Gazzetta n. 56 del 8 marzo 2001 (vai al sommario) |
|
LEGGE 23 febbraio 2001, n. 38 |
Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia. |
|
|
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge: Art. 1. (Riconoscimento della minoranza slovena)
1. La Repubblica riconosce e tutela i diritti dei cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena presente nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, a norma degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione e dell'articolo 3 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante approvazione dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, in conformita' ai principi generali dell'ordinamento ed ai principi proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nelle convenzioni internazionali e nei trattati sottoscritti dal Governo italiano. 2. Ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena si applicano le disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482, salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge.
Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note all'art. 1: - Il testo degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione della Repubblica italiana, e' il seguente: "Art. 2. - La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale.". "Art. 3. - Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". "Art. 6. - La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche". - Il testo dell'art. 3 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia), e' il seguente: "Nella regione e' riconosciuta parita' di diritti e di trattamento a tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, con la salvaguardia delle rispettive caratteristiche etniche e culturali". - La legge 15 dicembre 1999, n. 482, reca: "Norme a tutela delle minoranze linguistiche storiche".
|
| Art. 2. (Adesione ai principi della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie)
1. Le misure di tutela della minoranza slovena previste dalla presente legge si ispirano, oltre che alla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1º febbraio 1995 e ratificata ai sensi della legge 28 agosto 1997, n. 302, ai seguenti princi'pi affermati nella Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992: a) il riconoscimento delle lingue regionali o minoritarie come espressione di ricchezza culturale; b) il rispetto dell'ambito territoriale di ciascuna lingua; c) la necessita' di una risoluta azione di affermazione delle lingue regionali o minoritarie finalizzata alla loro salvaguardia; d) la promozione della cooperazione transfrontaliera e interregionale anche nell'ambito dei programmi dell'Unione europea.
Nota all'art. 2: - La legge 28 agosto 1997, n. 302, reca: "Ratifica ed esecuzione della convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1o febbraio 1995".
|
| Art. 3. (Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena)
1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, e' istituito entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena, di seguito denominato "Comitato", composto da venti membri, di cui dieci cittadini italiani di lingua slovena. 2. Fanno parte del Comitato: a) quattro membri nominati dal Consiglio dei ministri, dei quali uno di lingua slovena; b) sei membri nominati dalla giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, di cui quattro di lingua slovena designati dalle associazioni piu' rappresentative della minoranza; c) tre membri nominati dall'assemblea degli eletti di lingua slovena nei consigli degli enti locali del territorio di cui all'articolo 1; l'assemblea viene convocata dal presidente del consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge; d) sette membri, di cui due appartenenti alla minoranza di lingua slovena, nominati dal consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia con voto limitato. 3. Con il decreto istitutivo di cui al comma 1 sono stabilite le norme per il funzionamento del Comitato. Il Comitato ha sede a Trieste. 4. Per la partecipazione ai lavori del Comitato e' riconosciuto ai componenti solo il rimborso delle spese di viaggio. 5. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 98,5 milioni annue a decorrere dall'anno 2001. |
| Art. 4. (Ambito territoriale di applicazione della legge)
1. Le misure di tutela della minoranza slovena previste dalla presente legge si applicano alle condizioni e con le modalita' indicate nella legge stessa, nel territorio in cui la minoranza e' tradizionalmente presente. In tale territorio sono considerati inclusi i comuni o le frazioni di essi indicati in una tabella predisposta, su richiesta di almeno il 15 per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali o su proposta di un terzo dei consiglieri dei comuni interessati, dal Comitato entro diciotto mesi dalla sua costituzione, ed approvata con decreto del Presidente della Repubblica. 2. Qualora il Comitato non sia in grado di predisporre nel termine previsto la tabella di cui al comma 1, la tabella stessa e' predisposta nei successivi sei mesi dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, sentite le amministrazioni interessate e tenendo conto del lavoro svolto dal Comitato, fermo restando quanto stabilito dall'articolo 25 della presente legge. |
| Art. 5. (Tutela delle popolazioni germanofone della Val Canale)
1. Nel quadro delle disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482, e dei principi della presente legge, forme particolari di tutela sono garantite alle popolazioni germanofone della Val Canale, tenendo conto della situazione quadrilingue della zona, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Nota all'art. 5: - Per l'argomento della legge 15 dicembre 1999, vedasi in note all'art. 1.
|
| Art. 6. (Testo unico)
1. Il Governo e' delegato ad emanare, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il Comitato, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative vigenti concernenti la minoranza slovena della regione Friuli-Venezia Giulia, riunendole e coordinandole fra loro e con le norme della presente legge. |
| Art. 7. (Nomi, cognomi, denominazioni slovene)
1. Gli appartenenti alla minoranza slovena hanno il diritto di dare ai propri figli nomi sloveni. Essi hanno inoltre il diritto di avere il proprio nome e cognome scritti o stampati in forma corretta secondo l'ortografia slovena in tutti gli atti pubblici. 2. Il diritto alla denominazione, agli emblemi ed alle insegne in lingua slovena spetta sia alle imprese slovene sia alle altre persone giuridiche, nonche' ad istituti, enti, associazioni e fondazioni sloveni. 3. I cittadini appartenenti alla minoranza slovena possono ottenere il cambiamento del proprio nome redatto in lingua italiana e loro imposto anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 31 ottobre 1966, n. 935, nel corrispondente nome in lingua slovena o in quello, sempre in lingua slovena, abitualmente usato nelle proprie relazioni sociali. 4. Ciascun cittadino il cui cognome sia stato in passato modificato o comunque alterato, che non sia in grado di esperire le procedure previste dalla legge 28 marzo 1991, n. 114, puo' ottenere il cambiamento dell'attuale cognome nella forma e nella grafia slovena, avvalendosi delle procedure previste dall'articolo 11 della legge 15 dicembre 1999, n. 482. 5. Il regio decreto-legge 10 gennaio 1926, n. 16, convertito dalla legge 24 maggio 1926, n. 898, e' abrogato. 6. I procedimenti di cambiamento del nome e del cognome previsti dal presente articolo sono esenti da ogni imposta, tassa o diritto, anche negli atti e procedimenti successivi al cambiamento. L'esercizio del diritto di cui al comma 2 non comporta l'applicazione di oneri fiscali aggiuntivi.
Note all'art. 7: - La legge 31 ottobre 1966, n. 935, reca: "Modificazioni all'art. 72 del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238, sull'ordinamento dello stato civile". - La legge 28 marzo 1991, n. 114, reca: "Norme per il ripristino dei nomi e dei cognomi modificati durante il regime fascista nei territori annessi all'Italia con le leggi 26 settembre 1920, n. 1322, e 19 dicembre 1920, n. 1778.". - Il testo dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), e' il seguente: "Art. 1. - I cittadini che fanno parte di una minoranza linguistica storica riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 e residenti nei comuni di cui al medesimo art. 3, i cognomi o i nomi dei quali siano stati modificati prima della data di entrata in vigore della presente legge o ai quali sia stato impedito in passato di apporre il nome di battesimo nella lingua della minoranza, hanno diritto di ottenere, sulla base di adeguata documentazione, il ripristino degli stessi in forma originaria. Il ripristino del cognome ha effetto anche per i discendenti degli interessati che non siano maggiorenni o che, se maggiorenni, abbiano prestato il loro consenso. 2. Nei casi di cui al comma 1 la domanda deve indicare il nome o il cognome che si intende assumere ed e' presentata al sindaco del comune di residenza del richiedente, il quale provvede d'ufficio a trasmetterla al prefetto, corredandola di un estratto dell'atto di nascita. Il prefetto, qualora ricorrano i presupposti previsti dal comma 1, emana il decreto di ripristino o del nome o del cognome. Per i membri della stessa famiglia il prefetto puo' provvedere con un unico decreto. Nel caso di relazione della domanda, il relativo provvedimento puo' essere impugnato, entro trenta giorni dalla comunicazione, con ricorso al Ministro della giustizia, che decide previo parere del Consiglio di Stato. Il provvedimento e' esente da spese e deve essere concluso entro novanta giorni dalla richiesta. 3. Gli uffici dello stato civile dei comuni interessati provvedono alle annotazioni conseguenti all'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo. Tutti gli altri registri, tutti gli elenchi e ruoli nominativi sono rettificati d'ufficio dal comune e dalle altre amministrazioni competenti".
|
| Art. 8. (Uso della lingua slovena nella pubblica amministrazione)
1. Fermo restando il carattere ufficiale della lingua italiana, alla minoranza slovena presente nel territorio di cui all'articolo 1 e' riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorita' amministrative e giudiziarie locali, nonche' con i concessionari di servizi di pubblico interesse aventi sede nel territorio di cui all'articolo 1 e competenza nei comuni di cui all'articolo 4, secondo le modalita' previste dal comma 4 del presente articolo. E' riconosciuto altresi' il diritto di ricevere risposta in lingua slovena: a) nelle comunicazioni verbali, di norma direttamente o per il tramite di un interprete; b) nella corrispondenza, con almeno una traduzione allegata al testo redatto in lingua italiana. 2. Dall'applicazione del comma 1 sono escluse le Forze armate e le Forze di polizia nell'espletamento dei rispettivi compiti istituzionali, salvo che per i procedimenti amministrativi, per le Forze armate limitatamente agli uffici di distretto, avviati a richiesta di cittadini di lingua slovena e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 109 del codice di procedura penale. Restano comunque esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti amministrativi avviati dal personale delle Forze armate e di polizia nei rapporti interni con l'amministrazione di appartenenza. 3. Nei comuni di cui all'articolo 4 gli atti e i provvedimenti di qualunque natura destinati ad uso pubblico e redatti su moduli predisposti, compresi i documenti di carattere personale quali la carta di identita' e i certificati anagrafici, sono rilasciati, a richiesta dei cittadini interessati, sia in lingua italiana e slovena sia nella sola lingua italiana. L'uso della lingua slovena e' previsto anche con riferimento agli avvisi e alle pubblicazioni ufficiali. 4. Al fine di rendere effettivi ed attuabili i diritti di cui ai commi 1, 2 e 3, le amministrazioni interessate, compresa l'amministrazione dello Stato, adottano, nei territori compresi nella tabella di cui all'articolo 4, le necessarie misure, adeguando i propri uffici, l'organico del personale e la propria organizzazione interna, nel rispetto delle vigenti procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, ed entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi del presente articolo. Nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli, invece, le singole amministrazioni interessate istituiscono, anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorche' residenti in territori non previsti dall'articolo 4 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3. 5. Le modalita' di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 per i concessionari di servizi di pubblico interesse sono disciplinate mediante specifiche convenzioni, entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi del presente articolo, dagli enti pubblici interessati di intesa con il Comitato. 6. Nell'ambito della propria autonomia statutaria i comuni e le province provvedono all'eventuale modifica ed integrazione dei propri statuti conformemente alle disposizioni della presente legge. 7. Fino all'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 6 rimangono in vigore le misure gia' adottate a tutela dei diritti previsti dal presente articolo. 8. Per il progressivo conseguimento delle finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 5.805 milioni annue a decorrere dall'anno 2001. 9. La regione Friuli-Venezia Giulia, gli enti locali di cui all'articolo 4 ed altri soggetti pubblici possono contribuire con risorse aggiuntive alla realizzazione degli interventi necessari per l'attuazione del presente articolo, sentito a tale fine il Comitato. 10. Con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da emanare entro il 31 gennaio di ciascun anno, sentito il Comitato, sono determinati i termini e le modalita' per la ripartizione delle risorse di cui al comma 8 tra i soggetti interessati.
Nota all'art. 8: - L'art. 109 del codice di procedura penale, e' il seguente: "Art. 109 (Lingua degli atti). - 1. Gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana. 2. Davanti all'autorita' giudiziaria avente competenza di primo grado o di appello su un territorio dove e' insediata una minoranza linguistica riconosciuta, il cittadino italiano che appartiene a questa minoranza e', a sua richiesta, interrogato o esaminato nella madrelingua e il relativo verbale e' redatto anche in tale lingua. Nella stessa lingua sono tradotti gli atti del procedimento a lui indirizzati successivamente alla sua richiesta. Restano salvi gli altri diritti stabiliti da leggi speciali e da convenzioni internazionali. 3. Le disposizioni di questo articolo si osservano a pena di nullita'". - L'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), e' il seguente: "Art. 39 (Disposizioni in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche e misure di protenziamento e di incentivazione del part-time). - 1. Al fine di assicurare le esigenze di funzionalita' e di ottimizzare le risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilita' finanziarie e di bilancio, gli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale, comprensivo delle unita' di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482. 2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, fatto salvo quanto previsto per il personale della scuola dall'art. 40, il numero complessivo dei dipendenti in servizio e' valutato su basi statistiche omogenee, secondo criteri e parametri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Per l'anno 1998, il predetto decreto e' emanato entro il 31 gennaio dello stesso anno, con l'obiettivo della riduzione complessiva del personale in servizio alla data del 31 dicembre 1998, in misura non inferiore all'1 per cento rispetto al numero delle unita' in servizio al 31 dicembre 1997. Alla data del 31 dicembre 1999 viene assicurata una riduzione complessiva del personale in servizio in misura non inferiore all'1,5 per cento rispetto al numero delle unita' in servizio alla data del 31 dicembre 1997. Per l'anno 2000 e' assicurata una ulteriore riduzione non inferiore all'1 per cento rispetto al personale in servizio al 31 dicembre 1997. Per l'anno 2001 deve essere realizzata una riduzione di personale non inferiore all'1 per cento rispetto a quello in servizio al 31 dicembre 1997, fermi restando gli obiettivi di riduzione previsti per gli anni precedenti, e fatta salva la quota di riserva di cui all'art. 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68. Nell'ambito della programmazione e delle procedure di autorizzazione delle assunzioni, deve essere prioritariamente garantita l'immissione in servizio degli addetti a compiti di sicurezza pubblica e dei vincitori dei concorsi espletati alla data del 30 settembre 1999. 2-bis. Allo scopo di assicurare il rispetto delle percentuali annue di riduzione del personale di cui al comma 2, la programmazione delle assunzioni tiene conto dei risultati quantitativi raggiunti al termine dell'anno precedente, separatamente per i Ministeri e le altre amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, per gli enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unita', nonche' per le Forze armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Ai predetti fini i Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica riferiscono al Consiglio dei Ministri entro il primo bimestre di ogni anno. 3. Per consentire lo sviluppo dei processi di riqualificazione delle amministrazioni pubbliche connessi all'attuazione della riforma amministrativa, garantendo il rispetto degli obiettivi di riduzione programmata del personale, a decorrere dall'anno 2000 il Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, definisce preliminarmente le priorita' e le necessita' operative da soddisfare, tenuto conto in particolare delle correlate esigenze di introduzione di nuove professionalita'. In tale quadro, entro il primo semestre di ciascun anno, il Consiglio dei Ministri determina il numero massimo complessivo delle assunzioni delle amministrazioni di cui al comma 2 compatibile con gli obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle cessazioni dell'anno precedente. Le assunzioni restano comunque subordinate all'indisponibilita' di personale da trasferire secondo le vigenti procedure di mobilita' e possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che presentino le maggiori carenze di personale. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle assunzioni previste da norme speciali o derogatorie. 3-bis. A decorrere dall'anno 1999 la disciplina autorizzatoria di cui al comma 3 si applica alla generalita' delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e riguarda tutte le procedure di reclutamento e le nuove assunzioni di personale. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare a decorrere dallo stesso anno, entro il 31 gennaio, prevede criteri, modalita' e termini anche differenziati delle assunzioni da disporre rispetto a quelli indicati nel comma 3, allo scopo di tener conto delle peculiarita' e delle specifiche esigenze delle amministrazioni per il pieno adempimento dei compiti istituzionali. 3-ter. Al fine di garantire la coerenza con gli obiettivi di riforma organizzativa e riqualificazione funzionale delle amministrazioni interessate, le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai princi'pi di semplificazione e di funzionalita' rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. Le predette richieste sono sottoposte all'esame del Consiglio dei Ministri, ai fini dell'adozione di delibere con cadenza semestrale, previa istruttoria da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. L'istruttoria e' diretta a riscontrare le effettive esigenze di reperimento di nuovo personale e l'impraticabilita' di soluzioni alternative collegate a procedure di mobilita' o all'adozione di misure di razionalizzazione interna. Per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonche' per gli enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unita', i contratti integrativi sottoscritti, corredati da una apposita relazione tecnico-finanziaria riguardante gli oneri derivanti dall'applicazione della nuova classificazione del personale, certificato dai competenti organi di controllo, di cui all'art. 52, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, laddove operanti, sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la compatibilita' economico-finanziaria, ai sensi dell'art. 45, comma 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. Decorso tale termine, la delegazione di parte pubblica puo' procedere alla stipula del contratto integrativo. Nel caso in cui il riscontro abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative. 4. Nell'ambito della programmazione di cui ai commi da l a 3, si procede comunque all'assunzione di 3.800 unita' di personale, secondo le modalita' di cui ai commi da 5 a 15. 5. Per il potenziamento delle attivita' di controllo dell'amministrazione finanziaria si provvede con i criteri e le modalita' di cui al comma 8 all'assunzione di 2.400 unita' di personale. 6. Al fine di potenziare la vigilanza in materia di lavoro e previdenza, si provvede altresi' all'assunzione di 300 unita' di personale destinate al servizio ispettivo delle direzioni provinciali e regionali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e di 300 unita' di personale destinate all'attivita' dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, il predetto Istituto provvede a destinare un numero non inferiore di unita' al Servizio ispettivo. 7. Con regolamento da emanare su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono indicati i criteri e le modalita', nonche' i processi formativi, per disciplinare il passaggio, in ambito regionale, del personale delle amministrazioni dello Stato, anche in deroga alla normativa vigente in materia di mobilita' volontaria o concordata, al servizio ispettivo delle direzioni regionali e provinciali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. 8. Le assunzioni sono effettuate con i seguenti criteri e modalita': a) i concorsi sono espletati su base circoscrizionale corrispondente ai territori regionali ovvero provinciali, per la provincia autonoma di Trento, o compartimentale, in relazione all'articolazione periferica dei dipartimenti del Ministero delle finanze; b) il numero dei posti da mettere a concorso nella settima qualifica funzionale in ciascuna circoscrizione territoriale e' determinato sulla base della somma delle effettive vacanze di organico riscontrabili negli uffici aventi sede nella circoscrizione territoriale medesima, fatta eccezione per quelli ricompresi nel territorio della provincia autonoma di Bolzano, con riferimento ai profili professionali di settima, ottava e nona qualifica funzionale, ferma restando, per le ultime due qualifiche, la disponibilita' dei posti vacanti. Per il profilo professionale di ingegnere direttore la determinazione dei posti da mettere a concorso viene effettuata con le stesse modalita, avendo a riferimento il profilo professionale medesimo, e quello di ingegnere direttore coordinatore appartenente alla nona qualifica funzionale; c) i concorsi consistono in una prova attitudinale basata su una serie di quesiti a risposta multipla mirati all'accertamento del grado di cultura generale e specifica, nonche' delle attitudini ad acquisire le professionalita' specialistiche nei settori giuridico, tecnico, informatico, contabile, economico e finanziario, per svolgere le funzioni del corrispondente profilo professionale. I candidati che hanno superato positivamente la prova attitudinale sono ammessi a sostenere un colloquio interdisciplinare; d) la prova attitudinale deve svolgersi esclusivamente nell'ambito di ciascuna delle circoscrizioni territoriali; e) ciascun candidato puo' partecipare ad una sola procedura concorsuale. 9. Per le graduatorie dei concorsi si applicano le disposizioni dell'art. 11, commi settimo e ottavo, della legge 4 agosto 1975, n. 397, in materia di graduatoria unica nazionale, quelle dell'art. 10, ultimo comma, della stessa legge, con esclusione di qualsiasi effetto economico, nonche' quelle di cui al comma 2 dell'art. 43 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni. 10. Per assicurare forme piu' efficaci di contrasto e prevenzione del fenomeno dell'evasione fiscale, il Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze individua all'interno del contingente di cui all'art. 55, comma 2, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n. 287, due aree funzionali composte da personale di alta professionalita' destinato ad operare in sede regionale, nel settore dell'accertamento e del contenzioso. Nelle aree predette sono inseriti, previa specifica formazione da svolgersi in ambito periferico, il personale destinato al Dipartimento delle entrate ai sensi del comma 5, nonche' altri funzionari gia' addetti agli specifici settori, scelti sulla base della loro esperienza professionale e formativa, secondo criteri e modalita' di carattere oggettivo. 11. Dopo l'immissione in servizio del personale di cui al comma 5, si procede alla riduzione proporzionale delle dotazioni organiche delle qualifiche funzionali inferiori alla settima nella misura complessiva corrispondente al personale effettivamente assunto nel corso del 1998 ai sensi del comma 4, provvedendo separatamente per i singoli ruoli. 12. (Sostituisce il comma 47 dell'art. 1, della legge 23 dicembre 1996, n. 662). 13. Le graduatorie dei concorsi per esami, indetti ai sensi dell'art. 28, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, conservano validita' per un periodo di diciotto mesi dalla data della loro approvazione. 14. Per far fronte alle esigenze connesse con la salvaguardia dei beni culturali presenti nelle aree soggette a rischio sismico il Ministero per i beni culturali e ambientali, nell'osservanza di quanto disposto dai commi 1 e 2, e' autorizzato, nei limiti delle dotazioni organiche complessive, ad assumere 600 unita' di personale anche in eccedenza ai contingenti previsti per i singoli profili professionali, ferme restando le dotazioni di ciascuna qualifica funzionale. Le assunzioni sono effettuate tramite concorsi da espletare anche su base regionale mediante una prova attitudinale basata su una serie di quesiti a risposta multipla mirati all'accertamento del grado di cultura generale e specifica, nonche' delle attitudini ad acquisire le professionalita' specialistiche nei settori tecnico, scientifico, giuridico, contabile, informatico, per svolgere le funzioni del corrispondente profilo professionale. I candidati che hanno superato con esito positivo la prova attitudinale sono ammessi a sostenere un colloquio interdisciplinare. Costituisce titolo di preferenza la partecipazione per almeno un anno, in corrispondente professionalita', ai piani o progetti di cui all'art. 6 del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni, 15. Le amministrazioni dello Stato possono assumere, nel limite di 200 unita' complessive, con le procedure previste dal comma 3, personale dotato di alta professionalita', anche al di fuori della dotazione organica risultante dalla rilevazione dei carichi di lavoro prevista dall'art. 3, comma 5, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in ragione delle necessita' sopraggiunte alla predetta rilevazione, a seguito di provvedimenti legislativi di attribuzione di nuove e specifiche competenze alle stesse amministrazioni dello Stato. Si applicano per le assunzioni di cui al presente comma le disposizioni previste dai commi 8 e 11. 16. Le assunzioni di cui ai commi precedenti sono subordinate all'indisponibilita' di idonei in concorsi gia' espletati le cui graduatorie siano state approvate a decorrere dal 1o gennaio 1994 secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 4, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che richiama le disposizioni di cui all'art. 22, comma 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724. 17. Il termine del 31 dicembre 1997, previsto dall'art. 12, comma 3, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, in materia di attribuzione temporanea di mansioni superiori, e' ulteriormente differito alla data di entrata in vigore dei provvedimenti di revisione degli ordinamenti professionali e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1998. 18. Allo scopo di ridurre la spesa derivante da nuove assunzioni il Consiglio dei Ministri, con la determinazione da adottare ai sensi del comma 3, definisce, entro il primo semestre di ciascun anno, anche la percentuale del personale da assumere annualmente con contratto di lavoro a tempo parziale o altre tipologie contrattuali flessibili, salvo che per le Forze armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tale percentuale non puo' comunque essere inferiore al 50 per cento delle assunzioni autorizzate. Per le amministrazioni che non hanno raggiunto una quota di personale a tempo parziale pari almeno al 4 per cento del totale dei dipendenti, le assunzioni possono essere autorizzate, salvo motivate deroghe, esclusivamente con contratto a tempo parziale. L'eventuale trasformazione a tempo pieno puo' intervenire purche' cio' non comporti riduzione complessiva delle unita' con rapporto di lavoro a tempo parziale. 18-bis. E' consentito l'accesso ad un regime di impegno ridotto per il personale non sanitario con qualifica dirigenziale che non sia preposto alla tolarita' di uffici, con conseguenti effetti sul trattamento economico secondo criteri definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro. 19. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le universita' e gli enti di ricerca adeguano i propri ordinamenti ai princi'pi di cui al comma 1 finalizzandoli alla riduzione programmata delle spese di personale. 20. Gli enti pubblici non economici adottano le determinazioni necessarie per l'attuazione dei princi'pi di cui ai commi 1 e 18, adeguando, ove occorra, i propri ordinamenti con l'obiettivo di una riduzione delle spese per il personale. Agli enti pubblici non economici con organico superiore a 200 unita' si applica anche il disposto di cui ai commi 2 e 3. 20-bis. Le amministrazioni pubbliche alle quali non si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, fermo restando quanto previsto dai commi 19 e 20, programmano le proprie politiche di assunzioni adeguandosi ai princi'pi di riduzione complessiva della spesa di personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2-bis, 3, 3-bis e 3-ter, per quanto applicabili, realizzabili anche mediante l'incremento della quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della programmazione e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di funzioni e competenze. Per le universita' restano ferme le disposizioni dell'art. 51. 20-ter. Le ulteriori economie conseguenti all'applicazione del presente articolo, realizzate in ciascuna delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e presso gli enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unita', sono destinate, entro i limiti e con le modalita' di cui all'art. 43, comma 5, ai fondi per la contrattazione integrativa di cui ai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro ed alla retribuzione di risultato del personale dirigente. Con la medesima destinazione e ai sensi del predetto art. 43, comma 5, le amministrazioni e gli enti che abbiano proceduto a ridurre la propria consistenza di personale di una percentuale superiore allo 0,4 per cento rispetto agli obiettivi percentuali di riduzione annua di cui al comma 2 possono comunque utilizzare le maggiori economie conseguite. 21. Per le attivita' connesse all'attuazione del presente articolo, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica possono avvalersi di personale comandato da altre amministrazioni dello Stato, in deroga al contingente determinato ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, per un numero massimo di 25 unita'. 22. Al fine dell'attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e' autorizzata, in deroga ad ogni altra disposizione, ad avvalersi, per non piu' di un triennio, di un contingente integrativo di personale in posizione di comando o di fuori ruolo, fino ad un massimo di cinquanta unita', appartenente alle amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nonche' ad enti pubblici economici. Si applicano le disposizioni previste dall'art. 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Il personale di cui al presente comma mantiene il trattamento economico fondamentale delle amministrazioni o degli enti di appartenenza e i relativi oneri rimangono a carico di tali amministrazioni o enti. Al personale di cui al presente comma sono attribuiti l'indennita' e il trattamento economico accessorio spettanti al personale di ruolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, se piu' favorevoli. Il servizio prestato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e' valutabile ai fini della progressione della carriera e dei concorsi. 23. All'art. 9, comma 19, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, le parole: "31 dicembre 1997 sono sostituire dalle seguenti: "31 dicembre 1998 . Al comma 18 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come modificato dall'art. 6, comma 18, lettera c) della legge 15 maggio 1997, n. 127, le parole "31 dicembre 1997 sono sostituite dalle seguenti: "31 dicembre 1998 . L'eventuale trasformazione dei contratti previsti dalla citata legge n. 549 del 1995 avviene nell'ambito della programmazione di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo. 24. In deroga a quanto previsto dall'art. 1, comma 115, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, l'entita' complessiva di giovani iscritti alle liste di leva di cui all'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 237, da ammettere annualmente al servizio ausiliario di leva nelle Forze di polizia, e' incrementato di 3.000 unita', da assegnare alla Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri ed al Corpo della guardia di finanza, in proporzione alle rispettive dotazioni organiche. A decorrere dall'anno 1999 e' disposto un ulteriore incremento di 2.000 unita' da assegnare all'Arma dei carabinieri nell'ambito delle procedure di programmazione ed autorizzazione delle assunzioni di cui al presente articolo. 25. Al fine di incentivare la trasformazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici da tempo pieno a tempo parziale e garantendo in ogni caso che cio' non si ripercuota negativamente sulla funzionalita' degli enti pubblici con un basso numero di dipendenti, come i piccoli comuni e le comunita' montane, la contrattazione collettiva puo' prevedere che i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, nonche' ad altri istituti contrattuali non collegati alla durata della prestazione lavorativa siano applicati in favore del personale a tempo parziale anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato. I decreti di cui all'art. 1, comma 58-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, introdotto dall'art. 6 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, devono essere emanati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. In mancanza, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale puo' essere negata esclusivamente nel caso in cui l'attivita' che il dipendente intende svolgere sia in palese contrasto con quella svolta presso l'amministrazione di appartenenza o in concorrenza con essa, con motivato provvedimento emanato d'intesa fra l'amministrazione di appartenenza e la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica. 26. Le domande di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, respinte prima della data di entrata in vigore della presente legge, sono riesaminate d'ufficio secondo i criteri e le modalita' indicati al comma 25, tenendo conto dell'attualita' dell'interesse del dipendente. 27. Le disposizioni dell'art. 1, commi 58 e 59, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale, si applicano al personale dipendente delle regioni e degli enti locali finche' non diversamente disposto da ciascun ente con proprio atto normativo. 28. Nell'esercizio dei compiti attribuiti dall'art. 1, comma 62, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, il Corpo della guardia di finanza agisce avvalendosi dei poteri di polizia tributaria previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Nel corso delle verifiche previste dall'art. 1, comma 62, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, non e' opponibile il segreto d'ufficio".
|
| Art. 9. (Uso della lingua slovena negli organi elettivi)
1. Negli organi collegiali e nelle assemblee elettive aventi sede nei territori di cui all'articolo 4 e' riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena negli interventi orali e scritti, nonche' nella presentazione di proposte, mozioni, interrogazioni ed interpellanze, compresa l'eventuale attivita' di verbalizzazione. Le relative modalita' di attuazione sono stabilite dagli statuti e dai regolamenti degli organi elettivi. 2. A cura dell'amministrazione competente si provvede alla traduzione contestuale in lingua italiana sia degli interventi orali sia di quelli scritti. 3. I componenti degli organi e delle assemblee elettive possono svolgere le pubbliche funzioni di cui sono eventualmente incaricati anche in lingua slovena, a richiesta degli interessati. 4. Nei rapporti tra i pubblici uffici situati nei territori di cui all'articolo 4 e' ammesso l'uso congiunto della lingua slovena con la lingua italiana. |
| Art. 10. (Insegne pubbliche e toponomastica)
1. Con decreto del presidente della giunta regionale, sulla base della proposta del Comitato e sentiti gli enti interessati, sono individuati, sulla base della tabella di cui all'articolo 4, i comuni, le frazioni di comune, le localita' e gli enti in cui l'uso della lingua slovena e' previsto in aggiunta a quella italiana nelle insegne degli uffici pubblici, nella carta ufficiale e, in genere, in tutte le insegne pubbliche, nonche' nei gonfaloni. Le stesse disposizioni si applicano anche per le indicazioni toponomastiche e per la segnaletica stradale. 2. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 128 milioni annue per gli anni dal 2001 al 2005. |
| Art. 11. (Scuole pubbliche con lingua di insegnamento slovena)
1. Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle leggi 19 luglio 1961, n. 1012, e 22 dicembre 1973, n. 932. All'articolo 2, commi primo e secondo, della legge 22 dicembre 1973, n. 932, dopo le parole: "di lingua materna slovena" sono inserite le seguenti: "o con piena conoscenza della lingua slovena". 2. Fermo restando quanto stabilito dal terzo comma dell'articolo 1 della legge 19 luglio 1961, n. 1012, per la riorganizzazione delle scuole con lingua di insegnamento slovena si procede secondo le modalita' operative stabilite dagli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233, e nel rispetto delle competenze previste dagli articoli 137, 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sentita la Commissione scolastica regionale per l'istruzione in lingua slovena di cui all'articolo 13, comma 3, della presente legge. 3. All'articolo 4 della legge 19 luglio 1961, n. 1012, sono aggiunte, in fine, le parole: "sentita la Commissione scolastica regionale per l'istruzione in lingua slovena". 4. Nell'ordinamento delle scuole con lingua di insegnamento slovena e' ammesso l'uso della lingua slovena nei rapporti con l'amministrazione scolastica, negli atti e nelle comunicazioni, nella carta ufficiale e nelle insegne pubbliche. 5. A decorrere dal 1º gennaio 2001, l'importo del fondo di cui all'articolo 8 della legge 22 dicembre 1973, n. 932, e' aumentato a lire 250 milioni annue. Il fondo puo' essere utilizzato anche per compensi relativi alla redazione e stampa di dispense scolastiche ed altro materiale didattico, nonche' a favore di autori di testi e dispense che non siano cittadini italiani appartenenti all'area culturale slovena. La gestione del fondo, la definizione dei criteri per la sua utilizzazione, anche attraverso piani di spesa pluriennali, e la proposta per la sua periodica rivalutazione sono di competenza della Commissione di cui all'articolo 13, comma 3. Per le finalita' di cui al presente comma e' autorizzata la spesa massima di lire 155,5 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.
Note all'art. 11: - Il testo dell'art. 2, della legge 22 dicembre 1973, n. 932 (Modificazioni e interazioni della legge 19 luglio 1961, n. 1012, riguardante l'istituzione di scuole con lingua di insegnamenti slovena nelle province di Trieste e Gorizia) come modificato dalla legge qui pubblicata, e' il seguente: "2. I posti di ispettore scolastico, di cui alla lettera a) dell'art. 1, sono conferiti mediante concorso per titoli, riservato a candidati di lingua materna slovena, bandito dal Ministero della pubblica istruzione con la osservanza delle norme vigenti in materia per i concorsi per titoli a posti di ispettore scolastico. I posti di direttore didattico, di cui alla lettera b) dell'art. 1, sono conferiti mediante concorso per esami e titoli, riservato a candidati di lingua materna slovena o con piena conoscenza della lingua slovena, bandito dal Ministero della pubblica istruzione con la osservanza delle norme vigenti in materia per i concorsi per esami e titoli a posti di direttore didattico. Il tema di cultura generale e' svolto in lingua slovena, quello di legislazione scolastica in lingua italiana. Nella prima applicazione della presente legge ed entro tre mesi dalla sua entrata in vigore, sara' indetto un concorso per titoli, integrato da un colloquio, a posti di direttore didattico, riservato a candidati di lingua slovena o con piena conoscenza della lingua slovena che abbiano avuto per non meno di due anni l'incarico della direzione didattica e che da almeno otto anni siano insegnanti elementari di ruolo. Entro due anni sara' indetto un concorso per titoli, da espletarsi entro i successivi sei mesi, a posti di ispettore scolastico, riservato ai direttori didattici di lingua materna slovena ivi compresi i vincitori del concorso direttivo del concorso direttivo riservato di cui al precedente comma, prescindendo dal requisito dell'anzianita' minima di servizio richiesto dalle norme vigenti. Coloro che, nei concorsi a posti di direttore didattico di cui ai precedenti commi, risultino compresi nella graduatoria di merito senza conseguire la nomina in ruolo, sono iscritti in una graduatoria permanente da utilizzare con le modalita' stabilite dalla legge 23 maggio 1964, n. 380, e successive modificazioni. Fino all'espletamento dei concorsi indicati nel presente articolo, per la copertura dei posti di cui alle lettere a) e b) dell'art. 1, continuera' ad applicarsi l'art. 6 della legge 19 luglio 1961, n. 1012". - Il testo dell'art. 1, comma 3, della legge 19 luglio 1961, n. 1012 (Disciplina delle istituzioni scolastiche nella provincia di Gorizia e nel territorio di Trieste), e' il seguente: "3. All'istituzione ed all'eventuale soppressione delle scuole con lingua di insegnamento slovena si provvede con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la pubblica istruzione, di concerto con quello per il tesoro". - Il testo degli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica, 18 giugno 1998, n. 233 (Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti a norma dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e' il seguente: "Art. 2 (Parametri). - 1. L'autonomia amministrativa, organizzativa, didattica e di ricerca e progettazione educativa e' riconosciuta alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, ivi comprese quelle gia' dotate di personalita' giuridica, che raggiungono dimensioni idonee a garantire l'equilibrio ottimale tra domanda di istruzione e organizzazione dell'offerta formativa. A tal fine sono definiti, a norma dell'art. 3, gli ambiti territoriali, di ampiezza differenziata a seconda del grado di istruzione, nei quali va assicurata la permanenza e la stabilita' delle suddette istituzioni, con particolare riguardo alle caratteristiche demografiche, geografiche, economiche, socio-culturali del territorio, nonche' alla sua organizzazione politico-amministrativa. 2. Ai fini indicati al comma 1, per acquisire o mantenere la personalita' giuridica gli istituti di istruzione devono avere, di norma, una popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni; tali indici sono assunti come termini di riferimento per assicurare l'ottimale impiego delle risorse professionali e strumentali. 3. Nelle piccole isole, nei comuni montati, nonche' nelle aree geografiche contraddistinte da specificita' etniche o linguistiche, gli indici di riferimento previsti dal comma 2 possono essere ridotti fino a 300 alunni per gli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media, o per gli istituti di istruzione secondaria superiore che comprendono corsi o sezioni di diverso ordine o tipo, previsti dal comma 6; nelle localita' sopra indicate che si trovino in condizioni di particolare isolamento possono, altresi', essere costituiti istituti comprensivi di scuole di ogni ordine e grado. L'indice massimo di cui al comma 2 puo' essere superato nelle aree ad alta densita' demografica, con particolare riguardo agli istituti di istruzione secondaria con finalita' formative che richiedono beni strutturali, laboratori ed officine di alto valore artistico o tecnologico. 4. Nell'ambito degli indici, minimo e massimo stabiliti dal comma 2, la dimensione ottimale di ciascuna istituzione scolastica e' definita in relazione agli elementi di seguito indicati: a) consistenza della popolazione scolastica residente nell'area territoriale di pertinenza, con riferimento a ciascun grado, ordine e tipo di scuola contemplato dall'ordinamento scolastico vigente; b) caratteristiche demografiche, orografiche, economiche e socio-culturali del bacino di utenza; c) estensione dei fenomeni di devianza giovanile e criminalita' minorile; d) complessita' di direzione, gestione e organizzazione didattica, con riguardo alla pluralita' di gradi di scuole o indirizzi di studio coesistenti nella stessa istituzione, ivi comprese le attivita' di educazione permanente, di istruzione degli adulti e di perfezionamento o specializzazione, nonche' alla conduzione di aziende agrarie, convitti annessi, officine e laboratori ad alta specializzazione o con rilevante specificita'. 5. Qualora le singole scuole non raggiungano gli indici di riferimento sopra indicati sono unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso grado comprese nel medesimo ambito territoriale o verticalmente in istituti comprensivi, a seconda delle esigenze educative del territorio e nel rispetto della progettualita' territoriale. 6. Per garantire la permanenza, negli ambiti territoriali definiti ai sensi dell'art. 3, di scuole che non raggiungono, da sole o unificate con scuole dello stesso grado, dimensioni ottimali, sono costituiti istituti di istruzione comprensivi di scuola materna, elementare e media. Allo stesso fine e per assicurare la piu' efficace corrispondenza tra gli istituti di istruzione secondaria superiore e le caratteristiche del territorio di riferimento, nonche' tra la necessaria varieta' dei percorsi formativi proposti da ciascun istituto e la domanda di istruzione espressa dalla popolazione scolastica, si procede alla unificazione di istituti di diverso ordine o tipo che non raggiungono, separatamente, le dimensioni ottimali e insistono sullo stesso bacino d'utenza, ivi comprese le sezioni staccate e scuole coordinate dipendenti da istituti posti in localita' distanti e compresi in altri ambiti territoriali di riferimento; tali istituzioni assumono la denominazione di istituto di istruzione secondaria superiore. 7. Nelle province il cui territorio e' per almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilita' statale e provinciale siano disagevoli e in cui vi sia dispersione e rarefazione di insediamenti abitativi sono concesse deroghe automatiche agli indici di riferimento previsti dal comma 2, anche sulla base di criteri preventivamente stabiliti dalle regioni, in sede di conferenza provinciale convocata a norma dell'art. 3. 8. Gli indici minimi di riferimento previsti dal comma 3 sono applicabili anche agli istituti secondari di istruzione artistica, professionale e tecnica con indirizzi formativi particolarmente specializzati e a diffusione limitata nell'ambito nazionale e regionale. 9. Le disposizioni contenute nei commi 3, 4, 5, 6 e 8 non si applicano alle scuole e istituti di istruzione statali con lingua d'insegnamento slovena. A tali scuole sara' attribuita l'autonomia scolastica ai fini dell'esercizio del diritto allo studio, anche in assenza dei parametri minimi di cui all'art. 2, comma 3, e sulla base della distribuzione territoriale degli allievi che le frequentano. Nell'attribuire l'autonomia alle scuole con lingua d'insegnamento italiana, site negli stessi ambiti territoriali, le conferenze provinciali terranno conto delle decisioni assunte nei confronti delle scuole con lingua d'insegnamento slovena. 10. Gli indici di riferimento previsti dai commi 3, 5, 6 e 8 si applicano agli istituti di istruzione che comprendono scuole con particolari finalita', funzionanti ai sensi dell'art. 324 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con il dovuto riguardo alle specifiche esigenze formative degli alunni frequentanti le suddette scuole". "Art. 3 (Piani provinciali di dimensionamento). - 1. I piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche previsti dall'art. 21, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, al fine dell'attribuzione dell'autonomia e personalita' giuridica, sono definiti in conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel rispetto degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali, riferiti anche agli ambiti territoriali, preventivamente adottati dalle regioni. 2. Entro il 31 ottobre 1998 il presidente della provincia, anche in assenza degli indirizzi e dei criteri di cui al comma 1, convoca la conferenza provinciale alla quale partecipano, oltre alla provincia, i comuni e le comunita' montane; ad essa partecipano di diritto il dirigente competente dell'amministrazione periferica della pubblica istruzione e il presidente del consiglio scolastico provinciale, assicurando il coinvolgimento di tutti i soggetti scolastici interessati. Ove il presidente della provincia non provveda tempestivamente alla convocazione, questa puo' essere fatta dal sindaco del comune capoluogo di provincia o, in mancanza, dal dirigente del competente ufficio periferico dell'amministrazione scolastica. 3. Nella prima riunione sono determinate le modalita' operative per la predisposizione e la successiva discussione e definizione delle proposte avanzate dai soggetti partecipanti alla conferenza provinciale, compresi i criteri per la promozione di incontri e accordi per ambiti territoriali ristretti. 4. Gli ambiti territoriali di riferimento e le dimensioni ottimali delle istituzioni scolastiche sono individuati dalle conferenze previste dai precedenti commi. 5. I dirigenti competenti dell'amministrazione periferica della pubblica istruzione predispongono la documentazione necessaria per la conferenza provinciale di organizzazione, con tutti gli opportuni elementi di informazione; gli stessi dirigenti, altresi', acquisiscono e comunicano alle conferenze provinciali di cui al comma 3 eventuali parti e proposte dei consigli scolastici distrettuali e degli organi collegiali degli istituti d'istruzione interessati. I dati, i documenti e le informazioni di cui sopra, unitamente alle proposte formulate, sono contemporaneamente trasmessi alle regioni e ai consigli provinciali e distrettuali competenti per territorio. 6. Il piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e' approvato dalle conferenze provinciali entro il 31 dicembre 1998, anche in assenza degli indirizzi e dei criteri di cui al comma 1. 7. I piani contengono anche proposte specifiche per le zone di confine tra province e regioni, allo scopo di garantire le migliori condizioni di fruibilita' del servizio scolastico. 8. Le regioni approvano il piano regionale di dimensionamento entro il 28 febbraio 1999, sulla base del piani provinciali assicurandone il coordinamento, nel rispetto degli organici prestabiliti, ai sensi dell'art. 5, comma 1, e dei parametri di riferimento previsti dall'art. 2. Le regioni deliberano sui casi previsti dal comma 7, previa intesa, ove necessario, con le regioni confinanti. 9. I piani, possono essere modificati nel corso dell'anno successivo alla loro approvazione e hanno, comunque, completa e definitiva attuazione entro l'inizio dell'anno scolastico 2000-2001". "Art. 4 (Attribuzione della personalita' giuridica e dell'autonomia). - 1. I dirigenti dell'amministrazione scolastica periferica adottano, in attuazione dei piani approvati dalle regioni, i provvedimenti conseguenti, ivi compresi quelli di riconoscimento dell'autonomia alle singole istituzioni scolastiche e di attribuzione della personalita' giuridica alle istituzioni scolastiche che ne siano prive. 2. Agli enti locali e' attribuita ogni competenza in materia di soppressione, istituzione, trasferimento di sedi, plessi, unita' delle istituzioni scolastiche che abbiano ottenuto la personalita' giuridica e l'autonomia. Tale competenza e' esercitata su proposta e, comunque previa intesa, con le istituzioni scolastiche interessate con particolare riguardo al raggiungimento delle finalita' di cui all'art. 1, comma 2, nel rispetto delle competenze di cui all'art. 137 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112". "Art. 5 (Organici pluriennali). - 1. La consistenza complessiva degli organici del personale della scuola, ivi compresi i dirigenti scolastici, predeterminata a livello nazionale per il triennio 1998-2000 a norma delle vigenti disposizioni, e' articolata su base regionale e ripartita per aree provinciali o sub-provinciali. Le successive rideterminazioni sono attuate ai sensi della normativa in vigore, in relazione alle funzioni di programmazione e riorganizzazione della rete scolastica attribuite alle regioni dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, tenendo conto: a) del numero degli alunni previsti, distinti per eta' e per ordine e grado di scuole; b) del numero degli istituti previsti, delle loro dimensioni e dell'articolazione delle stesse istituzioni sul territorio; c) delle caratteristiche demografiche e orografiche di ciascuna regione; d) degli indici di disagio economico e socio-culturale; e) degli obiettivi correlati all'economia regionale e all'evoluzione del mercato del lavoro; f) della distribuzione per ambiti disciplinari del personale in servizio. 2. Entro il limite della dotazione organica provinciale complessiva l'organico funzionale di ciascuna istituzione scolastica e' definito dai dirigenti dell'amministrazione scolastica periferica, in conformita' ai criteri e ai parametri generali stabiliti a norma del comma 1, sulla base dei seguenti dati di riferimento ed elementi di valutazione: a) numero degli alunni e delle classi previste, distinti per anno di corso e indirizzo di studi; b) insegnamenti da impartire nelle classi previste in relazione agli obiettivi formativi previsti dai corrispondenti curricoli; c) esigenze di sostegno degli alunni portatori di handicap; d) attivita' didattiche finalizzate al recupero della dispersione scolastica e degli insuccessi formativi, alla sperimentazione di nuovi metodi didattici e di nuovi ordinamenti e strutture curricolari, all'adattamento dei percorsi formativi, secondo criteri di flessibilita' e modularita', alle esigenze di personalizzazione dei processi di apprendimento, alle caratteristiche dell'economia regionale o locale e all'evoluzione del mercato del lavoro; e) azioni di supporto socio-psico-pedagogico, organizzativo e gestionale, di ricerca educativa e scientifica di orientamento scolastico e professionale e di valutazione dei processi formativi, tenuto conto anche dell'eventuale articolazione della funzione docente sulla base di particolari profili di specializzazione; f) esigenze specifiche delle istituzioni che operano in zone a rischio di devianza giovanile e criminalita' minorile, ovvero nelle comunita' montane e nelle piccole isole; g) prevedibili necessita' di copertura dei posti di insegnamento vacanti e di sostituzione degli insegnanti assenti per periodi di durata inferiore all'intero anno scolastico. 3. Le risorse umane necessarie per le finalita' indicate alle lettere d), e), f) e g) del comma 2, sono attribuite alle singole istituzioni scolastiche o a reti di scuole, anche sulla base delle richieste e dei progetti formativi delle stesse istituzioni. 4. Nei limiti delle dotazioni organiche assegnate i dirigenti scolastici, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali della scuola, procedono alla formazione delle classi e, in conformita' ai princi'pi e criteri stabiliti con la contrattazione collettiva decentrata a livello nazionale e territoriale, attribuiscono ai singoli docenti le funzioni da svolgere. 5. Le scuole annesse ad istituti di educazione statale non hanno personalita' giuridica distinta dagli istituti di appartenenza. La dotazione organica di istituto relativa alle suddette scuole, considerata nella sua entita' complessiva, e' determinata ai sensi dei commi 1 e 2. 6. Gli organici di cui al comma 1, per le scuole e gli istituti di istruzione statali in lingua slovena delle province di Gorizia e Trieste sono separatamente determinati e distinti dall'organico complessivo riferito alla regione di appartenenza". "Art. 6 (Dotazione finanziaria di istituto). - 1. Gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero della pubblica istruzione per il funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni scolastiche sono ripartiti, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, su base regionale, in proporzione alla popolazione scolastica e al numero di istituti di istruzione. Essi sono articolati a livello provinciale o subprovinciale e sono distinti in assegnazioni ordinarie e perequative. Le assegnazioni perequative sono calcolate in relazione alle condizioni demografiche, orografiche, economiche e socio-culturali del territorio. Sui criteri di ripartizione delle assegnazioni perequative e' sentito il parere della Conferenza unificata Stato-regioni-citta' e autonomie locali. 2. Le dotazioni finanziarie determinate ai sensi del comma l sono assegnate alle singole istituzioni dai dirigenti degli uffici periferici dell'amministrazione scolastica, in conformita' ai criteri generali e agli indici di riferimento fissati dal decreto di cui allo stesso comma 1. 3. Le istituzioni scolastiche utilizzano le risorse finanziarie a loro assegnate senza altro vincolo di destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attivita' di istruzione, di formazione e di orientamento proprie di ciascun grado, ordine e tipo di scuola, nel rispetto delle competenze attribuite, nelle stesse materie, alle regioni e agli enti locali con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 4. Le disposizioni del presente articolo non escludono l'apporto di ulteriori risorse finanziarie da parte dello Stato, delle regioni, degli enti locali, di altri enti e di privati per l'attuazione di progetti promossi e finanziati con risorse a destinazione specifica. 5. Lo Stato, le regioni, gli enti locali, le istituzioni scolastiche ed altri soggetti pubblici e privati possono stipulare accordi di programma per la gestione di attivita' previste dai commi 3 e 4". - Il testo degli articoli 137, 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), e' il seguente: "Art. 137 (Competenze dello Stato). - 1. Restano allo Stato, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59, i compiti e le funzioni concernenti i criteri e i parametri per l'organizzazione della rete scolastica, previo parere della Conferenza unificata, le funzioni di valutazione del sistema scolastico, le funzioni relative alla determinazione e all'assegnazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato e del personale alle istituzioni scolastiche, le funzioni di cui all'art. 138, comma 3, del presente decreto legislativo. 2. Restano altresi' allo Stato i compiti e le funzioni amministrative relativi alle scuole militari ed ai corsi scolastici organizzati, con il patrocinio dello Stato, nell'ambito delle attivita' attinenti alla difesa e alla sicurezza pubblica, nonche' i provvedimenti relativi agli organismi scolastici istituiti da soggetti extracomunitari, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389". "Art. 138 (Deleghe alle regioni). - 1. Ai sensi dell'art. 118, comma secondo, della Costituzione, sono delegate alle regioni le seguenti funzioni amministrative: a) la programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; b) la programmazione sul piano regionale, nei limiti delle disponibilita' di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a); c) la suddivisione, sulla base anche delle proposte degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa; d) la determinazione del calendario scolastico; e) i contributi alle scuole non statali; f) le iniziative e le attivita' di promozione relative all'ambito delle funzioni conferite. 2. La delega delle funzioni di cui al comma 1 opera dal secondo anno scolastico immediatamente successivo alla data di entrata in vigore del regolamento di riordino delle strutture dell'amministrazione centrale e periferica, di cui all'art. 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 3. Le deleghe di cui al presente articolo non riguardano le funzioni relative ai conservatori di musica, alle accademie di belle arti, agli istituti superiori per le industrie artistiche, all'accademia nazionale d'arte drammatica, all'accademia nazionale di danza, nonche' alle scuole ed alle istituzioni culturali straniere in Italia". "Art. 139 (Trasferimenti alle province ed ai comuni). - 1. Salvo quanto previsto dall'art. 137 del presente decreto legislativo, ai sensi dell'art. 128 della Costituzione sono attribuiti alle province, in relazione all'istruzione secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti: a) l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione; b) la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; c) i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio; d) il piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d'intesa con le istituzioni scolastiche; e) la sospensione delle lezioni in casi gravi e urgenti; f) le iniziative e le attivita' di promozione relative all'ambito delle funzioni conferite; g) la costituzione, i controlli e la vigilanza, ivi compreso lo scioglimento, sugli organi collegiali scolastici a livello territoriale. 2. I comuni, anche in collaborazione con le comunita' montane e le province, ciascuno in relazione ai gradi di istruzione di propria competenza, esercitano, anche d'intesa con le istituzioni scolastiche, iniziative relative a: a) educazione degli adulti; b) interventi integrati di orientamento scolastico e professionale; c) azioni tese o realizzare le pari opportunita' di istruzione; d) azioni di supporto tese a promuovere e sostenere la coerenza e la continuita' in verticale e orizzontale tra i diversi gradi e ordini di scuola; e) interventi perequativi; f) interventi integrati di prevenzione della dispersione scolastica e di educazione alla salute. 3. La risoluzione dei conflitti di competenze e' conferita alle province, ad eccezione dei conflitti tra istituzioni della scuola materna e primaria, la cui risoluzione e' conferita ai comuni". - Il testo dell'art. 8 della citata legge n. 932 del 1973 e' il seguente: "Art. 8. - Per la compilazione o la traduzione e la stampa di libri di testo per gli istituti superiori con lingua di insegnamento slovena nonche' per la stampa di libri di testo in lingua slovena per la scuola dell'obbligo e' costituito un fondo annuo dl lire 105 milioni che il Ministero della pubblica istruzione accreditera' al sovrintendente scolastico per la regione Friuli-Venezia Giulia. La dotazione del fondo potra' essere integrata con i contributi eventualmente disposti dalla regione Friuli-Venezia Giulia e dagli enti locali nella cui circoscrizione territoriale siano compresi le scuole e gli istituti di cui al comma precedente".
|
| Art. 12. (Disposizioni per la provincia di Udine)
1. Nelle scuole materne site nei comuni della provincia di Udine compresi nella tabella di cui all'articolo 4, la programmazione educativa comprendera' anche argomenti relativi alle tradizioni, alla lingua ed alla cultura locali da svolgere anche in lingua slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 2. Negli istituti di istruzione obbligatoria siti nei comuni di cui al comma 1 l'insegnamento della lingua slovena, della storia e delle tradizioni culturali e linguistiche locali e' compreso nell'orario curricolare obbligatorio determinato dagli stessi istituti nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica di cui all'articolo 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Detti istituti deliberano le modalita' di svolgimento delle suddette attivita' curricolari, stabilendone i tempi e le metodologie, nonche' i criteri di valutazione degli alunni e le modalita' d'impiego dei docenti qualificati. Al momento della preiscrizione i genitori comunicano alla istituzione scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri figli dell'insegnamento della lingua della minoranza. 3. Nelle scuole secondarie delle province di Trieste, Gorizia e Udine, frequentate da alunni provenienti dai comuni di cui al comma 1, possono essere istituiti corsi opzionali di lingua slovena anche in deroga al numero minimo di alunni previsto dall'ordinamento scolastico. 4. Il Ministro della pubblica istruzione, sentita la Commissione di cui all'articolo 13, comma 3, fissa con proprio decreto, per le attivita' curricolari di cui al comma 2, gli obiettivi generali e specifici del processo di apprendimento e gli standard relativi alla qualita' del servizio, definendo i requisiti per la nomina degli insegnanti. 5. La scuola materna privata e la scuola elementare parificata con insegnamento bilingue sloveno-italiano, gestite dall'Istituto per l'istruzione slovena di San Pietro al Natisone in provincia di Udine, sono riconosciute come scuole statali. Alle predette scuole si applicano le disposizioni di legge e regolamentari vigenti per le corrispondenti scuole statali. Per le finalita' di cui al presente comma e' autorizzata la spesa massima di lire 1.436 milioni annue a decorrere dall'anno 2001. 6. Nei comuni della provincia di Udine compresi nella tabella di cui all'articolo 4 e' prevista l'istituzione, sentito il Comitato e secondo le modalita' operative di cui al comma 2 dell'articolo 11, di scuole statali bilingui o con sezioni di esse, con insegnamento nelle lingue italiana e slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Le misure da adottare per il funzionamento di tali scuole sono predisposte sentita la Commissione di cui all'articolo 13, comma 3. 7. Le iniziative previste dal comma 2 sono realizzate dalle istituzioni scolastiche autonome, avvalendosi delle risorse umane a disposizione, della dotazione finanziaria attribuita ai sensi dell'articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonche' delle risorse aggiuntive reperibili con convenzioni, prevedendo tra le priorita' stabilite dal medesimo comma 5 quelle di cui alla presente legge.
Note all'art. 12: - Il testo dell'art. 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e' il seguente: "8. L'autonomia organizzativa e' finalizzata alla realizzazione della flessibilita', della diversificazione, dell'efficienza e dell'efficacia del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all'introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli in materia di unita' oraria della lezione, dell'unitarieta' del gruppo classe e delle modalita' di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalita' di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di attivita' didattica annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione dell'attivita' didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi che possono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di un'apposita programmazione plurisettimanale. 9. L'autonomia didattica e' finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della liberta' di insegnamento, della liberta' di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralita' di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di liberta' progettuale, compresa l'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di quanto disposto dall'art. 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono definiti criteri per la determinazione degli organici funzionali di istituto, fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attivita' indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l'obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttivita' scolastica e del raggiungimento degli obiettivi". - Il testo dell'art. 21, comma 5, della citata legge n. 59 del 1997, e' il seguente: "5. La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche gia' in possesso di personalita' giuridica e di quelle che l'acquistano ai sensi del comma 4 e' costituita dall'assegnazione dello Stato per il funzionamento amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e assegnazione perequativa. Tale dotazione finanziaria e' attribuita senza altro vincolo di destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attivita' di istruzione, di formazione e di orientamento proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola".
|
| Art. 13. (Organi per l'amministrazione scolastica)
1. Per la trattazione degli affari riguardanti l'istruzione in lingua slovena, presso l'ufficio scolastico regionale del Friuli-Venezia Giulia e' istituito uno speciale ufficio diretto da un dirigente regionale nominato dal Ministro della pubblica istruzione tra il personale dirigenziale dei ruoli dell'amministrazione scolastica centrale e periferica e tra i dirigenti scolastici delle scuole con lingua di insegnamento slovena. Tale ufficio provvede a gestire i ruoli del personale delle scuole e degli istituti con lingua di insegnamento slovena. 2. Al personale dell'ufficio di cui al comma 1 e' richiesta la piena conoscenza della lingua slovena. 3. Al fine di soddisfare le esigenze di autonomia dell'istruzione in lingua slovena e' istituita la Commissione scolastica regionale per l'istruzione in lingua slovena, presieduta dal dirigente regionale di cui al comma 1. La composizione della Commissione, le modalita' di nomina ed il suo funzionamento sono disciplinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Comitato, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. La Commissione di cui al presente comma sostituisce quella prevista dall'articolo 9 della legge 22 dicembre 1973, n. 932, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 24 della presente legge. 4. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 895 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.
Nota all'art. 13: - Il testo dell'art. 9 della citata legge n. 932 del 1973 e' il seguente: "Art. 9. - Per i problemi riguardanti il funzionamento delle scuole con lingua d'insegnamento slovena il sovrintendente scolastico della regione Friuli-Venezia Giulia e' assistito da una commissione da lui nominata e composta: a) dai provveditori agli studi di Trieste e Gorizia o dai loro rispettivi delegati; b) da due presidi, di cui uno della scuola secondaria di primo grado, un ispettore scolastico, un direttore didattico e tre insegnanti, di cui uno della scuola elementare, uno della scuola media e uno della scuola media superiore, di lingua slovena, proposti dal personale insegnante e direttivo delle rispettive scuole; c) da cinque cittadini italiani di lingua slovena, dei quali tre designati dal consiglio provinciale di Trieste e due da quello di Gorizia, con voto limitato".
|
| Art. 14. (Istituto regionale di ricerca educativa)
1. Ai sensi dell'articolo 288 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e' istituita apposita sezione dell'istituto regionale di ricerca educativa per il Friuli-Venezia Giulia con competenza per le scuole con lingua di insegnamento slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. La composizione della sezione e il suo funzionamento sono disciplinati ai sensi del regolamento di riordino degli istituti regionali di ricerca educativa, previsto dall'articolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dall'articolo 76 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sentita la Commissione di cui all'articolo 13, comma 3.
Note all'art. 14: - Il testo dell'art. 288 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), e' il seguente: "Art. 288 (Articolazione interna degli istituti regionali). - 1. Gli istituti regionali si articolano in sezioni per la scuola materna, per la scuola elementare, per la scuola media, per la scuola secondaria superiore e per l'istruzione artistica, per le attivita' di educazione permanente, ed in servizi comuni di documentazione e di informazione, di metodi e tecniche della ricerca sperimentale e di organizzazione delle attivita' di aggiornamento. La sezione dell'istruzione artistica e' competente anche per i licei artistici e gli istituti d'arte. 2. Le sezioni operano unitariamente per materie e attivita' di interesse comune". - Il testo dell'art. 21, comma 10, della citata legge n. 59 del 1997, e' il seguente: "10. Nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica le istituzioni scolastiche realizzano, sia singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti dell'offerta formativa che prevedano anche percorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dell'abbandono e della dispersione scolastica, iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari e, nell'ambito di accordi tra le regioni e l'amministrazione scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa. Gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, il Centro europeo dell'educazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e le scuole ed istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo III, del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati come enti finalizzati al supporto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche autonome". - Il testo dell'art. 76 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e' il seguente: "Art. 76 (Riordino degli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativo). - 1. Gli Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi (IRRSAE) sono trasformati in Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE). Tali istituti sono enti strumentali, con personalita' giuridica, dell'amministrazione della pubblica istruzione che, nel quadro degli interventi programmati dagli uffici scolastici di ambito regionale e delle iniziative di innovazione degli ordinamenti scolastici, svolgono funzioni di supporto agli uffici dell'amministrazione, anche di livello sub-regionale, alle istituzioni scolastiche, alle loro reti e consorzi, ai sensi dell'art. 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Gli IRRE operano in coordinamento e collaborazione con l'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa, l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione, le universita' e con le altre agenzie educative. 2. Gli istituti di cui al comma 1 per l'espletamento delle loro funzioni sono dotati di autonomia amministrativa e contabile. Essi svolgono attivita' di ricerca nell'ambito didattico-pedagogico e nell'ambito della formazione del personale della scuola, e si coordinano con l'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa, con le universita' e con le altre agenzie formative. 3. L'organizzazione amministrativa, organizzativa e finanziaria degli IRRE e' definita dall'apposito regolamento di cui all'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che ne individua gli organi di direzione, scientifici e di controllo e i relativi poteri, le risorse di personale e finanziarie e definisce i raccordi con l'amministrazione regionale. Si applica l'art. 19 della legge 15 marzo 1997, n. 59.".
|
| Art. 15. (Istruzione musicale)
1. Con decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e' istituita, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la sezione autonoma con lingua di insegnamento slovena del conservatorio di musica "Giuseppe Tartini" di Trieste. Con il medesimo decreto sono stabiliti i relativi organici del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario ed i relativi specifici ruoli; per un triennio su e da tali cattedre non sono consentiti trasferimenti e passaggi. L'attuale organico di diritto del conservatorio di musica "Giuseppe Tartini" resta fermo per un triennio, fatta salva l'attivazione di nuovi insegnamenti e scuole nonche' la definitiva stabilizzazione del corso di lingua italiana per stranieri. 2. Con ordinanza del Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica saranno fissate le modalita' di funzionamento e le materie della sezione autonoma di cui al comma 1, nonche' le modalita' di reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario. Ai fini del reclutamento del personale docente il servizio prestato nei centri musicali di lingua slovena "Glasbena matica" e "Emil Komel" e' considerato alla stregua del servizio prestato in conservatori o istituti di musica pareggiati. Per il reclutamento del personale docente e non docente a tempo indeterminato o determinato si applicano le disposizioni di cui all'articolo 425 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. 3. Gli insegnanti della sezione autonoma di cui comma 1 fanno parte a pieno titolo del collegio dei professori del conservatorio, articolato in due sezioni, rispettivamente con insegnamento in lingua italiana e con insegnamento in lingua slovena. Per pareri e deliberazioni relativi a questioni e problematiche specifiche, quali le iniziative di sperimentazione, relative alla singola sezione, il direttore del conservatorio convoca solo la corrispondente sezione. In tali casi le pronunce hanno valenza circoscritta alla sezione che le ha deliberate. L'attivita' di ciascuna sezione deve essere coerente con il piano annuale delle attivita' formative del conservatorio e con la programmazione didattico-artistica generale, la cui elaborazione compete al collegio plenario dei docenti. 4. Gli insegnanti della sezione autonoma con lingua di insegnamento slovena eleggono al loro interno un coordinatore della sezione medesima che e' esonerato dall'attivita' di insegnamento per tutto il periodo dell'incarico. Gli atti del direttore del conservatorio concernenti la sezione autonoma sono adottati previo parere del coordinatore. 5. Il coordinatore di cui al comma 4, per la durata dell'incarico, e' membro del consiglio di amministrazione del conservatorio di musica "Giuseppe Tartini", di cui fanno parte, altresi', due esperti, di cui uno appartenente alla minoranza slovena, designati dalla giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia. 6. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 1.049 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.
Nota all'art. 15: - Il testo dell'art. 425 del citato decreto legislativo n. 297 del 1994 e' il seguente: "Art. 425 (Reclutamento del personale docente). - 1. Per l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, della scuola elementare, degli istituti e scuole di istruzione secondaria e degli istituti d'arte e dei licei artistici con lingua di insegnamento slovena nelle province di Trieste e Gorizia sono indetti appositi concorsi per titoli ed esami e per soli titoli a norma del presente testo unico. 2. A tali concorsi sono ammessi i cittadini italiani di lingua materna slovena in possesso dei requisiti prescritti dai precedenti articoli. 3. Per l'ammissione ai concorsi a cattedre di lingua italiana e di lingua e lettere italiane negli istituti e scuole con lingua di insegnamento slovena e' richiesta adeguata conoscenza della lingua slovena, da dimostrare, sia per l'ammissione ai concorsi per titoli ed esami sia per l'ammissione ai concorsi per soli titoli con un colloquio dinanzi ad una commissione di tre membri nominata dal sovrintendente scolastico regionale del Friuli-Venezia Giulia. 4. Sono esonerati dal colloquio di cui al comma 3 gli aspiranti che abbiano insegnato lingua italiana per almeno tre anni nelle scuole con lingua di insegnamento slovena. 5. Nei concorsi a posti di docente della scuola materna e della scuola elementare e a cattedre di istituti o scuole di istruzione secondaria e degli istituti d'arte e licei artistici diverse da quelle di lingua italiana e di lingua e lettere italiane, le prove dei concorsi per titoli ed esami si svolgono in lingua slovena; ai concorsi per soli titoli sono ammessi esclusivamente coloro che hanno maturato l'anzianita' di servizio di cui alla lettera b) dell'art. 401 nelle scuole con lingua di insegnamento slovena. 6. Ai concorsi a posti di insegnamento nelle scuole con lingua di insegnamento slovena sono ammessi anche coloro che siano in possesso di un titolo di studio conseguito all'estero dichiarato equipollente dal Ministero della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, ai soli fini dell'ammissione ai predetti concorsi".
|
| Art. 16 Istituzioni e attivita' della minoranza slovena
1. La regione Friuli-Venezia Giulia provvede al sostegno delle attivita' e delle iniziative culturali, artistiche, sportive, ricreative, scientifiche, educative, informative e editoriali promosse e svolte da istituzioni ed associazioni della minoranza slovena. A tale fine, la regione consulta le istituzioni anche di natura associativa della minoranza slovena. Per le finalita' di cui al presente comma, e' data priorita' al funzionamento della stampa in lingua slovena. Per le finalita' di cui al presente comma lo Stato assegna ogni anno propri contributi, che confluiscono in un apposito fondo nel bilancio della regione Friuli-Venezia Giulia. 2. Al fondo di cui al comma 1 e' destinata per l'anno 2001 la somma di lire 5.000 milioni e per l'anno 2002 la somma di lire 10.000 milioni. Per gli anni successivi, l'ammontare del fondo di cui al comma 1 e' determinato annualmente dalla legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
Nota all'art. 16: - Il testo dell'art. 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di contabilita' generale dello Stato in materia di bilancio), e' il seguente: "3. La legge finanziaria non puo' contenere norme di delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio. Essa contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale e in particolare: a) - c) (omissis); d) la determinazione in apposita tabella, della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione e' rinviata alla legge finanziaria;".
|
| Art. 17. (Rapporti con la Repubblica di Slovenia)
1. Il Governo assume le iniziative necessarie al fine di agevolare e favorire i rapporti tra le popolazioni di confine e tra la minoranza slovena e le istituzioni culturali della Repubblica di Slovenia e assicura lo sviluppo della cooperazione transfrontaliera e interregionale, anche nell'ambito delle iniziative e dei programmi dell'Unione europea. |
| Art. 18. (Teatro stabile sloveno)
1. Fermo restando quanto previsto in materia dalla legislazione nazionale, il "Teatro stabile sloveno di Trieste - Slovensko stalno gledalisce" e' riconosciuto come organismo di produzione teatrale a gestione pubblica, anche agli effetti delle relative contribuzioni a carico dello Stato. |
| Art. 19. (Restituzione di beni immobili)
1. La casa di cultura "Narodni dom" di Trieste - rione San Giovanni, costituita da edificio e accessori, e' trasferita alla regione Friuli-Venezia Giulia per essere utilizzata, a titolo gratuito, per le attivita' di istituzioni culturali e scientifiche di lingua slovena. Nell'edificio di Via Filzi 9 a Trieste, gia' "Narodni dom", e nell'edificio di Corso Verdi, gia' "Trgovski dom", di Gorizia trovano sede istituzioni culturali e scientifiche sia di lingua slovena (a partire dalla Narodna in studijska Knjiznica - Biblioteca degli studi di Trieste) sia di lingua italiana compatibilmente con le funzioni attualmente ospitate nei medesimi edifici, previa intesa tra regione e universita' degli studi di Trieste per l'edificio di Via Filzi di Trieste, e tra regione e Ministero delle finanze per l'edificio di Corso Verdi di Gorizia. 2. In caso di mancata intesa entro cinque anni, si provvede, entro i successivi sei mesi, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. 3. Le modalita' di uso e di gestione sono stabilite dall'amministrazione regionale sentito il Comitato. |
| Art. 20. (Tutela del patrimonio storico ed artistico)
1. Ai fini di cui all'articolo 9 della Costituzione, la regione Friuli-Venezia Giulia, le province ed i comuni compresi nella tabella di cui all'articolo 4 adottano misure di tutela anche nel rispetto delle caratteristiche peculiari delle localita' abitate dalla minoranza slovena, sia con riferimento ai monumenti storici ed artistici, sia con riferimento alle usanze tradizionali e ad altre forme di espressione della cultura della popolazione slovena, ivi compresi progetti di carattere interculturale. 2. Ai fini di cui al comma 1 gli enti interessati avviano adeguate forme di consultazione con le organizzazioni e le altre associazioni rappresentative della minoranza slovena.
Nota all'art. 20: - Il testo dell'art. 9 della Costituzione della Repubblica italiana e' il seguente: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.".
|
| Art. 21. (Tutela degli interessi sociali, economici ed ambientali)
1. Nei territori di cui all'articolo 4 l'assetto amministrativo, l'uso del territorio, i piani di programmazione economica, sociale ed urbanistica e la loro attuazione anche in caso di espropri devono tendere alla salvaguardia delle caratteristiche storico-culturali. 2. Ai fini di cui al comma 1 e d'intesa con il Comitato, negli organi consultivi competenti deve essere garantita una adeguata rappresentanza della minoranza slovena. 3. Per consentire l'attuazione di interventi volti allo sviluppo dei territori dei comuni della provincia di Udine compresi nelle comunita' montane del Canal del Ferro - Val Canale, Valli del Torre e Valli del Natisone, nei quali e' storicamente insediata la minoranza slovena, a decorrere dall'anno 2001 lo Stato assegna alla regione Friuli-Venezia Giulia un contributo annuo pari a lire 1.000 milioni. 4. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 1.000 milioni annue a decorrere dall'anno 2001. |
| Art. 22. (Organizzazioni e attivita' sindacali)
1. Alle organizzazioni sindacali e di categoria che svolgono la loro attivita' prevalentemente in lingua slovena, le quali, per la loro consistenza e diffusione sui territori di cui all'articolo 4, abbiano carattere di rappresentativita' all'interno della minoranza, sono estesi, sentito il Comitato, in ordine all'esercizio delle attivita' sindacali in genere ed al diritto alla rappresentanza negli organi collegiali della pubblica amministrazione e degli enti operanti nei settori di interesse, i diritti riconosciuti dalla legge alle associazioni e alle organizzazioni aderenti alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. |
| Art. 23. (Integrazioni alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, in materia di tutela penale delle minoranze linguistiche)
1. Dopo l'articolo 18 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, e' inserito il seguente: "Art. 18-bis. - 1. Le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, ed al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, si applicano anche ai fini di prevenzione e di repressione dei fenomeni di intolleranza e di violenza nei confronti degli appartenenti alle minoranze linguistiche".
Nota all'art. 23: - Il testo dell'art. 18 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme a tutela delle minoranze linguistiche storiche), e' il seguente: "Art. 18. - 1. Nelle regioni a statuto speciale l'applicazione delle disposizioni piu' favorevoli previste dalla presente legge e' disciplinata con norme di attuazione dei rispettivi statuti. Restano ferme le norme di tutela esistenti nelle medesime regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano. 2. Fino all'entrata in vigore delle norme di attuazione di cui al comma 1, nelle regioni a statuto speciale il cui ordinamento non preveda norme di tutela si applicano le disposizioni di cui alla presente legge.". - Il testo dell'art. 3 delle legge 13 ottobre 1975, n. 654 (Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1996), e' il seguente: "Art. 3. - 1. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione dell'art. 4 della convenzione, e' punito: a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorita' o sull'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. 2. (Omissis). 3. E' vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attivita', e' punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per cio' solo, con la reclusione da uno a sei anni. - Il decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, reca "Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa".
|
| Art. 24. (Norma transitoria)
1. Fino alla costituzione della Commissione di cui all'articolo 13, comma 3, le relative competenze sono esercitate dalla Commissione di cui all'articolo 9 della legge 22 dicembre 1973, n. 932, opportunamente integrata dal provveditore agli studi di Udine, o da un suo delegato, e da due cittadini di lingua slovena designati dal consiglio provinciale di Udine, con voto limitato.
Nota all'art. 24: - Il testo dell'art. 9 della citata legge n. 932 del 1973 e' il seguente: "Art. 9. - Per i problemi riguardanti il funzionamento delle scuole con lingua d'insegnamento slovena il sovrintendente scolastico della regione Friuli-Venezia Giulia e' assistito da una commissione da lui nominata e composta: a) dai provveditori agli studi di Trieste e Gorizia o dai loro rispettivi delegati; b) da due presidi, di cui uno della scuola secondaria di primo grado, un ispettore scolastico, un direttore didattico e tre insegnanti, di cui uno della scuola elementare, uno della scuola media e uno della scuola media superiore, di lingua slovena, proposti dal personale insegnante e direttivo delle rispettive scuole; c) da cinque cittadini italiani di lingua slovena, dei quali tre designati dal consiglio provinciale di Trieste e due da quello di Gorizia, con voto limitato".
|
| Art. 25. (Modifiche dell'ambito territoriale di applicazione della legge)
1. La tabella di cui all'articolo 4 puo' essere modificata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Comitato, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 2. Su proposta del Comitato le misure di tutela previste dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, anche al di fuori dei territori di cui all'articolo 4, in favore degli appartenenti alla minoranza slovena, quando si tratti di attivita' intese alla conservazione e promozione della loro identita' culturale, storica e linguistica, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 3. Ai cittadini di cui al comma 2 e' comunque garantito l'esercizio dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 8 limitatamente ai rapporti con gli enti sovracomunali gia' operanti secondo le modalita' previste dal comma 4 dell'articolo 8. 4. L'elenco previsto dall'articolo 10 puo' essere modificato con decreto del Presidente della giunta regionale, sulla base della proposta del Comitato, e sentiti gli enti interessati. |
| Art. 26. (Disposizioni in materia elettorale)
1. Le leggi elettorali per l'elezione del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati dettano norme per favorire l'accesso alla rappresentanza di candidati appartenenti alla minoranza slovena. |
| Art. 27. (Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dalle autorizzazioni di spesa di cui agli articoli 3, 8, 10, 11, 12, 13, 15, 16 e 21 della presente legge, pari a lire 15.567.000.000 per l'anno 2001 ed a lire 20.567.000.000 a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante utilizzo delle proiezioni, per i medesimi anni, dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo. 2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. |
| Art. 28. (Disposizioni finali)
1. Fermo restando quanto disposto dalla presente legge, rimangono in vigore le misure di tutela comunque adottate in attuazione dello Statuto speciale allegato al Memorandum d'intesa di Londra del 5 ottobre 1954, richiamato dall'articolo 8 del trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, con allegati, ratificato, unitamente all'accordo tra le stesse Parti, con allegati, all'atto finale ed allo scambio di note, firmati ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975, ai sensi della legge 14 marzo 1977, n. 73. 2. Nessuna disposizione della presente legge puo' essere interpretata in modo tale da assicurare un livello di protezione dei diritti della minoranza slovena inferiore a quello gia' in godimento in base a precedenti disposizioni. 3. Eventuali disposizioni piu' favorevoli rispetto a quelle previste dalla presente legge, derivanti dalla legislazione nazionale di tutela delle minoranze linguistiche, si applicano, sentito il Comitato, anche in favore della minoranza slovena e germanofona nella regione Friuli-Venezia Giulia, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 4. Dall'attuazione della presente legge non potra' derivare alcun nuovo o maggiore onere per la finanza pubblica oltre a quelli massimi esplicitamente previsti dalla legge stessa e dalle altre leggi concernenti la tutela della minoranza slovena.
Nota all'art. 28: - La legge 14 marzo 1977, n. 73, reca: "Ratifica ed esecuzione del trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, con allegati, nonche' dell'accordo tra le stesse Parti, con allegati, dell'atto finale e dello scambio di note, firmati ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975".
|
| Art. 29. (Definizione)
1. Ai fini della presente legge per frazione si intende un centro autonomo dotato di una propria individualita'.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addi' 23 febbraio 2001
CIAMPI
Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri
Visto, il Guardasigilli: Fassino
LAVORI PREPARATORI
Camera dei deputati (atto n. 229): Presentato dall'on. Caveri il 9 maggio 1996. Assegnato alla I commissione (Affari costituzionali), in sede referente, il 26 giugno 1996 con pareri delle commissioni II, III, V, VI, VII, VIII e XI. Esaminato dalla I commissione l'8, 14, 15 gennaio 1997; il 3 aprile 1997; il 7 maggio 1997; il 28 gennaio 1998; il 24, 26 febbraio 1998; l'11, 12, 18, 19 marzo 1998; il 28, 30 aprile 1998; il 20 maggio 1998; il 30 settembre 1998; il 17, 23, 30 giugno 1999; il 7, 8, 13, 15, 20, 21, 22 luglio 1999. Relazione scritta annunciata il 22 luglio 1999 (atto n. 229/A - relatore on. Maselli). Esaminato in aula il 23 luglio 1999; il 20 settembre 1999; il 21 gennaio 2000; il 27, 28 giugno 2000; il 4, 5 luglio 2000 e approvato il 12 luglio 2000 in un testo unificato con atti n. 3730 (on. Niccolini ed altri); n. 3826 (on. Di Bisceglie ed altri); n. 3935 (on. Fontanini e Bosco). Senato della Repubblica (atto n. 4735): Assegnato alle commissioni riunite 1a (Affari costituzionali) e 7a (Istruzione), in sede referente, il 20 luglio 2000 con pareri delle commissioni 2a, 3a, 4a, 5a, 6a, 11a, 13a e della commissione parlamentare per le questioni regionali. Esaminato dalle commissioni riunite 1a e 7a, in sede referente, il 10, 12, 17, 18 ottobre 2000; il 16, 30 gennaio 2001. Esaminato in aula l'1, 6, 7, 8, 13 febbraio 2001 ed approvato il 14 febbraio 2001. |
|
|
|