Gazzetta n. 137 del 14 giugno 2000 (vai al sommario) |
MINISTERO DELLE FINANZE |
CIRCOLARE 7 giugno 2000, n. 118 |
Imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) - Istruzioni per il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2000. |
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Ai comuni e, p.c. Alle direzioni regionali delle entrate All'associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) Con la presente circolare si offrono istruzioni per il versamento dell'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) dovuta per l'anno 2000. E' necessario innanzitutto richiamare l'attenzione dei contribuenti sulla circostanza che i comuni, nell'esercizio della loro autonomia regolamentare, possono aver introdotto, con apposite deliberazioni, modificazioni od integrazioni alle norme del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, che disciplina l'I.C.I. Pertanto, oltre alle facolta' accordate dalle disposizioni del provvedimento normativo appena citato, le materie entro le quali l'ente locale puo' esercitare la propria autonomia regolamentare sono espressamente stabilite dall'art. 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e saranno di volta in volta di seguito richiamate. La disciplina del tributo non risulta quindi uniforme sull'intero territorio nazionale, con la conseguenza che il contribuente per conoscere se l'ente locale ha adottato deliberazioni regolamentari modificative od integrative del decreto legislativo n. 504 del 1992 e quale ne sia l'esatta portata, deve necessariamente rivolgersi al comune destinatario del versamento dell'imposta. Non possono al riguardo ritenersi sufficienti gli avvisi di adozione dei regolamenti comunali che vengono pubblicati periodicamente nella Gazzetta Ufficiale, poiche', per loro stessa natura, sono estremamente sintetici nei contenuti. A) CHI DEVE ESEGUIRE IL VERSAMENTO DELL'I.C.I. I SOGGETTI PASSIVI. 1. Il proprietario dell'immobile. Obbligato ad effettuare il versamento dell'I.C.I., in base all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1992, e' il proprietario di fabbricati, aree fabbricabili o terreni agricoli siti nel territorio dello Stato. A norma dell'art. 2 del citato decreto legislativo n. 504 del 1992, si intende: per fabbricato, la singola unita' immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, cui sia stata attribuita o sia attribuibile un'autonoma rendita catastale; per area fabbricabile, l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi oppure in base alle possibilita' effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennita' di espropriazione per pubblica utilita'. Si considerano tuttavia non fabbricabili i terreni di proprieta' di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale, che siano condotti dagli stessi proprietari e sui quali persista l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attivita' dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di animali. Per coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale devono intendersi, ai sensi dell'art. 58, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dall'art. 11 della legge 9 gennaio 1963, n. 9, e soggette al corrispondente obbligo dell'assicurazione per invalidita', vecchiaia e malattia. La cancellazione dagli elenchi ha effetto a decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo. Detta definizione normativa ha carattere interpretativo, con efficacia quindi anche per il passato,e vale non soltanto agli effetti dell'applicazione delle agevolazioni recate dall'art. 9 del decreto legislativo n. 504 del 1992, ma altresi' agli effetti della non edificabilita' dei suoli, cui si e' fatto cenno; per terreno agricolo, il terreno, diverso dall'area fabbricabile, utilizzato per l'esercizio delle attivita' agricole. 2. Il titolare del diritto reale di usufrutto, di uso e di abitazione sull'immobile. Qualora sull'immobile risulti costituito un diritto reale di usufrutto, di uso o di abitazione, obbligato al pagamento dell'I.C.I. non e' il proprietario, ma il titolare del relativo diritto reale di godimento, che deve calcolare l'imposta sull'intero valore dell'immobile. Resta pertanto completamente estraneo al prelievo fiscale il nudo proprietario dell'immobile. Non hanno parimenti alcun obbligo agli effetti dell'I.C.I. il locatario, l'affittuario ed il comodatario dell'immobile, poiche' detti soggetti non sono titolari di un diritto reale di godimento sull'immobile stesso, ma lo utilizzano sulla base di uno specifico contratto di locazione, di affitto o di comodato. Si ricorda che tra i diritti reali rientra, se effettivamente esercitato, il diritto reale di abitazione spettante al coniuge superstite ai sensi dell'art. 540 del codice civile; e' assimilabile a tale diritto quello che spetta: al coniuge divorziato, separando o separato consensualmente o giudizialmente sulla casa ex residenza coniugale, assegnata con provvedimento del tribunale; al socio della cooperativa edilizia, non a proprieta' indivisa, sull'alloggio assegnatogli, ancorche' in via provvisoria; all'assegnatario dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica concessogli in locazione con patto di futura vendita e riscatto. 3. Il titolare del diritto reale di enfiteusi e superficie sull'immobile ed il locatario di immobili oggetto di locazione finanziaria. Dal 1o gennaio 1998, per effetto delle disposizioni recate dall'art. 58, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997, la soggettivita' passiva I.C.I. e' stata estesa al superficiario, all'enfiteuta ed al locatario finanziario. Pertanto, obbligato al pagamento dell'imposta relativa al suolo su cui e' costituito il diritto di superficie o al fondo concesso in enfiteusi, non e' il proprietario dell'immobile ma, rispettivamente, il titolare del diritto di superficie o di enfiteusi. Per l'immobile oggetto del contratto di locazione finanziaria, tenuto al pagamento dell'I.C.I. e' il locatario, che assume una connotazione giuridica caratteristica e ben diversa dal titolare di un contratto di locazione non finanziaria che, come gia' precisato, resta completamente estraneo al rapporto di imposta. Anche in questi nuovi casi di soggettivita' passiva sia il nudo proprietario dell'immobile e sia il locatore dell'immobile concesso in locazione finanziaria, non hanno alcun obbligo ai fini I.C.I. Conseguentemente anche il superficiario, l'enfiteuta ed il locatario finanziario devono calcolare l'imposta sul valore intero dell'immobile. Per quanto concerne il diritto di superficie, occorre precisare che l'imposta gravante sul suolo su cui e' stato costituito tale diritto di godimento e' dovuta dal superficiario, anche se non ha ancora realizzato alcuna costruzione. Pertanto, nel caso in cui l'ente locale abbia concesso il diritto di superficie su aree di proprieta' comunale ad una cooperativa edilizia, e' quest'ultima a rimanere obbligata al pagamento dell'imposta gravante sul suolo. Per quanto concerne l'individuazione del momento che segna il passaggio della soggettivita' passiva dal locatore al locatario finanziario si ribadisce quanto precisato con la circolare n. 109/E del 18 maggio 1999 e cioe' che occorre aver riguardo al momento della consegna dell'immobile oggetto di locazione finanziaria al locatario, mentre nel periodo precedente a detta consegna soggetto passivo I.C.I. resta il locatore finanziario. E' necessario, infine aggiungere che a norma dell'art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1992, nel caso in cui oggetto del contratto di locazione finanziaria sia un fabbricato classificabile nel gruppo catastale D, non iscritto in catasto, interamente posseduto da imprese, distintamente contabilizzato, il locatario assume la qualita' di soggetto passivo I.C.I. a decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello nel corso del quale e' avvenuta la consegna dell'immobile, cosi' come precisato nella citata circolare n. 109/E del 18 maggio 1999. Ipotesi di contitolarita' di diritti sull'immobile. In caso di contitolarita' dei suddetti diritti sul medesimo immobile (ad esempio: comproprieta'; cousufrutto; proprieta' piena per una quota ed usufrutto per la restante quota) ciascun contitolare e' obbligato ad effettuare distintamente il versamento dell'I.C.I. limitatamente alla parte dell'imposta corrispondente alla propria quota di titolarita'. Si rammenta tuttavia che il comune, a norma dell'art. 59, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 446 del 1997, puo' adottare una disposizione regolamentare in base alla quale si considerano regolarmente eseguiti i versamenti effettuati da un contitolare anche per conto degli altri. Esclusioni ed esenzioni dall'I.C.I. L'I.C.I. non e' dovuta per i fabbricati, le aree fabbricabili ed i terreni agricoli che sono: esclusi dall'ambito di applicazione dell'imposta, come accade per i terreni, diversi da quelli edificabili, inutilizzati od adibiti ad attivita' non agricole o per i piccoli appezzamenti di terreno coltivati occasionalmente senza strutture organizzative; esenti dall'imposta ai sensi dell'art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992. Si rammenta che il comune puo' adottare disposizioni regolamentari con le quali disciplinare piu' compiutamente alcune ipotesi di esenzione, come quelle previste all'art. 59, comma 1, lettere b) e c) del decreto legislativo n. 446 del 1997. B) COME SI DETERMINA L'IMPOSTA. L'I.C.I. dovuta per l'anno 2000 e' determinata applicando alla base imponibile, e cioe' al valore del fabbricato, dell'area fabbricabile o del terreno agricolo, l'aliquota vigente per tale anno nel comune dove e' situato l'immobile. Nel caso in cui l'immobile sia ubicato sul territorio di piu' comuni, questo si considera situato interamente nel comune sul cui territorio ricade la prevalenza della sua superficie. 1. Il valore dei fabbricati a) Il valore dei fabbricati iscritti in catasto. Il valore dei fabbricati iscritti in catasto e' costituito dalla rendita catastale moltiplicata: per 100, se si tratta di fabbricati classificati nei gruppi catastali: A (abitazioni); B (collegi, convitti, ecc.); C (magazzini, depositi, laboratori, ecc.); con esclusione delle categorie A/10 e C/1; per 50, se si tratta di fabbricati classificati nel gruppo catastale D (opifici, alberghi, teatri, banche, ecc.) e nella categoria A/10 (uffici e studi privati); per 34, se si tratta di fabbricati classificati nella categoria C/1 (negozi e botteghe). b) Il valore dei fabbricati non iscritti in catasto o che hanno subito variazioni permanenti. Se il fabbricato e' sfornito di rendita fin dall'origine oppure lo diventa perche' la rendita a suo tempo attribuita non e' piu' adeguata, essendo intervenute variazioni strutturali o di destinazione permanenti, anche se dovute ad accorpamenti di piu' unita' immobiliari, il contribuente deve far riferimento alla categoria ed alla rendita attribuite a fabbricati similari iscritti in catasto. In proposito si ricorda che l'art. 11, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1992, prevede una particolare procedura che comporta la liquidazione dell'imposta sulla base della rendita effettiva attribuita dall'ufficio del territorio, con conseguente recupero della maggiore imposta dovuta o rimborso delle somme versate in eccedenza. Su tali importi, come stabilito dall'art. 5, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, modificato dall'art. 30, comma 11, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, ed ulteriormente precisato con la circolare n. 23/E dell'11 febbraio 2000, non sono dovuti interessi e sanzioni fino alla data dell'avvenuta comunicazione della rendita al contribuente. Le rendite da assumere per l'anno 2000 sono quelle risultanti in catasto al 1o gennaio 2000, aumentate del 5%. Si tenga presente che le rendite annotate negli atti catastali, anche se di recente attribuzione, non comprendono detto aumento. Si precisa altresi' che ai fini I.C.I. le operazioni di calcolo vanno effettuate sulla rendita catastale e non sul reddito dell'immobile, per cui non hanno alcuna rilevanza ne' gli aumenti o le riduzioni di rendita previsti agli effetti dell'applicazione dell'imposizione sul reddito, ne' l'eventuale reddito effettivo. Cosi', ad esempio, se la rendita risultante in catasto aumentata del 5%, di una abitazione e' di L. 2.100.000, il valore sul quale applicare l'aliquota per determinare l'I.C.I. e' di L. 210.000.000 (L. 2.100.000 x 100),sia che si tratti di dimora abituale del contribuente o di unita' immobiliare tenuta a disposizione, sia che si tratti di abitazione sfitta o di abitazione locata. Nella maggior parte dei casi (ovverosia, laddove non sia stata annotata negli atti catastali, nel corso dell'anno 1999, una modificazione della rendita) il valore sul quale calcolare l'imposta dovuta per il 2000 risulta essere pari al valore stabilito per il 1999. c) Il valore dei fabbricati di interesse storico o artistico. Per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all'art. 6, comma 1, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali - che ha abrogato la legge 1o giugno 1939, n. 1089, che disciplinava in precedenza la materia - il valore e' determinato in base alle disposizioni dell'art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito dalla legge 24 marzo 1993, n. 75. Si deve pertanto assumere la rendita determinata mediante l'applicazione della tariffa d'estimo - aumentata del 5 % - di minore ammontare tra quelle previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale e' situato il fabbricato. Per poter calcolare il valore di detti immobili ai fini I.C.I., tale rendita va moltiplicata per 100, anche se il fabbricato catastalmente e' classificato nella categoria A/10 o C/1 oppure nel gruppo D. Cio', in quanto con il suddetto sistema di determinazione della rendita, il fabbricato e' stato di fatto assimilato ad una abitazione. Ove poi si tratti di fabbricati appartenenti al gruppo D, sforniti di rendita catastale, il valore e' determinato in base alle modalita' indicate nel successivo paragrafo. d) Il valore dei fabbricati appartenenti alle imprese. Per i fabbricati interamente posseduti da impresa e distintamente contabilizzati, classificabili nel gruppo catastale D e sforniti fin dall'origine di rendita catastale, il valore e' determinato sulla base dei costi di acquisizione ed incrementativi contabilizzati, attualizzati mediante l'applicazione dei coefficienti fissati, per l'anno 2000, dal decreto direttoriale del 21 marzo 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 21 aprile 2000. In ordine a siffatti fabbricati si forniscono le seguenti precisazioni: il criterio di determinazione del valore sulla base dei costi contabilizzati si applica anche nel caso in cui il fabbricato posseduto dall'impresa, classificabile nel gruppo D e sfornito di rendita, sia di interesse storico o artistico ai sensi all'art. 6, comma 1, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490. Questo perche' la disposizione del decreto-legge n. 16 del 1993 innanzi citata risulta di fatto inapplicabile nel caso di specie, poiche' presuppone una modalita' di calcolo commisurata alla rendita catastale di cui pero' i fabbricati in questione sono sprovvisti; per i fabbricati ai quali sia attribuita la rendita nel corso dell'anno 2000, il valore sul quale calcolare l'I.C.I. dovuta per l'anno 2000 continua ad essere quello ottenuto attraverso l'attualizzazione dei costi contabilizzati; i costi incrementativi aggiuntivi a quello di acquisizione, contabilizzati nel corso dell'anno 1999, influiscono sull'ammontare del valore soltanto a decorrere dall'I.C.I. dovuta per l'anno 2000; i costi incrementativi aggiuntivi a quello di acquisizione, contabilizzati nel corso dell'anno 2000, non influiscono sull'ammontare del valore sul quale calcolare l'I.C.I. dovuta per l'anno 2000; per l'applicazione dei coefficienti di attualizzazione bisogna assumere il coefficiente relativo all'anno nel corso del quale il costo di acquisizione od i costi incrementativi sono stati contabilizzati. Si sottolinea infine che se ai fabbricati in questione sia stata attribuita la rendita nel corso dell'anno 1999, il valore sul quale calcolare l'I.C.I. dovuta per l'anno 2000 e' dato dalla rendita risultante in catasto, aumentata del 5 %, e poi moltiplicata per 50. Non possono essere considerati sforniti di rendita catastale i fabbricati in discorso per i quali, a seguito dell'espletamento della procedura DOC-FA prevista nel regolamento recante norme per l'automazione degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari, adottato con il decreto ministeriale del 19 aprile 1994, n. 701, risulta annotata negli atti catastali, al 1o gennaio dell'anno di imposizione, la rendita proposta. Pertanto, per detti fabbricati il valore deve essere determinato sulla base dei criteri catastali, moltiplicando per 50 la rendita proposta, aumentata del 5 %. A norma dell'art. 5, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992, sia il locatore che il locatario finanziario possono esperire la procedura di cui al citato decreto ministeriale n. 701 del 1994 per la proposizione della rendita dell'immobile oggetto del contratto di locazione. In mancanza della rendita proposta, il valore deve essere quantificato sulla base delle scritture contabili del locatore, il quale e' obbligato a fornire tempestivamente al locatario, soggetto passivo I.C.I., tutti i dati necessari per il calcolo. Si precisa che anche in caso di "rendita proposta" si applica la procedura prevista nell'art. 11, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1992, per cui il comune procedera' alla liquidazione dell'imposta qualora la rendita catastale definitiva determinata dall'ufficio del territorio si discosti da quella "proposta". 2. Il valore delle aree fabbricabili. Il valore delle aree fabbricabili e' costituito dal valore venale in comune commercio determinato avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilita', alla destinazione d'uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche. Si rammenta che il comune, al fine di ridurre l'insorgenza del contenzioso, potrebbe aver stabilito, con proprio regolamento a norma dell'art. 59, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 446 del 1997, i valori venali delle aree fabbricabili, cosi' da ritenere congruo il valore dichiarato dal contribuente in misura non inferiore a quella fissata nel regolamento. 3. Il valore dei terreni agricoli. Il valore dei terreni agricoli e' costituito dal reddito dominicale moltiplicato per 75. Il reddito dominicale da assumere per l'anno 2000 e' quello risultante in catasto al 1o gennaio 2000, aumentato del 25%. Si tenga presente che anche i redditi dominicali negli atti catastali non comprendono detto aumento. Si rammenta che sono esenti dal pagamento dell'I.C.I. i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, delimitate ai sensi dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984, come precisato con la circolare n. 9 del 14 giugno 1993. E' opportuno aggiungere che, come di recente ribadito con la circolare n. 50/E del 20 marzo 2000, il reddito dominicale dei terreni agricoli e' comprensivo anche della redditivita' delle costruzioni rurali sovrastanti che presentano le caratteristiche dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139. 4. Le aliquote. Diverse disposizioni di legge consentono al comune di deliberare aliquote differenziate che variano da un minimo del 4 per mille, ad un massimo del 7 per mille. I comuni ad alta tensione abitativa, a norma dell'art. 2, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, possono deliberare l'aliquota fino al 9 per mille limitatamente agli immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni. La stessa norma consente anche di deliberare aliquote piu' favorevoli che deroghino anche al limite minimo del 4 per mille per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili in base a determinati accordi. Analogo potere di deliberare aliquote inferiori al 4 per mille e' riconosciuto dall'art. 1, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, per gli immobili inagibili o inabitabili o per gli immobili di interesse storico, localizzati nei centri storici sui quali vengono eseguiti interventi di recupero, ovvero volti alla realizzazione di autorimesse o posti auto. In tal caso, pero', l'aliquota agevolata non puo' essere applicata per un periodo superiore a tre anni, decorrenti dall'inizio dei lavori. Per l'anno 2000 possono, quindi, essere in vigore sul territorio dove sono ubicati gli immobili o una o piu' aliquote di imposta. Tutto cio' comporta che per conoscere l'aliquota o le aliquote deliberate ed a quali fattispecie queste ultime possono essere applicate, il contribuente deve interpellare il comune dove e' situato l'immobile. Le deliberazioni comunali concernenti la determinazione delle aliquote e delle detrazioni di imposta, sono anche pubblicate, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale. Un primo elenco e' stato riportato nel Supplemento ordinario n. 78 alla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 22 maggio 2000. Detta pubblicazione, peraltro, ha mera funzione di comunicazione e quindi la mancata pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale non significa che il comune non ha adottato al riguardo alcuna deliberazione, potendo cio' dipendere anche da altre cause, tra cui l'omissione di richiesta di pubblicazione da parte dell'ente locale. 5. La detrazione per l'abitazione principale. All'unita' immobiliare adibita a dimora abituale del contribuente che la possieda a titolo di proprieta' o che sia titolare di diritto reale di usufrutto, di uso o di abitazione sulla stessa, l'art. 8 del decreto legislativo n. 504 del 1992, riconosce una detrazione dall'imposta dovuta pari a L. 200.000 annue da rapportare ai mesi durante i quali sussiste siffatta destinazione. Condizione essenziale affinche' possa essere riconosciuta tale detrazione e', quindi, che ci sia identita' tra il soggetto obbligato al pagamento dell'I.C.I. ed il soggetto che dimora abitualmente nell'immobile. La detrazione, oltre che rapportata ai mesi di destinazione (L. 200.000/12 mesi = L. 16.666 al mese), deve essere suddivisa, nel caso in cui vi siano piu' contribuenti che dimorano nell'immobile, in parti uguali tra loro, prescindendo, quindi, dalle quote di proprieta' o di diritto reale di godimento. Si ricorda che per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato si considera direttamente adibita ad abitazione principale l'unita' immobiliare posseduta a titolo di proprieta' o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata. Si evidenzia, poi, che la detrazione in discorso trova applicazione anche per ogni unita' immobiliare, appartenente alle cooperative edilizie a proprieta' indivisa, adibita ad abitazione principale dal socio assegnatario, entro il limite, ovviamente, dell'ammontare dell'imposta gravante su ciascuna unita'. Alla detrazione di L. 200.000 annue hanno diritto anche gli Istituti autonomi per le case popolari (I.A.C.P.) per ogni alloggio regolarmente assegnato dagli Istituti stessi. Il beneficio e' stabilito in favore dell'Istituto nella sua veste di soggetto passivo I.C.I., per cui la detrazione compete solo per gli alloggi, regolarmente assegnati in locazione, per i quali obbligato al pagamento dell'I.C.I. e' l'Istituto stesso. Laddove, invece, si sia in presenza di alloggi assegnati in locazione con patto di futura vendita e riscatto, essendo obbligato al pagamento dell'I.C.I. il locatario dell'immobile, all'Istituto non competera' alcuna detrazione per tali alloggi. La detrazione spettera' al locatario qualora destini l'alloggio assegnato, sul quale vanta un diritto reale di abitazione, ad abituale dimora. Il comune, con propria deliberazione, puo': assimilare all'abitazione principale l'unita' immobiliare posseduta, a titolo di proprieta' o di usufrutto, da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata; stabilire l'assimilazione all'abitazione principale dell'alloggio dato in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela, accordando pertanto a detti immobili l'applicazione dell'aliquota ridotta o anche della detrazione; elevare l'importo della detrazione fino a L. 500.000 in alternativa alla riduzione fino al 50% dell'imposta dovuta per l'unita' immobiliare adibita ad abitazione principale; aumentare detta detrazione anche oltre L. 500.000 fino a concorrenza dell'intera imposta dovuta per l'abitazione principale. In tal caso pero' il comune non puo' stabilire un'aliquota superiore a quella ordinaria per le unita' immobiliari tenute a disposizione del contribuente. Per conoscere se, quali condizioni ed in che misura sia stabilita la suddetta detrazione, il contribuente deve interpellare il comune destinatario del versamento dell'imposta. 6. Le pertinenze dell'abitazione principale. Per il trattamento delle pertinenze dell'abitazione principale, sia agli effetti dell'aliquota che della detrazione di imposta, si fa rinvio alla circolare n. 23/E dell'11 febbraio 2000 con la quale sono state illustrate le modificazioni apportate in materia dall'art. 30, commi 12 e 13, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per l'anno 2000). E' necessario comunque ribadire che dal 1o gennaio 2000 alle pertinenze deve essere riservato lo stesso trattamento fiscale dell'abitazione principale, indipendentemente dal fatto che il comune abbia o meno deliberato l'estensione della riduzione dell'aliquota anche alle pertinenze. Riguardo poi all'ammontare della detrazione stabilita dal comune per l'unita' immobiliare adibita ad abitazione principale, occorre rammentare che se detto ammontare non trova totale capienza nell'imposta dovuta per l'abitazione principale deve essere computato, per la parte residua, sull'imposta dovuta per le pertinenze. 7. Il periodo di possesso dell'immobile. L'I.C.I. e' dovuta proporzionalmente ai mesi dell'anno solare durante i quali si e' protratta la titolarita' dei diritti indicati nell'art. 3 del decreto legislativo n. 504 del 1992. Il mese nel quale la titolarita' si e' protratta solo in parte e' computato per intero in capo al soggetto che ha posseduto l'immobile per almeno quindici giorni, mentre non e' computato in capo al soggetto che lo ha posseduto per meno di quindici giorni. La quantificazione dell'imposta in ragione di mesi va effettuata anche con riferimento alla situazione oggettiva dell'immobile, all'aliquota applicabile ed al diritto o meno ad ottenere detrazioni o riduzioni di imposta. Nel caso in cui si verifichino a tal riguardo variazioni nel corso del mese, bisogna prendere in considerazione per l'intero mese la situazione che si e' prolungata per maggior tempo nel corso del mese stesso. C) COME SI PAGA L'I.C.I. 1. Il versamento in due rate. L'I.C.I. va versata in due rate. La prima rata, in acconto, deve essere versata dal 1o al 30 giugno 2000, ed e' pari al 90% dell'imposta relativa al primo semestre del 2000; detta rata corrisponde, nella sostanza, al 45% dell'ammontare dell'I.C.I. dovuta per l'intero anno. La seconda rata, che deve essere versata dal 1o al 20 dicembre 2000, e' a saldo dell'imposta relativa all'intero anno 2000. Per la quantificazione dell'importo della prima rata, quindi, il contribuente deve verificare la propria situazione imponibile in relazione ai primi sei mesi dell'anno 2000. Per la seconda rata, invece, deve verificare la situazione imponibile in relazione all'intero anno 2000 e versare l'imposta dovuta, previa deduzione di quanto eventualmente gia' pagato a titolo di acconto. 2. Il versamento in unica soluzione. Il versamento dell'imposta dovuta per l'intero anno 2000 puo' essere effettuato, anziche' in due rate, in unica soluzione dal 1o al 30 giugno 2000. Si richiama l'attenzione sulla circostanza che il comune potrebbe aver stabilito, con propria disposizione regolamentare, un diverso termine entro il quale il contribuente puo' effettuare il versamento in unica soluzione. Le persone fisiche non residenti nel territorio dello Stato possono avvalersi dell'ulteriore facolta', loro riconosciuta dall'art. 1, comma 4-bis del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, di effettuare il versamento dell'imposta dovuta in unica soluzione dal 1o al 20 dicembre 2000, con applicazione degli interessi del 3 %. Esempi di calcolo dell'i.c.i. Esempio n. 1 Un ufficio (ctg. A/10) con valore catastale, previo l'aumento del 5%, di L. 200.000.000, di proprieta' di un soggetto al 1o gennaio 2000, nel mese di giugno risulta essere ancora di proprieta' dello stesso soggetto. Nel comune dove e' ubicato l'ufficio e' in vigore per l'anno 2000 l'aliquota nella misura unica del 5 per mille. La prima rata dell'I.C.I. da versare e' pari a L. 450.000: (200.000.000 x 5 per mille = imposta su base annua di lire 1.000.000; 1.000.000 : 12 = imposta di lire 83.333 al mese; 83.333 x 6 mesi di possesso = 500.000; 500.000 al 90% = 450.000). L'ufficio viene venduto il 17 ottobre 2000. La seconda rata dell'I.C.I. che il venditore deve versare a saldo, e' pari a L. 383.000: (83.333 x 10 mesi di possesso nel corso dell'anno = 833.333; 833.333 - 450.000 gia' versate = 383.000). Il compratore, che ha continuato a possedere per la restante parte dell'anno 2000, deve versare, entro il 20 dicembre 2000, lire 167.000: (83.333 x 2 mesi di possesso = 166.666). Esempio n. 2 Area fabbricabile, con valore venale in comune commercio di L. 2.400.000.000, sulla quale, nel giugno del 2000, e' in corso di costruzione un edificio. Nel comune di ubicazione dell'immobile vigono per l'anno 2000 due aliquote, di cui una ordinaria, del 5 per mille e una, per le aree fabbricabili, del 6 per mille. La prima rata da versare e' pari a L. 6.480.000: (2.400.000.000 x 6 per mille = imposta su base annua di lire 14.400.000; 14.400.000 : 12 = imposta di lire 1.200.000 al mese; 1.200.000 x 6 mesi di possesso = 7.200.000; 7.200.000 al 90% = 6.480.000). Alla fine del mese di settembre 2000 vengono ultimati i lavori di costruzione dell'edificio, il cui valore catastale, previo l' aumento del 5%, e' di 20 miliardi di lire. La seconda rata da versare e' pari a L. 4.320.000 per l'area fabbricabile: (1.200.000 imposta mensile x 9 mesi di possesso dell'area fabbricabile = 10.800.000; 10.800.000 - 6.480.000 gia' versata = 4.320.000). E', invece, pari a L. 25.000.000 per l'edificio: (20 miliardi x 5 per mille = 100.000.000; 100.000.000 : 12 = imposta di lire 8.333.333 al mese; 8.333.333 x 3 mesi di possesso dell'edificio = 25.000.000). Complessivamente la seconda rata sara' pari a L. 29.320.000 (e cioe' L. 4.320.000 + L. 25.000.000). Esempio n. 3 Un fabbricato, con valore catastale, previo l'aumento del 5%, di L. 300.000.000, e' adibito ad abitazione principale di un soggetto residente fino al 20 aprile 2000 e successivamente tenuto sfitto. Nel comune di ubicazione del fabbricato vigono per l'anno 2000 tre aliquote, di cui una, ordinaria, del 5 per mille; una, per le abitazioni principali dei residenti, del 4 per mille e una, per gli alloggi tenuti sfitti, del 6 per mille. La detrazione per abitazione principale e' stabilita in L. 200.000. La prima rata da versare e' pari a L. 570.000: (300.000.000 x 4 per mille = imposta su base annua di lire 1.200.000; 1.200.000 : 12 = imposta di lire 100.000 al mese; 100.000 x 4 mesi di abitazione principale lire 400.000). La detrazione di L. 200.000 deve essere calcolata per soli quattro mesi ed e' dunque pari a: L. 66.666 (200.000 : 12 = 16.666,6 x 4 mesi). Pertanto: 400.000 - 66.666 di detrazione per 4 mesi = 333.334; 333.334 al 90% = 300.000 come abitazione principale; 300.000.000 x 6 per mille = imposta su base annua di lire 1.800.000; 1.800.000 : 12 = imposta di lire 150.000 al mese; 150.000 x 2 mesi in cui l'immobile e' sfitto = 300.000; 300.000 al 90% = 270.000 come immobile non affittato. Il fabbricato continua ad essere tenuto sfitto per la restante parte dell'anno 2000. La seconda rata da versare e' quindi pari a L. 963.000: (100.000 x 4 mesi di abitazione principale = 400.000; 400.000 - 66.666 di detrazione = 333.334; 333.334 - 300.000 gia' versate = 33.334 come abitazione principale; 150.000 x 8 mesi in cui l'immobile e' sfitto = 1.200.000; 1.200.000 - 270.000 gia' versate = 930.000 come immobile non affittato). Esempio n. 4 Appartamento per il quale l'imposta annua dovuta per l'abitazione principale, al lordo della detrazione, e' pari a L. 1.800.000. L'abitazione e' di proprieta' di tre fratelli: il fratello A e' proprietario per il 50%; il fratello B, per il 46%; il fratello C, per il 4%, ma soltanto i fratelli B e C dimorano nell'immobile per l'intero anno 2000. L'imposta da versare per l'intero anno e' pari a: L. 900.000, da parte di A (50% di 1.800.000 = 900.000; ad A non compete la detrazione in quanto non dimorante); L. 728.000, da parte di B: 46% di 1.800.000 = 828.000; 828.000 - 100.000 (pari alla meta' della detrazione di L. 200.000) = 728.000; nessuna imposta da parte di C (4% di 1.800.000 = 72.000; 72.000 - 72.000 = 0. Infatti, l'ammontare della detrazione spettante, pari a L. 100.000, non supera l'importo dell'imposta, per cui C non deve versare nulla). 3. Modalita' di versamento dell'I.C.I. Per quanto concerne le modalita' di versamento si fa rinvio a quanto precisato con la circolare n. 96/E del 29 aprile 1999 in ordine ai suggerimenti offerti per rendere piu' agevole al contribuente l'esatto adempimento dell'obbligazione tributaria. E' opportuno, in particolare, ribadire che a norma dell'art. 59, comma 1, lettera n), del decreto legislativo n. 446 del 1997, i comuni possono stabilire, con proprio regolamento, che l'I.C.I. debba essere versata dai contribuenti non piu' tramite il concessionario della riscossione, bensi' esclusivamente sul conto corrente postale intestato alla tesoreria del comune, presso gli sportelli della tesoreria comunale o anche tramite il sistema bancario. Il comune puo' anche stabilire che tali modalita' siano aggiuntive e non sostitutive del normale metodo di pagamento tramite il concessionario della riscossione. In tal caso il contribuente puo' optare per l'una o l'altra modalita' di pagamento. E' quindi necessario che il contribuente acquisisca notizie in merito alle forme di pagamento adottate dal comune. E' opportuno comunque precisare che i versamenti effettuati dai contribuenti sul conto corrente postale del concessionario della riscossione o presso i suoi sportelli, anziche' direttamente al comune, devono essere assunti come validamente eseguiti, a norma dell'art. 13, comma 3, del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471. A tal fine deve prendersi, come riferimento, la data apposta sul bollettino dall'ufficio postale ovvero dall'ufficio del concessionario. 4. Modalita' di compilazione del bollettino di versamento. Con il decreto interministeriale del 12 maggio 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 116 del successivo 20 maggio, e' stato approvato un apposito bollettino di conto corrente postale per il versamento dell'I.C.I., che, pur con i necessari adattamenti, costituisce la modalita' di riferimento per i comuni per quel che riguarda il contenuto e le caratteristiche tecniche che ogni bollettino deve presentare. Si deve pertanto, ancora una volta, richiamare l'attenzione dei contribuenti sulla necessita' di assumere informazioni in ordine alle modalita' di pagamento del tributo e, nella specie, sul bollettino da utilizzare. Per quanto riguarda le modalita' di compilazione del bollettino si evidenzia quanto segue: gli importi, che vanno arrotondati a L. 1.000 per difetto se la frazione non e' superiore a L. 500 o per eccesso se e' superiore, devono continuare ad essere espressi in lire; nelle caselle dedicate alla "abitazione principale" va indicato soltanto l'importo dovuto per l'immobile adibito a dimora abituale del contribuente, titolare del diritto di proprieta' o di diritto reale di godimento sullo stesso; gli importi dovuti per le eventuali pertinenze dell'abitazione principale, nonche' quelli che si versano per i fabbricati ai quali, per disposizione di legge o a seguito di deliberazione comunale, e' riconosciuto un trattamento di favore analogo a quello dell'abitazione principale, vanno indicati nelle caselle dedicate agli "altri fabbricati"; nelle caselle dedicate alla "detrazione per l'abitazione principale" va indicato l'importo complessivo delle detrazioni di imposta, (anche se non riguardante o riguardante solo in parte la dimora abituale del contribuente), computato, agli effetti della determinazione della somma versata, sulla base delle disposizioni di legge o delle deliberazioni del comune che riconoscono tale agevolazione; nelle caselline dedicate al "numero dei fabbricati" va indicato il numero delle unita' immobiliari per le quali si effettua il versamento, intendendosi per tali quelle che sono iscritte o devono essere iscritte nel catasto edilizio urbano con attribuzione di una autonoma rendita catastale; se il versamento e' effettuato in unica soluzione, vanno barrate entrambe le caselle, quella per l'acconto e quella per il saldo. 5. Importi minimi. Non si fa luogo al versamento se l'imposta da versare e' uguale od inferiore a L. 4000. Se l'importo da versare supera le quattromila lire, il versamento deve essere effettuato per l'intero ammontare dovuto. Esempio: se l'imposta dovuta per l'intero anno e' pari a L. 10.000, in sede di acconto bisognerebbe versare L. 4.000, vale a dire il 90% di 5.000 = 4.500 che diventano L. 4.000 per effetto dell'arrotondamento; poiche' detto importo e' uguale a L. 4.000, il versamento dell'acconto non deve essere effettuato. Al momento del pagamento del saldo bisognera' invece versare L. 10.000 (imposta dovuta per l'intero anno meno l'acconto che e' pari a zero). Si rammenta che il comune puo' deliberare un importo minimo di versamento superiore a L. 4.000, per cui, anche riguardo a tale fattispecie, il contribuente deve interpellare il comune destinatario del versamento. 6. Divieto di compensazione. E' necessario infine ribadire che nel caso in cui per annualita' precedenti siano stati effettuati indebiti versamenti, non e' consentito procedere autonomamente alla compensazione con le somme da versare per l'anno 2000.
Il direttore generale del Dipartimento delle entrate Romano |
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