Gazzetta n. 147 del 2000-06-26 |
CONFERENZA UNIFICATA STATO-REGIONI E STATO-CITTA' ED AUTONOMIE LOCALI (EX ART. 8 DEL DECRETO LEGISLATIVO 28 AGOSTO 1997, N. 281) |
PROVVEDIMENTO 2 marzo 2000 |
Accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunita' montane, per riorganizzare e potenziare l'educazione permanente degli adulti. |
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LA CONFERENZA UNIFICATA
Visto l'art. 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il quale dispone che la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali e' unificata per le materie e i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunita' montane, con la Conferenza Stato-regioni; Visto l'articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 che dispone che la Conferenza unificata promuove e sancisce accordi tra Governo, regioni, province, comuni e comunita' montane, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione attivita' di interesse comune; Visti i capi III e IV, del titolo IV, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, relativi al conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59 in materia di istruzione scolastica e di formazione professionale; Visto l'accordo per l'individuazione degli standard minimi di funzionamento dei servizi pubblici per l'impiego, sancito da questa Conferenza nella seduta del 16 dicembre 1999 (Rep. Atti n.200/C .U.); Visto il patto per lo sviluppo e l'occupazione, sottoscritto il 22 dicembre 1998 dal Governo e dalle parti sociali, e in particolare l'allegato 3, punto 6; Visto lo schema di accordo in oggetto, trasmesso il 16 febbraio 2000 dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri; Considerato che il 24 febbraio 2000, in sede tecnica, i rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali hanno avanzato congiuntamente proposte di modifica al testo dello schema di accordo in oggetto; Vista la proposta di accordo trasmessa il 28 febbraio 2000 dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella stesura definitiva con le modifiche concordate in sede tecnica; Acquisito l'assenso del Governo, delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunita' montane, espresso nel corso di questa seduta, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del richiamato decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Sancisce il seguente accordo, nei termini sottoindicati:
GOVERNO, REGIONI PROVINCE, COMUNI E COMUNITA' MONTANE
Considerata la necessita' di riorganizzare e potenziare l'educazione degli adulti nell'ambito del sistema integrato di istruzione, formazione e lavoro, con gli obiettivi prioritari di recuperare i bassi livelli di istruzione e formazione, quale premessa per lo sviluppo formativo e l'inserimento lavorativo; di offrire opportunita' educative ai cittadini adulti per l'acquisizioni di conoscenze e di competenze funzionali di base nei diversi campi per il pieno esercizio del diritto di cittadinanza; Valutata altresi' l'opportunita' dell'ampliamento e dell'arricchimento delle offerte formative degli adulti finalizzate a realizzare percorsi personalizzati di istruzione e formazione soprattutto in favore delle fasce deboli e emarginate quale condizione di partecipazione sociale e di integrazione; Convengono in attesa della compiuta definizione del sistema integrato di istruzione, formazione e lavoro, a partire dall'anno 2000 che la riorganizzazione e il potenziamento dell'educazione degli adulti saranno realizzati con riferimento agli obiettivi e alle strategie contenuti nell'unito documento che fa parte integrante del presente accordo. Roma, 2 marzo 2000 Il Presidente Bellillo
Il Segretario della Conferenza Stato-regioni Carpani
Il Segratario della Conferenza Stato-citta' e autonomie locali Granelli | Allegato
LA RIORGANIZZAZIONE E IL POTENZIAMENTO DELL'EDUCAZIONE PERMANENTE DEGLI ADULTI
1. Le linee di intervento nei Paesi dell'Unione europea. Finalita' e obiettivi dell'educazione degli adulti sono stati definiti dalla Conferenza internazionale di Amburgo del luglio 1997 che, nella Dichiarazione finale, ha impegnato i Paesi membri a realizzare i principi adottati, affinche' l'educazione permanente possa diventare una realta' significativa del XXI secolo. La Conferenza di Amburgo ha altresi' riconosciuto il diritto dell'adulto all'alfabetizzazione, cioe' al conseguimento delle conoscenze di base e delle abilita' necessarie nella societa' moderna in forte trasformazione, e il diritto all'educazione e alla formazione permanente, rilevando come i cambiamenti nel processo di produzione indotti anche dalla globalizzazione e l'aumento della disoccupazione necessitano di incisive politiche di investimento per fornire a tutti gli individui i requisiti e le competenze utilizzabili nel mondo del lavoro. In tutti i Paesi dell'Unione europea, i processi di razionalizzazione dei sistemi di educazione permanente sono negli ultimi anni fortemente mirati ad obiettivi sociali: la lotta alla disoccupazione, l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, il recupero del drop out scolastico, l'integrazione sociale dei disabili e degli emarginati, l'accoglienza degli immigrati. Ad ogni livello della formazione e del lavoro, si punta sull'educazione permanente come strumento fondamentale che, attraverso l'ampliamento delle opportunita' professionali, permetta a tutti i cittadini una seconda chance non solo formativa ma anche nel lavoro. Diversi Paesi dell'Unione hanno adottato l'idea di una "societa' in formazione" che offra al cittadino migliori opportunita' di promozione del suo ruolo sociale soprattutto attraverso l'acquisizione dei saperi, puntando a prevenire e sconfiggere la disoccupazione, facendo leva su un'organizzazione piu' efficace ed elastica dell'apprendimento, sia nel senso di integrare l'educazione iniziale e quella continua con crediti e certificazioni, sia con il superamento della divisione tra "cultura generale" e abilita' professionali. La riorganizzazione dei percorsi formativi in senso permanente ha portato i diversi Paesi europei a fronteggiare problemi abbastanza simili quali il decentramento, il monitoraggio dell'offerta occupazionale coordinato dalle istituzioni e dai partner sociali, il conseguente orientamento di giovani e adulti su percorsi formativi ad hoc, l'accreditamento e il controllo di qualita'. Sul versante dei curricula e delle certificazioni, i diversi sistemi tendono comunque a garantire all'utenza la descrizione puntuale delle competenze acquisibili nei programmi formativi e progressivamente certificate, per assicurare il riconoscimento delle qualificazioni nel mondo del lavoro, sul piano nazionale ed internazionale. I percorsi formativi e gli insegnamenti si svolgono sempre piu' frequentemente secondo moduli e la quantificazione in crediti delle abilita' raggiunte: un sistema particolarmente adatto all'educazione continua perche' consente di tesaurizzare nel percorso educativo la professionalita' acquisita dall'adulto nel mondo del lavoro; di gestire con flessibilita' l'apprendimento modellandolo su precise esigenze formative, e di validare il processo di qualificazione con test e prove intermedie. Un problema di ordine generale, in tutti i Paesi, e' il manifestarsi di una domanda di formazione continua prevalentemente da parte di lavoratori con qualifiche e specializzazioni medio-alte, rispetto a quelli delle qualifiche medie e basse per i quali occorre un'azione di stimolo e di promozione. La realizzazione di queste linee di fondo ha richiesto il coinvolgimento degli imprenditori e in generale dei partner sociali, referenti indispensabili di un sistema che forma qualificazioni professionali. 2. Aspetti socio-culturali. Le nozioni di educazione degli adulti, formazione continua, educazione permanente hanno la loro genesi nella presa d'atto dell'inadeguatezza di una concezione sequenziale dell'istruzione, "secondo la quale prima si studia, poi, conclusi gli studi, si lavora", e mette in luce la necessita' di prefigurare "ritorni" nel sistema formativo dopo periodi di lavoro e nel corso della vita. Soggetti che lasciano il sistema formativo senza l'acquisizione di un titolo o di una qualifica, accumulano, nel corso del tempo, vari deficit di conoscenza. E' ormai accertato che la popolazione con basso livello di cultura e di scolarita' usufruisce meno di altri dei servizi sociali, e' meno presente nelle strutture di partecipazione, e' fortemente esclusa dalla fruizione di momenti della cultura colta, utilizza meno di altri le opportunita' formative, segue poco le trasmissioni televisive a contenuto culturale e informativo. Analisi recenti hanno mostrato come sussista uno stretto rapporto tra quantita' e qualita' dell'istruzione ricevuta e inserimento professionale. Da cio' anche la conferma della necessita' di aggredire il problema da piu' punti al fine di rompere la relazione perversa di esclusioni diverse. Singole azioni non determinano una politica, che invece, per le ragioni esposte, necessita di scelte di ampio respiro non legate alle contingenze, ma a prospettive di sviluppo connesse con un quadro di riferimento nazionale, internazionale e locale. L'apprendimento, come acquisizione di elementi cognitivi, esperienze, capacita' relazionali che permettono all'individuo di agire positivamente in un contesto, e' l'elemento fondante di ogni inserimento sociale e professionale. Appare logico porre una particolare attenzione sulle interazioni tra sistema formativo e contesto sociale, nel complesso compito di individuazione delle priorita' di intervento possibile sul piano educativo. Le disuguaglianze sociali non sono pero' risolvibili solo con l'aumento del livello di istruzione. Tuttavia, se l'istruzione non e' condizione sufficiente ai fini di una migliore collocazione sociale o di occupazione, essa e' spesso condizione necessaria, in quanto i livelli di istruzione hanno un rilievo fondamentale per l'inserimento professionale e, in senso lato, sociale, sia in base all'utilita' oggettiva, documentata dai dati, della risorsa "sapere", sia in base alle percezioni degli interessati riguardo alla formazione ed al lavoro. Per i giovani la constatazione dell'inefficacia dei canali tradizionali nel garantire l'inserimento sociale e occupazionale, la percezione della crescente difficolta' di acquisire lo status di adulto e i diritti ad esso legati, come quello di trovare un lavoro, avere una casa propria, poter costituire una famiglia, ha indotto importanti cambiamenti nelle percezioni collettive, in primo luogo nei valori diffusi tra i giovani e quindi nelle loro strategie di vita. In particolare, la constatazione delle carenze strutturali e dell'inadeguatezza delle agenzie istituzionalmente preposte ha comportato l'attribuzione di maggiore importanza, da parte dei giovani, ai canali informali costituiti dalle reti di relazioni amicali e parentali. L'associazionismo, i movimenti di base, il volontariato sono fattori sostanziali di socializzazione, che nei contesti piu' deprivati acquisiscono, non a caso, il carattere di risorsa essenziale. Ogni persona cresce infatti attraverso una progressiva acquisizione di saperi, esito della costante analisi, elaborazione, trasformazione degli oggetti dell'esperienza. La qualificazione professionale e' l'esito di un processo di formazione che non puo' essere esaurito in nessuna struttura formativa, ne' puo' realizzarsi esclusivamente nell'esercizio di una professione. Si configura, in modo differenziato da persona a persona, come una risorsa individuale di conoscenze e di competenze idonee a fare fronte a circostanze operative diverse nel corso del tempo. Il percorso di qualificazione della maggior parte delle persone non e', in sostanza, il risultato di un ordine sequenziale di tragitti formativi programmati, organizzati, monitorati e valutati. E' viceversa un percorso accidentato in cui esperienze diverse di istruzione formale e di pratica lavorativa si alternano fra loro, in cui risorse cognitive di natura molto varia sono progressivamente legate ai fini di una qualificazione. La "bassa qualificazione" puo' essere definita come l'assenza delle competenze idonee all'assolvimento di compiti definiti o l'incapacita' di stabilire, tra abilita' necessarie e saperi posseduti, dei legami per fare fronte a una situazione data. La competenza indica, secondo una definizione di vocabolario la "piena capacita' di orientarsi in determinate questioni". Tale definizione appare utile per chiarire come i "bassi livelli di scolarita'" vadano valutati attraverso cio' che le persone sanno o non sanno fare in condizioni reali, piuttosto che esprimendo giudizi fondati su categorie di tipo scolastico, applicandole impropriamente a contesti che scolastici non sono. La competenza professionale e' come un insieme complesso e articolato di abilita' e capacita', esito di una sintesi concettuale e operativa di aspetti teorici, legati, in parte, a contenuti disciplinari, e di esperienze concrete. E' l'esito di una qualificazione sia iniziale sia continua. La competenza e' una variabile dipendente, interagente con il contesto organizzato in cui si esplica. Assume una propria caratterizzazione e dimensione negli ambiti particolari, nella sede occupazionale, nei settori o nei segmenti produttivi in cui e' "situata". In questa prospettiva, la "qualificazione" si precisa nella sua dipendenza da conoscenze e abilita' operanti in un contesto dato. Il valore attribuito alla partecipazione sociale e all'educazione dipende dall'ambiente in cui l'individuo e' vissuto o vive. Gruppi politici, religiosi, sindacali, professionali ed altri sono o meno per l'individuo gruppi di appartenenza e/o gruppi di riferimento. Le persone apprendono a soddisfare le proprie esigenze sociali in relazione ai gruppi in cui si riconoscono, sia perche' ne fanno parte, sia perche' aspirano a entrarvi. La partecipazione alla formazione non si realizza mediante tentativi piu' o meno efficaci di influenzare e sensibilizzare il singolo, ma operando in rapporto con le diverse aggregazioni sociali, partendo da problemi che sono presenti sul territorio, con un impegno collettivo, che vede coinvolte le diverse forze vive dell'ambiente. La formazione, con le sue proposte e, entro limiti diversi, lo stesso lavoro, possono non essere un bisogno primario. Il problema e' di valutare in che modo la formazione con le sue proposte puo' favorire la soluzione di problemi che non sono di formazione o di lavoro, in che modo si intrecciano interventi che altrimenti resterebbero separati, senza produrre effetti possibili. Rispetto ai soggetti di scarsa qualificazione il problema va posto in termini relativamente simili, non tanto per gli aspetti psicologici, quanto per il rilievo che in diverse fasi della vita assumono i problemi dell'esistenza con cui l'orientamento deve interagire. Una delle conseguenze piu' gravi degli esiti scolastici negativi consiste nella sfiducia, da parte del soggetto poco scolarizzato, nelle sue capacita' cognitive. La sua partecipazione scolastica costituisce un'esperienza nella quale ha registrato, nel passato, un fallimento, un'esperienza che e' stata frustrante, che teme o non desidera, inconsciamente, ripetere. Vi e' un'autovalutazione di se' negativa rispetto allo studio, accompagnata dalla percezione delle proprie carenze e della propria inadeguatezza. L'esclusione dalla formazione in eta' infantile determina forme di autoesclusione e di esclusione in eta' successiva. Nel corso della vita di un individuo, peraltro, i suoi ruoli sociali cambiano costantemente e con essi i compiti che gli sono richiesti, le aspettative, le esigenze, i bisogni. Un approccio globale ai problemi puo' consentire l'individuazione di forme di discriminazione positiva e, nell'insieme, spinte tese ad uguagliare le opportunita', che sono un elemento cruciale nello sviluppo di un processo di orientamento perche' costringono a centrare - l'analisi sulle difficolta' dei processi di partecipazione. La discriminazione positiva si realizza a vari livelli. L'ipotesi qui formulata e' che un coinvolgimento dell'ambiente sociale inneschi un processo destinato ad accrescere le potenzialita' educative dell'ambiente stesso. Qualunque intervento a favore di soggetti che esprimono una domanda di formazione debole o inesistente richiede forme molteplici di intervento per una sua attivazione: gli elementi di globalita' e di partecipazione positiva, se sono sempre presenti a vari livelli di incisivita', richiedono tempi lunghi per una partecipazione massiccia delle fasce piu' svantaggiate. Lo sviluppo della domanda si realizza rispondendo alla domanda iniziale qualunque essa sia, ma prefigurando percorsi che facciano sentire il bisogno di ulteriore impegno verso nuove esperienze. E in questa ottica che va sviluppata l'educazione degli adulti, in forme diverse per utenze potenziali diverse. Le politiche educative e formative in eta' adulta sono politiche sociali e quindi devono intervenire su tutte le forme di esclusione e per tutte le fasce di eta' e fornire occasioni di esercitare una cittadinanza attiva e partecipe in ogni fase della vita, anche per le persone in situazione di handicap. Occorre prevedere, pertanto, un collegamento tra educazione degli adulti e momenti formativi, culturali e sociali tesi a valorizzare gli anziani come risorse e diffondere a loro favore esperienze culturali, perche' non si creino situazioni di solitudine e di emarginazione, specie per le donne anziane, che in passato frequentemente hanno vissuto in maniera totalizzante le esigenze di cura della famiglia. 3. Aspetti pedagogici. In questi ultimi tempi la riflessione pedagogica ha rivolto le sue attenzioni all'organizzazione generale del modello che ha operato fino ad oggi e l'ha ritenuto insufficiente per risolvere i nuovi problemi che toccano il percorso formativo dei soggetti interessati. La proposta che viene avanzata e' tesa ad operare un cambiamento. Nella visione generale del sistema tradizionale prima doveva avvenire la formazione "intellettuale" alla quale doveva seguire la formazione professionale. Prima ci si doveva formare intellettualmente per poi poter operare concretamente. La struttura formativa generale era pertanto caratterizzata dalla preminenza delle conoscenze rispetto alle competenze intese sia come capacita' sia soprattutto come abilita'. Nello specifico del modello scolastico della scuola secondaria superiore, gli istituti tecnici generavano prevalentemente capacita' e quelli professionali tendevano ad accentuare le abilita'; il tutto era normalmente preceduto da un percorso di studi a carattere conoscitivo per tutti fino alla conclusione della scuola dell'obbligo. Tutta la cultura del Paese ha comunque vissuto sulla costruzione istituzionale di un'idea molto semplice: la concettualizzazione doveva precedere l'operazione o l'applicazione, anzi essa era la condizione indispensabile per poter operare. Maggiore era il possesso della concettualizzazione, maggiore sarebbe stata la possibilita' di una operazione. Il percorso formativo si sostanziava cosi' di una forma prolungata di studio demandando l'applicazione alla fase successiva, quella del cosiddetto "mondo del lavoro". Il mondo del lavoro, da parte sua, non dimostrava particolare gradimento per questa scelta ritenendo che, per alcune di queste formazioni, in particolare, non ci fossero piu' le condizioni per ritenere che le conoscenze che venivano indicate fossero adeguate alle evolute richieste dell'attivita' produttiva. Si consolidava sempre piu' l'idea che fosse ormai giunto il tempo di pensare diversamente l'approccio alla formazione. L'inversione di tendenza doveva pertanto riguardare sia i contenuti sia i loro tempi di apprendimento. A questi due elementi se ne aggiungeva pero' un altro. Era difficile pensare ad una revisione del sistema generale senza un nuovo punto di vista, cioe' non appariva piu' sufficiente nemmeno diminuire il numero delle informazioni necessarie e ridurre i tempi di frequenza. Si trattava di qualificare in maniera differente il percorso di formazione. L'opzione pedagogica. La riflessione sul nuovo concentra la sua attenzione su una ipotesi integrata sia per l'aspetto istituzionale e organizzativo sia per quello contenutistico-conoscitivo. Vari sono gli elementi che vengono introdotti e che qualificano la nuova opzione, ma per il fatto che sono ritenuti importanti ed essenziali rappresentano i valori intorno ai quali costruire il nuovo modello. Resta, comunque, l'opzione pedagogica il punto centrale che assegna un nuovo significato a queste componenti ed essa e' basata sul "concetto di relazione". Con questa scelta vengono affrontate diversamente le dicotomie classiche: studio-lavoro, intellettualita'-manualita', formazione basilare formazione tecnica professionale-cittadinanza. Lo studio e' certamente un valore acquisito; e' sempre stato un valore, anche se nel passato solo per pochi. Oggi e' definitivamente considerato un valore essenziale per tutti. Il problema da affrontare non riguarda tanto il valore dello studio per tutti ma il rapporto che lo studio deve stabilire con un altro valore, quello del lavoro. La novita' non attiene pertanto allo studio ma alla introduzione del concetto di lavoro nel curricolo di studio come un concetto formativo essenziale per la comprensione del lavoro stesso. In questa diversa visione del curricolo il tema del lavoro rappresenta il fatto nuovo e contribuisce a definire meglio il rapporto con altri contenuti e, soprattutto, con il valore fondamentale: l'uomo e le sue operazioni nel mondo. L'aspetto conoscitivo del lavoro riguarda una sola parte del tema, l'altra attiene: all'operativita' reale, cioe' alla sua dinamica nel momento in cui esso si attua e agisce. L'organizzazione della formazione deve pertanto stabilire, rispetto al passato, un rapporto diverso col mondo del lavoro e con le sue molteplici espressioni. Tra studio e lavoro sono individuabili una serie di forme di collaborazione che possono rappresentare modelli articolati di possibili modalita' di relazione e di conseguente apprendimento. Si puo' cosi' entrare nella logica della non identificazione dell'apprendimento con lo studio soltanto, ma con diverse forme di studio-lavoro. Per cui si puo' sostenere che lo studio e' solo una modalita' della conoscenza e che per giungere meglio a conoscere diventa indispensabile correlare le forme dello studio alle forme del lavoro. Lo studio non e' piu' la sola condizione per conoscere, la conoscenza e' il prodotto dell'integrazione fra la dimensione teorica e quella operativa. L'uomo e' unita' e nell'itinerario della sua formazione tale unita' deve essere costantemente mantenuta. Si deve pertanto evitare di attuare forme di separazione che portino a considerare periodi in cui sia presente la sola formazione dell'intelletto seguiti da altri in cui sia solo presente la formazione tecnica o operativa. La contestualita' delle operazioni va invece mantenuta durante l'arco della formazione in tutti i suoi momenti, La formazione integrale dell'uomo, prima di essere un fatto contenutistico, e' una profonda opzione metodologica. Sulla stessa linea di riflessione va collocata la distinzione tra formazione di base e formazione tecnico-professionale. Un altro elemento di questa nuova strategia formativa riguarda il rapporto tra formazione, lavoro e "diritto di cittadinanza". Occorre qui richiamare un fondamentale assunto costituzionale secondo il quale la repubblica e' "fondata sul lavoro". Questa dichiarazione esprime in modo evidente il collegamento che esiste tra lavoro e cittadinanza. La costituzione ha inteso assegnare al lavoro un valore primario in quanto riferito al modo col quale il soggetto, la persona, si colloca con tutta la sua vita nell'ambiente produttivo e culturale. Cio' che il lavoro oggi richiede, dal punto di vista pedagogico, e' di essere correlato in modo piu' ravvicinato alla riflessivita' e quindi di essere in grado di stabilire un diverso rapporto col mondo tradizionale dello studio. Mentre alla scuola e alle diverse istituzioni formative si e' chiesto di essere piu' attente al tema del lavoro e al relativo rapporto col mondo della produzione, al lavoro oggi, si deve chiedere di essere aperto alla riflessione sulle proprie operazioni e, quindi, di considerare questo nuovo aspetto come elemento essenziale del suo sviluppo qualitativo. Il diritto di cittadinanza attraversa proprio questi momenti fondamentali: il soggetto acquista il diritto al lavoro come diritto alla sua umanizzazione attraverso la riflessivita'. Occorre transitare dalla concezione del lavoro come strumento a quella del lavoro come oggetto significativo per la propria umanizzazione, la prima cittadinanza politica dell'uomo risponde a questa esigenza: contribuire allo sviluppo sociale mediante l'umanizzazione del lavoro; essa passa attraverso la riflessione e la consapevolezza. Questa appare la fondamentale opzione politica intesa come partecipazione alla costruzione sociale; per il soggetto che l'assume e la costruisce e' la sua essenziale e personale opzione pedagogica. 4. Le competenze alfabetiche: dimensioni politiche e socio-culturali. L'alfabetizzazione funzionale. Recenti dati sulla scolarizzazione della forza lavoro mostrano una forte necessita' di arricchire e rafforzare l'area delle competenze di base. E' infatti difficile affrontare la vita-personale e professionale contando su un patrimonio di competenze di base molto esiguo (meta' della popolazione occupata e' composta da lavoratori privi di titolo, con licenza elementare e al massimo con un livello di scolarita' obbligatoria). La necessita' di partecipare ad azioni educative in diversi momenti della vita personale e lavorativa e' un diritto cui devono poter accedere ampie fasce di popolazione, con particolare sviluppo delle misure di accoglienza per le fasce a forte rischio di emarginazione sociale e produttiva in relazione alle necessita' di ristrutturare i propri progetti personali e lavorativi. L'avvio di un processo di "riscolarizzazione" in eta' adulta deve considerare come prioritario il problema dei nuovi bisogni di alfabetizzazione, collegati alla necessita' di nuovi saperi e nuovi linguaggi e dei modelli pedagogici per far fronte a tali esigenze. Il sistema scolastico deve garantire anche per l'eta' adulta la possibilita' di acquisire i saperi minimi necessari per collocarsi adeguatamente nella vita sociale e produttiva. Un ulteriore ambito di primaria importanza cui potrebbero in parte rispondere le istituzioni scolastiche e l'offerta di momenti di orientamento e counselling per facilitare il rientro nei percorsi formativi, per sostenere gli esiti formativi e la spendibilita', in raccordo con le altre strutture territoriali a cio' preposte. Il nuovo obbligo di istruzione e formazione. Il prolungamento a partire dal 2000 dell'obbligo di formazione a 18 anni, le disposizioni contenute nella legge 20 gennaio 1999 n. 9 in materia di modalita' di assolvimento dell'obbligo di istruzione elevato a nove anni, le norme sulla componente formativa dei percorsi di apprendistato, definiscono alcune delle piu' rilevanti aree di interazione tra le iniziative che lo Stato, le regioni e gli altri soggetti sociali e istituzionali operanti sul territorio sono chiamati a svolgere nei riguardi della popolazione giovanile compresa tra i 14 ed i 18 anni, la piu' colpita da vasti fenomeni di dispersione scolastica, demotivazione, disorientamento e difficile rapporto col mercato del lavoro. Su queste materie esistono ormai i presupposti politici e legislativi per la definizione di piani operativi che coinvolgano l'azione degli istituti di istruzione secondaria, e di quelli professionali in particolare, i piu' adatti ad interpretare e gestire la domanda di istruzione e formazione orientata alla rapida transizione verso il mondo del lavoro e/o a forme di alternanza tra studio e lavoro. L'idea guida della "competenza". L'idea guida che percorre e collega concettualmente le citate norme e' quella di "competenza", intesa come dimensione operativa della formazione, uso finalizzato delle conoscenze, saper fare, organizzare, decidere. Tale interpretazione della nozione di "competenza", pur potendo trovare applicazioni utili ed efficaci anche nell'ambito dei curricoli scolastici finalizzati all'acquisizione di titoli di studio (soprattutto di tipo professionale e tecnico), si pone sul terreno piu' ampiamente comprensivo del riconoscimento e della valorizzazione delle diverse modalita', forme e stili di apprendimento, realizzati o realizzabili anche al di fuori dell'offerta educativa di tipo tradizionale: nei percorsi della formazione professionale, nei luoghi di lavoro, in autoistruzione o nell'educazione aperta e a distanza. In questo quadro si pongono con urgenza problemi di riconoscimento e di interazione, integrazione e circuitazione delle esperienze e dei risultati della formazione comunque acquisita, con particolare attenzione alle varie forme di educazione extrascolastica. Nuovi alfabeti, nuovi analfabeti. Accanto all'esigenza di investire in modo piu' sistematico ed efficace nella educazione e nella formazione iniziale di tutti i giovani compresi nella citata fascia d'eta' 14-18 anni, in modo da porre su piu' solide basi la prospettiva della educazione permanente o Life-long, si pone oggi con forza in Italia, come in tutti i Paesi economicamente e tecnologicamente avanzati, il problema di far fronte ai problemi connessi al rapido sviluppo di nuovi alfabeti, nuovi saperi e nuove esigenze formative. Accanto agli ancora non risolti problemi di una piu' estesa ed efficace alfabetizzazione primaria si pongono cioe' problemi nuovi di ri o neo-alfabetizzazione per larga parte della popolazione adulta, e non solo in relazione alle competenze professionali possedute: la formazione continua dei lavoratori esige oggi l'acquisizione di competenze socio-relazionali, comunicative e piu' ampiamente culturali che appaiono importanti quanto se non piu' delle stesse competenze di tipo tecnico-professionale. Occorre percio' predisporre iniziative organiche di alfabetizzazione funzionale rivolte agli adulti, occupati e non, tenendo conto del fatto che in Italia i loro livelli medi di istruzione sono piu' bassi di quelli che si registrano in altri Paesi dell'area OCSE. 5. Obiettivi e strategie del patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione. Il Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione prevede, all'allegato 3, l'impegno del Governo "... a predisporre un progetto specifico e risorse mirate per la sperimentazione e la messa a regime di un "sistema di educazione per gli adulti", sul quale avviare il confronto e la sperimentazione d'intesa con le forze sociali e con le rappresentanze delle regioni e degli enti locali. Tale progetto, da collocare nell'ambito della formazione integrata, avra' caratteristiche di integrazione, modularita', interdisciplinarieta' e flessibilita', per consentire percorsi formativi personalizzati e prevedera' inoltre una certificazione integrata e il riconoscimento di crediti, spendibili nei percorsi di studio e nel mondo del lavoro". "Per rispondere ai fabbisogni formativi dei lavoratori e delle aziende, messi in evidenza dalle indagini realizzate dagli organismi bilaterali costituiti tra le parti sociali, Governo e regioni assicureranno un'offerta formativa integrata tra universita', scuole e agenzie di formazione professionale, che potra' trovare un punto di riferimento nei centri territoriali per l'educazione degli adulti, opportunamente integrati dall'apporto delle strutture della formazione professionale e dell'universita'. Tale offerta formativa sara' organizzata in modo da sostenere l'inserimento lavorativo delle fasce deboli del mercato del lavoro". "... In merito alla formazione esterna degli "apprendisti" nelle imprese artigiane e nelle piccole imprese, il Governo si impegna a procedere attraverso sperimentazioni concertate tra le forze sociali e le istituzioni ai vari livelli, al fine di individuare percorsi e modelli formativi idonei alla realta' dell'imprenditoria diffusa. ... Per realizzare questi obiettivi Governo e regioni si impegnano ad assicurare la necessaria offerta formativa da parte delle strutture della formazione professionale e della scuola, integrate fra loro. Il Governo si impegna a promuovere un confronto con le parti sociali al fine del piu' ampio utilizzo dell'apprendistato". "Governo e parti sociali concordano sulla necessita' di estendere i tirocini formativi in tutti i percorsi di istruzione e formazione, come strumento indispensabile di raccordo tra formazione e lavoro, secondo le modalita' stabilite dall'art. 18 della legge n. 196/1997 e relativo decreto attuativo (progetti formativi concordati tra strutture formative e aziende, tutoraggio, coinvolgimento di istituzioni e parti sociali)". "Il Governo intende favorire la ricerca di un accordo tra le parti sociali volto a sperimentare meccanismi contrattuali che finalizzino quote di riduzione di orario alla formazione dei lavoratori, anche attraverso l'utilizzo delle centocinquanta ore, l'utilizzo delle banche ore annuali previste dai CCNL e ulteriori strumenti per consentire ai lavoratori di accedere pienamente alle attivita' di formazione continua e di educazione degli adulti". "Il Governo, in questo quadro, intende agevolare interventi formativi congiunti tra regioni del nord e del mezzogiorno, in accordo con le parti sociali, per consentire gli opportuni trasferimenti di conoscenze ai fini dello sviluppo economico e sociale tra le diverse aree del Paese". Con il patto sociale questi obiettivi e le strategie per conseguirli si collocano in una nuova definizione della vocazione istituzionale del sistema di EDA. Il diritto al sapere, nel nuovo contesto sociale ed economico connesso alla globalizzazione, si amplia fino a divenire diritto alla formazione per tutta la vita, quale precondizione sia per la crescita culturale e civile della persona sia per l'accesso e la permanenza nel mercato del lavoro. La crescente complessita' delle moderne societa', la flessibilita' del mercato del lavoro ed i rapidi cambiamenti dei contenuti delle professionalita' presuppongono livelli qualificati di cultura e di competenze, aggiornate ed arricchite per consentire al soggetto non soltanto la necessaria autonomia culturale, ma anche l'alternarsi di formazione e lavoro, quale precondizione per difendere il diritto alla qualita' dell'occupazione e all'evoluzione dei percorsi professionali. In tale nuovo contesto, le conoscenze culturali e di base acquistano maggiore centralita' e si coniugano come elementi pre-professionalizzati, in grado di collegare la cultura al saper fare ed ai contesti di vita e di lavoro. L'EDA diviene, pertanto, una risorsa importante per lo sviluppo locale e per il recupero dell'identita' anche sociale del territorio. Il ruolo dell'EDA si colloca, quindi, con chiarezza nell'ambito del diritto di cittadinanza e come tale deve essere esplicitamente confermato. Anche nel nuovo contesto, viene confermato il ruolo tradizionalmente svolto dall'EDA, quali le azioni formative rivolte alle fasce di utenti piu' deboli o marginalizzate, il soddisfacimento di bisogni culturali individuali, tra i quali rappresenta una priorita' il conseguimento del titolo di studio. Il recupero e l'acquisizione del titolo di studio prevedono percorsi scolastici all'interno di una strategia complessiva di integrazione che non puo' negare la responsabilita' della scuola in presenza di una specifica esigenza di istruzione. Come dichiarato nella Conferenza di Amburgo, l'EDA deve essere vista in una prospettiva piu' ampia, orientata a diversi obiettivi, dal recupero dei drop-out alla rimotivazione culturale e sociale, all'inserimento dei giovani al mercato del lavoro, alla lotta alla disoccupazione, nonche' all'accoglienza di immigrati che stanno diventando una presenza sempre piu' significativa nel nostro Paese, assai rilevante in certe aree. Occorre realizzare le condizioni per una offerta integrata e flessibile, che, a cominciare dalla formazione collegata al lavoro e ad altre tipologie educative che corrispondano alle aspirazioni e ai desideri degli individui, coniughi esigenze di formazione tecnico-professionale con esigenze di autonomia culturale e di orientamento del cittadino e, attraverso la certificazione e il riconoscimento di crediti nei diversi contesti di studio e di lavoro, consenta a ciascuno la personalizzazione dei percorsi culturali e formativi. L'integrazione - intesa quale interazione tra soggetti diversi nel rispetto delle diverse vocazioni istituzionali - e' l'elemento che puo' consentire l'apertura dell'EDA alla nuova qualita' della domanda sociale. Tale integrazione dovra' riguardare il raccordo con la formazione professionale e, quindi, con i diversi centri pubblici e privati accreditati. Il coinvolgimento della scuola secondaria superiore dovra' costituire un obiettivo esplicito, prevedendo tempi e forme di graduale inserimento, fino a farne un altro baricentro dell'attivita' dell'EDA, in grado di fornire risposte alla domanda di cultura e di formazione di chi ha gia' il titolo dell'obbligo. Tutto cio' in coerenza con la crescita e la diffusione dei livelli di scolarizzazione, e in relazione all'elevamento dell'obbligo scolastico, nonche' alla previsione dell'obbligo formativo. In questa ottica, la scuola secondaria serale deve essere piu' raccordata con il circuito EDA per consentire ai corsisti il normale proseguimento dei corsi di studio. I curricoli della scuola serale, soprattutto nella istruzione tecnica nonostante le innovazioni introdotte con le sperimentazioni in atto, non offrono le flessibilita' richieste dal particolare modello organizzativo. La concertazione con le parti sociali in grado di dare efficacia alle decisioni assunte, come ribadito dalla stessa Commissione europea, costituisce lo strumento principale per raccordare l'offerta formativa anche alla domanda espressa dal mercato del lavoro, assicurando al tempo stesso quell'ampiezza del consenso che solo e' in grado di dare efficacia alle decisioni assunte. 6. L'esperienza dei centri territoriali. I centri territoriali permanenti, istituiti ai sensi dell'o.m. n. 455/1997, hanno raccolto e integrato unitariamente le precedenti esperienze dei corsi di alfabetizzazione e dei corsi per lavoratori, e rappresentano, sotto l'aspetto organizzativo, l'insieme dei servizi e delle attivita' di istruzione e di formazione degli adulti presenti su un territorio di dimensione distrettuale. Le attivita' e i servizi per gli adulti si svolgono su piu' sedi anche non scolastiche e sono coordinati dal centro territoriale che ha come riferimento amministrativo e didattico una istituzione scolastica della fascia dell'obbligo e come coordinatore responsabile il suo capo d'istituto. Sotto l'aspetto funzionale i centri territoriali permanenti sono luogo di concertazione, di lettura dei bisogni formativi, di progettazione e di organizzazione delle iniziative di istruzione e formazione in eta' adulta, per l'alfabetizzazione culturale e funzionale, il consolidamento e la promozione culturale, la rimotivazione e il riorientamento, l'acquisizione e il consolidamento di conoscenze e di competenze specifiche, di pre-professionalizzazione e/o di riqualificazione professionale. I centri svolgono attivita' di accoglienza, ascolto e orientamento; di alfabetizzazione primaria funzionale e di ritorno, anche finalizzata ad un eventuale accesso ai livelli superiori di istruzione e di formazione professionale; di apprendimento della lingua e dei linguaggi; di sviluppo e consolidamento di competenze di base e di sapori specifici; di recupero e sviluppo di competenze strumentali culturali e relazionali per una attiva partecipazione alla vita sociale; di acquisizione e sviluppo di una prima formazione o riqualificazione professionale; di rientro nei percorsi di istruzione e formazione di soggetti in situazione di marginalita'. Le attivita' si svolgono mediante corsi lunghi di istruzione oppure a mezzo di corsi brevi/moduli a carattere monografico. Al termine delle attivita' e' previsto il rilascio di titoli, certificazioni o attestazioni dei crediti formativi acquisiti. L'accesso ai centri territoriali e' gratuito. Possono accedere alle attivita' dei centri gli adulti di qualsiasi eta' e condizione. Viene data precedenza a coloro che richiedono il conseguimento del titolo di studio (licenza elementare o media). Il centro si avvale dei docenti messi a disposizione dal provveditorato agli studi e degli operatori messi a disposizione da altri soggetti pubblici o in convenzione da altri istituti o assunti con contratto d'opera. Il 1998/1999 e' stato l'anno in cui i centri hanno preso l'avvio in forma diffusa su tutto il territorio nazionale, riorganizzando e comprendendo anche molte delle esperienze per gli adulti dei precedenti ordinamenti. Sono stati attivati circa 700 corsi di alfabetizzazione (scuola primaria) su 2/3 dei centri, e circa 1.700 corsi delle 150 ore nel 95% dei Centri, con una utenza complessiva di 53 mila adulti; le attivita' d'istruzione sono state condotte da oltre 3.300 docenti che si sono avvalsi del supporto tecnico e amministrativo di circa 1.200 unita' di personale ATA. Altri 97 mila adulti hanno potuto fruire presso i centri di corsi brevi o a carattere modulare (es., alfabetizzazione informatica e linguistica). Per gli interventi i centri si sono avvalsi, oltre che dell'apporto diretto dei docenti assegnati, anche di prestazioni aggiuntive e di contratti d'opera intellettuale stipulati con esperti esterni nonche' con il sostegno degli IRRSAE che hanno organizzato momenti di confronto degli operatori interessati anche a carattere regionale. Il tipo di offerta e la quantita' di consenso ottenuto dai nuovi CTP, in prospettiva, spostano decisamente il centro dell'azione verso gli Istituti di istruzione secondaria superiore dove i livelli di servizio possono meglio corrispondere ai nuovi bisogni formativi emergenti. Si puo' prevedere un ampliamento dell'offerta di servizio in questa direzione con interventi integrati, senza depotenziare le realta' che attualmente soddisfano una diffusa domanda di istruzione e di formazione. Particolari interventi vanno progettati e realizzati nelle aree non ancora impegnate nell'educazione degli adulti, soprattutto nel Mezzogiorno, nonostante i bassi livelli di istruzione e formazione della popolazione. 7. Verso la costruzione di un sistema integrato di educazione e formazione permanente. Il processo di rinnovamento del sistema formativo italiano sta interessando sia l'area della formazione iniziale (elevamento dell'obbligo di istruzione, obbligo formativo a diciotto anni, apprendistato, formazione integrata superiore), sia l'area della formazione continua e dell'educazione in eta' adulta (misure di sostegno per la formazione continua previste nella legge 196/1997 e ordinanza del Ministro della pubblica istruzione n. 455/1997 sull'educazione in eta' adulta). Il ridisegno dell'architettura di sistema raccoglie pienamente le indicazioni provenienti dalle politiche dell'Unione europea in merito alla necessita' che i sistemi formativi rispondano ad una domanda sociale ed economica diversa dal recente passato, per favorire l'acquisizione di nuovi saperi con opportunita' formative differenziate. Il cambiamento richiede la promozione di una offerta integrata tra il sistema scolastico e il sistema di formazione professionale e tra questi e il mondo del lavoro. I soggetti istituzionali (Stato, regioni ed enti locali) e le parti sociali debbono assumere un impegno comune per suscitare una vasta percezione, in tutta la popolazione, in merito all'importanza del ruolo che l'educazione degli adulti puo' rivestire per la crescita democratica, civile, sociale ed economica del nostro Paese, soprattutto nel Mezzogiorno. Occorre uno sforzo, politico e progettuale, per passare da un'organizzazione per sistemi chiusi ad una organizzazione di rete il cui obiettivo e' costituito da risposte efficaci e differenziate ai diversi bisogni dell'utenza; senza questo passaggio, che comunque presenta tempi di realizzazione a medio-lungo termine, non sara' possibile parlare di interventi integrati e di miglioramento della qualita' complessiva del sistema. L'educazione degli adulti e' costituita dall'insieme delle opportunita' educative formali (istruzione e formazione professionale certificata) e non formali (cultura, educazione sanitaria, sociale, formazione nella vita associativa, educazione fisico-motoria) rivolte ai cittadini in eta' adulta, aventi per obiettivo la formazione di competenze personali di base nei diversi campi e di competenze di base trasferibili e certificabili. E' sull'insieme di questo campo d'intervento che le politiche d'integrazione previste nel presente paragrafo intendono intervenire. Il carattere integrato dei progetti e degli interventi che ne conseguono costituisce il motivo ispiratore di una strategia tendente ad assicurare la funzione "inclusiva" del nuovo sistema. Il campo dell'educazione degli adulti in Italia e' ricco di esperienze e potenzialita'. Attraverso un processo d'integrazione si tratta di ricondurlo a sistema, aumentarne la qualita' con la creazione di servizi di supporto, favorire la razionalizzazione degli interventi in atto ed assicurare un piu' alto grado di eguaglianza delle opportunita' formative lungo l'arco dell'esistenza, nella prospettiva di realizzare l'obiettivo proposto dalla V Conferenza mondiale dell'Unesco di "one hour a day for learning for all". Si tratta di porre in essere un processo che sviluppi l'integrazione tra: 1) le diverse istituzioni responsabili nei diversi campi ed ai diversi livelli istituzionali, ciascuno per le proprie competenze; 2) i diversi ambiti d'intervento; 3) le risorse umane, materiali e finanziarie disponibili. 7.1 I destinatari. Il nuovo sistema integrato di educazione degli adulti si muove in una prospettiva di "life long learning" e per questo intende portare a sinergia l'insieme delle opportunita' formative che interessano i cittadini in eta' adulta, in relazione ai diversi problemi ed interessi che caratterizzano le diverse fasi e i diversi momenti dell'esistenza. Per questa ragione il nuovo sistema prende in considerazione la domanda di formazione espressa da ogni strato di pubblico, ovvero: a) pubblici particolari; b) pubblici di ogni eta' e condizione sociale. 7.2 L'oggetto della nuova offerta formativa integrata. Il nuovo sistema integrato di formazione dovra' assumere tre compiti prioritari: 1). favorire il rientro nel sistema formale di istruzione e formazione professionale; 2) favorire l'estensione delle conoscenze; 3) favorire l'acquisizione di specifiche competenze connesse al lavoro o alla vita sociale. 7.3 Gli agenti formativi. Il Ministero della pubblica istruzione, le altre amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali debbono impegnarsi di concerto a promuovere il nuovo sistema integrato di educazione degli adulti, a partire dalla realizzazione di una progressiva sinergia tra diversi attori gia' impegnati nel settore. In particolare, si considera essenziale l'apporto dei seguenti agenti: a) il sistema scolastico; b) il sistema regionale della formazione professionale; c) il sistema dei servizi per l'impiego; d) le reti civiche delle iniziative per l'educazione degli adulti; e) le infrastrutture culturali (biblioteche di EE.LL., musei, teatri...); f) le imprese; g) le associazioni (culturali, del volontariato sociale, del tempo libero, delle famiglie, ecc.); h) le universita'. Tali soggetti possono dar vita congiuntamente a forme associative anche a carattere consortile per la gestione di programmi e progetti comuni. 7.4 Il sistema generale. Il sistema generale si articola sui seguenti livelli istituzionali: a) Livello nazionale. Le funzioni relative all'integrazione dei sistemi vanno affidate ad un comitato integrato, composto dal Ministero della pubblica istruzione, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero dell'Universita' e ricerca, dal Dipartimento per gli affari sociali, dalla rappresentanza delle regioni, degli Enti locali e dalle parti sociali. Tale comitato deve essere raccordato con il comitato nazionale per l'istruzione formazione tecnica superiore, al fine di assicurare la necessaria coerenza degli interventi di integrazione di sistema, eventualmente prevedendo un rapporto strutturale tra i due comitati. Tali funzioni riguardano soprattutto l'individuazione delle priorita' strategiche, la definizione degli indirizzi generali nonche' delle risorse attivabili, dei criteri per la loro distribuzione e la definizione di linee guida per la determinazione degli standard, del monitoraggio e della valutazione, dei dispositivi di certificazione e di riconoscimento dei crediti. b) Livello regionale. La pianificazione e la programmazione dell'offerta formativa integrata rivolta agli adulti rientrano nelle competenze delle regioni ai sensi dell'art. 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998, cui esse assolvono secondo quanto previsto dagli ordinamenti regionali. Al fine di assicurare la necessaria concertazione, le regioni istituiscono un comitato regionale, costituito dagli assessori regionali preposti, dai rappresentanti degli enti locali, dal rappresentante del Dipartimento regionale scolastico e dalle parti sociali, secondo modalita' analoghe a quanto previsto per il livello nazionale. Tale comitato ha funzioni di concertazione relative, oltre che alla programmazione, alla promozione, al monitoraggio e alla valutazione del sistema di educazione degli adulti. In particolare, tale organismo: a) individua gli interventi per la promozione dell'educazione degli adulti; b) definisce i criteri per la realizzazione delle attivita' sul proprio territorio, a partire dalle conoscenze sui fabbisogni professionali e formativi locali; c) definisce il quadro delle risorse disponibili destinate al sistema integrato di educazione degli adulti; d) definisce i criteri e le modalita' di monitoraggio e valutazione. Nell'ambito delle funzioni di programmazione dell'offerta formativa, le regioni, tenendo conto anche delle indicazioni dei comitati locali, promuovono il raccordo dei piani di educazione degli adulti con le politiche di sviluppo ed occupazionali. La regione definisce, d'intesa con gli enti locali, con il responsabile della Direzione regionale per l'istruzione e nel confronto con le parti sociali, i criteri per l'individuazione degli ambiti di riferimento territoriale relativamente alla costituzione dei comitati locali e la dislocazione dei centri territoriali. Il responsabile della Direzione regionale per l'istruzione assicura l'acquisizione dei pareri del consiglio regionale dell'istruzione in merito a quanto previsto dall'art. 4 del decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233. c) Livello locale. La provincia svolge le seguenti funzioni: a) concorre con la regione alla definizione delle scelte di programmazione in tema di educazione degli adulti; b) predispone le linee generali per la programmazione territoriale, con particolare riferimento alla definizione del quadro complessivo delle risorse disponibili su scala provinciale; c) programma i servizi di informazione e pubblicizzazione di interesse sovracomunale; d) collabora al monitoraggio del sistema a livello provinciale sulla base delle indicazioni ricevute dal livello regionale ed in sinergia con eventuali progetti di monitoraggio e valutazione di dimensione regionale. I comuni e le comunita' montane in coerenza con quanto disposto dall'art. 139, comma 2 del decreto legislativo del 31 marzo 1999 n. 112 svolgono le seguenti funzioni: a) concorrono con la regione e la provincia alla definizione delle scelte di programmazione in tema di educazione degli adulti; b) provvedono al monitoraggio ed all'analisi dei fabbisogni formativi e professionali che emergono dal territorio; c) programmano, d'intesa con i comitati locali, l'uso condiviso delle risorse disponibili; d) promuovono, d'intesa con i comitati locali, le iniziative nell'ambito dell'educazione degli adulti; e) concorrono alla definizione dei progetti pilota, sulla base delle priorita' e delle vocazioni territoriali; f) promuovono la realizzazione ed il coordinamento dell'insieme delle opportunita' presenti a livello territoriale, ai fini del funzionamento integrato del sistema; g) organizzano iniziative per l'informazione e l'orientamento degli utenti rispetto alle diverse opportunita'; h) istituiscono i comitati locali. Il comitato locale. La sede privilegiata della programmazione concertata e' quella locale. A questo scopo, i comuni e le comunita' montane promuovono - d'intesa con gli uffici scolastici territoriali, con gli altri soggetti istituzionali e con le parti sociali - la costituzione di comitati locali per l'offerta formativa integrata destinata agli adulti, sulla base dei criteri definiti in sede di programmazione regionale. I comitati medesimi, in particolare: a) promuovono l'educazione degli adulti; b) programmano, in linea con i criteri stabiliti a livello regionale, le attivita' da realizzare sul proprio territorio, a partire dall'analisi dei fabbisogni professionali e formativi locali; c) definiscono e programmano l'uso condiviso delle risorse disponibili destinate al sistema: integrato di educazione degli adulti; d) elaborano progetti di area e formulano proposte per il complessivo calendario dell'offerta formativa; e) formulano proposte in merito alla istituzione di Centri territoriali ed alla relativa dislocazione. I comitati locali sono presieduti da rappresentanti dei comuni e delle comunita' montane, e sono composti dai rappresentanti degli Uffici scolastici territoriali, della provincia, dei comuni, delle comunita' montane, delle parti sociali e da rappresentanze delle Agenzie formative (associative e non) operanti, nel campo dell'educazione non formale. Del comitato fa parte un rappresentante del consiglio scolastico locale di cui all'art. 5 del decreto legislativo n. 233/1999. L'ambito territoriale per la costituzione di ciascun comitato e' definito sulla base dei criteri individuati dalla regione, d'intesa con i comuni e le province. Spetta ai comitati anche assicurare il raccordo con le politiche occupazionali e i servizi per l'impiego, a partire dall'orientamento, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 469/1997. 7.5 Gli operatori. Per lo svolgimento delle attivita' formative e' necessaria la presenza di operatori specializzati, qualificati e con competenze professionali specifiche. Essi sono impegnati in funzione di pianificazione, programmazione, progettazione, gestione di agenzie formative e di servizi, docenza, tutoraggio d'aula, di azienda, di servizi, organizzazione. Per ogni progetto deve essere garantita la presenza di operatori specializzati nella progettazione formativa. 7.6 Il modello formativo. Il modello formativo si caratterizza per l'offerta di una molteplicita' di percorsi aperti e flessibili e di specifiche opportunita', al fine di essere centrato sulle condizioni di partecipazione degli iscritti e favorire l'ingresso in formazione di soggetti adulti di ogni eta'. Esso si caratterizza per la modularita' dei percorsi e per la flessibilita' dei moduli che lo compongono, ognuno finito in se' e riconosciuto, eventualmente, anche quale credito formativo dai soggetti coinvolti sia per la prosecuzione degli studi (nel sistema scolastico e professionale) sia per una professionalizzazione dell'individuo secondo una modalita' di quantificazione stabilita fra le istituzioni interessate ai fini della relativa esigibilita' e basata su standard minimi concertati a livello nazionale. Rispetto alle attivita' previste dalla programmazione dell'offerta formativa definita in sede di comitato locale e rispondenti a criteri di qualita' ed ai relativi standard formativi previsti dal sistema, si potra' prevedere il riconoscimento di crediti ai fini della riduzione del percorso scolastico o del percorso di professionalizzazione. Potranno essere riconosciute competenze acquisite anche all'esterno delle agenzie specializzate nell'istruzione e nella formazione professionale e, in particolare, nelle agenzie la cui offerta e' inclusa nei piani elaborati a livello regionale e locale. 7.7 Finanziamenti. Il sistema viene sostenuto finanziariamente dalle risorse messe a disposizione dallo Stato, dalle regioni, dagli enti locali e da soggetti pubblici e privati, da integrare eventualmente con altre risorse messe a disposizione dall'Unione europea. Piu' in generale, il sistema integrato di educazione degli adulti si fonda sull'utilizzazione delle risorse strumentali ed umane provenienti dai diversi sistemi e dai diversi agenti pubblici e privati che concorrono alla sua attivazione e al suo funzionamento. I fondi statali destinati all'arricchimento ed all'integrazione dell'offerta formativa hanno lo scopo di: a) incrementare l'offerta formativa per gli adulti in particolare ove carente; b) sostenere i progetti pilota e i progetti per particolari tipi di attivita'; c) favorire la costruzione del sistema e delle reti; d) favorire i raccordi con la formazione continua. Una quota adeguata dell'insieme delle risorse rese disponibili dalle regioni e dagli enti locali dovra' essere destinata al finanziamento della domanda individuale di formazione (assegni di studio, buoni studio, conti correnti formativi individuali, i prestiti d'onore e altro). 8. Il programma 2000. Premessa. La riorganizzazione dell'attivita' EDA si colloca in una strategia che sta velocemente evolvendo, ma che richiede, per la sua piena attuazione, ulteriori soluzioni legislative e contrattuali. Va considerata, pertanto, l'esigenza di un governo della fase di transizione, individuando le necessarie connessioni tra esperienze e prospettiva nella chiarezza degli obiettivi, dei percorsi, delle risorse tecnico-professionali. In tale fase e' necessario che la definizione delle funzioni e degli organismi ai diversi livelli istituzionali debba tenere conto, per un verso, dei processi di riforma in atto o in via di realizzazione (autonomia scolastica e riforma dei cicli, d.lgs. n. 112/1998, legge n. 196/1997, riforma degli organi collegiali della scuola, riforma del ministero della pubblica istruzione), per l'altro, delle caratteristiche di sistema nazionale dell'EDA che debbono essere salvaguardate per assicurare pari diritti ed opportunita' sul territorio nazionale. 8.1. Le priorita'. Costituiscono obiettivi prioritari: a) l'avvio dell'impianto del modello di programmazione e gestione del nuovo sistema di educazione degli adulti a livello locale, regionale e nazionale, con il compito prioritario di rafforzare il ruolo di programmazione dell'offerta formativa da parte degli enti locali e delle regioni d'intesa con i rappresentanti del Dipartimento regionale per l'istruzione e l'insieme dei soggetti pubblici e privati competenti, secondo modalita' di concertazione con le forze sociali, nella prospettiva di un progressivo coinvolgimento delle competenze in materia presenti nelle politiche del lavoro, dell'istruzione, dell'universita', nelle politiche sociali, nella cooperazione internazionale; b) la sperimentazione di progetti pilota locali capaci di assicurare la produzione di una modellistica con alto grado di trasferibilita'; c) il rafforzamento e lo sviluppo dei sistemi e degli interventi di educazione degli adulti nei campi dell'istruzione, formazione ed educazione non formale degli adulti. 8.2. Linee di attuazione. Premessa. Il nuovo sistema di educazione degli adulti potra' nascere solo come risultato di un ampio processo di trasformazione che assicuri risorse, sostenibilita' e qualita' dell'offerta formativa. Per questo, nell'attuazione degli interventi, costituisce un vincolo comune il rispetto e lo sviluppo di modelli di integrazione. A questo scopo si dovra' operare privilegiando pratiche di integrazione nei diversi momenti di funzionamento del sistema e in particolare nei momenti della programmazione, gestione, attuazione, certificazione, valutazione e riconoscimento dei crediti. Per quanto concerne la gestione e l'attuazione di programmi e progetti comuni si privilegiano i soggetti integrati costituiti attraverso forme associative anche consortili. 8.2.1. Il modello di programmazione e gestione. a) A livello locale gli enti locali, su base individuale o associata, sono chiamati ad impegnarsi nell'avvio del processo di programmazione territoriale dell'offerta formativa integrata rivolta alla popolazione in eta' adulta, secondo gli indirizzi esposti al precedente punto 7. I comitati locali, istituiti a seguito di tali iniziative, sostituiscono a partire dall'anno 2000 gli attuali comitati provinciali per l'educazione degli adulti previsti dall'o.m. 455/1997. Il risultato di tale processo consistera' nella messa in rete e nel coordinamento dell'insieme dell'offerta di educazione degli adulti, assicurata da soggetti pubblici e privati e dalla adozione di comuni strumenti di informazione della popolazione. b) A livello regionale e nazionale saranno attivate azioni per la definizione di indirizzi per la programmazione dell'offerta formativa, la promozione di comuni servizi di accompagnamento (formazione comune degli operatori, comuni servizi di informazione radiotelevisiva, etc.), il monitoraggio, la valutazione, l'attivazione di comuni procedure di certificazione e riconoscimento dei crediti. Attraverso le azioni qui considerate si dovra' giungere alla definizione, a livello nazionale, delle linee-guida di un programma per l'EDA. L'obiettivo quantitativo e' costituito dal coinvolgimento a regime di 500.000 persone ogni anno. 8.2.2. La sperimentazione di componenti del nuovo sistema. Gli enti locali, nell'ambito degli indirizzi regionali di programmazione, concorrono, sulla base delle priorita' e delle vocazioni territoriali, alla definizione di progetti pilota significativi attraverso cui si avvia la sperimentazione della possibili modalita' di intervento rispetto alle diverse componenti e dimensioni di un nuovo sistema di educazione degli adulti. Le regioni, d'intesa con gli enti locali, promuovono progetti pilota nel caso in cui tali interventi contribuiscano allo sviluppo della dimensione regionale del sistema integrato di educazione degli adulti a supporto dei comitati locali, con particolare riferimento alle misure di accompagnamento di interesse comune (formazione degli operatori, informazione, ricerca e sperimentazione avanzata, nuove tecnologie, crediti, ecc.). Si trattera' di progetti a base territoriale, nel senso che saranno progettati e gestiti d'intesa con gli enti locali interessati e con le agenzie competenti. La sperimentazione dei progetti pilota dovra' avere un rilievo nazionale ed essere significativa rispetto al processo di costruzione del nuovo sistema formativo per gli adulti. Indirizzi in materia saranno definiti dal comitato nazionale. 8.2.3. La gestione e lo sviluppo degli interventi. La gestione e lo sviluppo degli interventi avviene attraverso l'azione sinergica dei sottosistemi della scuola, della formazione professionale e dell'educazione non formale. a) l'educazione degli adulti nel sistema scolastico. In tale ambito si provvede alla riorganizzazione dei centri territoriali per l'EDA, che possono essere ubicati in qualunque tipo e ordine di scuola, sulla base degli obiettivi e delle priorita' stabiliti dalla programmazione regionale dell'offerta formativa integrata e concertati con gli enti locali e le parti sociali. Gli interventi dovranno essere indirizzati alla valorizzazione ed alla qualificazione dei centri territoriali quali strutture di servizio che concorrono, per quanto di competenza, alla raccolta della domanda di formazione, all'orientamento rispetto all'offerta formativa territoriale ed all'organizzazione dell'offerta formativa integrata nell'ambito degli obiettivi definiti sul piano locale, favorendo gli opportuni raccordi con i soggetti che hanno competenza di programmazione o gestione in materia di formazione professionale e piu' in generale di politiche attive del lavoro. Pertanto, ferme restando le competenze dei servizi per l'impiego previste dalle norme vigenti, i centri territoriali, comunque d'intesa con gli enti locali, gli stessi servizi e i soggetti individuati dal comitato locale, possono predisporre l'accoglienza, valutare i crediti di ingresso, collaborare all'effettuazione del bilancio di competenze e concorrere all'organizzazio |
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