| Gazzetta n. 42 del 20 febbraio 2001 (vai al sommario) |  
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| TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 24 novembre 2000, n. 341 |  
| Ripubblicazione  del testo del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 (in  Gazzetta  Ufficiale  -  serie  generale - n. 275 del 24 novembre 2000),  coordinato  con la legge di conversione 20 gennaio 2001, n. 4 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 16 del 20 gennaio 2001), recante:   "Disposizioni   urgenti  per  l'efficacia  e  l'efficienza dell'Amministrazione della giustizia". |  
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Avvertenza:    Il testo coordinato qui pubblicato e' stato redatto dal Ministero della giustizia ai sensi dell'art. 11, comma 1, del testo unico delle disposizioni  sulla  promulgazione  delle  leggi, sull'emanazione dei decreti   del  Presidente  della  Repubblica  e  sulle  pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985,  n. 1092, nonche' dall'art. 10, commi 2 e 3, del medesimo testo unico,  al  solo fine di facilitare la lettura sia delle disposizioni del  decreto-legge,  integrate con le modifiche apportate dalla legge di  conversione,  che  di quelle modificate o richiamate nel decreto, trascritte nelle note. Restano invariati i valori e l'efficacia degli atti legislativi qui riportati.    Le  modifiche  apportate dalla legge di conversione sono stampate con caratteri corsivi.
  Tali modifiche sul terminale sono riportate tra i segni ((...))
      A norma dell'art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina  dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri), le modifiche apportate dalla legge di conversione  hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.                               Art. 1. ((  1. All'articolo 18, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera e) e' aggiunta la seguente:    "e-bis)  se uno o piu' imputati dei reati previsti dal-l'articolo 407,  comma  2, lettera a), e' prossimo ad essere rimesso in liberta' per  scadenza  dei  termini  per  la  mancanza  di  altri  titoli  di detenzione".  2. (Soppresso).  3. (Soppresso).  4.  Dopo l'articolo 130 delle norme di attuazione, di coordinamento e  transitorie  del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' inserito il seguente:  "Art. 130-bis (Separazione dei procedimenti in fase di indagine). - 1.  Il  pubblico  ministero, prima dell'esercizio dell'azione penale, procede  di  regola  separatamente  quando  ricorrono  le  ragioni di urgenza  indicate  nell'articolo  18,  comma  1,  lettera  e-bis) del codice".  5.  Dopo l'articolo 132 delle norme di attuazione, di coordinamento e  transitorie  del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,)) e' aggiunto il seguente:  "Art.  132-bis  (Formazione  dei  ruoli  di  udienza).  -  1. Nella formazione dei ruoli di udienza e' assicurata priorita' assoluta alla trattazione  dei procedimenti quando ricorrono ragioni di urgenza con riferimento alla scadenza dei termini di custodia cautelare.".          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  18  del  codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre   2000,   n.   341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4:              "Art. 18 (Separazione di processi). - 1. La separazione          di  processi  e'  disposta, salvo che il giudice ritenga la          riunione  assolutamente  necessaria  per l'accertamento dei          fatti:                a) se, nell'udienza preliminare, nei confronti di uno          o  piu'  imputati o per una o piu' imputazioni e' possibile          pervenire  prontamente alla decisione, mentre nei confronti          di  altri  imputati  o  per altre imputazioni e' necessario          acquisire ulteriori informazioni a norma dell'art. 422;                b) se  nei confronti di uno o piu' imputati o per una          o  piu'  imputazioni  e'  stata ordinata la sospensione del          procedimento;                c) se  uno  o  piu'  imputati  non  sono  comparsi al          dibattimento  per  nullita'  dell'atto di citazione o della          sua  notificazione, per legittimo impedimento o per mancata          conoscenza incolpevole dell'atto di citazione;                d) se  uno  o  piu'  difensori  di  imputati non sono          comparsi  al  dibattimento  per  mancato  avviso ovvero per          legittimo impedimento;                e) se  nei confronti di uno o piu' imputati o per una          o  piu'  imputazioni  l'istruzione  dibattimentale  risulta          conclusa,  mentre  nei  confronti  di  altri imputati o per          altre  imputazioni e' necessario il compimento di ulteriori          atti  che  non  consentono  di  pervenire  prontamente alla          decisione;                e-bis) se  uno  o  piu'  imputati  dei reali previsti          dall'art.  407,  comma 2, lettera a), e' prossimo ad essere          rimesso  in  liberta'  per  scadenza  dei  termini  per  la          mancanza di altri titoli di detenzione.              2.  Fuori dei casi previsti dal comma l, la separazione          puo'  essere  altresi'  disposta, sull'accordo delle parti,          qualora   il   giudice  la  ritenga  utile  ai  fini  della          speditezza del processo.".              - Il testo dell'art. 307 del codice di procedura penale          e' riportato nelle note all'art. 2.  |  
|   |                                 Art. 2. ((  1. All'articolo 303, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, dopo il numero 3) e' aggiunto il seguente:  "3-bis)  qualora si proceda per i delitti di cui all'arti-colo 407, comma  2,  lettera  a),  i  termini di cui ai numeri 1), 2) e 3) sono aumentati  fino  a  sei mesi. Tale termine e' imputato a quello della fase  precedente  ove non completamente utilizzato, ovvero ai termini di  cui  alla  lettera  d)  per  la  parte  eventualmente residua. In quest'ultimo   caso   i   termini   di   cui  alla  lettera  d)  sono proporzionalmente ridotti".  1-bis.  All'articolo  303,  comma 1, lettera d), primo periodo, del codice di procedura penale, dopo le parole: "sentenza irrevocabile di condanna"  sono aggiunte le seguenti: ", salve le ipotesi di cui alla lettera b), numero 3-bis)".  2.  All'articolo  304,  comma  6,  primo  periodo,  del  codice  di procedura  penale,  dopo le parole: "commi 1, 2 e 3" sono aggiunte le seguenti:   "senza   tenere  conto  dell'ulteriore  termine  previsto dall'articolo 303, comma 1, lettera b), numero 3-bis)".  3. (Soppresso).  4. (Soppresso).  5.  All'articolo  307 del codice di procedura penale, il comma 1 e' sostituito dal seguente))  "1.  Nei  confronti  dell'imputato  scarcerato  per  decorrenza dei termini  il  giudice  ((dispone  le  altre  misure  cautelari  di cui ricorrano  i presupposti, solo se sussistono)) le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare.".  6.  All'articolo  307 del codice di procedura penale, dopo il comma 1, e' inserito il seguente:  "1-bis.   Qualora   si   proceda  per  taluno  dei  reati  indicati nell'articolo  407, comma 2, lettera a), il giudice dispone le misure cautelari   indicate   dagli   articoli   281,   282   e   283  anche cumulativamente.".  7.  Nel  primo  periodo del comma 4 dell'articolo 307 del codice di procedura  penale,  dopo  le  parole: "trasgredendo alle prescrizioni inerenti  a  una  misura cautelare disposta a norma del comma 1" sono inserite  le  seguenti: "o nell'ipotesi prevista dal comma 2, lettera b)"  e  le parole: "si e' dato" sono sostituite dalle seguenti: "stia per darsi".          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  303  del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre   2000,   n.   341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.  303  (Termini  di  durata massima della custodia          cautelare).  -  1.  La  custodia  cautelare perde efficacia          quando:                a) dall'inizio  della  sua  esecuzione sono decorsi i          seguenti   termini   senza   che   sia   stato   emesso  il          provvedimento che dispone il giudizio o l'ordinanza con cui          il   giudice   dispone  il  giudizio  abbreviato  ai  sensi          dell'art.  438,  ovvero  senza che sia stata pronunciata la          sentenza  di  applicazione  della  pena  su richiesta delle          parti:                  1)  tre  mesi, quando si procede per un delitto per          il  quale  la legge stabilisce la pena della reclusione non          superiore nel massimo a sei anni;                  2)  sei  mesi, quando si procede per un delitto per          il  quale  la  legge  stabilisce  la  pena della reclusione          superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal          numero 3);                  3) un anno, quando si procede per un delitto per il          quale  la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena          della  reclusione  non  inferiore  nel massimo a venti anni          ovvero per uno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2,          lettera  a),  sempre  che per lo stesso la legge preveda la          pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni;                b) dall'emissione  del  provvedimento  che dispone il          giudizio  o  dalla  sopravvenuta  esecuzione della custodia          sono  decorsi  i  seguenti  termini  senza  che  sia  stata          pronunciata sentenza di condanna di primo grado:                  1)  sei  mesi, quando si procede per un delitto per          il  quale  la legge stabilisce la pena della reclusione non          superiore nel massimo a sei anni;                  2) un anno, quando si procede per un delitto per il          quale  la  legge  stabilisce  la  pena della reclusione non          superiore  nel  massimo a venti anni, salvo quanto previsto          dal numero l);                  3)  un  anno  e  sei mesi, quando si procede per un          delitto   per   il   quale  la  legge  stabilisce  la  pena          dell'ergastolo  o  la  pena  della reclusione superiore nel          massimo a venti anni;                  3-bis)  qualora  si  proceda  per  i delitti di cui          all'art.  407,  comma 2,  lettera  a),  i termini di cui ai          numeri  1),  2)  e  3) sono aumentati fino a sei mesi. Tale          termine  e' imputato a quello della fase precedente ove non          completamente  utilizzato,  ovvero  ai  termini di cui alla          lettera d)   per   la   parte   eventualmente  residua.  In          quest'ultimo  caso  i  termini  di cui alla lettera d) sono          proporzionalmente ridotti;                b-bis)   dall'emissione  dell'ordinanza  con  cui  il          giudice dispone il giudizio abbreviato o dalla sopravvenuta          esecuzione  della  custodia sono decorsi i seguenti termini          senza  che  sia  stata  pronunciata sentenza di condanna ai          sensi dell'art. 442:                  1)  tre  mesi, quando si procede per un delitto per          il  quale  la legge stabilisce la pena della reclusione non          superiore nel massimo a sei anni;                  2)  sei  mesi, quando si procede per un delitto per          il  quale  la legge stabilisce la pena della reclusione non          superiore  nel  massimo a venti anni, salvo quanto previsto          nel numero 1;                  3)  nove mesi, quando si procede per un delitto per          il  quale  la  legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la          pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni;                c) dalla  pronuncia  della  sentenza  di  condanna di          primo  grado o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia          sono  decorsi  i  seguenti  termini  senza  che  sia  stata          pronunciata sentenza di condanna in grado di appello:                  1)  nove  mesi,  se  vi e' stata condanna alla pena          della reclusione non superiore a tre anni;                  2) un anno, se vi e' stata condanna alla pena della          reclusione non superiore a dieci anni;                  3) un anno e sei mesi, se vi e' stata condanna alla          pena  dell'ergastolo  o  della reclusione superiore a dieci          anni;                d) dalla  pronuncia  della  sentenza  di  condanna in          grado  di  appello  o  dalla  sopravvenuta esecuzione della          custodia  sono  decorsi  gli  stessi termini previsti dalla          lettera   c)  senza  che  sia  stata  pronunciata  sentenza          irrevocabile  di  condanna,  salve  le  ipotesi di cui alla          lettera  b),  numero  3-bis).  Tuttavia,  se  vi  e'  stata          condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione e' stata          proposta  esclusivamente dal pubblico ministero, si applica          soltanto la disposizione del comma 4.              2.  Nel  caso  in  cui,  a  seguito di annullamento con          rinvio  da  parte  della  Corte  di  cassazione o per altra          causa,  il  procedimento regredisca a una fase o a un grado          di  giudizio  diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice,          dalla  data  del  procedimento che dispone il regresso o il          rinvio  ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia          cautelare decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1          relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento.              3.  Nel  caso  di  evasione  dell'imputato sottoposto a          custodia   cautelare,   i  termini  previsti  dal  comma  1          decorrono  di nuovo, relativamente a ciascuno stato e grado          del  procedimento, dal momento in cui venga ripristinata la          custodia cautelare.              4.  La  durata  complessiva  della  custodia cautelare,          considerate  anche  le proroghe previste dall'art. 305, non          puo' superare i seguenti termini:                a) due  anni, quando si procede per un delitto per il          quale  la  legge  stabilisce  la  pena della reclusione non          superiore nel massimo a sei anni;                b) quattro anni, quando si procede per un delitto per          il  quale  la legge stabilisce la pena della reclusione non          superiore  nel  massimo a venti anni, salvo quanto previsto          dalla lettera a);                c) sei  anni, quando si procede per un delitto per il          quale  la  legge  stabilisce la pena dell'ergastolo o della          reclusione superiore nel massimo a venti anni.".              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  304  del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre   2000,   n.   341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.  304  (Sospensione  dei termini di durata massima          della   custodia   cautelare).  -  1.  I  termini  previsti          dall'art.  303  sono  sospesi,  con ordinanza appellabile a          norma dell'art. 310, nei seguenti casi:                a) nella  fase  del giudizio, durante il tempo in cui          il  dibattimento  e'  sospeso  o  rinviato  per impedimento          dell'imputato  o  del  suo  difensore  ovvero  su richiesta          dell'imputato   o   del   suo   difensore,  sempre  che  la          sospensione  o  il  rinvio  non  siano  stati  disposti per          esigenze  di  acquisizione  della  prova  o  a  seguito  di          concessione di termini per la difesa;                b) nella  fase  del giudizio, durante il tempo in cui          il dibattimento e' sospeso o rinviato a causa della mancata          presentazione,    dell'allontanamento   o   della   mancata          partecipazione di uno o piu' difensori che rendano privo di          assistenza uno o piu' imputati;                c) nella  fase  del giudizio, durante la pendenza dei          termini previsti dall'art. 544, commi 2 e 3;                c-bis)  nel  giudizio abbreviato, durante il tempo in          cui  l'udienza  e'  sospesa  o rinviata per taluno dei casi          indicati  nelle  lettere  a) e b) e durante la pendenza dei          termini previsti dall'art. 544, commi 2 e 3.              2.  I  termini  previsti  dall'art.  303 possono essere          altresi'  sospesi  quando  si  procede per taluno dei reati          indicati  nell'art.  407,  comma 2, lettera a), nel caso di          dibattimenti   o   di  giudizi  abbreviati  particolarmente          complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o          si  delibera  la sentenza nel giudizio di primo grado o nel          giudizio sulle impugnazioni.              3.  Nei  casi  previsti  dal comma 2, la sospensione e'          disposta  dal giudice, su richiesta del pubblico ministero,          con ordinanza appellabile a norma dell'art. 310.              4.  I  termini previsti dall'articolo, comma 1, lettera          a),  sono  sospesi,  con  ordinanza  appellabile  a riforma          dell'art.  310,  se  l'udienza  preliminare  e'  sospesa  o          rinviata  per taluno dei casi indicati nel comma 1, lettere          a) e b), del presente articolo.              5.  Le  disposizioni  di  cui  alle lettere a) e b) del          comma l, anche se riferite al giudizio abbreviato, e di cui          al  comma  4 non si applicano ai coimputati ai quali i casi          di  sospensione  non  si  riferiscono e che chiedono che si          proceda nei loro confronti previa separazione dei processi.              6. La durata della custodia cautelare non puo' comunque          superare  il  doppio  dei  termini  previsti dall'art. 303,          commi  1,  2  e 3 senza tenere conto dell'ulteriore termine          previsto  dall'art. 303, comma 1, lettera b), numero 3-bis)          e  i  termini aumentati della meta' previsti dall'art. 303,          comma  4,  ovvero,  se  piu'  favorevole,  i  due terzi del          massimo   della  pena  temporanea  prevista  per  il  reato          contestato  o  ritenuto  in  sentenza.  A  tal fine la pena          dell'ergastolo e' equiparata alla pena massima temporanea.              7. Nel computo dei termini di cui al comma 6, salvo che          per  il  limite  relativo  alla  durata  complessiva  della          custodia  cautelare,  non  si  tiene  conto  dei periodi di          sospensione di cui al comma l, lettera b).".              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  307  del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre   2000,   n.   341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.  307  (Provvedimenti in caso di scarcerazione per          decorrenza  dei  termini). - 1. Nei confronti dell'imputato          scarcerato per decorrenza dei termini il giudice dispone le          altre misure cautelari di cui ricorrano i presupposti, solo          se   sussistono  le  ragioni  che  avevano  determinato  la          custodia cautelare.              1-bis).   Qualora  si  proceda  per  taluno  dei  reali          indicati  nell'art.  407,  comma  2, lettera a), il giudice          dispone  le  misure  cautelari indicate dagli articoli 281,          282 e 283 anche cumulativamente.              2.  La  custodia  cautelare,  ove  risulti necessaria a          norma dell'art. 275, e' tuttavia ripristinata:                a) se  l'imputato  ha  dolosamente  trasgredito  alle          prescrizioni  inerenti  a  una  misura cautelare disposta a          norma  del comma 1, sempre che, in relazione alla natura di          tale trasgressione, ricorra taluna delle esigenze cautelari          previste dall'art. 274;                b) contestualmente o successivamente alla sentenza di          condanna  di  primo  o  di  secondo  grado,  quando ricorre          l'esigenza  cautelare  prevista  dall'art.  274,  comma  1,          lettera b).              3. Con il ripristino della custodia, i termini relativi          alla  fase  in  cui  il  procedimento  si  trova  decorrono          nuovamente  ma,  ai  fini  del computo del termine previsto          dall'art. 303, comma 4, si tiene conto anche della custodia          anteriormente subita.              4.  Gli  ufficiali  e gli agenti di polizia giudiziaria          possono  procedere al fermo dell'imputato che, trasgredendo          alle  prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta          a  norma  del  comma 1 o nell'ipotesi prevista dal comma 2,          lettera  b),  stia  per  darsi alla fuga. Del fermo e' data          notizia  senza  ritardo,  e  comunque entro le ventiquattro          ore,  al  procuratore  della Repubblica presso il tribunale          del  luogo ove il fermo e' stato eseguito. Si applicano, in          quanto  compatibili, le disposizioni sul fermo di indiziato          di  delitto.  Con il provvedimento di convalida, il giudice          per le indagini preliminari, se il pubblico ministero ne fa          richiesta,  dispone  con  ordinanza, quando ne ricorrono le          condizioni,  la misura della custodia cautelare e trasmette          gli atti al giudice competente.              5.  La  misura  disposta  a  norma del comma 4 cessa di          avere  effetto  se,  entro venti giorni dalla ordinanza, il          giudice  competente  non  provvede  a  norma  del  comma 2,          lettera a).".              - Si riporta il testo degli articoli 281, 282 e 283 del          codice di procedura penale:              "Art.   281   (Divieto   di  espatrio).  -  1.  Con  il          provvedimento  che  dispone  il  divieto  di  espatrio,  il          giudice prescrive all'imputato di non uscire dal territorio          nazionale senza l'autorizzazione del giudice che procede.              2.  Il  giudice  da'  le  disposizioni  necessarie  per          assicurare l'esecuzione del provvedimento, anche al fine di          impedire  l  'utilizzazione  del  passaporto  e degli altri          documenti di identita' validi per l'espatrio.              2-bis.  Con  l'ordinanza  che  applica  una delle altre          misure  coercitive  previste  dal presente capo, il giudice          dispone in ogni caso il divieto di espatrio.".              "Art.   282  (Obbligo  di  presentazione  alla  polizia          giudiziaria).   -  1.  Con  il  provvedimento  che  dispone          l'obbligo  di  presentazione  alla  polizia  giudiziaria il          giudice   prescrive   all'imputato   di  presentarsi  a  un          determinato ufficio di polizia giudiziaria.              2.  Il giudice fissa i giorni e le ore di presentazione          tenendo  conto  dell'attivita'  lavorativa  e  del luogo di          abitazione dell'imputato.".              "Art.  283  (Divieto  e obbligo di dimora). - 1. Con il          provvedimento  che dispone il divieto di dimora, il giudice          prescrive  all'imputato  di  non dimorare in un determinato          luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice          che procede.              2.  Con  il  provvedimento  che  dispone  l'obbligo  di          dimora,   il   giudice   prescrive   all'imputato   di  non          allontanarsi,   senza   l'autorizzazione  del  giudice  che          procede,  dal  territorio  del  comune  di  dimora abituale          ovvero,  al fine di assicurare un piu' efficace controllo o          quando  il comune di dimora abituale non e' sede di ufficio          di  polizia,  dal  territorio  di una frazione del predetto          comune  o  dal  territorio di un comune viciniore ovvero di          una  frazione  di  quest'ultimo. Se per la personalita' del          soggetto  o  per  le condizioni ambientali la permanenza in          tali   luoghi  non  garantisce  adeguatamente  le  esigenze          cautelari  previste dall'art. 274, l'obbligo di dimora puo'          essere  disposto  nel  territorio  di  un  altro  comune  o          frazione   di   esso,  preferibilmente  nella  provincia  e          comunque nell'ambito della regione ove e' ubicato il comune          di abituale dimora.              3.  Quando  dispone  l'obbligo  di  dimora,  il giudice          indica  l'autorita'  di  polizia alla quale l'imputato deve          presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo ove fissere          la   propria   abitazione.   Il  giudice  puo'  prescrivere          all'imputato  di  dichiarare  all'autorita'  di polizia gli          orari  e  i  luoghi in cui sara' quotidianamente reperibile          per  i  necessari  controlli,  con  obbligo  di  comunicare          preventivamente   alla   stessa   autorita'   le  eventuali          variazioni dei luoghi e degli orari predetti.              4.  Il  giudice puo', anche con separato provvedimento,          prescrivere     all'imputato     di     non    allontanarsi          dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio          per le normali esigenze di lavoro.              5.   Nel   determinare   i  limiti  territoriali  delle          prescrizioni,   il   giudice   considera,   per  quanto  e'          possibile,   le  esigenze  di  alloggio,  di  lavoro  e  di          assistenza  dell'imputato.  Quando  si  tratta  di  persona          tossicodipendente  o alcooldipendente che abbia in corso un          programma   terapeutico  di  recupero  nell'ambito  di  una          struttura  autorizzata,  il  giudice stabilisce i controlli          necessari  per  accertare  che  il  programma  di  recupero          prosegua.              6.  Dei  provvedimenti del giudice e' data in ogni caso          immediata    comunicazione    all'autorita'    di   polizia          competente,  che  ne  vigila  l'osservanza e fa rapporto al          pubblico ministero di ogni infrazione.".  |  
|   |                                 Art. 3.  1. Nell'articolo 406,  comma 5-bis, del codice di procedura penale, dopo  le  parole:  "nell'articolo 51,  comma 3-bis"  sono inserite le seguenti: "e nell'articolo 407, comma 2, lettera a), n. 7-bis".  2. Nell'articolo 407,  comma 2,  lettera  a),  dopo il numero 7, e' aggiunto il seguente:  "7-bis)  dei  delitti  previsto  dagli  articoli  600-bis, comma 1, 600-ter,  comma 1,  601,  609-bis  nelle  ipotesi  aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale;".          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  406  del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre   2000,   n.   341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.  406  (Proroga  del  termine).  -  1. Il pubblico          ministero,   prima   della  scadenza,  puo'  richiedere  al          giudice,  per giusta causa, la proroga del termine previsto          dall'art.  405.  La  richiesta contiene l'indicazione della          notizia   di  reato  e  l'esposizione  dei  motivi  che  la          giustificano.              2.  Ulteriori  proroghe  possono  essere  richieste dal          pubblico  ministero  nei  casi  di particolare complessita'          delle   indagini  ovvero  di  oggettiva  impossibilita'  di          concluderle entro il termine prorogato.              2-bis.  Ciascuna  proroga  puo'  essere autorizzata dal          giudice per un tempo non superiore a sei mesi.              3.  La  richiesta  di proroga e' notificata, a cura del          giudice,  con l'avviso della facolta' di presentare memorie          entro  cinque  giorni  dalla  notificazione,  alla  persona          sottoposta  alle  indagini  nonche' alla persona offesa dal          reato  che,  nella  notizia di reato o successivamente alla          sua  presentazione,  abbia  dichiarato  di  volere  esserne          informata.  Il  giudice  provvede  entro dieci giorni dalla          scadenza del termine per la presentazione delle memorie.              4.  Il  giudice  autorizza  la  proroga del termine con          ordinanza  emessa  in  camera di consiglio senza intervento          del pubblico ministero e dei difensori.              5.  Qualora  ritenga  che  allo stato degli atti non si          debba  concedere  la  proroga, il giudice, entro il termine          previsto  dal  comma  3  secondo  periodo,  fissa  la  data          dell'udienza  in  camera  di  consiglio  e ne fa notificare          avviso  al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle          indagini  nonche', nella ipotesi prevista dal comma 3, alla          persona  offesa  dal reato. Il procedimento si svolge nelle          forme previste dall'art. 127.              5-bis.  Le  disposizioni  dei  commi  3,  4  e 5 non si          applicano  se  si  procede  per taluno dei delitti indicati          nell'art.  51,  comma  3-bis,  e  nell'art.  407,  comma 2,          lettera a), n. 7-bis. In tali casi, il giudice provvede con          ordinanza  entro  dieci  giorni  dalla  presentazione della          richiesta, dandone comunicazione al pubblico ministero.              6.  Se  non  ritiene  di  respingere  la  richiesta  di          proroga,  il  giudice  autorizza  con ordinanza il pubblico          ministero a proseguire le indagini.              7.   Con  l'ordinanza  che  respinge  la  richiesta  di          proroga,   il  giudice,  se  il  termine  per  le  indagini          preliminari e' gia' scaduto, fissa un termine non superiore          a  dieci  giorni  per  la  formulazione delle richieste del          pubblico ministero a norma dell'art. 405.              8.  Gli atti di indagine compiuti dopo la presentazione          della  richiesta di proroga e prima della comunicazione del          provvedimento del giudice sono comunque utilizzabili sempre          che,   nel   caso  di  provvedimento  negativo,  non  siano          successivi    alla    data    di   scadenza   del   termine          originariamente previsto per le indagini.".              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  407  del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre   2000,   n.   341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.  407  (Termini  di  durata massima delle indagini          preliminari).  -  1.  Salvo  quanto  previsto all'art. 393,          comma  4,  la  durata  delle  indagini preliminari non puo'          comunque superare diciotto mesi.              2.  La  durata  massima  e'  tuttavia di due anni se le          indagini preliminari riguardano:                a) i delitti appresso indicati:                  1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e          422 del codice penale;                  2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli          575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, 630 dello stesso          codice penale;                  3)  delitti  commessi  avvalendosi delle condizioni          previste  ovvero  al  fine  di  agevolare l'attivita' delle          associazioni previste dallo stesso articolo;                  4)  delitti  commessi per finalita' di terrorismo o          di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la          legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel          minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;                  5)  delitti di illegale fabbricazione, introduzione          nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto          in  luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o          tipo  guerra  o  parti  di  esse,  di  esplosivi,  di  armi          clandestine  nonche'  di  piu' armi comuni da sparo escluse          quelle  previste  dall'art.  2, comma terzo, della legge 18          aprile 1975, n. 110;                  6)  delitti  di cui agli articoli 73, limitatamente          alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, e 74          del  testo unico delle leggi in materia di disciplina degli          stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,  prevenzione, cura e          riabilitazione  dei  relativi  stati  di tossicodipendenza,          approvato  con  decreto  del  Presidente della Repubblica 9          ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;                  7)  delitto  di  cui all'art. 416 del codice penale          nei casi in cui e' obbligatorio l'arresto in flagranza;                  7-bis) dei delitti previsti dagli articoli 600-bis,          comma  1,  600-ter,  comma  1,  601,  609-bis nelle ipotesi          aggravate    previste    dall'art.   609-ter,   609-quater,          609-octies del codice penale;                b)   notizie  di  reato  che  rendono particolarmente          complesse  le  investigazioni per la molteplicita' di fatti          tra  loro  collegati ovvero per l'elevato numero di persone          sottoposte alle indagini o di persone offese;                c) indagini  che  richiedono  il  compimento  di atti          all'estero;                d) procedimenti in cui e' indispensabile mantenere il          collegamento tra piu' uffici del pubblico ministero a norma          dell'art. 371.              3.  Salvo quanto previsto dall'art. 415-bis, qualora il          pubblico  ministero  non abbia esercitato l'azione penale o          richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge          o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo          la scadenza del termine non possono essere utilizzati.".              - Si  riporta il testo degli articoli 600-bis, 600-ter,          601,  609-bis,  609-ter,  609-quater, 609-octies del codice          penale:              "Art.  600-bis  (Prostituzione  minorile).  -  Chiunque          induce  alla  prostituzione  una  persona di eta' inferiore          agli  anni  diciotto  ovvero  ne  favorisce  o  sfrutta  la          prostituzione  e'  punito con la reclusione da sei a dodici          anni  e con la multa da lire trenta milioni a lire trecento          milioni.              Salvo  che  il  fatto  costituisca  piu'  grave  reato,          chiunque  compie  atti  sessuali  con  un  minore  di  eta'          compresa  fra  i quattordici ed i sedici anni, in cambio di          denaro  o  di  altra  utilita'  economica, e' punito con la          reclusione  da  sei  mesi  a  tre  anni  o con la multa non          inferiore  a  lire  dieci milioni. La pena e' ridotta di un          terzo  se  colui  che  commette  il fatto e' persona minore          degli anni diciotto.              Art. 600-ter (Pornografia minorile). - Chiunque sfrutta          minori degli anni diciotto al fine di realizzare esibizioni          pornografiche  o  di  produrre  materiale  pornografico  e'          punito  con  la  reclusione  da  sei a dodici anni e con la          multa da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni.              Alla   stessa   pena  soggiace  chi  fa  commercio  del          materiale pornografico di cui al primo comma.              Chiunque,  al  di fuori delle ipotesi di cui al primo e          al  secondo  comma,  con  qualsiasi  mezzo,  anche  per via          telematica,   distribuisce,   divulga   o   pubblicizza  il          materiale  pornografico  di  cui  al  primo  comma,  ovvero          distribuisce  o  divulga notizie o informazioni finalizzate          all'adescamento  o  allo  sfruttamento  sessuale  di minori          degli  anni  diciotto, e' punito con la reclusione da uno a          cinque  anni  e  con la multa da lire cinque milioni a lire          cento milioni.              Chiunque,  al  di  fuori  delle ipotesi di cui ai commi          primo,  secondo  e  terzo,  consapevolmente  cede ad altri,          anche  a  titolo  gratuito, materiale pornografico prodotto          mediante  lo  sfruttamento  sessuale  dei minori degli anni          diciotto, e' punito con la reclusione fino a tre anni o con          la multa da lire tre milioni a lire dieci milioni.".              "Art.   601  (Tratta  e  commercio  degli  schiavi).  -          Chiunque commette tratta o comunque fa commercio di schiavi          o  di  persone  in  condizione  analoga  alla schiavitu' e'          punito con la reclusione da cinque a venti anni.              Chiunque  commette  tratta  o  comunque fa commercio di          minori   degli  anni  diciotto  al  fine  di  indurli  alla          prostituzione  e'  punito  con la reclusione da sei a venti          anni.".              "Art.  609-bis  (Violenza  sessuale).  -  Chiunque, con          violenza   o   minaccia  o  mediante  abuso  di  autorita',          costringe  taluno  a  compiere  o  subire  atti sessuali e'          punito con la reclusione da cinque a dieci anni.              Alla  stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere          o subire atti sessuali:                1) abusando delle condizioni di inferiorita' fisica o          psichica della persona offesa al momento del fatto;                2)  traendo  in inganno la persona offesa per essersi          il  colpevole  sostituito  ad  altra  persona.  Nei casi di          minore   gravita'  la  pena  e'  diminuita  in  misura  non          eccedente i due terzi.              Art.  609-ter  (Circostanze  aggravanti).  - La pena e'          della  reclusione  da  sei  a dodici anni se i fatti di cui          all'art. 609-bis sono commessi:                1)  nei  confronti di persona che non ha compiuto gli          anni quattordici;                2)  con  l'uso  di  armi  o  di  sostanze  alcoliche,          narcotiche  o  stupefacenti o di altri strumenti o sostanze          gravemente lesivi della salute della persona offesa;                3)  da  persona travisata o che simuli la qualita' di          pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;                4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della          liberta' personale;                5)  nei  confronti di persona che non ha compiuto gli          anni  sedici  della quale il colpevole sia l'ascendente, il          genitore anche adottivo, il tutore.              La pena e' della reclusione da sette a quattordici anni          se il fatto e' commesso nei confronti di persona che non ha          compiuto gli anni dieci.              Art.   609-quater  (Atti  sessuali  con  minorenne).  -          Soggiace alla pena stabilita dall'art. 609-bis chiunque, al          di  fuori  delle ipotesi previste in detto articolo, compie          atti sessuali con persona che, al momento del fatto:                1) non ha compiuto gli anni quattordici;                2)  non  ha  compiuto  gli  anni  sedici,  quando  il          colpevole  sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il          tutore,  ovvero  altra persona cui, per ragioni di cura, di          educazione,  di  istruzione, di vigilanza o di custodia, il          minore  e'  affidato  o  che  abbia,  con quest'ultimo, una          relazione di convivenza.              Non  e'  punibile  il  minorenne che, al di fuori delle          ipotesi  previste  nell'art.  609-bis, compie atti sessuali          con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la          differenza  di  eta'  tra i soggetti non e' superiore a tre          anni.              Nei casi di minore gravita' la pena e' diminuita fino a          due terzi.              Si  applica  la  pena  di cui all'art. 609-ter, secondo          comma,  se  la  persona  offesa  non  ha  compiuto gli anni          dieci.".              "Art.  609-octies  (Violenza  sessuale di gruppo). - La          violenza  sessuale di gruppo consiste nella partecipazione,          da  parte  di  piu'  persone  riunite,  ad atti di violenza          sessuale di cui all'art. 609-bis.              Chiunque  commette  atti di violenza sessuale di gruppo          e' punito con la reclusione da sei a dodici anni.              La   pena   e'   aumentata  se  concorre  taluna  delle          circostanze  aggravanti  previste all'art. 609-ter. La pena          e'  diminuita  per il partecipante la cui opera abbia avuto          minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del          reato.  La  pena  e'  altresi'  diminuita per chi sia stato          determinato  a  commettere  il  reato  quando concorrono le          condizioni  stabilite  dai numeri 3) e 4) del primo comma e          dal terzo comma dell'art. 112.".  |  
|   |                                 Art. 4. ((  1. All'articolo 533 del codice di procedura penale, dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente:  "3-bis.  Quando  la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), anche se connessi ad altri reati,  il  giudice  puo'  disporre,  nel pronunciare la sentenza, la separazione  dei  procedimenti  anche  con  riferimento  allo  stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare  e,  per  la  scadenza  dei  termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in liberta'".  1-bis.  All'articolo  523, comma 1, del codice di procedura penale, sono  aggiunte,  in  fine, le parole: ", anche in ordine alle ipotesi previste dall'articolo 533, comma 3-bis".))  2. Nell'articolo  544  del  codice  di  procedura  penale,  dopo il comma 3, e' aggiunto il seguente:  "3-bis.  Nelle  ipotesi previste dall'articolo 533, comma 3-bis, il giudice  provvede  alla  stesura  della  motivazione per ciascuno dei procedimenti  separati,  accordando precedenza alla motivazione della condanna  degli  imputati in stato di custodia cautelare. In tal caso il  termine di cui al comma 3 e' raddoppiato per la motivazione della sentenza cui non si e' accordata precedenza.". ((  2-bis.   All'articolo   154   delle   norme   di  attuazione,  di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con  decreto  legislativo  28 luglio 1989, n. 271, dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente:  "4-bis.  Il  Presidente  della  corte  d'appello puo' prorogare, su richiesta  motivata  del  giudice  che  deve procedere alla redazione della motivazione, i termini previsti dall'articolo 544, comma 3, del codice,  per  una  sola  volta  e  per  un periodo massimo di novanta giorni,  esonerando,  se  necessario,  il  giudice estensore da altri incarichi.  Per  i  giudizi di primo grado provvede il presidente del tribunale.  In  ogni  caso del provvedimento e' data comunicazione al Consiglio superiore della magistratura.".))          Riferimenti normativi:              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  533 del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione          19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.  533 (Condanna dell'imputato). - 1. Se l'imputato          risulta  colpevole  del  reato  contestatogli,  il  giudice          pronuncia   sentenza  di  condanna  applicando  la  pena  e          l'eventuale misura di sicurezza.              2.  Se  la  condanna  riguarda  piu'  reati, il giudice          stabilisce  la pena per ciascuno di essi e quindi determina          la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme          sul  concorso di reati e di pene o sulla continuazione. Nei          casi previsti dalla legge il giudice dichiara il condannato          delinquente o contravventore abituale o professionale o per          tendenza.              3.  Quando  il  giudice  ritiene  di dover concedere la          sospensione condizionale della pena o la non menzione della          condanna   nel   certificato   del  casellario  giudiziale,          provvede in tal senso con la sentenza di condanna.              3-bis.  Quando  la condanna riguarda procedimenti per i          delitti  di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), anche se          connessi  ad  altri  reati,  il  giudice puo' disporre, nel          pronunciare  la  sentenza,  la separazione dei procedimenti          anche  con riferimento allo stesso condannato quando taluno          dei  condannati  si trovi in stato di custodia cautelare e,          per  la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli,          sarebbe rimesso in liberta'.".              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  523 del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione          19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.   523   (Svolgimento  della  discussione).  -  1.          Esaurita  l'assunzione delle prove, il pubblico ministero e          successivamente   i   difensori  della  parte  civile,  del          responsabile civile, della persona civilmente obbligata per          la  pena  pecuniaria e dell'imputato formulano e illustrano          le  rispettive  conclusioni  anche  in  ordine alle ipotesi          previste dall'art. 533, comma 3-bis.              2.  La  parte  civile presenta conclusioni scritte, che          devono  comprendere,  quando  sia richiesto il risarcimento          dei danni, anche la determinazione del loro ammontare.              3. Il presidente dirige la discussione e impedisce ogni          divagazione, ripetizione e interruzione.              4.  Il  pubblico  ministero  e  i difensori delle parti          private  possono  replicare; la replica e' ammessa una sola          volta  e  deve  essere  contenuta  nei  limiti strettamente          necessari per la confutazione degli argomenti avversari.              5. In ogni caso l'imputato e il difensore devono avere,          a pena di nullita', la parola per ultimi se la domandano.              6.  La  discussione  non  puo'  essere  interrotta  per          l'assunzione  di  nuove  prove,  se non in caso di assoluta          necessita'.  Se  questa  si verifica, il giudice provvede a          norma dell'art. 507.".              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  544 del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre  2000, n.341 e dalla relativa legge di conversione          19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.  544 (Redazione della sentenza). - 1. Conclusa la          deliberazione,   il  presidente  redige  e  sottoscrive  il          dispositivo. Subito dopo e' redatta una concisa esposizione          dei  motivi  di  fatto  e  di diritto su cui la sentenza e'          fondata.              2.  Qualora  non sia possibile procedere alla redazione          immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvede          non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia.              3.    Quando    la   stesura   della   motivazione   e'          particolarmente  complessa  per il numero delle parti o per          il  numero  e la gravita' delle imputazioni, il giudice, se          ritiene  di  non  poter  depositare la sentenza nel termine          previsto  dal  comma  2,  puo'  indicare nel dispositivo un          termine  piu'  lungo, non eccedente comunque il novantesimo          giorno da quello della pronuncia.              3-bis.  Nelle  ipotesi  previste  dall'art.  533, comma          3-bis,  il  giudice provvede alla stesura della motivazione          per   ciascuno   dei   procedimenti   separati,  accordando          precedenza  alla  motivazione della condanna degli imputati          in  stato  di custodia cautelare. In tal caso il termine di          cui  al  comma  3  e'  raddoppiato per la motivazione della          sentenza cui non si e' accordata precedenza.".              -  Si  riporta  il  testo  dell'art. 154 delle norme di          attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del codice di          procedura  penale,  approvate  con  decreto  legislativo 28          luglio  1989,  n. 271, come modificato dal decreto-legge 24          novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione          19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.  154  (Redazione  non  immediata dei motivi della          sentenza).  - 1. Nei casi previsti dall'art. 544, commi 2 e          3,  del  codice,  il presidente provvede personalmente alla          redazione  della  motivazione  o designa un estensore tra i          componenti del collegio.              2.  L'estensore  consegna  la  minuta della sentenza al          presidente   il   quale,   se   sorgono   questioni   sulla          motivazione, ne da' lettura al collegio, che puo' designare          un altro estensore.              3.   La   minuta,  sottoscritta  dall'estensore  e  dal          presidente,   e'   consegnata   alla   cancelleria  per  la          formazione dell'originale.              4.   Il   presidente   e   l'estensore,  verificata  la          corrispondenza dell'originale alla minuta, sottoscrivono la          sentenza.              4-bis.   Il   Presidente  della  corte  d'appello  puo'          prorogare,  su  richiesta  motivata  del  giudice  che deve          procedere  alla  redazione  della  motivazione,  i  termini          previsti  dall'art.  544, comma 3, del codice, per una sola          volta   e   per  un  periodo  massimo  di  novanta  giorni,          esonerando,  se  necessario,  il giudice estensore da altri          incarichi.  Per  i  giudizi  di  primo  grado  provvede  il          presidente del tribunale. In ogni caso del provvedimento e'          data    comunicazione    al   Consiglio   superiore   della          magistratura.".  |  
|   |                                 Art. 5.  1. Le   disposizioni  del  presente  capo  si  applicano  anche  ai procedimenti  in  corso  alla  data di entrata in vigore del presente decreto-legge.  |  
|   |                                 Art. 6.  1. Dopo  l'articolo  145 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' aggiunto il seguente:  "Art. 145-bis (Aule di udienza protette). - 1. Nei procedimenti per taluno  dei reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice, quando  e'  necessario,  per  ragioni  di  sicurezza, utilizzare aule protette  e  queste  non  siano  disponibili  nella  sede giudiziaria territorialmente  competente, il Presidente della Corte d'appello, su proposta  del Presidente del Tribunale, individua l'aula protetta per il  dibattimento  nell'ambito  del distretto. Qualora l'aula protetta non  sia  disponibile  nell'ambito  del distretto, il Ministero della giustizia  fornisce  al  Presidente  della  Corte  d'appello  nel cui distretto  si  trova  il  giudice  competente l'indicazione dell'aula disponibile,  ((individuata  nel  distretto  di  corte d'appello piu' vicino.))  2. Il provvedimento di cui ai commi che precedono e' adottato prima della  notificazione del decreto di citazione che dispone il giudizio a norma dell'articolo 133.".          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  51  del  codice di          procedura penale.              "Art.  51. (Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni          del  procuratore  della  Repubblica  distrettuale). - 1. Le          funzioni di pubblico ministero sono esercitate:                a)  nelle  indagini preliminari e nei procedimenti di          primo  grado, dai magistrati della procura della Repubblica          presso il tribunale;                b)  nei  giudizi di impugnazione dai magistrati della          procura  generale  presso  la  corte di appello o presso la          corte di cassazione.              2.  Nei  casi  di  avocazione, le funzioni previste dal          comma  1,  lettera a), sono esercitate dai magistrati della          procura generale presso la corte di appello.              Nei casi di avocazione previsti dall'art. 371-bis, sono          esercitate   dai   magistrati   della  direzione  nazionale          antimafia.              3.  Le  funzioni  previste  dal comma l sono attribuite          all'ufficio   del  pubblico  ministero  presso  il  giudice          competente a norma del capo II del titolo I.              3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti,          consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del          codice  penale b), per i delitti commessi avvalendosi delle          condizioni previste dal predetto art. 416-bis (b) ovvero al          fine  di  agevolare l'attivita' delle associazioni previste          dallo  stesso  articolo,  nonche'  per  i  delitti previsti          dall'art.  74  del  testo  unico  approvato con decreto del          Presidente  della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (c), le          funzioni  indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite          all'ufficio  del pubblico ministero presso il tribunale del          capoluogo  del  distretto nel cui ambito ha sede il giudice          competente.              3-ter.  Nei  casi  previsti  dal comma 3-bis, se ne fa'          richiesta   il  procuratore  distrettuale,  il  procuratore          generale  presso la corte di appello puo', per giustificati          motivi,  disporre che le funzioni di pubblico ministero per          il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato          dal   procuratore   della   Repubblica  presso  il  giudice          competente.".              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  133 del codice di          procedura penale:              "Art.  133 (Accompagnamento coattivo di altre persone).          -  1.  Se  il  testimone, il perito, il consulente tecnico,          l'interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente          citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento          di  comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice          puo'  ordinarne  l'accompagnamento coattivo e puo' altresi'          condannarli,  con  ordinanza,  a  pagamento di una somma da          lire centomila a lire un milione a favore della cassa delle          ammende   nonche'   alle   spese   alle  quali  la  mancata          comparizione ha dato causa.              2. Si applicano le disposizioni dell'art. 132.".  |  
|   |                                 Art. 7.  1.  Nell'articolo  442,  comma  2,  ultimo  periodo,  del codice di procedura penale, l'espressione "pena dell'ergastolo" deve intendersi riferita all'ergastolo senza isolamento diurno.  2.  All'articolo  442,  comma 2, del codice di procedura penale, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Alla pena dell'ergastolo con isolamento  diurno,  nei  casi  di  concorso  di  reati  e  di  reato continuato, e' sostituita quella dell'ergastolo.".          Riferimenti normativi:              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  442 del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione          19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.  442  (Decisione). - 1. Terminata la discussione,          il giudice provvede a norma degli articoli 529 e seguenti.              1-bis.  Ai fini della deliberazione il giudice utilizza          gli atti contenuti nel fascicolo di cui all'art. 416, comma          2,  la  documentazione  di  cui all'art. 419, comma 3, e le          prove assunte nell'udienza.              2.  In  caso  di  condanna,  la  pena  che  il  giudice          determina   tenendo   conto  di  tutte  le  circostanze  e'          diminuita   di   un  terzo.  Alla  pena  dell'ergastolo  e'          sostituita  quella  della  reclusione  di anni trenta. Alla          pena  dell'ergastolo  con  isolamento  diurno,  nei casi di          concorso  di  reati  e di reato continuativo, e' sostituita          quella dell'ergastolo.              3.  La  sentenza e' notificata all'imputato che non sia          comparso.              4. Si applica la disposizione dell'art. 426 comma 2.".  |  
|   |                               Art. 7-bis ((  1.  All'articolo 441-bis del codice di procedura penale, al comma 4,  e'  aggiunto,  in  fine,  il  seguente  periodo: "Si applicano le disposizioni dell'articolo 303, comma 2".))          Riferimenti normativi:              -  Si  riporta il testo dell'art. 441-bis del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione          19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.  441-bis.  Provvedimenti del giudice a seguito di          nuove  contestazioni  sul giudizio abbreviato. - 1. Se, nei          casi disciplinati dagli articoli 438, comma 5, e 441, comma          5,   il   pubblico  ministero  procede  alle  contestazioni          previste  dall'art.  423, comma 1, l'imputato puo' chiedere          che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie.              2.  La  volonta'  dell'imputato e' espressa nelle forme          previste dall'art. 438, comma 3.              3.   Il   giudice,   su  istanza  dell'imputato  o  del          difensore, assegna un termine non superiore a dieci giorni,          per  la  formulazione della richiesta di cui ai commi l e 2          ovvero  per  l'integrazione  della  difesa,  e  sospende il          giudizio per il tempo corrispondente.              4.  Se  l'imputato  chiede che il procedimento prosegua          nelle  forme  ordinarie,  il giudice revoca l'ordinanza con          cui  era  stato  disposto  il  giudizio  abbreviato e fissa          l'udienza  preliminare o la sua eventuale prosecuzione. Gli          atti  compiuti ai sensi degli articoli 438, comma 5, e 441,          comma  5,  hanno la stessa efficacia degli atti compiuti ai          sensi dell'art. n. 422. La richiesta di giudizio abbreviato          non  puo'  essere  riproposta. Si applicano le disposizioni          dell'art. 303, comma 2.              5. Se il procedimento prosegue nelle forme del giudizio          abbreviato,  l'imputato puo' chiedere l'ammissione di nuove          prove,  in  relazione alle contestazioni ai sensi dell'art.          423,  anche oltre i limiti previsti dall'art. 438, comma 5,          ed  il  pubblico  ministero  puo'  chiedere l'ammissione di          prova contraria.".              -  Per  il  testo dell'art. 303, comma 2, del codice di          procedura penale si veda in note all'art. 2.  |  
|   |                                 Art. 8. ((  1.  Nei  processi  penali in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, nei casi in cui e' applicabile o e' stata applicata  la  pena dell'ergastolo con isolamento diurno, se e' stata formulata la richiesta di giudizio abbreviato, ovvero la richiesta di cui  al  comma 2 dell'articolo 4-ter del decreto-legge 7 aprile 2000, n.  82,  convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2000, n. 144,  l'imputato  puo'  revocare  la  richiesta nel termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente  decreto.  In  tali casi il procedimento riprende secondo il rito  ordinario  dallo  stato  in  cui si trovava allorche' era stata fatta  la  richiesta.  Gli  atti di istruzione eventualmente compiuti sono  utilizzabili  nei limiti stabiliti dall'articolo 511 del codice di procedura penale.  2.  Quando  per  effetto  dell'impugnazione  del pubblico ministero possono  essere  applicate  le  disposizioni  di  cui all'articolo 7, l'imputato  puo'  revocare la richiesta di cui al comma 1 nel termine di  trenta  giorni  dalla  conoscenza  dell'impugnazione del pubblico ministero  o, se questa era stata proposta anteriormente alla data di entrata  in  vigore  della legge di conversione del presente decreto, nel  termine  di  trenta giorni da quest'ultima data. Si applicano le disposizioni di cui al secondo ed al terzo periodo del comma 1.  3. Nelle ipotesi di cui ai commi 1 e 2 si applicano le disposizioni del comma 2 dell'articolo 303 del codice di procedura penale.))          Riferimenti normativi:              - Si riporta il testo dell'art. 4-ter del decreto-legge          7  aprile  2000,  n.  82 (Modificazioni alla disciplina dei          termini  di  custodia  cautelare  nella  fase  del giudizio          abbreviato)  convertito,  con  modificazioni, dalla legge 5          giugno 2000, n. 144.              "Art.  4-ter.  -  1.  Salvo  quanto  previsto dai commi          seguenti,  le  disposizioni  di  cui  agli  articoli  438 e          seguenti  del  codice di procedura penale come modificate o          sostituite  dalla  legge  16  dicembre  1999,  n.  479,  si          applicano  ai  processi nei quali, ancorche' sia scaduto il          termine  per  la  proposizione  della richiesta di giudizio          abbreviato,    non   sia   ancora   iniziata   l'istruzione          dibattimentale  alla  data di entrata in vigore della legge          di conversione del presente decreto.              2.  Nei  processi  penali  per reati puniti con la pena          dell'ergastolo,  in  corso  alla  data di entrata in vigore          della legge di conversione del presente decreto e nei quali          prima  della  data  di  entrata  in  vigore  della legge 16          dicembre  1999,  n.  479,  era  scaduto  il  termine per la          proposizione   della   richiesta  di  giudizio  abbreviato,          l'imputato,  nella prima udienza utile successiva alla data          di  entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del          presente decreto, puo' chiedere che il processo, ai fini di          cui  all'art. 442, comma 2, del codice di procedura penale,          sia  immediatamente  definito,  anche sulla base degli atti          contenuti  nel  fascicolo di cui all'art. 416, comma 2, del          medesimo codice.              3.  La  richiesta  di  cui  al comma 2 e' ammessa se e'          presentata:                a)    nel   giudizio   di  primo  grado  prima  della          conclusione dell'istruzione dibattimentale;                b) nel   giudizio   di  appello,  qualora  sia  stata          disposta la rinnovazione dell'istruzione ai sensi dell'art.          603 del codice di procedura penale, prima della conclusione          della istruzione stessa;                c) nel giudizio di rinvio, se ricorrono le condizioni          di cui alle lettere a) e b).              4.  La volonta' dell'imputato e' espressa personalmente          o  per  mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione e          autenticata  nelle  forme  previste dall'art. 583, comma 3,          del codice di procedura penale.              5.  Sulla  richiesta il giudice provvede con ordinanza,          disponendo  l'acquisizione  del  fascicolo  di cui all'art.          416, comma 2, del codice di procedura penale.              6.  Ai  fini  della deliberazione, il giudice utilizza,          oltre  agli atti contenuti nel fascicolo di cui al comma 5,          le prove assunte in precedenza.              7.  Per  quanto  non previsto nel presente articolo, si          applicano le disposizioni di cui agli articoli 441, escluso          il  comma  3, e 442 del codice di procedura penale, nonche'          l'art.   443   del   medesimo  codice  se  la  sentenza  e'          pronunciata nel giudizio di primo grado.".              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  511 del codice di          procedura penale              "Art.  511 (Letture consentite). - 1. Il giudice, anche          di  ufficio,  dispone  che  sia  data  lettura, integrale o          parziale,   degli  atti  contenuti  nel  fascicolo  per  il          dibattimento.              2.  La  lettura di verbali di dichiarazioni e' disposta          solo  dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che          l'esame non abbia luogo.              3. La lettura della relazione peritale e' disposta solo          dopo l'esame del perito.              4.  La lettura dei verbali delle dichiarazioni orali di          querela   o   di   istanza   e'  consentita  ai  soli  fini          dell'accertamento   della  esistenza  della  condizione  di          procedibilita'.              5.  In  luogo  della  lettura,  il  giudice,  anche  di          ufficio, puo' indicare specificamente gli atti utilizzabili          ai  fini della decisione. L'indicazione degli atti equivale          alla  loro lettura. Il giudice dispone tuttavia la lettura,          integrale  o  parziale,  quando  si  tratta  di  verbali di          dichiarazioni e una parte ne fa' richiesta. Se si tratta di          altri  atti,  il  giudice  e'  vincolato  alla richiesta di          lettura  solo nel caso di un serio disaccordo sul contenuto          di essi.              6.  La  facolta' di chiedere la lettura o l'indicazione          degli  atti,  previsti dai commi 1 e 5, e' attribuita anche          agli enti e alle associazioni intervenuti a norma dell'art.          93.".              -  Per  il  testo dell'art. 303, comma 2, del codice di          procedura penale si veda in note all'art. 2.  |  
|   |                                 Art. 9.  1.  Nei procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore del  presente  decreto-legge,  aventi  ad oggetto i reati di cui agli articoli  285  e  422  del codice penale, commessi anteriormente alla data  di  entrata in vigore del codice di procedura penale, approvato con  decreto  del  Presidente  della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447,  il  termine  di durata massima delle indagini preliminari e' di cinque  anni ove ricorra l'ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 407 del codice di procedura penale.          Riferimenti normativi:              - Si riporta il testo dell'art. 285 del codice penale:              "Art.   285  (Devastazione,  saccheggio  e  strage).  -          Chiunque,  allo  scopo  di  attentare  alla sicurezza dello          Stato  commette un fatto diretto a portare la devastazione,          il  saccheggio  o la strage nel territorio dello Stato o in          una parte di esso e' punito con la morte.".              - Si riporta il testo dell'art. 422 del codice penale:              "Art. 422 (Strage). - Chiunque, fuori dei casi previsti          dall'art.  285,  al  fine  di uccidere, compie atti tali da          porre in pericolo la pubblica incolumita' e' punito, se dal          fatto  deriva la morte di piu' persone, con la morte. Se e'          cagionata   la  morte  di  una  sola  persona,  si  applica          l'ergastolo.  In  ogni  altro caso si applica la reclusione          non inferiore a quindici anni.".              -  Per il testo dell'art. 407, comma 2, lettera b), del          codice di procedura penale si veda in note all'art. 3.  |  
|   |                                Art. 10. ((  1. All'articolo 656 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:    a)  al  comma 5, secondo periodo, le parole da: "consegnati" fino a:  "presentare"  sono  sostituite  dalle  seguenti:  "notificati  al condannato  e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto,  al  difensore  che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni puo' essere presentata";    b)  al  comma  5,  ultimo  periodo,  dopo  le parole: "presentata l'istanza"  sono  aggiunte le seguenti: "nonche' la certificazione da allegare  ai  sensi  degli  articoli 91,  comma 2, e 94, comma 1, del testo  unico  approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309,";    c)  al  comma 6, primo periodo, dopo la parola: "presentata" sono inserite le seguenti: "dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato";    d)  al  comma 6, dopo il primo periodo, sono inseriti i seguenti: "Se  l'istanza  non  e'  corredata  dalla documentazione prescritta o necessaria,  questa  puo'  essere  depositata  nella  cancelleria del tribunale  di  sorveglianza  fino  a cinque giorni prima dell'udienza fissata  a  norma  dell'arti-colo  666, comma 3. Resta salva, in ogni caso,  la  facolta'  del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio   alla   richiesta   di  documenti  o  di  informazioni,  o all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5";    e) al comma 8 sono premesse le parole: "Salva la disposizione del comma 8-bis,";    f) dopo il comma 8 e' inserito il seguente:  "8-bis.  Quando e' provato o appare probabile che il condannato non abbia  avuto  effettiva  conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico  ministero  puo'  assumere,  anche  presso  il difensore, le opportune  informazioni,  all'esito  delle  quali  puo'  disporre  la rinnovazione della notifica";    g)  al  comma  10, primo periodo, le parole: ", senza formalita', all'eventuale  applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare"   sono   sostituite   dalle  seguenti:  "alla  eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5".  2.  Al  comma  2  dell'articolo 91  del  testo  unico approvato con decreto  del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dopo le  parole:  "e'  allegata"  sono  inserite le seguenti: ", a pena di inammissibilita',".  3.  Al  comma  1,  ultimo periodo, dell'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.  309,  dopo  le  parole:  "deve  essere allegata" sono inserite le seguenti: ", a pena di inammissibilita',".))          Riferimenti normativi:              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  656 del codice di          procedura  penale  come  modificato  dal  decreto-legge  24          novembre   2000,   n.   341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.  656  (Esecuzione  delle  pene  detentive).  - 1.          Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena          detentiva,   il   pubblico   ministero   emette  ordine  di          esecuzione  con il quale, se il condannato non e' detenuto,          ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine e' consegnata          all'interessato.              2.  Se  il  condannato  e'  gia'  detenuto, l'ordine di          esecuzione  e' comunicato al Ministro di grazia e giustizia          e notificato all'interessato.              3. L'ordine di esecuzione contiene le generalita' della          persona   nei   cui   confronti   deve  essere  eseguito  e          quant'altro   valga   a  identificarla,  l'imputazione,  il          dispositivo  del provvedimento e le disposizioni necessarie          all'esecuzione.  L'ordine  e'  notificato  al difensore del          condannato.              4.  L'ordine  che  dispone  la carcerazione e' eseguito          secondo le modalita' previste dall'art. 277.              5.  Se  la pena detentiva, anche se costituente residuo          di  maggiore  pena,  non  e'  superiore a tre anni ovvero a          quattro  anni  nei  casi  di  cui agli articoli 90 e 94 del          testo  unico  approvato  con  decreto  del Presidente della          Repubblica   9   ottobre   1990,   n.   309,  e  successive          modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto          dai  commi  7  e  9,  ne sospende l'esecuzione. L'ordine di          esecuzione  e  il decreto di sospensione sono notificati al          condannato   e   al   difensore   nominato   per   la  fase          dell'esecuzione  o,  in  difetto,  al  difensore  che lo ha          assistito  nella  fase del giudizio, con l'avviso che entro          trenta  giorni  puo'  essere  presentata istanza, corredata          dalle  indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta          ad  ottenere la concessione di una delle misure alternative          alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma          1,  della  legge  26  luglio  1975,  n.  354,  e successive          modificazioni,  e  di  cui  all'art.  94  del  testo  unico          approvato  con  decreto  del  Presidente della Repubblica 9          ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la          sospensione  dell'esecuzione  della pena di cui all'art. 90          dello  stesso  testo  unico. L'avviso informa altresi' che,          ove  non sia presentata l'istanza nonche' la certificazione          da  allegare  ai  sensi  degli  articoli 91, comma 2, e 94,          comma   1,  del  testo  unico  approvato  con  decreto  del          Presidente   della  Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309,          l'esecuzione della pena avra' corso immediato.              6.  L'istanza  deve  essere presentata dal condannato o          dal  difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato          al  pubblico  ministero,  il quale la trasmette, unitamente          alla   documentazione,   al   tribunale   di   sorveglianza          competente   in   relazione   al   luogo  in  cui  ha  sede          l'ufficiodel    pubblico   ministero.   Il   tribunale   di          sorveglianza   decide   entro   quarantacinque  giorni  dal          ricevimento  dell'istanza.  Se  l'istanza  non e' corredata          dalla  documentazione  prescritta o necessaria, questa puo'          essere   depositata  nella  cancelleria  del  tribunale  di          sorveglianza   fino  a  cinque  giorni  prima  dell'udienza          fissata  a  norma  dell'art.  666, comma 3. Resta salva, in          ogni  caso,  la  facolta'  del tribunale di sorveglianza di          procedere  anche d'ufficio alla richiesta di documenti o di          informazioni,  o  all'assunzione di prove a norma dell'art.          666, comma 5.              7.   La   sospensione  dell'esecuzione  per  la  stessa          condanna  non puo' essere disposta piu' di una volta, anche          se  il  condannato  ripropone nuova istanza sia in ordine a          diversa  misura  alternativa,  sia in ordine alla medesima,          diversamente  motivata,  sia  in  ordine  alla  sospensione          dell'esecuzione  della  pena  di  cui all'art. 90 del testo          unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica          9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.              8.  Salva  la  disposizione  del  comma  8-bis, qualora          l'istanza   non   sia   tempestivamente  presentata,  o  il          tribunale  di  sorveglianza  la dichiari inammissibile o la          respinga,  il  pubblico  ministero revoca immediatamente il          decreto di sospensione dell'esecuzione.              8-bis.  Quando  e'  provato  o  appare probabile che il          condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso          di  cui  al  comma  5, il pubblico ministero puo' assumere,          anche  presso  il  difensore,  le  opportune  informazioni,          all'esito  delle  quali puo' disporre la rinnovazione della          notifica.              9.  La  sospensione  dell'esecuzione di cui al comma 5,          non puo' essere disposta:                a)  nei confronti dei condannati per i delitti di cui          all'art.  4-bis  della  legge  26  luglio  1975,  n. 354, e          successive modificazioni;                b)nei  confronti  di coloro che, per il fatto oggetto          della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia          cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene          definitiva.              10.  Nella  situazione  considerata  dal comma 5, se il          condannato  si  trova agli arresti domiciliari per il fatto          oggetto  della  condanna da eseguire, il pubblico ministero          sospende   l'esecuzione   dell'ordine   di  carcerazione  e          trasmette   gli   atti   senza   ritardo  al  tribunale  di          sorveglianza  perche'  provveda alla eventuale applicazione          di  una  delle  misure  alternative di cui al comma 5. Fino          alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato          permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo          corrispondente e' considerato come pena espiata a tutti gli          effetti.  Agli  adempimenti previsti dall'art. 47-ter della          legge  26  luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni,          provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza.".              -  Si riporta il testo degli articoli 91 e 94 del testo          unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica          9  ottobre 1990, n. 309 (testo unico delle leggi in materia          di  disciplina  degli  stupefacenti  e sostanze psicotrope,          prevenzione,  cura  e  riabilitazione dei relativi stati di          tossicodipendenza),   come   modificati  dal  decreto-legge          24 novembre  2000,  n.  341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.  91 (Istanza per la sospensione dell'esecuzione).          - 1. La sospensione della esecuzione della pena e' concessa          su  istanza  del  condannato  presentata  al  tribunale  di          sorveglianza del luogo in cui l'interessato risiede.              2. All'istanza e' allegata, a pena di inammissibilita',          certificazione  rilasciata  da  un servizio pubblico per le          tossicodipendenze   attestante   il   tipo   di   programma          terapeutico  e socio-riabilitativo prescelto, l'indicazione          della  struttura,  anche privata, ove il programma e' stato          eseguito  o  e'  in  corso, le modalita' di realizzazione e          l'eventuale completamento del programma.              3.  Se  l'ordine  di  carcerazione  non e' stato ancora          emesso  o  eseguito,  l'istanza  e'  presentata al pubblico          ministero il quale, se non osta il limite di pena di cui al          comma  1  dell'art. 90, sospende l'emissione o l'esecuzione          fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, al quale          trasmette  immediatamente  gli  atti.  Il  tribunale decide          entro    quarantacinque    giorni    dalla    presentazione          dell'istanza.              4.  Il  disposto  del  comma 3, si applica anche quando          l'istanza  e'  presentata dopo che l'ordine di carcerazione          e' stato eseguito. In tal caso il pubblico ministero ordina          la  scarcerazione  del  condannato se non osta il limite di          pena di cui al comma 1 dell'art. 90.".              "Art.  94 (Affidamento in prova in casi particolari). -          1.  Se  la  pena  detentiva, inflitta nel limite di quattro          anni  o  ancora da scontare nella stessa misura deve essere          eseguita  nei  confronti  di  persona  tossicodipendente  o          alcooldipendente   che  abbia  in  corso  un  programma  di          recupero  o  che  ad esso intenda sottoporsi, l'interessato          puo'  chiedere  in ogni momento di essere affidato in prova          al   servizio   sociale   per  proseguire  o  intraprendere          l'attivita'  terapeutica  sulla base di un programma da lui          concordato  con una unita' sanitaria locale o con uno degli          enti  previsti  dall'art.  115 o privati. Alla domanda deve          essere allegata, a pena di inammissibilita', certificazione          rilasciata  da  una struttura sanitaria pubblica attestante          lo  stato  di  tossicodipendenza o di alcooldipendenza e la          idoneita',   ai  fini  del  recupero  del  condannato,  del          programma concordato.              2.   Si   applicano   le   disposizioni   di  cui  agli          articoli 91, commi 3 e 4, 92, commi 1 e 3.              3.   Ai   fini   della   decisione,   il  tribunale  di          sorveglianza  puo'  anche  acquisire  copia  degli atti del          procedimento  e  disporre  gli  opportuni  accertamenti  in          ordine  al  programma terapeutico concordato; deve altresi'          accertare    che    lo   stato   di   tossicodipendenza   o          alcooldipendenza  o  l'esecuzione del programma di recupero          non siano preordinati al conseguimento del beneficio.              4.    Se   il   tribunale   di   sorveglianza   dispone          l'affidamento,  tra le prescrizioni impartite devono essere          comprese  quelle che determinano le modalita' di esecuzione          del programma. Sono altresi' stabilite le prescrizioni e le          forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o          l'alcooldipendente   prosegue  il  programma  di  recupero.          L'esecuzione  della  pena  si considera iniziata dalla data          del verbale di affidamento.              5.  L'affidamento in prova al servizio sociale non puo'          essere disposto, ai sensi del presente articolo piu' di due          volte.              6.  Si  applica, per quanto non diversamente stabilito,          la  disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354,          come modificata dalla legge 10 giugno 1986, n. 663.".              -  Si  riporta il testo dell'art. 666, commi 3 e 5, del          codice di procedura penale:              "Art.  666  (Procedimento  di  esecuzione).  - 3. Salvo          quanto previsto dal comma 2, il giudice o il presidente del          collegio, designato il difensore di ufficio all'interessato          che  ne  sia privo, fissa la data dell'udienza in camera di          consiglio  e  ne  fa dare avviso alle parti e ai difensori.          L'avviso  e'  comunicato  o  notificato almeno dieci giorni          prima  della  data  predetta.  Fino  a  cinque giorni prima          dell'udienza   possono   essere   depositate   memorie   in          cancelleria.              4. Omissis.              5.  Il  giudice puo' chiedere alle autorita' competenti          tutti  i  documenti e le informazioni di cui abbia bisogno;          se  occorre assumere prove, procede in udienza nel rispetto          del contraddittorio.".  |  
|   |                                Art. 11.  1.  Nell'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, al comma 1, ultimo  periodo,  dopo  le  parole:  "629,  secondo  comma del codice penale"  sono  inserite  le seguenti: ", 416 realizzato allo scopo di commettere  delitti  previsti  dal  libro  II,  titolo XII, capo III, sezione I  e  dagli  arti-coli  609-bis,  609-quater,  609-quinquies, 609-octies del codice penale".          Riferimenti normativi:              -  Si  riporta  il testo dell'art. 4-bis della legge 26          luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e          sull'esecuzione  delle  misure privative e limitative della          liberta').  come  modificato  dal decreto-legge 24 novembre          2000,   n.  341  e  dalla  relativa  legge  di  conversione          19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.  4-bis  (Divieto  di  concessione  dei benefici e          accertamento della pericolosita' sociale dei condannati per          taluni  delitti).  -  1.  Fermo  quanto stabilito dall'art.          13-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito,          con  modificazioni,  nella  legge  15  marzo  1991,  n. 82,          l'assegnazione  al lavoro all'esterno, i permessi premio, e          le  misure alternative alla detenzione previs e dal capo VI          della  legge 26 luglio 1975, n. 354, fatta eccezione per la          liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti          e   internati   per   delitti  commessi  avvalendosi  delle          condizioni  previste  dall'art.  416-bis  del codice penale          ovvero  al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni          previste dallo stesso articolo nonche' per i delitti di cui          agli  articoli  416-bis  e 630 del codice penale e all'art.          74,  del  decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre          1990,  n.  309,  solo  nei  casi  in  cui  tali  detenuti e          internati  collaborano  con  la giustizia a norma dell'art.          58-ter.  Quando  si  tratta di detenuti o internati per uno          dei  predetti  delitti,  ai  quali  sia stata applicata una          delle  circostanze  attenuanti  previste dagli articoli 62,          numero  6),  anche  qualora  il  risarcimento del danno sia          avvenuto  dopo  la  sentenza  di condanna, o 114 del codice          penale,  ovvero  la  disposizione  dell'art.  116,  secondo          comma,  dello  stesso  codice,  i benefici suddetti possono          essere  concessi  anche  se  la  collaborazione  che  viene          offerta  risulti  oggettivamente  irrilevante purche' siano          stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa          l'attualita'   dei   collegamenti   con   la   criminalita'          organizzata.  Quando  si tratta di detenuti o internati per          delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione          dell'ordinamento   costituzionale   ovvero  di  detenuti  o          internati  per  i  delitti  di  cui agli articoli 575, 628,          terzo  comma,  629,  secondo  comma  del codice penale, 416          realizzato  allo  scopo  di commettere delitti previsti dal          libro   II,  titolo  XII,  capo  III,  sezione  I  e  dagli          articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies del          codice  penale  e  all'art.  73, limitatamente alle ipotesi          aggravate  ai  sensi  dell'art.  80,  comma 2, del predetto          testo  unico  approvato  con  decreto  del Presidente della          Repubblica  n.  309,  del 1990, i benefici suddetti possono          essere  concessi  solo  se non vi sono elementi tali da far          ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita'          organizzata o eversiva.              2.  Ai  fini  della  concessione dei benefici di cui al          comma  1,  il  magistrato di sorveglianza o il tribunale di          sorveglianza  decide acquisite dettagliate informazioni per          il  tramite  del  comitato  provinciale  per  l'ordine e la          sicurezza  pubblica  competente  in  relazione  al luogo di          detenzione  del  condannato. In ogni caso il giudice decide          trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.          Al  suddetto  comitato  provinciale  puo' essere chiamato a          partecipare  il direttore dell istituto penitenziano in cui          il condannato e' detenuto.              2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al          comma  1, terzo periodo, il magistrato di sorveglianza o il          tribunale  di  sorveglianza  decide  acquisite  dettagliate          informazioni  dal  questore. In ogni caso il giudice decide          trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.              3.   Quando   il   comitato   ritiene   che  sussistano          particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti          potrebbero  essere mantenuti con organizzazioni operanti in          ambiti non locali o extranazionali, ne da' comunicazione al          giudice  e  il  termine  di  cui al comma 2 e' prorogato di          ulteriori  trenta  giorni  al fine di acquisire elementi ed          informazioni da parte dei competenti organi centrali.              3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi          premio e le misure alternative alla detenzione previste dal          capo  VI,  non  possono  essere  concessi  ai  detenuti  ed          internati   per   delitti   dolosi  quando  il  Procuratore          nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica,          d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per          l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al          luogo   di   detenzione  o  internamento,  l'attualita'  di          collegamenti  con  la criminalita' organizzata. In tal caso          si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.".              - Si riporta il testo dell'art. 416 del codice penale:              "Art. 416 (Associazione per delinquere). - Quando tre o          piu'  persone  si  associano  allo scopo di commettere piu'          delitti,   coloro   che   promuovono   o  costituiscono  od          organizzano  l'associazione sono puniti, per cio' solo, con          la reclusione da tre a sette anni.              Per  il  solo fatto di partecipare all'associazione, la          pena e' della reclusione da uno a cinque anni.".              -  Si  riporta il titolo del libro II, titolo XII, capo          III,  sezione  I  del codice penale: "Dei delitti contro la          personalita' individuale".              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  609-quinquies del          codice penale:              "Art.   609-quinquies   (Corruzione  di  minorenne).  -          Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore          di  anni quattordici, al fine di farla assistere, e' punito          con la reclusione da sei mesi a tre anni.".              -  Per  il  testo  degli  articoli 609-bis, 609-quater,          609-octies del codice penale si veda in note all'art. 3.  |  
|   |                                Art. 12.  1. Nell'articolo  6  della legge 7 gennaio 1998, n. 11, comma 1, le parole:   "31 dicembre   2000"   sono   sostituite   dalle  seguenti: "31 dicembre 2002".          Riferimenti normativi:              - Si riporta il testo dell'art. 6 della legge 7 gennaio          1998,   n.   11   (Disciplina   della   partecipazione   al          procedimento penale a distanza e dell'esame in dibattimento          dei  collaboratori  di  giustizia,  nonche'  modifica della          competenza   sui   reclami   in   tema   di   art.   41-bis          dell'ordinamento   penitenziario),   come   modificato  dal          decreto-legge  24  novembre  2000, n. 341, e dalla relativa          legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.   6.   -   1.   Il  termine  di  efficacia  delle          disposizioni della presente legge e' posto alla data del 31          dicembre 2002.              1-bis.  Il  termine  di efficacia di cui al comma 1, si          applica  anche  al comma 2, dell'art. 41-bis della legge 26          luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.".  |  
|   |                                Art. 13.  1. Nel  comma  1 dell'articolo 45-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con  decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, le parole: "Nei casi previsti   dall'articolo 146-bis,  comma  1"  sono  sostituite  dalle seguenti: "Nei casi previsti dall'articolo 146-bis, commi 1 e 1-bis".          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il testo dell'art. 45-bis delle norme di          attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del codice di          procedura   penale,   approvate   con  decreto  legislativo          28 luglio  1989,  n. 271, come modificato dal decreto-legge          24 novembre  2000,  n.  341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.  45-bis (Partecipazione al procedimento in camera          di  consiglio a distanza). - 1. Nei casi previsti dell'art.          146-bis, commi 1 e 1-bis, la partecipazione dell'imputato o          del  condannato  all'udienza  nel procedimento in camera di          consiglio avviene a distanza.              2. La partecipazione a distanza e' disposta dal giudice          con  ordinanza  o  dal  presidente del collegio con decreto          motivato,  che  sono  comunicati  o  notificati  unitamente          all'avviso di cui all'art. 127, comma 1, del codice.              3. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni          previste dell'art. 146-bis, commi 2, 3, 4 e 6.".              -  Per  il testo dell'art. 146-bis, commi 1 e 1-bis del          codice penale si veda in note all'art. 15.  |  
|   |                                Art. 14.  1. Dopo  l'articolo 134 delle norme di attuazione, di coordinamento e  transitorie  del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' inserito il seguente:  "Art.  134-bis (Partecipazione a distanza nel giudizio abbreviato). -  1.  Nei  casi  previsti dall'articolo 146-bis, commi 1 e 1-bis, la partecipazione  dell'imputato  avviene  a  distanza  anche  quando il giudizio abbreviato si svolge in pubblica udienza.".          Riferimenti normativi:              -  Per il testo dell'art. 146-bis, del codice penale si          veda in note all'art. 15.  |  
|   |                                Art. 15.  1. L'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie  del  codice  di  procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' cosi' modificato:    a) nel comma 1 e' soppressa la lettera c);    b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente:  "1-bis.  Fuori  dei casi previsti dal comma 1, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza anche quando si procede nei confronti di   detenuto  al  quale  sono  state  applicate  le  misure  di  cui all'articolo  41-bis,  comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.".          Riferimenti normativi:              -  Si riporta il testo dell'art. 146-bis delle norme di          attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del codice di          procedura   penale,   approvate   con  decreto  legislativo          28 luglio  1989,  n. 271, come modificato dal decreto-legge          24 novembre  2000,  n.  341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.   146-bis   (Partecipazione   al  dibattimento  a          distanza).  -  1.  Quando si procede per taluno dei delitti          indicati   nell'art.  51,  comma  3-bis,  del  codice,  nei          confronti  di  persona che si trova, a qualsiasi titolo, in          stato  di  detenzione  in  carcere,  la  partecipazione  al          dibattimento avviene a distanza nei seguenti casi:                a) qualora sussistano gravi ragioni di sicurezza o di          ordine pubblico;                b) qualora   il   dibattimento   sia  di  particolare          complessita'   e   la  partecipazione  a  distanza  risulti          necessaria   ad   evitare   ritardi  nel  suo  svolgimento.          L'esigenza   di   evitare  ritardi  nello  svolgimento  del          dibattimento  e'  valutata  anche in relazione al fatto che          nei     confronti     dello     stesso    imputato    siano          contemporaneamente   in   corso  distinti  processi  presso          diverse sedi giudiziarie;                c)  (lettera soppressa dall'art. 15 del decreto-legge          24 novembre  2000,  n.  341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4).              1-bis.   Fuori  dei  casi  previsti  dal  comma  1,  la          partecipazione  al  dibattimento  avviene  a distanza anche          quando  si  procede nei confronti di detenuto al quale sono          state  applicate le misure di cui all'art. 41-bis, comma 2,          della   legge   26 luglio   1975,   n.  354,  e  successive          modificazioni.              2.  La  partecipazione  al  dibattimento  a distanza e'          disposta,  anche  d'ufficio, dal presidente del tribunale o          della  corte  di  assise  con decreto motivato emesso nella          fase   degli  atti  preliminari,  ovvero  dal  giudice  con          ordinanza   nel  corso  del  dibattimento,  il  decreto  e'          comunicato  alle  parti  e ai difensori almeno dieci giorni          prima dell'udienza.              3.  Quando e' disposta la partecipazione a distanza, e'          attivato  un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza          e il luogo della custodia, con modalita' tali da assicurare          la  contestuale,  effettiva  e  reciproca visibilita' delle          persone  presenti in entrambi i luoghi e la possibilita' di          udire  quanto  vi  viene  detto.  Se  il  provvedimento  e'          adottato  nei  confronti di piu' imputati che si trovano, a          qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi,          ciascuno e' posto altresi' in grado, con il medesimo mezzo,          di vedere ed udire gli altri.              4.  E'  sempre  consentito  al  difensore  o  a  un suo          sostituto  di  essere  presente  nel  luogo  dove  si trova          l'imputato.  Il  difensore  o  il  suo  sostituto  presenti          nell'aula  di  udienza  e  l'imputato  possono  consultarsi          riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei.              5.  Il luogo dove l'imputato si collega in audiovisione          e' equiparato all'aula di udienza.              6.  Un  ausiliario abilitato ad assistere il giudice in          udienza  designato  dal  giudice o, in caso di urgenza, dal          presidente  e' presente nel luogo ove si trova l'imputato e          ne  attesta  l'identita'  dando  atto  che  non  sono posti          impedimenti o limitazioni all'esercizio dei diritti e delle          facolta'  a  lui  spettanti.  Egli  da' atto altresi' della          osservanza  delle  disposizioni  di  cui  al  comma 3 ed al          secondo  periodo  del comma 4 nonche', se ha luogo l'esame,          delle  cautele  adottate per assicurarne la regolarita' con          riferimento  al  luogo ove si trova. A tal fine interpella,          ove  occorra,  l'imputato  ed  il suo difensore. Durante il          tempo  del  dibattimento  in  cui  non  si procede ad esame          dell'imputato   il  giudice  o,  in  caso  di  urgenza,  il          presidente, puo' designare ad essere presente nel luogo ove          si  trova l'imputato, in vece dell'ausiliario, un ufficiale          di  polizia giudiziaria scelto tra coloro che non svolgono,          ne'   hanno   svolto,  attivita'  di  investigazione  o  di          protezione  con  riferimento  all'imputato o ai fatti a lui          riferiti.    Delle   operazioni   svolte   l'ausiliario   o          l'ufficiale di polizia giudiziaria redigono verbale a norma          dell'art. 136 del codice.              7.  Se nel dibattimento occorre procedere a confronto o          ricognizione  dell'imputato  o  ad  altro  atto che implica          l'osservazione  della  sua  persona,  il  giudice,  ove  lo          ritenga   indispensabile,  sentite  le  parti,  dispone  la          presenza  dell'imputato  nell'aula  di udienza per il tempo          necessario al compimento dell'atto.".              - Si  riporta il testo dell'art. 41-bis, comma 2, della          legge   26 luglio  1975,  n.  354  (Norme  sull'ordinamento          penitenziario  e  sull'esecuzione  delle misure privative e          limitative della liberta'.), e successive modificazioni:              "2.  Quando  ricorrano  gravi  motivi  di  ordine  e di          sicurezza   pubblica,   anche   a  richiesta  del  Ministro          dell'interno, il Ministro di grazia e giustizia ha altresi'          la  facolta'  di  sospendere,  in  tutto  o  in  parte, nei          confronti  dei  detenuti  per  taluno dei delitti di cui al          comma  1  dell'art.  4-bis,  l'applicazione delle regole di          trattamento  e degli istituti previsti dalla presente legge          che  possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di          ordine e di sicurezza.".  |  
|   |                                Art. 16.  1. Nell'articolo  275  del  codice  di  procedura  penale,  dopo il comma 1 e' inserito il seguente:  "1-bis. Nel  disporre le misure diverse dalla custodia cautelare in carcere  il  giudice  tiene  conto  dell'efficacia, in relazione alla natura  e  al  grado  delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto,  delle possibilita' di controllo delle prescrizioni imposte all'imputato.".  2. Dopo  l'articolo  275 del codice di procedura penale e' inserito il seguente:  "Art.   275-bis (Particolari   modalita'   di  controllo). - 1. Nel disporre  la  misura  degli arresti domiciliari anche in sostituzione della  custodia  cautelare  in  carcere,  il  giudice,  se lo ritiene necessario  in  relazione  alla  natura  e  al  grado  delle esigenze cautelari  da  soddisfare  nel  caso concreto, prescrive procedure di controllo  mediante  mezzi  elettronici  o  altri  strumenti tecnici, quando  ne  abbia  accertato la disponibilita' da parte della polizia giudiziaria.   Con   lo   stesso  provvedimento  il  giudice  prevede l'applicazione  della  misura  della  custodia  cautelare  in carcere qualora  l'imputato  neghi  il  consenso  all'adozione  dei  mezzi  e strumenti anzidetti.  2. L'imputato  accetta  i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al  comma 1  ovvero  nega  il  consenso all'applicazione di essi, con dichiarazione  espressa resa all'ufficiale o all'agente incaricato di eseguire  l'ordinanza  che ha disposto la misura. La dichiarazione e' trasmessa  al  giudice  che  ha  emesso  l'ordinanza  ed  al pubblico ministero,   insieme  con  il  verbale  previsto  dall'articolo  293, comma 1.  3. L'imputato che ha accettato l'applicazione dei mezzi e strumenti di   cui   al   comma 1  e'  tenuto  ad  agevolare  le  procedure  di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.".  3. Dopo  il  comma  1-bis dell'articolo 276 del codice di procedura penale e' aggiunto e' il seguente:  "1-ter. In  deroga  a  quanto  previsto  nel  comma 1,  in  caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il  divieto  di  non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo  di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere.".  4. Dopo il comma 5 dell'articolo 284 del codice di procedura penale e' aggiunto il seguente:  "5-bis. Non  possono  essere concessi gli arresti domiciliari a chi ha  posto  in  essere una condotta punibile a norma dell'articolo 385 del  codice  penale  nei  cinque anni antecedenti al fatto per cui si procede.".          Riferimenti normativi:              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  275 del codice di          procedura   penale   come   modificato   dal  decreto-legge          24 novembre  2000,  n.  341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.  275  (Criteri  di scelta delle misure). - 1. Nel          disporre  le misure, il giudice tiene conto della specifica          idoneita'  di  ciascuna in relazione alla natura e al grado          delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.              1-bis.  Nel  disporre  le misure diverse dalla custodia          cautelare in carcere il giudice tiene conto dell'efficacia,          in   relazione  alla  natura  e  al  grado  delle  esigenze          cautelari   da   soddisfare   nel   caso   concreto,  delle          possibilita'   di   controllo  delle  prescrizioni  imposte          all'imputato.              2.  Ogni  misura  deve essere proporzionata all'entita'          del  fatto  e  alla  sanzione  che  si ritiene possa essere          irrogata.              2-bis.   Non  puo'  essere  disposta  la  misura  della          custodia  cautelare  se  il  giudice  ritiene  che  con  la          sentenza  possa essere concessa la sospensione condizionale          della pena.              3.   La  custodia  cautelare  in  carcere  puo'  essere          disposta   soltanto   quando   ogni  altra  misura  risulti          inadeguata.  Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza          in  ordine  ai  delitti  di cui all'art. 416-bis del codice          penale  o  ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni          previste  dal  predetto  art.  416-bis  ovvero  al  fine di          agevolare  l'attivita'  delle  associazioni  previste dallo          stesso  articolo  e'  applicata  la  custodia  cautelare in          carcere,  salvo  che  siano  acquisiti  elementi  dai quali          risulti che non sussistono esigenze cautelari.              4.  Non  puo'  essere disposta la custodia cautelare in          carcere,   salvo   che  sussistano  esigenze  cautelari  di          eccezionale  rilevanza, quando imputati siano donna incinta          o  madre  di  prole  di  eta'  inferiore a tre anni con lei          convivente,  ovvero  padre, qualora la madre sia deceduta o          assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole,          ovvero  persona  che ha superato l'eta' di settanta anni [o          che  si trovi in condizioni di salute particolarmente gravi          incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da          non  consentire  adeguate  cure  in  caso  di detenzione in          carcerei.              4-bis.  Non  puo'  essere  disposta  ne'  mantenuta  la          custodia  cautelare in carcere quando l'imputato e' persona          affetta   da   AIDS   conclamata   o  da  grave  deficienza          immunitaria  accertate ai sensi dell'art. 286-bis, comma 2,          ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto          della   quale   le   sue  condizioni  di  salute  risultano          incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da          non  consentire  adeguate  cure  in  caso  di detenzione in          carcere.              4-ter.   Nell'ipotesi   di   cui  al  comma  4-bis,  se          sussistono esigenze cautelari di eccezionali rilevanza e la          custodia   cautelare   presso  idonee  strutture  sanitarie          penitenziarie  non  e'  possibile  senza pregiudizio per la          salute  dell'imputato  o di quella degli altri detenuti, il          giudice  dispone la misura degli arresti domiciliari presso          un  luogo  di  cura  o  di  assistenza o di accoglienza. Se          l'imputato e' persona affetta da AIDS conclamata o da grave          deficienza  immunitaria,  gli  arresti  domiciliari possono          essere  disposti  presso  le  unita'  operative di malattie          infettive  ospedaliere  ed  universitarie o da altre unita'          operative   prevalentemente   impegnate   secondo  i  piani          regionali  nell'assistenza  ai  casi di AIDS, ovvero presso          una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'art. 1,          comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.              4-quater. Il giudice puo' comunque disporre la custodia          cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o          sia  stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei          delitti  previsti  dall'art.  380,  relativamente  a  fatti          commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi          dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che          l'imputato  venga condotto in un istituto dotato di reparto          attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.              4-quinquies.  La custodia cautelare in carcere non puo'          comunque  essere disposta o mantenuta quando la malattia si          trova  in  una  fase cosi' avanzata da non rispondere piu',          secondo    le   certificazioni   del   servizio   sanitario          penitenziario  o esterno, ai trattamenti disponibili e alle          terapie curative.".              -  Si  riporta  il  testo  dell'art.  293, comma 1, del          codice di procedura penale.              "1.  Salvo quanto previsto dall'art. 156, l'ufficiale o          l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto          la  custodia  cautelare  consegna  all'imputato  copia  del          provvedimento  e  lo  avverte della facolta' di nominare un          difensore  di  fiducia, informa immediatamente il difensore          di  fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio          designato a norma dell'art. 97 e redige verbale di tutte le          operazioni compiute. Il verbale e' immediatamente trasmesso          al   giudice  che  ha  emesso  l'ordinanza  e  al  pubblico          ministero.".              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  276  del codice di          procedura   penale   come   modificato   dal  decreto-legge          24 novembre  2000,  n.  341,  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.  276 (Provvedimenti in caso di trasgressione alle          prescrizioni  imposte).  - 1. In caso di trasgressione alle          prescrizioni  inerenti  a  una misura cautelare, il giudice          puo'  disporre  la  sostituzione o il cumulo con altra piu'          grave,  tenuto  conto  dell'entita',  dei  motivi  e  delle          circostanze   della   violazione.   Quando   si  tratta  di          trasgressione  alle  prescrizioni  inerenti  a  una  misura          interdittiva, il giudice puo' disporre la sostituzione o il          cumulo anche con una misura coercitiva.              1-bis.  Quando  l'imputato si trova nelle condizioni di          cui  all'art.  275,  comma  4-bis,  e nei suoi confronti e'          stata  disposta  misura diversa dalla custodia cautelare in          carcere,   il  giudice,  in  caso  di  trasgressione  delle          prescrizioni  inerenti  alla diversa misura cautelare, puo'          disporre  anche  la  misura  della  custodia  cautelare  in          carcere.  In  tal  caso  il  giudice dispone che l'imputato          venga  condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato          per la cura e l'assistenza necessarie.              1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso          di    trasgressione   alle   prescrizioni   degli   arresti          domiciliari  concernenti  il  divieto  di  non allontanarsi          dalla  propria  abitazione  o  da  altro  luogo  di privata          dimora,  il giudice dispone la revoca della misura e la sua          sostituzione con la custodia cautelare in carcere.".              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  284  del codice di          procedura   penale   come   modificato   dal  decreto-legge          24 novembre   2000,  n.  341  e  dalla  relativa  legge  di          conversione 19 gennaio 2001, n. 4.              "Art.   284   (Arresti   domiciliari).   -  1.  Con  il          provvedimento  che  dispone  gli  arresti  domiciliari,  il          giudice  prescrive  all'imputato  di non allontanarsi dalla          propria  abitazione  o  da  altro  luogo  di privata dimora          ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza.              2.  Quando  e'  necessario,  il giudice impone limiti o          divieti  alla  facolta'  dell'imputato  di  comunicare  con          persone  diverse  da  quelle che con lui coabitano o che lo          assistono.              3.  Se  l'imputato  non puo' altrimenti provvedere alle          sue   indispensabili  esigenze  di  vita  ovvero  versa  in          situazione   di   assoluta   indigenza,   il  giudice  puo'          autorizzarlo  ad  assentarsi  nel  corso della giornata dal          luogo  di  arresto per il tempo strettamente necessario per          provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una          attivita' lavorativa.              4.  Il  pubblico  ministero  o  la polizia giudiziaria,          anche  di  propria  iniziativa, possono controllare in ogni          momento    l'osservanza    delle    prescrizioni    imposte          all'imputato.              5.  L'imputato agli arresti domiciliari si considera in          stato di custodia cautelare.              5-bis.   Non   possono   essere  concessi  gli  arresti          domiciliari  a chi ha posto in essere una condotta punibile          a  norma  dell'art.  385  del codice penale nei cinque anni          antecedenti al fatto per cui si procede.".  |  
|   |                                Art. 17.  1. Dopo il comma 4 dell'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e' inserito il seguente:  "4-bis. Nel  disporre  la  detenzione  domiciliare  il tribunale di sorveglianza,  quando  ne  abbia accertato la disponibilita' da parte delle  autorita'  preposte  al controllo, puo' prevedere modalita' di verifica  per  l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi   elettronici  o  altri  strumenti  tecnici.  Si  applicano  le disposizioni  di  cui  all'articolo  275-bis  del codice di procedura penale.".          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il testo dell'art. 47-ter della legge 26          luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e          sull'esecuzione  delle  misure privative e limitative della          liberta'),  come  modificato  dal decreto-legge 24 novembre          2000,  n.  341,  e  dalla  relativa legge di conversione 19          gennaio 2001, n. 4:              "Art.  47-ter  (Detenzione  domiciliare).  - 1. La pena          della  reclusione  non  superiore  a quattro anni, anche se          costituente  parte residua di maggior pena, nonche' la pena          dell'arresto,   possono   essere   espiate   nella  propria          abitazione  o  in  altro  luogo di privata dimora ovvero in          luogo  pubblico  di  cura, assistenza o accoglienza, quando          trattasi di:                a) donna  incinta  o madre di prole di eta' inferiore          ad anni dieci, con lei convivente;                b) padre,  esercente  la  potesta',  di prole di eta'          inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre          sia  deceduta  o altrimenti assolutamente impossibilitata a          dare assistenza alla prole;                c) persona  in  condizioni  di salute particolarmente          gravi,  che  richiedano  costanti  contatti  con  i presidi          sanitari territoriali;                d) persona  di  eta'  superiore  a  sessanta anni, se          inabile anche parzialmente;                e) persona  minore  di  anni  ventuno  per comprovate          esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.              1-bis.  La detenzione domiciliare puo' essere applicata          per  l'espiazione  della  pena detentiva inflitta in misura          non  superiore  a  due  anni,  anche  se  costituente parte          residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni          di  cui  al  comma 1 quando non ricorrono i presupposti per          l'affidamento  in  prova  al  servizio sociale e sempre che          tale  misura  sia  idonea  ad  evitare  il  pericolo che il          condannato  commetta  altri reati. La presente disposizione          non  si  applica  ai condannati per i reati di cui all'art.          4-bis.              1-ter.   Quando  potrebbe  essere  disposto  il  rinvio          obbligatorio  o  facoltativo della esecuzione della pena ai          sensi  degli  articoli  146  e  147  del  codice penale, il          tribunale  di  sorveglianza,  anche  se  la  pena supera il          limite  di  cui  al  comma 1, puo' disporre la applicazione          della  detenzione  domiciliare,  stabilendo  un  termine di          durata  di  tale  applicazione,  termine  che  puo'  essere          prorogato.  L'esecuzione  della  pena  prosegue  durante la          esecuzione della detenzione domiciliare.              1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione          domiciliare   e'   proposta   dopo   che  ha  avuto  inizio          l'esecuzione  della pena, il magistrato di sorveglianza cui          la domanda deve essere rivolta puo' disporre l'applicazione          provvisoria  della  misura, quando ricorrono i requisiti di          cui   ai   commi   1  e  1-bis.  Si  applicano,  in  quanto          compatibili, le disposizioni di cui all'art. 47, comma 4.              2.   (Comma  abrogato  dall'art.  1  del  decreto-legge          13 maggio 1991, n. 152).              3.  (Comma  abrogato  dall'art. 4 della legge 25 maggio          1998, n. 165).              4.  Il  tribunale  di  sorveglianza,  nel  disporre  la          detenzione  domiciliare,  ne  fissa  le  modalita'  secondo          quanto  stabilito dall'articolo 284 del codice di procedura          penale. Determina e impartisce altresi' le disposizioni per          gli  interventi  del  servizio sociale. Tali prescrizioni e          disposizioni  possono  essere  modificate dal magistrato di          sorveglianza  competente  per  il luogo in cui si svolge la          detenzione domiciliare.              4-bis.   Nel  disporre  la  detenzione  domiciliare  il          tribunale  di  sorveglianza,  quando  ne abbia accertato la          disponibilita'   da   parte  delle  autorita'  preposte  al          controllo,   puo'   prevedere  modalita'  di  verifica  per          l'osservanza  delle  prescrizioni  imposte  anche  mediante          mezzi  elettronici  o altri strumenti tecnici. Si applicano          le  disposizioni  di  cui  all'art.  275-bis  del codice di          procedura penale.              5. Il condannato nei confronti del quale e' disposta la          detenzione   domiciliare   non   e'  sottoposto  al  regime          penitenziario  previsto dalla presente legge e dal relativo          regolamento di esecuzione.              Nessun  onere  grava sull'amministrazione penitenziaria          per  il  mantenimento,  la  cura  e l'assistenza medica del          condannato che trovasi in detenzione domiciliare.              6.   La   detenzione  domiciliare  e'  revocata  se  il          comportamento  del  soggetto,  contrario  alla legge o alle          prescrizioni   dettate,   appare   incompatibile   con   la          prosecuzione delle misure.              7.  Deve  essere  inoltre  revocata  quando  vengono  a          cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.              8.  Il  condannato  che, essendo in stato di detenzione          nella  propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati          nel  comma 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'art.          385   del   codice   penale.  Si  applica  la  disposizione          dell'ultimo comma dello stesso articolo.              9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa          la  sospensione  del  beneficio e la condanna ne importa la          revoca.              9-bis.  Se  la misura di cui al comma 1-bis e' revocata          ai  sensi  dei  commi  precedenti  la pena residua non puo'          essere sostituita con altra misura.".              - Si  riporta  il testo dell'art. 275-bis del codice di          procedura penale:              "Art.  275-bis  (Particolari modalita' di controllo). -          1.  Nel  disporre la misura degli arresti domiciliari anche          in  sostituzione  della  custodia  cautelare in carcere, il          giudice,  se lo ritiene necessario in relazione alla natura          e  al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso          concreto,  prescrive  procedure di controllo mediante mezzi          elettronici  o  altri  strumenti  tecnici,  quando ne abbia          accertato   la   disponibilita'   da  parte  della  polizia          giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede          l'applicazione  della  misura  della  custodia cautelare in          carcere  qualora  l'imputato neghi il consenso all'adozione          dei mezzi e strumenti anzidetti.              2.  L'imputato  accetta  i  mezzi  e  gli  strumenti di          controllo  di  cui  al  comma  1  ovvero  nega  il consenso          all'applicazione  di  essi, con dichiarazione espressa resa          all'ufficiale   o   all'agente   incaricato   di   eseguire          l'ordinanza  che ha disposto la misura. La dichiarazione e'          trasmessa  al  giudice  che  ha  emesso  l'ordinanza  ed al          pubblico   ministero,   insieme  con  il  verbale  previsto          dall'art. 293, comma 1.              3. L'imputato che ha accettato l'applicazione dei mezzi          e  strumenti  di  cui  al comma 1 e' tenuto ad agevolare le          procedure   di   installazione  e  ad  osservare  le  altre          prescrizioni impostegli.".  |  
|   |                                Art. 18.  1. Il condannato o la persona sottoposta a misura cautelare che, al fine  di  sottrarsi ai controlli prescritti, in qualsiasi modo altera il  funzionamento  dei  mezzi  elettronici  o  degli  altri strumenti tecnici   adottati   nei   suoi  confronti,  o  comunque  si  sottrae fraudolentemente  alla  loro applicazione o al loro funzionamento, e' punito con la reclusione da uno a tre anni.  |  
|   |                                Art. 19.  1. Con  decreto  del Ministro dell'interno, assunto di concerto con il  Ministro  della  giustizia,  sono  determinate  le  modalita'  di installazione  ed  uso e sono individuati i tipi e le caratteristiche dei  mezzi  elettronici  e degli altri strumenti tecnici destinati al controllo  delle  persone  sottoposte  alla  misura  cautelare  degli arresti  domiciliari  nei  casi  previsti  dall'articolo  275-bis del codice  di  procedura  penale,  e  dei  condannati  nel caso previsto dall'articolo  47-ter,  comma 4-bis,  della  legge 26 luglio 1975, n. 354.          Riferimenti normativi:              - Per  il  testo  dell'art.  47-ter, comma 4-bis, della          legge 26 luglio 1975, n. 354, si veda in note all'art. 17.              -   Per  il  testo  dell'art.  275-bis  del  codice  di          procedura penale si veda nelle note dell'art. 17.  |  
|   |                                Art. 20.  1.  Nell'articolo  15  della  legge  21  novembre  1991, n. 374, e' aggiunto il seguente comma:  "2-ter.  L'indennita'  di cui al comma 2-bis spetta al coordinatore anche  se  all'ufficio cui egli e' addetto non risulti effettivamente assegnato altro giudice.".          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  15  della legge 21          novembre  1991,  n.  374 (Istituzione del giudice di pace),          come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341,          e  dalla  relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n.          4:              "Art.  15  (Coordinatore  dell'ufficio  del  giudice di          pace).  -  1.  Nel  caso in cui all'ufficio siano assegnati          piu'  giudici,  il piu' anziano per le funzioni giudiziarie          esercitate  o,  in mancanza, il piu' anziano avuto riguardo          alla data di assunzione dell'incarico o, a parita' di date,          il piu' anziano di eta', svolge compiti di coordinamento.              2.  Il coordinatore, secondo le direttive del Consiglio          superiore   della   magistratura   e   in  armonia  con  le          indicazioni    del    consiglio    giudiziario,    provvede          all'assegnazione degli affari e, d'intesa con il presidente          del  tribunale,  stabilisce  annualmente  i giorni e le ore          delle udienze di istruzione e di discussione delle cause di          competenza dell'ufficio.              2-bis. Al coordinatore spetta un'indennita' di presenza          mensile   per   l'effettivo  esercizio  delle  funzioni  di          L. 250.000  per gli uffici aventi un organico fino a cinque          giudici, di L. 400.000 per gli uffici aventi un organico da          sei a dieci giudici, di L. 600.000 per gli uffici aventi un          organico  da  undici  a  venti  giudici e di L. 750.000 per          tutti gli altri uffici.              2-ter.  L'indennita'  di  cui  al comma 2-bis spetta al          coordinatore  anche  se all'ufficio cui egli e' addetto non          risulti elettivamente assegnato altro giudice".  |  
|   |                                Art. 21.  1.  Per la copertura dei posti in organico degli uffici dei giudici di  pace  del distretto di Napoli, istituiti con decreto del Ministro della  giustizia  del  22  novembre  2000  sono considerate valide le domande  di  nomina  presentate  in  base all'avviso di copertura dei posti di cui al decreto del Ministro della giustizia 3 dicembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale - n. 95 del 4 dicembre 1998.  2.  Alla  procedura  delle  nomine  di cui al comma 1 si applica la disciplina  contenuta nel citato decreto del Ministro della giustizia 4  dicembre 1998, nonche' la disciplina della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni.          Riferimenti normativi:              - Il   decreto   del   Ministro   della  giustizia  del          22 novembre   2000   e'   in  corso  di  pubblicazione  nel          bollettino ufficiale del Ministero della giustizia.              - La  legge 21 novembre 1991, n. 374 reca: "Istituzione          del giudice di pace".  |  
|   |                                Art. 22.  1. Nell'articolo 42-quinquies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12,  dopo il comma primo, e' aggiunto il seguente: "I giudici onorari di   tribunali   che   hanno   in  corso  la  procedura  di  conferma nell'incarico  rimangono  in  servizio  fino  alla  definizione della procedura di cui al secondo comma, anche oltre il termine di scadenza dell'incarico.   La  conferma  della  nomina  ha,  comunque,  effetto retroattivo  con decorrenza dal primo giorno successivo alla scadenza del  triennio  gia'  decorso.  In  caso di mancata conferma i giudici onorari  di  tribunale  in  proroga cessano dall'incarico dal momento della  comunicazione  del  relativo  provvedimento  del  CSM  che non necessita di decreto del Ministro.  2. Nell'articolo 42-quinquies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12,  dopo  il  comma secondo, e' aggiunto il seguente: "La nomina dei giudici  onorari  di  tribunale  pur  avendo  effetto  dalla data del decreto  ministeriale  di  cui  all'articolo  42-ter, primo comma, ha durata  triennale  con decorrenza dal 1o gennaio dell'anno successivo alla nomina.". ((  2-bis.  In  deroga a quanto previsto dall'articolo 35 del decreto legislativo  19  febbraio  1998,  n.  51,  le disposizioni in tema di incompatibilita'  di  cui  all'articolo 42-quater, secondo comma, del regio  decreto  30  gennaio  1941, n. 12, hanno effetto per i giudici onorari  di  tribunale  ed  i vice procuratori onorari attualmente in servizio  decorsi  nove mesi dalla scadenza del triennio di nomina in corso.))          Riferimenti normativi:              - Si  riporta il testo dell'art. 42-quinquies del regio          decreto  30 gennaio  1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario),          come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341,          e  dalla  relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n.          4":              "Art. 42-quinquies (Durata dell'ufficio). - La nomina a          giudice  onorario di tribunale ha la durata di tre anni. Il          titolare  puo'  essere  confermato,  alla scadenza, per una          sola volta.              I  giudici  onorari  di tribunali che hanno in corso la          procedura  di  conferma nell incarico rimangono in servizio          fino  alla  definizione  della  procedura di cui al secondo          comma, anche oltre il termine di scadenza dell'incarico. La          conferma della nomina ha, comunque, effetto retroattivo con          decorrenza  dal  primo  giorno successivo alla scadenza del          triennio  gia'  decorso.  In  caso  di  mancata  conferma i          giudici   onorari   di   tribunale   in   proroga   cessano          dall'incarico  dal momento della comunicazione del relativo          provvedimento  del  Consiglio  superiore della magistratura          che non necessita di decreto del Ministro.              Alla  scadenza  del triennio, il consiglio giudiziario,          nella  composizione  prevista  dall'art.  4, comma 1, della          legge  21  novembre  1991,  n.  374, esprime un giudizio di          idoneita'  alla continuazione dell'esercizio delle funzioni          sulla  base  di  ogni  elemento  utile,  compreso l'esame a          campione   dei  provvedimenti.  Il  giudizio  di  idoneita'          costituisce requisito necessario per la conferma.              La  nomina  dei giudici onorari di tribunale pur avendo          effetto dalla data del decreto ministeriale di cui all'art.          42-ter, primo comma, ha durata triennale con decorrenza dal          1o gennaio dell'anno successivo alla nomina.".              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  42-ter  del  regio          decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario):              "Art. 42-ter (Nomina dei giudici onorari di tribunale).          -  I giudici onorari di tribunale sono nominati con decreto          del  Ministro  di  grazia e giustizia, in conformita' della          deliberazione  del  Consiglio superiore della magistratura,          su   proposta  del  consiglio  giudiziario  competente  per          territorio  nella  composizione  prevista  dall'articolo 4,          comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374.              Per  la  nomina  e'  richiesto il possesso dei seguenti          requisiti:                a) cittadinanza italiana;                b) esercizio dei diritti civili e politici;                c) idoneita' fisica e psichica;                d) eta'  non  inferiore  a  venticinque  anni  e  non          superiore a sessantanove anni;                e) residenza  in  un comune compreso nel distretto in          cui   ha   sede  l'ufficio  giudiziario  per  il  quale  e'          presentata   domanda,   fatta   eccezione  per  coloro  che          esercitano   la  professione  di  avvocato  o  le  funzioni          notarili;                f) laurea in giurisprudenza;                g) non  avere  riportato  condanne  per  delitti  non          colposi o a pena detentiva per contravvenzioni e non essere          stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza.              Costituisce   titolo   di   preferenza  per  la  nomina          l'esercizio, anche pregresso:                a) delle   funzioni   giudiziarie,   comprese  quelle          onorarie;                b) della   professione   di   avvocato,  anche  nella          qualita'   di   iscritto   nell'elenco   speciale  previsto          dall'art. 3, quarto comma, lettera b), del regio decreto 27          novembre 1933, n. 1578, o di notaio;                c) dell'insegnamento   di  materie  giuridiche  nelle          universita' o negli istituti superiori statali;                d) delle   funzioni   inerenti   ai   servizi   delle          cancellerie  e  segreterie  giudiziarie  con  qualifica  di          dirigente  o  con  qualifica  corrispondente alla soppressa          carriera direttiva;                e) delle  funzioni  con  qualifica di dirigente o con          qualifica  corrispondente alla soppressa carriera direttiva          nelle   amministrazioni   pubbliche   o  in  enti  pubblici          economici.              Costituisce  altresi'  titolo di preferenza, in assenza          di  quelli  indicati  nel terzo comma, il conseguimento del          diploma  di specializzazione di cui all'art. 16 del decreto          legislativo 17 novembre 1997, n. 398.              Con   decreto  del  Ministro  di  grazia  e  giustizia,          adottato  su conforme deliberazione del Consiglio superiore          della  magistratura,  sono  disciplinate  le  modalita' del          procedimento di nomina.".              - Si   riporta   il  testo  dell'art.  35  del  decreto          legislativo  19  febbraio  1998, n. 51 (Norme in materia di          istituzione del giudice unico di primo grado):              "Art. 35. - 1. I magistrati onorari, gia' addetti quali          vice pretori e vice procuratori agli uffici soppressi, sono          addetti  di  diritto  ai  tribunali  ed  alle procure della          Repubblica  presso  il  tribunale  cui  sono  trasferite le          funzioni    degli    uffici    soppressi,    in   qualita',          rispettivamente,  di  giudici onorari e di vice procuratori          onorari.              2.   Le  disposizioni  di  cui  agli  articoli  42-ter,          42-quater,  primo  e  secondo  comma, 42-quinquies e 71 del          regio  decreto  30  gennaio  1941,  n. 12 , come aggiunti o          sostituiti  dal  presente decreto, si applicano ai predetti          magistrati onorari alla scadenza del triennio in corso alla          data di efficacia del presente decreto.".              - Si  riporta  il  testo  dell'art. 42-quater del regio          decreto 30 gennaio l941, n. 12 (Ordinamento giudiziario):              "Art.   42-quater  (Incompatibilita').  -  Non  possono          esercitare le funzioni di giudice onorario di tribunale:                a) i  membri  del  parlamento nazionale ed europeo, i          membri  del  Governo,  i  titolari di cariche elettive ed i          membri  delle  giunte degli enti territoriali, i componenti          degli  organi deputati al controllo sugli atti degli stessi          enti ed i titolari della carica di difensore civico;                b) gli  ecclesiastici  e  i  ministri  di confessioni          religiose;                c) coloro  che  ricoprono  o  hanno ricoperto nei tre          anni  precedenti  incarichi,  anche  esecutivi, nei partiti          politici;                d) gli  appartenenti  ad  associazioni  i cui vincoli          siano  incompatibili  con  l'esercizio  indipendente  della          funzione giurisdizionale;                e) coloro  che svolgono o abbiano svolto nei tre anni          precedenti  attivita'  professionale  non  occasionale  per          conto  di  imprese  di assicurazione o bancarie, ovvero per          istituti o societa' di intermediazione finanziaria.              Gli  avvocati ed i praticanti ammessi al patrocinio non          possono  esercitare  la  professione  forense  dinanzi agli          uffici  giudiziari  compresi  nel circondario del tribunale          presso  il quale svolgono le funzioni di giudice onorario e          non  possono rappresentare o difendere le parti, nelle fasi          successive,  in  procedimenti  svoltisi dinanzi ai medesimi          uffici.              Il  giudice  onorario  di  tribunale  non puo' assumere          l'incarico   di   consulente,   perito   o  interprete  nei          procedimenti che si svolgono dinanzi agli uffici giudiziari          compresi  nel  circondario  del  tribunale  presso il quale          esercita le funzioni giudiziarie.".  |  
|   |                                Art. 23.  1.   Ai   magistrati   applicati   in  altro  distretto,  ai  sensi dell'articolo 110, comma 3, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e'  attribuita  per  il periodo di servizio svolto in applicazione la medesima  indennita'  indicata  di cui all'articolo 2, comma 1, della legge  4  maggio  1998,  n. 133, in ragione dell'effettivo periodo di applicazione.  2.   Ai   magistrati   applicati   in  altro  distretto,  ai  sensi dell'articolo 110, comma 3, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, si  applicano  i  benefici  giuridici di cui all'articolo 5, comma 4, della legge 4 maggio 1998, n. 133.  3.  Nell'articolo  110, comma 5, del regio decreto 30 gennaio 1941, n.  12,  e'  aggiunto,  in  fine,  il  seguente  periodo: "In casi di eccezionale  rilevanza  da valutarsi da parte del Consiglio superiore della   magistratura,   la   applicazione   puo'   essere   disposta, limitatamente  ai soli procedimenti di cui all'ultima parte del comma 7, per un ulteriore periodo massimo di un anno.".          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il testo dell'art. 110 del regio decreto          30  gennaio  1941,  n.  12  (Ordinamento giudiziario), come          modificato  dal  decreto-legge  24 novembre 2000, n. 341, e          dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4:              "Art.  110  (Applicazione dei magistrati). - 1. Possono          essere  applicati ai tribunali ordinari. ai tribunali per i          minorenni   e  di  sorveglianza,  alle  corti  di  appello,          indipendentemente  dalla  integrale  copertura del relativo          organico,  quando  le  esigenze  di servizio in tali uffici          sono imprescindibili e prevalenti, uno o piu' magistrati in          servizio  presso  gli  organi  giudicanti del medesimo o di          altro  distretto;  per  gli  stessi  motivi  possono essere          applicati  a tutti gli uffici del pubblico ministero di cui          all'art.  70,  comma  1,  sostituti procuratori in servizio          presso uffici di procura del medesimo o di altro distretto.          I  magistrati  di  tribunale  possono  essere applicati per          svolgere  funzioni, anche direttive, di magistrato di corte          d'appello.              2.  La  scelta  dei  magistrati da applicare e' operata          secondo  criteri obiettivi e predeterminati indicati in via          generale  dal  Consiglio  superiore  della  magistratura ed          approvati  contestualmente  alle tabelle degli uffici e con          la  medesima  procedura.  L'applicazione  e'  disposta  con          decreto  motivato,  sentito  il  consiglio giudiziario, dal          presidente  della  corte  di  appello  per  i magistrati in          servizio  presso organi giudicanti del medesimo distretto e          dal  procuratore  generale presso la corte di appello per i          magistrati   in   servizio   presso   uffici  del  pubblico          ministero.  Copia  del  decreto  e'  trasmessa al Consiglio          superiore  della  magistratura  e  al Ministero di grazia e          giustizia  a  norma dell'art. 42 del decreto del Presidente          della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916.              3.   Per   i   magistrati  in  servizio  presso  organi          giudicanti   o  uffici  del  pubblico  ministero  di  altro          distretto   l'applicazione   e'   disposta   dal  Consiglio          superiore  della  magistratura,  nel  rispetto  dei criteri          obiettivi e predeterminati fissati in via generale ai sensi          del  comma 2, su richiesta motivata del Ministero di grazia          e  giustizia  ovvero del presidente o, rispettivamente, del          procuratore  generale  presso  la  corte di appello nel cui          distretto   ha  sede  l'organo  o  l'ufficio  al  quale  si          riferisce  l'applicazione, sentito il consiglio giudiziario          del  distretto  nel quale presta servizio il magistrato che          dovrebbe  essere  applicato. L'applicazione e' disposta con          preferenza  per  il  distretto  piu'  vicino;  deve  essere          sentito il presidente o il procuratore generale della corte          di  appello  nel  cui distretto il magistrato da applicare,          scelto dal Consiglio superiore della magistratura, esercita          le funzioni.              3-bis.  Quando l'applicazione prevista dal comma 3 deve          essere  disposta  per  uffici  dei  distretti  di  corte di          appello   di   Caltanissetta,  Catania,  Catanzaro,  Lecce,          Messina,  Napoli,  Palermo, Salerno, Reggio di Calabria, il          Consiglio  superiore  della magistratura provvede d'urgenza          nel  termine  di  quindici giorni dalla richiesta; per ogni          altro ufficio provvede entro trenta giorni.              4.  Il parere del consiglio giudiziario di cui ai commi          2  e  3 e' espresso, sentito previamente l'interessato, nel          termine perentorio di quindici giorni dalla richiesta.              5.  L'applicazione  non  puo'  superare la durata di un          anno.  Nei  casi  di  necessita'  dell'ufficio  al quale il          magistrato  e'  applicato  puo'  essere  rinnovata  per  un          periodo  non  superiore  ad  un  anno.  In  ogni  caso  una          ulteriore  applicazione  non  puo'  essere  disposta se non          siano  decorsi  due anni dalla fine del periodo precedente.          In  casi di eccezionale rilevanza da valutarsi da parte del          Consiglio  superiore  della  magistratura,  la applicazione          puo' essere disposta, limitatamente ai soli procedimenti di          cui  all'ultima parte del comma 7, per un ulteriore periodo          massimo di un anno.              6. Non puo' far parte di un collegio giudicante piu' di          un magistrato applicato.              7. Se le esigenze indicate nel comma 1 sono determinate          dalla  pendenza  di  uno  o piu' procedimenti penali la cui          trattazione  si prevede di durata particolarmente lunga, il          magistrato  applicato  presso  organi  giudicanti  non puo'          svolgere  attivita'  in  tali  procedimenti,  salvo  che si          tratti di procedimenti per uno dei reati previsti dall'art.          51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.".              - Si  riporta  il testo degli articoli 2, comma l, e 5,          comma  4,  della  legge 4 maggio 1998, n. 133 (Incentivi ai          magistrati   trasferiti   o   destinati  d'ufficio  a  sedi          disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali):              "Art.   2   (Indennita'   in   caso   di  trasferimento          d'ufficio).  -  1.  Al  magistrato  trasferito d'ufficio ai          sensi  dell'art.  10  e'  attribuita  per  quattro anni una          indennita'   mensile   determinata   in   base   al  doppio          dell'importo  previsto  quale  diaria  giornaliera  per  il          trattamento di missione dalla tabella A allegata alla legge          18  dicembre  1973,  n. 836, come modificata dalla legge 26          luglio   1978,   n.   417,   e  successivamente  da  ultimo          rideterminato con decreto del Ministro del tesoro 11 aprile          1985,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  112  del          14 maggio 1985".              "Art.  5  (Valutazione  dei servizi prestati nelle sedi          disagiate   a   seguito   di   assegnazione,  trasferimento          d'ufficio  o  applicazione).  -  4.  Fermo  restando quanto          previsto  nel  comma  3, per i magistrati applicati in sedi          disagiate  la  anzianita' di servizio e' calcolata, ai soli          fini del primo tramutamento successivo, con l'aumento della          meta'  per  ogni  mese di servizio trascorso nella sede. Le          frazioni   di   servizio   inferiori   al   mese  non  sono          considerate".  |  
|   |                                Art. 24.  1. La   distribuzione  degli  organici  dell'amministrazione  della giustizia,  nell'ambito  delle  aree  funzionali e tra le medesime e' modificata  con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta  del  Ministro  della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, purche' le modifiche  non  comportino  oneri  aggiuntivi rispetto alla dotazione organica complessiva come definita dai provvedimenti preesistenti. ((  1-bis. L'amministrazione   giudiziaria  provvede  alla  copertura della  meta' dei posti vacanti nella carriera dirigenziale attingendo alle graduatorie di merito dei concorsi precedentemente banditi dalla medesima  amministrazione,  fermo  restando  il  termine di validita' previsto  dagli  articoli 39, comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e 20, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488.  1-ter. Nelle procedure di assunzione del personale amministrativo e tecnico  di cui all'articolo 14 del contratto collettivo nazionale di lavoro  del  comparto Ministeri, pubblicato nel supplemento ordinario alla  Gazzetta  Ufficiale  n.  46  del  25  febbraio  1999,  fino  al completamento  degli  organici  di  cui al decreto del Presidente del Consiglio  dei  Ministri  4  ottobre  2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale   n.   267   del   15   novembre  2000 ,  l'amministrazione penitenziaria  e'  autorizzata  a  servirsi  delle  graduatorie degli idonei  dei  concorsi  pubblici  espletati  anche  da altre pubbliche amministrazioni, previa autorizzazione delle stesse amministrazioni e con il consenso degli idonei direttamente interessati.))          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il  testo  dell'art. 39, comma 13, della          legge   27   dicembre   1997,   n.   449   (Misure  per  la          stabilizzazione della finanza pubblica):              "13.  Le graduatorie dei concorsi per esami, indetti ai          sensi  dell'art.  28,  comma  2,  del decreto legislativo 3          febbraio   1993,   n.   29,   e  successive  modificazioni,          conservano  validita' per un periodo di diciotto mesi dalla          data della loro approvazione.".              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  20, comma 3, della          legge  23  dicembre  1999,  n.  488  (Disposizioni  per  la          formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato).          (Legge finanziaria 2000):              "3.  Fatti salvi i periodi di vigenza maggiori previsti          da  specifiche  disposizioni  di  legge, la validita' delle          graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale,          anche con qualifica dirigenziale, presso le amministrazioni          pubbliche   di   cui  all'art.  1,  comma  2,  del  decreto          legislativo   3   febbraio   1993,   n.  29,  e  successive          modificazioni,  e'  elevata  da  18  a  24  mesi e comunque          permane  fino  al  31 dicembre  2000.  Restano parimenti in          vigore  fino  alla  predetta  data le graduatorie valide al          31 dicembre 1998.".  |  
|   |                              Art. 24-bis. ((  1. All'articolo  11  della  legge  21  novembre  1991,  n. 374, e successive modificazioni, i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:  "2. Ai  magistrati onorari che esercitano la funzione di giudice di pace  e'  corrisposta un'indennita' di L. 70.000 per ciascuna udienza civile  o  penale,  anche se non dibattimentale, e per l'attivita' di apposizione  dei  sigilli,  nonche'  di  L.  110.000  per  ogni altro processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo.  3. E'  altresi' dovuta un'indennita' di L. 500.000 per ciascun mese di  effettivo  servizio a titolo di rimborso spese per l'attivita' di formazione,  aggiornamento  e per l'espletamento dei servizi generali di  istituto.  Nulla  e'  dovuto  per le cause cancellate che vengono riassunte  e  per  le  udienze  complessivamente  tenute oltre le 110 l'anno".  2. Agli  oneri  derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al  comma  1,  valutati  nella  misura massima di lire 91.000 milioni annue,  si  provvede  nei  limiti delle risorse gia' rese disponibili dall'articolo 27 della legge 24 novembre 1999, n. 468.))          Riferimenti normativi:              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  11  della legge 21          novembre  1991,  n.  374 (Istituzione del giudice di pace),          come  modificato  dal  decreto-  legge 24 novembre 2000, n.          341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001,          n. 4:              "Art.  11  (Indennita' spettanti al giudice di pace). -          1. L'ufficio del giudice di pace e' onorario.              2.  Ai magistrati onorari che esercitano la funzione di          giudice  di  pace e' corrisposta un'indennita' di L. 70.000          per   ciascuna  udienza  civile  o  penale,  anche  se  non          dibattimentale,  e  per  l  'attivita'  di  apposizione dei          sigilli,  nonche'  di  L. 110.  000 per ogni altro processo          assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo.              3.  E'  altresi' dovuta un'indennita' di L. 500.000 per          ciascun  mese  di  effettivo  servizio a titolo di rimborso          spese  per l'attivita' di formazione, aggiornamento e per l          'espletamento  dei  servizi  generali di istituto. Nulla e'          dovuto  per le cause cancellate che vengono riassunte e per          le udienze complessivamente tenute oltre le 110 l'anno.              3-bis.  In  materia  civile e' corrisposta altresi' una          indennita'  di lire ventimila per ogni decreto ingiuntivo o          ordinanza ingiuntiva emessi, rispettivamente, a norma degli          articoli  641  e  186-ter  del  codice di procedura civile;          l'indennita'  spetta  anche se la domanda di ingiunzione e'          rigettata con provvedimento motivato.              4. L'ammontare delle indennita' di cui ai commi 2 e 3 e          3-bis  del  presente  articolo  e  di  cui  al  comma 2-bis          dell'art.  15  e'  rideterminato ogni tre anni, con decreto          emanato  dal  Ministro  della giustizia, di concerto con il          Ministro  del  tesoro,  del bilancio e della programmazione          economica,   in   relazione   alla   variazione,  accertata          dall'ISTAT,  dell'indice  dei  prezzi  al  consumo  per  le          famiglie  di  operai  e impiegati verificatasi nel triennio          precedente.              4-bis.  Le  indennita'  previste  dal presente articolo          sono  cumulabili  con  i  trattamenti  pensionistici  e  di          quiescenza comunque denominati".              - Si  riporta  il  testo  dell'art.  27  della legge 24          novembre  1999,  n.  468  (Modifiche alla legge 21 novembre          1991,  n.  374,  recante  istituzione  del giudice di pace.          Delega  al  Governo  in  materia  di  competenza penale del          giudice  di  pace  e  modifica  dell'art. 593 del codice di          procedura penale):              "Art. 27 (Norme di copertura). - 1. All'onere derivante          dall'attuazione  della  presente  legge, pari a lire 16.000          milioni  per  l'anno 1998, a lire 39.102 milioni per l'anno          1999  e  a  lire 97.000 milioni annue a decorrere dall'anno          2000, si provvede:                a) quanto  a  lire  16.000  milioni  per l'anno 1998,          mediante   corrispondente   riduzione   dello  stanziamento          iscritto.   ai   fini  del  bilancio  triennale  1998-2000,          nell'ambito  dell'unita'  previsionale  di  base  di  conto          capitale  "Fondo  speciale"  dello  stato di previsione del          Ministero  del  tesoro, del bilancio e della programmazione          economica   per   l'anno   1998,  allo  scopo  parzialmente          utilizzando  l'accantonamento  relativo  al Ministero della          giustizia;                b) quanto  a  lire 25.867 milioni per l'anno 1999 e a          lire  57.536  milioni  annue  a  decorrere  dall'anno 2000,          mediante   corrispondente   riduzione   dello  stanziamento          iscritto,   ai   fini  del  bilancio  triennale  1999-2001,          nell'ambito  dell'unita'  previsionale  di  base  di  parte          corrente  "Fondo  speciale"  dello  stato di previsione del          Ministero  del  tesoro, del bilancio e della programmazione          economica   per   l'anno   1999,  allo  scopo  parzialmente          utilizzando  l'accantonamento  relativo  al Ministero della          giustizia;                c) quanto  a  lire 13.235 milioni per l'anno 1999 e a          lire  39.464  milioni  annue  a  decorrere  dall'anno  2000          mediante   corrispondente   riduzione   dello  stanziamento          iscritto,   ai   fini  del  bilancio  triennale  1999-2001,          nell'ambito  dell'unita'  previsionale  di  base  di  parte          corrente  "Fondo  speciale"  dello  stato di previsione del          Ministero  del  tesoro, del bilancio e della programmazione          economica   per   l'anno   1999,  allo  scopo  parzialmente          utilizzando  l'accantonamento  relativo alla Presidenza del          Consiglio dei Ministri.              2.  Il  Ministro  del  tesoro,  del  bilancio  e  della          programmazione  economica  e' autorizzato ad apportare, con          propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.".  |  
|   |                              Art. 24-ter. ((  1. All'articolo 4 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:  "1. Ai  giudici  onorari  di  tribunale  spetta un'indennita' di L. 150.000 per ogni udienza, anche se tenuta in camera di consiglio. Non possono essere corrisposte piu' di due indennita' al giorno.  2. Ai  vice  procuratori onorari spetta un'indennita' di L. 150.000 per  ogni  udienza  in  relazione alla quale e' conferita la delega a norma  dell'articolo  72  del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive  modificazioni.  L'indennita'  e'  corrisposta  per intero anche  se  la  delega  e' conferita soltanto per uno o per alcuni dei processi  trattati  nell'udienza. Non possono essere corrisposte piu' di due indennita' al giorno".  2. Agli  oneri  derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al  comma  1,  valutati  nella  misura  massima di lire 5.000 milioni annue,  si  provvede  nei  limiti delle risorse gia' rese disponibili dall'articolo 27 della legge 24 novembre 1999, n. 468.))          Riferimenti normativi:              - Si   riporta   il   testo  dell'art.  4  del  decreto          legislativo 28 luglio 1989, n. 273 (Norme di attuazione, di          coordinamento  e  transitorie  del  decreto  del Presidente          della  Repubblica  22 settembre 1988, n. 449, recante norme          per  l'adeguamento  dell'ordinamento  giudiziario  al nuovo          processo  penale  ed  a  quello  a  carico  degli  imputati          minorenni),  come  modificato dal decreto-legge 24 novembre          2000,  n.  341,  e  dalla  relativa legge di conversione 19          gennaio 2001, n. 4:              "Art.  4.  -  1. Ai giudici onorari di tribunale spetta          un'indennita'  di  L. 150.000  per  ogni  udienza, anche se          tenuta   in   camera   di  consiglio.  Non  possono  essere          corrisposte piu' di due indennita' al giorno.              2.  Ai  vice procurabori onorari spetta un'indennia' di          L. 150.000  per  ogni  udienza  in  relazione alla quale e'          conferita  la delega a norma dell'art. 72 del regio decreto          30   gennaio  1941,  n.  12,  e  successive  modificazioni.          L'indennita'  e'  corrisposta per intero anche se la delega          e'  conferita  soltanto  per  uno o per alcuni dei processi          trattati  nell'udienza. Non possono essere corrisposte piu'          di due indennita' al giorno.              3.  L'ammontare delle indennita' previste dai commi 1 e          2  puo'  essere adeguato ogni tre anni, con decreto emanato          dal  Ministro  di  grazia  e  giustizia  di concerto con il          Ministro   del   tesoro,   in  relazione  alla  variazione,          accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per          le   famiglie  di  operai  e  impiegati,  verificatasi  nel          triennio precedente.              4.  La  spesa  relativa  gravera' sul capitolo 1589 del          bilancio del ministero di grazia e giustizia.              5.  Sono  abrogati  gli  articoli  32 comma 2 e 208 del          regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.".              - Si riporta il testo dell'art. 72 del regio decreto 30          gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario):              "Art.  72  (Delegati  del  procuratore della Repubblica          presso  il  tribunale  ordinario).  -  Nei procedimenti sui          quali  il tribunale giudica in composizione monocratica, le          funzioni  del pubblico ministero possono essere svolte, per          delega  nominativa  del procuratore della Repubblica presso          il tribunale ordinario:                a) nell'udienza     dibattimentale,     da    uditori          giudiziari,    da    vice   procuratori   onorari   addetti          all'ufficio, da ufficiali di polizia giudiziaria diversi da          coloro che hanno preso parte alle indagini preliminari o da          laureati  in giurisprudenza che frequentano il secondo anno          della   scuola   biennale   di   specializzazione   per  le          professioni   legali   di   cui  all'art.  16  del  decreto          legislativo 17 novembre 1997, n. 398;                b) nell'udienza   di  convalida  dell'arresto  o  del          fermo,  da  uditori  giudiziari  che  abbiano  compiuto  un          periodo   di   tirocinio   di  almeno  sei  mesi,  nonche',          limitatamente  alla  convalida  dell'arresto  nel  giudizio          direttissimo,   da   vice   procuratori   onorari   addetti          all'ufficio in servizio da almeno sei mesi;                c) per  la  richiesta di emissione del decreto penale          di condanna ai sensi degli articoli 459, comma 1, e 565 del          codice  di  procedura  penale,  da vice procuratori onorari          addetti all'ufficio;                d) nei  procedimenti  in  camera  di consiglio di cui          all'art.  127  del codice di procedura penale, salvo quanto          previsto  dalla  lettera b), nei procedimenti di esecuzione          ai  fini  dell'intervento di cui all'art. 655, comma 2, del          medesimo  codice,  e  nei  procedimenti  di  opposizione al          decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso          ai   periti,  consulenti  tecnici  e  traduttori  ai  sensi          dell'art.  11  della  legge  8 luglio 1980, n. 319, da vice          procuratori onorari addetti all'ufficio;                e) nei procedimenti civili, da uditori giudiziari, da          vice procuratori onorari addetti all'ufficio o dai laureati          in giurisprudenza di cui alla lettera a).               La delega e' conferita in relazione ad una determinata          udienza  o a un singolo procedimento. Nella materia penale,          essa  e'  revocabile  nei  soli  casi  in  cui il codice di          procedura  penale  prevede  la  sostituzione  del  pubblico          ministero.              Nella  materia  penale, e' seguito altresi' il criterio          di  non  delegare  le  funzioni  del  pubblico ministero in          relazione a procedimenti relativi a reati diversi da quelli          per cui si procede con citazione diretta a giudizio secondo          quanto  previsto  dall'art.  550  del  codice  di procedura          penale.".              - Per  il  testo  dell'art. 27, della legge 24 novembre          1999, n. 468 si veda in note all'art. 24-bis.  |  
|   |                                Art. 25.  1. All'onere   derivante   dall'attuazione  del  presente  decreto, valutato  in  lire  1.720  milioni  per  l'anno  2000, in lire 15.760 milioni  per l'anno 2001, in lire 40.000 milioni per l'anno 2002 e in lire  33.026 milioni a decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente  riduzione  dello  stanziamento  iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero  del  tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, all'uopo utilizzando:    quanto  a lire 1.720 milioni per l'anno 2000 e lire 2.480 milioni per  l'anno 2001 e lire 759 milioni per l'anno 2002, l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;    quanto  a  lire  5.000 milioni per l'anno 2001 e lire 961 milioni per   l'anno   2002  l'accantonamento  relativo  al  Ministero  della giustizia;    quanto a lire 8.280 milioni per l'anno 2001 e lire 38.280 milioni per  l'anno  2002 l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.  2. Il  Ministro  del  tesoro,  del  bilancio e della programmazione economica  e'  autorizzato  ad  apportare,  con  propri  decreti,  le occorrenti variazioni di bilancio.  |  
|   |                                Art. 26.  1. Il  presente  decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge.  |  
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