| Gazzetta n. 58 del 10 marzo 2001 (vai al sommario) |  
|   |  
| LEGGE 13 febbraio 2001, n. 45 |  
| Modifica  della  disciplina  della  protezione  e del trattamento sanzionatorio  di  coloro  che  collaborano  con la giustizia nonche' disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza. |  
  |  
 |  
    La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della Repubblica hanno approvato;                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA                              Promulga la seguente legge:                               ART. 1.
     1.  Il titolo del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge 15 marzo 1991, n. 82, e' sostituito dal seguente: "Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonche' per  la  protezione  e  il  trattamento  sanzionatorio  di coloro che collaborano con la giustizia". 
                                         Avvertenza:              Il  testo  delle  note  qui pubblicato e' stato redatto          dall'amministrazione   competente  per  materia,  ai  sensi          dell'art.   10,   commi  2  e  3,  del  testo  unico  delle          disposizioni     sulla     promulgazione    delle    leggi,          sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica          e  sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,          approvato  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica          28 dicembre  1985,  n.  1092, al solo fine di facilitare la          lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali          e'  operato  il  rinvio.  Restano  invariati  il  valore  e          l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
                           |  
|   |                                 ART. 2.
     1.   L'articolo  9  del  decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' sostituito dal seguente:
     "ART.  9. - (Condizioni di applicabilita' delle speciali misure di protezione).  -  1.  Alle  persone  che  tengono le condotte o che si trovano  nelle  condizioni  previste  dai  commi 2 e 5 possono essere applicate, secondo le disposizioni del presente Capo, speciali misure di  protezione  idonee  ad assicurarne l'incolumita' provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza.   2.  Le speciali misure di protezione sono applicate quando risulta la   inadeguatezza   delle  ordinarie  misure  di  tutela  adottabili direttamente dalle autorita' di pubblica sicurezza o, se si tratta di persone  detenute  o  internate,  dal  Ministero  della  giustizia  - Dipartimento  dell'amministrazione  penitenziaria  e risulta altresi' che  le persone nei cui confronti esse sono proposte versano in grave e   attuale   pericolo  per  effetto  di  talune  delle  condotte  di collaborazione  aventi  le  caratteristiche  indicate  nel  comma 3 e tenute relativamente a delitti commessi per finalita' di terrorismo o di  eversione dell'ordine costituzionale ovvero ricompresi fra quelli di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.   3.  Ai fini dell'applicazione delle speciali misure di protezione, assumono  rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di  un  procedimento  penale.  La  collaborazione  e le dichiarazioni predette  devono avere carattere di intrinseca attendibilita'. Devono altresi'  avere  carattere  di  novita'  o di completezza o per altri elementi devono apparire di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini   o  ai  fini  del  giudizio  ovvero  per  le  attivita'  di investigazione  sulle connotazioni strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi  o  beni,  le  articolazioni  e  i  collegamenti  interni o internazionali  delle  organizzazioni  criminali  di  tipo  mafioso o terroristico-eversivo  o sugli obiettivi, le finalita' e le modalita' operative di dette organizzazioni.   4.  Se le speciali misure di protezione indicate nell'articolo 13, comma  4,  non  risultano  adeguate  alla  gravita' ed attualita' del pericolo, esse possono essere applicate anche mediante la definizione di uno speciale programma di protezione i cui contenuti sono indicati nell'articolo 13, comma 5.   5.  Le  speciali  misure  di  protezione di cui al comma 4 possono essere  applicate  anche  a  coloro  che convivono stabilmente con le persone  indicate  nel  comma  2  nonche',  in presenza di specifiche situazioni,  anche  a coloro che risultino esposti a grave, attuale e concreto  pericolo  a  causa  delle  relazioni  intrattenute  con  le medesime   persone.  Il  solo  rapporto  di  parentela,  affinita'  o coniugio,   non   determina,  in  difetto  di  stabile  coabitazione, l'applicazione delle misure.   6.  Nella  determinazione  delle  situazioni  di pericolo si tiene conto,  oltre  che  dello spessore delle condotte di collaborazione o della  rilevanza  e  qualita'  delle  dichiarazioni rese, anche delle caratteristiche  di  reazione  del  gruppo  criminale in relazione al quale  la  collaborazione  o le dichiarazioni sono rese, valutate con specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il gruppo e' localmente in grado di valersi". 
                                         Note all'art. 2:              -  Si trascrive il testo dell'art. 51, comma 3-bis, del          codice di procedura penale:              "3-bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti,          consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del          codice  penale,  per  i  delitti commessi avvalendosi delle          condizioni  previste  dal  predetto  art. 416-bis ovvero al          fine  di  agevolare l'attivita' delle associazioni previste          dallo  stesso  articolo,  nonche'  per  i  delitti previsti          dall'art.  74  del  testo  unico  approvato con decreto del          Presidente  della  Repubblica  9 ottobre  1990,  n. 309, le          funzioni  indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite          all'ufficio  del pubblico ministero presso il tribunale del          capoluogo  del  distretto nel cui ambito ha sede il giudice          competente".              -   Per   la   nuova   formulazione  dell'art.  13  del          decreto-legge   15 gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazoni,  dalla  legge  15 marzo  1991,  n. 82, (Nuove          norme  in  materia  di  sequestri  di  persona  a  scopo di          estorsione  e per la protezione dei testimoni di giustizia,          nonche' per la protezione e il trattamento sanzionatorio di          coloro  che collaborano con la giustizia), si veda l'art. 6          della legge qui pubblicata.
                           |  
|   |                                 ART. 3.
     1.  All'articolo  10  del  decreto-legge  15  gennaio  1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:
  a) e' inserita la rubrica: "Commissione centrale per la definizione e   applicazione delle speciali misure di protezione"; b) il comma 1 e' abrogato; c) il comma 2 e' sostituito dal seguente: "2.Con  decreto  del  Ministro  dell'interno,  di  concerto  con  il   Ministro  della  giustizia,  sentiti  i  Ministri  interessati, e'   istituita   una   commissione   centrale   per  la  definizione  e   applicazione delle speciali misure di protezione."; d) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
     "2-bis.  La commissione centrale e' composta da un Sottosegretario di  Stato  all'interno che la presiede, da due magistrati e da cinque funzionari  e  ufficiali.  I componenti della commissione diversi dal presidente  sono preferibilmente scelti tra coloro che hanno maturato specifiche  esperienze  nel  settore  e  che  siano  in  possesso  di cognizioni   relative   alle   attuali  tendenze  della  criminalita' organizzata, ma che non sono addetti ad uffici che svolgono attivita' di  investigazione,  di indagine preliminare sui fatti o procedimenti relativi   alla   criminalita'   organizzata   di   tipo   mafioso  o terroristico-eversivo.   2-ter. Sono coperti dal segreto di ufficio, oltre alla proposta di cui  all'articolo  11,  tutti  gli  atti  e  i provvedimenti comunque pervenuti alla commissione centrale, gli atti e i provvedimenti della commissione  stessa,  salvi  gli  estratti  essenziali e le attivita' svolte  per  l'attuazione  delle misure di protezione. Agli atti e ai provvedimenti  della  commissione,  salvi gli estratti essenziali che devono   essere  comunicati  a  organi  diversi  da  quelli  preposti all'attuazione  delle  speciali  misure  di  protezione, si applicano altresi'  le  norme  per  la  tenuta  e  la  circolazione  degli atti classificati,  con  classifica di segretezza adeguata al contenuto di ciascun atto.   2-quater.  Per  lo  svolgimento  dei  compiti  di  segreteria e di istruttoria,  la  commissione  centrale si avvale dell'Ufficio per il coordinamento  e  la  pianificazione  delle  Forze di polizia. Per lo svolgimento dei compiti di istruttoria, la commissione puo' avvalersi anche del Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14.   2-quinquies.  Nei  confronti  dei  provvedimenti della commissione centrale  con cui vengono applicate le speciali misure di protezione, anche  se  di  tipo  urgente  o provvisorio a norma dell'articolo 13, comma  1,  non  e'  ammessa  la  sospensione  dell'esecuzione in sede giurisdizionale  ai  sensi  dell'articolo  21  della legge 6 dicembre 1971,  n.  1034,  e  successive modificazioni, o dell'articolo 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642.   2-sexies.   Nei  confronti  dei  provvedimenti  della  commissione centrale  con cui vengono modificate o revocate le speciali misure di protezione   anche   se   di  tipo  urgente  o  provvisorio  a  norma dell'articolo  13,  comma  1,  l'ordinanza  di  sospensione cautelare emessa  ai  sensi  dell'articolo  21  della legge 6 dicembre 1971, n. 1034,  e  successive  modificazioni,  o  dell'articolo  36  del regio decreto  17  agosto  1907,  n.  642, ha efficacia non superiore a sei mesi.  Con  l'ordinanza  il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per  la  discussione  di merito del ricorso che deve avvenire entro i quattro  mesi successivi; il dispositivo della sentenza e' pubblicato entro   sette   giorni   dalla  data  dell'udienza  con  deposito  in cancelleria. I termini processuali sono ridotti alla meta'.   2-septies.  Nel  termine  entro  il  quale puo' essere proposto il ricorso  giurisdizionale ed in pendenza del medesimo il provvedimento di   cui   al   comma   2-sexies  rimane  sospeso  sino  a  contraria determinazione del giudice in sede cautelare o di merito.   2-octies.  I  magistrati componenti della commissione centrale non possono   esercitare   funzioni   giudicanti   nei  procedimenti  cui partecipano  a  qualsiasi  titolo  i  soggetti  nei  cui confronti la commissione,    con    la    loro   partecipazione,   ha   deliberato sull'applicazione della misura di protezione";   e) il comma 3 e' abrogato. 
                                         Note all'art. 3:              -  Si  riporta  il testo dell'art. 10 del decreto-legge          15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla          legge qui pubblicata:              "Art.10  (Commissione  centrale  per  la  definizione e          applicazione  delle  speciali  misure  di protezione). - 1.          (Comma abrogato).              2.  Con  decreto del Ministro dell'interno, di concerto          con   il  Ministro  della  giustizia,  sentiti  i  Ministri          interessati,  e'  istituita una commissione centrale per la          definizione   e   applicazione  delle  speciali  misure  di          protezione.              2-bis.  La  commissione  centrale  e'  composta  da  un          Sottosegretario  di  Stato  all'interno che la presiede, da          due  magistrati  e  da  cinque  funzionari  e  ufficiali. I          componenti  della  commissione  diversi dal presidente sono          preferibilmente   scelti  tra  coloro  che  hanno  maturato          specifiche  esperienze  nel settore e che siano in possesso          di   cognizioni   relative   alle  attuali  tendenze  della          criminalita' organizzata, ma che non sono addetti ad uffici          che  svolgono  attivita'  di  investigazione,  di  indagine          preliminare   sui   fatti   o  procedimenti  relativi  alla          criminalita'     organizzata     di    tipo    mafioso    o          terroristico-eversivo.              2-ter.  Sono coperti dal segreto di ufficio, oltre alla          proposta   di   cui   all'art.  11,  tutti  gli  atti  e  i          provvedimenti comunque pervenuti alla commissione centrale,          gli  atti e i provvedimenti della commissione stessa, salvi          gli   estratti   essenziali   e  le  attivita'  svolte  per          l'attuazione  delle  misure  di  protezione. Agli atti e ai          provvedimenti   della   commissione,   salvi  gli  estratti          essenziali che devono essere comunicati a organi diversi da          quelli  preposti  all'attuazione  delle  speciali misure di          protezione,  si applicano altresi' le norme per la tenuta e          la  circolazione degli atti classificati, con classifica di          segretezza adeguata al contenuto di ciascun atto.              2-quater.  Per lo svolgimento dei compiti di segreteria          e   di  istruttoria,  la  commissione  centrale  si  avvale          dell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle          Forze  di  polizia.  Per  lo  svolgimento  dei  compiti  di          istruttoria,   la  commissione  puo'  avvalersi  anche  del          Servizio centrale di protezione di cui all'art. 14.              2-quinquies.  Nei  confronti  dei  provvedimenti  della          commissione  centrale con cui vengono applicate le speciali          misure   di   protezione,   anche  se  di  tipo  urgente  o          provvisorio  a  norma dell'art. 13, comma 1, non e' ammessa          la  sospensione  dell'esecuzione in sede giurisdizionale ai          sensi  dell'art. 21 della legge 6 licembre 1971, n. 1034, e          successive  modificazioni, o dell'art. 36 del regio decreto          17 agosto 1907, n. 642.              2-sexies.   Nei   confronti   dei  provvedimenti  della          commissione  centrale con cui vengono modificate o revocate          le speciali misure di protezione anche se di tipo urgente o          provvisorio  a  norma dell'art. 13, comma 1, l'ordinanza di          sospensione  cautelare  emessa  ai sensi dell'art. 21 della          legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni,          o dell'art. 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, ha          efficacia  non  superiore  a  sei  mesi. Con l'ordinanza il          giudice   fissa,   anche   d'ufficio,   l'udienza   per  la          discussione di merito del ricorso che deve avvenire entro i          quattro  mesi  successivi; il dispositivo della sentenza e'          pubblicato  entro  sette giorni dalla data dell'udienza con          deposito in cancelleria. I termini processuali sono ridotti          alla meta'.              2-septies.  Nel  termine  entro  il  quale  puo' essere          proposto  il  ricorso  giurisdizionale  ed  in pendenza del          medesimo  il provvedimento di cui al comma 2-sexies, rimane          sospeso sino a contraria determinazione del giudice in sede          cautelare o di merito.              2-octies.  1  magistrati  componenti  della commissione          centrale  non  possono  esercitare  funzioni giudicanti nei          procedimenti  cui partecipano a qualsiasi titolo i soggetti          nei   cui   confronti   la   commissione,   con   la   loro          partecipazione,   ha   deliberato  sull'applicazione  della          misura di protezione.              3. (Comma abrogato)."              -  Per la nuova formulazione del testo dell'art. 11 del          decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni,  dalla legge 15 marzo 1991, si veda l'art. 4          della legge qui pubblicata.              -  Il  testo  dell'art.  14 del citato decreto-legge 15          gennaio  1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, della          legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dalla legge qui          pubblicata e' riportato in note all'art. 9.              - Si trascrive il testo dell'articolo 21, della legge 6          dicembre   1971,   n.   1034   (Istituzione  dei  tribunali          amministrativi regionali):              "Art.  21.  Il  ricorso  deve  essere  notificato tanto          all'organo   che  ha  emesso  l'atto  impugnato  quanto  ai          controinteressati   ai   quali   l'atto   direttamente   si          riferisce, o almeno ad alcuno tra essi, entro il termine di          sessanta  giorni  da  quello  in cui l'interessato ne abbia          ricevuta  la  notifica,  o  ne  abbia  comunque avuta piena          conoscenza,  o,  per  gli  atti di cui non sia richiesta la          notifica  individuale,  dal  giorno  in  cui sia scaduto il          termine  della  pubblicazione,  se  questa  sia prevista da          disposizioni  di legge o di regolamento, salvo l'obbligo di          integrare  le  notifiche  con  le  ulteriori notifiche agli          altri  controinteressati,  che siano ordinate dal tribunale          amministrativo regionale. Tutti i provvedimenti adottati in          pendenza   del   ricorso  tra  le  stesse  parti,  connessi          all'oggetto  del  ricorso  stesso,  sono impugnati mediante          proposizione  di motivi aggiunti. In pendenza di un ricorso          l'impugnativa  di  cui  dall'art.  25, comma 5, della legge          7 agosto  1990,  n.  241,  puo' essere proposta con istanza          presentata  al presidente e depositata presso la segreteria          della  sezione cui e' assegnato il ricorso, previa notifica          all'amministrazione ed ai controinteressati, e viene decisa          con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio.              Il  ricorso,  con  la prova delle avvenute notifiche, e          con  copia del provvedimento impugnato, ove in possesso del          ricorrente,  deve  essere  depositato  nella segreteria del          tribunale  amministrativo  regionale,  entro  trenta giorni          dall'ultima   notifica.  Nel  termine  stesso  deve  essere          depositata  copia  del  provvedimento  impugnato,  ove  non          depositata   con   il  ricorso,  ovvero  ove  notificato  o          comunicato  al  ricorrente,  e  nei  documenti  di  cui  il          ricorrente intenda avvalersi in giudizio.              La  mancata  produzione  della  copia del provvedimento          impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non          implica decadenza.              L'amministrazione, entro sessanta giorni dalla scadenza          del   termine   di  deposito  del  ricorso,  deve  produrre          l'eventuale  provvedimento  impugnato  nonche' gli atti e i          documenti  in base ai quali l'atto e' stato emanato, quelli          in  esso  citati,  e  quelli  che l'amministrazione ritiene          utili al giudizio.              Dell'avvenuta  produzione  del provvedimento impugnato,          nonche'  degli atti e dei documenti in base ai quali l'atto          e'  stato  emanato,  deve  darsi  comunicazione  alle parti          costituite.              Ove  l'amministrazione non provveda all'adempimento, il          presidente,  ovvero  un magistrato da lui delegato, ordina,          anche  su  istanza  di parte, l'esibizione degli atti e dei          documenti nel termine e nei modi opportuni.              Analogo  provvedimento  il  presidente  ha il potere di          adattare     nei     confronti    di    soggetti    diversi          dall'amministrazione  intimata  per atti e documenti di cui          ritenga  necessaria l'esibizione in giudizio. In ogni caso,          qualora  i l'esibizione importi una spesa, essa deve essere          anticipata   dalla   parte  che  ha  proposto  istanza  per          l'acquisizione dei documenti.              Se  il  ricorrente,  allegando  un  pregiudizio grave e          irreparabile derivante dall'esecuzione dell'atto impugnato,          ovvero   dal   comportamento  inerte  dell'amministrazione,          durante il tempo necessario a giungere ad una decisione sul          ricorso,  chiede l'emanazione di misure cautelari, compresa          l'ingiunzione  a pagare una somma, che appaiono, secondo le          circostanze,  piu'  idonee ad assicurare interinalmente gli          effetti   della   decisione   sul   ricorso,  il  tribunale          amministrativo  regionale  si  pronuncia  sull'istanza  con          ordinanza  emessa  in  camera di consiglio. Nel caso in cui          dall'esecuzione   del   provvedimento   cautelare  derivino          effetti   irreversibili   il  giudice  amministrativo  puo'          altresi'  disporre  la  prestazione  di una cauzione, anche          mediante  fideiussione, cui subordinare la concessione o il          diniego  della misura cautelare. La concessione o a diniego          della  misura  cautelare  non  puo'  essere  subordinata  a          cauzione quando la richiesta cautelare attenga ad interessi          essenziali della persona quali il diritto alla salute, alla          integrita'  dell'ambiente, ovvero ad altri beni di primario          rilievo  costituzionale.  L'ordinanza  cautelare  motiva in          ordine alla valutazione del pregiudizio allegato, ed indica          i  profili  che,  ad  un  sommario  esame,  inducono  a una          ragionevole  previsione sull'esito del ricorso. I difensori          delle  parti  sono  sentiti  in camera di consiglio, ove ne          facciano richiesta.              Prima  della  trattazione  della  domanda cautelare, in          caso di estrema gravita' ed urgenza, tale da non consentire          neppure  la  dilazione  fino  alla  data  della  camera  di          consiglio, il ricorrente puo', contestualmente alla domanda          cautelare   o   con   separata   istanza   notificata  alle          controparti,   chiedere   al   presidente   del   tribunale          amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso e'          assegnato,  di  disporre  misure  cautelari provvisorie. Il          presidente  provvede con decreto motivato, anche in assenza          di  contraddittorio.  Il  decreto  e'  efficace  sino  alla          pronuncia   del   collegio,   cui  l'istanza  cautelare  e'          sottoposta  nella  prima  camera  di  consiglio  utile.  Le          predette   disposizioni   si  applicano  anche  dinanzi  al          Consiglio  di Stato, in caso di appello contro un'ordinanza          cautelare  e  in  caso  di  domanda  di  sospensione  della          sentenza appellata.              In  sede  di  decisione  della  domanda  cautelare,  il          tribunate    amministrativo    regionale,    accertata   la          completezza del contradditorio e dell'istruttoria ed ove ne          ricorrano   i  presupposti,  sentite  sul  punto  le  parti          costituite,  puo'  definire  il giudizio nel merito a norma          dell'art.  26.  Ove necessario, il tribunale amministrativo          regionale  dispone  l'integrazione  del  contraddittorio  e          fissa  contestualmente la data della successiva trattazione          del  ricorso  a  norma del comma undicesimo; adotta, ove ne          sia il caso, le misure cautelari interinali.              Con  l'ordinanza  che  rigetta  la  domanda cautelare o          l'appello  contro un'ordinanza cautelare ovvero li dichiara          inammissibili o irricevibili, il giudice puo' provvedere in          via provvisoria sulle spese del procedimento cautelare.              L'ordinanza  del  tribunale amministrativo regionale di          accoglimento  della  richiesta cautelare comporta priorita'          nella  fissazione della data di trattazione del ricorso nel          merito.              La  domanda  di  revoca  o  modificazione  delle misure          cautelari   concesse  e  la  riproposizione  della  domanda          cautelare  respinta  sono  ammissibili solo se motivate con          riferimento a fatti sopravvenuti.              Nel  caso  in  cui l'amministrazione non abbia prestato          ottemperanza  alle  misure  cautelari  concesse, o vi abbia          adempiuto solo parzialmente, la parte interessata puo', con          istanza motivata e notificata alle altre parti, chiedere al          tribunale    amministrativo    regionale    le    opportune          disposizioni   attuative.   Il   tribunale   amministrativo          regionale   esercita  i  poteri  inerenti  al  giudizio  di          ottemperanza al giudicato, di cui all'art. 27, primo comma,          numero  4),  del  testo  unico delle leggi sul Consiglio di          Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054,          e   successive   modificazioni,   e   dispone  l'esecuzione          dell'ordinanza  cautelare  indicandone  le modalita' e, ove          occorra, il soggetto che deve provvedere.              Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche          nei giudizi avanti al Consiglio di Stato".              -  Si trascrive il testo dell'art. 36 del regio decreto          17  agosto  1907,  n.  642  (Regolamento  per  la procedura          dissensi  alle  sezioni  giurisdizionali  del  Consiglio di          Stato):              "Art.  36.  Le  domande di sospensione della esecuzione          dell'atto  amministrativo,  qualora  non siano proposte nel          ricorso, devono farsi mediante istanza diretta alla sezione          giurisdizionale, a cui fu presentato il ricorso, notificata          agli  interessati ed all'amministrazione e depositata nella          segreteria.              L'amministrazione e le parti interessate possono, entro          dieci  giorni  dalla  notifica,  depositare  e  trasmettere          memorie od istanze alla segreteria.              Il Presidente puo' abbreviare il termine.              Su  tali  domande  la  sezione  pronuncia  nella  prima          udienza dopo spirato il termine.              La domanda di sospensione puo' essere presentata per la          prima  volta anche all'adunanza plenaria, la quale provvede          o  in linea preliminare o contemporaneamente alla decisione          della questione di competenza".              -  Per  la  nuova  formulazione  dell'articolo  13  del          decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificaizoni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda          l'art. 6 della legge qui pubblicata.
                           |  
|   |                                 ART. 4.
     1.  L'articolo  11  del  decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' sostituito dal seguente:   "ART.  11.  -  (Proposta  di  ammissione).  - 1. L'ammissione alle speciali  misure  di protezione, oltre che i contenuti e la durata di esse, sono di volta in volta deliberati dalla commissione centrale di cui  all'articolo  10, comma 2, su proposta formulata dal procuratore della  Repubblica  il  cui  ufficio  procede o ha proceduto sui fatti indicati  nelle  dichiarazioni  rese  dalla  persona  che  si  assume sottoposta  a grave e attuale pericolo. Allorche' sui fatti procede o ha  proceduto  la  Direzione  distrettuale  antimafia e a essa non e' preposto il procuratore distrettuale, ma un suo delegato, la proposta e' formulata da quest'ultimo.   2.  Quando  le  dichiarazioni  indicate  nel  comma  1 attengono a procedimenti  per taluno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis,  del codice di procedura penale, in relazione ai quali risulta che piu' uffici del pubblico ministero procedono a indagini collegate a  norma  dell'articolo  371  dello  stesso  codice,  la  proposta e' formulata  da  uno  degli  uffici procedenti d'intesa con gli altri e comunicata  al  procuratore  nazionale antimafia; nel caso di mancata intesa  il  procuratore  nazionale antimafia risolve il contrasto. La proposta  e'  formulata d'intesa con i procuratori generali presso le corti  di  appello  interessati,  a norma dell'articolo 118-bis delle norme  di  attuazione,  di  coordinamento e transitorie del codice di procedura  penale,  approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n.  271,  quando  la  situazione  delineata  nel  periodo  precedente riguarda  procedimenti  relativi  a delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale.   3.  La  proposta  puo'  essere  formulata  anche  dal  Capo  della polizia-direttore    generale   della   pubblica   sicurezza   previa acquisizione  del  parere del procuratore della Repubblica che, se ne ricorrono le condizioni, e' formulato d'intesa con le altre autorita' legittimate a norma del comma 2.   4.   Quando  non  ricorrono  le  ipotesi  indicate  nel  comma  2, l'autorita'  che  formula  la  proposta  puo'  comunque richiedere il parere del procuratore nazionale antimafia e dei procuratori generali presso  le  corti  di  appello  interessati  allorche' ritiene che le notizie,  le  informazioni  e  i  dati  attinenti  alla  criminalita' organizzata di cui il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali  dispongono  per  l'esercizio  delle  loro funzioni, a norma dell'articolo  371-bis  del  codice  di procedura penale e del citato articolo 118-bis delle relative norme di attuazione, di coordinamento e  transitorie,  possano  essere  utili  per  la  deliberazione della commissione centrale.   5.  Anche  per  il  tramite  del  suo  presidente,  la commissione centrale  puo'  esercitare  sia  la facolta' indicata nel comma 4 sia quella  di richiedere il parere del procuratore nazionale antimafia o dei  procuratori  generali  presso  le  corti  di appello interessati quando   ritiene   che   la  proposta  doveva  essere  formulata  dal procuratore della Repubblica d'intesa con altre procure e risulta che cio'  non  e' avvenuto. In tale ultima ipotesi e sempreche' ritengano ricorrere   le  condizioni  indicate  nel  comma  2,  il  procuratore nazionale  antimafia  e  i  procuratori  generali, oltre a rendere il parere,  danno  comunicazione  dei  motivi  che  hanno  originato  la richiesta al procuratore generale presso la Corte di cassazione.   6.  Nelle  ipotesi  di  cui  ai  commi 2, 3, 4 e 5, il procuratore nazionale  antimafia  e  i  procuratori  generali  presso le corti di appello interessati possono acquisire copie di atti nonche' notizie o informazioni dalle autorita' giudiziarie che procedono a indagini o a giudizi    connessi   o   collegati   alle   medesime   condotte   di collaborazione.   7. La proposta per l'ammissione alle speciali misure di protezione contiene  le  notizie  e  gli  elementi  utili alla valutazione sulla gravita'   e   attualita'   del  pericolo  cui  le  persone  indicate nell'articolo  9  sono  o  possono  essere  esposte per effetto della scelta  di  collaborare  con  la giustizia compiuta da chi ha reso le dichiarazioni.  Nella  proposta  sono elencate le eventuali misure di tutela  adottate  o  fatte adottare e sono evidenziati i motivi per i quali le stesse non appaiono adeguate.   8. Nell'ipotesi prevista dall'articolo 9, comma 3, la proposta del procuratore   della   Repubblica,   ovvero  il  parere  dello  stesso procuratore quando la proposta e' effettuata dal Capo della polizia - direttore  generale  della  pubblica sicurezza, deve fare riferimento specifico   alle   caratteristiche   del   contributo  offerto  dalle dichiarazioni". 
                                         Note all'art. 4.              Il  testo  dell'art.  10  del  decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15          marzo 1991, n. 82, e' riportato in note all'art. 3.              - Per il testo dell'art. 51, comma 3-bis, del codice di          procedura penale, vedi note all'art. 2.              -  Si  trascrive  il  testo dell'art. 371 del codice di          procedura penale:              "Art.  371  (Rapporti  tra  diversi uffici del pubblico          ministero).  1.  Gli  uffici diversi del pubblico ministero          che  procedono a indagini collegate, si coordinano tra loro          per  la  speditezza,  economia  ed efficacia delle indagini          medesime.  A tali fini provvedono allo scambio di atti e di          informazioni  nonche'  alla  comunicazione  delle direttive          rispettivamente impartite alla polizia giudiziaria. Possono          altresi   procedere,   congiuntamente,   al  compimento  di          specifici atti.              2. Le indagini di uffici diversi del pubblico ministero          si considerano collegate:                a) se  i procedimenti sono connessi a norma dell'art.          12  ovvero  si  tratta di reati commessi da piu' persone in          danno reciproco le une delle altre;                b)  se  la prova di un reato o di una sua circostanza          influisce  sulla  prova  di  un  altro  reato o di un'altra          circostanza (1924, 363);                c) se  la prova di piu' reati deriva, anche in parte,          dalla stessa fonte.              3. Salvo  quanto  disposto dall'art. 12 il collegamento          delle indagini non ha effetto sulla competenza.".              -  Si  trascrive il testo dell'art. 118-bis delle norme          di  attuazione di coordinamento e transitorie del codice di          procedura  penale,  approvate  con  decreto  legislativo 28          luglio 1989, n. 271:              "Art.  118-bis.  (Coordinamento  delle indagini). 1. Il          procuratore della Repubblica, quando procede a indagini per          taluno  dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2 lettera          a) del codice, ne da notizia al procuratore generale presso          la  corte  di  appello.  Se  rileva  trattarsi  di indagini          collegate,  il  procuratore  generale ne da segnalazione ai          procuratori  generali e ai procuratori della Repubblica del          distretto interessati al coordinamento.              2. Quando,   di  loro  iniziativa  o  a  seguito  della          segnalazione prevista dal comma 1, piu' uffici del pubblico          ministero  procedono  a  indagini  collegate, i procuratori          della  Repubblica  ne danno notizia al procuratore generale          del rispettivo distretto.              3. Quando il coordinamento, di cui ai commi precedenti,          non   e'   stato  promosso  o  non  risulta  effettivo,  il          procuratore  generale  presso  la  corte  di  appello  puo'          riunire  i  procuratori  della  Repubblica  che procedono a          indagini  collegate.  Se  i  procuratori  della  Repubblica          appartengono  a  distretti diversi, la riunione e' promossa          dai   procuratori  generali  presso  le  corti  di  appello          interessate, di intesa tra loro.".              - Si trascrive il testo dell'art. 371-bis del codice di          procedura penale:              "371-bis  (Attivita'  di  coordinamento del procuratore          nazionale   antimafia).   -1.   Il   procuratore  nazionale          antimafia   esercita   le  sue  funzioni  in  relazione  ai          procedimenti  per  i  delitti  indicati  nell'art. 51 comma          3-bis.  A  tal  fine  dispone della direzione investigativa          antimafia  e  dei servizi centrali e interprovinciali delle          forze  di polizia e impartisce direttive intese a regolarne          l'impiego a fini investigativi.              2. Il procuratore nazionale antimafia esercita funzioni          di  impulso  nei  confronti dei procuratori distrettuali al          fine  di rendere effettivo il coordinamento delle attivita'          di  indagine,  di  garantire  la funzionalita' dell'impiego          della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e          di   assicurare   la   completezza  e  tempestivita'  delle          investigazioni.              3.  Per  lo  svolgimento  delle  funzioni attribuitegli          dalla   legge,   il  procuratore  nazionale  antimafia,  in          particolare:                a) d'intesa    con    i    procuratori   distrettuali          interessati,  assicura  il collegamento investigativo anche          per   mezzo   dei   magistrati  della  Direzione  nazionale          antimafia;                b) cura,   mediante   applicazioni   temporanee   dei          magistrati  della  Direzione  nazionale  e  delle direzioni          distrettuali   antimafia,  la  necessaria  flessibilita'  e          mobilita'  che soddisfino specifiche e contingenti esigenze          investigative o processuali;                c) ai  fini  del  coordinamento investigativo e della          repressione   dei   reati   provvede   all'acquisizione   e          all'elaborazione  di notizie, informazioni e dati attinenti          alla criminalita' organizzata;                d) (Omissis);                e) (Omissis);                f) impartisce  ai procuratori distrettuali specifiche          direttive  alle  quali  attenersi per prevenire o risolvere          contrasti   riguardanti   le  modalita'  secondo  le  quali          realizzare il coordinamento nell'attivita' di indagine;                g) riunisce i procuratori distrettuali interessati al          fine  di  risolvere  i contrasti che, malgrado le direttive          specifiche  impartite,  sono  insorti  e  hanno impedito di          promuovere o di rendere effettivo il coordinamento;                h) dispone   con  decreto  motivato,  reclamabile  al          procuratore   generale   presso  la  corte  di  cassazione,          l'avvocazione  delle indagini preliminari relative a taluno          dei  delitti  indicati nell'art. 51 comma 3-bis, quando non          hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere          o  rendere effettivo il coordinamento e questo non e' stato          possibile a causa della:                1)   perdurante   e   ingiustificata   inerzia  nella          attivita' di indagine;                2)  ingiustificata  e reiterata violazione dei doveri          previsti  dall'art.  371  ai  fini  del coordinamento delle          indagini;                3) (Omissis).              4.  Il  procuratore  nazionale  antimafia provvede alla          avocazione  dopo  aver  assunto  sul  luogo  le  necessarie          informazioni  personalmente  o  tramite un magistrato della          Direzione  nazionale  antimafia  all'uopo  designato. Salvi          casi  particolari,  il procuratore nazionale antimafia o il          magistrato  da  lui  designato  non  puo'  delegare  per il          compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico          ministero".              -  Per  la  nuova  formulazione  dell'art. 9 del citato          decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda          l'art. 2 della legge qui pubblicata.
                           |  
|   |                                 ART. 5.
     1.  All'articolo  12  del  decreto-legge  15  gennaio  1991, n. 8, convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
  a) e' inserita la rubrica: "Assunzione degli impegni"; b) nel  comma  1,  le  parole:  "avanzata proposta di ammissione allo   speciale  programma di protezione" sono sostituite dalle seguenti:   "avanzata   proposta   di   ammissione  alle  speciali  misure  di   protezione"; c) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti: "2.Le   speciali   misure  di  protezione  sono  sottoscritte  dagli   interessati, i quali si impegnano personalmente a: a) osservare   le   norme   di  sicurezza  prescritte  e  collaborare   attivamente all'esecuzione delle misure; b) sottoporsi  a  interrogatori,  a esame o ad altro atto di indagine   ivi   compreso   quello  che  prevede  la  redazione  del  verbale   illustrativo dei contenuti della collaborazione; c) adempiere  agli obblighi previsti dalla legge e dalle obbligazioni   contratte; d) non  rilasciare  a  soggetti  diversi dalla autorita' giudiziaria,   dalle  forze  di  polizia  e  dal  proprio difensore dichiarazioni   concernenti  fatti  comunque  di  interesse  per i procedimenti in   relazione   ai   quali   hanno   prestato   o   prestano  la  loro   collaborazione ed a non incontrare ne' a contattare, con qualunque   mezzo  o  tramite,  alcuna  persona  dedita al crimine, ne', salvo   autorizzazione  dell'autorita'  giudiziaria quando ricorrano gravi   esigenze  inerenti  alla  vita familiare, alcuna delle persone che   collaborano con la giustizia; e) specificare dettagliatamente tutti i beni posseduti o controllati,   direttamente  o  per interposta persona, e le altre utilita' delle   quali   dispongono   direttamente   o   indirettamente,   nonche',   immediatamente   dopo   l'ammissione   alle   speciali  misure  di   protezione,  versare  il  danaro  frutto  di  attivita'  illecite.   L'autorita'   giudiziaria  provvede  all'immediato  sequestro  del   danaro e dei beni ed utilita' predetti.
     3. La previsione di cui alla lettera e) del comma 2 non si applica ai soggetti indicati nel comma 2 dell'articolo 16-quater.   3-bis.  All'atto  della  sottoscrizione  delle  speciali misure di protezione l'interessato elegge il proprio domicilio nel luogo in cui ha sede la commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2". 
                                         Note all'art. 5:              -  Il  testo  dell'art.  12 del citato decreto-legge 15          gennaio  1991,  n.  8,  convertito con modificazioni, dalla          legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dalla legge qui          pubblicata, e' il seguente:              "Art.  12  (Assunzione  degli impegni). - 1. Le persone          nei  cui confronti e' stata avanzata proposta di ammissione          alle   speciali  misure  di  protezione  devono  rilasciare          all'autorita'    proponente    completa    e    documentata          attestazione   riguardante  il  proprio  stato  civile,  di          famiglia   e  patrimoniale,  gli  obblighi  a  loro  carico          derivanti  dalla  legge,  da  pronunce  dell'autorita' a da          negozi   giuridici,   i   procedimenti   penali,  civili  e          amministrativi    pendenti,    i   titoli   di   studio   e          professionali,    le   autorizzazioni,   le   licenze,   le          concessioni  e  ogni  altro titolo abilitativo di cui siano          titolari.  Le  predette persone devono, altresi', designare          un   proprio   rappresentante   generale  o  rappresentanti          speciali per gli atti da compiersi.              2.  Le  speciali misure di protezione sono sottoscritte          dagli interessati, i quali si impegnano personalmente a:                a) osservare  le  norme  di  sicurezza  prescritte  e          collaborare attivamente all'esecuzione delle misure;                b) sottoporsi  a  interrogatori,  a  esame o ad altro          atto  di  indagine  ivi  compreso  quello  che  prevede  la          redazione  del  verbale  illustrativo  dei  contenuti della          collaborazione;                c) adempiere  agli  obblighi  previsti  dalla legge e          dalle obbligazioni contratte;                d) non  rilasciare a soggetti diversi dalla autorita'          giudiziaria, dalle forze di polizia e dal proprio difensore          dichiarazioni concernenti fatti comunque di interesse per i          procedimenti   in  relazione  ai  quali  hanno  prestato  o          prestano  la  loro collaborazione ed a non incontrare ne' a          contattare,  con  qualunque mezzo o tramite, alcuna persona          dedita  al crimine, ne, salvo autorizzazione dell'autorita'          giudiziaria  quando  ricorrano gravi esigenze inerenti alla          vita familiare, alcuna delle persone che collaborano con la          giustizia;                e) specificare    dettagliatamente   tutti   i   beni          posseduti  o  controllati,  direttamente  o  per interposta          persona,   e  le  altre  utilita'  delle  quali  dispongono          direttamente o indirettamente, nonche', immediatamente dopo          l'ammissione alle speciali misure di protezione, versare il          danaro    frutto   di   attivita'   illecite.   L'autorita'          giudiziaria  provvede  all'immediato sequestro del danaro e          dei beni ed utilita' predetti.              3.  La  previsione  di cui alla lettera e) del comma 2,          non  si  applica ai soggetti indicati nel comma 2 dell'art.          16-quater.              3-bis.  All'atto  della  sottoscrizione  delle speciali          misure   di  protezione  l'interessato  elegge  il  proprio          domicilio  nel luogo in cui ha sede la commissione centrale          di cui all'art. 10, comma 2.".              -  L'art. 16-quater del citato decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15          marzo  1991, n. 82, introdotto dall'art. 14 della legge qui          pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo articolo.              -  Il  testo  dell'art.  10 del citato decreto-legge 15          gennaio  1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla          legge  15  marzo  1991,  n.  82,  e'  riportato  nelle note          all'art. 3.
                           |  
|   |                                 ART. 6.
     1.  L'articolo  13  del  decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' sostituito dal seguente:   "ART.  13.  -  (Contenuti  delle  speciali  misure di protezione e adozione  di  provvedimenti  provvisori).  -  1.  Sulla  proposta  di ammissione   alle  speciali  misure  di  protezione,  la  commissione centrale  di cui all'articolo 10, comma 2, delibera a maggioranza dei suoi  componenti, purche' siano presenti alla seduta almeno cinque di questi.  In  caso  di  parita' prevale il voto del presidente. Quando risultano  situazioni  di  particolare  gravita'  e  vi  e' richiesta dell'autorita'  legittimata  a  formulare  la proposta la commissione delibera,  anche  senza  formalita'  e comunque entro la prima seduta successiva  alla  richiesta,  un piano provvisorio di protezione dopo aver acquisito, ove necessario, informazioni dal Servizio centrale di protezione  di  cui  all'articolo  14  o  per il tramite, di esso. La richiesta contiene, oltre agli elementi di cui all'articolo 11, comma 7, la indicazione quantomeno sommaria dei fatti sui quali il soggetto interessato  ha  manifestato  la volonta' di collaborare e dei motivi per  i  quali la collaborazione e' ritenuta attendibile e di notevole importanza;  specifica  inoltre  le  circostanze  da cui risultano la particolare  gravita'  del  pericolo  e  l'urgenza  di provvedere. Il provvedimento   con   il  quale  la  commissione  delibera  il  piano provvisorio   di  protezione  cessa  di  avere  effetto  se,  decorsi centottanta  giorni,  l'autorita' legittimata a formulare la proposta di  cui  all'articolo  11  non  ha  provveduto  a  trasmetterla  e la commissione non ha deliberato sull'applicazione delle speciali misure di   protezione   osservando  le  ordinarie  forme  e  modalita'  del procedimento.  Il  presidente  della  commissione  puo'  disporre  la prosecuzione  del  piano  provvisorio  di  protezione  per  il  tempo strettamente  necessario a consentire l'esame della proposta da parte della   commissione   medesima.   Quando   sussistono  situazioni  di eccezionale  urgenza che non consentono di attendere la deliberazione della  commissione e fino a che tale deliberazione non interviene, su motivata richiesta della competente autorita' provinciale di pubblica sicurezza,  il Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza   puo'  autorizzare  detta  autorita'  ad  avvalersi  degli specifici   stanziamenti  previsti  dall'articolo  17  specificandone contenuti  e  destinazione.  Nei  casi  in  cui e' applicato il piano provvisorio  di  protezione,  il  presidente  della  commissione puo' richiedere   al   Servizio   centrale  di  protezione  una  relazione riguardante  la  idoneita'  dei  soggetti  a  sottostare agli impegni indicati nell'articolo 12.   2.  Per  stabilire se sia necessario applicare taluna delle misure di  protezione e, in caso positivo, per individuare quale di esse sia idonea in concreto, la commissione centrale puo' acquisire specifiche e  dettagliate  indicazioni  sulle  misure di prevenzione o di tutela gia'  adottate  o  adottabili  dall'autorita'  di pubblica sicurezza, dall'Amministrazione  penitenziaria  o  da altri organi, nonche' ogni ulteriore  elemento eventualmente occorrente per definire la gravita' e  l'attualita'  del pericolo in relazione alle caratteristiche delle condotte di collaborazione.   3.   Esclusivamente   al  fine  di  valutare  la  sussistenza  dei presupposti  per  l'applicazione delle speciali misure di protezione, la  commissione  centrale  puo'  procedere  anche all'audizione delle autorita'  che  hanno  formulato  la  proposta o il parere e di altri organi   giudiziari,  investigativi  e  di  sicurezza;  puo'  inoltre utilizzare  gli  atti  trasmessi  dall'autorita' giudiziaria ai sensi dell'articolo 118 del codice di procedura penale.   4.  Il  contenuto del piano provvisorio di protezione previsto dal comma  1  e  delle  speciali  misure di protezione che la commissione centrale  puo'  applicare  nei  casi  in cui non provvede mediante la definizione  di  uno  speciale  programma  e'  stabilito  nei decreti previsti  dall'articolo  17-bis, comma 1. Il contenuto delle speciali misure di protezione puo' essere rappresentato, in particolare, oltre che  dalla  predisposizione  di  misure  di tutela da eseguire a cura degli   organi   di   polizia   territorialmente   competenti,  dalla predisposizione  di  accorgimenti tecnici di sicurezza, dall'adozione delle  misure  necessarie  per  i  trasferimenti in comuni diversi da quelli  di  residenza,  dalla  previsione  di  interventi contingenti finalizzati   ad  agevolare  il  reinserimento  sociale  nonche'  dal ricorso,  nel  rispetto delle norme dell'ordinamento penitenziario, a modalita' particolari di custodia in istituti ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti.   5.   Se,  ricorrendone  le  condizioni,  la  commissione  centrale delibera  la  applicazione  delle  misure  di  protezione mediante la definizione  di  uno  speciale programma, questo e' formulato secondo criteri  che  tengono  specifico conto delle situazioni concretamente prospettate  e  puo'  comprendere,  oltre  alle misure richiamate nel comma  4,  il  trasferimento  delle  persone  non  detenute in luoghi protetti,  speciali  modalita' di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico, misure di assistenza personale ed  economica,  cambiamento  delle  generalita'  a  norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni, misure atte  a  favorire  il reinserimento sociale del collaboratore e delle altre  persone sottoposte a protezione oltre che misure straordinarie eventualmente necessarie.   6.  Le  misure  di  assistenza  economica  indicate  nel  comma  5 comprendono,  in  specie,  sempreche'  a  tutte o ad alcune non possa direttamente  provvedere  il  soggetto  sottoposto  al  programma  di protezione,   la   sistemazione   alloggiativa   e  le  spese  per  i trasferimenti,  le  spese  per  esigenze  sanitarie  quando  non  sia possibile avvalersi delle strutture pubbliche ordinarie, l'assistenza legale  e  l'assegno  di  mantenimento  nel caso di impossibilita' di svolgere attivita' lavorativa. La misura dell'assegno di mantenimento e  delle  integrazioni  per  le  persone  a carico prive di capacita' lavorativa e' definita dalla commissione centrale e non puo' superare un ammontare di cinque volte l'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi  6  e  7,  della  legge  8  agosto  1995,  n. 335. L'assegno di mantenimento  puo'  essere annualmente modificato in misura pari alle variazioni  dell'indice  dei  prezzi  al  consumo  per le famiglie di operai  ed  impiegati  rilevate dall'ISTAT. L'assegno di mantenimento puo'  essere  integrato  dalla commissione con provvedimento motivato solo   quando   ricorrono  particolari  circostanze  influenti  sulle esigenze  di mantenimento in stretta connessione con quelle di tutela del  soggetto  sottoposto  al  programma di protezione, eventualmente sentiti  l'autorita'  che  ha  formulato  la proposta, il procuratore nazionale  antimafia  o  i  procuratori  generali interessati a norma dell'articolo  11.  Il  provvedimento  e'  acquisito  dal giudice del dibattimento su richiesta della difesa dei soggetti a cui carico sono utilizzate  le  dichiarazioni  del  collaboratore. Lo stesso giudice, sempre  su  richiesta  della  difesa  dei  soggetti di cui al periodo precedente,  acquisisce  l'indicazione dell'importo dettagliato delle spese sostenute per la persona sottoposta al programma di protezione. Le  spese  di  assistenza  legale  sono  liquidate dal giudice previo parere  del  consiglio  dell'ordine  degli  avvocati  presso  cui  il difensore e' iscritto.   7.   Nella   relazione  prevista  dall'articolo  16,  il  Ministro dell'interno  indica il numero complessivo dei soggetti e l'ammontare complessivo  delle  spese  sostenute  nel  semestre  per l'assistenza economica  dei  soggetti  sottoposti  a  programma  di  protezione e, garantendo   la   riservatezza   dei  singoli  soggetti  interessati, specifica   anche  l'ammontare  delle  integrazioni  dell'assegno  di mantenimento  eventualmente  intervenute  e  le esigenze che le hanno motivate.   8.  Ai  fini  del  reinserimento sociale dei collaboratori e delle altre  persone sottoposte a protezione, e' garantita la conservazione del  posto  di lavoro ovvero il trasferimento ad altra sede o ufficio secondo  le  forme  e le modalita' che, assicurando la riservatezza e l'anonimato  dell'interessato,  sono  specificate in apposito decreto emanato  dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia,  sentiti  gli  altri Ministri interessati. Analogamente si provvede  per  la definizione di specifiche misure di assistenza e di reinserimento  sociale  destinate  ai  minori compresi nelle speciali misure di protezione.   9.  L'autorita'  giudiziaria  puo'  autorizzare  con provvedimento motivato  i  soggetti  di  cui  al comma 2 dell'articolo 16-quater ad incontrarsi  tra loro quando ricorrono apprezzabili esigenze inerenti alla vita familiare.   10.  Al  fine  di  garantire  la  sicurezza,  la riservatezza e il reinserimento  sociale  delle persone sottoposte a speciale programma di protezione a norma del comma 5 e che non sono detenute o internate e' consentita l'utilizzazione di un documento di copertura.   11.  L'autorizzazione  al  rilascio  del  documento  di  copertura indicato  nel comma 10 e' data dal Servizio centrale di protezione di cui  all'articolo  14  il  quale  chiede alle autorita' competenti al rilascio,   che  non  possono  opporre  rifiuto,  di  predisporre  il documento  e  di  procedere alle registrazioni previste dalla legge e agli  ulteriori  adempimenti eventualmente necessari. Si applicano le previsioni  in tema di esonero da responsabilita' di cui all'articolo 5  del  decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119. Presso il Servizio centrale  di  protezione e' tenuto un registro riservato attestante i tempi,  le  procedure  e i motivi dell'autorizzazione al rilascio del documento.   12.   Quando   ricorrono   particolari  motivi  di  sicurezza,  il procuratore  della  Repubblica  o  il  giudice possono autorizzare il soggetto  interrogato o esaminato a eleggere domicilio presso persona di  fiducia  o presso un ufficio di polizia, ai fini delle necessarie comunicazioni o notificazioni.   13.  Quando la proposta o la richiesta per l'ammissione a speciali forme di protezione e' formulata nei confronti di soggetti detenuti o internati,   il   Dipartimento   dell'amministrazione   penitenziaria provvede  ad  assegnare  i  soggetti medesimi a istituti o sezioni di istituto  che  garantiscano le specifiche esigenze di sicurezza. Allo stesso  modo  il  Dipartimento  provvede  in vista della formulazione della proposta e su richiesta del procuratore della Repubblica che ha raccolto   o   si   appresta   a   raccogliere  le  dichiarazioni  di collaborazione   o   il  verbale  illustrativo  dei  contenuti  della collaborazione previsto dall'articolo 16-quater.   14.  Nei  casi  indicati  nel  comma 13, la custodia e' assicurata garantendo  la  riservatezza dell'interessato anche con le specifiche modalita' di cui al decreto previsto dall'articolo 17-bis, comma 2, e procurando  che  lo  stesso  sia  sottoposto  a misure di trattamento penitenziario,  specie organizzative, dirette ad impedirne l'incontro con  altre  persone che gia' risultano collaborare con la giustizia e dirette ad assicurare che la genuinita' delle dichiarazioni non possa essere  compromessa.  E'  fatto  divieto,  durante  la  redazione dei verbali   e   comunque   almeno   fino  alla  redazione  del  verbale illustrativo  dei  contenuti  della  collaborazione, di sottoporre la persona  che  rende le dichiarazioni ai colloqui investigativi di cui all'articolo 18-bis, commi 1 e 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e  successive  modificazioni. E' fatto altresi' divieto, alla persona medesima e per lo stesso periodo, di avere corrispondenza epistolare, telegrafica  o  telefonica,  nonche'  di incontrare altre persone che collaborano  con  la  giustizia,  salvo autorizzazione dell'autorita' giudiziaria  per  finalita' connesse ad esigenze di protezione ovvero quando ricorrano gravi esigenze relative alla vita familiare.   15.  L'inosservanza delle prescrizioni di cui al comma 14 comporta l'inutilizzabilita'  in dibattimento, salvi i casi di irripetibilita' dell'atto,  delle  dichiarazioni  rese  al  pubblico ministero e alla polizia giudiziaria successivamente alla data in cui si e' verificata la violazione". 
                                         Note all'art. 6:              -  Il  testo  dell'art.  10 del citato decreto-legge 15          gennaio  1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla          legge  15  marzo  1991,  n.  82,  e'  riportato  nelle note          all'art. 3.              -  Il  testo  dell'art.  14 del citato decreto-legge 15          gennaio  1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla          legge  15  marzo  1991,  n.  82,  e'  riportato  nelle note          all'art. 9.              -  Per  la  nuova  formulazione dell'art. 11 del citato          decreto-legge   15  gennaio  1991,  n.  8  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  15  marzo 1991, n. 82 si veda          l'art. 4 della legge qui pubblicata.              -  Il  testo  dell'art.  17 del citato decreto-legge 15          gennaio  1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla          legge  15  marzo  1991,  n.  82,  e'  riportato  nelle note          all'art. 18.              -  Il  testo  dell'art.  12 del citato decreto-legge 15          gennaio  1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla          legge  15  marzo  1991,  n.  82,  e'  riportato  nelle note          all'art. 5.              -  Si  trascrive  il  testo dell'art. 118 del codice di          procedura penale:              "118  (Richiesta  di copie di atti e di informazioni da          parte   del   Ministro   dell'interno)  -  1.  Il  Ministro          dell'interno,  direttamente  o  a  mezzo di un ufficiale di          polizia   giudiziaria   o  del  personale  della  direzione          investigativa   antimafia   appositamente   delegato,  puo'          ottenere  dall'autorita'  giudiziaria  competente, anche in          deroga  al  divieto  stabilito dall'art. 329, copie di atti          (112,  116)  di  procedimenti penali e informazioni scritte          sul   loro   contenuto,   ritenute  indispensabili  per  la          prevenzione   dei  delitti  per  i  quali  e'  obbligatorio          l'arresto  in flagranza (380). L'autorita' giudiziaria puo'          trasmettere  le  copie  e  le informazioni anche di propria          iniziativa.              1-bis.  Ai  medesimi  fini l'autorita' giudiziaria puo'          autorizzare  i  soggetti  indicati nel comma 1, all'accesso          diretto al registro previsto dall'art. 335, anche se tenuto          in forma automatizzata.              2.  L'autorita'  giudiziaria  provvede  senza ritardo e          puo' rigettare la richiesta con decreto motivato (125).              3.  Le  copie  e  le informazioni acquisite a norma del          comma 1, sono coperte dal segreto di ufficio".              -  L'art.  17-bis  del  citato decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15          marzo  1991, n. 82, introdotto dall'art. 19 della legge qui          pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo articolo.              -  Il  decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, reca:          disciplina   del   cambiamento  delle  generalita'  per  la          protezione di coloro che collaborano con la giustizia.              - Si trascrivono i commi 6 e 7 dell'art. 3, della legge          8  agosto  1995,  n. 335 (Riforma del sistema pensionistico          obbligatorio e complementare):              "6.  Con  effetto  dal  1o gennaio 1996, in luogo della          pensione   sociale   e   delle  relative maggiorazioni,  ai          cittadini   italiani,  residenti  in  Italia,  che  abbiano          compiuto  65  anni e si trovino nelle condizioni reddituali          di  cui al presente comma e' corrisposto un assegno di base          non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta          pari,  per  il  1996, a lire 6.240.000, denominato "assegno          sociale".  Se il soggetto possiede redditi propri l'assegno          e'   attribuito   in  misura  ridotta  fino  a  concorrenza          dell'importo  predetto,  se  non  coniugato  ovvero fino al          doppio  del  predetto importo, se coniugato, ivi computando          il  reddito  del coniuge comprensivo dell'eventuale assegno          sociale  di  cui  il  medesimo  sia  titolare. I successivi          incrementi  del reddito oltre il limite massimo danno luogo          alla   sospensione  dell'assegno  sociale.  Il  reddito  e'          costituito    dall'ammontare    dei    redditi   coniugali,          conseguibili  nell'anno  solare  di  riferimento. L'assegno          erogato  con  carattere  di provvisorieta' sulla base della          dichiarazione    rilasciata    dal    richiedente   ed   e'          conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo,          sulla  base  della dichiarazione dei redditi effettivamente          percepiti.   Alla   formazione  del  reddito  concorrono  i          redditi,  al netto dell'imposizione fiscale e contributiva,          di  qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte          e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta          o  ad  imposta  sostitutiva, nonche' gli assegni alimentari          corrisposti a norma del cocice civile. Non si computano nel          reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati,          le  anticipazioni  sui  trattamenti  stessi,  le competenze          arretrate   soggette  a  tassazione  separata,  nonche'  il          proprio assegno e il reddito della casa di abitazione. Agli          effetti   del  conferimento  dell'assegno  non  concorre  a          formare  reddito  la  pensione liquidata secondo il sistema          contributivo  ai  sensi  dell'art.  1, comma 6, a carico di          gestioni  ed  enti  previdenziali  pubblici  e  privati che          gestiscono  forme  pensionistiche  obbligatorie  in  misura          corrispondente  ad  un  terzo  della  pensione  medesima  e          comunque non oltre un terzo dell'assegno sociale.              7.   Con  decreto  del  Ministro  del  lavoro  e  della          previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro,          sono  determinati le modalita' e i termini di presentazione          delle  domande per il conseguimento dell'assegno sociale di          cui   al   comma   6,   gli   obblighi   di   comunicazione          dell'interessato  circa  le  proprie condizioni familiari e          reddituali, la misura della riduzione dell'assegno, fino ad          un  massimo  del 50 per cento nel caso in cui l'interessato          sia  ricoverato  in istituti o comunita' con retta a carico          di  enti pubblici. Per quanto non diversamente disposto dal          presente  comma  e  dal  comma  6  si applicano all'assegno          sociale  le  disposizioni in materia di pensione sociale di          cui   alla  legge  30 aprile  1969,  n.  153  e  successive          modificazioni e integrazioni.".              -   Per   la   nuova   formulazione  dell'art.  11  del          decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  15  marzo 1991, n. 82 si veda          l'art. 4 della legge qui pubblicata.              -  L'art. 16-quater del citato decreto legge 15 gennaio          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15          marzo  1991, n. 82, introdotto dall'art. 14 della legge qui          pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo articolo.              -  Il  testo  dell'art. 14 del decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15          marzo 1991, n. 82 e' riportato nelle note all'art. 9.              -  Si  trascrive  il  testo  dell'art.  5,  del decreto          legislativo   29   marzo   1993,  n.  119  (disciplina  del          cambiamento  delle  generalita' per la protezione di coloro          che collaborano con la giustizia:              "Art.  5  (Esonero da responsabilita'). - 1. I pubblici          ufficiali,   gli  incaricati  di  pubblico  servizio  ed  i          dipendenti degli uffici della pubblica amministrazione sono          esonerati  da responsabilita' penale, civile e disciplinare          relativamente   alla  formazione  di  atti,  provvedimenti,          compresi  anche  i titoli autorizzatori o abilitativi, alle          trascrizioni, iscrizioni, o annotazione di atti, nonche' al          rilascio  di  estratti  e certificati previsti dal presente          decreto.".              -  Si trascrive il testo dell'art. 18-bis, commi 1 e 5,          della  legge 26 luglio 1975, n. 354 (norme sull'ordinamento          penitenziario  e  sull'esecuzione  delle misure privative e          limitative della liberta'):              "Art.  18-bis  (Colloqui a fini investigativi). - 1. Il          personale  della  direzione  investigativa antimafia di cui          all'art.  3  del  decreto-legge  29 ottobre  1991,  n. 345,          convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  30 dicembre          1991,  n. 410, e dei servizi centrali e interprovinciali di          cui  all'art.  12 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152,          convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio. 1991,          n.  203,  nonche'  gli  ufficiali  di  polizia  giudiziaria          designati  dai  responsabili,  a  livello  centrale,  della          predetta  direzione  e dei predetti servizi, hanno facolta'          di  visitare  gli  istituti  penitenziari  e possono essere          autorizzati,  a norma del comma 2 del presente articolo, ad          avere  colloqui personali con detenuti e internati, al fine          di  acquisire  informazioni  utili  per  la  prevenzione  e          repressione dei delitti di criminalita' organizzata.              (Omissis).              5.  La  facolta'  di procedere a colloqui personali con          detenuti  e  internati  e'  attribuita, senza necessita' di          autorizzazione, altresi' al Procuratore nazionale antimafia          ai  fini  dell'esercizio  delle  funzioni  di  impulso e di          coordinamento  previste  dall'art.  371-bis  del  codice di          procedura   penale;   al   medesimo  Procuratore  nazionale          antimafia sono comunicati i provvedimenti di cui ai commi 2          e 4, qualora concernenti colloqui con persone sottoposte ad          indagini,  imputate  o  condannate  per  taluno dei delitti          indicati  nell'art. 51, comma 3-bis del codice di procedura          penale.".
                           |  
|   |                                 ART. 7.
     1. Gli articoli 13-bis e 13-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n.8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono abrogati.  |  
|   |                                 ART. 8.
     1. Prima dell'articolo 14 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' inserito il seguente.   "ART.  13-quater.  -  (Revoca  e modifica delle speciali misure di protezione).  - 1. Le speciali misure di protezione sono a termine e, anche  se  di  tipo  urgente  o provvisorio a norma dell'articolo 13, comma   1,   possono   essere  revocate  o  modificate  in  relazione all'attualita' del pericolo, alla sua gravita' e alla idoneita' delle misure  adottate,  nonche'  in  relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge.   2.  Costituiscono  fatti  che  comportano la revoca delle speciali misure  di  protezione  l'inosservanza  degli impegni assunti a norma dell'articolo  12,  comma 2, lettere b) ed e), nonche' la commissione di  delitti  indicativi  del  reinserimento del soggetto nel circuito criminale.  Costituiscono  fatti  valutabili  ai  fini della revoca o della  modifica  delle  speciali  misure di protezione l'inosservanza degli  altri impegni assunti a norma dell'articolo 12, la commissione di  reati  indicativi  del  mutamento o della cessazione del pericolo conseguente alla collaborazione, la rinuncia espressa alle misure, il rifiuto  di  accettare l'offerta di adeguate opportunita' di lavoro o di  impresa,  il  ritorno  non autorizzato nei luoghi dai quali si e' stati  trasferiti,  nonche' ogni azione che comporti la rivelazione o la  divulgazione  dell'identita'  assunta,  del  luogo di residenza e delle  altre misure applicate. Nella valutazione ai fini della revoca o  della  modifica delle speciali misure di protezione, specie quando non  applicate  mediante la definizione di uno speciale programma, si tiene   particolare  conto  del  tempo  trascorso  dall'inizio  della collaborazione  oltre  che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti  penali  nei  quali  le  dichiarazioni sono state rese e delle situazioni di pericolo di cui al comma 6 dell'articolo 9.   3.  Nel  provvedimento  con  il  quale  ammette  il  soggetto alle speciali  misure  di  protezione,  la  commissione centrale indica il termine,  non  superiore  a  cinque  anni e non inferiore a sei mesi, entro il quale deve comunque procedersi alle verifiche sulla modifica o  sulla  revoca.  Se  il termine non e' indicato, esso e' di un anno dalla data del provvedimento.   4.  La  commissione  centrale  e'  comunque  tenuta alle verifiche indicate  nel  comma  3  ogni  volta che ne faccia motivata richiesta l'autorita' che ha formulato la proposta.   5. La modifica o la revoca delle speciali misure di protezione non produce effetti sulla applicabilita' delle disposizioni dell'articolo 147-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice  di  procedura  penale,  approvate  con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271". 
                                         Note all'art. 8:              -   Per   la   nuova   formulazione  dell'art.  13  del          decreto-legge   15 gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda          l'art. 6 della legge qui pubblicata.              -  Il  testo  dell'art. 12 del decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15          marzo 1991, n. 82, e' riportata in note all'art. 5.              -   Per   la   nuova   formulazione   dell'art.  9  del          decreto-legge   15 gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni, dalla legge di conversione 15 marzo 1991, n.          82, si veda l'art. 2 della legge qui pubblicata.              -  Si  trascrive il testo dell'art. 147-bis delle norme          di  attuazione di coordinamento e transitoria del codice di          procedura  penale,  approvate  con  decreto  legislativo 28          luglio 1989, n. 271:              "Art.  147-bis (Esame delle persone che collaborano con          la  giustizia  e  degli  imputati  di reato commesso). - 1.          L'esame in dibattimento delle persone ammesse, in base alla          legge,  a  programmi  o  misure di protezione anche di tipo          urgente  o  provvisorio si svolge con le cautele necessarie          alla    tutela    della   persona   sottoposta   all'esame,          determinate,  d'ufficio  ovvero  su  richiesta  di  parte o          dell'autorita'  che ha disposto il programma o le misure di          protezione,  dal  giudice  o,  nei  casi  di  urgenza,  dal          presidente del tribunale o della corte di assise.              2.  Ove  siano disponibili strumenti tecnici idonei, il          giudice  o  il presidente, sentite le parti, puo' disporre,          anche d'ufficio, che l'esame si svolga a distanza, mediante          collegamento   audiovisivo   che  assicuri  la  contestuale          visibilita'  delle  persone  presenti  nel  luogo  dove  la          persona  sottoposta  ad  esame  si  trova.  In tal caso, un          ausiliario  abilitato  ad  assistere il giudice in udienza,          designato   dal   giudice   o,  in  caso  di  urgenza,  dal          presidente,  e'  presente nel luogo ove si trova la persona          sottoposta ad esame e ne attesta le generalita', dando atto          della  osservanza delle disposizioni contenute nel presente          comma  nonche'  delle  cautele  adottate  per assicurare la          regolarita' dell'esame con riferimento al luogo ove egli si          trova.  Delle operazioni svolte l'ausiliario redige verbale          a norma dell'art. 136 del codice.              3.   Salvo   che   il   giudice  ritenga  assolutamente          necessaria  la presenza della persona da esaminare, l'esame          si  svolge  a  distanza  secondo  le modalita' previste dal          comma 2, nei seguenti casi:                a) quando  le  persone ammesse, in base alla legge, a          programmi o misure di protezione sono esaminate nell'ambito          di  un  processo  per taluno dei delitti indicati dall'art.          51, comma 3-bis, del codice;                b) quando  nei  confronti della persona sottoposta ad          esame  e'  stato  emesso  il  decreto  di cambiamento delle          generalita'  di  cui  all'art.  3  del  decreto legislativo          29 marzo   1993,  n.  119;  in  tale  caso,  nel  procedere          all'esame,  il giudice o il presidente si uniforma a quanto          previsto   dall'art.  6,  comma  6,  del  medesimo  decreto          legislativo  e  dispone le cautele idonee ad evitare che il          volto della persona sia visibile;                c) quando,  nell'ambito di un processo per taluno dei          delitti  previsti  dall'art.  51,  comma 3-bis, del codice,          devono  essere  esaminate le persone indicate nell'art. 210          del codice nei cui confronti si procede per uno dei delitti          di  cui  al  medesimo  art. 51, comma 3-bis, anche se vi e'          stata separazione dei procedimenti.              4.  Se la persona da esaminare deve essere assistita da          un   difensore   si   applicano  le  disposizioni  previste          dall'art. 146-bis, commi 3, 4 e 6.              5.  Le  modalita'  di  cui  al  comma 2, possono essere          altresi  adottate,  a richiesta di parte, per l'esame della          persona  di  cui  e'  stata  disposta la nuova assunzione a          norma dell'art. 495, comma 1, del codice, o quando vi siano          gravi  difficolta'  ad  assicurare  la  comparizione  della          persona da sottoporre ad esame.".
                           |  
|   |                                 ART. 9.
     1.  All'articolo  14  del  decreto-legge  15.  gennaio 1991, n. 8, convertito,  con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n.82, sono apportate le seguenti modificazioni:
  a) e' inserita la rubrica: "Servizio centrale di protezione"; b) il comma 1 e' sostituito dal seguente: "1.Alla  attuazione  e alla specificazione delle modalita' esecutive   del  programma speciale di protezione deliberato dalla commissione   centrale  provvede  il  Servizio centrale di protezione istituito,   nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, con decreto   del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro,   del bilancio e della programmazione economica che ne stabilisce la   dotazione  di  personale  e  di  mezzi, anche in deroga alle norme   vigenti,  sentite  le  amministrazioni  interessate.  Il  Servizio   centrale  di  protezione  e'  articolato  in  due  sezioni, dotate   ciascuna di personale e di strutture differenti e autonome, aventi   competenza  l'una  sui  collaboratori  di  giustizia e l'altra sui   testimoni  di  giustizia. Il Capo della polizia-direttore generale   della  pubblica  sicurezza  coordina i rapporti tra prefetti e tra   autorita'   di  sicurezza  nell'attuazione  degli  altri  tipi  di   speciali  misure  di  protezione,  indicate  nei  decreti  di  cui   all'articolo  17-bis,  comma  1,  la  cui determinazione spetta al   prefetto  del  luogo di residenza attuale del collaboratore, anche   mediante  impieghi  finanziari  non  ordinari autorizzati, a norma   dell'articolo  17,  dallo  stesso  Capo  della polizia - direttore   generale della pubblica sicurezza."; c) il comma 2 e' abrogato. 
                                         Note all'art. 9:              - Il  testo dell'art. 14, della legge 15 marzo 1991, n.          82 (nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo          di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano          con   la   giustizia),  come  modificato  dalla  legge  qui          pubblicata, e' il seguente:              "Art.  14  (Servizio centrale di protezione). - 1. Alla          attuazione  e alla specificazione delle modalita' esecutive          del  programma  speciale  di  protezione  deliberato  dalla          commissione  centrale  provvede  il  Servizio  centrale  di          protezione  istituito,  nell'ambito  del Dipartimento della          pubblica  sicurezza, con decreto del Ministro dell'interno,          di  concerto  con  il  Ministro  del tesoro, del bilancio e          della   programmazione   economica  che  ne  stabilisce  la          dotazione  di  personale  e  di mezzi, anche in deroga alle          norme  vigenti,  sentite le amministrazioni interessate. Il          Servizio  centrale  di  protezione  e'  articolato  in  due          sezioni,  dotate  ciascuna  di  personale  e  di  strutture          differenti   e   autonome,   aventi  competenza  l'una  sui          collaboratori  di  giustizia  e  l'altra  sui  testimoni di          giustizia. Il Capo della polizia - direttore generale della          pubblica  sicurezza  coordina i rapporti tra prefetti e tra          autorita'  di sicurezza nell'attuazione degli altri tipi di          speciali  misure di protezione, indicate nei decreti di cui          all'art.  17-bis,  comma 1, la cui determinazione spetta al          prefetto  del luogo di residenza attuale del collaboratore,          anche    mediante    impieghi   finanziari   non   ordinari          autorizzati,  a norma dell'art. 17, dallo stesso Capo della          polizia - direttore generale della pubblica sicurezza.              2. (Comma abrogato)".              - L'art.  17-bis  del  citato  decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge          15 marzo  1991,  n. 82, introdotto dall'art. 19 della legge          qui   pubblicata,  e'  riportato  nel  testo  del  medesimo          articolo.              - L'art.  17  del citato decreto-legge 15 gennaio 1991,          n.  8,  convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo          1991, n. 82, e' riportato nelle note all'art. 18.
                           |  
|   |                                ART. 10.
     1.  L'articolo  15  del  decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8, convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e' sostituito dal seguente:   "ART.   15.  -  (Cambiamento  delle  generalita'.  Rinvio).  -  1. Nell'ambito  dello  speciale  programma  di  protezione  puo'  essere autorizzato,  con  decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il  Ministro  della  giustizia,  il  cambiamento  delle  generalita', garantendone   la   riservatezza   anche   in   atti  della  pubblica amministrazione.   2. All'attuazione del disposto del comma 1 si provvede a norma del decreto   legislativo   29   marzo   1993,   n.   119,  e  successive modificazioni". 
                                         Nota all'art. 10:              - L'argomento del decreto legislativo 29 marzo 1993, n.          119 e' riportato nelle note all'art. 6.
                           |  
|   |                                ART. 11.
     1.  All'articolo  16  del  decreto-legge  15  gennaio  1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:
  a) e' inserita la rubrica: "Relazione del Ministro dell'interno"; b) nel  comma  1,  le  parole:  "sui programmi" sono sostituite dalle   seguenti: "sulle misure speciali". 
                                         Note all'art. 11:              - Il  testo dell'art. 16, della legge 15 marzo 1991, n.          82,  come  modificato  dalla  legge  qui  pubblicata, e' il          seguente:              "Art. 16 (Relazione del Ministro dell'interno). - 1. Il          Ministro    dell'interno   riferisce   semestralmente   con          relazione   al   Parlamento   sulle   misure   speciali  di          protezione, sulla loro efficacia e sulle modalita' generali          di applicazione, senza riferimenti normativi".
                           |  
|   |                                ART. 12.
     1.  Dopo  l'articolo  16  del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' inserito il seguente Capo:   "CAPO  II  bis.  -  NORME  PER  LA  PROTEZIONE  DEI  TESTIMONI  DI GIUSTIZIA.   ART.  16-bis.  - (Applicazione delle speciali misure di protezione ai  testimoni di giustizia). - 1. Le speciali misure di protezione di cui  agli articoli 9 e 13, comma 5, se ne ricorrono i presupposti, si applicano  a  coloro  che  assumono  rispetto  al  fatto  o  ai fatti delittuosi in ordine ai quali rendono le dichiarazioni esclusivamente la  qualita' di persona offesa dal reato, ovvero di persona informata sui  fatti  o  di testimone, purche' nei loro confronti non sia stata disposta  una  misura  di  prevenzione,  ovvero  non  sia in corso un procedimento  di  applicazione  della stessa, ai sensi della legge 31 maggio  1965,  n.  575.  Tali  soggetti  sono,  ai  fini del presente decreto, denominati "testimoni di giustizia".   2.  Le dichiarazioni rese dai testimoni di giustizia possono anche non  avere  le  caratteristiche di cui all'articolo 9, comma 3, salvo avere  carattere  di attendibilita', e riferirsi a delitti diversi da quelli indicati nel comma 2 dello stesso articolo.   3.  Le  speciali  misure  di  protezione si applicano, se ritenute necessarie,  a  coloro  che  coabitano o convivono stabilmente con le persone  indicate nel comma 1, nonche', ricorrendone le condizioni, a chi  risulti  esposto  a  grave,  attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone.   ART.  16-ter. - (Contenuto delle speciali misure di protezione). - 1. I testimoni di giustizia cui e' applicato lo speciale programma di protezione hanno diritto:
  a) a misure di protezione fino alla effettiva cessazione del pericolo   per se' e per i familiari; b) a   misure   di   assistenza,  anche  oltre  la  cessazione  della   protezione,  volte  a  garantire  un  tenore  di  vita personale e   familiare  non  inferiore  a quello esistente prima dell'avvio del   programma,  fino  a  quando  non  riacquistano  la possibilita' di   godere di un reddito proprio; c) alla  capitalizzazione  del  costo dell'assistenza, in alternativa   alla stessa; d) se  dipendenti  pubblici,  al mantenimento del posto di lavoro, in   aspettativa  retribuita,  presso  l'amministrazione dello Stato al   cui  ruolo  appartengono,  in attesa della definitiva sistemazione   anche presso altra amministrazione dello Stato; e) alla  corresponsione  di  una  somma a titolo di mancato guadagno,   concordata   con   la   commissione,  derivante  dalla  cessazione   dell'attivita'  lavorativa propria e dei familiari nella localita'   di provenienza, sempre che non abbiano ricevuto un risarcimento al   medesimo titolo, ai sensi della legge 23 febbraio 1999, n. 44; f) a  mutui  agevolati  volti al completo reinserimento proprio e dei   familiari nella vita economica e sociale.
     2.   Le   misure  previste  sono  mantenute  fino  alla  effettiva cessazione  del rischio, indipendentemente dallo stato e dal grado in cui  si trova il procedimento penale in relazione al quale i soggetti destinatari delle misure hanno reso dichiarazioni.   3.  Se  lo  speciale programma di protezione include il definitivo trasferimento  in  altra  localita',  il  testimone  di  giustizia ha diritto  ad  ottenere  l'acquisizione  dei beni immobili dei quali e' proprietario   al   patrimonio  dello  Stato,  dietro  corresponsione dell'equivalente  in  denaro  a  prezzo  di mercato. Il trasferimento degli immobili e' curato da un amministratore, nominato dal direttore della  sezione  per i testimoni di giustizia del Servizio centrale di protezione   tra  avvocati  o  dottori  commercialisti  iscritti  nei rispettivi albi professionali, di comprovata esperienza". 
                                         Note all'art. 12:              - Per   la   nuova   formulazione   dell'art.   9   del          decreto-legge   15 gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda          l'art. 2 della legge qui pubblicata.              - Per   la   nuova   formulazione   dell'art.   13  del          decreto-legge   15 gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda          l'art. 6 della legge qui pubblicata.              - La  legge 31 maggio 1965, n. 575, reca: "Disposizioni          contro la mafia".              - La legge 23 febbraio 1999, n. 44, reca: "Disposizioni          concernenti  il  fondo di solidarieta' per le vittime delle          richieste estorsive e dell'usura".
                           |  
|   |                                ART. 13.
     1.  Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente Capo, pari a lire 6.000 milioni per l'anno 2001 ed a lire 8.600  milioni  a  decorrere  dall'anno  2002,  si  provvede mediante corrispondente   riduzione   dell'autorizzazione   di  spesa  di  cui all'articolo  17,  comma  1, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dall'articolo 18 della presente legge. 
                                         Note all'art. 13:              - Il  testo  dell'art.  17 del decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge          15 marzo 1991, n. 82 e' riportato in note all'art. 18.
                           |  
|   |                                ART. 14.
     1. Dopo l'articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82, introdotto  dall'articolo  12  della  presente  legge, e' inserito il seguente Capo:   "CAPO  II-ter.  -  NUOVE NORME PER IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO DI COLORO CHE COLLABORANO CON LA GIUSTIZIA.   ART.  16-quater.  -  (Verbale  illustrativo  dei  contenuti  della collaborazione). - 1. Ai fini della concessione delle speciali misure di  protezione di cui al Capo II, nonche' per gli effetti di cui agli articoli  16-quinquies  e 16-nonies, la persona che ha manifestato la volonta'  di collaborare rende al procuratore della Repubblica, entro il  termine  di  centottanta  giorni dalla suddetta manifestazione di volonta',  tutte  le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione dei  fatti e delle circostanze sui quali e' interrogato nonche' degli altri  fatti  di  maggiore  gravita'  ed  allarme sociale di cui e' a conoscenza  oltre  che  alla  individuazione  e alla cattura dei loro autori   ed   altresi'   le  informazioni  necessarie  perche'  possa procedersi  alla  individuazione,  al  sequestro  e alla confisca del denaro,  dei  beni  e di ogni altra utilita' dei quali essa stessa o, con riferimento ai dati a sua conoscenza, altri appartenenti a gruppi criminali dispongono direttamente o indirettamente.   2.  Le informazioni di cui al comma 1 relative alla individuazione del denaro, dei beni e delle altre utilita' non sono richieste quando la  volonta'  di  collaborare  e'  stata manifestata dai testimoni di giustizia.   3. Le dichiarazioni rese ai sensi dei commi 1 e 2 sono documentate in  un  verbale  denominato "verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione",  redatto secondo le modalita' previste dall'articolo 141-bis  del codice di procedura penale, che e' inserito, per intero, in  apposito fascicolo tenuto dal procuratore della Repubblica cui le dichiarazioni sono state rese e, per estratto, nel fascicolo previsto dall'articolo  416,  comma 2, del codice di procedura penale relativo al  procedimento  cui le dichiarazioni rispettivamente e direttamente si  riferiscono. Il verbale e' segreto fino a quando sono segreti gli estratti  indicati  nel  precedente  periodo.  Di  esso e' vietata la pubblicazione  a  norma  dell'articolo  114  del  codice di procedura penale.   4. Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, la persona  che  rende  le  dichiarazioni  attesta,  fra l'altro, di non essere   in   possesso  di  notizie  e  informazioni  processualmente utilizzabili  su  altri  fatti  o  situazioni,  anche  non connessi o collegati  a quelli riferiti, di particolare gravita' o comunque tali da  evidenziare  la  pericolosita'  sociale  di singoli soggetti o di gruppi criminali.   5.  Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione la persona indica i colloqui investigativi eventualmente intrattenuti.   6.  Le notizie e le informazioni di cui ai commi 1 e 4 sono quelle processualmente  utilizzabili  che,  a  norma  dell'articolo  194 del codice   di   procedura  penale,  possono  costituire  oggetto  della testimonianza.  Da esse, in particolare, sono escluse le notizie e le informazioni  che  il  soggetto  ha  desunto  da  voci  correnti o da situazioni a queste assimilabili.   7. Le speciali misure di protezione di cui ai Capi II e II-bis non possono  essere  concesse,  e  se  concesse  devono  essere revocate, qualora,  entro  il termine di cui al comma 1, la persona cui esse si riferiscono  non renda le dichiarazioni previste nei commi 1, 2 e 4 e queste  non  siano documentate nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione.   8.  La  disposizione  del comma 7 si applica anche nel caso in cui risulti non veritiera l'attestazione di cui al comma 4.   9.  Le  dichiarazioni  di  cui  ai  commi  1  e 4 rese al pubblico ministero  o alla polizia giudiziaria oltre il termine previsto dallo stesso  comma  1  non possono essere valutate ai fini della prova dei fatti  in  esse  affermati contro le persone diverse dal dichiarante, salvo i casi di irripetibilita'.   ART.  16-quinquies. - (Attenuanti in caso di collaborazione). - 1. Le  circostanze  attenuanti  che  il  codice penale e le disposizioni speciali  prevedono in materia di collaborazione, relativa ai delitti di  cui  all'articolo  9, comma 2, possono essere concesse soltanto a coloro  che,  entro  il  termine  di  cui  al  comma  1 dell'articolo 16-quater,  hanno  sottoscritto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dal medesimo articolo 16-quater.   2.  Il  giudice, anche d'ufficio, accerta l'avvenuta redazione del verbale  illustrativo  dei  contenuti  della  collaborazione entro il termine prescritto.   3.  Se  la collaborazione si manifesta nel corso del dibattimento, il giudice puo' concedere le circostanze attenuanti di cui al comma 1 anche  in  mancanza  del  verbale  illustrativo  dei  contenuti della collaborazione,  ferma  restando  la necessita' di procedere alla sua redazione  entro  il  termine  prescritto per gli effetti di cui agli articoli 16-quater e 16-nonies.   ART.  16-sexies.  -  (Acquisizione  del  verbale  illustrativo dei contenuti  della  collaborazione  nonche'  di  copie per estratto dei registri   in   materia   di   colloqui   investigativi  in  caso  di interrogatorio  o  esame  del  collaboratore).  -  1.  Quando si deve procedere  all'interrogatorio  o  all'esame  del  collaboratore quale testimone  o  persona  imputata  in  un procedimento connesso o di un reato  collegato  a  quello  per  cui  si  procede  nel caso previsto dall'articolo  371,  comma  2,  lettera  b),  del codice di procedura penale  il  giudice, su richiesta di parte, dispone che sia acquisito al  fascicolo  del  pubblico  ministero  il  verbale illustrativo dei contenuti   della   collaborazione   di  cui  all'articolo  16-quater limitatamente  alle  parti  di esso che concernono la responsabilita' degli imputati nel procedimento.   2.  Nell'ipotesi  di  cui  al  comma  1 il giudice, a richiesta di parte,  dispone  altresi'  l'acquisizione  di  copia per estratto del registro  tenuto  dal  direttore  del carcere in cui sono annotati il nominativo  del  detenuto o internato, il nominativo di chi ha svolto il  colloquio  a  fini  investigativi, la data e l'ora di inizio e di fine  dello stesso, nonche' di copia per estratto del registro di cui al comma 3 dell'articolo 18-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive  modificazioni,  per  la parte relativa ai colloqui a fini investigativi intervenuti con il collaboratore.   ART.  16-septies.  (Restituzione  nel  termine  e  revisione delle sentenze). - 1. Il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui  distretto  la  sentenza  e' stata pronunciata deve richiedere la revisione  della  sentenza  quando  le  circostanze attenuanti che il codice  penale  o  le  disposizioni  speciali prevedono in materia di collaborazione  relativa  ai  delitti di cui all'articolo 9, comma 2, sono  state applicate per effetto di dichiarazioni false o reticenti, ovvero   quando  chi  ha  beneficiato  delle  circostanze  attenuanti predette  commette, entro dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza,   un  delitto  per  il  quale  l'arresto  in  flagranza  e' obbligatorio.   2.  La  revisione e' ammessa quando ricorrono i presupposti di cui al  comma  1  e  se  il  delitto  ivi  previsto  e'  indicativo della permanenza del soggetto nel circuito criminale.   3.  Quando  chi ha beneficiato delle circostanze attenuanti di cui al  comma  1  ha  ottenuto  anche  taluno  dei  benefici penitenziari previsti   dall'articolo   16-nonies,  il  procuratore  generale  che richiede  la  revisione  della  sentenza  informa  della richiesta il tribunale di sorveglianza ed il magistrato di sorveglianza competenti ai  fini dei provvedimenti previsti dal comma 7 del medesimo articolo 16-nonies.   4.  Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto applicabili, le  disposizioni  del  titolo IV del libro IX del codice di procedura penale.  In  caso  di  accoglimento  della richiesta di revisione, il giudice  riforma  la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena.   5.  Nel  corso  del giudizio di revisione il giudice, su richiesta del  pubblico  ministero,  puo'  disporre l'applicazione delle misure cautelari previste dalla legge.   6. Quando le situazioni indicate nel comma 1 emergono prima che la sentenza  sia  divenuta  irrevocabile,  gli  atti da cui risultano le predette  situazioni  sono  trasmessi al pubblico ministero presso il giudice  che  ha  pronunciato  la  sentenza  ovvero,  se gli atti del procedimento  sono gia' stati trasmessi al giudice dell'impugnazione, al   pubblico   ministero   presso   il  giudice  che  deve  decidere sull'impugnazione.  Se  si tratta di sentenza pronunciata in grado di appello,  gli  atti sono in ogni caso trasmessi al pubblico ministero presso la corte d'appello che ha pronunciato la sentenza. Il pubblico ministero,  entro  trenta  giorni  dal  ricevimento  degli atti, puo' chiedere,  a  norma dell'articolo 175 del codice di procedura penale, la  restituzione  nel termine per proporre impugnazione limitatamente al punto della decisione relativo alla applicazione delle circostanze attenuanti indicate nel comma 1.   7.  Le pene previste per il reato di calunnia sono aumentate da un terzo alla meta' quando risulta che il colpevole ha commesso il fatto allo  scopo di usufruire delle circostanze attenuanti di cui al comma 1  o dei benefici penitenziari o delle misure di tutela o speciali di protezione  previsti dall'articolo 16-nonies e dal Capo II. L'aumento e' dalla meta' ai due terzi se uno dei benefici e' stato conseguito.   ART.  16-octies. - (Revoca o sostituzione della custodia cautelare per  effetto  della  collaborazione).  -  1. La misura della custodia cautelare non puo' essere revocata o sostituita con altra misura meno grave  per  il  solo  fatto che la persona nei cui confronti e' stata disposta  tiene  o  ha tenuto taluna delle condotte di collaborazione che  consentono  la concessione delle circostanze attenuanti previste dal  codice  penale  o  da  disposizioni speciali. In tali casi, alla revoca o alla sostituzione puo' procedersi solo se, nell'ambito degli accertamenti  condotti  in  ordine  alla  sussistenza  delle esigenze cautelari,  il  giudice che procede, sentiti il procuratore nazionale antimafia  o  i  procuratori  generali  presso  le  corti  di appello interessati,   non   ha   acquisito  elementi  dai  quali  si  desuma l'attualita' dei collegamenti con la criminalita' organizzata di tipo mafioso  o terroristico-eversivo e ha accertato che il collaboratore, ove  soggetto  a  speciali  misure  di  protezione, ha rispettato gli impegni assunti a norma dell'articolo 12.   ART.  16-nonies.  -  (Benefici  penitenziari).  - 1. Nei confronti delle  persone  condannate  per  un delitto commesso per finalita' di terrorismo  o  di eversione dell'ordinamento costituzionale o per uno dei  delitti  di  cui  all'articolo  51,  comma  3-bis, del codice di procedura  penale,  che  abbiano  prestato,  anche  dopo la condanna, taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle   circostanze  attenuanti  previste  dal  codice  penale  o  da disposizioni  speciali,  la  liberazione condizionale, la concessione dei  permessi  premio  e  l'ammissione  alla  misura della detenzione domiciliare prevista dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n.  354, e successive modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentiti i procuratori generali presso le corti di appello interessati a  norma  dell'articolo  11  del  presente  decreto  o il procuratore nazionale antimafia.   2.  Nella  proposta  o  nel  parere  i  procuratori  generali o il procuratore  nazionale  antimafia  forniscono ogni utile informazione sulle caratteristiche della collaborazione prestata. Su richiesta del tribunale  o del magistrato di sorveglianza, allegano alla proposta o al   parere  copia  del  verbale  illustrativo  dei  contenuti  della collaborazione  e,  se  si  tratta  di  persona sottoposta a speciali misure di protezione, il relativo provvedimento di applicazione.   3. La proposta o il parere indicati nel comma 2 contengono inoltre la  valutazione  della  condotta  e  della  pericolosita' sociale del condannato  e  precisano  in  specie se questi si e' mai rifiutato di sottoporsi a interrogatorio o a esame o ad altro atto di indagine nel corso   dei   procedimenti   penali   in   cui  ha  prestato  la  sua collaborazione.  Precisano  inoltre  gli  altri elementi rilevanti ai fini  dell'accertamento  del  ravvedimento anche con riferimento alla attualita'   dei  collegamenti  con  la  criminalita'  organizzata  o eversiva.   4.  Acquisiti la proposta o il parere indicati nei commi 2 e 3, il tribunale  o il magistrato di sorveglianza, se ritiene che sussistano i  presupposti di cui al comma 1, avuto riguardo all'importanza della collaborazione  e  sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi  tali  da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita' organizzata o eversiva, adotta il provvedimento indicato nel  comma  1 anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle  relative ai limiti di pena di cui all'articolo 176 del codice penale e agli articoli 30-ter e 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354,  e  successive modificazioni. Il provvedimento e' specificamente motivato  nei  casi  in  cui  le  autorita'  indicate nel comma 2 del presente  articolo hanno espresso parere sfavorevole. I provvedimenti che  derogano  ai limiti di pena possono essere adottati soltanto se, entro  il termine prescritto dall'articolo 16-quater e' stato redatto il  verbale  illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dal  medesimo  articolo  16-quater  e,  salvo  che  non  si tratti di permesso  premio,  soltanto  dopo  la  espiazione di almeno un quarto della pena inflitta ovvero, se si tratta di condannato all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni di pena.   5.  Se  la collaborazione prestata dopo la condanna riguarda fatti diversi  da  quelli  per i quali e' intervenuta la condanna stessa, i benefici  di  cui  al  comma 1 possono essere concessi in deroga alle disposizioni  vigenti  solo  dopo l'emissione della sentenza di primo grado  concernente  i  fatti  oggetto  della  collaborazione  che  ne confermi i requisiti di cui all'articolo 9, comma 3.   6. Le modalita' di attuazione dei provvedimenti indicati nel comma 4 sono stabilite sentiti gli organi che provvedono alla tutela o alla protezione  dei  soggetti  interessati e possono essere tali organi a provvedere alle notifiche, alle comunicazioni e alla esecuzione delle disposizioni del tribunale o del magistrato di sorveglianza.   7. La modifica o la revoca dei provvedimenti e' disposta d'ufficio ovvero su proposta o parere delle autorita' indicate nel comma 2. Nei casi  di  urgenza,  il  magistrato  di sorveglianza puo' disporre con decreto  motivato  la  sospensione  cautelativa dei provvedimenti. La sospensione cessa di avere efficacia se, trattandosi di provvedimento di  competenza  del  tribunale di sorveglianza, questo non interviene entro  sessanta  giorni  dalla  ricezione  degli  atti. Ai fini della modifica,   della   revoca   o   della  sospensione  cautelativa  dei provvedimenti  assumono  specifico rilievo quelle condotte tenute dal soggetto   interessato  che,  a  norma  degli  articoli  13-quater  e 16-septies, possono comportare la modifica o la revoca delle speciali misure  di  protezione  ovvero  la revisione delle sentenze che hanno concesso taluna delle attenuanti in materia di collaborazione.   8.   Quando   i  provvedimenti  di  liberazione  condizionale,  di assegnazione  al  lavoro  all'esterno,  di  concessione  dei permessi premio  e  di  ammissione  a  taluna  delle  misure  alternative alla detenzione  previste  dal  Titolo  I,  Capo VI, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono adottati nei confronti di  persona sottoposta a speciali misure di protezione, la competenza appartiene  al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui  la persona medesima ha eletto il domicilio a norma dell'articolo 12, comma 3-bis, del presente decreto". 
                                         Note all'art. 14:              - Si  trascrive il testo degli articoli 141-bis, 416, e          114 del codice di procedura penale:              "Art.     141-bis    (Modalita'    di    documentazione          dell'interrogatorio  di  persona in stato detenzione). - 1.          Ogni  interrogatorio  di  persona che si trovi, a qualsiasi          titolo,  in  stato  di  detenzione,  e che non si svolga in          udienza,  deve  essere documentato integralmente, a pena di          inutilizzabilita',  con mezzi di riproduzione fonografica o          audiovisiva.  Quando  si  verifica  una indisponibilita' di          strumenti  di  riproduzione  o  di  personale  tecnico,  si          provvede   con   le   forme  della  perizia,  ovvero  della          consulenza  tecnica.  Dell'interrogatorio  e' anche redatto          verbale   in   forma  riassuntiva.  La  trascrizione  della          riproduzione e' disposta solo se richiesta dalle parti".              "Art.  416  (Presentazione della richiesta del pubblico          ministero).  -  1.  La  richiesta  di  rinvio a giudizio e'          depositata  dal  pubblico  ministero  nella cancelleria del          giudice  (328).  La richiesta di rinvio a giudizio e' nulla          se non e' preceduta dall'avviso previsto dall'art. 415-bis,          nonche'    dall'invito    a    presentarsi    per   rendere          l'interrogatorio  ai  sensi dell'art. 375, comma 3, qualora          la persona sottoposta ad interrogatorio entro il termine di          cui all'art. 415-bis, comma 3.              2.   Con   la   richiesta  e'  trasmesso  il  fascicolo          contenente  la  notizia  di  reato (330), la documentazione          relativa  alle  indagini  espletate (373) e i verbali degli          atti   compiuti   davanti   al   giudice  per  le  indagini          preliminari  (294,  392 s.s.; art. 130). Il corpo del reato          (253)  e  le  cose  pertinenti  al  reato  sono allegati al          fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove".              "Art.  114  (Divieto  di  pubblicazione  di  atti  e di          immagini). - 1. E' vietata la pubblicazione, anche parziale          o  per  riassunto,  con  il  mezzo della stampa o con altro          mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche          solo del loro contenuto (329).              2.  E'  vietata la pubblicazione, anche parziale, degli          atti  non  piu'  coperti  dal  segreto fino a che non siano          concluse  le  indagini  preliminari  ovvero fino al termine          dell'udienza preliminare (424).              3.  Se si procede al dibattimento, non e' consentita la          pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per          il  dibattimento se non dopo la pronuncia della sentenza di          primo  grado  (545), e di quelli del fascicolo del pubblico          ministero (433), se non dopo la pronuncia della sentenza in          grado   di   appello   (605).   E'   sempre  consentita  la          pubblicazione  degli  atti  utilizzati per le contestazioni          (501 1, 503 3).              4.  E'  vietata la pubblicazione, anche parziale, degli          atti  del  dibattimento  celebrato  a porte chiuse nei casi          previsti  dall'art.  472,  commi  1  e  2.  In tali casi il          giudice,  sentite  le  parti,  puo'  disporre il divieto di          pubblicazione  anche  degli  atti  o  di  parte  degli atti          utilizzati    per   le   contestazioni.   Il   divieto   di          pubblicazione   cessa  comunque  quando  sono  trascorsi  i          termini  stabiliti  dalla  legge  sugli  archivi  di Stato,          ovvero e' trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza          irrevocabile  (648)  e  la pubblicazione e' autorizzata dal          Ministro di grazia e giustizia.              5.  Se  non  si  procede  al  dibattimento, il giudice,          sentite le parti, puo' disporre il divieto di pubblicazione          di  atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi          puo'  offendere  il buon costume o comportare la diffusione          di  notizie  sulle quali la legge prescrive di mantenere il          segreto   nell'interesse   dello   Stato   ovvero   causare          pregiudizio  alla  riservatezza dei testimoni o delle parti          private. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del          comma 4.              6.  E'  vietata  la  pubblicazione  delle generalita' e          dell'immagine  dei  minorenni  testimoni,  persone offese o          danneggiati    dal   reato   fino   a   quando   non   sono          divenuti maggiorenni.   Il   tribunale   per  i  minorenni,          nell'interesse  esclusivo del minorenne, o il minorenne che          ha   compiuto   i   sedici   anni,   puo'   consentire   la          pubblicazione.              6-bis.  E'  vietata  la  pubblicazione dell'immagine di          persona  privata della liberta' personale ripresa mentre la          stessa  si  trova  sottoposta  all'uso  di manette ai polsi          ovvero  ad  altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la          persona vi consenta.              7.  E' sempre consentita la pubblicazione del contenuto          di atti non coperti dal segreto.".              - Per  il  testo  dell'art. 371 del codice di procedura          penale, v. note all'art. 4.              - Per  il  testo dell'art. 18-bis della legge 26 luglio          1975, n. 354, v. note all'art. 6.              - Si  trascrive  il  testo  dell'art. 175 del codice di          procedura penale:              "Art.  175 (Restituzione nel termine). - 1. Il pubblico          ministero,  le  parti private e i difensori sono restituiti          nel termine stabilito a pena di decadenza (173), se provano          di  non  averlo  potuto  osservare  per caso fortuito o per          forza maggiore.              2.  Se e' stata pronunciata sentenza contumaciale (487,          548 3)  o decreto di condanna (460), puo' essere chiesta la          restituzione nel termine per proporre impugnazione (585) od          opposizione  (461,  462, 565) anche dall'imputato che provi          di  non  aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento,          sempre  che  l'impugnazione non sia stata gia' proposta dal          difensore  e  il  fatto  non sia dovuto a sua colpa ovvero,          quando   la   sentenza  contumaciale  e'  stata  notificata          mediante  consegna  al  difensore  nei  casi previsti dagli          articoli  159,  161,  commi  4 e 169, l'imputato non si sia          sottratto  volontariamente  alla  conoscenza degli atti del          procedimento.              3.  La  richiesta  per  la  restituzione nel termine e'          presentata,  a  pena di decadenza (173), entro dieci giorni          da  quello  nel  quale e' cessato il fatto costituente caso          fortuito  o  forza maggiore  ovvero,  nei casi previsti dal          comma  2,  da  quello  in cui l'imputato ha avuto effettiva          conoscenza  dell'atto.  La  restituzione  non  puo'  essere          concessa  piu'  di  una volta per ciascuna parte in ciascun          grado del procedimento.              4.  Sulla  richiesta  decide  con  ordinanza  (125)  il          giudice  che  procede  al  tempo  della presentazione della          stessa.   Prima  dell'esercizio  dell'azione  penale  (405)          provvede  il  giudice per le indagini preliminari (328). Se          sono  stati  pronunciati  sentenza  o  decreto di condanna,          decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione          o sulla opposizione.              5.  L'ordinanza che concede la restituzione nel termine          per  la proposizione della impugnazione o della opposizione          puo' essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla          impugnazione o sulla opposizione.              6.  Contro  l'ordinanza  che  respinge  la richiesta di          restituzione  nel  termine puo' essere proposto ricorso per          cassazione (606 ss).              7.  Quando  accoglie  la  richiesta di restituzione nel          termine  per proporre impugnazione, il giudice, se occorre,          ordina  la  scarcerazione  dell'imputato  detenuto e adotta          tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti          determinati dalla scadenza del termine (670 3).              8.  Se  la restituzione nel termine e' concessa a norma          del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione          del   reato   (157 c.p.),   del  tempo  intercorso  tra  la          notificazione  della  sentenza  contumaciale  (548 3) o del          decreto  di  condanna (460 3) e la notificazione alla parte          dell'avviso  di  deposito  dell'ordinanza  che  concede  la          restituzione.".              - Il  testo  dell'art.  12 del decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8,  convertito, con modificazioni dalla legge 15          marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note all'art. 5.              Per  il  testo  dell'art.  51  del  codice di procedura          penale, v. note all'art. 2.              -  Si  trascrive il testo dell'art. 47-ter della citata          legge 26 luglio 1975, n. 354:              "Art.  47-ter  (Detenzione  domiciliare).  - 1. La pena          della  reclusione  non  superiore  a quattro anni, anche se          costituente  parte residua di maggior pena, nonche' la pena          dell'arresto,   possono   essere   espiate   nella  propria          abitazione  o  in  altro  luogo di privata dimora ovvero in          luogo  pubblico  di  cura, assistenza o accoglienza, quando          trattasi di:                a) donna  incinta  o madre di prole di eta' inferiore          ad anni dieci, con lei convivente;                b) padre,  esercente  la  potesta',  di prole di eta'          inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre          sia  deceduta  o altrimenti assolutamente impossibilitata a          dare assistenza alla prole;                c) persona  in  condizioni  di salute particolarmente          gravi,  che  richiedano  costanti  contatti  con  i presidi          sanitari territoriali;                d) persona  di  eta'  superiore  a  sessanta anni, se          inabile anche parzialmente;                e) persona  minore  di  anni  ventuno  per comprovate          esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.              1-bis.  La detenzione domiciliare puo' essere applicata          per  l'espiazione  della  pena detentiva inflitta in misura          non  superiore  a  due  anni,  anche  se  costituente parte          residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni          di  cui  al  comma 1 quando non ricorrono i presupposti per          l'affidamento  in  prova  al  servizio sociale e sempre che          tale  misura  sia  idonea  ad  evitare  il  pericolo che il          condannato  commetta  altri reati. La presenta disposizione          non  si  applica  ai condannati per i reati di cui all'art.          4-bis.              1-ter.   Quando  potrebbe  essere  disposto  il  rinvio          obbligatorio  o  facoltativo della esecuzione della pena ai          sensi  degli  articoli  146  e  147  del  codice penale, il          tribunale  di  sorveglianza,  anche  se  la  pena supera il          limite  di  cui  al  comma 1, puo' disporre la applicazione          della  detenzione  domiciliare,  stabilendo  un  termine di          durata  di  tale  applicazione,  termine  che  puo'  essere          prorogato.  L'esecuzione  della  pena  prosegue  durante la          esecuzione della detenzione domiciliare.              1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione          domiciliare   e'   proposta   dopo   che  ha  avuto  inizio          l'esecuzione  della pena, il magistrato di sorveglianza cui          la domanda deve essere rivolta puo' disporre l'applicazione          provvisoria  della  misura, quando ricorrono i requisiti di          cui   ai   commi   1  e  1-bis.  Si  applicano,  in  quanto          compatibili, le disposizioni di cui all'art. 47, comma 4.              2. (comma abrogato dall'art. 1, decreto-legge 13 maggio          1991, n. 152).              3.  (comma  abrogato dall'art. 4, legge 27 maggio 1998,          n. 165).              4.  Il  tribunale  di  sorveglianza,  nel  disporre  la          detenzione  domiciliare,  ne  fissa  le  modalita'  secondo          quanto  stabilito  dall'art.  284  del  codice di procedura          penale. Determina e impartisce altresi' le disposizioni per          gli  interventi  del  servizio sociale. Tali prescrizioni e          disposizioni  possono  essere  modificate dal magistrato di          sorveglianza  competente  per  il luogo in cui si svolge la          detenzione domiciliare.              5. Il condannato nei confronti del quale e' disposta la          detenzione   domiciliare   non   e'  sottoposto  al  regime          penitenziario  previsto dalla presente legge e dal relativo          regolamento    di    esecuzione.    Nessun    onere   grava          sull'amministrazione  penitenziaria per il mantenimento, la          cura  e  l'assistenza  medica del condannato che trovasi in          detenzione domiciliare.              6.   La   detenzione  domiciliare  e'  revocata  se  il          comportamento  del  soggetto,  contrario  alla legge o alle          prescrizioni   dettate,   appare   incompatibile   con   la          prosecuzione delle misure.              7.  Deve  essere  inoltre  revocata  quando  vengono  a          cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.              8.  Il  condannato  che  essendo in stato di detenzione          nella  propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati          nel  comma 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'art.          385   del   codice   penale.  Si  applica  la  disposizione          dell'ultimo comma dello stesso articolo.              9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa          la  sospensione  del  beneficio e la condanna ne importa la          revoca.              9-bis.  Se  la misura di cui al comma 1-bis e' revocata          ai  sensi  dei  commi  precedenti  la pena residua non puo'          essere sostituita con altra misura.".              -   Per   la   nuova   formulazione  dell'art.  11  del          decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni,  della  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda          l'art. 4 della legge qui pubblicata.              -  Si  trascrive  il  testo  dell'art.  176  del codice          penale:              "Art.  176  (Liberazione condizionale). Il condannato a          pena  detentiva  che,  durante il tempo di esecuzione della          pena,  abbia  tenuto  un comportamento tale da far ritenere          sicuro  il  suo  ravvedimento,  puo'  essere  ammesso  alla          liberazione  condizionale se ha scontato almeno trenta mesi          e  comunque almeno meta' della pena inflittagli, qualora il          rimanente della pena non superi i cinque anni (682 c.p.p.).              Se  si  tratta  di  recidivo,  nei  casi  preveduti dai          capoversi  dell'art.  99, il condannato, per essere ammesso          alla  liberazione  condizionale, deve avere scontato almeno          quattro  anni  di  pena e non meno di tre quarti della pena          inflittagli.              Il  condannato  all'ergastolo  puo' essere ammesso alla          liberazione   condizionale  quando  abbia  scontato  almeno          ventisei anni di pena.              La   concessione   della  liberazione  condizionale  e'          subordinata   all'adempimento   delle  obbligazioni  civili          derivanti  dal  reato  (185  ss.),  salvo che il condannato          dimostri di trovarsi nell'impossibilita' di adempierle.".              -  Si  trascrive il testo dell'art. 30-ter della citata          legge 26 luglio 1975, n. 354:              "Art.  30-ter (Permessi premio). - 1. Ai condannati che          hanno  tenuto  regolare  condotta  ai  sensi del successivo          comma  8  e  che  non  risultano socialmente pericolosi, il          magistrato    di   sorveglianza,   sentito   il   direttore          dell'istituto, puo' concedere permessi premio di durata non          superiore  ogni  volta  a quindici giorni per consentire di          coltivare  interessi  affettivi,  culturali o di lavoro. La          durata  dei  permessi  non  puo'  superare complessivamente          quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione.              1-bis  (comma  aggiunto  dall'art.  13,  legge 19 marzo          1990, n. 55).              2.  Per  i  condannati  minori  di  eta'  la durata dei          permessi premio non puo' superare ogni volta i venti giorni          e la durata complessiva non puo' eccedere i sessanta giorni          in ciascun anno di espiazione.              3. L'esperienza dei permessi premio e' parte integrante          del  programma  di  trattamento e deve essere seguita dagli          educatori    e    assistenti    sociali   penitenziari   in          collaborazione con gli operatori sociali del territorio.              4. La concessione dei permessi e' ammessa:                a)   nei  confronti dei condannati all'arresto o alla          reclusione  non  superiore  a  tre  anni anche se congiunta          all'arresto;                b) nei   confronti  dei  condannati  alla  reclusione          superiore  a  tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera          c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena;                c) nei  confronti  dei condannati alla reclusione per          taluno  dei  delitti  indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis,          dopo  l'espiazione  di almeno meta' della pena e, comunque,          di non oltre dieci anni.                d) nei  confronti  dei condannati all'ergastolo, dopo          l'espiazione di almeno dieci anni.              5.  Nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione          della  pena  o  delle  misure  restrittive  hanno riportato          condanna  o  sono  imputati  per  delitto  doloso  commesso          durante  l'espiazione  della  pena  o  l'esecuzione  di una          misura restrittiva della liberta' personale, la concessione          e'  ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del          fatto.              6.  Si applicano, ove del caso, le cautele previste per          i permessi di cui al primo comma dell'art. 30; si applicano          altresi'  le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma          dello stesso articolo.              7.  Il  provvedimento  relativo  ai  permessi premio e'          soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza, secondo le          procedure di cui all'art. 30-bis.              8.  La  condotta  dei  condannati si considera regolare          quando i soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato          costante   senso   di  responsabilita'  e  correttezza  nel          comportamento  personale, nelle attivita' organizzate negli          istituti   e   nelle   eventuali   attivita'  lavorative  o          culturali.".              -   Per   la   nuova   formulazione   dell'art.  9  del          decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda          l'art. 2 della legge qui pubblicata.              - L'art.  13-quater  del decreto-legge 15 gennaio 1991,          n.  8,  convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo          1991,  n.  82,  introdotto  dall'art.  8  della  legge  qui          pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo articolo.              -  Il  testo  dell'art. 12 del decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15          marzo 1991, n. 82, e' riportato in note all'art. 5.
                           |  
|   |                                ART. 15.
     1.  Il comma 4 dell'articolo 105 del codice di procedura penale e' sostituito dal seguente:   "4.  L'autorita'  giudiziaria riferisce al consiglio dell'ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto della difesa di ufficio o, nell'ambito  del  procedimento,  i  casi  di  violazione da parte del difensore dei doveri di lealta' e probita' nonche' del divieto di cui all'articolo 106, comma 4-bis". 
                                         Note all'art. 15:              -  Il  testo  dell'art.  105  del  codice  di procedura          penale,  come  modificato dalla legge qui pubblicata, e' il          seguente:              "Art.  105  (Abbandono e rifiuto della difesa). - 1. Il          consiglio  dell'ordine  forense ha competenza esclusiva per          le   sanzioni  disciplinari  relative  all'abbandono  della          difesa o al rifiuto della difesa di ufficio.              2. Il procedimento disciplinare e' autonomo rispetto al          procedimento  penale  in  cui  e' avvenuto l'abbandono o il          rifiuto.              3.  Nei  casi  di  abbandono  o  di rifiuto motivati da          violazione  dei  diritti  della difesa, quando il consiglio          dell'ordine  li  ritiene comunque giustificati, la sanzione          non  e' applicata, anche se la violazione dei diritti della          difesa e' esclusa dal giudice.              4.   L'autorita'  giudiziaria  riferisce  al  consiglio          dell'ordine  i  casi  di abbandono della difesa, di rifiuto          della  difesa di ufficio o, nell'ambito del procedimento, i          casi  di  violazione  da  parte del difensore dei doveri di          lealta' e probita' nonche' del divieto di cui all'art. 106,          comma 4-bis.              5. L'abbandono della difesa delle parti private diverse          dall'imputato  (74  ss.,  83 ss, 89), della persona offesa,          degli  enti  e delle associazioni previste dall'art. 91 non          impedisce  in  alcun  caso  l'immediata  continuazione  del          procedimento e non interrompe l'udienza.".              - Il testo dell'art. 106 del codice di procedura penale          e' riportato in note all'art. 16.
                           |  
|   |                                ART. 16.
     1.  All'articolo 106 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
  a) al  comma  1  sono  premesse le parole: "Salva la disposizione del   comma 4-bis"; b) il comma 4 e' sostituito dal seguente: "4.Se  l'incompatibilita'  e'  rilevata  nel  corso  delle  indagini   preliminari,  il giudice, su richiesta del pubblico ministero o di   taluna  delle  parti  private  e  sentite  le  parti  interessate,   provvede a norma del comma 3."; c) dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente: "4-bis.  Non puo' essere assunta da uno stesso difensore la difesa di   piu'  imputati  che  abbiano  reso  dichiarazioni  concernenti  la   responsabilita'  di  altro imputato nel medesimo procedimento o in   procedimento  connesso  ai  sensi  dell'articolo 12 o collegato ai   sensi  dell'articolo  371,  comma  2, lettera b). Si applicano, in   quanto compatibili, le disposizioni dei commi 2, 3 e 4". 
                                         Note all'art. 16:          -  Il  testo  dell'art. 106 del codice di procedura penale,          come modificato dalla legge qui pubblicata, e' il seguente:              "Art.   106  (Incompatibilita'  della  difesa  di  piu'          imputati   nello   stesso  procedimento).  -  1.  Salva  la          disposizione  del  comma  4-bis  la difesa di piu' imputati          puo'  essere  assunta  da  un  difensore comune, purche' le          diverse posizioni non siano tra loro incompatibili.              2. L'autorita' giudiziaria, se rileva una situazione di          incompatibilita',  la indica e ne espone i motivi, fissando          un termine per rimuoverla.              3.  Qualora  l'incompatibilita'  non  sia  rimossa,  il          giudice  la  dichiara  con ordinanza (125) provvedendo alle          necessarie sostituzioni a norma dell'art. 97.              4.  Se  l'incompatibilita'  e' rilevata nel corso delle          indagini preliminari, il giudice, su richiesta del pubblico          ministero  o  di  taluna  delle  parti private e sentite le          parti interessate, provvede a norma del comma 3.              4-bis.  Non puo' essere assunta da uno stesso difensore          la  difesa  di piu' imputati che abbiano reso dichiarazioni          concernenti   la  responsabilita'  di  altro  imputato  nel          medesimo  procedimento  o in procedimento connesso ai sensi          dell'art.  12  o collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2,          lettera   b).  Si  applicano,  in  quanto  compatibili,  le          disposizioni dei commi 2, 3 e 4.".              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  12  del codice di          procedura penale:              "Art.  12 (Casi di connessione). - 1. Si ha connessione          di procedimenti:                a) se  il  reato per cui si procede e' stato commesso          da  piu'  persone in concorso o cooperazione fra loro, o se          piu'  persone  con  condotte indipendenti hanno determinato          l'evento;                b) se  una persona e' imputata di piu' reati commessi          con  una sola azione od omissione ovvero con piu' azioni od          omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso;                c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati          commessi  per  eseguire  o  per  occultare  gli  altri o in          occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al          colpevole  o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o          l'impunita'.              - Il testo dell'art. 371 del codice di prodecura penale          e' riportato in nota all'art. 4.
                           |  
|   |                                ART. 17.
     1. Prima dell'articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' inserita  la seguente rubrica: "CAPO II-quater. - DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE".  |  
|   |                                ART. 18.
     1.  All'articolo  17  del  decreto-legge  15  gennaio  1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:
  a) e' inserita la rubrica: "Oneri finanziari"; b) nei  commi  1  e 4, le parole: "del presente capo" e: "al presente   capo"  sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: "dei Capi   II e II-bis" e: "ai Capi II e II-bis". 
                                         Note all'art. 18:              Il  testo  dell'art.  17  del  decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15          marzo 1991, n. 82, come modificato dalla presente legge, e'          il seguente:              "Art.  17  (Oneri finanziari). - 1. All'onere derivante          dall'applicazione  dei  capi  II  e II-bis valutato in lire          10.250  milioni  annue  a  decorrere  dal 1991, si provvede          mediante   corrispondente   riduzione   dello  stanziamento          iscritto,  ai  fini  del  bilancio  triennale 1991-1993, al          capitolo  6856  dello stato di previsione del Ministero del          tesoro    per    l'anno    1991,    all'uopo    utilizzando          l'accantonamento  "Ulteriori  misure contro la criminalita'          organizzata".              2.  Il Ministro del tesoro e' autorizzato ad apportare,          con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.              3.  La  spesa  di  cui  al comma 1 sara' iscritta nello          stato  di  previsione del Ministero dell'interno in ragione          di lire 6.250 milioni sotto la rubrica "Sicurezza pubblica"          e  di lire 4.000 milioni sotto la rubrica "Alto commissario          per  il  coordinamento della lotta alla delinquenza di tipo          mafioso".              4. Gli interventi finanziari di cui ai Capi II e II-bis          sono  di natura riservata e non soggetti a rendicontazione;          il  Capo  della polizia - direttore generale della pubblica          sicurezza  e l'Alto commissario, al termine di ciascun anno          finanziario,  sono  tenuti  a  presentare una relazione sui          criteri e sulle modalita' di utilizzo dei relativi fondi al          Ministro  dell'interno,  il  quale autorizza la distruzione          della relazione medesima.".
                           |  
|   |                                ART. 19.
     1.  Dopo  l'articolo  17  del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' inserito il seguente:   "ART.  17-bis. - (Previsione di norme di attuazione). - 1. Con uno o  piu' decreti del Ministro dell'interno, emanati di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti il Comitato nazionale dell'ordine e della   sicurezza   pubblica   e   la  commissione  centrale  di  cui all'articolo  10,  comma 2, sono precisati i contenuti e le modalita' di   attuazione  delle  speciali  misure  di  protezione  definite  e applicate anche in via provvisoria dalla commissione centrale nonche' i  criteri  che  la  medesima  applica  nelle  fasi  di  istruttoria, formulazione e attuazione delle misure predette.   2.  Con  decreto del Ministro della giustizia, emanato di concerto con  il  Ministro  dell'interno,  sono  stabiliti  i presupposti e le modalita'  di applicazione delle norme sul trattamento penitenziario, previste  dal  Titolo  I  della  legge  26  luglio  1975,  n.  354, e successive  modificazioni, e dal Titolo I del relativo regolamento di esecuzione,  approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, e successive modificazioni, alle persone ammesse alle  misure speciali di protezione e a quelle che risultano tenere o aver  tenuto  condotte di collaborazione previste dal codice penale o da disposizioni speciali relativamente ai delitti di cui all'articolo 9, comma 2.   3.  Con decreti del Ministro dell'interno, emanati di concerto con i   Ministri   delle  finanze,  del  tesoro,  del  bilancio  e  della programmazione  economica,  della  giustizia  e  della  difesa,  sono adottate  le norme regolamentari per disciplinare le modalita' per il versamento  e  il  trasferimento  del  denaro, dei beni e delle altre utilita'  di  cui  all'impegno  assunto  dal  collaboratore  a  norma dell'articolo  12, comma 2, lettera e), del presente decreto, nonche' le  norme  regolamentari  per  disciplinare,  secondo  le  previsioni dell'articolo  12-sexies,  commi  4-bis  e 4-ter, del decreto-legge 8 giugno  1992,  n.  306,  convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto  1992,  n.  356,  e  successive modificazioni, le modalita' di destinazione del denaro, nonche' di vendita e destinazione dei beni e delle altre utilita'.   4.  I decreti previsti dai commi 1, 2 e 3, nonche' quello previsto dall'articolo  13,  comma  8,  sono emanati ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.   5.  Il  Consiglio  di Stato esprime il proprio parere sugli schemi dei  regolamenti  di  cui ai commi 1, 2 e 3 entro trenta giorni dalla richiesta,  decorsi  i  quali  il  regolamento  puo'  comunque essere adottato".   2. Fino alla emanazione dei decreti previsti dall'articolo 17-bis, comma  1,  del  decreto-legge  15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dal comma 1   del   presente  articolo,  continuano  a  osservarsi,  in  quanto applicabili,  le  disposizioni  dei  decreti  gia'  emanati  a  norma dell'articolo  10 del medesimo decreto-legge n. 8 del 1991, nel testo previgente  alla  data di entrata in vigore della presente legge, per stabilire  le  misure  di  protezione  e di assistenza a favore delle persone  ammesse  allo  speciale  programma  di  protezione nonche' i criteri  di  formulazione  e le modalita' di attuazione del programma medesimo. 
                                         Note all'art. 19:              -  Per  il  testo  dell'art.  10  del  decreto-legge 15          gennaio  1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla          legge 15 marzo 1991, n. 82, v. note all'art. 3.              -   Per   la   nuova   formulazione   dell'art.  9  del          decreto-legge  15  gennaio  1991,  n.  8,  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  15 marzo 1991, n. 82, si veda          l'art. 2 della legge qui pubblicata.              -  Per  il  testo  dell'art.  12  del  decreto-legge 15          gennaio  1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla          legge  15 marzo 1991, n. 82, come modificato dalla presente          legge, v. note all'art. 5.              - Per il testo dell'art. 12-sexies, commi 4-bis e 4-ter          del  decreto-legge  8  giugno 1992, n. 306, convertito, con          modificazioni,  dalla  legge  n.  356 del 7 agosto 1992, v.          note all'art. 24.              - Il testo vigente dell'art. 17 della legge n. 400/1988          (Disciplina  dell'attivita'  di Governo e ordinamento della          Presidenza del Consiglio dei Ministri), e' il seguente:              "Art. 17 (Regolamenti). - 1. Con decreto del Presidente          della  Repubblica,  previa  deliberazione del Consiglio dei          Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve          pronunziarsi  entro novanta giorni dalla richiesta, possono          essere emanati i regolamenti per disciplinare:                a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi          nonche' dei regolamenti comunitari;                b) l'attuazione  e  l'integrazione  delle leggi e dei          decreti  legislativi  recanti  norme  di principio, esclusi          quelli   relativi   a  materie  riservate  alla  competenza          regionale;                c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di          leggi  o  di  atti aventi forza di legge, sempre che non si          tratti di materie comunque riservate alla legge;                d) l'organizzazione   ed   il   funzionamento   delle          amministrazioni  pubbliche  secondo le disposizioni dettate          dalla legge;                e) (soppressa).              2.  Con decreto del Presidente della Repubblica, previa          deliberazione   del  Consiglio  dei  Ministri,  sentito  il          Consiglio  di  Stato,  sono  emanati  i  regolamenti per la          disciplina  delle  materie, non coperte da riserva assoluta          di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi          della  Repubblica,  autorizzando l'esercizio della potesta'          regolamentare  del  Governo,  determinano le norme generali          regolatrici  della materia e dispongono l'abrogazione delle          norme  vigenti,  con  effetto  dall'entrata in vigore delle          norme regolamentari.              3.  Con  decreto  ministeriale  possono essere adottati          regolamenti  nelle  materie di competenza del Ministro o di          autorita'   sottordinate   al  Ministro,  quando  la  legge          espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per          materie  di  competenza  di  piu'  Ministri, possono essere          adottati  con  decreti interministeriali, ferma restando la          necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.          I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono          dettare  norme  contrarie  a quelle dei regolamenti emanati          dal  Governo.  Essi debbono essere comunicati al Presidente          del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.              4.  I  regolamenti  di  cui al comma 1 ed i regolamenti          ministeriali  ed  interministeriali,  che  devono recare la          denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere          del  Consiglio  di  Stato,  sottoposti  al  visto  ed  alla          registrazione  della  Corte  dei  conti  e pubblicati nella          Gazzetta Ufficiale.              4-bis.  L'organizzazione  e  la disciplina degli uffici          dei  Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai          sensi  del  comma  2,  su  proposta del Ministro competente          d'intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con          il  Ministro  del  tesoro, nel rispetto dei princi'pi posti          dal   decreto   legislativo   3 febbraio  1993,  n.  29,  e          successive   modificazioni,   con   i   contenuti   e   con          l'osservanza dei criteri che seguono:                a) riordino  degli  uffici  di diretta collaborazione          con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che          tali   uffici   hanno   esclusive  competenze  di  supporto          dell'organo  di direzione politica e di raccordo tra questo          e l'amministrazione;                b) individuazione    degli    uffici    di    livello          dirigenziale  generale,  centrali  e  periferici,  mediante          diversificazione  tra  strutture  con funzioni finali e con          funzioni  strumentali  e  loro  organizzazione per funzioni          omogenee  e  secondo criteri di flessibilita' eliminando le          duplicazioni funzionali;                c) previsione  di  strumenti  di  verifica  periodica          dell'organizzazione e dei risultati;                d)    indicazione   e   revisione   periodica   della          consistenza delle piante organiche;                e) previsione  di  decreti ministeriali di natura non          regolamentare  per  la definizione dei compiti delle unita'          dirigenziali    nell'ambito   degli   uffici   dirigenziali          generali.".              -  Il  testo  dell'art. 10 del decreto-legge 15 gennaio          1991,  n.  8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15          marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note all'art. 3.
                           |  
|   |                                ART. 20.
     1.  Negli  articoli  da 1 a 4 e da 6 a 8, nonche' nell'articolo 18 del   decreto-legge   15   gennaio   1991,   n.  8,  convertito,  con modificazioni,  dalla  legge  15  marzo  1991,  n. 82, sono inserite, rispettivamente, le seguenti rubriche:
  a) articolo 1: "Sequestro dei beni utilizzabili per far conseguire il   prezzo del riscatto", b) articolo 2: "Nullita' dei contratti di assicurazione"; c) articolo 3: "Omessa denuncia"; d) articolo 4: "Comunicazioni al Governatore della Banca d'Italia"; e) articolo 6: "Attenuante speciale in caso di collaborazione"; f) articolo 7: "Disposizioni processuali"; g) articolo 8: "Nuclei di polizia interforze"; h) articolo 18: "Entrata in vigore".  |  
|   |                                ART. 21.
     1.  Nell'articolo  58-ter, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354,  e  successive  modificazioni,  le  parole: "Le disposizioni del comma"  sono  sostituite  dalle  seguenti: "I limiti di pena previsti dalle disposizioni del comma". 
                                         Note all'art. 21:              - Il   testo   dell'art.   58-ter  della  citata  legge          26 luglio  1975,  n.  354,  come modificato dalla legge qui          pubblicata, e' il seguente:              "Art.   58-ter   (Persone   che   collaborano   con  la          giustizia).   - 1. I   limiti   di   pena   previsti  dalle          disposizioni   del   comma  1  dell'art.  21,  del  comma 4          dell'art. 30-ter e del comma 2 dell'art. 50, concernenti le          persone  condannate  per  taluno  dei  delitti indicati nel          comma  1  dell'art.  4-bis,  non si applicano a coloro che,          anche  dopo  la condanna, si sono adoperati per evitare che          l'attivita'  delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori          ovvero hanno aiutato concretamente l'autorita' di polizia o          l'autorita' giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi          per  la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la          cattura degli autori dei reati.              2.  Le condotte indicate nel comma 1 sono accertate dal          tribunale    di   sorveglianza,   assunte   le   necessarie          informazioni  e  sentito  il  pubblico  ministero presso il          giudice  competente per i reati in ordine ai quali e' stata          prestata la collaborazione.".
                           |  
|   |                                ART. 22.
     1.  Alla  legge  7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni:
  a) nel  comma  2  dell'articolo  13,  dopo la parola: "regolano" sono   aggiunte  le  seguenti.  ",  nonche'  ai procedimenti previsti dal   decreto-legge   15   gennaio   1991,   n.   8,   convertito,   con   modificazioni,  dalla  legge  15  marzo  1991, n. 82, e successive   modificazioni,  e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e   successive modificazioni"; b) nel  comma  1  dell'articolo  24,  dopo  le parole. "n. 801," sono   inserite   le  seguenti:  "per  quelli  relativi  ai  procedimenti   previsti  dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con   modificazioni,  dalla  legge  15  marzo  1991, n. 82, e successive   modificazioni,  e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e   successive modificazioni". 
                                         Note all'art. 22:              - Il  testo degli articoli 13 e 24 della legge 7 agosto          1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di procedimento          amministrativo   e  di  diritto  di  accesso  ai  documenti          amministrativi),    come   modificato   dalla   legge   qui          pubblicata, e' il seguente:              "Art.  13. - 1.  Le disposizioni contenute nel presente          capo  non  si  applicano nei confronti dell'attivita' della          pubblica  amministrazione  diretta  alla emanazione di atti          normativi,  amministrativi generali, di pianificazione e di          programmazione,  per  i  quali restano ferme le particolari          norme che ne regolano la formazione.              2.  Dette  disposizioni  non  si  applicano altresi' ai          procedimenti  tributari per i quali restano parimenti ferme          le   particolari   norme   che   li  regolano,  nonche'  ai          procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n.          8,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 15 marzo          1991,  n.  82,  e  successive  modificazioni, e dal decreto          legislativo   29 marzo   1993,   n.   119,   e   successive          modificazioni.".              "Art.  24. - 1.  Il diritto di accesso e' escluso per i          documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'art. 12          della legge 24 ottobre 1977, n. 801, per quelli relativi ai          procedimenti  previsti dal decreto-legge15 gennaio 1991, n.          8,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 15 marzo          1991,   n.  82,  e  successive  modificazioni  dal  decreto          legislativo   29 marzo   1993,   n.   119,   e   successive          modificazioni,  nonche' nei casi di segreto o di divieto di          divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento.              2.  Il  Governo e' autorizzato ad emanare, ai sensi del          comma  2  dell'art.  17 della legge 23 agosto 1988, n. 400,          entro  sei  mesi  dalla  data  di  entrata  in vigore della          presente legge, uno o piu' decreti intesi a disciplinare le          modalita'  di  esercizio del diritto di accesso e gli altri          casi di esclusione del diritto di accesso in relazione alla          esigenza di salvaguardare:                a) la  sicurezza,  la difesa nazionale e le relazioni          internazionali;                b) la politica monetaria e valutaria;                c) l'ordine  pubblico  e la prevenzione e repressione          della criminalita';                d) la  riservatezza  di  terzi,  persone,  gruppi  ed          imprese,  garantendo  peraltro  agli interessati la visione          degli  atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui          conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro          interessi giuridici.              3.  Con  i  decreti  di  cui  al  comma 2 sono altresi'          stabilite norme particolari per assicurare che l'accesso ai          dati  raccolti  mediante  strumenti informatici avvenga nel          rispetto delle esigenze di cui al medesimo comma 2.              4.   Le  singole  amministrazioni  hanno  l'obbligo  di          individuare, con uno o piu' regolamenti da emanarsi entro i          sei  mesi  successivi,  le  categorie  di documenti da esse          formati  o  comunque  rientranti  nella loro disponibilita'          sottratti all'accesso per le esigenze di cui al comma 2.              5.  Restano ferme le disposizioni previste dall'art. 9,          legge 1o aprile 1981, n. 121, come modificato dall'art. 26,          legge  10 ottobre  1986,  n. 668, e dalle relative norme di          attuazione,  nonche'  ogni  altra  disposizione attualmente          vigente che limiti l'accesso ai documenti amministrativi.              6.  I  soggetti indicati nell'art. 23 hanno facolta' di          differire l'accesso ai documenti richiesti sino a quando la          conoscenza  di  essi possa impedire o gravemente ostacolare          lo  svolgimento dell'azione amministrativa. Non e' comunque          ammesso  l'accesso  agli  atti  preparatori nel corso della          formazione  dei  provvedimenti  di  cui  all'art. 13, salvo          diverse disposizioni di legge".              - L'argomento del decreto legislativo 29 marzo 1993, n.          119, e' riportato in nota all'art. 6.
                           |  
|   |                                ART. 23.
     1.  I  commi  da 3 a 6 dell'articolo 8 del decreto-legge 13 maggio 1991,  n.  152,  convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, sono abrogati. 
                                         Nota all'art. 23:              - Il  decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito,          con  modificazioni,  dalla  legge  12 luglio  1991, n. 203,          reca:   "Provvedimenti   urgenti  in  tema  di  lotta  alla          criminalita'  organizzata e di trasparenza e buon andamento          dell'attivita' amministrativa".
                           |  
|   |                                ART. 24.
     1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
  a) nel  comma  1  e'  aggiunto,  in  fine,  il  seguente periodo: "Le   disposizioni indicate nel periodo precedente si applicano anche in   caso  di  condanna  e  di  applicazione della pena su richiesta, a   norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno   dei  delitti  commessi  per finalita' di terrorismo o di eversione   dell'ordine costituzionale."; b) dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti: "4-bis.  Si applicano anche ai casi di confisca previsti dai commi da   1 a 4 del presente articolo le disposizioni in materia di gestione   e  destinazione  dei  beni sequestrati o confiscati previste dalla   legge  31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano   comunque  salvi  i  diritti  della  persona  offesa dal reato alle   restituzioni e al risarcimento del danno. 4-ter.  Con  separati  decreti, il Ministro dell'interno, di concerto   con  il  Ministro  della  giustizia,  sentiti  gli  altri Ministri   interessati,  stabilisce  anche  la  quota  dei beni sequestrati e   confiscati   a  norma  del  presente  decreto  da  destinarsi  per   l'attuazione  delle  speciali  misure  di  protezione previste dal   decreto-legge   15   gennaio   1991,   n.   8,   convertito,   con   modificazioni,  dalla  legge  15  marzo  1991, n. 82, e successive   modificazioni,  e  per  le  elargizioni  previste  dalla  legge 20   ottobre  1990,  n.  302,  recante norme a favore delle vittime del   terrorismo  e  della  criminalita'  organizzata.  Nei  decreti  il   Ministro  stabilisce  anche  che,  a  favore  delle vittime, possa   essere  costituito  un Fondo di solidarieta' per le ipotesi in cui   la persona offesa non abbia potuto ottenere in tutto o in parte le   restituzioni o il risarcimento dei danni conseguenti al reato. 4-quater.  Il  Consiglio  di  Stato  esprime  il proprio parere sugli   schemi  di  regolamento  di cui al comma 4-ter entro trenta giorni   dalla  richiesta,  decorsi  i  quali  il regolamento puo' comunque   essere adottato". 
                                         Note all'art. 24:              - Il   testo   dell'art.  12-sexies  del  decreto-legge          8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, della          legge  7 agosto  1992,  n.  356 (Modifiche urgenti al nuovo          codice  di  procedura  penale  e provvedimenti di contrasto          alla criminalita' mafiosa), come modificato dalla legge qui          pubblicata, e' il seguente:              "Art. 12-sexies (Ipotesi particolari di confisca). - 1.          Nei  casi  di  condanna  o  di  applicazione  della pena su          richiesta  a  norma  dell'art.  444 del codice di procedura          penale,  per  taluno  dei  delitti  previsti dagli articoli          416-bis,   629,   630,   644,   644-bis,  648,  esclusa  la          fattispecie  di  cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter del          codice penale, nonche' dall'art. 12-quinquies, comma 1, del          decreto-legge   8 giugno  1992,  n.  306,  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  7 agosto 1992, n. 356, ovvero          per  taluno dei delitti previsti dagli articoli 73, esclusa          la  fattispecie  di  cui  al  comma 5, e 74 del testo unico          delle  leggi  in materia di disciplina degli stupefacenti e          sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei          relativi  stati di tossicodipendenza, approvato con decreto          del  Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e'          sempre  disposta  la  confisca del denaro, dei beni o delle          altre  utilita'  di cui il condannato non puo' giustificare          la  provenienza  e  di  cui,  anche  per interposta persona          fisica  o  giuridica,  risulta  essere  titolare o avere la          disponibilita'  a qualsiasi titolo in valore sproporzionato          al  proprio  reddito,  dichiarato ai fini delle imposte sul          reddito, o alla propria attivita' economica.              Le  disposizioni  indicate  nel  periodo  precedente si          applicano anche in caso di condanna e di applicazione della          pena  su  richiesta,  a  norma  dell'art. 444 del codice di          procedura  penale,  per  taluno  dei  delitti  commessi per          finalita'   di   terrorismo   o  di  eversione  dell'ordine          costituzionale.              2.  Le  disposizioni del comma 1 si applicano anche nei          casi  di condanna o di applicazione della pena su richiesta          a  norma  dell'art. 444 del codice di procedura penale, per          un  delitto  commesso avvalendosi delle condizioni previste          dall'art.  416-bis  del  codice  penale,  ovvero al fine di          agevolare  l'attivita'  delle  associazioni  previste dallo          stesso  articolo,  nonche' a chi e' stato condannato per un          delitto  in  materia  di  contrabbando,  nei  casi  di  cui          all'art.  295, secondo comma, del testo unico approvato con          decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.          43.              3.  Fermo  quanto previsto dagli articoli 100 e 101 del          testo  unico  delle  leggi  in  materia di disciplina degli          stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,  prevenzione, cura e          riabilitazione  dei  relativi  stati  di tossicodipendenza,          approvato  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica          9 ottobre  1990,  n. 309, per la gestione e la destinazione          dei  beni  confiscati a norma dei commi 1 e 2 si osservano,          in   quanto  compatibili,  le  disposizioni  contenute  nel          decreto-legge  14 giugno  1989,  n.  230,  convertito,  con          modificazioni,  dalla  legge  4 agosto  1989,  n.  282.  Il          giudice,  con la sentenza di condanna o con quella prevista          dall'art.  444,  comma  2,  del codice di procedura penale,          nomina  un amministratore con il compito di provvedere alla          custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni          confiscati.              Non  possono  essere nominate amministratori le persone          nei  cui  confronti  il provvedimento e' stato disposto, il          coniuge,  i  parenti,  gli  affini  e  le  persone con essi          conviventi,  ne'  le  persone  condannate  ad  una pena che          importi interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici          o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione.              4.   Se,   nel   corso  del  procedimento,  l'autorita'          giudiziaria,  in  applicazione  dell'art. 321, comma 2, del          codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo          delle cose di cui e' prevista la confisca a norma dei commi          1   e   2,   le   disposizioni   in   materia   di   nomina          dell'amministratore  di  cui al secondo periodo del comma 3          si applicano anche al custode delle cose predette".              4-bis.  Si applicano anche ai casi di confisca previsti          dai commi da 1 a 4 del presente articolo le disposizioni in          materia  di  gestione e destinazione dei beni sequestrati o          confiscati  previste  dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, e          successive  modificazioni; restano comunque salvi i diritti          della  persona  offesa  dal  reato  alle  restituzioni e al          risarcimento del danno.              4-ter.  Con separati decreti, il Ministro dell'interno,          di  concerto  con  il Ministro della giustizia, sentiti gli          altri  Ministri  interessati, stabilisce anche la quota dei          beni  sequestrati e confiscati a norma del presente decreto          da  destinarsi  per  l'attuazione  delle speciali misure di          protezione  previste  dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n.          8,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 15 marzo          1991,   n.   82,  e  successive  modificazioni,  e  per  le          elargizioni  previste  dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302,          recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della          criminalita'   organizzata.   Nei   decreti   il   Ministro          stabilisce  anche che, a favore delle vittime, possa essere          costituito  un  Fondo di solidarieta' per le ipotesi in cui          la  persona  offesa non abbia potuto ottenere in tutto o in          parte   le   restituzioni   o  il  risarcimento  dei  danni          conseguenti al reato.              4-quater.  Il  Consiglio  di  Stato  esprime il proprio          parere  sugli  schemi  di regolamento di cui al comma 4-ter          entro  trenta  giorni  dalla  richiesta, decorsi i quali il          regolamento puo' comunque essere adottato.".              - L'argomento  della  legge  31 maggio 1965, n. 575, e'          riportato in nota all'art. 12.
                           |  
|   |                                ART. 25.
     1.  Le  disposizioni  di  cui  ai  Capi II, II-bis e II-ter, fatta eccezione   per   quelle   di   cui  all'articolo  16-quinquies,  del decreto-legge  15  gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla  legge  15  marzo  1991,  n. 82, e successive modificazioni, si applicano  anche  alle persone che hanno gia' manifestato la volonta' di  collaborare  prima della data di entrata in vigore della presente legge.   2.   Nei  confronti  delle  persone  di  cui  al  comma  1,  entro centottanta  giorni  dalla  data  di entrata in vigore della presente legge,  si  procede  alla  redazione  del  verbale  illustrativo  dei contenuti  della  collaborazione ai sensi dell'articolo 16-quater del citato  decreto-legge  n.  8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla  legge  n.  82  del  1991,  introdotto  dall'articolo  14 della presente legge.   3.  Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche se le condotte  di collaborazione sono state tenute relativamente a delitti diversi da quelli commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine  costituzionale  ovvero  previsti dall'articolo 51, comma 3-bis,  del  codice  di  procedura  penale,  ma rientranti fra quelli indicati nell'articolo 380 del medesimo codice.   La  presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
  Data a Roma, addi' 13 febbraio 2001                               CIAMPI
                                     AMATO,   Presidente del Consiglio                                            dei Ministri                                   FASSINO, Ministro della giustizia                                   BIANCO,  Ministro dell'interno
  Visto, il Guardasigilli: FASSINO
                               ----------
                           LAVORI PREPARATORI          Senato della Repubblica (atto n. 2207):              Presentato  dal  Ministro di grazia e giustizia Flick e          dal Ministro dell'interno Napolitano l'11 marzo 1997.              Assegnato  alla  2a  commissione  (Giustizia),  in sede          referente,  l'8 aprile  1997,  con parere delle commissioni          1a, 4a, 5a e 6a.              Esaminato  dalla  2a  commissione,  in  sede referente,          l'8 aprile;   23 settembre;   28,  29,  30 ottobre;  5,  6,          26, novembre;  2  dicembre  1997;  8,  22,  23 aprile;  26,          28  maggio; 2, 4, 9, 10, 11, 16, 17, 18, 24, 25, 30 giugno;          2, 8, 9, 14, 15 luglio 1998; 13 gennaio; 28 aprile; 15, 22,          23, 28 settembre; 6 e 7 ottobre 1999.              Annunciata relazione (atto n. 1927-1976-2207-2843/A) il          30 novembre 1999, relatore senatore Follieri.              Assegnato  nuovamente  alla  2a  commissione,  in  sede          deliberante, il 10 novembre 1999.              Esaminato dalla 2a commissione, in sede deliberante, il          27 gennaio 2000.              Assegnato  nuovamente  alla  2a  commissione,  in  sede          referente, il 27 gennaio 2000.              Esaminato  dalla  2a commissione, in sede referente, il          27 gennaio 2000.              Esaminato in aula il 23, 28, 29 marzo 2000, e approvato          il 30 marzo 2000.          Camera dei deputati (atto n. 6909):              Assegnato  alla  II  commissione  (Giustizia),  in sede          referente,  il  4 aprile 2000, con pareri delle commissioni          I, V e XI.              Esaminato dalla II commissione il 23, 25, 30 maggio; 6,          14 giugno 2000 e 11 gennaio 2001.              Esaminato  in  aula il 12 gennaio 2001 e approvato, con          modificazioni, il 23 gennaio 2001.          Senato della Repubblica (atto n. 2207-B):              Assegnato  alla  2a  commissione  (Giustizia),  in sede          deliberante,   il   2 febbraio   2001,   con  pareri  delle          commissioni 1a e 5a.              Esaminato  dalla  commissione  il  6 febbraio  2001,  e          approvato il 7 febbraio 2001. 
                                         Note all'art. 25:              - L'art.   16-quinquies  del  decreto-legge  15 gennaio          1991,  n.  8,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge          15 marzo  1991,  n. 82, introdotto dall'art. 14 della legge          qui   pubblicata,  e'  riportato  nel  testo  del  medesimo          articolo.              - Per  il  testo  dell'art.  51 del codice di procedura          penale, v. note all'art. 2.              - Si  trascrive  il  testo  dell'art. 380 del codice di          procedura penale:              "Art. 380 (Arresto obbligatorio in flagranza). - 1. Gli          ufficiali   e   gli  agenti  di  polizia  giudiziaria  (57)          procedono  all'arresto  di  chiunque  e' colto in flagranza          (382)  di  un delitto non colposo, consumato o tentato, per          il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della          reclusione  non  inferiore  nel  minimo a cinque anni e nel          massimo a venti anni (383; coord. 230).              2.  Anche  fuori  dei  casi  previsti  dal comma 1, gli          ufficiali  e  gli  agenti  di polizia giudiziaria procedono          all'arresto  (coord. 230) di chiunque e' colto in flagranza          di  uno  dei  seguenti  delitti  non  colposi,  consumati o          tentati:                a) delitti   contro   la   personalita'  dello  Stato          previsti  nel  titolo I del libro II del codice penale (241          ss. c.p.) per i quali e' stabilita la pena della reclusione          non  inferiore  nel  minimo  a  cinque anni o nel massimo a          dieci anni;                b) delitto  di  devastazione  e  saccheggio  previsto          dall'art. 419 del codice penale;                c) delitti contro l'incolumita' pubblica previsti nel          titolo VI del libro II del codice penale (422 ss. c.p.) per          i quali e' stabilita la pena della reclusione non inferiore          nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;                d) delitto   di   riduzione  in  schiavitu'  previsto          dall'art.  600,  delitto di prostituzione minorile previsto          dall'art.  600-bis,  primo  comma,  delitto  di pornografia          minorile previsto dall'art. 600-ter, commi primo e secondo,          e  delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento          della    prostituzione    minorile    previsto    dall'art.          600-quinquies del codice penale;                e) delitto  di  furto,  quando ricorre la circostanza          aggravante  prevista dall'art. 4 della legge 8 agosto 1977,          n.  533,  o  taluna  delle  circostanze aggravanti previste          dall'art  625,  comma 1, nn. 1, 2 prima ipotesi e 4 seconda          ipotesi del codice penale;                f)  delitto  di  rapina  previsto  dall'art.  628 del          codice  penale  e  di estorsione previsto dall'art. 629 del          codice penale;                g) delitti  di  illegale  fabbricazione, introduzione          nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto          in  luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o          tipo  guerra  o  parti  di  esse,  di  esplosivi,  di  armi          clandestine  nonche'  di  piu' armi comuni da sparo escluse          quelle  previste  dall'art.  2,  terzo  comma  della  legge          18 aprile 1975, n. 110;                h) delitti   concernenti   sostanze   stupefacenti  o          psicotrope  puniti  a  norma  dell'art.  73 del testo unico          approvato  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica          9 ottobre  1990,  n.  309, salvo che ricorra la circostanza          prevista dal comma 5 del medesimo articolo;                i) delitti  commessi per finalita' di terrorismo o di          eversione  dell'ordine  costituzionale per i quali la legge          stabilisce  la  pena  della  reclusione  non  inferiore nel          minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;                l)  delitti  di promozione, costituzione, direzione e          organizzazione    delle   associazioni   segrete   previste          dall'art.  1  della  legge  25  gennaio  1982, n. 17, delle          associazioni  di  carattere  militare  previste dall'art. 1          della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei          movimenti  o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2 della          legge   20 giugno   1952,  n.  645,  delle  organizzazioni,          associazioni,  movimenti  o gruppi di cui all'art. 3, comma          3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654;                l-bis)   delitti   di   partecipazione,   promozione,          direzione  e  organizzazione  della  associazione  di  tipo          mafioso prevista dall'art. 416-bis del codice penale;                m)  delitti  di promozione, direzione, costituzione e          organizzazione  della  associazione per delinquere prevista          dall'art.   416,   commi 1   e  3  del  codice  penale,  se          l'associazione  e' diretta alla commissione di piu' delitti          fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c),          d), f) g), i) del presente comma.              3.  Se si tratta di delitto perseguibile a querela (336          ss.;  120  c.p.),  l'arresto in flagranza e' eseguito se la          querela   viene  proposta,  anche  con  dichiarazione  resa          oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria          presente   nel  luogo.  Se  l'avente  diritto  dichiara  di          rimettere  la  querela, l'arrestato e' posto immediatamente          in liberta'.".
                           |  
|   |  
 
 | 
 |