Gazzetta n. 42 del 20 febbraio 2001 (vai al sommario) |
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TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 24 novembre 2000, n. 341 |
Ripubblicazione del testo del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 275 del 24 novembre 2000), coordinato con la legge di conversione 20 gennaio 2001, n. 4 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 16 del 20 gennaio 2001), recante: "Disposizioni urgenti per l'efficacia e l'efficienza dell'Amministrazione della giustizia". |
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Avvertenza: Il testo coordinato qui pubblicato e' stato redatto dal Ministero della giustizia ai sensi dell'art. 11, comma 1, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, nonche' dall'art. 10, commi 2 e 3, del medesimo testo unico, al solo fine di facilitare la lettura sia delle disposizioni del decreto-legge, integrate con le modifiche apportate dalla legge di conversione, che di quelle modificate o richiamate nel decreto, trascritte nelle note. Restano invariati i valori e l'efficacia degli atti legislativi qui riportati. Le modifiche apportate dalla legge di conversione sono stampate con caratteri corsivi.
Tali modifiche sul terminale sono riportate tra i segni ((...))
A norma dell'art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), le modifiche apportate dalla legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Art. 1. (( 1. All'articolo 18, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera e) e' aggiunta la seguente: "e-bis) se uno o piu' imputati dei reati previsti dal-l'articolo 407, comma 2, lettera a), e' prossimo ad essere rimesso in liberta' per scadenza dei termini per la mancanza di altri titoli di detenzione". 2. (Soppresso). 3. (Soppresso). 4. Dopo l'articolo 130 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' inserito il seguente: "Art. 130-bis (Separazione dei procedimenti in fase di indagine). - 1. Il pubblico ministero, prima dell'esercizio dell'azione penale, procede di regola separatamente quando ricorrono le ragioni di urgenza indicate nell'articolo 18, comma 1, lettera e-bis) del codice". 5. Dopo l'articolo 132 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,)) e' aggiunto il seguente: "Art. 132-bis (Formazione dei ruoli di udienza). - 1. Nella formazione dei ruoli di udienza e' assicurata priorita' assoluta alla trattazione dei procedimenti quando ricorrono ragioni di urgenza con riferimento alla scadenza dei termini di custodia cautelare.". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 18 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 18 (Separazione di processi). - 1. La separazione di processi e' disposta, salvo che il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti: a) se, nell'udienza preliminare, nei confronti di uno o piu' imputati o per una o piu' imputazioni e' possibile pervenire prontamente alla decisione, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni e' necessario acquisire ulteriori informazioni a norma dell'art. 422; b) se nei confronti di uno o piu' imputati o per una o piu' imputazioni e' stata ordinata la sospensione del procedimento; c) se uno o piu' imputati non sono comparsi al dibattimento per nullita' dell'atto di citazione o della sua notificazione, per legittimo impedimento o per mancata conoscenza incolpevole dell'atto di citazione; d) se uno o piu' difensori di imputati non sono comparsi al dibattimento per mancato avviso ovvero per legittimo impedimento; e) se nei confronti di uno o piu' imputati o per una o piu' imputazioni l'istruzione dibattimentale risulta conclusa, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni e' necessario il compimento di ulteriori atti che non consentono di pervenire prontamente alla decisione; e-bis) se uno o piu' imputati dei reali previsti dall'art. 407, comma 2, lettera a), e' prossimo ad essere rimesso in liberta' per scadenza dei termini per la mancanza di altri titoli di detenzione. 2. Fuori dei casi previsti dal comma l, la separazione puo' essere altresi' disposta, sull'accordo delle parti, qualora il giudice la ritenga utile ai fini della speditezza del processo.". - Il testo dell'art. 307 del codice di procedura penale e' riportato nelle note all'art. 2. |
| Art. 2. (( 1. All'articolo 303, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, dopo il numero 3) e' aggiunto il seguente: "3-bis) qualora si proceda per i delitti di cui all'arti-colo 407, comma 2, lettera a), i termini di cui ai numeri 1), 2) e 3) sono aumentati fino a sei mesi. Tale termine e' imputato a quello della fase precedente ove non completamente utilizzato, ovvero ai termini di cui alla lettera d) per la parte eventualmente residua. In quest'ultimo caso i termini di cui alla lettera d) sono proporzionalmente ridotti". 1-bis. All'articolo 303, comma 1, lettera d), primo periodo, del codice di procedura penale, dopo le parole: "sentenza irrevocabile di condanna" sono aggiunte le seguenti: ", salve le ipotesi di cui alla lettera b), numero 3-bis)". 2. All'articolo 304, comma 6, primo periodo, del codice di procedura penale, dopo le parole: "commi 1, 2 e 3" sono aggiunte le seguenti: "senza tenere conto dell'ulteriore termine previsto dall'articolo 303, comma 1, lettera b), numero 3-bis)". 3. (Soppresso). 4. (Soppresso). 5. All'articolo 307 del codice di procedura penale, il comma 1 e' sostituito dal seguente)) "1. Nei confronti dell'imputato scarcerato per decorrenza dei termini il giudice ((dispone le altre misure cautelari di cui ricorrano i presupposti, solo se sussistono)) le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare.". 6. All'articolo 307 del codice di procedura penale, dopo il comma 1, e' inserito il seguente: "1-bis. Qualora si proceda per taluno dei reati indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), il giudice dispone le misure cautelari indicate dagli articoli 281, 282 e 283 anche cumulativamente.". 7. Nel primo periodo del comma 4 dell'articolo 307 del codice di procedura penale, dopo le parole: "trasgredendo alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta a norma del comma 1" sono inserite le seguenti: "o nell'ipotesi prevista dal comma 2, lettera b)" e le parole: "si e' dato" sono sostituite dalle seguenti: "stia per darsi". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 303 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 303 (Termini di durata massima della custodia cautelare). - 1. La custodia cautelare perde efficacia quando: a) dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio o l'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato ai sensi dell'art. 438, ovvero senza che sia stata pronunciata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti: 1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal numero 3); 3) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), sempre che per lo stesso la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni; b) dall'emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado: 1) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dal numero l); 3) un anno e sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni; 3-bis) qualora si proceda per i delitti di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), i termini di cui ai numeri 1), 2) e 3) sono aumentati fino a sei mesi. Tale termine e' imputato a quello della fase precedente ove non completamente utilizzato, ovvero ai termini di cui alla lettera d) per la parte eventualmente residua. In quest'ultimo caso i termini di cui alla lettera d) sono proporzionalmente ridotti; b-bis) dall'emissione dell'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna ai sensi dell'art. 442: 1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto nel numero 1; 3) nove mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni; c) dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello: 1) nove mesi, se vi e' stata condanna alla pena della reclusione non superiore a tre anni; 2) un anno, se vi e' stata condanna alla pena della reclusione non superiore a dieci anni; 3) un anno e sei mesi, se vi e' stata condanna alla pena dell'ergastolo o della reclusione superiore a dieci anni; d) dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti dalla lettera c) senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, salve le ipotesi di cui alla lettera b), numero 3-bis). Tuttavia, se vi e' stata condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione e' stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applica soltanto la disposizione del comma 4. 2. Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione o per altra causa, il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice, dalla data del procedimento che dispone il regresso o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia cautelare decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento. 3. Nel caso di evasione dell'imputato sottoposto a custodia cautelare, i termini previsti dal comma 1 decorrono di nuovo, relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento, dal momento in cui venga ripristinata la custodia cautelare. 4. La durata complessiva della custodia cautelare, considerate anche le proroghe previste dall'art. 305, non puo' superare i seguenti termini: a) due anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; b) quattro anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dalla lettera a); c) sei anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a venti anni.". - Si riporta il testo dell'art. 304 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 304 (Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare). - 1. I termini previsti dall'art. 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'art. 310, nei seguenti casi: a) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento e' sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato o del suo difensore ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa; b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento e' sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o piu' difensori che rendano privo di assistenza uno o piu' imputati; c) nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall'art. 544, commi 2 e 3; c-bis) nel giudizio abbreviato, durante il tempo in cui l'udienza e' sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nelle lettere a) e b) e durante la pendenza dei termini previsti dall'art. 544, commi 2 e 3. 2. I termini previsti dall'art. 303 possono essere altresi' sospesi quando si procede per taluno dei reati indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), nel caso di dibattimenti o di giudizi abbreviati particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni. 3. Nei casi previsti dal comma 2, la sospensione e' disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, con ordinanza appellabile a norma dell'art. 310. 4. I termini previsti dall'articolo, comma 1, lettera a), sono sospesi, con ordinanza appellabile a riforma dell'art. 310, se l'udienza preliminare e' sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nel comma 1, lettere a) e b), del presente articolo. 5. Le disposizioni di cui alle lettere a) e b) del comma l, anche se riferite al giudizio abbreviato, e di cui al comma 4 non si applicano ai coimputati ai quali i casi di sospensione non si riferiscono e che chiedono che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi. 6. La durata della custodia cautelare non puo' comunque superare il doppio dei termini previsti dall'art. 303, commi 1, 2 e 3 senza tenere conto dell'ulteriore termine previsto dall'art. 303, comma 1, lettera b), numero 3-bis) e i termini aumentati della meta' previsti dall'art. 303, comma 4, ovvero, se piu' favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza. A tal fine la pena dell'ergastolo e' equiparata alla pena massima temporanea. 7. Nel computo dei termini di cui al comma 6, salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui al comma l, lettera b).". - Si riporta il testo dell'art. 307 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 307 (Provvedimenti in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini). - 1. Nei confronti dell'imputato scarcerato per decorrenza dei termini il giudice dispone le altre misure cautelari di cui ricorrano i presupposti, solo se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare. 1-bis). Qualora si proceda per taluno dei reali indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), il giudice dispone le misure cautelari indicate dagli articoli 281, 282 e 283 anche cumulativamente. 2. La custodia cautelare, ove risulti necessaria a norma dell'art. 275, e' tuttavia ripristinata: a) se l'imputato ha dolosamente trasgredito alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta a norma del comma 1, sempre che, in relazione alla natura di tale trasgressione, ricorra taluna delle esigenze cautelari previste dall'art. 274; b) contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna di primo o di secondo grado, quando ricorre l'esigenza cautelare prevista dall'art. 274, comma 1, lettera b). 3. Con il ripristino della custodia, i termini relativi alla fase in cui il procedimento si trova decorrono nuovamente ma, ai fini del computo del termine previsto dall'art. 303, comma 4, si tiene conto anche della custodia anteriormente subita. 4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere al fermo dell'imputato che, trasgredendo alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta a norma del comma 1 o nell'ipotesi prevista dal comma 2, lettera b), stia per darsi alla fuga. Del fermo e' data notizia senza ritardo, e comunque entro le ventiquattro ore, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del luogo ove il fermo e' stato eseguito. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sul fermo di indiziato di delitto. Con il provvedimento di convalida, il giudice per le indagini preliminari, se il pubblico ministero ne fa richiesta, dispone con ordinanza, quando ne ricorrono le condizioni, la misura della custodia cautelare e trasmette gli atti al giudice competente. 5. La misura disposta a norma del comma 4 cessa di avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza, il giudice competente non provvede a norma del comma 2, lettera a).". - Si riporta il testo degli articoli 281, 282 e 283 del codice di procedura penale: "Art. 281 (Divieto di espatrio). - 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di espatrio, il giudice prescrive all'imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l'autorizzazione del giudice che procede. 2. Il giudice da' le disposizioni necessarie per assicurare l'esecuzione del provvedimento, anche al fine di impedire l 'utilizzazione del passaporto e degli altri documenti di identita' validi per l'espatrio. 2-bis. Con l'ordinanza che applica una delle altre misure coercitive previste dal presente capo, il giudice dispone in ogni caso il divieto di espatrio.". "Art. 282 (Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria). - 1. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria il giudice prescrive all'imputato di presentarsi a un determinato ufficio di polizia giudiziaria. 2. Il giudice fissa i giorni e le ore di presentazione tenendo conto dell'attivita' lavorativa e del luogo di abitazione dell'imputato.". "Art. 283 (Divieto e obbligo di dimora). - 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede. 2. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che procede, dal territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un piu' efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non e' sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo. Se per la personalita' del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste dall'art. 274, l'obbligo di dimora puo' essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della regione ove e' ubicato il comune di abituale dimora. 3. Quando dispone l'obbligo di dimora, il giudice indica l'autorita' di polizia alla quale l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo ove fissere la propria abitazione. Il giudice puo' prescrivere all'imputato di dichiarare all'autorita' di polizia gli orari e i luoghi in cui sara' quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorita' le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti. 4. Il giudice puo', anche con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro. 5. Nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto e' possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell'imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua. 6. Dei provvedimenti del giudice e' data in ogni caso immediata comunicazione all'autorita' di polizia competente, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione.". |
| Art. 3. 1. Nell'articolo 406, comma 5-bis, del codice di procedura penale, dopo le parole: "nell'articolo 51, comma 3-bis" sono inserite le seguenti: "e nell'articolo 407, comma 2, lettera a), n. 7-bis". 2. Nell'articolo 407, comma 2, lettera a), dopo il numero 7, e' aggiunto il seguente: "7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale;". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 406 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 406 (Proroga del termine). - 1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, puo' richiedere al giudice, per giusta causa, la proroga del termine previsto dall'art. 405. La richiesta contiene l'indicazione della notizia di reato e l'esposizione dei motivi che la giustificano. 2. Ulteriori proroghe possono essere richieste dal pubblico ministero nei casi di particolare complessita' delle indagini ovvero di oggettiva impossibilita' di concluderle entro il termine prorogato. 2-bis. Ciascuna proroga puo' essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi. 3. La richiesta di proroga e' notificata, a cura del giudice, con l'avviso della facolta' di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonche' alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie. 4. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza emessa in camera di consiglio senza intervento del pubblico ministero e dei difensori. 5. Qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 3 secondo periodo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa notificare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini nonche', nella ipotesi prevista dal comma 3, alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'art. 127. 5-bis. Le disposizioni dei commi 3, 4 e 5 non si applicano se si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, e nell'art. 407, comma 2, lettera a), n. 7-bis. In tali casi, il giudice provvede con ordinanza entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, dandone comunicazione al pubblico ministero. 6. Se non ritiene di respingere la richiesta di proroga, il giudice autorizza con ordinanza il pubblico ministero a proseguire le indagini. 7. Con l'ordinanza che respinge la richiesta di proroga, il giudice, se il termine per le indagini preliminari e' gia' scaduto, fissa un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del pubblico ministero a norma dell'art. 405. 8. Gli atti di indagine compiuti dopo la presentazione della richiesta di proroga e prima della comunicazione del provvedimento del giudice sono comunque utilizzabili sempre che, nel caso di provvedimento negativo, non siano successivi alla data di scadenza del termine originariamente previsto per le indagini.". - Si riporta il testo dell'art. 407 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 407 (Termini di durata massima delle indagini preliminari). - 1. Salvo quanto previsto all'art. 393, comma 4, la durata delle indagini preliminari non puo' comunque superare diciotto mesi. 2. La durata massima e' tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano: a) i delitti appresso indicati: 1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale; 2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, 630 dello stesso codice penale; 3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo; 4) delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni; 5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonche' di piu' armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'art. 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110; 6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni; 7) delitto di cui all'art. 416 del codice penale nei casi in cui e' obbligatorio l'arresto in flagranza; 7-bis) dei delitti previsti dagli articoli 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'art. 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale; b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicita' di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese; c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero; d) procedimenti in cui e' indispensabile mantenere il collegamento tra piu' uffici del pubblico ministero a norma dell'art. 371. 3. Salvo quanto previsto dall'art. 415-bis, qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati.". - Si riporta il testo degli articoli 600-bis, 600-ter, 601, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale: "Art. 600-bis (Prostituzione minorile). - Chiunque induce alla prostituzione una persona di eta' inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione e' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire trenta milioni a lire trecento milioni. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di eta' compresa fra i quattordici ed i sedici anni, in cambio di denaro o di altra utilita' economica, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a lire dieci milioni. La pena e' ridotta di un terzo se colui che commette il fatto e' persona minore degli anni diciotto. Art. 600-ter (Pornografia minorile). - Chiunque sfrutta minori degli anni diciotto al fine di realizzare esibizioni pornografiche o di produrre materiale pornografico e' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni. Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire cinque milioni a lire cento milioni. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, consapevolmente cede ad altri, anche a titolo gratuito, materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto, e' punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire tre milioni a lire dieci milioni.". "Art. 601 (Tratta e commercio degli schiavi). - Chiunque commette tratta o comunque fa commercio di schiavi o di persone in condizione analoga alla schiavitu' e' punito con la reclusione da cinque a venti anni. Chiunque commette tratta o comunque fa commercio di minori degli anni diciotto al fine di indurli alla prostituzione e' punito con la reclusione da sei a venti anni.". "Art. 609-bis (Violenza sessuale). - Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorita', costringe taluno a compiere o subire atti sessuali e' punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorita' fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Nei casi di minore gravita' la pena e' diminuita in misura non eccedente i due terzi. Art. 609-ter (Circostanze aggravanti). - La pena e' della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'art. 609-bis sono commessi: 1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici; 2) con l'uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa; 3) da persona travisata o che simuli la qualita' di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; 4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della liberta' personale; 5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore. La pena e' della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto e' commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci. Art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne). - Soggiace alla pena stabilita dall'art. 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore e' affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza. Non e' punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'art. 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di eta' tra i soggetti non e' superiore a tre anni. Nei casi di minore gravita' la pena e' diminuita fino a due terzi. Si applica la pena di cui all'art. 609-ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci.". "Art. 609-octies (Violenza sessuale di gruppo). - La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di piu' persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'art. 609-bis. Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo e' punito con la reclusione da sei a dodici anni. La pena e' aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste all'art. 609-ter. La pena e' diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena e' altresi' diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal terzo comma dell'art. 112.". |
| Art. 4. (( 1. All'articolo 533 del codice di procedura penale, dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente: "3-bis. Quando la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), anche se connessi ad altri reati, il giudice puo' disporre, nel pronunciare la sentenza, la separazione dei procedimenti anche con riferimento allo stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare e, per la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in liberta'". 1-bis. All'articolo 523, comma 1, del codice di procedura penale, sono aggiunte, in fine, le parole: ", anche in ordine alle ipotesi previste dall'articolo 533, comma 3-bis".)) 2. Nell'articolo 544 del codice di procedura penale, dopo il comma 3, e' aggiunto il seguente: "3-bis. Nelle ipotesi previste dall'articolo 533, comma 3-bis, il giudice provvede alla stesura della motivazione per ciascuno dei procedimenti separati, accordando precedenza alla motivazione della condanna degli imputati in stato di custodia cautelare. In tal caso il termine di cui al comma 3 e' raddoppiato per la motivazione della sentenza cui non si e' accordata precedenza.". (( 2-bis. All'articolo 154 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente: "4-bis. Il Presidente della corte d'appello puo' prorogare, su richiesta motivata del giudice che deve procedere alla redazione della motivazione, i termini previsti dall'articolo 544, comma 3, del codice, per una sola volta e per un periodo massimo di novanta giorni, esonerando, se necessario, il giudice estensore da altri incarichi. Per i giudizi di primo grado provvede il presidente del tribunale. In ogni caso del provvedimento e' data comunicazione al Consiglio superiore della magistratura.".)) Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 533 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 533 (Condanna dell'imputato). - 1. Se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli, il giudice pronuncia sentenza di condanna applicando la pena e l'eventuale misura di sicurezza. 2. Se la condanna riguarda piu' reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione. Nei casi previsti dalla legge il giudice dichiara il condannato delinquente o contravventore abituale o professionale o per tendenza. 3. Quando il giudice ritiene di dover concedere la sospensione condizionale della pena o la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, provvede in tal senso con la sentenza di condanna. 3-bis. Quando la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), anche se connessi ad altri reati, il giudice puo' disporre, nel pronunciare la sentenza, la separazione dei procedimenti anche con riferimento allo stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare e, per la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in liberta'.". - Si riporta il testo dell'art. 523 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 523 (Svolgimento della discussione). - 1. Esaurita l'assunzione delle prove, il pubblico ministero e successivamente i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato formulano e illustrano le rispettive conclusioni anche in ordine alle ipotesi previste dall'art. 533, comma 3-bis. 2. La parte civile presenta conclusioni scritte, che devono comprendere, quando sia richiesto il risarcimento dei danni, anche la determinazione del loro ammontare. 3. Il presidente dirige la discussione e impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione. 4. Il pubblico ministero e i difensori delle parti private possono replicare; la replica e' ammessa una sola volta e deve essere contenuta nei limiti strettamente necessari per la confutazione degli argomenti avversari. 5. In ogni caso l'imputato e il difensore devono avere, a pena di nullita', la parola per ultimi se la domandano. 6. La discussione non puo' essere interrotta per l'assunzione di nuove prove, se non in caso di assoluta necessita'. Se questa si verifica, il giudice provvede a norma dell'art. 507.". - Si riporta il testo dell'art. 544 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n.341 e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 544 (Redazione della sentenza). - 1. Conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito dopo e' redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza e' fondata. 2. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvede non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia. 3. Quando la stesura della motivazione e' particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravita' delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, puo' indicare nel dispositivo un termine piu' lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia. 3-bis. Nelle ipotesi previste dall'art. 533, comma 3-bis, il giudice provvede alla stesura della motivazione per ciascuno dei procedimenti separati, accordando precedenza alla motivazione della condanna degli imputati in stato di custodia cautelare. In tal caso il termine di cui al comma 3 e' raddoppiato per la motivazione della sentenza cui non si e' accordata precedenza.". - Si riporta il testo dell'art. 154 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 154 (Redazione non immediata dei motivi della sentenza). - 1. Nei casi previsti dall'art. 544, commi 2 e 3, del codice, il presidente provvede personalmente alla redazione della motivazione o designa un estensore tra i componenti del collegio. 2. L'estensore consegna la minuta della sentenza al presidente il quale, se sorgono questioni sulla motivazione, ne da' lettura al collegio, che puo' designare un altro estensore. 3. La minuta, sottoscritta dall'estensore e dal presidente, e' consegnata alla cancelleria per la formazione dell'originale. 4. Il presidente e l'estensore, verificata la corrispondenza dell'originale alla minuta, sottoscrivono la sentenza. 4-bis. Il Presidente della corte d'appello puo' prorogare, su richiesta motivata del giudice che deve procedere alla redazione della motivazione, i termini previsti dall'art. 544, comma 3, del codice, per una sola volta e per un periodo massimo di novanta giorni, esonerando, se necessario, il giudice estensore da altri incarichi. Per i giudizi di primo grado provvede il presidente del tribunale. In ogni caso del provvedimento e' data comunicazione al Consiglio superiore della magistratura.". |
| Art. 5. 1. Le disposizioni del presente capo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. |
| Art. 6. 1. Dopo l'articolo 145 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' aggiunto il seguente: "Art. 145-bis (Aule di udienza protette). - 1. Nei procedimenti per taluno dei reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice, quando e' necessario, per ragioni di sicurezza, utilizzare aule protette e queste non siano disponibili nella sede giudiziaria territorialmente competente, il Presidente della Corte d'appello, su proposta del Presidente del Tribunale, individua l'aula protetta per il dibattimento nell'ambito del distretto. Qualora l'aula protetta non sia disponibile nell'ambito del distretto, il Ministero della giustizia fornisce al Presidente della Corte d'appello nel cui distretto si trova il giudice competente l'indicazione dell'aula disponibile, ((individuata nel distretto di corte d'appello piu' vicino.)) 2. Il provvedimento di cui ai commi che precedono e' adottato prima della notificazione del decreto di citazione che dispone il giudizio a norma dell'articolo 133.". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 51 del codice di procedura penale. "Art. 51. (Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni del procuratore della Repubblica distrettuale). - 1. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate: a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado, dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale; b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della procura generale presso la corte di appello o presso la corte di cassazione. 2. Nei casi di avocazione, le funzioni previste dal comma 1, lettera a), sono esercitate dai magistrati della procura generale presso la corte di appello. Nei casi di avocazione previsti dall'art. 371-bis, sono esercitate dai magistrati della direzione nazionale antimafia. 3. Le funzioni previste dal comma l sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente a norma del capo II del titolo I. 3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale b), per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis (b) ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonche' per i delitti previsti dall'art. 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (c), le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. 3-ter. Nei casi previsti dal comma 3-bis, se ne fa' richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte di appello puo', per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente.". - Si riporta il testo dell'art. 133 del codice di procedura penale: "Art. 133 (Accompagnamento coattivo di altre persone). - 1. Se il testimone, il perito, il consulente tecnico, l'interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice puo' ordinarne l'accompagnamento coattivo e puo' altresi' condannarli, con ordinanza, a pagamento di una somma da lire centomila a lire un milione a favore della cassa delle ammende nonche' alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. 2. Si applicano le disposizioni dell'art. 132.". |
| Art. 7. 1. Nell'articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale, l'espressione "pena dell'ergastolo" deve intendersi riferita all'ergastolo senza isolamento diurno. 2. All'articolo 442, comma 2, del codice di procedura penale, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, e' sostituita quella dell'ergastolo.". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 442 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 442 (Decisione). - 1. Terminata la discussione, il giudice provvede a norma degli articoli 529 e seguenti. 1-bis. Ai fini della deliberazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo di cui all'art. 416, comma 2, la documentazione di cui all'art. 419, comma 3, e le prove assunte nell'udienza. 2. In caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze e' diminuita di un terzo. Alla pena dell'ergastolo e' sostituita quella della reclusione di anni trenta. Alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuativo, e' sostituita quella dell'ergastolo. 3. La sentenza e' notificata all'imputato che non sia comparso. 4. Si applica la disposizione dell'art. 426 comma 2.". |
| Art. 7-bis (( 1. All'articolo 441-bis del codice di procedura penale, al comma 4, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Si applicano le disposizioni dell'articolo 303, comma 2".)) Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 441-bis del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 441-bis. Provvedimenti del giudice a seguito di nuove contestazioni sul giudizio abbreviato. - 1. Se, nei casi disciplinati dagli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, il pubblico ministero procede alle contestazioni previste dall'art. 423, comma 1, l'imputato puo' chiedere che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie. 2. La volonta' dell'imputato e' espressa nelle forme previste dall'art. 438, comma 3. 3. Il giudice, su istanza dell'imputato o del difensore, assegna un termine non superiore a dieci giorni, per la formulazione della richiesta di cui ai commi l e 2 ovvero per l'integrazione della difesa, e sospende il giudizio per il tempo corrispondente. 4. Se l'imputato chiede che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie, il giudice revoca l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato e fissa l'udienza preliminare o la sua eventuale prosecuzione. Gli atti compiuti ai sensi degli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, hanno la stessa efficacia degli atti compiuti ai sensi dell'art. n. 422. La richiesta di giudizio abbreviato non puo' essere riproposta. Si applicano le disposizioni dell'art. 303, comma 2. 5. Se il procedimento prosegue nelle forme del giudizio abbreviato, l'imputato puo' chiedere l'ammissione di nuove prove, in relazione alle contestazioni ai sensi dell'art. 423, anche oltre i limiti previsti dall'art. 438, comma 5, ed il pubblico ministero puo' chiedere l'ammissione di prova contraria.". - Per il testo dell'art. 303, comma 2, del codice di procedura penale si veda in note all'art. 2. |
| Art. 8. (( 1. Nei processi penali in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, nei casi in cui e' applicabile o e' stata applicata la pena dell'ergastolo con isolamento diurno, se e' stata formulata la richiesta di giudizio abbreviato, ovvero la richiesta di cui al comma 2 dell'articolo 4-ter del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2000, n. 144, l'imputato puo' revocare la richiesta nel termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In tali casi il procedimento riprende secondo il rito ordinario dallo stato in cui si trovava allorche' era stata fatta la richiesta. Gli atti di istruzione eventualmente compiuti sono utilizzabili nei limiti stabiliti dall'articolo 511 del codice di procedura penale. 2. Quando per effetto dell'impugnazione del pubblico ministero possono essere applicate le disposizioni di cui all'articolo 7, l'imputato puo' revocare la richiesta di cui al comma 1 nel termine di trenta giorni dalla conoscenza dell'impugnazione del pubblico ministero o, se questa era stata proposta anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nel termine di trenta giorni da quest'ultima data. Si applicano le disposizioni di cui al secondo ed al terzo periodo del comma 1. 3. Nelle ipotesi di cui ai commi 1 e 2 si applicano le disposizioni del comma 2 dell'articolo 303 del codice di procedura penale.)) Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 4-ter del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82 (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato) convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2000, n. 144. "Art. 4-ter. - 1. Salvo quanto previsto dai commi seguenti, le disposizioni di cui agli articoli 438 e seguenti del codice di procedura penale come modificate o sostituite dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, si applicano ai processi nei quali, ancorche' sia scaduto il termine per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato, non sia ancora iniziata l'istruzione dibattimentale alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. 2. Nei processi penali per reati puniti con la pena dell'ergastolo, in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e nei quali prima della data di entrata in vigore della legge 16 dicembre 1999, n. 479, era scaduto il termine per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato, l'imputato, nella prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, puo' chiedere che il processo, ai fini di cui all'art. 442, comma 2, del codice di procedura penale, sia immediatamente definito, anche sulla base degli atti contenuti nel fascicolo di cui all'art. 416, comma 2, del medesimo codice. 3. La richiesta di cui al comma 2 e' ammessa se e' presentata: a) nel giudizio di primo grado prima della conclusione dell'istruzione dibattimentale; b) nel giudizio di appello, qualora sia stata disposta la rinnovazione dell'istruzione ai sensi dell'art. 603 del codice di procedura penale, prima della conclusione della istruzione stessa; c) nel giudizio di rinvio, se ricorrono le condizioni di cui alle lettere a) e b). 4. La volonta' dell'imputato e' espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione e autenticata nelle forme previste dall'art. 583, comma 3, del codice di procedura penale. 5. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza, disponendo l'acquisizione del fascicolo di cui all'art. 416, comma 2, del codice di procedura penale. 6. Ai fini della deliberazione, il giudice utilizza, oltre agli atti contenuti nel fascicolo di cui al comma 5, le prove assunte in precedenza. 7. Per quanto non previsto nel presente articolo, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 441, escluso il comma 3, e 442 del codice di procedura penale, nonche' l'art. 443 del medesimo codice se la sentenza e' pronunciata nel giudizio di primo grado.". - Si riporta il testo dell'art. 511 del codice di procedura penale "Art. 511 (Letture consentite). - 1. Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento. 2. La lettura di verbali di dichiarazioni e' disposta solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo. 3. La lettura della relazione peritale e' disposta solo dopo l'esame del perito. 4. La lettura dei verbali delle dichiarazioni orali di querela o di istanza e' consentita ai soli fini dell'accertamento della esistenza della condizione di procedibilita'. 5. In luogo della lettura, il giudice, anche di ufficio, puo' indicare specificamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione. L'indicazione degli atti equivale alla loro lettura. Il giudice dispone tuttavia la lettura, integrale o parziale, quando si tratta di verbali di dichiarazioni e una parte ne fa' richiesta. Se si tratta di altri atti, il giudice e' vincolato alla richiesta di lettura solo nel caso di un serio disaccordo sul contenuto di essi. 6. La facolta' di chiedere la lettura o l'indicazione degli atti, previsti dai commi 1 e 5, e' attribuita anche agli enti e alle associazioni intervenuti a norma dell'art. 93.". - Per il testo dell'art. 303, comma 2, del codice di procedura penale si veda in note all'art. 2. |
| Art. 9. 1. Nei procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, aventi ad oggetto i reati di cui agli articoli 285 e 422 del codice penale, commessi anteriormente alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, il termine di durata massima delle indagini preliminari e' di cinque anni ove ricorra l'ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 407 del codice di procedura penale. Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 285 del codice penale: "Art. 285 (Devastazione, saccheggio e strage). - Chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso e' punito con la morte.". - Si riporta il testo dell'art. 422 del codice penale: "Art. 422 (Strage). - Chiunque, fuori dei casi previsti dall'art. 285, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumita' e' punito, se dal fatto deriva la morte di piu' persone, con la morte. Se e' cagionata la morte di una sola persona, si applica l'ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni.". - Per il testo dell'art. 407, comma 2, lettera b), del codice di procedura penale si veda in note all'art. 3. |
| Art. 10. (( 1. All'articolo 656 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 5, secondo periodo, le parole da: "consegnati" fino a: "presentare" sono sostituite dalle seguenti: "notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni puo' essere presentata"; b) al comma 5, ultimo periodo, dopo le parole: "presentata l'istanza" sono aggiunte le seguenti: "nonche' la certificazione da allegare ai sensi degli articoli 91, comma 2, e 94, comma 1, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309,"; c) al comma 6, primo periodo, dopo la parola: "presentata" sono inserite le seguenti: "dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato"; d) al comma 6, dopo il primo periodo, sono inseriti i seguenti: "Se l'istanza non e' corredata dalla documentazione prescritta o necessaria, questa puo' essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'arti-colo 666, comma 3. Resta salva, in ogni caso, la facolta' del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5"; e) al comma 8 sono premesse le parole: "Salva la disposizione del comma 8-bis,"; f) dopo il comma 8 e' inserito il seguente: "8-bis. Quando e' provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero puo' assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all'esito delle quali puo' disporre la rinnovazione della notifica"; g) al comma 10, primo periodo, le parole: ", senza formalita', all'eventuale applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare" sono sostituite dalle seguenti: "alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5". 2. Al comma 2 dell'articolo 91 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dopo le parole: "e' allegata" sono inserite le seguenti: ", a pena di inammissibilita',". 3. Al comma 1, ultimo periodo, dell'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dopo le parole: "deve essere allegata" sono inserite le seguenti: ", a pena di inammissibilita',".)) Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 656 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 656 (Esecuzione delle pene detentive). - 1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non e' detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine e' consegnata all'interessato. 2. Se il condannato e' gia' detenuto, l'ordine di esecuzione e' comunicato al Ministro di grazia e giustizia e notificato all'interessato. 3. L'ordine di esecuzione contiene le generalita' della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all'esecuzione. L'ordine e' notificato al difensore del condannato. 4. L'ordine che dispone la carcerazione e' eseguito secondo le modalita' previste dall'art. 277. 5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non e' superiore a tre anni ovvero a quattro anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni puo' essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'art. 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'art. 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresi' che, ove non sia presentata l'istanza nonche' la certificazione da allegare ai sensi degli articoli 91, comma 2, e 94, comma 1, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, l'esecuzione della pena avra' corso immediato. 6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato al pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficiodel pubblico ministero. Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza. Se l'istanza non e' corredata dalla documentazione prescritta o necessaria, questa puo' essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'art. 666, comma 3. Resta salva, in ogni caso, la facolta' del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'art. 666, comma 5. 7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non puo' essere disposta piu' di una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'art. 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni. 8. Salva la disposizione del comma 8-bis, qualora l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione. 8-bis. Quando e' provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero puo' assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all'esito delle quali puo' disporre la rinnovazione della notifica. 9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5, non puo' essere disposta: a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni; b)nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva. 10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perche' provveda alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente e' considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'art. 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza.". - Si riporta il testo degli articoli 91 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), come modificati dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 91 (Istanza per la sospensione dell'esecuzione). - 1. La sospensione della esecuzione della pena e' concessa su istanza del condannato presentata al tribunale di sorveglianza del luogo in cui l'interessato risiede. 2. All'istanza e' allegata, a pena di inammissibilita', certificazione rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze attestante il tipo di programma terapeutico e socio-riabilitativo prescelto, l'indicazione della struttura, anche privata, ove il programma e' stato eseguito o e' in corso, le modalita' di realizzazione e l'eventuale completamento del programma. 3. Se l'ordine di carcerazione non e' stato ancora emesso o eseguito, l'istanza e' presentata al pubblico ministero il quale, se non osta il limite di pena di cui al comma 1 dell'art. 90, sospende l'emissione o l'esecuzione fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, al quale trasmette immediatamente gli atti. Il tribunale decide entro quarantacinque giorni dalla presentazione dell'istanza. 4. Il disposto del comma 3, si applica anche quando l'istanza e' presentata dopo che l'ordine di carcerazione e' stato eseguito. In tal caso il pubblico ministero ordina la scarcerazione del condannato se non osta il limite di pena di cui al comma 1 dell'art. 90.". "Art. 94 (Affidamento in prova in casi particolari). - 1. Se la pena detentiva, inflitta nel limite di quattro anni o ancora da scontare nella stessa misura deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato puo' chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l'attivita' terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con una unita' sanitaria locale o con uno degli enti previsti dall'art. 115 o privati. Alla domanda deve essere allegata, a pena di inammissibilita', certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza e la idoneita', ai fini del recupero del condannato, del programma concordato. 2. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 91, commi 3 e 4, 92, commi 1 e 3. 3. Ai fini della decisione, il tribunale di sorveglianza puo' anche acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato; deve altresi' accertare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza o l'esecuzione del programma di recupero non siano preordinati al conseguimento del beneficio. 4. Se il tribunale di sorveglianza dispone l'affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalita' di esecuzione del programma. Sono altresi' stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegue il programma di recupero. L'esecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento. 5. L'affidamento in prova al servizio sociale non puo' essere disposto, ai sensi del presente articolo piu' di due volte. 6. Si applica, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dalla legge 10 giugno 1986, n. 663.". - Si riporta il testo dell'art. 666, commi 3 e 5, del codice di procedura penale: "Art. 666 (Procedimento di esecuzione). - 3. Salvo quanto previsto dal comma 2, il giudice o il presidente del collegio, designato il difensore di ufficio all'interessato che ne sia privo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori. L'avviso e' comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta. Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere depositate memorie in cancelleria. 4. Omissis. 5. Il giudice puo' chiedere alle autorita' competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno; se occorre assumere prove, procede in udienza nel rispetto del contraddittorio.". |
| Art. 11. 1. Nell'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, al comma 1, ultimo periodo, dopo le parole: "629, secondo comma del codice penale" sono inserite le seguenti: ", 416 realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I e dagli arti-coli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies del codice penale". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'). come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 4-bis (Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosita' sociale dei condannati per taluni delitti). - 1. Fermo quanto stabilito dall'art. 13-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge 15 marzo 1991, n. 82, l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio, e le misure alternative alla detenzione previs e dal capo VI della legge 26 luglio 1975, n. 354, fatta eccezione per la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo nonche' per i delitti di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale e all'art. 74, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborano con la giustizia a norma dell'art. 58-ter. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei predetti delitti, ai quali sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dagli articoli 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, o 114 del codice penale, ovvero la disposizione dell'art. 116, secondo comma, dello stesso codice, i benefici suddetti possono essere concessi anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante purche' siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualita' dei collegamenti con la criminalita' organizzata. Quando si tratta di detenuti o internati per delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale ovvero di detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma del codice penale, 416 realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I e dagli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies del codice penale e all'art. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, del predetto testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309, del 1990, i benefici suddetti possono essere concessi solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita' organizzata o eversiva. 2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale puo' essere chiamato a partecipare il direttore dell istituto penitenziano in cui il condannato e' detenuto. 2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, terzo periodo, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. 3. Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne da' comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 e' prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali. 3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l'attualita' di collegamenti con la criminalita' organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.". - Si riporta il testo dell'art. 416 del codice penale: "Art. 416 (Associazione per delinquere). - Quando tre o piu' persone si associano allo scopo di commettere piu' delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per cio' solo, con la reclusione da tre a sette anni. Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena e' della reclusione da uno a cinque anni.". - Si riporta il titolo del libro II, titolo XII, capo III, sezione I del codice penale: "Dei delitti contro la personalita' individuale". - Si riporta il testo dell'art. 609-quinquies del codice penale: "Art. 609-quinquies (Corruzione di minorenne). - Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.". - Per il testo degli articoli 609-bis, 609-quater, 609-octies del codice penale si veda in note all'art. 3. |
| Art. 12. 1. Nell'articolo 6 della legge 7 gennaio 1998, n. 11, comma 1, le parole: "31 dicembre 2000" sono sostituite dalle seguenti: "31 dicembre 2002". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 6 della legge 7 gennaio 1998, n. 11 (Disciplina della partecipazione al procedimento penale a distanza e dell'esame in dibattimento dei collaboratori di giustizia, nonche' modifica della competenza sui reclami in tema di art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario), come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 6. - 1. Il termine di efficacia delle disposizioni della presente legge e' posto alla data del 31 dicembre 2002. 1-bis. Il termine di efficacia di cui al comma 1, si applica anche al comma 2, dell'art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.". |
| Art. 13. 1. Nel comma 1 dell'articolo 45-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, le parole: "Nei casi previsti dall'articolo 146-bis, comma 1" sono sostituite dalle seguenti: "Nei casi previsti dall'articolo 146-bis, commi 1 e 1-bis". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 45-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 45-bis (Partecipazione al procedimento in camera di consiglio a distanza). - 1. Nei casi previsti dell'art. 146-bis, commi 1 e 1-bis, la partecipazione dell'imputato o del condannato all'udienza nel procedimento in camera di consiglio avviene a distanza. 2. La partecipazione a distanza e' disposta dal giudice con ordinanza o dal presidente del collegio con decreto motivato, che sono comunicati o notificati unitamente all'avviso di cui all'art. 127, comma 1, del codice. 3. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dell'art. 146-bis, commi 2, 3, 4 e 6.". - Per il testo dell'art. 146-bis, commi 1 e 1-bis del codice penale si veda in note all'art. 15. |
| Art. 14. 1. Dopo l'articolo 134 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' inserito il seguente: "Art. 134-bis (Partecipazione a distanza nel giudizio abbreviato). - 1. Nei casi previsti dall'articolo 146-bis, commi 1 e 1-bis, la partecipazione dell'imputato avviene a distanza anche quando il giudizio abbreviato si svolge in pubblica udienza.". Riferimenti normativi: - Per il testo dell'art. 146-bis, del codice penale si veda in note all'art. 15. |
| Art. 15. 1. L'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' cosi' modificato: a) nel comma 1 e' soppressa la lettera c); b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente: "1-bis. Fuori dei casi previsti dal comma 1, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza anche quando si procede nei confronti di detenuto al quale sono state applicate le misure di cui all'articolo 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 146-bis (Partecipazione al dibattimento a distanza). - 1. Quando si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, del codice, nei confronti di persona che si trova, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in carcere, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza nei seguenti casi: a) qualora sussistano gravi ragioni di sicurezza o di ordine pubblico; b) qualora il dibattimento sia di particolare complessita' e la partecipazione a distanza risulti necessaria ad evitare ritardi nel suo svolgimento. L'esigenza di evitare ritardi nello svolgimento del dibattimento e' valutata anche in relazione al fatto che nei confronti dello stesso imputato siano contemporaneamente in corso distinti processi presso diverse sedi giudiziarie; c) (lettera soppressa dall'art. 15 del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4). 1-bis. Fuori dei casi previsti dal comma 1, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza anche quando si procede nei confronti di detenuto al quale sono state applicate le misure di cui all'art. 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. 2. La partecipazione al dibattimento a distanza e' disposta, anche d'ufficio, dal presidente del tribunale o della corte di assise con decreto motivato emesso nella fase degli atti preliminari, ovvero dal giudice con ordinanza nel corso del dibattimento, il decreto e' comunicato alle parti e ai difensori almeno dieci giorni prima dell'udienza. 3. Quando e' disposta la partecipazione a distanza, e' attivato un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo della custodia, con modalita' tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilita' delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilita' di udire quanto vi viene detto. Se il provvedimento e' adottato nei confronti di piu' imputati che si trovano, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi, ciascuno e' posto altresi' in grado, con il medesimo mezzo, di vedere ed udire gli altri. 4. E' sempre consentito al difensore o a un suo sostituto di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato. Il difensore o il suo sostituto presenti nell'aula di udienza e l'imputato possono consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei. 5. Il luogo dove l'imputato si collega in audiovisione e' equiparato all'aula di udienza. 6. Un ausiliario abilitato ad assistere il giudice in udienza designato dal giudice o, in caso di urgenza, dal presidente e' presente nel luogo ove si trova l'imputato e ne attesta l'identita' dando atto che non sono posti impedimenti o limitazioni all'esercizio dei diritti e delle facolta' a lui spettanti. Egli da' atto altresi' della osservanza delle disposizioni di cui al comma 3 ed al secondo periodo del comma 4 nonche', se ha luogo l'esame, delle cautele adottate per assicurarne la regolarita' con riferimento al luogo ove si trova. A tal fine interpella, ove occorra, l'imputato ed il suo difensore. Durante il tempo del dibattimento in cui non si procede ad esame dell'imputato il giudice o, in caso di urgenza, il presidente, puo' designare ad essere presente nel luogo ove si trova l'imputato, in vece dell'ausiliario, un ufficiale di polizia giudiziaria scelto tra coloro che non svolgono, ne' hanno svolto, attivita' di investigazione o di protezione con riferimento all'imputato o ai fatti a lui riferiti. Delle operazioni svolte l'ausiliario o l'ufficiale di polizia giudiziaria redigono verbale a norma dell'art. 136 del codice. 7. Se nel dibattimento occorre procedere a confronto o ricognizione dell'imputato o ad altro atto che implica l'osservazione della sua persona, il giudice, ove lo ritenga indispensabile, sentite le parti, dispone la presenza dell'imputato nell'aula di udienza per il tempo necessario al compimento dell'atto.". - Si riporta il testo dell'art. 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'.), e successive modificazioni: "2. Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell'interno, il Ministro di grazia e giustizia ha altresi' la facolta' di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti per taluno dei delitti di cui al comma 1 dell'art. 4-bis, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.". |
| Art. 16. 1. Nell'articolo 275 del codice di procedura penale, dopo il comma 1 e' inserito il seguente: "1-bis. Nel disporre le misure diverse dalla custodia cautelare in carcere il giudice tiene conto dell'efficacia, in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, delle possibilita' di controllo delle prescrizioni imposte all'imputato.". 2. Dopo l'articolo 275 del codice di procedura penale e' inserito il seguente: "Art. 275-bis (Particolari modalita' di controllo). - 1. Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, se lo ritiene necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilita' da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione dei mezzi e strumenti anzidetti. 2. L'imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al comma 1 ovvero nega il consenso all'applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all'ufficiale o all'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione e' trasmessa al giudice che ha emesso l'ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall'articolo 293, comma 1. 3. L'imputato che ha accettato l'applicazione dei mezzi e strumenti di cui al comma 1 e' tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.". 3. Dopo il comma 1-bis dell'articolo 276 del codice di procedura penale e' aggiunto e' il seguente: "1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere.". 4. Dopo il comma 5 dell'articolo 284 del codice di procedura penale e' aggiunto il seguente: "5-bis. Non possono essere concessi gli arresti domiciliari a chi ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'articolo 385 del codice penale nei cinque anni antecedenti al fatto per cui si procede.". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 275 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 275 (Criteri di scelta delle misure). - 1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneita' di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto. 1-bis. Nel disporre le misure diverse dalla custodia cautelare in carcere il giudice tiene conto dell'efficacia, in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, delle possibilita' di controllo delle prescrizioni imposte all'imputato. 2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entita' del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata. 2-bis. Non puo' essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. 3. La custodia cautelare in carcere puo' essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'art. 416-bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo e' applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. 4. Non puo' essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di eta' inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l'eta' di settanta anni [o che si trovi in condizioni di salute particolarmente gravi incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcerei. 4-bis. Non puo' essere disposta ne' mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l'imputato e' persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'art. 286-bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere. 4-ter. Nell'ipotesi di cui al comma 4-bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionali rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non e' possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l'imputato e' persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unita' operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o da altre unita' operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'art. 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135. 4-quater. Il giudice puo' comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'art. 380, relativamente a fatti commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie. 4-quinquies. La custodia cautelare in carcere non puo' comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase cosi' avanzata da non rispondere piu', secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.". - Si riporta il testo dell'art. 293, comma 1, del codice di procedura penale. "1. Salvo quanto previsto dall'art. 156, l'ufficiale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare consegna all'imputato copia del provvedimento e lo avverte della facolta' di nominare un difensore di fiducia, informa immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato a norma dell'art. 97 e redige verbale di tutte le operazioni compiute. Il verbale e' immediatamente trasmesso al giudice che ha emesso l'ordinanza e al pubblico ministero.". - Si riporta il testo dell'art. 276 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 276 (Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte). - 1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice puo' disporre la sostituzione o il cumulo con altra piu' grave, tenuto conto dell'entita', dei motivi e delle circostanze della violazione. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva, il giudice puo' disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva. 1-bis. Quando l'imputato si trova nelle condizioni di cui all'art. 275, comma 4-bis, e nei suoi confronti e' stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, puo' disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie. 1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere.". - Si riporta il testo dell'art. 284 del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4. "Art. 284 (Arresti domiciliari). - 1. Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza. 2. Quando e' necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facolta' dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. 3. Se l'imputato non puo' altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice puo' autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attivita' lavorativa. 4. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato. 5. L'imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare. 5-bis. Non possono essere concessi gli arresti domiciliari a chi ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'art. 385 del codice penale nei cinque anni antecedenti al fatto per cui si procede.". |
| Art. 17. 1. Dopo il comma 4 dell'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e' inserito il seguente: "4-bis. Nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza, quando ne abbia accertato la disponibilita' da parte delle autorita' preposte al controllo, puo' prevedere modalita' di verifica per l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 275-bis del codice di procedura penale.". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 47-ter (Detenzione domiciliare). - 1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonche' la pena dell'arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di: a) donna incinta o madre di prole di eta' inferiore ad anni dieci, con lei convivente; b) padre, esercente la potesta', di prole di eta' inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali; d) persona di eta' superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente; e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia. 1-bis. La detenzione domiciliare puo' essere applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all'art. 4-bis. 1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, puo' disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che puo' essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare. 1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione domiciliare e' proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza cui la domanda deve essere rivolta puo' disporre l'applicazione provvisoria della misura, quando ricorrono i requisiti di cui ai commi 1 e 1-bis. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'art. 47, comma 4. 2. (Comma abrogato dall'art. 1 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152). 3. (Comma abrogato dall'art. 4 della legge 25 maggio 1998, n. 165). 4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalita' secondo quanto stabilito dall'articolo 284 del codice di procedura penale. Determina e impartisce altresi' le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare. 4-bis. Nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza, quando ne abbia accertato la disponibilita' da parte delle autorita' preposte al controllo, puo' prevedere modalita' di verifica per l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Si applicano le disposizioni di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale. 5. Il condannato nei confronti del quale e' disposta la detenzione domiciliare non e' sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare. 6. La detenzione domiciliare e' revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure. 7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis. 8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'art. 385 del codice penale. Si applica la disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo. 9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca. 9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis e' revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non puo' essere sostituita con altra misura.". - Si riporta il testo dell'art. 275-bis del codice di procedura penale: "Art. 275-bis (Particolari modalita' di controllo). - 1. Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, se lo ritiene necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilita' da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione dei mezzi e strumenti anzidetti. 2. L'imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al comma 1 ovvero nega il consenso all'applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all'ufficiale o all'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione e' trasmessa al giudice che ha emesso l'ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall'art. 293, comma 1. 3. L'imputato che ha accettato l'applicazione dei mezzi e strumenti di cui al comma 1 e' tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.". |
| Art. 18. 1. Il condannato o la persona sottoposta a misura cautelare che, al fine di sottrarsi ai controlli prescritti, in qualsiasi modo altera il funzionamento dei mezzi elettronici o degli altri strumenti tecnici adottati nei suoi confronti, o comunque si sottrae fraudolentemente alla loro applicazione o al loro funzionamento, e' punito con la reclusione da uno a tre anni. |
| Art. 19. 1. Con decreto del Ministro dell'interno, assunto di concerto con il Ministro della giustizia, sono determinate le modalita' di installazione ed uso e sono individuati i tipi e le caratteristiche dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici destinati al controllo delle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei casi previsti dall'articolo 275-bis del codice di procedura penale, e dei condannati nel caso previsto dall'articolo 47-ter, comma 4-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Riferimenti normativi: - Per il testo dell'art. 47-ter, comma 4-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, si veda in note all'art. 17. - Per il testo dell'art. 275-bis del codice di procedura penale si veda nelle note dell'art. 17. |
| Art. 20. 1. Nell'articolo 15 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e' aggiunto il seguente comma: "2-ter. L'indennita' di cui al comma 2-bis spetta al coordinatore anche se all'ufficio cui egli e' addetto non risulti effettivamente assegnato altro giudice.". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 15 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 15 (Coordinatore dell'ufficio del giudice di pace). - 1. Nel caso in cui all'ufficio siano assegnati piu' giudici, il piu' anziano per le funzioni giudiziarie esercitate o, in mancanza, il piu' anziano avuto riguardo alla data di assunzione dell'incarico o, a parita' di date, il piu' anziano di eta', svolge compiti di coordinamento. 2. Il coordinatore, secondo le direttive del Consiglio superiore della magistratura e in armonia con le indicazioni del consiglio giudiziario, provvede all'assegnazione degli affari e, d'intesa con il presidente del tribunale, stabilisce annualmente i giorni e le ore delle udienze di istruzione e di discussione delle cause di competenza dell'ufficio. 2-bis. Al coordinatore spetta un'indennita' di presenza mensile per l'effettivo esercizio delle funzioni di L. 250.000 per gli uffici aventi un organico fino a cinque giudici, di L. 400.000 per gli uffici aventi un organico da sei a dieci giudici, di L. 600.000 per gli uffici aventi un organico da undici a venti giudici e di L. 750.000 per tutti gli altri uffici. 2-ter. L'indennita' di cui al comma 2-bis spetta al coordinatore anche se all'ufficio cui egli e' addetto non risulti elettivamente assegnato altro giudice". |
| Art. 21. 1. Per la copertura dei posti in organico degli uffici dei giudici di pace del distretto di Napoli, istituiti con decreto del Ministro della giustizia del 22 novembre 2000 sono considerate valide le domande di nomina presentate in base all'avviso di copertura dei posti di cui al decreto del Ministro della giustizia 3 dicembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale - n. 95 del 4 dicembre 1998. 2. Alla procedura delle nomine di cui al comma 1 si applica la disciplina contenuta nel citato decreto del Ministro della giustizia 4 dicembre 1998, nonche' la disciplina della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni. Riferimenti normativi: - Il decreto del Ministro della giustizia del 22 novembre 2000 e' in corso di pubblicazione nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia. - La legge 21 novembre 1991, n. 374 reca: "Istituzione del giudice di pace". |
| Art. 22. 1. Nell'articolo 42-quinquies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, dopo il comma primo, e' aggiunto il seguente: "I giudici onorari di tribunali che hanno in corso la procedura di conferma nell'incarico rimangono in servizio fino alla definizione della procedura di cui al secondo comma, anche oltre il termine di scadenza dell'incarico. La conferma della nomina ha, comunque, effetto retroattivo con decorrenza dal primo giorno successivo alla scadenza del triennio gia' decorso. In caso di mancata conferma i giudici onorari di tribunale in proroga cessano dall'incarico dal momento della comunicazione del relativo provvedimento del CSM che non necessita di decreto del Ministro. 2. Nell'articolo 42-quinquies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, dopo il comma secondo, e' aggiunto il seguente: "La nomina dei giudici onorari di tribunale pur avendo effetto dalla data del decreto ministeriale di cui all'articolo 42-ter, primo comma, ha durata triennale con decorrenza dal 1o gennaio dell'anno successivo alla nomina.". (( 2-bis. In deroga a quanto previsto dall'articolo 35 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, le disposizioni in tema di incompatibilita' di cui all'articolo 42-quater, secondo comma, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, hanno effetto per i giudici onorari di tribunale ed i vice procuratori onorari attualmente in servizio decorsi nove mesi dalla scadenza del triennio di nomina in corso.)) Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 42-quinquies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4": "Art. 42-quinquies (Durata dell'ufficio). - La nomina a giudice onorario di tribunale ha la durata di tre anni. Il titolare puo' essere confermato, alla scadenza, per una sola volta. I giudici onorari di tribunali che hanno in corso la procedura di conferma nell incarico rimangono in servizio fino alla definizione della procedura di cui al secondo comma, anche oltre il termine di scadenza dell'incarico. La conferma della nomina ha, comunque, effetto retroattivo con decorrenza dal primo giorno successivo alla scadenza del triennio gia' decorso. In caso di mancata conferma i giudici onorari di tribunale in proroga cessano dall'incarico dal momento della comunicazione del relativo provvedimento del Consiglio superiore della magistratura che non necessita di decreto del Ministro. Alla scadenza del triennio, il consiglio giudiziario, nella composizione prevista dall'art. 4, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374, esprime un giudizio di idoneita' alla continuazione dell'esercizio delle funzioni sulla base di ogni elemento utile, compreso l'esame a campione dei provvedimenti. Il giudizio di idoneita' costituisce requisito necessario per la conferma. La nomina dei giudici onorari di tribunale pur avendo effetto dalla data del decreto ministeriale di cui all'art. 42-ter, primo comma, ha durata triennale con decorrenza dal 1o gennaio dell'anno successivo alla nomina.". - Si riporta il testo dell'art. 42-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario): "Art. 42-ter (Nomina dei giudici onorari di tribunale). - I giudici onorari di tribunale sono nominati con decreto del Ministro di grazia e giustizia, in conformita' della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta del consiglio giudiziario competente per territorio nella composizione prevista dall'articolo 4, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374. Per la nomina e' richiesto il possesso dei seguenti requisiti: a) cittadinanza italiana; b) esercizio dei diritti civili e politici; c) idoneita' fisica e psichica; d) eta' non inferiore a venticinque anni e non superiore a sessantanove anni; e) residenza in un comune compreso nel distretto in cui ha sede l'ufficio giudiziario per il quale e' presentata domanda, fatta eccezione per coloro che esercitano la professione di avvocato o le funzioni notarili; f) laurea in giurisprudenza; g) non avere riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzioni e non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza. Costituisce titolo di preferenza per la nomina l'esercizio, anche pregresso: a) delle funzioni giudiziarie, comprese quelle onorarie; b) della professione di avvocato, anche nella qualita' di iscritto nell'elenco speciale previsto dall'art. 3, quarto comma, lettera b), del regio decreto 27 novembre 1933, n. 1578, o di notaio; c) dell'insegnamento di materie giuridiche nelle universita' o negli istituti superiori statali; d) delle funzioni inerenti ai servizi delle cancellerie e segreterie giudiziarie con qualifica di dirigente o con qualifica corrispondente alla soppressa carriera direttiva; e) delle funzioni con qualifica di dirigente o con qualifica corrispondente alla soppressa carriera direttiva nelle amministrazioni pubbliche o in enti pubblici economici. Costituisce altresi' titolo di preferenza, in assenza di quelli indicati nel terzo comma, il conseguimento del diploma di specializzazione di cui all'art. 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, adottato su conforme deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, sono disciplinate le modalita' del procedimento di nomina.". - Si riporta il testo dell'art. 35 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado): "Art. 35. - 1. I magistrati onorari, gia' addetti quali vice pretori e vice procuratori agli uffici soppressi, sono addetti di diritto ai tribunali ed alle procure della Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni degli uffici soppressi, in qualita', rispettivamente, di giudici onorari e di vice procuratori onorari. 2. Le disposizioni di cui agli articoli 42-ter, 42-quater, primo e secondo comma, 42-quinquies e 71 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 , come aggiunti o sostituiti dal presente decreto, si applicano ai predetti magistrati onorari alla scadenza del triennio in corso alla data di efficacia del presente decreto.". - Si riporta il testo dell'art. 42-quater del regio decreto 30 gennaio l941, n. 12 (Ordinamento giudiziario): "Art. 42-quater (Incompatibilita'). - Non possono esercitare le funzioni di giudice onorario di tribunale: a) i membri del parlamento nazionale ed europeo, i membri del Governo, i titolari di cariche elettive ed i membri delle giunte degli enti territoriali, i componenti degli organi deputati al controllo sugli atti degli stessi enti ed i titolari della carica di difensore civico; b) gli ecclesiastici e i ministri di confessioni religiose; c) coloro che ricoprono o hanno ricoperto nei tre anni precedenti incarichi, anche esecutivi, nei partiti politici; d) gli appartenenti ad associazioni i cui vincoli siano incompatibili con l'esercizio indipendente della funzione giurisdizionale; e) coloro che svolgono o abbiano svolto nei tre anni precedenti attivita' professionale non occasionale per conto di imprese di assicurazione o bancarie, ovvero per istituti o societa' di intermediazione finanziaria. Gli avvocati ed i praticanti ammessi al patrocinio non possono esercitare la professione forense dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel circondario del tribunale presso il quale svolgono le funzioni di giudice onorario e non possono rappresentare o difendere le parti, nelle fasi successive, in procedimenti svoltisi dinanzi ai medesimi uffici. Il giudice onorario di tribunale non puo' assumere l'incarico di consulente, perito o interprete nei procedimenti che si svolgono dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel circondario del tribunale presso il quale esercita le funzioni giudiziarie.". |
| Art. 23. 1. Ai magistrati applicati in altro distretto, ai sensi dell'articolo 110, comma 3, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e' attribuita per il periodo di servizio svolto in applicazione la medesima indennita' indicata di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 4 maggio 1998, n. 133, in ragione dell'effettivo periodo di applicazione. 2. Ai magistrati applicati in altro distretto, ai sensi dell'articolo 110, comma 3, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, si applicano i benefici giuridici di cui all'articolo 5, comma 4, della legge 4 maggio 1998, n. 133. 3. Nell'articolo 110, comma 5, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "In casi di eccezionale rilevanza da valutarsi da parte del Consiglio superiore della magistratura, la applicazione puo' essere disposta, limitatamente ai soli procedimenti di cui all'ultima parte del comma 7, per un ulteriore periodo massimo di un anno.". Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 110 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 110 (Applicazione dei magistrati). - 1. Possono essere applicati ai tribunali ordinari. ai tribunali per i minorenni e di sorveglianza, alle corti di appello, indipendentemente dalla integrale copertura del relativo organico, quando le esigenze di servizio in tali uffici sono imprescindibili e prevalenti, uno o piu' magistrati in servizio presso gli organi giudicanti del medesimo o di altro distretto; per gli stessi motivi possono essere applicati a tutti gli uffici del pubblico ministero di cui all'art. 70, comma 1, sostituti procuratori in servizio presso uffici di procura del medesimo o di altro distretto. I magistrati di tribunale possono essere applicati per svolgere funzioni, anche direttive, di magistrato di corte d'appello. 2. La scelta dei magistrati da applicare e' operata secondo criteri obiettivi e predeterminati indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura. L'applicazione e' disposta con decreto motivato, sentito il consiglio giudiziario, dal presidente della corte di appello per i magistrati in servizio presso organi giudicanti del medesimo distretto e dal procuratore generale presso la corte di appello per i magistrati in servizio presso uffici del pubblico ministero. Copia del decreto e' trasmessa al Consiglio superiore della magistratura e al Ministero di grazia e giustizia a norma dell'art. 42 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916. 3. Per i magistrati in servizio presso organi giudicanti o uffici del pubblico ministero di altro distretto l'applicazione e' disposta dal Consiglio superiore della magistratura, nel rispetto dei criteri obiettivi e predeterminati fissati in via generale ai sensi del comma 2, su richiesta motivata del Ministero di grazia e giustizia ovvero del presidente o, rispettivamente, del procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto ha sede l'organo o l'ufficio al quale si riferisce l'applicazione, sentito il consiglio giudiziario del distretto nel quale presta servizio il magistrato che dovrebbe essere applicato. L'applicazione e' disposta con preferenza per il distretto piu' vicino; deve essere sentito il presidente o il procuratore generale della corte di appello nel cui distretto il magistrato da applicare, scelto dal Consiglio superiore della magistratura, esercita le funzioni. 3-bis. Quando l'applicazione prevista dal comma 3 deve essere disposta per uffici dei distretti di corte di appello di Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Lecce, Messina, Napoli, Palermo, Salerno, Reggio di Calabria, il Consiglio superiore della magistratura provvede d'urgenza nel termine di quindici giorni dalla richiesta; per ogni altro ufficio provvede entro trenta giorni. 4. Il parere del consiglio giudiziario di cui ai commi 2 e 3 e' espresso, sentito previamente l'interessato, nel termine perentorio di quindici giorni dalla richiesta. 5. L'applicazione non puo' superare la durata di un anno. Nei casi di necessita' dell'ufficio al quale il magistrato e' applicato puo' essere rinnovata per un periodo non superiore ad un anno. In ogni caso una ulteriore applicazione non puo' essere disposta se non siano decorsi due anni dalla fine del periodo precedente. In casi di eccezionale rilevanza da valutarsi da parte del Consiglio superiore della magistratura, la applicazione puo' essere disposta, limitatamente ai soli procedimenti di cui all'ultima parte del comma 7, per un ulteriore periodo massimo di un anno. 6. Non puo' far parte di un collegio giudicante piu' di un magistrato applicato. 7. Se le esigenze indicate nel comma 1 sono determinate dalla pendenza di uno o piu' procedimenti penali la cui trattazione si prevede di durata particolarmente lunga, il magistrato applicato presso organi giudicanti non puo' svolgere attivita' in tali procedimenti, salvo che si tratti di procedimenti per uno dei reati previsti dall'art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.". - Si riporta il testo degli articoli 2, comma l, e 5, comma 4, della legge 4 maggio 1998, n. 133 (Incentivi ai magistrati trasferiti o destinati d'ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali): "Art. 2 (Indennita' in caso di trasferimento d'ufficio). - 1. Al magistrato trasferito d'ufficio ai sensi dell'art. 10 e' attribuita per quattro anni una indennita' mensile determinata in base al doppio dell'importo previsto quale diaria giornaliera per il trattamento di missione dalla tabella A allegata alla legge 18 dicembre 1973, n. 836, come modificata dalla legge 26 luglio 1978, n. 417, e successivamente da ultimo rideterminato con decreto del Ministro del tesoro 11 aprile 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 1985". "Art. 5 (Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate a seguito di assegnazione, trasferimento d'ufficio o applicazione). - 4. Fermo restando quanto previsto nel comma 3, per i magistrati applicati in sedi disagiate la anzianita' di servizio e' calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo, con l'aumento della meta' per ogni mese di servizio trascorso nella sede. Le frazioni di servizio inferiori al mese non sono considerate". |
| Art. 24. 1. La distribuzione degli organici dell'amministrazione della giustizia, nell'ambito delle aree funzionali e tra le medesime e' modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, purche' le modifiche non comportino oneri aggiuntivi rispetto alla dotazione organica complessiva come definita dai provvedimenti preesistenti. (( 1-bis. L'amministrazione giudiziaria provvede alla copertura della meta' dei posti vacanti nella carriera dirigenziale attingendo alle graduatorie di merito dei concorsi precedentemente banditi dalla medesima amministrazione, fermo restando il termine di validita' previsto dagli articoli 39, comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e 20, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488. 1-ter. Nelle procedure di assunzione del personale amministrativo e tecnico di cui all'articolo 14 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 25 febbraio 1999, fino al completamento degli organici di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 ottobre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15 novembre 2000 , l'amministrazione penitenziaria e' autorizzata a servirsi delle graduatorie degli idonei dei concorsi pubblici espletati anche da altre pubbliche amministrazioni, previa autorizzazione delle stesse amministrazioni e con il consenso degli idonei direttamente interessati.)) Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 39, comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica): "13. Le graduatorie dei concorsi per esami, indetti ai sensi dell'art. 28, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, conservano validita' per un periodo di diciotto mesi dalla data della loro approvazione.". - Si riporta il testo dell'art. 20, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato). (Legge finanziaria 2000): "3. Fatti salvi i periodi di vigenza maggiori previsti da specifiche disposizioni di legge, la validita' delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale, anche con qualifica dirigenziale, presso le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e' elevata da 18 a 24 mesi e comunque permane fino al 31 dicembre 2000. Restano parimenti in vigore fino alla predetta data le graduatorie valide al 31 dicembre 1998.". |
| Art. 24-bis. (( 1. All'articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti: "2. Ai magistrati onorari che esercitano la funzione di giudice di pace e' corrisposta un'indennita' di L. 70.000 per ciascuna udienza civile o penale, anche se non dibattimentale, e per l'attivita' di apposizione dei sigilli, nonche' di L. 110.000 per ogni altro processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo. 3. E' altresi' dovuta un'indennita' di L. 500.000 per ciascun mese di effettivo servizio a titolo di rimborso spese per l'attivita' di formazione, aggiornamento e per l'espletamento dei servizi generali di istituto. Nulla e' dovuto per le cause cancellate che vengono riassunte e per le udienze complessivamente tenute oltre le 110 l'anno". 2. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, valutati nella misura massima di lire 91.000 milioni annue, si provvede nei limiti delle risorse gia' rese disponibili dall'articolo 27 della legge 24 novembre 1999, n. 468.)) Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), come modificato dal decreto- legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 11 (Indennita' spettanti al giudice di pace). - 1. L'ufficio del giudice di pace e' onorario. 2. Ai magistrati onorari che esercitano la funzione di giudice di pace e' corrisposta un'indennita' di L. 70.000 per ciascuna udienza civile o penale, anche se non dibattimentale, e per l 'attivita' di apposizione dei sigilli, nonche' di L. 110. 000 per ogni altro processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo. 3. E' altresi' dovuta un'indennita' di L. 500.000 per ciascun mese di effettivo servizio a titolo di rimborso spese per l'attivita' di formazione, aggiornamento e per l 'espletamento dei servizi generali di istituto. Nulla e' dovuto per le cause cancellate che vengono riassunte e per le udienze complessivamente tenute oltre le 110 l'anno. 3-bis. In materia civile e' corrisposta altresi' una indennita' di lire ventimila per ogni decreto ingiuntivo o ordinanza ingiuntiva emessi, rispettivamente, a norma degli articoli 641 e 186-ter del codice di procedura civile; l'indennita' spetta anche se la domanda di ingiunzione e' rigettata con provvedimento motivato. 4. L'ammontare delle indennita' di cui ai commi 2 e 3 e 3-bis del presente articolo e di cui al comma 2-bis dell'art. 15 e' rideterminato ogni tre anni, con decreto emanato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nel triennio precedente. 4-bis. Le indennita' previste dal presente articolo sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati". - Si riporta il testo dell'art. 27 della legge 24 novembre 1999, n. 468 (Modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, recante istituzione del giudice di pace. Delega al Governo in materia di competenza penale del giudice di pace e modifica dell'art. 593 del codice di procedura penale): "Art. 27 (Norme di copertura). - 1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a lire 16.000 milioni per l'anno 1998, a lire 39.102 milioni per l'anno 1999 e a lire 97.000 milioni annue a decorrere dall'anno 2000, si provvede: a) quanto a lire 16.000 milioni per l'anno 1998, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto. ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di conto capitale "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1998, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia; b) quanto a lire 25.867 milioni per l'anno 1999 e a lire 57.536 milioni annue a decorrere dall'anno 2000, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1999, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia; c) quanto a lire 13.235 milioni per l'anno 1999 e a lire 39.464 milioni annue a decorrere dall'anno 2000 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1999, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. 2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.". |
| Art. 24-ter. (( 1. All'articolo 4 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti: "1. Ai giudici onorari di tribunale spetta un'indennita' di L. 150.000 per ogni udienza, anche se tenuta in camera di consiglio. Non possono essere corrisposte piu' di due indennita' al giorno. 2. Ai vice procuratori onorari spetta un'indennita' di L. 150.000 per ogni udienza in relazione alla quale e' conferita la delega a norma dell'articolo 72 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni. L'indennita' e' corrisposta per intero anche se la delega e' conferita soltanto per uno o per alcuni dei processi trattati nell'udienza. Non possono essere corrisposte piu' di due indennita' al giorno". 2. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, valutati nella misura massima di lire 5.000 milioni annue, si provvede nei limiti delle risorse gia' rese disponibili dall'articolo 27 della legge 24 novembre 1999, n. 468.)) Riferimenti normativi: - Si riporta il testo dell'art. 4 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni), come modificato dal decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, e dalla relativa legge di conversione 19 gennaio 2001, n. 4: "Art. 4. - 1. Ai giudici onorari di tribunale spetta un'indennita' di L. 150.000 per ogni udienza, anche se tenuta in camera di consiglio. Non possono essere corrisposte piu' di due indennita' al giorno. 2. Ai vice procurabori onorari spetta un'indennia' di L. 150.000 per ogni udienza in relazione alla quale e' conferita la delega a norma dell'art. 72 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni. L'indennita' e' corrisposta per intero anche se la delega e' conferita soltanto per uno o per alcuni dei processi trattati nell'udienza. Non possono essere corrisposte piu' di due indennita' al giorno. 3. L'ammontare delle indennita' previste dai commi 1 e 2 puo' essere adeguato ogni tre anni, con decreto emanato dal Ministro di grazia e giustizia di concerto con il Ministro del tesoro, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente. 4. La spesa relativa gravera' sul capitolo 1589 del bilancio del ministero di grazia e giustizia. 5. Sono abrogati gli articoli 32 comma 2 e 208 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.". - Si riporta il testo dell'art. 72 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario): "Art. 72 (Delegati del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario). - Nei procedimenti sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, le funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per delega nominativa del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario: a) nell'udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio, da ufficiali di polizia giudiziaria diversi da coloro che hanno preso parte alle indagini preliminari o da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali di cui all'art. 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398; b) nell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo, da uditori giudiziari che abbiano compiuto un periodo di tirocinio di almeno sei mesi, nonche', limitatamente alla convalida dell'arresto nel giudizio direttissimo, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio in servizio da almeno sei mesi; c) per la richiesta di emissione del decreto penale di condanna ai sensi degli articoli 459, comma 1, e 565 del codice di procedura penale, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio; d) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all'art. 127 del codice di procedura penale, salvo quanto previsto dalla lettera b), nei procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui all'art. 655, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell'art. 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio; e) nei procedimenti civili, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio o dai laureati in giurisprudenza di cui alla lettera a). La delega e' conferita in relazione ad una determinata udienza o a un singolo procedimento. Nella materia penale, essa e' revocabile nei soli casi in cui il codice di procedura penale prevede la sostituzione del pubblico ministero. Nella materia penale, e' seguito altresi' il criterio di non delegare le funzioni del pubblico ministero in relazione a procedimenti relativi a reati diversi da quelli per cui si procede con citazione diretta a giudizio secondo quanto previsto dall'art. 550 del codice di procedura penale.". - Per il testo dell'art. 27, della legge 24 novembre 1999, n. 468 si veda in note all'art. 24-bis. |
| Art. 25. 1. All'onere derivante dall'attuazione del presente decreto, valutato in lire 1.720 milioni per l'anno 2000, in lire 15.760 milioni per l'anno 2001, in lire 40.000 milioni per l'anno 2002 e in lire 33.026 milioni a decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, all'uopo utilizzando: quanto a lire 1.720 milioni per l'anno 2000 e lire 2.480 milioni per l'anno 2001 e lire 759 milioni per l'anno 2002, l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; quanto a lire 5.000 milioni per l'anno 2001 e lire 961 milioni per l'anno 2002 l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia; quanto a lire 8.280 milioni per l'anno 2001 e lire 38.280 milioni per l'anno 2002 l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. 2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. |
| Art. 26. 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge. |
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