniforme.

1.5 Neologismi
Il ricorso a neologismi e' consentito solo se essi sono entrati nell'uso corrente della lingua italiana.
Negli altri casi, quando e' comunque necessario per la precisione del testo ricorrere a neologismi, il testo medesimo ne fornisce la definizione rilevante per la sua applicazione (v. par. 4.3).

1.6 Termini giuridici, tecnici e stranieri
I termini attinti dal linguaggio giuridico o dal linguaggio tecnico sono impiegati in modo appropriato, secondo il significato loro assegnato dalla scienza o dalla tecnica che li concerne. Se un termine ha, nella sua accezione tecnico-giuridica, un significato diverso da quello che lo stesso termine ha nel linguaggio comune, dal contesto deve risultare con chiarezza, eventualmente attraverso l'uso di definizioni, quale significato e' attribuito al termine nel testo in questione.
Sono evitati i termini stranieri, salvo che siano entrati nell'uso della lingua italiana e non abbiano sinonimi di uso corrente in tale lingua. La parola straniera assunta nella lingua italiana e' usata esclusivamente al singolare, salvo i casi gia' entrati nell'uso.

1.7 Omogeneita' terminologica
Per evitare equivoci o dubbi interpretativi e per agevolare la ricerca con strumenti informatici dei testi normativi, ad un medesimo concetto od istituto corrisponde nel testo una identica denominazione in tutte le parti del testo stesso (titolo, articoli e allegati), senza fare ricorso a sinonimi. E' necessario, altresi', mantenere fermi i termini nel loro impiego tradizionale.
Per indicare il provvedimento di un'autorita', e' preferibile adottare la formulazione "Con decreto del Ministro.... e' fissato il canone di concessione....", invece che "Il Ministro.... con proprio decreto fissa il canone di concessione....".

1.8 Verbi
Nella formulazione dei precetti e' essenziale la massima uniformita' nell'uso dei modi verbali.
Il modo verbale proprio della norma giuridica e' l'indicativo presente, modo idoneo ad esprimere il comando. Il modo congiuntivo ed il tempo futuro non raggiungono lo stesso effetto, in quanto esprimono l'ipoteticita' o la non immediatezza del precetto. In ogni caso, il ricorso a tempi o modi diversi dall'indicativo presente accentua la disomogeneita' del testo ed e', percio', evitato.
Anche le congiunzioni si adeguano naturalmente a tale regola: i presupposti di una disposizione, invece che con l'inciso "qualora" seguito dal congiuntivo, si esprimono con il "se" e l'indicativo presente.
E' opportuno evitare: - incisi con il gerundio. Tali incisi non consentono di individuare
con chiarezza il soggetto della previsione ne' il grado di
imperativita' della stessa, inoltre rendono involuto il periodo.
Quest'ultimo e', preferibilmente, interrotto alla fine della frase
principale, mentre il gerundio e' sostituito con una frase a se'
stante; - la forma passiva, ed in particolare il "si" passivante, quando con
il suo impiego non risulta chiaro l'agente o il destinatario cui la
disposizione si riferisce.
Quanto ai verbi servili, l'uso degli stessi e' soggetto a puntuale verifica del significato che detti verbi sono in grado di attribuire alla frase, anche al di la' della volonta' del redattore.
In particolare i verbi servili sono usati per esprimere l'obbligatorieta' o la possibilita' di una certa condotta.
Peraltro, l'uso del verbo servile diretto a sottolineare l'obbligatorieta' del comportamento richiesto al destinatario della disposizione ("deve"; "ha l'obbligo di"; "e' tenuto a") nulla aggiunge all'imperativita' della norma. Un ordine, cui il precetto giuridico e' assimilabile, non si esprime con le parole "sei obbligato a fare", bensi' con l'imperativo "fai".
L'imperativita' si trae dalle conseguenze che l'atto o il sistema ricollegano all'inottemperanza, non dall'uso del verbo "dovere" o simili espressioni. Anzi, l'uso di queste ultime in certe parti del testo e' idoneo ad ingenerare nell'interprete il dubbio che analoga obbligatorieta' non sussista nelle altre parti del testo nelle quali il verbo servile "dovere" non e' usato.
La forma imperativa, senza ausiliari, ha l'effetto di escludere che la norma tolleri comportamenti diversi da quello descritto, con la conseguenza che detti comportamenti incorrono in tutte le sanzioni tipiche dell'ordinamento, non solo in quelle che reprimono condotte contrarie alla norma, ma anche in quelle che colpiscono l'atto in se' e la sua stessa capacita' di produrre effetti (nullita', inefficacia, invalidita', ecc.).
Ancora piu' insidioso e' l'uso del verbo servile "potere" e simili. Contrariamente all'apparenza, talora l'uso del verbo servile "puo'" non introduce realmente una mera facolta', ma esprime un comportamento doveroso in presenza di determinate circostanze. Cio' vale sia per i soggetti pubblici, sia per i soggetti privati. Per i primi, la possibilita' implica il potere di apprezzare discrezionalmente i presupposti di fatto, con la precisazione che in presenza di determinati presupposti l'esercizio del potere non e' libero, bensi' doveroso. Per i secondi, la possibilita' di adottare certi comportamenti non implica liberta' assoluta, bensi' scelta cui consegue un effetto giuridico.
In conclusione, il verbo servile va evitato e va utilizzata la formula diretta del presente indicativo. Nei casi, residuali, nei quali non e' dato descrivere puntualmente il significato voluto se non ricorrendo al verbo servile, e' necessario che l'estensore tenga conto delle implicazioni sopra richiamate. In ogni caso e' assolutamente da evitare l'uso del verbo "venire" in luogo di "essere".
Un esempio puo' chiarire i possibili effetti dell'uso non corretto del verbo servile. L'articolo 19, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1992, n. 546, recita: "Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili puo' essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo".
Le due espressioni sopra evidenziate sono rivolte ad attribuire una facolta' al ricorrente, nel senso che, ovviamente, nessuno e' obbligato ad impugnare alcunche'. Ma e' altrettanto evidente che l'impugnazione e' doverosa se si vuole evitare il consolidamento dell'alto lesivo e soprattutto, con riferimento alla seconda espressione, che non e' dato al ricorrente scegliere se impugnare solo l'atto successivo o anche l'atto presupposto. Contrariamente a quanto sostenuto talora davanti alle Commissioni tributarie, il ricorrente che intende impugnare l'atto conseguente deve impugnare l'atto presupposto, a pena di decadenza delle censure contro quest'ultimo.
Piu' corretta sarebbe stata la seguente formazione: "Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Con l'impugnazione sono dedotti soltanto i vizi propri dell'atto impugnato o di atto presupposto di quest'ultimo, non autonomamente impugnabile. La contestuale impugnazione di precedente atto, autonomamente impugnabile, e' ammessa solo in caso di mancata notificazione dell'alto precedente. In quest'ultimo caso, il termine per l'impugnazione, a pena di decadenza, dell'atto precedente decorre dalla data di notificazione dell'atto successivo o, comunque, dalla piena conoscenza del primo".

1.9 Riferimenti normativi.

1.9.1 Riferimenti interni.
Per riferimenti interni, si intendono i riferimenti agli articoli ed ai commi del medesimo atto normativo che opera il riferimento. In detti riferimenti si applicano le seguenti regole: a) la citazione degli articoli e' seguita dall'espressione "della
presente legge" solo quando, e in questo caso l'integrazione e'
obbligatoria, nello stesso testo sono presenti riferimenti anche
ad altre fonti normative e si puo' quindi verificare incertezza
interpretativa; b) la medesima regola di cui alla lettera a) si applica alla
citazione di un comma all'interno di uno stesso articolo; in
questo caso, cioe', l'espressione "del presente articolo" e'
utilizzata soltanto se ulteriori riferimenti ad altre fonti
normative o ad altri articoli producono incertezza; c) nei testi recanti la numerazione dei commi, la citazione di questi
ultimi e' fatta sempre con il numero cardinale e non con il numero
ordinale; d) va evitato l'uso delle espressioni "precedente" e "successivo".
Tali espressioni sono superflue, stante la necessita' di citare
sempre il numero degli articoli e dei commi, e d'altra parte
possono determinare problemi di coordinamento e dubbi di
individuazione in caso di modifiche successive al testo.

1.9.2 Riferimenti esterni
Per riferimenti esterni, si intendono i riferimenti ad atti
diversi da quello che opera il richiamo. A tali riferimenti si
applicano le seguenti regole: a) la citazione e' fatta con l'indicazione della data (giorno, mese,
anno) di promulgazione o emanazione della legge o del decreto
citato e del numero. Nelle premesse e' ammessa anche la citazione
del titolo dell'atto. In caso di ripetute citazioni di una stessa
legge o decreto, e' ammessa - ma solo per le citazioni successive
alla prima - la semplice indicazione del numero e dell'anno,
omettendo il giorno e il mese; b) per i riferimenti ad un atto che ha subito modificazioni, si usa
la formula "e successive modificazioni", omettendo le parole "e
integrazioni", che possono essere fonte di equivoci
interpretativi, solo quando tali modificazioni riguardano la
disposizione richiamata e non altre dello stesso atto. Per evitare
possibili dubbi interpretativi o questioni di legittimita'
costituzionale, ove il riferimento si intenda operato al testo
vigente ad una data determinata, tale intento deve risultare in
maniera chiara ed inequivoca; in caso contrario il riferimento si
interpreta come rinvio "mobile". Ove si tratti della Costituzione
o dei codici, la indicazione "e successive modificazioni" va
omessa in quanto il riferimento si intende sempre fatto al testo
vigente; c) vanno evitati i riferimenti a catena (si rinvia all'articolo x che
a sua volta rinvia all'articolo y), effettuando il riferimento
sempre alla disposizione base; d) quando si intende riferirsi a disposizioni modificate, il
riferimento va fatto sempre all'atto che ha subito le modifiche e
non all'atto modificante (par. 3.3); e) nei riferimenti a testi recanti commi non numerati la citazione
dei commi stessi va fatta sempre con riferimento al numero
ordinale. Nel caso in cui l'articolo sia costituito da un unico
comma non numerato, il riferimento va fatto all'articolo. Nei
riferimenti a testi recanti la numerazione dei commi, la citazione
dei commi stessi va fatta sempre con riferimento al numero
cardinale e non con l'uso del numero ordinale; f) vanno evitate le espressioni "ultimo" o "penultimo comma" o
"ultimi due commi" e simili, quando ci si riferisce a commi non
numerati; g) va evitato l'uso delle espressioni: " articoli... o commi... e
seguenti". Occorre sempre indicare con precisione il numero degli
articoli o dei commi cui si intende fare riferimento; h) per i decreti convertiti in legge, il riferimento e' fatto con la
formula: "decreto-legge x, convertito ('con modificazioni ,) dalla
legge y"; i) i testi unici o i complessi di disposizioni sono citati con la
formula: "testo unico... (o disposizioni...) di cui al decreto del
Presidente della Repubblica (o altro atto)" (par. 5.7); l) il riferimento ai testi unici "misti" previsti dall'articolo 7
della legge n. 50 del 1999 e' operato unicamente al decreto del
Presidente della Repubblica (cosiddetto testo A) contenente sia le
disposizioni legislative sia quelle regolamentari. Nella citazione
vanno omesse le indicazioni (L o R) poste in calce a ciascun comma
o a fianco della intestazione di ciascun articolo (par. 1.9.2); m) per i decreti e gli altri atti, non numerati, comunque pubblicati
nella Gazzetta ufficiale, sono indicati, oltre all'organo emanante
ed alla data (giorno, mese, anno) di emanazione dell'atto, anche
il numero e la data (giorno, mese, anno) della Gazzetta ufficiale
in cui l'atto e' stato pubblicato; n) i regolamenti governativi e ministeriali sono citati con
l'esplicita menzione del termine "regolamento" che individua la
natura dell'atto e con la formula: "regolamento di cui al..."; o) i decreti ministeriali o interministeriali non vanno richiamati in
modo innominato, ma con la indicazione specifica del Ministro o
dei Ministri che li hanno emanati, omettendo gli eventuali
Ministri "concertati"; p) i riferimenti agli atti comunitari sono effettuati indicando
nell'ordine, per le direttive comunitarie, l'anno, il numero e la
sigla comunitaria; per i regolamenti comunitari, la sigla, il
numero e l'anno. Per le decisioni il riferimento e' effettuato
come per le direttive. Esemplificando: "direttiva 95/337/CE del
Consiglio (o altro organo emanante), del 27 luglio 1995";
"regolamento (CE) n., 737/95 del Consiglio ( o altro organo
emanante), deI 26 aprile 1995". La sigla CEE e' sostituita da CE
per gli atti adottati dopo l'entrata in vigore del trattato di
Maastricht (I novembre 1993). Dal 1999 l'indicazione dell'anno
(prima del numero per direttive e decisioni e dopo il numero per i
regolamenti) figura su 4 cifre. Vi sono infine atti comunitari
atipici i quali sfuggendo alle suddette regole di nomenclatura,
rendono necessaria la citazione della data di emanazione dell'atto
ovvero, in assenza di ogni altro riferimento utile, della data di
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunita' europee. In
caso di ripetute citazioni di uno stesso atto comunitario,
limitatamente a quelle successive alla prima, nonche' ai fini
della sua indicazione nel titolo del testo legislativo, e' ammessa
l'omissione dell'organo emanante e della data dell'atto. In tali
casi si ricorre alle seguenti formule: direttiva 68/193/CEE;
decisione 78/884/CEE; regolamento (CE) n. 1859/95; q) i riferimenti ad accordi internazionali vanno fatti con la
seguente formula: "Accordo... firmato a... il..." integrata, sulla
base dei dati a disposizione, da una delle seguenti formule: 1)
"ratificato ai sensi della legge..."; 2) "la cui ratifica e' stata
autorizzata dalla legge..."; 3) "reso esecutivo ai sensi della
(oppure "di cui alla") legge..."; r) quando e' necessario citare partizioni di atti comunitari o
internazionali va seguita la terminologia adoperata in tali testi
(ad esempio, la partizione degli articoli nelle fonti comunitarie
utilizza il termine "paragrafo" invece di "comma"); s) le partizioni dell'atto normativo vanno citate, preferibilmente,
in ordine decrescente e separate da virgole (esempio: "articolo 1,
comma 2, lettera b)"). Le partizioni di livello superiore
all'articolo nella loro interezza vanno citate, preferibilmente,
in ordine decrescente, a partire dalla partizione di livello piu'
alto (esempio: titolo I, capo II, sezione I); t) va evitato, nei riferimenti, il rinvio ad altre disposizioni
operato con l'espressione: " in quanto compatibili ".

Nei richiami a testi complessi ed eterogenei e' valutata anche l'opportunita' di menzionare, oltre che il numero dell'articolo richiamato, anche la rubrica, se esistente.

2 LA STRUTTURA DELL'ATTO NORMATIVO

2.1 Il titolo dell'atto normativo
Il titolo dell'atto normativo assolve a due fondamentali funzioni: da un lato rende esplicito e conoscibile, sia pure in modo sintetico, il contenuto del provvedimento normativo, dall'altro consente una piu' agevole ricerca, anche con gli strumenti informatici, del provvedimento medesimo. Per i testi che contengono disposizioni di carattere tributario, v. par. 4.11, lettera b).
Nel titolo dell'atto normativo e' esplicitato, a tali fini, almeno l'oggetto principale della disciplina normativa. Occorre evitare, invece, le espressioni generiche o le semplici citazioni per data e numero di promulgazione o emanazione dileggi e decreti (c.d. titoli "muti").
Se, nel corso dell'iter, sono introdotte rilevanti modifiche, e' necessario adeguare il titolo a queste ultime.
Con riferimento al contenuto specifico dell'atto normativo, il titolo contiene i seguenti riferimenti: a) la presenza di delega legislativa, quando quest'ultima costituisce
il contenuto esclusivo o riveste particolare importanza
nell'economia del disegno di legge; b) l'atto modificato, nel caso di atto emanato con lo scopo esclusivo
o prevalente di modificare un precedente atto normativo; c) l'eventuale carattere derogatorio dell'atto rispetto alla
normativa vigente; d) la normativa comunitaria recepita con l'atto normativo.

2.2 Le premesse dell'atto normativo

2.2.1 Premesse in generale
Le premesse degli atti normativi diversi dalle leggi formali contengono, innanzitutto, l'indicazione delle norme di rango superiore che attribuiscono il potere esercitato con il provvedimento normativo. Quindi, per i decreti legislativi ed i decreti-legge sono indicati, rispettivamente, gli articoli 76 e 77 della Costituzione. Per i regolamenti statali sono indicati gli articoli 87, quinto comma, della Costituzione e 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, con la specificazione del comma dello stesso articolo. Per gli stessi regolamenti statali ed in generale per gli altri regolamenti sono menzionate le norme di legge speciale sulle quali si fonda l'esercizio del potere regolamentare.
Successivamente sono indicate, in ordine cronologico crescente, le disposizioni che comunque interferiscono nella regolamentazione della materia.
Vanno poi indicati gli adempimenti dell'istruttoria prevista per l'emanazione dell'atto. In generale le citazioni delle nonne e degli adempimenti istruttori sono precedute da "Visto".
Gli atti istruttori, in particolare i pareri, sono indicati secondo l'ordine cronologico. Per gli atti aventi natura regolamentare, il parere del Consiglio di Stato e', di regola, l'ultimo in ordine cronologico, essendo rivolto a garantire la legittimita' dell'atto stesso anche con riferimento all' 11cr procedurale.
L'eccezione a tale principio e' data dai pareri parlamentari. Per la richiesta di questi ultimi e' necessaria la previa acquisizione degli altri pareri richiesti dall'istruttoria, salve eccezioni connesse a reali ragioni d'urgenza, come l'eventuale scadenza della delega legislativa.
Tale principio, naturalmente, prima ancora che regola attinente all'ordine di citazione degli atti istruttori, e' regola sostanziale di acquisizione degli stessi.
Sempre con riguardo all'istruttoria, mentre per gli adempimenti specificamente previsti dalla norma base per quel determinato atto si tratta di riprendere tali prescrizioni, e' necessario ricordare che altri incombenti sono previsti da disposizioni di carattere generale, non necessariamente richiamati dalle disposizioni specifiche. Si ricordano, a questo proposito, il parere del Consiglio di Stato, il parere della Corte dei conti nei provvedimenti di natura contabile o finanziaria, il parere della Conferenza Stato regioni o Stato autonomie locali o unificata ed il parere del Garante dei dati personali.
Dopo le citazioni di norme e degli adempimenti istruttori, si menzionano i presupposti che sono assunti a base dell'atto, preceduti da "considerato che" e le valutazioni ditali presupposti, preceduti da "ritenuto che". Tali indicazioni non ricorrono in generale nei decreti legislativi; nei regolamenti esse sono utilizzate, generalmente, per motivare la mancata adesione a pareri degli organi consultivi.
Infine, nelle premesse vanno indicati la determinazione conclusiva (in genere la deliberazione del Consiglio dei Ministri) e la formula che introduce l'articolato. Quest'ultima formula varia a seconda del tipo di atto normativo, come risulta dalle regole che seguono.
La regola generale e' che si usa l'espressione "emana" quando l'atto e' di autorita' diversa da quella che ha predisposto l'atto, "adotta" quando l'autorita' e' la stessa. Quindi il Presidente della Repubblica "emana", il Presidente del Consiglio o il Ministro "adotta".
La formula tipo e' riportata all'All. 1

2.2.2 Premesse dei decreti legislativi

L'articolo 14, comma 1, della legge n.400 del 1988 prevede che: "i decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di "decreto legislativo" e con l'indicazione, nel preambolo (premessa), della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei Ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione".
Costituiscono "eventuali altri adempimenti prescritti dalla legge di delegazione" le procedure particolari per l'emanazione dei relativi decreti legislativi, quali ad esempio: - la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri; - il parere reso delle competenti Commissioni parlamentari previste
dalle stesse leggi di delega; - il parere delle Conferenze previste dal decreto legislativo n.28 1
del 1997 (Stato - regioni, Stato - autonomie locali, unificata); - il parere delle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative.
Dei suddetti adempimenti e' specificata la data di adozione, specificando, altresi', l'organo che ha emesso il parere e le sue eventuali articolazioni (ad esempio, la Commissione parlamentare di merito che ha reso il parere).
Le premesse si concludono con la formula "emana il seguente decreto legislativo" (v. par. 5.2).
Sulla base dello schema dettato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1985 e dalla legge n. 400 del 1988, le premesse dei decreti legislativi sono formulate secondo il modello di' cui all'All. 1.

2.2.3 Premesse dei decreti-legge
L'articolo 15, comma 1, della legge n. 400 del 1988 prevede che i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione sono presentati per l'emanazione al Presidente della Repubblica con la denominazione di "decreto-legge", con l'indicazione, nel preambolo, delle motivazioni di straordinaria necessita' ed urgenza che ne hanno determinato l'adozione, nonche' dell'avvenuta deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Si sottolinea l'importanza delle motivazioni, che devono individuare sinteticamente le ragioni che determinano l'adozione del provvedimento, connotate delle caratteristiche dell'imprescindibile necessita' ed urgenza.
Le premesse si concludono con la formula "emana il seguente decreto-legge" (v. par. 5.1).
Secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1985 e dalla legge n. 400 del 1988, le premesse dei decreti-legge assumono la forma di cui all'All. 2.

2.2.4 Premesse dei regolamenti
La formulazione delle premesse degli atti normativi emanati dal Presidente della Repubblica e' prevista dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1985 e dall'articolo 17 della legge n. 400 del 1988.
L'articolo 17, comma 4, della legge n. 400 del 1988 prevede che: "1 regolamenti di cui al comma 1 (governativi)......... che devono recare la denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere del Consiglio di Stato " (vedi, anche, articolo 17, comma 25, della legge 15 maggio 1997, n. 127).
A norma del comma 27 dello stesso articolo, "Fatti salvi i termini piu' brevi previsti per legge, il parere del Consiglio di Stato e' reso nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta; decorso il termine, l'amministrazione puo' procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere. Qualora, per esigenze istruttorie, non possa essere rispettato il termine di cui al presente comma, tale termine puo' essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro venti giorni dal ricevimento degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate".
Ove l'amministrazione si' avvalga della facolta' di procedere nell'adozione del regolamento in mancanza del parere reso entro il predetto termine, nelle premesse e' indicata la mancata pronuncia del parere da parte del Consiglio di Stato.
L'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1985 dispone che l'emanazione degli atti normativi, adottati con decreto del Presidente della Repubblica e da inserire nella Raccolta ufficiale, reca nella premessa la citazione delle disposizioni in base alle quali l'atto e' emanato e la indicazione del Ministro o dei Ministri proponenti.
Quanto alla citazione della norma attributiva del potere (v. supra par. 2.2.1), si richiama l'attenzione sulla necessita' che nelle premesse sia specificato il richiamo puntuale all'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, con indicazione del relativo comma in relazione allo specifico potere attribuito dalla singola legge.
Quando per legge e' richiesto il parere del Consiglio di Stato o e' intervenuta apposita deliberazione del Consiglio dei Ministri, deve farsi menzione ditali adempimenti.
Se l'amministrazione si discosta dal parere del Consiglio di Stato o, quando espressamente previsto, della Corte dei conti, nelle premesse e' indicata, a pena di illegittimita' del provvedimento, la motivazione ditale scostamento
Le premesse si concludono, a seconda dei casi, con la formula "emana il seguente regolamento" o "adotta il seguente regolamento" (v. par. 5.6).
Sulla base delle citate disposizioni, le premesse dei regolamenti assumono la forma dello schema base di' cui all'All. 3.

2.2.5 Regolamenti di delegificazione
Costituiscono condizioni essenziali per l'esercizio del potere delegificante la puntuale ed espressa individuazione delle norme primarie da abrogare (specie se non prevista dalla legge abilitante) con il connesso divieto di abrogazione innominata, il rispetto dei principi e criteri di delegificazione nonche' della materia od oggetto delegificato. Tali regolamenti sono previsti dai commi 2 e 4-bis dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988 (v. par. 5.6.2).
Talora in detti regolamenti sono previste formalita' ulteriori rispetto a quelle previste per la generalita' dei regolamenti, ad esempio il parere delle Commissioni parlamentari (All. 4). Questo adempimento e' richiesto in via generale per i regolamenti di organizzazione di' cui al citato comma 4-bis dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988 (All. 5).
Altra ipotesi di formalita' particolari per l'emanazione dei regolamenti di delegificazione e' costituita dalla previsione dell'articolo 20 della legge n. 59 del 1997 e dalle successive leggi annuali di semplificazione. Si tratta dei regolamenti di semplificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi, emanati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro competente, previa acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, delle(a) Conferenze(a) previste(a) dal decreto legislativo n. 281 del 1997 (ove occorra) e del Consiglio di Stato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri (par. All. 7).
Infine vanno ricordati nella categoria dei regolamenti di delegificazione i regolamenti di autorizzazione all'attuazione di direttive comunitarie (legge 9 marzo 1989, n. 86, articolo 4, commi 1 e 5), emanati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro per le politiche comunitarie da lui delegato.
Le premesse dei regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie sono quelle di cui all'All. 6.

2.2.6 Concerti e intese
Nel caso di procedure volte a consentire una manifestazione concorde di volonta' da parte di piu' soggetti pubblici, si usano, a seconda dei casi, le seguenti espressioni: a) "intesa", per le procedure tra soggetti appartenenti a enti
diversi (ad esempio, tra Stato, regioni ed altri enti
territoriali); b) "concerto", per le procedure tra piu' soggetti appartenenti allo
stesso ente(ad esempio, tra diversi Ministri).

Con specifico riferimento ad organi dei quali il Governo e' parte, come la Conferenza Stato-regioni o Stato-citta', la menzione dell'intesa tiene conto di tale profilo di composizione dell'organo. Conseguentemente, in luogo dell'espressione "d'intesa con la Conferenza...", e' utilizzata l'espressione "Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza.... nella riunione del....".
Con riferimento ai rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati e', invece, preferibile fare ricorso al termine "accordo".

2.3 Le partizioni del testo

2.3.1 L'articolo
L'unita' base dell'atto normativo e' l'articolo. Le disposizioni contenute nell'articolo devono avere una propria autonomia concettuale, secondo il criterio di una progressione logica degli argomenti trattati.

2.3.2 Numerazione e rubriche degli articoli
Gli articoli degli atti normativi recano, nell'intestazione, una numerazione progressiva, secondo la serie naturale dei numeri cardinali. La regola e' applicata anche nel caso di atti consistenti di un articolo unico. In quest'ultimo caso, dunque, detto articolo va contrassegnato come "ART. 1".
Oltre alla numerazione progressiva, e' opportuno che gli articoli abbiano anche una rubrica. L'articolo unico, peraltro, non va corredato di rubrica.
In uno stesso testo normativo, per la rubricazione degli articoli, si segue il criterio dell'uniformita', nel senso che o di rubriche sono corredati tutti gli articoli o nessun articolo va corredato di rubrica. Recano sempre una rubrica gli articoli dei disegni di legge finanziaria, comunitaria, dei disegni di legge collegati alla manovra finanziaria, nonche' degli atti contenenti deleghe legislative e disposizioni di delegificazione.

2.3.3 Il comma.
Ogni articolo si divide soltanto in commi. 11 comma ha contenuto omogeneo e termina con il punto a capo.
E' opportuno evitare un numero eccessivo di commi per ciascun articolo. Orientativamente, e' eccessivo un numero di commi eccedente 10.
I commi sono contrassegnati con numeri cardinali progressivi, seguiti dal punto (ad esempio: 1, 2, 3, ecc.).
Il comma unico di un articolo va contrassegnato con il numero cardinale "1.".
Ogni comma puo' suddividersi in periodi, cioe' in frasi sintatticamente complete che terminano con il punto e si susseguono senza andare a capo. Si va a capo soltanto alla fine del comma. Conseguentemente, nei riferimenti normativi, l'espressione "periodo" va impiegata esclusivamente con riferimento a frasi che terminano con il punto.
Le uniche eccezioni ammissibili alla continuita' del comma fino al punto conclusivo sono la suddivisione in lettere, anziche' in periodi, e l'andata a capo per formulare un articolo aggiuntivo da inserire in testo previgente col metodo della novella.
La ripartizione in lettere di un comma tende ad agevolare la lettura di piu' periodi organicamente inseriti, per ragioni di omogeneita' di contenuto, nello stesso comma. Le lettere utilizzabili sono quelle dell'alfabeto italiano (non, quindi, le lettere J, K, W, X, Y).
Quando il comma si suddivide in lettere, il comma stesso si compone di una parte introduttiva, denominata alinea, che termina con i due punti. Si prosegue a capo, con le lettere, seguite da parentesi, e la disposizione di ciascuna lettera. Alla fine di ogni lettera la disposizione termina con il punto e virgola. La lettera finale del comma termina con il punto.
Se le lettere dell'alfabeto non sono sufficienti ad esaurire l'elencazione, si prosegue a lettere raddoppiate ( aa), bb), cc) ) e, se occorre, triplicate (aaa), bbb), ccc) ) e cosi' via. Ma va ricordato che il protrarsi della numerazione e' sintomo di appesantimento e di possibile eterogeneita' dell'articolo.
Ogni lettera prosegue in modo continuo senza ulteriori invii a capo, a meno che la lettera stessa sia, a sua volta, suddivisa in numeri, nel qual caso si va a capo sia dopo l'alinea della lettera, sia alla fine di ogni numero. Se e' necessario introdurre un'ulteriore ripartizione all'interno del numero, si fa ricorso alla suddivisione in numeri progressivi composti: 1.1, 1.2, 1.3, ecc.
L'impiego dei numeri cardinali seguiti dalla parentesi, per contrassegnare le suddivisioni interne ad un comma, e' consentito soltanto all'interno di una suddivisione in lettere, non in alternativa a questa.
Al termine di una partizione in lettere o numeri non e' ammesso l'inserimento di un periodo autonomo rispetto alla lettera o al numero prima di passare al comma o alla lettera successivi. L'impiego di trattini o di altri segni per contraddistinguere partizioni interne di un comma diverse dai periodi, dalle lettere e dai numeri non e' consentito.
Si ricorda che a norma dell'articolo 10, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, "Al fine di agevolare la lettura di una legge, decreto o altro atto normativo, i cui articoli risultino di particolare complessita' in ragione dell'elevato numero di commi, la Presidenza del Consiglio dei ministri ne predispone, per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, un testo corredato da sintetiche note a margine, stampate in modo caratteristico, che indichino in modo sommario il contenuto di singoli commi o di gruppi di essi. Tale testo e' pubblicato in una data indicata contestualmente alla pubblicazione della legge o dell'atto normativo e, comunque, non oltre quindici giorni dalla pubblicazione stessa.".

2.3.4 Partizioni di livello superiore all'articolo
Il testo normativo puo' essere suddiviso in partizioni superiori all'articolo e che comprendono un articolo singolo o piu' articoli.
Tali partizioni sono denominate, in ordine crescente: sezione, capo, titolo, parte, libro. E' escluso l'impiego di una partizione di livello superiore quando non e' stato utilizzato il livello inferiore. Fa eccezione la sezione, che puo' essere utilizzata solo come eventuale partizione interna di un capo.
In particolare, si adotta la sequenza:
1. partizione di primo livello: capo. Esso reca uno o piu' articoli, ed e' eventualmente suddiviso in sezioni;
2. partizione di secondo livello: titolo, comprendente uno o piu' capi;
3. partizione di terzo livello: parte, comprendente uno o piu' titoli;
4. partizione di quarto livello: libro, comprendente una o piu' parti.
Le partizioni di livello superiore all'articolo possono essere corredate di rubriche, purche' sia rispettato il principio dell'uniformita'.
Tali partizioni, ove utilizzate, comprendono tutti gli articoli dell'atto.
Le partizioni di livello superiore all'articolo recano una numerazione continua all'interno di ogni partizione immediatamente superiore. Ogni partizione va contrassegnata con un numero progressivo in cifre romane.

2.3.5 Gli allegati
Le tabelle, i quadri, i prospetti e gli elenchi non vanno inseriti nel testo degli articoli ne' in allegato ad essi, ma in allegato al testo normativo, dopo l'ultimo articolo. All'inizio di ciascun allegato deve essere citato l'articolo, o il primo articolo, che rinvia all'allegato stesso. Tale citazione non e' richiesta nel caso di allegato contenente le modificazioni apportate in sede di conversione a decreti-legge.
Gli allegati non contengono nelle note esplicative ulteriori disposizioni sostanziali. Queste ultime trovano collocazione esclusivamente nell'articolato.

3 RAPPORTI FRA ATTI NORMATIVI

3.1 Abrogazione
Il verbo "abrogare" va utilizzato con riferimento a disposizioni di atti normativi di livello non inferiore al comma (o alla lettera se il comma e' diviso in lettere; oppure al numero o alla ulteriore unita' minima in cui e' ripartito il numero). Quando si intenda invece riferirsi a periodi (frasi sintatticamente complete che terminano con il punto) o a singole parole va usato il verbo" sopprimere" (ad esempio: "Il comma... e' abrogato";" Il terzo periodo del comma... e' soppresso"; "Al comma... le parole:.... sono soppresse").
La cosiddetta formula abrogativa esplicita innominata (del genere: "tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge sono abrogate") non va utilizzata. Essa e' superflua, essendo una inutile e, al limite, equivoca ripetizione del principio stabilito, in via generale, sulla abrogazione implicita dall'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale.
E' opportuno che ogni atto normativo contenga una disposizione che indichi espressamente le disposizioni abrogate in quanto incompatibili con la nuova disciplina recata.
Analoga previsione e' contenuta nelle disposizioni legislative di delegificazione, nel quale caso l'abrogazione ha effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari.
Nell'incertezza circa la completezza dell'elenco delle disposizioni abrogate, per mettere in evidenza che tale elenco (comunque preferibile a formule generiche o implicite di abrogazione) puo' non essere esaustivo, occorre utilizzare la seguente formula: "Sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni:".
La data da cui decorre la cessazione dell'applicazione o l'abrogazione di determinate disposizioni deve essere definita ricorrendo a riferimenti temporali individuabili con certezza.

3.2 Deroga
La deroga interviene quando si prevede, con una nuova disposizione, una eccezione alla disposizione gia' in vigore sulla stessa materia. Qualora la deroga sia successivamente eliminata, la originaria disposizione riespande la sua efficacia.

3.3 Novella
Le modifiche implicite o indirette ad atti normativi vigenti vanno evitate, privilegiando la modifica testuale ("novella").
Le norme recanti "novelle" si compongono di due parti: la parte introduttiva (denominata "alinea") e la parte consistente nella "novella" in senso stretto. Questa puo' comprendere uno o piu' capoversi.
L'alinea della norma recante "novella" contiene il dispositivo volto a precisare il rapporto, di sostituzione o di integrazione, tra la norma previgente e quella recata dalla "novella": esso termina con i due punti, ai quali fa seguito la parte novellistica, inscritta fra virgolette, in apertura e in chiusura.
La nuova disposizione non si' limita a stabilire, genericamente, l'inserimento o l'aggiunta della "novella" nel testo previgente, ma indica sempre l'esatta collocazione della parte novellistica in detto testo e precisa quindi, dopo quali parole o dopo quale comma o dopo quale articolo, la "novella" vada inserita.
La "novella" redatta in termini di sostituzione integrale di un articolo, di un comma numerato, di una lettera o di un numero deve ripetere, all'inizio del virgolettato, l'indicazione del numero o della lettera (ad es.: L'articolo 86 della legge... e' sostituito dal seguente: (a capo) "ART. 86 (eventuale rubrica se presente nel testo novellato) 1. ..").
Se la parte novellistica consiste di uno o piu' commi, lettere o numeri, essa e' riportata, fra virgolette, a capo, dopo i due punti con cui si conclude l'alinea.
Se, viceversa, la" novella" consiste di un periodo o di piu' periodi o di semplici parole da inserire, in sostituzione o in aggiunta , nella norma previgente, la " novella " stessa va riportata, tra virgolette, di seguito all'alinea ( e, quindi, senza andare a capo). Se un atto ha subito modifiche, eventuali "novelle" sono riferite all'atto modificato e non agli atti modificanti (par. 1.9.2).
I riferimenti a disposizioni recanti "novelle" vanno effettuati come segue: a) quando la nuova disposizione sostituisce o introduce un intero
comma nel testo previgente, il riferimento e' effettuato
all'articolo che innova, seguito dalla indicazione "capoverso" per
fare riferimento alla parte della "novella" in senso stretto; b) quando la nuova disposizione sostituisce o introduce una
pluralita' di' commi nel testo previgente, il riferimento e'
effettuato all'articolo che innova, seguito dalla indicazione:
1. "primo capoverso", "secondo capoverso", "terzo capoverso", e
via dicendo, nel caso di commi non numerati;
2. capoverso 1, capoverso 2, capoverso 3, ecc., quando i commi
introdotti dalla novella sono numerati. e) i riferimenti a partizioni di un articolo non rispondenti ai casi
di cui alle precedenti lettere, non sono effettuati usando
espressioni diverse da quelle sopra indicate ne' impiegando le
medesime ("alinea", "capoverso") con significati diversi da quelli
sopra richiamati. Tali casi vanno risolti altrimenti, ad esempio
con citazioni testuali, quali: le parole "..." oppure le parole da
"..." a "..." sono sostituite dalle seguenti: "...").

A questo riguardo va, tuttavia, precisato che, anche quando la "novella" riguarda partizioni della nonna modificata inferiori al comma, ad esempio quando si tratti di modificare una singola parola o un insieme di parole, e' preferibile riprodurre l'intero comma come modificato, con l'introduzione della nuova parte o la lettera di un comma o comunque almeno un numero contenuto in una lettera. Per le citazioni e le "novelle" relative ai codici penali si utilizzano, anche nel virgolettato, la denominazione "comma" o "periodo". Non sono pertanto utilizzate le denominazioni originariamente in uso in tali testi ("prima parte" e "capoverso").
La sostituzione di un insieme di articoli o di commi numerati con un numero minore di articoli o di' commi e' effettuata con l'espressa sostituzione degli articoli e dei commi per i quali se ne introducano di nuovi, identificati con i medesimi numeri, e l'abrogazione degli articoli e dei commi cui non corrispondano nuovi articoli o commi con il medesimo numero.
Anche quando un'intera partizione superiore all'articolo e' sostituita da una nuova partizione, contenente un numero minore di articoli, gli articoli per i quali non sia previsto un nuovo contenuto testuale devono essere espressamente abrogati.
Quando i commi di un articolo modificato non sono numerati, occorre evitare di sostituire un comma con piu' commi, ovvero di sostituire piu' commi adiacenti con un comma solo. Cio' per non alterare la sequenza dei commi eventualmente richiamati nello stesso atto o in altri atti.
Quando si apportano diverse novelle, si procede come segue: a) se le novelle riguardano distinti atti legislativi, ogni norma
recante una "novella" ad un determinato atto e' inserita in un
articolo a se' stante. Non si procede, quindi, con commi di uno
stesso articolo recante piu' "novelle" a diversi atti legislativi; b) se le novelle riguardano modificazioni a piu' commi di uno stesso
articolo, la disposizione e' formulata come segue:
"All'articolo... della legge... sono apportate le seguenti
modificazioni:", cui seguono piu' lettere nell'ambito dello
stesso comma, ciascuna delle quali indica le modificazioni a uno
o piu' commi del testo previgente.
Se vi e' la necessita' di apportare modifiche testuali dello stesso tenore ad uno stesso atto si ricorre ad una formula riassuntiva del tipo: "l'espressione y, ovunque ricorra, e' sostituita dalla seguente: z".
Occorre fare attenzione, in presenza di una disposizione recante novella ad altra previgente, ad inserire correttamente eventuali termini per l'adozione di atti previsti dalla novella stessa. Infatti, l'espressione "dalla data di entrata in vigore della presente legge (o del presente decreto)", inserita nella "novella", comporta la decorrenza dalla data di entrata in vigore dell'atto modificato.
Pertanto, ove si intenda far decorrere il termine di efficacia della norma inserita con novella dalla data di entrata in vigore dell'atto modificante, occorre a cio' provvedere con autonoma disposizione posta fuori della "novella" (par. 4.18).

3.3.1 Numerazione e rubricazione degli articoli aggiunti con novella
Alla numerazione e rubricazione degli articoli aggiuntivi, da inserire con il metodo della novella in testi normativi previgenti, si procede come segue: a) gli articoli aggiuntivi sono contrassegnati con il numero
cardinale dell'articolo dopo il quale devono essere collocati,
integrato con l'avverbio numerale latino (bis, ter, quater, ecc.); b) il tipo di numerazione di' cui alla lettera a) va adottato anche
per gli articoli aggiuntivi inseriti dopo l'ultimo articolo del
testo previgente; c) anche in caso di articolo unico, non recante la numerazione
cardinale, gli articoli aggiuntivi vanno denominati come segue:
ART. 1-bis, ART. 1-ter, e via dicendo; d) gli articoli aggiuntivi, da inserire prima dell'articolo 1 o
dell'articolo unico non recante la numerazione cardinale, sono
contrassegnati con il numero "01", "02", "03 ", ecc.; e) gli articoli da collocare in posizione intermedia tra articoli
aggiunti successivamente al testo originario, sono contrassegnati
con il numero dell'articolo dopo il quale sono inseriti, integrato
da un numero cardinale. L'articolo inserito tra 1-bis e 1-ter e'
contrassegnato, quindi, come 1-bis.1. Quello inserito tra 1 e
1-bis come 1.1; J) la rubricazione degli articoli aggiuntivi si uniforma
all'impostazione del testo nel quale si inseriscono. Tali
articoli, pertanto, sono dotati di rubrica solo nel caso in cui
gli articoli del testo precedente ne siano dotati, salvo che, con
espressa previsione, non si stabilisca di apporre rubriche anche
ai rimanenti articoli dell'atto normativo.

3.3.2 Numerazione dei commi nella novella
Nella "novella" recante sostituzione integrale di un articolo di un atto normativo previgente, nel quale i commi sono numerati, i commi del nuovo testo vanno ugualmente contrassegnati con numeri cardinali.
Se invece la "novella" sostituisce singoli commi dell'articolo del testo previgente con un pari numero di commi, i commi che costituiscono la novella vanno contrassegnati con lo stesso numero cardinale dei commi sostituiti.
Se la novella, anche mediante la sostituzione di singoli commi con un numero maggiore di commi, introduce nuovi commi, questi vanno contrassegnati con lo stesso numero cardinale del comma dopo il quale sono collocati, integrato con l'avverbio numerale latino bis , ter , quater, e via dicendo. Tale criterio va seguito anche per i commi aggiuntivi inseriti dopo l'ultimo comma o , rispetto all'articolo previgente composto di un comma unico, quando il comma aggiuntivo debba essere inserito dopo detto comma unico.
Va evitata, comunque, l'utilizzazione di numeri corrispondenti ad articoli o commi abrogati in precedenza.
I commi aggiuntivi, inseriti in un testo previgente, nel quale i comini non sono numerati, non vanno numerati neppure essi. La numerazione invece si appone quando la nuova formulazione riguardi non singoli commi soltanto, ma un intero articolo del testo previgente. Tuttavia articoli aggiunti o sostituiti nella Costituzione e nei codici che recano commi non numerati non devono recare i commi numerati.
Per gli atti normativi i cui articoli recano commi non numerati, i commi aggiuntivi inseriti da successive "novelle" vanno citati con il numero ordinale risultante dalla loro collocazione nella nuova sequenza dei commi; in altri termini la numerazione della sequenza originale dei commi si intende modificata in dipendenza dell'aggiunta dei nuovi commi. Uguale criterio deve essere seguito in caso di abrogazione di' commi. Pertanto nella citazione dei commi deve farsi riferimento alla sequenza di essi vigente alla data di entrata in vigore dell'atto normativo che rinvia ai medesimi.
I commi aggiuntivi, inseriti in un testo normativo previgente nei quale i commi sono numerati e che sono collocati prima del comma 1, vanno contrassegnati con il numero "01" , "02", "03", e via dicendo.
I commi da inserire tra due commi numerati, aggiunti successivamente ad un testo previgente, vanno contrassegnati con il numero del comma dopo il quale sono inseriti, integrato da un numero cardinale. Il comma inserito tra l'1-bis e l'1-ter diviene quindi 1-bis.1. Il comma inserito tra l'1 e l'1-bis va denominato 1.1.
Se si devono operare ulteriori modifiche, che non possono essere apportate seguendo i criteri sopra indicati, l'articolo va integralmente sostituito, applicando la regola generale della novella di un intero articolo.

3.4 Proroga e sospensione
La proroga di una norma interviene sui limiti temporali di applicazione di una disposizione ovvero quando i termini di vigenza della disposizione stessa non sono ancora scaduti; interviene, invece, il differimento quando i termini di vigenza della disposizione sono gia' scaduti.
La sospensione prescrive che per un periodo determinato e' sospesa l'applicazione della disposizione contenuta nell'atto normativo.
Sia per quel che concerne le proroghe che le sospensioni e' necessario indicare specificamente la disposizione che si intende prorogare o sospendere.

3.5 Reviviscenza
Se si intende fare rivivere una disposizione abrogata non e' sufficiente abrogare la disposizione abrogativa, ma occorre specificare espressamente tale intento, abrogando la norma abrogatrice e richiamando esplicitamente la norma abrogata; ovvero, piu' semplicemente, abrogando la norma abrogatrice e riproponendo ex novo la disposizione gia' oggetto di abrogazione. In ogni caso, la reviviscenza ha effetto ex nunc.

4 ASPETTI SOSTANZIALI DI REDAZIONE E CONTENUTO TIPO DELL'ATTO
La redazione dei testi normativi presenta caratteristiche non solo formali, ma anche di carattere piu' propriamente sostanziale. Alla definizione ditali aspetti sono dedicati i seguenti paragrafi, secondo un ordine che tiene conto della sequenza-tipo delle disposizioni di un testo normativo.

4.1 Finalita' e oggetto dell'intervento normativo
Nella tradizione italiana i testi normativi non sono motivati, anche per evitare che sia legificato lo strumento interpretativo della voluntas legis nella forma della volonta' storica del legislatore. Tale legificazione potrebbe portare anche all'eventuale superamento degli ulteriori mezzi interpretativi, come quello letterale e sistematico (articolo 12 delle preleggi) e non va incoraggiata. D'altra parte la ratio della disposizione, se l'articolato e' chiaro, emerge dalla formulazione stessa delle disposizioni e dal loro rapporto sistematico.
Tuttavia puo', in determinati casi e tenendo conto delle implicazioni sopra richiamate, essere utile indicare l'oggetto e le finalita' generali del testo normativo, per inquadrarne, meglio di quanto possa fare il solo titolo, l'obiettivo e facilitarne la lettura e la conoscibilita'. In tale caso finalita' ed oggetto dell'intervento possono essere riportati in una disposizione di apertura.
Sono, comunque, da escludersi disposizioni meramente programmatiche o semplici dichiarazioni d'intenti non attinenti alle finalita' dell'atto.
Nelle singole disposizioni e', invece, opportuno evitare il riferimento alla finalita' delle disposizioni medesime. Detto riferimento comporta un inutile appesantimento del periodo, cui non si ricollega, peraltro, alcun effetto dispositivo. Talora, poi, cio' che e' indicata come finalita' della disposizione e', invece, un elemento della fattispecie, cui conseguono effetti ben piu' stringenti.
Ad esempio, una disposizione cosi' formulata: "Al fine di dare continuita' e compiutezza all'opera di adeguamento tecnologico e strutturale del settore agroindustriale, puo' essere concesso un contributo alle iniziative di miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli", realizza piu' correttamente l'obiettivo voluto se riformulata come segue: "Puo' essere concesso un contributo alle iniziative che realizzano il miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, attraverso l'adeguamento tecnologico e strutturale del settore agroindustriale".
La seconda formulazione, lungi dal determinare la sola finalita' della disposizione, contiene un precetto puntuale: saranno prese in considerazione ai fini della concessione del contributo solo le iniziative che siano caratterizzate da precisi contenuti innovativi nell'ambito tecnologico o strutturale delle aziende interessate. La finalita' puo' incidere sull'interpretazione della norma; la descrizione del contenuto dell' innovazione condiziona, invece, direttamente i presupposti della concessione del contributo al possesso del requisito voluto dal legislatore.

4.2 Ambito di efficacia dell'atto
Un'ulteriore disposizione puo', con formulazione di carattere generale, chiara e sufficientemente elastica, definire il campo di applicazione dell'atto normativo, sia oggettivo (con riferimento alle categorie di rapporti giuridici su cui l'atto incide) sia soggettivo (con riferimento ai soggetti destinatari dell'atto medesimo).

4.3 Definizioni normative
Nei testi di una certa complessita' puo' essere opportuno precisare i termini ricorrenti nell'atto normativo, quando tali termini abbiano una valenza tecnica specifica o quando i termini utilizzati nella redazione abbiano significati polivalenti nel linguaggio comune, in quello tecnico-scientifico o in quello giuridico, nonche' in caso di termini particolarmente complessi, per i quali la definizione normativa costituisce espressione sintetica, senza rinunciare, in forza del rinvio alla definizione iniziale, alla chiarezza.
Le definizioni sono, tuttavia, ammesse solo se necessarie ai fini di un'interpretazione chiara ed univoca dell'atto e devono essere collocate all'inizio dell'atto normativo, in un unico articolo.
In ogni caso il ricorso a nuove definizioni normative e' preceduto dalla verifica che nell'ordinamento non ne esistano gia' altre, riferite al medesimo istituto o ad altro analogo.

4.4 Contenuto dispositivo: disposizioni sostanziali o procedurali
Segue, poi, il contenuto dispositivo dell'atto, che attiene alla disciplina oggetto di intervento. A questo proposito la vincolativita' delle disposizioni del testo normativo e' assicurata dal connesso sistema sanzionatorio, la cui previsione e', dunque, funzionale all'efficacia stessa dei precetti.

4.5 Divieto di norme intruse
La materia oggetto di disciplina normativa deve essere omogenea.
E' vietata l'introduzione di disposizioni del tutto estranee alla materia. Deroghe a tale principio sono ammesse solo quando si tratta di un intervento normativo necessitato ed esiste comunque un collegamento logico almeno con il contenuto della disciplina nel suo complesso. in tale caso la disposizione in questione e' collocata in un apposito articolo e del contenuto relativo si fa menzione nel titolo dell'atto.
La suddivisione delle disposizioni nelle varie ripartizioni, dalla piu' piccola (comma) alla piu' grande (libro), deve informarsi ai criteri della omogeneita' ed uniformita'.

4.6 Disposizioni che rinviano a regolamenti
Le disposizioni che attribuiscono al Governo un potere regolamentare specificano sempre se si tratta di regolamenti di esecuzione, di attuazione, di delegificazione, di organizzazione o ministeriali. A tal fine sono espressamente richiamati, a seconda dei casi, i commi 1, 2, 3 o 4-bis dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988.
Nel caso di regolamenti di' delegificazione sono, altresi', indicate le norme generali regolatrici della materia e la previsione dell'abrogazione delle nonne vigenti.

4.7 Modalita' di adozione di successivi atti applicativi
Spesso i testi normativi, ed in particolare quelli legislativi, prevedono l'adozione di successivi atti per la loro attuazione e definiscono le modalita' istruttorie di adozione degli atti stessi.
Con riferimento a tale eventualita', va tenuto presente, in particolare, che quando le relative disposizioni stabiliscono adempimenti, in genere di carattere consultivo, del Parlamento su atti o schemi di atti, le disposizioni stesse sono formulate in modo da non individuare direttamente l'organo parlamentare competente, evitando cosi' l'indebita ingerenza nell'organizzazione di organi costituzionali, che e' invece riservata ai regolamenti parlamentari. in tal caso, la previsione si limita a stabilire la trasmissione dell'atto al Parlamento, salvo che sia gia' individuato a tale fine un organismo bicamerale.

4.8 Disposizioni concernenti regole tecniche ed aiuti di Stato
A norma della direttiva 83/1 89/CEE, gli schemi di provvedimenti contenenti nome e regolamentazioni tecniche sono preventivamente comunicati, prima della loro definitiva approvazione, alla Commissione europea, che ne verifica la compatibilita' con i principi di liberta' circolazione nell'ambito del mercato interno. La comunicazione e' effettuata a cura dell'amministrazione competente per materia e per il tramite del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri, che cura i rapporti con le istituzioni europee.
In difetto della predetta comunicazione, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunita' europee (30 aprile 1996, C-194/94) i giudici nazionali sono tenuti a disapplicare dette norme e regole.
Una preventiva comunicazione, con le medesime modalita', e' necessaria anche per le disposizioni che istituiscono o modificano aiuti di Stato (articolo 88.3 del Trattato istitutivo della Comunita', nella versione consolidata). Va sottolineato che gli aiuti di Stato sottostanno a requisiti sostanziali di compatibilita' comunitaria e di adempimenti procedimentali, quali la preventiva comunicazione alla Commissione.
Il mancato rispetto dell'onere di preventiva comunicazione alla Commissione europea costituisce di per se' ragione di illegittimita' insanabile dell'aiuto previsto, quand'anche l'aiuto fosse compatibile con la disciplina comunitaria (Corte di giustizia delle Comunita' europee, 21 novembre 1991, C-354/90).

4.9 Copertura amministrativa
La cosiddetta copertura amministrativa e' costituita dai profili organizzativi necessari ad assicurare che le nuove previsioni abbiano corretta e completa applicazione e costituisce elemento essenziale per la valutazione di fattibilita' dello stesso atto normativo. La metodologia di analisi e progettazione e' gia' ampiamente disciplinata dalla direttiva del Presidente del consiglio dei ministri 27 marzo 2000 recante "Analisi tecnico normativa e analisi dell'impatto della regolamentazione", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.118 del 23 maggio 2000, ed illustrata nella relativa guida, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 2001, supplemento ordinario n. 46.
In questa sede e' opportuno ribadire che nella redazione dell'articolato diviene elemento necessario la definizione degli strumenti organizzativi o procedurali eventualmente necessari per dare attuazione alle nuove previsioni, anche con la specificazione di eventuali modifiche alla consistenza degli organici o all'organizzazione esistente.
E' essenziale un uso razionale e corretto delle fonti che deve essere esplicitato nell'analisi tecnico normativa (ATN), secondo i criteri delineati dall'attuale assetto, che affida alla legge la disciplina della funzione dell'organo e dell'apparato amministrativo e la copertura finanziaria necessaria a sostenere i nuovi o maggiori oneri che ne conseguono ; al regolamento di organizzazione previsto dall'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, resta, invece, affidata la disciplina dell'organizzazione degli uffici ad eccezione dei dipartimenti. Su detto regolamento e' opportuno prevedere il concerto del Ministro delegato per la funzione pubblica e del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Va, altresi' ricordato che, a norma del citato articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, l'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nel rispetto dei principi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono: a) riordino degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e dei
Sottosegretari di Stato; tali uffici hanno esclusive competenze di
supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra
questo e l'amministrazione; b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale,
centrali e periferici; tale organizzazione tende alla
diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni
strumentali, al perseguimento dell'omogeneita' delle funzioni
esercitate, della flessibilita' nonche' all'eliminazione delle
duplicazioni funzionali; c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione
e dei risultati; d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante
organiche; e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per
la definizione dei compiti delle unita' dirigenziali nell'ambito
degli uffici dirigenziali generali.

Tale impostazione consente di mantenere una maggiore elasticita' al sistema normativo ed alla sua futura evoluzione.

4.10 Disposizioni che prevedono competenze di regioni ed enti locali
Le disposizioni che prevedono adempimenti a carico delle regioni o di enti locali, o che conferiscono, delegano o trasferiscono compiti e funzioni, sono formulate in modo da evitare l'individuazione diretta degli organi competenti o del tipo di atti da emanare.
in tal modo si assicura l'elasticita' della previsione normativa, potendo l'organizzazione e le competenze degli organi di detti enti mutare nel tempo, e contestualmente si evita l'invasione della sfera di autonomia degli enti stessi, disciplinata dai rispettivi statuti.
Sempre con riferimento a tali disposizioni, va ricordata la previsione dell'articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, recante "Riforma di alcune norme di' contabilita' generale dello Stato in materia di' bilancio"; detta disposizione prevede che: "Le leggi che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico dei bilanci degli enti locali ... devono contenere la previsione dell'onere stesso nonche' l'indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali".

4.11 Disposizioni tributarie
La legge 27 luglio 2000, n. 212, recante "Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente", detta alcune specifiche disposizioni in materia di redazione di disposizioni tributarie. In particolare: a) l'articolo 1, comma 2, stabilisce che: "L'adozione di norme
interpretative in materia tributaria puo' essere disposta soltanto
in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali
le disposizioni di interpretazione autentica"; b) l'articolo 2, comma 1, stabilisce che: "Le leggi e gli altri atti
aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie
devono menzionarne l'oggetto nel titolo", nonche' "nella rubrica
delle partizioni interne e dei singoli articoli l'oggetto delle
disposizioni ivi contenute" (v. par. 2.1); c) l'articolo 2, comma 2, stabilisce che: "Le leggi e gli atti aventi
forza di legge che non hanno un oggetto tributario non possono
contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle
strettamente inerenti all'oggetto della legge medesima"; d) l'articolo 2, comma 3, fissa il principio secondo cui i richiami
contenuti in disposizioni tributarie si fanno indicando anche il
contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare
rinvio; e) l'articolo 2, comma 4, esplicita che "Le disposizioni modificative
di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo
conseguentemente modificato"; trovano al riguardo applicazione i
principi generali in materia di novella di cui al par. 3.3; f) rilevanti disposizioni in materia di decorrenza delle disposizioni
tributarie sono dettate dall'articolo 3; g) l'articolo 4 dispone che, in materia tributaria, non si puo'
disporre con decreto-legge l'istituzione di nuovi tributi ne'
prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie
di soggetti. h) l'articolo 6, comma 3, fa obbligo all'amministrazione finanziaria
che, in generale, ogni proprio atto sia messo a disposizione del
contribuente in tempi utili, sia comprensibile anche ai
contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria e che il
contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con il
minor numero di adempimenti e nelle forme meno costose e piu'
agevoli; i) l'articolo 6, comma 4, stabilisce che: "Al contribuente non
possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni
gia' in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre
amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali
documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell'articolo
18, commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai
casi di accertamento d'ufficio di fatti, stati e qualita' del
soggetto interessato dalla azione amministrativa"; l) l'articolo 8, comma 3, prevede che: "Le disposizioni tributarie
non possono stabilire ne' prorogare termini di prescrizione oltre
il limite ordinario stabilito dal codice civile".

4.12 Disposizioni interpretative
Le disposizioni di interpretazione autentica devono limitarsi a chiarire il significato delle norme richiamate, ovvero ad individuare una fra la varie interpretazioni possibili, senza modificarne il tenore testuale. Esse, infatti, sono ammissibili solo in presenza di un dubbio interpretativo e sono volte ad enucleare uno specifico significato normativo.
Per il carattere prettamente strumentale ed ausiliario, dette disposizioni non possono avere un contenuto precettivo distinto da quello delle norme interpretate e non sono suscettibili di un'autonoma applicazione. Ad esse non puo' attribuirsi portata innovativa (3).
------
(3) (Sui limiti delle norme interpretative cfr. da
ultimo la sentenza della Corte costituzionale del 15
novembre 2000, n.525.).
Per le disposizioni in questione si utilizza, quindi, la seguente formula:
Il comma... dell'articolo... della legge... si interpreta nel senso che...".

4.13 Disposizioni contenenti termini
La previsione di termini nelle disposizioni di legge o di regolamento non e' operazione di carattere semplice ne' subordinata alla sola stima del tempo necessario per provvedere ad un certo adempimento.
La previsione di un termine deve essere motivata e accompagnata da meccanismi che fin dall'inizio consentano di superare la situazione che si verifica in caso di mancato rispetto del termine, o prevedendo la decadenza, se consentita dal tipo di fonte utilizzata, dal diritto o dal potere oppure gli strumenti alternativi o sostitutivi del mancato adempimento.
In particolare, tale previsione e': a) motivata dall'effettiva esigenza, espressa nella relazione
illustrativa, tecnico-normativa, e nell'AIR. Va ricordato,
infatti, che solo in determinati casi, il termine ha un effettivo
valore tassativo con la conseguenza di un effetto preclusivo
dell'esercizio di un diritto o di un potere in data successiva.
Cio' non si verifica in caso di termine per l'adozione di atti
amministrativi o regolamenti, per i quali il termine ha una mera
efficacia sollecitatoria. In tali casi, il termine non comporta
alcun effetto preclusivo, anzi la sua scadenza rende ancora piu'
necessaria l'adozione dell'atto, che resta comunque un obbligo
salvo quanto previsto dalla lettera b); b) accompagnata dalla previsione della modalita' di superamento della
situazione che si determina a seguito del mancato rispetto del
termine. In caso contrario, sara' poi fortissima la sollecitazione
all'ulteriore intervento normativo per regolare dette conseguenze
e, come l'esperienza insegna, tale sollecitazione sara' fatalmente
rivolta all'emanazione di un decreto-legge per il quale, tuttavia,
non sussisteranno a rigore i presupposti, essendo per lo piu'
dovuto a inadempienza dello stesso organo che doveva provvedere.

E', poi, opportuno che l'unita' di misura del tempo, impiegata dalla disposizione semplifichi al massimo l'opera dell'interprete. Si procede, dunque, secondo i seguenti principi.
Il riferimento ai giorni e' utilizzato quando il periodo preso in considerazione e' inferiore al mese o nel caso in cui la disposizione non fissi una data determinata. Altrimenti il riferimento e' al mese. Tali ultimi riferimenti evitano che l'interprete debba effettuare il conto dei giorni per individuare la scadenza del termine e consentono invece l'individuazione del termine finale con la sola corrispondenza al termine di partenza: sei mesi dal 12 febbraio scadono il 12 agosto, a prescindere dal carattere bisestile o meno dell'anno e dal numero effettivo dei giorni di ciascun mese intermedio.

4.14 Disposizioni sanzionatorie
Le sanzioni sono coperte da riserva di legge. Cio' significa che e' riservata alla legge la previsione della fattispecie illecita e della sanzione. Tuttavia, mentre per la sanzione in senso stretto la riserva di legge e' assoluta, e quindi la legge prevede la sanzione applicabile, la fattispecie illecita puo' essere dalla legge definita con rinvio ad un regolamento o ad un atto amministrativo, purche' con un'indicazione sufficientemente specifica dei criteri cui questi atti si devono attenere.
Per le sanzioni penali, e' necessario attenersi ai principi del codice penale.
Per le sanzioni amministrative e' necessario attenersi alla legge sulla depenalizzazione (legge 24 novembre 1981, n. 689), quanto al tipo di sanzione ed al rapporto tra minimo e massimo e utilizzare al posto dell'espressione "e' punito", terminologia riservata alla descrizione dei reati, la seguente formulazione "chi commette.... e' soggetto a....".
La riserva di legge impone che in sede di legge delega o di legge che prevede il rinvio al potere regolamentare si preveda anche la possibilita': a) per il decreto legislativo, di punire le violazioni con sanzioni,
sulla base degli ordinari principi e criteri direttivi; b) per i regolamenti, di prevedere le condotte alle quali consegue la
sanzione prevista dalla legge.

E' raccomandabile la formulazione delle disposizioni che descrivono la fattispecie illecita in termini generali e non con il mero riferimento all'articolo del testo normativo che prevede il comportamento obbligatorio. In tal modo, infatti, i cambiamenti intervenuti in altri testi normativi, contenenti le prescrizioni tutelate dalla previsione della sanzione, non comportano la necessita' di modificare la legge che prevede la sanzione, cui consegue l'aggravio del procedimento di elaborazione delle disposizioni.
Cosi', ad esempio, e' preferibile prevedere la sanzione nella legge come segue:
"Chiunque senza autorizzazione (o indebitamente, o in violazione
delle disposizioni che ne fissano la disciplina) svolge
l'attivita' di.... e' punito con la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma di denaro da lire.... a lire....",
piuttosto che "Chiunque viola le disposizioni di cui agli
articoli.... del regolamento emanato con decreto del Presidente
della Repubblica........ n...... e' punito con la
sanzione.....".
Va comunque tenuto presente l'articolo 20-bis della legge 15 marzo 1997, n.59, come modificata dalla legge 8 marzo 1999, n. 50 (legge di semplificazione 1998) e dalla legge 24 novembre 2000, n. 340 (legge di semplificazione 1999), che consente il raccordo tra norme regolamentari di' delegificazione e sanzioni riferite alle precedenti disposizioni di legge.

4.15 Disposizioni di copertura finanziaria
La disposizione di copertura finanziaria attiene al reperimento delle risorse finanziarie necessarie per l'attuazione della disposizione, sia con riferimento ai nuovi o maggiori oneri sia con riferimento alle minori entrate.
La copertura finanziaria e' propria della legge e del decreto-legge.
Per quanto riguarda gli altri atti normativi, va ricordato che il decreto legislativo (par. 5.2) non puo' porre problemi autonomi di copertura finanziaria, atteso che la previsione e la relativa copertura dei nuovi o maggiori oneri devono trovare espressione nella legge di delega.
Neppure il regolamento puo' prevedere nuovi o maggiori oneri o minori entrate, se non coperti dalla legge che attribuisce il potere regolamentare.
Peraltro, anche quando l'atto di per se' non contiene la previsione di nuovi o maggiori oneri, e' utile l'inserimento di una disposizione che escluda tale aggravio finanziario, quale strumento di chiarezza nei rapporti con i terzi.
Le disposizioni concernenti la copertura finanziaria sono preferibilmente accorpate in un unico articolo, invece che essere frazionate in una serie di commi relativi alle varie disposizioni che comportano la necessita' di' copertura.
La clausola della copertura finanziaria delle leggi e dei decreti legge e' riferita generalmente a tutto il provvedimento legislativo e non a singole disposizioni.
Essa ha i seguenti contenuti tipici (4)
(4)(Si veda in proposito l'articolo 11-ter della legge
L. 5 agosto 1978, n. 468, recante "Riforma di alcune norme
di contabilita' generale dello Stato in materia di
bilancio" e successive modificazioni, che cosi' recita:
"Copertura finanziaria delle leggi.
1. In attuazione dell'articolo 81, quarto comma. della
Costituzione, la copertura finanziaria delle leggi che
importino nuove o maggiori spese, ovvero minori entrate, e'
determinata esclusivamente attraverso le seguenti
modalita':
a) mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei
fondi speciali previsti dall'articolo 11-bis, restando
precluso sia l'utilizzo di accantonamenti del conto
capitale per iniziative di parte corrente, sia
l'utilizzo per finalita' difformi di accantonamenti per
regolazioni contabili e per provvedimenti in adempimento
di obblighi internazionali;
b) mediante riduzione di precedenti autorizzazioni
legislative di spesa; ove dette autorizzazioni fossero
affluite in conti correnti o in contabilita' speciali
presso la Tesoreria statale, si procede alla contestuale
iscrizione nello stato di previsione della entrata delle
risorse da utilizzare come copertura;
c) .... (abrogato);
d) mediante modificazioni legislative che comportino nuove
o maggiori entrate; resta in ogni caso esclusa la
copertura di nuove e maggiori spese correnti con entrate
in conto capitale.

2. I disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo
e gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino
conseguenze finanziarie devono essere corredati da una
relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni
competenti e verificata dal Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica sulla
quantificazione delle entrate e degli oneri recati da
ciascuna disposizione, nonche' delle relative coperture,
con la specificazione, per la spesa corrente e per le
minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa
attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale,
della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio
pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli
obiettivi tisici previsti. Nella relazione sono indicati i
dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro
fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede
parlamentare secondo le norme da adottare con i regolamenti
parlamentari (20/a).
3. Le Commissioni parlamentari competenti possono
richiedere al Governo la relazione di cui al comma 2 per
tutte le proposte legislative e gli emendamenti al loro
esame ai fini della verifica tecnica della quantificazione
degli oneri da essi recati.
4. I disegni di legge di iniziativa regionale e del CNEL
devono essere corredati, a cura dei proponenti, da una
relazione tecnica formulata nei modi previsti dal comma 2.
5. Per le disposizioni legislative in materia
pensionistica la relazione di cui ai commi 2 e 3 contiene
un quadro analitico di proiezioni finanziarie almeno
decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate
ai soggetti beneficiari. Per le disposizioni legislative in
materia di pubblico impiego la relazione contiene i dati
sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli
automatismi diretti e indiretti che ne conseguono fino alla
loro completa attuazione, nonche' sulle loro correlazioni
con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di
dipendenti pubblici omologabili. Per le disposizioni
legislative recanti oneri a carico dei bilanci di enti
appartenenti al settore pubblico allargato la relazione
riporta la valutazione espressa dagli enti interessati.
6. Ogni quattro mesi la Corte dei conti trasmette al
Parlamento una relazione sulla tipologia delle coperture
adottate nelle leggi approvate nel periodo considerato e
sulle tecniche di quantificazione degli oneri.
7. Qualora nel corso dell'attuazione dileggi si
verifichino scostamenti rispetto alla previsioni di spesa o
di entrate indicate dalle medesime leggi al fine della
copertura finanziaria, il Ministro competente ne da'
notizia tempestivamente al Ministro del tesoro che
riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le
conseguenti iniziative legislative. La stessa procedura e'
applicata in caso di sentenze definitive di organi
giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti
interpretazioni della normativa vigente suscettibili di
determinare maggiori oneri.

a) in caso di utilizzazione di fondo speciale del Tesoro:
"All'onere derivante dall'attuazione della presente legge,
determinato in lire.... per l'anno ... ed in lire ... per gli
anni ... (o a decorrere dall'anno.... ), si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale...., nell'ambito dell'unita' previsionale
di base di parte corrente (o di conto capitale) "Fondo speciale"
dello stato di previsione del Ministero..... per l'anno....,
(parzialmente) utilizzando, per lire....., l'accantonamento
relativo al Ministero..... e, per lire.... , l'accantonamento
relativo al Ministero.... b) in caso di copertura attraverso definanziamento di altra
iniziativa, ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 1, lettera b),
della legge 5 agosto 1978, n. 468, la clausola e' la seguente:
"All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si
provvede con le risorse di cui all'articolo.... della legge....
Si intende corrispondentemente ridotta la relativa
autorizzazione di spesa"
c) in nessuna caso e' consentita la copertura su capitoli di spesa.
La formula di copertura finanziaria e' completata dalla previsione del seguente ulteriore comma:
"Con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica sono apportate le occorrenti variazioni
di bilancio".
In ogni caso e' corretto fare riferimento, per la copertura finanziaria, solo agli stanziamenti previsti, per gli anni di riferimento, dalla legge finanziaria in vigore, tenendo conto del mantenimento dei residui di stanziamento il cui utilizzo e' espressamente contemplato dalla legge.
La pratica del cosiddetto "trascinamento dei fondi" da un anno all'altro e', invece, scorretta e comporta un ampliamento delle risorse impegnabili non previsto dalle leggi di spesa. Sui principi e modalita' di attuazione delle disposizioni in materia di formazione dei residui di stanziamento si veda anche la direttiva del Presidente del consiglio dei ministri in data 16 gennaio 1998, in G.U. 27 gennaio 1998, n. 21.
I decreti legislativi non portano vere e proprie clausole di copertura finanziaria. Con riferimento a detti decreti la copertura si rinviene nella legge delega (par. 5.2). Solo a titolo ricognitivo, quindi, e' consentito l'uso della seguente disposizione:
"All'onere derivante dall'applicazione del presente decreto
si provvede con le risorse finanziarie previste
dall'articolo.... della legge.... (delega)".
Allo stesso modo, una clausola di copertura finanziaria non e' ammissibile per i regolamenti, neppure per quelli "autorizzati" o di delegificazione. La copertura e' prevista dalla legge che rinvia alle norme regolamentari.

4.16 Disposizioni abrogative
La parte finale dell'atto e' rivolta a stabilire il rapporto con gli altri atti normativi, o in funzione di raccordo o in funzione di abrogazione.
Per quanto l'abrogazione, oltre che espressa, possa essere implicita, per contrasto oggettivo tra precetti contrastanti, e' buona regola che l'atto normativo contenga la previsione delle disposizioni abrogate, in modo da assicurare una continua "manutenzione" dell'ordinamento e la periodica verifica della necessita' delle norme formalmente esistenti.

4.17 Disposizioni transitorie
Tra le disposizioni finali si pongono anche le norme transitorie, e cioe' le norme disciplinanti il passaggio dal regime previgente a quello nuovo.
A questo proposito, vanno evitate espressioni come "In sede di prima applicazione della presente disposizione ...", atteso che in sede applicativa tali espressioni, non riferite ad un preciso elemento temporale, hanno creato contenzioso per il dubbio insito nell'individuazione delle fattispecie nelle quali si e' effettivamente in sede di prima applicazione di una disposizione.
Le disposizioni transitorie, collocate in articolo a se' stante, pongono in essere la disciplina intertemporale resasi necessaria a seguito della modifica dell'assetto normativo. Esse devono individuare chiaramente gli aspetti problematici di transizione relativi al passaggio dal regime previgente a quello successivo all'entrata in vigore dell'atto, regolando i rapporti giuridici sorti in vigenza della normativa anteriore ed ancora pendenti.
Il regime transitorio puo' fondarsi o sulla applicazione della normativa anteriore ai rapporti giuridici sorti prima dell'entrata in vigore dell'atto (principio di ultrattivita) o sull'applicazione della nuova normativa ai rapporti pendenti (principio di retroattivita) o su una regolamentazione autonoma provvisoria.
Dette disposizioni devono indicare un ambito di validita' temporale nettamente definito, ponendo un riferimento chiaro e specifico a momenti di tempo univoci ed oggettivamente determinabili.

4.18 Entrata in vigore e decorrenza di efficacia.
Occorre distinguere fra data di entrata in vigore dell'atto normativo nel suo complesso e decorrenza dell'efficacia di sue singole disposizioni.
Nel primo caso si usa l'espressione : "La presente legge entra in vigore il..." . Nel secondo caso si usa la seguente diversa espressione :"Le disposizioni dell'articolo x hanno effetto a decorrere da ...".
Il termine iniziale per le ipotesi di diversa decorrenza di singole disposizioni va individuato in date certe (la pubblicazione e, preferibilmente, l'entrata in vigore) e non in date piu' difficilmente note alla generalita' (l'approvazione, la promulgazione o l'emanazione).
Gli emendamenti modificativi o soppressivi al decreto-legge ed approvati nella legge di conversione hanno effetto dal giorno successivo a quello di pubblicazione della legge di conversione, salvo sia diversamente disposto dalla legge stessa (par. 5.1).
Con riferimento all'entrata in vigore o alla decorrenza di efficacia di una disposizione introdotta con il sistema della novella, occorre evitare che il momento di decorrenza sia falsato per effetto dell'introduzione in un testo normativo gia' in vigore. A tale fine la decorrenza non va inserita nel testo novellato, bensi' in autonoma disposizione ad esso estranea (v. par. 3.3).

4.19 Clausola di inserzione nella raccolta degli atti normativi
Tale clausola ha un contenuto fisso. Per la legge la clausola e' la seguente:
"La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara'
inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarla e di farla osservare come legge dello Stato".
Per i decreti legge, i decreti legislativi ed i regolamenti la formula e' la seguente:
"Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara'
inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarlo e di' farlo osservare ".
Essa non appartiene al contenuto dispositivo dell'atto e non va quindi inserita nell'articolato ne' contrassegnata da un numero di comma.

5 REGOLE SPECIALI PER PARTICOLARI ATTI

5.1 Regole per i decreti-legge e i disegni di legge di conversione
Il titolo del decreto-legge si caratterizza con l'espressione: "Misure urgenti in materia di...". Di seguito e' indicato l'oggetto del decreto.
Le premesse ed il contenuto dell'atto si attengono alle previsioni dell'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Pertanto, nelle premesse sono richiamati gli articoli 77 ed 87 della Costituzione ed esposti i motivi della necessita' e dell'urgenza.
Quanto al contenuto, il Governo non puo', mediante decreto-legge: a) conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della
Costituzione; b) provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma,
della Costituzione; c) rinnovare le disposizioni di decreti-legge, dei quali sia stata
negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere
o comunque non convertiti nel termine previsto dalla Costituzione; d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non
convertiti; e) ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime
dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.

I decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Ne consegue che nel decreto-legge non e' ammissibile subordinare l'efficacia o l'attuazione delle disposizioni in esso contenute all'adozione di regolamenti attuativi. La dilazione che ne deriverebbe e' la dimostrazione dell'insussistenza della straordinaria necessita' e urgenza.
Il decreto-legge e' pubblicato, senza ulteriori adempimenti, nella Gazzetta ufficiale immediatamente dopo la sua emanazione e contiene la clausola di presentazione al Parlamento per la conversione in legge.
Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge.
Nelle relazioni di accompagnamento sono descritti i presupposti di necessita' ed urgenza nonche' gli effetti delle norme sull'ordinamento e deve essere predisposta, sia pure in forma semplificata, l'AIR.
Secondo quanto previsto dall'articolo 17, comma 30, della legge 15 maggio 1997, n. 127, sono allegati, altresi', gli atti normativi eventualmente abrogati o modificati dal decreto-legge.
Benche' la Costituzione non preveda espressamente limitazioni di materia, le situazioni di straordinaria necessita' ed urgenza, in presenza delle quali e' legittimo il ricorso al decreto-legge, sono piu' facilmente enucleate con riferimento alle materie nelle quali il decreto-legge e' emanato. Come ausilio alla verifica dei requisiti costituzionali, va ricordato che le materie nelle quali piu' frequentemente realmente ricorrono i presupposti della straordinaria necessita' e urgenza sono: a) emergenze internazionali ed adempimento di obblighi
internazionali; b) emergenze di ordine pubblico interno e repressione dei reati; e) protezione civile; d) emergenze valutarie e tributarie (cosiddetti decreti
"catenaccio"), con la precisazione che, a norma dell'articolo 4
della legge 27 luglio 2000, n. 212, "non si puo' disporre con
decreto-legge l'istituzione di nuovi tributi ne' prevedere
l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di
soggetti"; e) emergenze sanitarie e ambientali.

E' bene ancorare la verifica dei requisiti di straordinaria necessita' e urgenza dei decreti-legge anche alla materia, oltre che alla situazione concretamente dedotta, atteso che quei requisiti vanno intesi in senso oggettivo e non riconducibile, in via di principio, a scadenze prevedibili.

5.2 Regole per i disegni di legge di delegazione ed i decreti legislativi
I limiti del potere di delega al Governo della funzione legislativa sono: il termine di esercizio della delega, l'oggetto, i principi e criteri direttivi.
La legge di delegazione contiene, dunque, la distinta indicazione di termini, oggetto, principi e criteri direttivi.

5.2.1 Termine per l'esercizio della delega
Detto termine e' commisurato non solo alla complessita' sostanziale dell'esercizio della delega, ma anche al procedimento richiesto per l'emanazione del decreto legislativo. Sempre piu' spesso si prevede l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari ed e' richiesto il passaggio alla Conferenza Stato - regioni o Stato - autonomie locali o unificata.
Tali termini dell'istruttoria si sommano. Questo effetto si evita solo se la legge di delegazione delega prevede espressamente in senso contrario.
Entro il termine fissato dalla legge di delegazione, il decreto legislativo e' emanato, cioe' e' firmato dal Presidente della Repubblica. Il testo del decreto legislativo, adottato dal Governo, e', a tale fine, trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.
In ogni caso, qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo e' tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti legislativi. Il parere e' espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di' delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni. E' comunque opportuno che nella legge di delega ultrabiennale si richiami espressamente la procedura dell'articolo 14, comma 4, della legge n.400 del 1988.
Si ritiene comunemente che l'esercizio della delega da parte del Governo sia istantaneo, che cioe' esso si esaurisca con l'emanazione del primo decreto legislativo e che, neppure rimanendo nel termine dell'esercizio della delega, il Governo possa ritornarci, abrogando o modificando il precedente decreto legislativo.
Tale principio non vale, tuttavia, in caso di pluralita' di oggetti della delega e di pluralita' di decreti emanati per la disciplina di distinti oggetti: da cio' l'importanza della chiara definizione dell'oggetto della delega (par. 5.2.2).

5.2.2 Oggetto della delega
La definizione dell'oggetto della delega e' elemento di grande importanza.
Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralita' di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo puo' esercitarla mediante piu' atti successivi per uno o piu' degli oggetti predetti.
In relazione al termine finale stabilito dalla legge di delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega. Nella redazione delle disposizioni di delega, e' necessario distinguere la definizione dell'oggetto della delega dai principi e criteri direttivi per l'esercizio della medesima, nonche' prevedere la copertura finanziaria di tutti gli oneri discendenti dal complesso legge di delegazione - decreto legislativo.

5.2.3 Principi e criteri direttivi
I principi sono, propriamente, le disposizioni della legge di delegazione che contengono norme giuridiche di carattere generale.
I criteri direttivi sono, propriamente, l'indicazione delle specifiche finalita' fissate al legislatore delegato.
Peraltro, nell'applicazione concreta, principi e criteri direttivi costituiscono un'endiadi e non sono differenziati.

5.2.4 Altre disposizioni da inserire nella delega
Sono inserite nella delega, oltre alle disposizioni contenenti la copertura finanziaria (par. 5.2.2), quelle che prevedono un potere regolamentare diverso dal generale potere regolamentare del Governo (par. 5.6).

5.2.5 Aspetti formali del decreto legislativo
A norma dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, i decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di "decreto legislativo" e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione.

5.2.6 Aspetti sostanziali del decreto legislativo
Il decreto legislativo disciplina la materia nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dal legislatore delegante.
Il decreto legislativo, pertanto, non contiene sub-deleghe, ne' attribuisce il potere regolamentare, diverso da quello generale spettante al Governo ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (v, anche par. 4.15).

5.2.7 Decreti legislativi correttivi
Il decreto legislativo correttivo deve essere adottato nei termini e nel rispetto dei vincoli derivanti dalla legge di delegazione.
Nel titolo e' menzionato il decreto legislativo modificato dal decreto correttivo.
Nelle premesse e' menzionata la norma di delega di riferimento, in base alla quale si effettua l'intervento correttivo.

5.3 Regole per il disegno di legge comunitaria
Il titolo del disegno di legge reca: "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee" e tale dicitura e' completata dall'indicazione "legge comunitaria", seguita dall'anno di riferimento.
A norma della legge 9 marzo 1989, n. 86 (legge "La Pergola"), gli allegati alla legge comunitaria comprendono: a) l'elenco delle direttive da attuare con decreti legislativi senza
la necessaria acquisizione del parere delle Commissioni
parlamentari (Allegato A); b) l'elenco delle direttive da attuare con decreti legislativi per i
quali e' previsto il parere delle Commissioni parlamentari
(Allegato B); c) l'elenco delle direttive da attuare con regolamenti di
delegificazione (Allegato C) (All. 6).

E' necessario che la legge comunitaria preveda la delega legislativa in caso di istituzione di nuovi organi o strutture amministrative e nelle ipotesi di previsioni di nuove spese o di minori entrate.
Nella previsione delle direttive da comprendere nella legge comunitaria sono incluse tutte le direttive in vigore e non solo quelle il cui termine di recepimento scade nell'anno di riferimento della legge comunitaria. Considerato, infatti, il tempo necessario per la redazione dei decreti legislativi, l'autolimitazione della legge comunitaria alle sole direttive con scadenza nell'anno di riferimento della legge comunitaria medesima condannerebbe lo Stato italiano al ritardo nel recepimento ed alla conseguente infrazione comunitaria.
Con riferimento al contenuto della relazione illustrativa, e' bene ricordare che in detta relazione va fatta menzione delle direttive che possono essere recepite con regolamento o atto amministrativo senza necessita' di apposita previsione nella legge comunitaria, dello stato di conformita' dell'ordinamento interno al diritto comunitario e dello stato delle eventuali procedure di infrazione. Si deve dare conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunita' europee relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari da parte della Repubblica italiana, nonche' delle ragioni dell'eventuale mancata menzione delle direttive, il cui termine di recepimento e' gia' scaduto o scada nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l'esercizio della delega legislativa. Si da' conto, altresi', della legislazione regionale attuativa di direttive comunitarie.

5.4 Regole per i disegni di legge sulle intese con le confessioni religiose
Nel titolo e' inserita la seguente formula "Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e... (la Confessione...).
Nella relazione illustrativa e' menzionata la data di sottoscrizione dell'intesa ed e' descritta la procedura seguita, a tale fine, dalla Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose.
Quanto al contenuto, l'articolo 1 ha la seguente formulazione:
"Art. 1 (Rapporti tra lo Stato e la Confessione...) 1. I
rapporti tra lo Stato e la Confessione.... sono regolati dalle
disposizioni della presente legge, sulla base dell'intesa,
stipulata il.... Detta intesa e' allegata alla presente legge e
ne costituisce parte integrante".
Seguono gli articoli dell'intesa.
Infine e' prevista la norma di copertura.

5.5 Regole per i decreti legislativi di attuazione di statuti speciali
I decreti legislativi attuativi di statuti speciali devono essere redatti nel rispetto delle regole previste nel par. 2.2.2.
Detti decreti sono emanati in seguito ad un procedimento atipico, nel quale possono intervenire, secondo i rispettivi statuti, organi regionali nonche' una commissione paritetica composta di rappresentanti statali e regionali.
La particolarita' del procedimento di emanazione incide anche sulla pronuncia del Consiglio dei ministri, nel quale interviene il presidente della regione o della provincia autonoma. Il Consiglio dei ministri, infatti, approva o non approva il testo, cosi' come propostogli, salve le modifiche non incidenti sul contenuto sostanziale dell'atto, rispetto alle quali l'intervento dei richiamati presidenti e' sufficiente garanzia.
Salve le specifiche previsioni degli statuti di autonomia, quindi, in caso di non condivisione totale o parziale del testo da parte del Consiglio dei ministri, lo schema di decreto e' riportato in istruttoria, con le garanzie procedimentali per esso previste.
Lo schema di decreto e' sottoposto al Consiglio dei ministri ed e' eventualmente modificabile limitatamente agli aspetti formali.

5.6 Regole per le disposizioni regolamentari

5.6.1 - Regolamenti governativi
I regolamenti governativi, di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono caratterizzati dall'inerenza del potere di loro emanazione al Governo. Non e' quindi necessaria la previsione di legge specifica per attribuire detto potere. I regolamenti governativi attuano e integrano le previsioni dileggi, in particolare, a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro quarantacinque giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonche' dei
regolamenti comunitari; b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti
legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a
materie riservate alla competenza regionale; c) le materie in cui manchi la disciplina da parte dileggi o di atti
aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie
comunque riservate alla legge; d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni
pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.

5.6.2 - Regolamenti di delegificazione
A norma dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati regolamenti autorizzati a disciplinare materie precedentemente regolate da leggi, previa abrogazione delle medesime, o a derogare precedenti disposizioni di legge o comunque ad innovare a livello di legislazione ordinaria.
La legge dello Stato che attribuisce al Governo tale potere di delegificazione si attiene ai seguenti principi: a) limitazione alle materie non coperte da riserva assoluta di' legge
prevista dalla Costituzione; b) determinazione delle norme generali regolatrici della materia; c) previsione dell'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dalla
data di entrata in vigore delle norme regolamentari.

5.6.3 - Regolamenti ministeriali
A norma dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorita' sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di piu' ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo.
Essi debbono essere comunicati ai Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

5.7 - Regole per i testi unici.
Le disposizioni che prevedono l'emanazione di un testo unico indicano sempre se il predetto testo e' retto da una delega legislativa o da una mera autorizzazione alla raccolta di norme, nonche' se il testo unico deve essere redatto ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 50 del 1999, come modificato dalla legge 24 novembre 2000, n. 340, ovvero secondo un' autonoma disciplina.
Con riferimento alla citazione di un testo unico, o di complessi di disposizioni, la citazione e' effettuata con la formula: "testo unico... (o disposizioni...) di cui al decreto del Presidente della Repubblica (o altro atto)(par. 1.9.2).
Il riferimento ai testi unici "misti" previsti dall'articolo 7 della legge n.50 del 1999 e' operato con le modalita' di cui al par. 1.9.2, lettera l.
La modificazione a norme dei testi unici "misti" previsti dall'articolo 7 della legge n. 50 del 1999 e' fatta unicamente al decreto del Presidente della Repubblica (cosiddetto testo A), contenente sia le disposizioni legislative che quelle regolamentari, in caso di sostituzione o aggiunta di articoli o commi e' necessario precisare, apponendo le lettere L o R, il rango della disposizione oggetto di modifica. Ove la modifica sostituisca un intero articolo, o introduca un articolo aggiuntivo, la novella reca, dopo la parola ART, la lettera (L o R) corrispondente alla fonte che opera la modifica. Se la modifica comporta la sostituzione o l'aggiunta di un comma all'interno di un articolo a contenuto "misto", la lettera (L o R) e' posta in calce al comma stesso. Se la sostituzione riguarda singole parole, tale indicazione va invece omessa, fermo restando che modifiche a parti di testo di livello inferiore al comma possono essere apportate solo da atti di fonte pariordinata.
 
ALL. 1

Premesse dei decreti legislativi in generale (par. 2.2.2)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto(i) l'(gli) articolo(i).... della legge (data), n...., recante(i) delega al Governo per.....;
(Eventuali altre leggi o direttive comunitarie;)
(Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;)
(Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del....;)
(Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano espresso nella seduta del.....;)
(Acquisito il parere della Conferenza Stato-Citta' ed autonomie locali, espresso nella seduta del.....;)
(Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta del.....;)
(Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza..... nella riunione del....;)
(Acquisito il parere della Commissione bicamerale di cui all'articolo..... della legge.....;)
(Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, indicando la data e la Commissione che ha espresso il parere;)(5)
(5) Le parti in corsivo sono eventuali e da adattare con
riferimento al singolo schema.
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del.......
Sulla proposta del Ministro (o dei Ministri)......., di concerto con........;

EMANA

il seguente decreto legislativo
 
ALL. 2

Premesse dei decreti-legge (par. 2.2.3)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di.....;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del.....;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri (e del(i) Ministro(i) ), di concerto con il(i) Ministro(i)......;

EMANA

Il seguente decreto-legge
 
ALL. 3

Premesse dei regolamenti in generale (par. 2.2.4)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma....., della legge 23 agosto 1988, n. 400;
(Visto l'articolo.... della legge..... che prevede l'emanazione di un regolamento....;)(6)
(Eventuali altre leggi o direttive comunitarie;)
(Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;)
(Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del....;)
(Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano espresso nella seduta del.....;)
(Acquisito il parere della Conferenza Stato-Citta' ed autonomie locali, espresso nella seduta del.....;)
(Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, reso nella seduta del......;)
(Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza..... nella riunione del....;)
(Acquisito il parere della Commissione bicamerale di cui all'articolo..... della legge.....;)
Acquisiti i pareri della Commissione..... della Camera dei deputati in data..... e della Commissione....... del Senato della Repubblica in data..... (alternativamente va richiamata la mancata espressione del parere nei termini previsti);
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del.....;
(Ritenuto di non potere condividere il citato parere del Consiglio di Stato, con riferimento a......, in considerazione....;)
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del.......
Sulla proposta del Ministro (o dei Ministri)......., di concerto con........;

EMANA

il seguente regolamento

(6) Le parti in corsivo sono eventuali e da adattare con
riferimento al singolo schema.
 
ALL. 4

Premesse dei regolamenti di delegificazione (par. 2.2.5)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l'articolo.... comma...., della legge(data), n......; (legge che attribuisce il potere di delegificazione);
(Altri adempimenti eventuali di cui all'allegato 3;)
Acquisiti i pareri della Commissione..... della Camera dei deputati in data..... e della Commissione....... del Senato della Repubblica in data..... (alternativamente va richiamata la mancata espressione del parere nei termini previsti);
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del.......;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro.......;(7)

EMANA

il seguente regolamento

(7) Le parti in corsivo sono eventuali e da adattare con
riferimento al singolo schema.
 
ALL. 5

Premesse dei regolamenti di organizzazione (par. 2.2.5)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
(Eventuali fonti normative riferite alla materia in trattazione;)
(Altri adempimenti eventuali di cui all'allegato 3;)
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del.....;
Acquisiti i pareri della Commissione..... della Camera dei deputati in data..... e della Commissione....... del Senato della Repubblica in data..... (alternativamente va richiamata la mancata espressione del parere nei termini previsti);
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del.......;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;(8)

EMANA

il seguente regolamento

(8) Le parti in corsivo sono eventuali e da adattare con
riferimento al singolo schema.
 
ALL. 6

Premesse dei regolamenti di attuazione di direttive comunitarie
(par.par. 2.2.5 e 5.3 lettera c)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge...., n....., legge comunitaria per l'anno....;
Vista(e) la(e) direttiva(e).....;
(Eventuali fonti normative riferite alla materia in trattazione;)
(Altri adempimenti eventuali di cui all'allegato 3;)
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del.....;
Acquisiti i pareri della Commissione..... della Camera dei deputati in data..... e della Commissione....... del Senato della Repubblica in data..... (alternativamente va richiamata la mancata espressione del parere nei termini previsti);
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del.......;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri (o del Ministro per le politiche comunitarie) e del Ministro......, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica nonche' del(i) Ministro(i).....;(9)

EMANA

il seguente regolamento

(9) Le parti in corsivo sono eventuali e da adattare con
riferimento al singolo schema.
 
ALL. 7

Premesse dei regolamenti di semplificazione (par. 2.2.5)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n.59;
Visto l'articolo....., comma......, della legge(data), n.....; (legge annuale di semplificazione)
(Altri adempimenti eventuali di cui all'allegato 3;)
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del.....;
Acquisiti i pareri della Commissione..... della Camera dei deputati in data..... e della Commissione....... del Senato della Repubblica in data..... (alternativamente va richiamata la mancata espressione del parere nei termini previsti);
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del.......;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro......;(10)

EMANA

il seguente regolamento

(10) Le parti in corsivo sono eventuali e da adattare con
riferimento al singolo schema.
 
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