Gazzetta n. 166 del 18 luglio 2000 (vai al sommario) |
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DECRETO LEGISLATIVO 23 maggio 2000, n. 196 |
Disciplina dell'attivita' delle consigliere e dei consiglieri di parita' e disposizioni in materia di azioni positive, a norma dell'articolo 47 della legge 17 maggio 1999, n. 144. |
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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 ed 87 della Costituzione; Vista la legge 17 maggio 1999, n. 144, ed in particolare l'articolo 47, comma 1, che, al fine di rafforzare gli strumenti volti a promuovere l'occupazione femminile, nonche' a prevenire e contrastare le discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro, prescrive l'emanazione di norme intese a ridefinire e potenziare le funzioni, il regime giuridico e le dotazioni strumentali dei consiglieri di parita' ed a migliorare l'efficienza delle azioni positive di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125; Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 17 marzo 2000; Visto il parere reso dalla Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Visti i pareri resi dalle competenti commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 maggio 2000; Sulla proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro per le pari opportunita', di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della giustizia, per la funzione pubblica e per gli affari regionali; E m a n a il seguente decreto legislativo:
Art. 1 Consigliere e consiglieri di parita'
1. A livello nazionale, regionale e provinciale sono nominati una consigliera o un consigliere di parita'. Per ogni consigliera o consigliere si provvede altresi' alla nomina di un supplente. 2. Le consigliere ed i consiglieri di parita', effettivi e supplenti, svolgono funzioni di promozione e controllo dell'attuazione dei principi di uguaglianza di opportunita' e non discriminazione per donne e uomini nel lavoro. Nell'esercizio delle funzioni loro attribuite, le consigliere ed i consiglieri di parita' sono pubblici ufficiali ed hanno l'obbligo di segnalazione all'autorita' giudiziaria per i reati di cui vengono a conoscenza.
Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. - Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunita' europee (GUCE). Nota al titolo: - Per il testo dell'art. 47 della legge 17 maggio 1999, n. 144, si veda in nota alle premesse. Note alle premesse: - L'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della funzione legislativa non puo' essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. - L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro, al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti. - L'art. 47 della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonche' disposizioni per il riordinamento degli enti previdenziali), cosi' recita: "Art. 47 (Delega al Governo in materia di revisione dell'art. 8 della legge 10 aprile 1991, n. 125). - 1. Al fine di rafforzare gli strumenti volti a promuovere l'occupazione femminile, a prevenire e contrastare le discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro, il Governo e' delegato ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata della presente legge, uno o piu' decreti legislativi recanti norme intese a ridefinire e potenziare le funzioni, il regime giuridico e le dotazioni strumentali dei consiglieri di parita', nonche' a migliorare l'efficienza delle azioni positive di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) revisione e razionalizzazione delle funzioni dei consiglieri di parita', anche in relazione al nuovo assetto istituzionale di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e, in particolare, con: 1) valorizzazione del ruolo nell'ambito ed in relazione con organismi, sedi e strumenti di politica attiva del lavoro e di promozione delle occasioni di impiego, con particolare riferimento alle aree di svantaggio occupazionale e ai processi di riqualificazione e formazione professionale; 2) rafforzamento delle funzioni intese al rispetto della normativa antidiscriminatoria nei luoghi di lavoro, nonche' di quelle relative al contenzioso in sede conciliativa e giudiziale ed in sede di giudizio civile o amministrativo, avente ad oggetto le discriminazioni per sesso; b) incremento delle dotazioni per un efficace espletamento delle funzioni, con, in particolare: previsione di permessi retribuiti, ridefinizione dei compensi e dei rimborsi e potenziamento delle strumentazioni operative; c) ridefinizione dei criteri e del procedimento di nomina dei consiglieri di parita', con valorizzazione delle competenze ed esperienze acquisite; d) istituzione, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di un Fondo per le attivita' dei consiglieri di parita', finanziato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, con risorse assegnate annualmente nell'ambito delle disponibilita' del Fondo per l'occupazione, nel limite massimo annuo di lire 10 miliardi, nonche' dal Dipartimento delle pari opportunita' in misura di lire 10 miliardi annue a decorrere dal 1999, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, allo scopo utilizzando l'accantonamnento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con definizione dei criteri di assegnazione e ripartizione delle risorse e previsione dell'utilizzabilita' delle stesse anche per spese e onorari relativi alle azioni in giudizio promosse dai consiglieri di parita'; e) previsione di meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei risultati conseguiti per effetto della ridefinizione degli strumenti di cui al presente articolo; f) revisione della disciplina del finanziamento delle azioni positive, anche con riferimento ai soggetti promotori, ai criteri e alle procedure di finanziamento di cui all'art. 2 della citata legge n. 125 del 1991, nonche' previsione di strumenti e di misure volti a favorire il rispetto e l'adeguamento alle normative in materia di parita' e di non discriminazione tra i sessi, in particolare attraverso il ricorso a misure di carattere premiale. 2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, deliberati dal Consiglio dei Ministri e corredati da una apposita relazione, sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti commissioni parlamentari permanenti entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine previsto per l'esercizio della relativa delega. In caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione, il Governo decade dall'esercizio della delega. Le competenti commissioni parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l'espressione del parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. 3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo puo' emanare eventuali disposizioni modificative e correttive con le medesime modalita' di cui al comma 2, attenendosi ai principi e ai criteri direttivi indicati al comma 1. 4. L'attuazione della delega di cui al presente articolo deve essere esercitata nel limite delle risorse disponibili nel Fondo per le attivita' dei consiglieri di parita' di cui al comma 1, lettera d)". - La legge 10 aprile 1991, n. 125 (Azioni positive per la realizzazione della parita' uomo-donna nel lavoro), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 1991, n. 88. - Il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1997, n. 202.
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| Art. 2 Procedura di nomina e durata del mandato
1. Le consigliere ed i consiglieri di parita' regionali e provinciali, effettivi e supplenti, sono nominati, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunita', su designazione degli organi a tal fine individuati dalle regioni e dalle province, sentite le commissioni rispettivamente regionali e provinciali tripartite di cui agli articoli 4 e 6 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, ognuno per i reciproci livelli di competenza sulla base dei requisiti di cui al comma 2 e con le procedure previste dal presente articolo. La consigliera o il consigliere nazionale di parita', effettivo e supplente, sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunita'. 2. Le consigliere e i consiglieri di parita' devono possedere requisiti di specifica competenza ed esperienza pluriennale in materia di lavoro femminile, di normative sulla parita' e pari opportunita' nonche' di mercato del lavoro, comprovati da idonea documentazione. 3. Il relativo decreto di nomina, contenente il curriculum della persona nominata, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. 4. In caso di mancata designazione dei consiglieri di parita' regionali e provinciali entro i sessanta giorni successivi alla scadenza del mandato, o di designazione effettuata in assenza dei requisiti richiesti dal comma 2, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunita', provvede direttamente alla nomina nei trenta giorni successivi, nel rispetto dei requisiti di cui al comma 2. A parita' di requisiti professionali si procede alla designazione e nomina di consigliere di parita'. Si applica quanto previsto dal comma 3. 5. Il mandato delle consigliere e dei consiglieri di cui al comma 1 ha la durata di quattro anni ed e' rinnovabile una sola volta. Ai fini dell'eventuale rinnovo non si tiene conto dell'espletamento di funzioni di consigliere di parita' ai sensi della normativa previgente in materia. La procedura di rinnovo si svolge osservandosi le modalita' previste dal comma 3. Le consigliere ed i consiglieri di parita' continuano a svolgere le loro funzioni fino alle nuove nomine. In sede di prima applicazione si procede alle nomine, conformemente ai criteri ed alla procedura previsti dai commi 2, 3 e 4, entro il 31 dicembre 2000.
Nota all'art. 2: - Il testo degli articoli 4 e 6 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59), cosi' recitano: "Art. 4 (Criteri per l'organizzazione del sistema regionale per l'impiego). - 1. L'organizzazione amministrativa e le modalita' di esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti ai sensi del presente decreto sono disciplinati, anche al fine di assicurare l'integrazione tra i servizi per l'impiego, le politiche attive del lavoro e le politiche formative, con legge regionale da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) ai sensi dell'art. 4, comma 3, lettere f), g) e h), della legge 15 marzo 1997, n. 59, attribuzione alle pronvince delle funzioni e dei compiti di cui all'art. 2, comma 1, ai fini della realizzazione dell'integrazione di cui al comma 1; b) costituzione di una commissione regionale permanente tripartita quale sede concertativa di progettazione, proposta, valutazione e verifica rispetto alle linee programmatiche e alle politiche del lavoro di competenza regionale; la composizione di tale organo collegiale deve prevedere la presenza del rappresentante regionale competente per materia di cui alla lettera c), delle parti sociali sulla base della rappresentativita' determinata secondo i criteri previsti dall'ordinamento, rispettando la pariteticita' delle posizioni delle parti sociali stesse, nonche' quella del consigliere di parita' nominato ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125; c) costituzione di un organismo istituzionale finalizzato a rendere effettiva, sul territorio, l'integrazione tra i servizi all'impiego, le politiche attive del lavoro e le politiche formative, composto da rappresentanti istituzionali della regione, delle province e degli altri enti locali; d) affidamento delle funzioni di assistenza tecnica e monitoraggio nelle materie di cui all'art. 2, comma 2, ad apposita struttura regionale dotata di personalita' giuridica, con autonomia patrimoniale e contabile avente il compito di collaborare al raggiungimento dell'integrazione di cui al comma 1 nel rispetto delle attribuzioni di cui alle lettere a) e b). Tale struttura garantisce il collegamento con il sistema informativo del lavoro di cui all'art. 11; e) gestione ed erogazione da parte delle province dei servizi connessi alle funzioni e ai compiti attribuiti ai sensi del comma 1, lettera a), tramite strutture denominate "centri per l'impiego ; f) distribuzione territoriale dei centri per l'impiego sulla base di bacini provinciali con utenza non inferiore a 100.000 abitanti, fatte salve motivate esigenze socio-geografiche; g) possibilita' di attribuzione alle province della gestione ed erogazione dei servizi, anche tramite i centri per l'impiego, connessi alle funzioni e compiti conferiti alla regione ai sensi dell'art. 2, comma 2; h) possibilita' di attribuzione all'ente di cui al comma 1, lettera d), funzioni ed attivita' ulteriori rispetto a quelle conferite ai sensi del presente decreto, anche prevedendo che l'erogazione di tali ulteriori servizi sia a titolo oneroso per i privati che ne facciano richiesta. 2. Le province individuano adeguati strumenti di raccordo con gli altri enti locali, prevedendo la partecipazione degli stessi alla individuazione degli obiettivi e all'organizzazione dei servizi connessi alle funzioni e ai compiti di cui all'art. 2, comma 1. L'art. 3, comma 1, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, si applica anche ai centri per l'impiego istituiti dalle amministrazioni provinciali. 3. I servizi per l'impiego di cui al comma 1 devono essere organizzati entro il 31 dicembre 1998". "Art. 6 (Soppressione di organi collegiali). - 1. La provincia, entro i sei mesi successivi dalla data di entrata in vigore della legge regionale di cui all'art. 4, comma 1, istituisce un'unica commissione a livello provinciale per le politiche del lavoro, quale organo tripartito permanente di concertazione e di consultazione delle parti sociali in relazione alle attivita' e alle funzioni attribuite alla provincia ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera a), nonche' in relazione alle attivita' e funzioni gia' di competenza degli organi collegiali di cui al comma 2 del presente articolo secondo i seguenti principi e criteri: a) la composizione della commissione deve essere tale da permettere la pariteticita' delle posizioni delle parti sociali; b) presidenza della commissione al presidente dell'amministrazione provinciale; c) inserimento del consigliere di parita'; d) possibilita' di costituzione di sottocomitati, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera a), anche a carattere tematico. 2. Con effetto dalla costituzione della commissione provinciale di cui al comma 1, i seguenti organi collegiali sono soppressi e le relative funzioni e competenze sono trasferite alla provincia: a) commissione provinciale per l'impiego; b) commissione circoscrizionale per l'impiego; c) commissione regionale per il lavoro a domicilio; d) commissione provinciale per il lavoro a domicilio; e) commissione comunale per il lavoro a domicilio; f) commissione provinciale per il lavoro domestico; g) commissione provinciale per la manodopera agricola; h) commissione circoscrizionale per la manodopera agricola; i) commissione provinciale per il collocamento obbligatorio. 3. La provincia, nell'attribuire le funzioni e le competenze gia' svolte dalla commissione di cui al comma 2, lettera i), garantisce all'interno del competente organismo, la presenza di rappresentanti designati dalle categorie interessate, di rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, designati rispettivamente dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative e di un ispettore medico del lavoro. Nell'ambito di tale organismo e' previsto un comitato tecnico composto da funzionari ed esperti del settore sociale e medico-legale e degli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'art. 4 del presente decreto, con particolare riferimento alla materia delle inabilita', con compiti relativi alla valutazione delle residue capacita' lavorative, alla definizione degli strumenti e delle prestazioni atti all'inserimento e alla predisposizione dei controlli periodici sulla permanenza delle condizioni di inabilita'. Agli oneri per il funzionamento del comitato tecnico si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa per il funzionamento della commissione di cui al comma 1".
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| Art. 3 Compiti e funzioni
1. Le consigliere ed i consiglieri di parita' intraprendono ogni utile iniziativa ai fini del rispetto del principio di non discriminazione e della promozione di pari opportunita' per lavoratori e lavoratrici, svolgendo in particolare i seguenti compiti: a) rilevazione delle situazioni di squilibrio di genere, al fine di svolgere le funzioni promozionali e di garanzia contro le discriminazioni previste dalla legge 10 aprile 1991, n. 125; b) promozione di progetti di azioni positive, anche attraverso l'individuazione delle risorse comunitarie, nazionali e locali finalizzate allo scopo; c) promozione della coerenza della programmazione delle politiche di sviluppo territoriale rispetto agli indirizzi comunitari, nazionali e regionali in materia di pari opportunita'; d) sostegno delle politiche attive del lavoro, comprese quelle formative, sotto il profilo della promozione e realizzazione di pari opportunita'; e) promozione dell'attuazione delle politiche di pari opportunita' da parte dei soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro; f) collaborazione con le direzioni provinciali e regionali del lavoro al fine di individuare procedure efficaci di rilevazione delle violazioni alla normativa in materia di parita', pari opportunita' e garanzia contro le discriminazioni, anche mediante la progettazione di appositi pacchetti formativi; g) diffusione della conoscenza e dello scambio di buone prassi e attivita' di informazione e formazione culturale sui problemi delle pari opportunita' e sulle varie forme di discriminazioni; h) verifica dei risultati della realizzazione dei progetti di azioni positive previsti dalla legge 10 aprile 1991, n. 125; i) collegamento e collaborazione con gli assessorati al lavoro degli enti locali e con organismi di parita' degli enti locali. 2. Le consigliere ed i consiglieri di parita' nazionale, regionali e provinciali, effettivi e supplenti, sono componenti a tutti gli effetti, rispettivamente, della commissione centrale per l'impiego ovvero del diverso organismo che ne venga a svolgere in tutto o in parte le funzioni a seguito del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e delle commissioni regionali e provinciali tripartite prevista dagli articoli 4 e 6 del citato decreto legislativo n. 469 del 1997; essi partecipano altresi' ai tavoli di partenariato locale ed ai comitati di sorveglianza di cui al regolamento (CE) n. 1260/99 del Consiglio del 21 giugno 1999. Le consigliere ed i consiglieri regionali e provinciali sono inoltre componenti delle commissioni di parita' del corrispondente livello territoriale, ovvero di organismi diversamente denominati che svolgono funzioni analoghe. La consigliera o il consigliere nazionale e' componente del Comitato nazionale e del Collegio istruttorio di cui agli articoli 5 e 7 della legge 10 aprile 1991, n. 125. 3. Le strutture regionali di assistenza tecnica e monitoraggio di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, forniscono alle consigliere ed ai consiglieri di parita' il supporto tecnico necessario: alla rilevazione di situazioni di squilibrio di genere; all'elaborazione dei dati contenuti nei rapporti sulla situazione del personale di cui all'articolo 9 della legge 10 aprile 1991, n. 125; alla promozione e realizzazione di piani di formazione e riqualificazione professionale; alla promozione di progetti di azioni positive. 4. Su richiesta delle consigliere e dei consiglieri di parita', le direzioni provinciali e regionali del lavoro territorialmente competenti acquisiscono nei luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale, delle retribuzioni, delle condizioni di lavoro, della cessazione del rapporto di lavoro, ed ogni altro elemento utile, anche in base a specifici criteri di rilevazione indicati nella richiesta. 5. Entro il 31 dicembre di ogni anno le consigliere ed i consiglieri di parita' regionali e provinciali presentano un rapporto sull'attivita' svolta agli organi che hanno provveduto alla designazione. La consigliera o il consigliere di parita' che non abbia provveduto alla presentazione del rapporto o vi abbia provveduto con un ritardo superiore a tre mesi decade dall'ufficio.
Note all'art. 3: - Per il titolo e gli estremi di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge 10 aprile 1991, n. 125, si veda in note alle premesse. - Il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1998, n. 5. Per il testo degli articoli 4 e 6 si veda in nota all'art. 2. - Il testo del regolamento (CE) n. 1260/99 del Consiglio del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali e' pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunita' europee del 26 giugno 1999, n. L 161. - L'art. 5 della legge n. 125/1991, cosi' recita: "Art. 5 (Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parita' di trattamento ed uguaglianza di opportunita' tra lavoratori e lavoratrici). - 1. Al fine di promuovere la rimozione dei comportamenti discriminatori per sesso e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l'uguaglianza delle donne nell'accesso al lavoro e sul lavoro e la progressione professionale e di carriera e' istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parita' di trattamento ed uguaglianza di opportunita' tra lavoratori e lavoratrici. 2. Fanno parte del Comitato: a) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per sua delega, un Sottosegretario di Stato, con funzioni di presidente; b) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale; c) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, maggiormente rappresentative sul piano nazionale; d) un componente designato unitariamente dalle associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo piu' rappresentative sul piano nazionale; e) undici componenti designati dalle associazioni e dai movimenti femminili piu' rappresentativi sul piano nazionale operanti nel campo della parita' e delle pari opportunita' nel lavoro; f) il consigliere di parita' componente la commissione centrale per l'impiego. 3. Partecipano, inoltre, alle riunioni del Comitato, senza diritto di voto: a) sei esperti in materie giuridiche, economiche e sociologiche, con competenze in materia di lavoro; b) cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri della pubblica istruzione, di grazia e giustizia, degli affari esteri, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Dipartimento della funzione pubblica; c) cinque funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale con qualifica non inferiore a quella di primo dirigente, in rappresentanza delle direzioni generali per l'impiego, dei rapporti di lavoro, per l'osservatorio del mercato del lavoro, della previdenza ed assistenza sociale nonche' dell'ufficio centrale per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori. 4. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Per ogni componente effettivo e' nominato un supplente. 5. Il Comitato e' convocato, oltre che ad iniziativa del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, quando ne facciano richiesta meta' piu' uno dei suoi componenti. 6. Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e a quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica di cui all'art. 7, nonche' in ordine alle relative spese. 7. Il vicepresidente del Comitato e' designato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale nell'ambito dei suoi componenti". - L'art. 7 della legge n. 125/1991, come modificato dal presente decreto, e' il seguente: "Art. 7 (Collegio istruttorio e segreteria tecnica). - 1. Per l'istruzione degli atti relativi alla individuazione e alla rimozione delle discriminazioni e per la redazione dei pareri del Comitato di cui all'art. 5 e ai consiglieri di parita', e' istituito un collegio istruttorio cosi' composto: a) il vicepresidente del Comitato di cui all'art. 5, che lo presiede; b) un magistrato designato dal Ministero di grazia e giustizia fra quelli che svolgono funzioni di giudice del lavoro; c) un dirigente superiore del ruolo dell'ispettorato del lavoro; d) gli esperti di cui all'art. 5, comma 3, lettera a); e) il consigliere di parita' di cui all'art. 8, comma 4. 2. Ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i componenti di cui alle lettere b) e c) del comma 1, su richiesta del Comitato di cui all'art. 5, possono essere elevati a due. 3. Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al supporto tecnico del Comitato e del collegio istruttorio e' istituita la segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi alle dipendenze della presidenza del Comitato ed e' composta di personale proveniente dalle varie direzioni generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, coordinato da un dirigente generale del medesimo Ministero. La composizione della segreteria tecnica e' determinata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato. 4. Il Comitato e il collegio istruttorio deliberano in ordine alle proprie modalita' di organizzazione e di funzionamento; per lo svolgimento dei loro compiti possono costituire specifici gruppi di lavoro. Il Comitato puo' deliberare la stipula di convenzioni nonche' di avvalersi di collaborazioni esterne: a) per l'effettuazione di studi e ricerche; b) per attivita' funzionali dell'esercizio dei compiti in materia di progetti di azioni positive previsti dall'art. 6, comma 1, lettera d)". - Per il testo della lettera d), comma 1, dell'art. 4 del decreto legislativo n. 469/1997, si veda in nota all'art. 2. - L'art. 9 della legge n. 125/1991, cosi' recita: "Art. 9 (Rapporto sulla situazione del personale). - 1. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilita', dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta. 2. Il rapporto di cui al comma 1 e' trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e al consigliere regionale di parita'. 3. Il primo rapporto deve essere redatto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, in conformita' alle indicazioni definite, nell'ambito delle specificazioni di cui al comma 1, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. 4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1 non trasmettano il rapporto, l'ispettorato regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi piu' gravi puo' essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda".
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| Art. 4 Rete nazionale delle consigliere e dei consiglieri di parita' Relazione al Parlamento
1. Al fine di rafforzare le funzioni delle consigliere e dei consiglieri di parita', di accrescere l'efficacia della loro azione, di consentire lo scambio di informazioni, esperienze e buone prassi, e' istituita la rete nazionale dei consiglieri e delle consigliere di parita', coordinata dalla consigliera o dal consigliere nazionale di parita'. 2. La rete nazionale si riunisce almeno due volte l'anno su convocazione e sotto la presidenza della consigliera o del consigliere nazionale; alle riunioni partecipano il vice presidente del Comitato nazionale di parita' di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e un rappresentante designato dal Ministro per le pari opportunita'. 3. Per l'espletamento dei propri compiti la rete nazionale puo' avvalersi, oltre che del Collegio istruttorio di cui all'articolo 7 della legge 10 aprile 1991, n. 125, anche di esperte od esperti di particolare e comprovata qualificazione professionale nel rispettivo campo di attivita'. 4. L'entita' delle risorse necessarie al funzionamento della rete nazionale e all'espletamento dei relativi compiti, e' determinata con il decreto di cui all'articolo 9, comma 2. 5. Entro il 31 marzo di ogni anno la consigliera o il consigliere nazionale di parita' elabora, anche sulla base dei rapporti di cui all'articolo 3, comma 5, un rapporto al Ministro del lavoro e della previdenza sociale e al Ministro per le pari opportunita' sulla propria attivita' e su quella svolta dalla rete nazionale. Si applica quanto previsto nell'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 3 in caso di mancata o ritardata presentazione del rapporto. 6. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, anche sulla base del rapporto di cui al comma 5, nonche' delle indicazioni fornite dal Comitato nazionale di parita', presenta in Parlamento, almeno biennalmente, d'intesa con il Ministro per le pari opportunita', una relazione contenente i risultati del monitoraggio sull'applicazione della legislazione in materia di parita' e pari opportunita' nel lavoro e sulla valutazione degli effetti delle disposizioni del presente decreto.
Note all'art. 4: - Per il testo dell'art. 5 della legge n. 125/1991, si veda in nota all'art. 3. - Per il testo dell'art. 7 della legge n. 125/1991, si veda in nota all'art. 3.
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| Art. 5 Sede e attrezzature
1. L'ufficio delle consigliere e dei consiglieri di parita' regionali e provinciali e' ubicato rispettivamente presso le regioni e presso le province. L'ufficio della consigliera o del consigliere nazionale di parita' e' ubicato presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale. L'ufficio e' funzionalmente autonomo, dotato del personale, delle apparecchiature e delle strutture necessarie per lo svolgimento dei loro compiti. Il personale, la strumentazione e le attrezzature necessari sono assegnati dagli enti presso cui l'ufficio e' ubicato, nell'ambito delle risorse trasferite ai sensi del decreto legislativo del 23 dicembre 1997, n. 469. 2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunita', predispone con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, una convenzione quadro allo scopo di definire le modalita' di organizzazione e di funzionamento dell'ufficio delle consigliere e dei consiglieri di parita', nonche' gli indirizzi generali per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e). Entro i successivi tre mesi il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, in conformita' ai contenuti della convenzione quadro, provvede alla stipula di altrettante convenzioni con gli enti territoriali nel cui ambito operano le consigliere ed i consiglieri di parita'.
Note all'art. 5: - Il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1998, n. 5. - L'art. 8 del citato decreto legislativo n. 281/1997, cosi' recita: "Art. 8 (Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e Conferenza unificata). - 1. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e' unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunita' montane, con la Conferenza Stato-regioni. 2. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e' presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali; ne fanno parte altresi' il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanita', il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunita' ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le citta' individuate dall'art. 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonche' rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici. 3. La Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e' convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessita' o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM. 4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e' convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non e' conferito, dal Ministro dell'interno".
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| Art. 6 Permessi
1. Le consigliere ed i consiglieri di parita', nazionale e regionali hanno diritto per l'esercizio delle loro funzioni, ove si tratti di lavoratori dipendenti, ad assentarsi dal posto di lavoro per un massimo di 50 ore lavorative mensili medie. Nella medesima ipotesi le consigliere ed i consiglieri provinciali di parita' hanno diritto ad assentarsi dal posto di lavoro per un massimo di 30 ore lavorative mensili medie. I permessi di cui al presente comma sono retribuiti. 2. Le consigliere ed i consiglieri regionali e provinciali di parita' hanno altresi' diritto, ove si tratti di lavoratori dipendenti, ad ulteriori permessi non retribuiti per i quali verra' corrisposta un'indennita'. La misura massima dei permessi e l'importo dell'indennita' sono stabiliti annualmente dal decreto di cui all'articolo 9, comma 2. Ai fini dell'esercizio del diritto di assentarsi dal luogo di lavoro di cui al comma 1 ed al presente comma, le consigliere ed i consiglieri di parita' devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro almeno un giorno prima. 3. L'onere per le assenze dal lavoro di cui al comma 1 delle consigliere e dei consiglieri di parita' regionali e provinciali, lavoratori dipendenti da privati o da amministrazioni pubbliche, e' a carico rispettivamente dell'ente regionale e provinciale. A tal fine si impiegano risorse provenienti dal Fondo di cui all'articolo 9. L'ente regionale o provinciale, su richiesta, e' tenuto a rimborsare al datore di lavoro quanto corrisposto per le ore di effettiva assenza. 4. Le consigliere ed i consiglieri regionali e provinciali di parita', lavoratori autonomi o liberi professionisti, hanno diritto per l'esercizio delle loro funzioni ad un'indennita' rapportata al numero complessivo delle ore di effettiva attivita', entro un limite massimo determinato annualmente dal decreto di cui all'articolo 9, comma 2. 5. La consigliera o il consigliere nazionale di parita', ove lavoratore dipendente, usufruisce di un numero massimo di permessi non retribuiti determinato annualmente con il decreto di cui all'articolo 9, comma 2, nonche' di un'indennita' fissata dallo stesso decreto. In alternativa puo' richiedere il collocamento in aspettativa non retribuita per la durata del mandato, percependo in tal caso un'indennita' complessiva, a carico del Fondo di cui all'articolo 9, determinata tenendo conto dell'esigenza di ristoro della retribuzione perduta e di compenso dell'attivita' svolta. Ove la funzione di consigliera o consigliere nazionale di parita' sia ricoperta da un lavoratore autonomo o da un libero professionista, spetta al medesimo un'indennita' nella misura complessiva annua determinata dal decreto di cui all'articolo 9, comma 2. |
| Art. 7 Azioni positive
1. All'articolo 2 della legge 10 aprile 1991, n. 125, il comma 1 e' sostituito dal seguente: "1. A partire dal 1o ottobre ed entro il 30 novembre di ogni anno, i datori di lavoro pubblici e privati, i centri di formazione professionale accreditati, le associazioni, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali possono richiedere al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi all'attuazione di progetti di azioni positive presentati in base al programma-obiettivo di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c).". 2. All'articolo 6, comma 1, della legge 10 aprile 1991, n. 125, la lettera c) e' sostituita dalla seguente: "c) formula entro il 31 maggio di ogni anno un programma-obiettivo nel quale vengono indicate le tipologie di progetti di azioni positive che intende promuovere, i soggetti ammessi per le singole tipologie ed i criteri di valutazione. Il programma e' diffuso dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;". 3. All'articolo 6, comma 1, della legge 10 aprile 1991, n. 125, la lettera g) e' sostituita dalla seguente: "g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche indirizzando gli interessati all'adozione di progetti di azioni positive per la rimozione delle discriminazioni pregresse o di situazioni di squilibrio nella posizione di uomini e donne in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale, delle condizioni di lavoro e retributive, stabilendo eventualmente, su proposta del collegio istruttorio, l'entita' del cofinanziamento di una quota dei costi connessi alla loro attuazione;". 4. All'articolo 7 della legge 10 aprile 1991, n. 125, il comma 4 e' sostituito dal seguente: "4. Il Comitato e il collegio istruttorio deliberano in ordine alle proprie modalita' di organizzazione e di funzionamento; per lo svolgimento dei loro compiti possono costituire specifici gruppi di lavoro. Il Comitato puo' deliberare la stipula di convenzioni nonche' di avvalersi di collaborazioni esterne: a) per l'effettuazione di studi e ricerche; b) per attivita' funzionali all'esercizio dei compiti in materia di progetti di azioni positive previsti dall'articolo 6, comma 1, lettera d).". 5. Ai sensi degli articoli 1, comma 1, lettera c), 7, comma 1, e 61, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni e tutti gli enti pubblici non economici, nazionali, regionali e locali, sentiti gli organismi di rappresentanza previsti dall'articolo 47 del citato decreto legislativo n. 29 del 1993 ovvero, in mancanza, le organizzazioni rappresentative nell'ambito del comparto e dell'area di interesse, sentito inoltre, in relazione alla sfera operativa della rispettiva attivita', il Comitato di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e la consigliera o il consigliere nazionale di parita', ovvero il Comitato per le pari opportunita' eventualmente previsto dal contratto collettivo e la consigliera o il consigliere di parita' territorialmente competente, predispongono piani di azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunita' di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne. Detti piani, fra l'altro, al fine di promuovere l'inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali esse sono sottorappresentate, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera d), della citata legge n. 125 del 1991, favoriscono il riequilibrio della presenza femminile nelle attivita' e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi. A tale scopo, in occasione tanto di assunzioni quanto di promozioni, a fronte di analoga qualificazione e preparazione professionale tra candidati di sesso diverso, l'eventuale scelta del candidato di sesso maschile e' accompagnata da un'esplicita ed adeguata motivazione. I piani di cui al presente articolo hanno durata triennale. In sede di prima applicazione essi sono predisposti entro il 30 giugno 2001. In caso di mancato adempimento si applica l'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. 6. In fase di prima attuazione, il programma obiettivo di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 10 aprile 1991, n. 125, come sostituito dal comma 2, e' formulato per l'anno 2000 entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Note all'art. 7: - Il testo dell'art. 2 della legge n. 125/1991, cosi' come modificato dal presente decreto, risulta essere il seguente: "Art. 2 (Attuazione di azioni positive, finanziamenti). - 1. A partire dal 1o ottobre ed entro il 30 novembre di ogni anno, i datori di lavoro pubblici e privai, i centri di formazione professionale accreditati, le associazioni, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali possono richiedere al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi all'attuazione di progetti di azioni positive presentati in base al programma-obiettivo di cui all'art. 6, comma 1, lettera c). 2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Comitato di cui all'art. 5, ammette i progetti di azioni positive al beneficio di cui al comma 1 e, con lo stesso provvedimento, autorizza le relative spese. L'attuazione dei progetti di cui al comma 1, deve comunque avere inizio entro due mesi dal rilascio dell'autorizzazione. 3. (Abrogato). 4. I progetti di azioni concordate dai datori di lavoro con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale hanno precedenza nell'accesso al beneficio di cui al comma 1. 5. L'accesso ai fondi comunitari destinati alla realizzazione di programmi o progetti di azioni positive, ad eccezione di quelli di cui all'art. 3, e' subordinato al parere del Comitato di cui all'art. 5. 6. (Abrogato). - Il testo dell'art. 6 della legge n. 125/1991, come modificato dal presente decreto, e' il seguente: "Art. 6 (Compiti del Comitato). - 1. Per il perseguimento delle finalita' di cui all'art. 5, comma 1, il Comitato adotta ogni iniziativa utile ed in particolare: a) formula proposte sulle questioni generali relative all'attuazione degli obiettivi della parita' e delle pari opportunita', nonche' per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente che direttamente incide sulle condizioni di lavoro delle donne; b) informa e sensibilizza l'opinione pubblica sulla necessita' di promuovere le pari opportunita' per le donne nella formazione e nella vita lavorativa; c) formula entro il 31 maggio di ogni anno un programma-obiettivo nel quale vengono indicate le tipologie di progetti di azioni positive che intende promuovere, i soggetti ammessi per le singole tipologie ed i criteri di valutazione. Il programma e' diffuso dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale; d) esprime, a maggioranza, parere sul finanziamento dei progetti di azioni positive ed opera il controllo sui progetti in itinere verificandone la corretta attuazione e l'esito finale; e) elabora codici di comportamento diretti a specificare le regole di condotta conformi alla parita' e ad individuare le manifestazioni anche indirette delle discriminazioni; f) verifica lo stato di applicazione della legislazione vigente in materia di parita'; g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche indirizzando gli interessati all'adozione di progetti di azioni positive per la rimozione delle discriminazioni pregresse o di situazioni di squilibrio nella posizione di uomini e donne in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione promozione professionale, delle condizioni di lavoro e retributive, stabilendo eventualmente, su proposta del collegio istruttorio, l'entita' del cofinanziamento di una quota dei costi connessi alla loro attuazione; h) puo' richiedere all'ispettorato del lavoro di acquisire presso i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale; i) promuove una adeguata rappresentanza di donne negli organismi pubblici nazionali e locali competenti in materia di lavoro e formazione professionale; l) redige il rapporto di cui all'art. 10". - Per il testo vigente dell'art. 7 della legge n. 125/1991, si veda in nota all'art. 3. - Il testo degli articoli 1, comma 1, lettera c), 7, comma 1, e 61, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e' il seguente: "Art. 1. - 1. Le disposizioni del presente decreto disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell'art. 97, primo comma, della Costituzione, al fine di: a) - b) (omissis); c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunita' alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato". "Art. 7. - 1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parita' e pari opportunita' tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro". "Art. 61. - 1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari opportunita' tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro: a) riservano alle donne, salva motivata impossibilita', almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso, fermo restando il principio di cui all'art. 36, comma 3, lettera e); b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunita' di uomini e donne sul lavoro, conformemente alle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica; c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando modalita' organizzative atte a favorirne la partecipazione, consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare; d) possono finanziare programmi di azioni positive e l'attivita' dei Comitati pari opportunita' nell'ambito delle proprie disponibilita' di bilancio". - L'art. 47 del decreto legislativo n. 29/1993, cosi' recita: "Art. 47 (Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro). - 1. Nelle pubbliche amministrazioni la liberta' e l'attivita' sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. Fino a quando non vengano emanate norme di carattere generale sulla rappresentativita' sindacale che sostituiscano o modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni, in attuazione dei criteri di cui all'art. 2, comma 1, lettera b), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, osservano le disposizioni seguenti in materia di rappresentativita' delle organizzazioni sindacali ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell'esercizio della contrattazione collettiva. 2. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, le organizzazioni sindacali che, in base ai criteri dell'art. 47-bis, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, possono costituire rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'art. 19 e seguenti della legge 20 maggio 1970, n. 300. Ad esse spettano, in proporzione alla rappresentativita', le garanzie previste dagli articoli 23, 24 e 30 della medesima legge 20 maggio 1970, n. 300, e le migliori condizioni derivanti dai contratti collettivi nonche' dalla gestione dell'accordo recepito nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 ottobre 1994, n. 770, e dai successivi accordi. 3. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 2, viene altresi' costituito, con le modalita' di cui ai commi seguenti, un organismo di rappresentanza unitaria del personale mediante elezioni alle quali e' garantita la partecipazione di tutti i lavoratori. 4. Con appositi accordi o contratti collettivi nazionali, tra l'ARAN e le confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'art. 47-bis, sono definite la composizione dell'organismo di rappresentanza unitaria del personale e le specifiche modalita' delle elezioni, prevedendo in ogni caso il voto segreto, il metodo proporzionale e il periodico rinnovo, con esclusione della prorogabilita'. Deve essere garantita la facolta' di presentare liste, oltre alle organizzazioni che, in base ai criteri dell'art. 47-bis, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, anche ad altre organizzazioni sindacali, purche' siano costituite in associazione con un proprio statuto e purche' abbiano aderito agli accordi o contratti collettivi che disciplinano l'elezione e il funzionamento dell'organismo. Per la presentazione delle liste, puo' essere richiesto a tutte le organizzazioni sindacali promotrici un numero di firme di dipendenti con diritto al voto non superiore al 3 per cento del totale dei dipendenti nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative fino a duemila dipendenti, e del 2 per cento in quelle di dimensioni superiori. 5. I medesimi accordi o contratti collettivi possono prevedere che, alle condizioni di cui al comma 8, siano costituite rappresentanze unitarie del personale comuni a piu' amministrazioni o enti di modeste dimensioni ubicati nel medesimo territorio. Essi possono altresi' prevedere che siano costituiti organismi di coordinamento tra le rappresentanze unitarie del personale nelle amministrazioni e enti con pluralita' di sedi o strutture di cui al comma 8. 6. I componenti della rappresentanza unitaria del personale sono equiparati ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali ai fini della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni e del presente decreto legislativo. Gli accordi o contratti collettivi che regolano l'elezione e il funzionamento dell'organismo, stabiliscono i criteri e le modalita' con cui sono trasferite ai componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali delle organizzazioni sindacali di cui al comma 2 che li abbiano sottoscritti o vi aderiscano. 7. I medesimi accordi possono disciplinare le modalita' con le quali la rappresentanza unitaria del personale esercita in via esclusiva i diritti di informazione e di partecipazione riconosciuti alle rappresentanze sindacali aziendali dall'art. 10 e successive modificazioni o da altre disposizioni della legge e della contrattazione collettiva. Essi possono altresi' prevedere che, ai fini dell'esercizio della contrattazione collettiva integrativa, la rappresentanza unitaria del personale sia integrata da rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto. 8. Salvo che i contratti collettivi non prevedano, in relazione alle caratteristiche del comparto, diversi criteri dimensionali, gli organismi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo possono essere costituiti, alle condizioni previste dai commi precedenti, in ciascuna amministrazione o ente che occupi oltre quindici dipendenti. Nel caso di amministrazioni o enti con pluralita' di sedi o strutture periferiche, possono essere costituiti anche presso le sedi o strutture periferiche che siano considerate livelli decentrati di contrattazione collettiva dai contratti collettivi nazionali. 9. Fermo restando quanto previsto dal comma 2 per la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'art. 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, la rappresentanza dei dirigenti nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative e' disciplinata, in coerenza con la natura delle loro funzioni, dagli accordi o contratti collettivi riguardanti la relativa area contrattuale. 10. Alle figure professionali per le quali nel contratto collettivo del comparto sia prevista una disciplina distinta ai sensi dell'art. 45, comma 3, deve essere garantita una adeguata presenza negli organismi di rappresentanza unitaria del personale, anche mediante l'istituzione, tenuto conto della loro incidenza quantitativa e del numero dei componenti dell'organismo, di specifici collegi elettorali. 11. Per quanto riguarda i diritti e le prerogative sindacali delle organizzazioni sindacali delle minoranze linguistiche, nell'ambito della provincia di Bolzano e della regione Valle d'Aosta, si applica quanto previsto dall'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58, e dal decreto legislativo 28 dicembre 1989, n. 430". - Per il testo dell'art. 5 della legge n. 125/1991, si veda in note all'art. 3. - L'art. 1, comma 2, lettera d), della legge n. 125/1991, cosi' recita: "2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo scopo di: da a) a c) (omissis); d) promuovere l'inserimento delle donne nell'attivita', nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilita'". - Il comma 6 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 29/1993, e' il seguente: "6. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo e a quelli previsti dall'art. 31 non possono assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette".
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| Art. 8 Azioni in giudizio
1. L'articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e' sostituito dal seguente: "Art. 4 (Azioni in giudizio). - 1. Costituisce discriminazione, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e della presente legge, qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso. 2. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all'adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori dell'uno o dell'altro sesso e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attivita' lavorativa. 3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate, anche a mezzo di terzi, da datori di lavoro privati e pubbliche amministrazioni la prestazione richiesta dev'essere accompagnata dalle parole "dell'uno o dell'altro sesso , fatta eccezione per i casi in cui il riferimento al sesso costituisca requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione. 4. Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, puo' promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o, rispettivamente, dell'articolo 69-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, anche tramite la consigliera o il consigliere di parita' provinciale o regionale territorialmente competente. 5. Le consigliere o i consiglieri di parita' provinciali e regionali competenti per territorio, ferme restando le azioni in giudizio di cui ai commi 8 e 10, hanno facolta' di ricorrere innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro o, per i rapporti sottoposti alla sua giurisdizione, al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti, su delega della persona che vi ha interesse, ovvero di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima. 6. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto - desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti - idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sull'insussistenza della discriminazione. 7. Qualora le consigliere o i consiglieri di parita' regionali e, nei casi di rilevanza nazionale, il consigliere o la consigliera nazionale, rilevino l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo, anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici o i lavoratori lesi dalle discriminazioni, prima di promuovere l'azione in giudizio ai sensi dei commi 8 e 10, possono chiedere all'autore della discriminazione di predisporre un piano di rimozione delle discriminazioni accertate entro un termine non superiore a centoventi giorni, sentite, nel caso di discriminazione posta in essere da un datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le associazioni locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Se il piano e' considerato idoneo alla rimozione delle discriminazioni, la consigliera o il consigliere di parita' promuove il tentativo di conciliazione ed il relativo verbale, in copia autenticata, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del tribunale in funzione di giudice del lavoro. 8. Con riguardo alle discriminazioni di carattere collettivo di cui al comma 7 le consigliere o i consiglieri di parita', qualora non ritengano di avvalersi della procedura di conciliazione di cui al medesimo comma o in caso di esito negativo della stessa, possono proporre ricorso davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti. 9. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del comma 8, ordina all'autore della discriminazione di definire un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, sentite, nel caso si tratti di datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, gli organismi locali aderenti alle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonche' la consigliera o il consigliere di parita' regionale competente per territorio o il consigliere o la consigliera nazionale. Nella sentenza il giudice fissa i criteri, anche temporali, da osservarsi ai fini della definizione ed attuazione del piano. 10. Ferma restando l'azione di cui al comma 8, la consigliera o il consigliere regionale e nazionale di parita' possono proporre ricorso in via d'urgenza davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti. Il giudice adito, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, ove ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, con decreto motivato e immediatamente esecutivo ordina all'autore della discriminazione la cessazione del comportamento pregiudizievole e adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti delle discriminazioni accertate, ivi compreso l'ordine di definizione ed attuazione da parte del responsabile di un piano di rimozione delle medesime. Si applicano in tal caso le disposizioni del comma 9. Contro il decreto e' ammessa entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti opposizione avanti alla medesima autorita' giudiziaria territorialmente competente, che decide con sentenza immediatamente esecutiva. 11. L'inottemperanza alla sentenza di cui al comma 9, al decreto di cui al comma 10 o alla sentenza pronunciata nel relativo giudizio di opposizione e' punita ai sensi dell'articolo 650 del codice penale e comporta altresi' la revoca dei benefici di cui al comma 12 ed il pagamento di una somma di lire centomila per ogni giorno di ritardo da versarsi al Fondo di cui all'articolo 9. 12. Ogni accertamento di atti, patti o comportamenti discriminatori ai sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da soggetti ai quali siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o forniture, viene comunicato immediatamente dalla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca del beneficio e, nei casi piu' gravi o nel caso di recidiva, possono decidere l'esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali la direzione provinciale del lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata per l'adozione delle sanzioni previste. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso sia raggiunta una conciliazione ai sensi dei commi 4 e 7. 13. Ferma restando l'azione ordinaria, le disposizioni dell'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano in tutti i casi di azione individuale in giudizio promossa dalla persona che vi abbia interesse o su sua delega da un'organizzazione sindacale o dalla consigliera o dal consigliere provinciale o regionale di parita'. 14. Qualora venga presentato un ricorso in via di urgenza ai sensi del comma 10 o ai sensi dell'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, come modificato dal comma 13, non trova applicazione l'articolo 410 del codice di procedura civile.".
Note all'art. 8: - La legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Parita' di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro) e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 17 dicembre 1977, n. 343. - L'art. 410 del codice di procedura civile, cosi' recita: "Art. 410 (Tentativo obbligatorio di riconciliazione). - Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'art. 409 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi deve promuovere, anche tramite l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all'art. 413. La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza. La commissione, ricevuta la richiesta tenta la conciliazione della controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal ricevimento della richiesta. Con provvedimento del direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione e' istituita in ogni provincia presso l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, una commissione provinciale di conciliazione composta dal direttore dell'ufficio stesso, o da un suo delegato, in qualita' di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale. Commissioni di conciliazione possono essere istituite, con le stesse modalita' e con la medesima composizione di cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione. Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessita', affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un suo delegato che rispecchino la composizione prevista dal precedente terzo comma. In ogni caso per la validita' della riunione e' necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei lavoratori. Ove la riunione della commissione non sia possibile per la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro certifica l'impossibilita' di procedere al tentativo di conciliazione". - L'art. 69-bis del decreto legislativo n. 29/1993, cosi' recita: "Art. 69-bis (Collegio di conciliazione). - 1. Ferma restando la facolta' del lavoratore di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'art. 69 si svolge, con le procedure di cui ai commi seguenti, dinanzi ad un collegio di conciliazione istituito presso l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione nella cui circoscrizione si trova l'ufficio cui il lavoratore e' addetto, ovvero era addetto al momento della cessazione del rapporto. Le medesime procedure si applicano, in quanto compatibili, se il tentativo di conciliazione e' promosso dalla pubblica amministrazione. Il collegio di conciliazione e' composto dal direttore dell'ufficio o da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione. 2. La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, e' consegnata all'ufficio presso il quale e' istituito il collegio di conciliazione competente o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta deve essere consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore all'amministrazione di appartenenza. 3. La richiesta deve precisare: a) l'amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore e' addetto; b) il luogo dove gli devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla procedura; c) l'esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della pretesa; d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la delega per la nomina medesima ad un'organizzazione sindacale. 4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia della richiesta, l'amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore, deposita presso l'ufficio osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione. Entro i dieci giorni successivi al deposito, il presidente fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione il lavoratore puo' farsi rappresentare o assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. Per l'amministrazione deve comparire un soggetto munito del potere di conciliare. 5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale costituisce titolo esecutivo. Alla conciliazione non si applicano le disposizioni dell'art. 2113, commi primo, secondo e terzo, del codice civile. 6. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, il Collegio di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non e' accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. 7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Il giudice valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese. 8. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio di cui al comma 1, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell'art. 420, commi primo, secondo e terzo, del codice di procedura civile, non puo' dar luogo a responsabilita' amministrativa". - L'art. 650 del codice penale e' il seguente: "Art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorita'). - Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorita' per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, e' punito, se il fatto non costituisce un piu' grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila". - L'art. 15 della legge n. 903/1977, cosi' recita: "Art. 15. Qualora vengano posti in essere comportamenti diretti a violare le disposizioni di cui agli articoli 1 e 5 della presente legge, su ricorso del lavoratore o per sua delega delle organizzazioni sindacali, il pretore del luogo ove e' avvenuto il comportamento denunziato, in funzione di giudice del lavoro, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, ordina all'autore del comportamento denunciato, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti. L'efficacia esecutiva del decreto non puo' essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore definisce il giudizio instaurato a norma del comma seguente. Contro il decreto e' ammessa entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti opposizione davanti al pretore che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile. L'inottemperanza al decreto di cui al primo comma o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione e' punita ai sensi dell'art. 650 del codice penale. Ove le violazioni di cui al primo comma riguardino dipendenti pubblici si applicano le norme previste in materia di sospensione dell'atto dell'art. 21, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034".
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| Art. 9 Fondo per l'attivita' delle consigliere e dei consiglieri di parita'
1. E' istituito il Fondo nazionale per le attivita' delle consigliere e dei consiglieri di parita', alimentato dalle risorse di cui all'articolo 47, comma 1, lettera d), della legge 17 maggio 1999, n. 144. Il Fondo e' destinato a finanziare le spese relative alle attivita' della consigliera o del consigliere nazionale di parita' e delle consigliere o dei consiglieri regionali e provinciali di parita', ai compensi degli esperti eventualmente nominati ai sensi dell'articolo 4, comma 4, nonche' le spese relative alle azioni in giudizio promosse o sostenute ai sensi dell'articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, come sostituito dal presente decreto. E' altresi' destinato a finanziare le spese relative al pagamento di compensi per indennita', rimborsi e remunerazione dei permessi spettanti alle consigliere ed ai consiglieri di parita', nonche' quelle per il funzionamento e le attivita' della rete di cui all'articolo 4 e per gli eventuali oneri derivanti dalle convenzioni di cui all'articolo 5, comma 3, diversi da quelli relativi al personale. Le regioni e le province possono integrare le risorse provenienti dal Fondo con risorse proprie. 2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunita', sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le risorse del Fondo vengono annualmente ripartite tra le diverse destinazioni, sulla base dei seguenti criteri: a) una quota pari al 30% e' riservata all'ufficio del consigliere nazionale di parita' ed e' destinata a finanziare, oltre alle spese relative alle attivita' ed ai compensi dello stesso, le spese relative al funzionamento ed ai programmi di attivita' della rete delle consigliere e dei consiglieri di parita' di cui all'articolo 4; b) la restante quota del 70% e' destinata alle regioni e viene suddivisa tra le stesse sulla base di una proposta di riparto elaborata dalla commissione interministeriale di cui al comma 4. 3. La ripartizione delle risorse deve comunque essere effettuata in base a parametri oggettivi, che tengono conto del numero dei consiglieri provinciali e di indicatori che considerano i differenziali demografici ed occupazionali, di genere e territoriali, nonche' in base alla capacita' di spesa dimostrata negli esercizi finanziari precedenti. 4. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e' istituita la commissione interministeriale per la gestione del Fondo di cui al comma 1. La commissione e' composta dalla consigliera o dal consigliere nazionale di parita' o da un delegato scelto all'interno della rete di cui all'articolo 4, dal vicepresidente del Comitato nazionale di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991, n. 125, da un rappresentante della direzione generale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale preposta all'amministrazione del Fondo per l'occupazione, da tre rappresentanti del Dipartimento per le pari opportunita' della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da un rappresentante del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da un rappresentante del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonche' da tre rappresentanti della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Essa provvede alla proposta di riparto tra le regioni della quota di risorse del Fondo ad esse assegnata, nonche' all'approvazione dei progetti e dei programmi della rete di cui all'articolo 4. L'attivita' della commissione non comporta oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica. 5. Per la gestione del Fondo di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le norme che disciplinano il Fondo per l'occupazione.
Note all'art. 9: - Per il testo della lettera d), comma 1 dell'art. 47 della legge n. 144/1999, si veda in nota alle premesse. - Per il testo dell'art. 8 del decreto legislativo n. 281/1997, si veda in nota all'art. 5. - Per il testo dell'art. 5 della legge n. 125/1991, si veda in note all'art. 3.
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| Art. 10 Disposizioni finali
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per le pari opportunita', in base alle indicazioni del Comitato di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991, n. 125, sono stabilite le modalita' di presentazione delle richieste di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 125 del 1991, le procedure di valutazione e di verifica e quelle di erogazione, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123. Con lo stesso decreto sono stabiliti i requisiti di onorabilita' che i soggetti richiedenti devono possedere. La mancata attuazione del progetto comporta la decadenza dal beneficio e la restituzione delle somme eventualmente gia' riscosse. In caso di attuazione parziale, la decadenza opera limitatamente alla parte non attuata, la cui valutazione e' effettuata in base ai criteri determinati dal decreto di cui al presente comma. 2. In sede di prima applicazione del presente decreto, i rapporti di cui agli articoli 3, comma 5, e 4, comma 5, sono presentati, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2001 e il 31 marzo 2002. 3. Sono abrogati gli articoli 2, commi 3 e 6, e 8, della legge 10 aprile 1991, n. 125, e l'articolo 18 della legge 7 dicembre 1977, n. 903. 4. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai principi desumibili dal presente decreto con le modalita' previste dai rispettivi statuti. Fino all'emanazione delle leggi regionali, le disposizioni del presente decreto trovano piena e immediata applicazione nelle regioni a statuto speciale. Per le province autonome di Trento e Bolzano resta fermo l'articolo 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addi' 23 maggio 2000 CIAMPI Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri Salvi, Ministro del lavoro e della previdenza sociale Bellillo, Ministro per le pari opportunita' Visco, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica Fassino, Ministro della giustizia Bassanini, Ministro per la funzione pubblica Loiero, Ministro per gli affari regionali Visto, il Guardasigilli: Fassino
Note all'art. 10: - Per il testo dell'art. 5 della legge n. 125 del 1991, si veda in note all'art. 3. - Per il testo dell'art. 2 della legge n. 125 del 1991, si veda in nota all'art. 7. - Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell'art. 4, comma 4, lettera c) della legge 15 marzo 1997, n. 59) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 1998, n. 99. - Per il testo dell'art. 2 della legge n. 125/1991, cosi' come modificato dal presente decreto, vedasi in note all'art. 7. - L'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e coordinamento), cosi' recita: "Art. 2 (Rapporti tra legislazione statale e legislazione regionale). - 1. Salvo quanto disposto nel comma 4, la legislazione regionale e provinciale deve essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale o nel piu' ampio termine da esso stabilito. Restano nel frattempo applicabili le disposizioni legislative regionali e provinciali preesistenti. 2. Decorso il termine di cui al comma 1, le disposizioni legislative regionali e provinciali non adeguate in ottemperanza al comma medesimo possono essere impugnate davanti alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 97 dello statuto speciale per violazione di esso; si applicano altresi' la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 3. L'impugnazione di cui al comma 2 ai sensi del predetto art. 97 e' proposta entro novanta giorni, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, dal Presidente del Consiglio ed e' depositata nella cancelleria della Corte costituzionale entro venti giorni dalla notificazione al presidente della giunta regionale o provinciale. 4. Resta in ogni caso ferma l'immediata applicabilita' nel territorio regionale delle leggi costituzionali, degli atti legislativi dello Stato nelle materie nelle quali alla regione o alla provincia autonoma e' attribuita delega di funzioni statali ovvero potesta' legislativa integrativa delle disposizioni statali, di cui agli articoli 6 e 10 dello statuto speciale, nonche' delle norme internazionali e comunitarie direttamente applicabili. 5. Restano fermi i poteri di ordinanza amministrativa diretti a provvedere a situazioni eccezionali di necessita' ed urgenza, nei casi, nei modi e nei limiti previsti dall'ordinamento. 6. L'art. 105 dello statuto speciale si applica anche quando l'efficacia delle disposizioni legislative regionali o provinciali cessa per effetto di sentenza della Corte costituzionale, fermo restando quanto disposto nell'art. 16 dello statuto speciale".
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